श्वेतकेतो

Ho davanti a me un ciottolo. Io sono io, il ciottolo è altro da me. E se dicessi che io sono anche questo ciottolo? Diresti che non è possibile, perché se così fosse dovrei sentire quel ciottolo esattamente come sento la mia mano o il mio piede. Ma io sono tante altre cose che non sento. Io non sento, a dire il vero, quasi tutto ciò che costituisce il mio corpo. Non sento le fibre dei miei muscoli, se non quando decido di muoverli; soprattutto, non sento le cellule, che pure sono me, non sento le molecole, non sento gli atomi. Una delle cellule che mi costituiscono non mi è meno estranea di questo ciottolo che è ora di fronte a me. Dirai ancora che c'è una differenza decisiva: la cellula, di cui non sono consapevole, è tuttavia dentro di me, mentre il ciottolo è fuori di me. E si intende: fuori da quel confine del mio corpo che è la mia pelle. Ma questa distinzione tra dentro e fuori è un fatto naturale o culturale? Non possiamo immaginare un essere umano che avverta la pelle come porta e non come confine? Come passaggio tra un dentro e un fuori che sono tuttavia entrambi dentro qualcosa di più grande? Non è solo per un pregiudizio culturale che diciamo di non essere questo ciottolo?

स य एषोऽणिमैतदात्म्यमिदꣳ सर्वं तत्सत्यꣳ स आत्मा तत्त्वमसि श्वेतकेतो इति भूय एव मा भगवान्विज्ञापयत्विति तथा सोम्येति होवाच ॥

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