[sguardi]

Rassegna stampa didattica

di Laura Valdesi

Bisognerà (probabilmente) attendere ancora sei mesi per conoscere quali sono le conclusioni della procura di Siena su una delle vicende più delicate degli ultimi anni, quella che vede al centro le attività del magnate kazako Igor Bidilo che aveva l’80% delle quote della società ’Sielna’.

L’inchiesta, iniziata nel 2018 e che nella primavera scorsa aveva portato ad emettere anche misure interdittive, non è invece conclusa. Il pm Siro De Flammineis, infatti, ha chiesto al gip Ilaria Cornetti una proroga di sei mesi evidenziando a supporto l’attesa delle risultanze di attività di polizia giudiziaria, in particolare di rogatorie di carattere internazionale. Senza aggiungere nulla di più che lasci intuire magari ulteriori clamorosi sviluppi.

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Gli studenti di diverse scuole romane hanno avviato l'occupazione delle loro scuole per le ragioni che spiegano in questo comunicato.

Il 22 Novembre 2021, noi studenti e studentesse del Liceo Aristofane, del Liceo Nomentano, del Liceo Orazio e dell’I.I.S. Pacinotti-Archimede, abbiamo deciso di occupare le nostre scuole per contestare la gestione dell’istruzione pubblica italiana degli ultimi anni e per proporre una scuola a misura di studentə, aperta, sicura, accessibile ed inclusiva, che sappia ascoltarci, formarci e supportarci. Abbiamo il diritto ed il dovere di avere un ruolo nel dibattito pubblico in qualità di studenti e studentesse e futuro di questo paese.

La pandemia ha evidenziato le profonde carenze dell’istruzione pubblica, oltre ad aver alimentato il senso di incertezza sul futuro e lo stress quotidiano, e ad aver messo ulteriormente in discussione la scuola in quanto ammortizzatore sociale delle disuguaglianze. La volontà politica del governo di non dare importanza alla salute psicologica e alle differenze socio-economiche e culturali di noi studentə, ha spinto 543 mila giovani (nel solo 2020) a lasciare la scuola, portando l’Italia al terzo posto nell’UE per tasso di dispersione scolastica.

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di Susanna Marietti

Nelle scorse ore ho visitato insieme a un mio collega il carcere per adulti di Torino. Di carceri ne ho viste tante in vita mia, in Italia e anche all’estero, ma raramente mi era capitato di assistere a quanto ho avuto modo di vedere nel capoluogo piemontese.

Vi è una sezione, chiamata Sestante, che funge da articolazione psichiatrica dell’istituto. Mi auguro che qualche giornalista legga quello che sto per raccontare e che in tanti decidano di andare là dentro a vedere. Che pretendano di portare con sé le videocamere per mostrare a tutti cosa accade in quelle quattro mura. Mi auguro che tutti noi ci indigniamo in massa e pretendiamo che queste cose non succedano mai più, che quel reparto venga chiuso immediatamente: non domani, non tra una settimana, non tra mese. Ci hanno detto che stanno per fare dei lavori di ristrutturazione. Non basta. Sono anni che Antigone, anche attraverso i suoi Rapporti annuali, denuncia le condizioni di vita interne, ma nulla è cambiato.

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di Simone Pieranni

«Il giorno del Ringraziamento del 2016 ho scoperto di essere incinta della mia seconda figlia, e Google l’ha saputo prima dei miei genitori e di mia sorella». Inizia così il primo capitolo de I figli dell’algoritmo (Luiss University Press, pp. 188, euro 18) di Veronica Barassi, antropologa e docente universitaria italiana (insegna Scienze della Comunicazione presso la Scuola di scienze umane e sociali dell’Università di San Gallo). Da anni Barassi si occupa delle implicazioni sociali e politiche delle tecnologie dei dati e dell’intelligenza artificiale e nel volume ci prende per mano per accompagnarci in un viaggio inquietante nel quale il capitalismo della sorveglianza dimostra tutta la sua attuale forza nella raccolta dati dei bambini, praticamente da pochi istanti dopo il loro concepimento.

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Andrea Rizzi, El País, Spagna

La crescente frammentazione è una delle caratteristiche principali della politica europea oggi. In vari paesi, il voto è distribuito più equamente nello spettro parlamentare che in passato, e obbliga a dinamiche di dialogo e consenso sempre più complesse. Come in altre circostanze storiche, l’Italia su questo tema anticipa i tempi e diventa quindi un interessante laboratorio. Il suo percorso degli ultimi decenni serve da avvertimento sull’effetto devastante di una frammentazione mal gestita, sterile, ostile o incapace – addirittura timorosa – di fare grandi cambiamenti. E dimostra quanto sia difficile riprendersi una volta che si comincia a vacillare in questo modo. L’Italia mantiene tratti di eccellenza in molti settori. Ha un’industria solida, una società civile vitale, un istinto irriducibile per la bellezza.

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Perugia, la donna marocchina aveva denunciato il marito. Il procuratore: una tesi sbagliata

Corriere della Sera 21 novembre 2021 di Andrea Pasqualetto

Quel giorno, era lo scorso 7 ottobre, Salsabila le ha messe in fila tutte davanti all’agente: «Mio marito in Italia mi imponeva il velo integrale e mi chiudeva in casa portandosi via le chiavi... Mi picchiava, mi offendeva, mi minacciava... Diceva che non ero buona a niente... Poi mi ha portato in Marocco con i nostri tre bambini per restare lì solo 40 giorni e invece mi ha preso tutti documenti, lasciandomi a casa di mia madre per poi mandarmi la carta di divorzio...».

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