Nimittakarana

Da una mail a un maestro zen

Come buddhista theravada, mi è stato insegnato che la vera meditazione buddhista è la vipassana, e che la samatha ha un valore preparatorio.È convinzione e pratica diffusa nei monasteri theravada, ed è ripetuta negli studi sulla meditazione buddhista, con pochissime eccezioni. Ora, leggendo i sutra a me pare evidente il contrario. Considerare la samatha come una meditazione che consiste nello sperimentare degli stati di coscienza particolari, in qualche modo alterati, è un grosso equivoco; così come lo è considerarla accessoria. Lo Yuganaddha Sutta (AN 4.170) al riguardo è chiarissimo: è possibile raggiungere lo stato di arahant sviluppando vipassana preceduta da samatha, o samatha preceduta da vipassana, o con samatha e vipassana in parallelo, o con un quarta via, “tenere sotto controllo qualsiasi irrequietezza rispetto al Dhamma (dhammuddhaccaviggahitaṃ)“, che mi pare indicare la possibilità di un Risveglio improvviso, senza meditazione. Come sa, nel buddhismo sono centrali i “tre veleni”, raga, dosa e moha. Ora, questi veleni non sono solo alla base della nostra sofferenza, ma sono anche la causa del modo ordinario in cui vediamo il mondo. Secondo il Mahāvedalla Sutta (MN 43), i tre veleni sono nimittakaraṇa: creano, cioè, i segni interiori (nimitta) che si presentano in noi ogni volta che percepiamo qualcosa. Dunque: percepisco il mondo, nasce in me un segno, una immagine di questo mondo esteriore, che è immediatamente legata ad attaccamento ed avversione. È evidente che è qui un anello che bisogna spezzare: intervenire sul nimitta. Ed è esattamente quello che fa la meditazione samatha. Guardo una fiamma, evoco dentro di me l'immagine e mi concentro su di essa. Ma poi, nei jhana successivi, distruggo progressivamente quell'immagine, fino a liberarmene del tutto. Ritenere che fissare una fiamma serva solo a concentrare la mente è una visione estremanente superficiale del processo. Azzardando forse un po', si può dire che la meditazione samatha interviene sulla percezione del mondo esterno, decostruendo la nostra visione concettuale (il buddhismo è anti-aristotelismo radicale), mentre la vipassana interviene sul mondo interno, decostruendo il soggetto.

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