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Ho fatto un sogno, stanotte. Uscivo di casa e salutavo il vicino, e in quello stesso istante compariva l’immagine di un tizio seduto accanto a un enorme salvadanaio; in seguito a quel mio gesto, una monetina vi era finita dentro. Dlin! Dopo il saluto al vicino proseguivo con il mio cane verso il parco del quartiere. Qui il cane socializzava con altri cani, con i cui padroni scambiavo qualche chiacchiera. Ed ecco ancora l’immagine del tizio con il salvadanaio, in cui finivano una, due, tre monetine. Dlindlindlin! Mi sono svegliato agitato e perplesso. Che avrà voluto dire quel sogno? Mi sono riaddormentato e, come succede, ho sognato il seguito. Ma questa volta era un incubo. Ero sul letto di morte e mi accorgevo con tristezza infinita che tutta la mia vita non era stata che uno strumento per consentire al tizio del salvadanaio di arricchirsi a dismisura. Tutto era solo un mezzo. I miei amori, i miei odi, le mie passioni, i miei viaggi, il mio privato. Tutta la mia vita, ecco, era servita solo a far sì che quel salvadanaio crescesse sempre più, straripasse, tendesse all’infinito. Scrivevo questa tardiva rivelazione su un foglio che consegnavo a qualcuno, e in quell’istante l’ultimo dlin! mi confermava che fino all’ultimo respiro sarei rimasto in una gabbia d’acciaio.

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