Sotto un silenzio indolente,
abbracciati a suoni folli e lenti,
panni stesi su fili immaginari
diventano eterni
in un eterno vuoto.
Ombre sospettose passeggiano
e fingono di recarsi verso una meta.
E’ il ripetersi sempre identico
di gesti consueti in una città
aspra e senza tempo,
bella e sonnolenta.
Nessuno si cura
della straziante sofferenza dei muri cadenti.
Qualcuno osserva
le carte dimenticate e le strade rotte.
Il profumo della terra si spande per l’aria,
mentre il mare sembra gridare pietà
per il tradimento degli uomini.
Due fuochi lontani,
presagio di incontri audaci
e di corpi esitanti ed indifesi,
zampillano tra gli astri
e giurano pungenti parole d’amore.
Il profumo del mare trattiene
il peso dell’incertezza di quel mondo.
Terre lontane sotto una guardinga Luna,
e una vela ricurva dal tempo
ondeggiano sulla plumbea schiuma,
sorprendendo gli occhi di un viandante distratto.
Un pensiero portato da un vento supplicante
irrompe nel cielo spento,
un volto violato si mostra
e gli dei piangono sommesse lacrime.
Sguardo profondo e impetuoso,
rifugio di inquietudini lontane,
insegui sgomento cuori
che anelano dolci carezze,
brindando alle amare illusioni.
Il tuo volto si perde nell’infinito,
diventa un'ombra fugace
nel groviglio dei nostri pensieri,
immersi nell’immenso cosmico,
mentre le nostre mani si cercano
nel fragore silenzioso della notte urlante.
Luccicanti stelle cadenti,
in attesa di desideri inespressi,
abbandonano un esile filo
salvando dal precipizio dell’oblio
l'incanto di un incontro.
Il rancore amaro della solitudine
che corre tra cielo e mare,
obbliga a laceranti visioni.
Da lontano brandelli di vita,
come urla soffocate,
rimbombano sotto un Sole rabbioso,
poco incline a trovare pace.
A oriente un lampo disperato
si piega su pochi vecchi tetti,
dimenticati in libri ormai chiusi
e persi in odorosi tristi cassetti.
Una nuvola gocciolante e stupita
si guarda intorno con lieta allegrezza,
ignara dell'aspro tormento dell'essere,
mentre fugge la luna beffarda,
sorda al mio invocante canto.
Una chiara brezza volge al tramonto,
lasciando un velo sui tuoi occhi,
mentre salgono invocanti le tue preghiere.
Avvolta in un doloroso sortilegio,
guardi il cielo per trovare il sentiero
che orienti i tuoi fragili pensieri
ingannati dalla bruma del tempo.
Sotto il ticchettio di uno svogliato orologio
pronto a scandire le tue canute abitudini,
ti avvicini ad una stufa spenta e spaventata
in attesa del profumo degli alberi spogli.
Lenti i tuoi passi fingono sicurezza,
dolci le tue mani carezzano volti lontani,
incorniciati nella tua pallida memoria
e disposti in ordine su una bianca credenza.
Rari i tuoi sorrisi accompagnano mesti
il tuo viaggio attraverso una sofferenza
celata al mondo con amaro orgoglio.
Madre tanto amata e sognata,
le tue labbra promettono tenere parole
e ogni pena diventa più lieve.
Fragili sentimenti contrastanti,
persi nel vuoto di una Terra Promessa
irrompono nella storia,
vagando disperatamente.
Un lontano sgomento
accompagna un impenetrabile destino,
sorpreso dall’ondeggiante schiuma.
Su zattere nel mare in tormenta,
occhi bagnati di sangue,
imploranti speranza,
si abbandonano al buio eterno
in un orizzonte senza tregua,
mentre una spada ferisce il tempo
per raccontare naufragi e naufraghi .
Guidati da una silente stella
e spiati da intimoriti viandanti,
illacrimati corpi,
salvati all’estremo confine,
sopportano sguardi sospettosi ed ostili.
Il fragore di una inutile guerra
rimbomba incomprensibile e sfuggente.
Il suono si spande per le strade
solcate da rivoli tortuosi di sangue
e umiliate da cumuli di macerie.
Un ricordo si perde tra le pagine strappate
di un vecchio giornale illustrato
sopravvissuto alle ingiurie del tempo.
Intorno la notte rimbalza inquieta
mentre la ruvida luna si risveglia
per illuminare due occhi spenti
che ascoltano il respiro affannoso dei fucili.
Nelle deboli ombre del passato
una stanza vuota reclama giustizia
sotto l’impeto della densa bufera
che avanza trascinata da un esercito all’assalto.
Brandelli di vita si avvicinano ad un tavolo sofferente
coperto da una logora tovaglia grigia,
frammento di una città ormai distrutta dal sacrificio
e dalla tentazione di abbandonarsi alla morte.
Stanche lacrime indurite dalla polvere
cercano riposo sotto un solitario tetto,
mentre tace anche l’ultimo bagliore.
La speranza non abita nel dolore
e invano la tormenta si placa per pochi minuti.
I monti sospinti dal vento,
abbandonati dalle ultime foglie
e trafitti dal mormorio dei soldati,
abbassano lo sguardo sul mondo
aspettando il profumo silenzioso della primavera
e contemplando di tanto in tanto
gli spazi infiniti e le infinite passioni.
Il declivio dei monti è come il tempo,
chiude il cuore ad ogni passo.
Una mano si protende verso la sera
in attesa della candida alba
che vorrebbe parlare al mondo,
ma il suo etereo e disperato canto
rimane nell’abisso della memoria.
Il giorno nascente mi chiede
sensuali versi e metafore d’amore.
Io incido sul marmo lucide parole
per trovare il sentiero che conduca
al fiabesco universo dei ricordi perduti.
Mi ritrovo così a scavare
nell’impetuoso torrente delle morte stagioni
Antichi profumi e palazzi maestosi,
racchiusi in sognanti viali alberati,
ricordano il tuo agire nel mondo
e quanto sia effimero il giorno.
Un violino da lontano sussurra calde note,
poi cade il silenzio dell’abbandono
nel tormento della disperata certezza
che non ti avrò più con me.
Ricurvo sulla generosa terra,
il Sole irrompe tra i filari
mentre le pallide foglie autunnali
annunciano il canto antico e festoso
del dolce ribollir dei tini.
Il profumo di una lacrima dorata
rimbalza su calici e coppe
in attesa della spumeggiante Luna.