A PIER PAOLO PASOLINI
Andavi per le vie e i sentieri di Casarsa, osservando il cielo grigio e la terra nuda, la terra dei tuoi contadini rassegnati, arsi dal sole e dalla fatica della falce, aggrappati ad un destino immobile.
Nei campi il profumo della primavera si mescolava al fieno appena tagliato, mentre intorno al focolare le donne, consumate dalla miseria e dalla fatica, rimestavano la polenta nel paiolo.
Sotto le travi nere trasfigurate dal fumo, un lucido tavolo unto dal tempo attendeva le chiacchiere condite da roboanti bestemmie che non erano insulti al cielo, ma lamenti rivolti al Dio dei poveri, protettore delle schiene curve di madri coraggiose e uomini silenti.
Era il tuo Friuli cupo e ruvido, dipinto in bianco e nero in una lingua in cui trovava rifugio la malinconia di un mondo senza pace né speranza.
Sei morto in una notte scura e tormentata, lontano dal dolore della tua gente, tra cani randagi e anime perse.
Con te sono scomparse le lucciole dai prati.