Dieci righe 97

(Turné)

“Uno passa la vita a farsi dire che prima è troppo giovane, poi dopo diventa troppo vecchio... ci sarà una fase centrale in cui uno deve correre, no?” Così recitava il personaggio di Diego Abatantuono in un film di #GabrieleSalvatores, “Turnè” (si parla del 1993, un'era fa, praticamente.) Questa frase, con gli anni, non è più un dato da associare ad un'età anagrafica: è il nostro modo di vivere quotidiano. C'è un punto in cui, senza averne più coscienza, ogni giorno, ci affrettiamo e nel contempo ci giustifichiamo. Intendiamoci. Le nostre attività lavorative, la nostra vita sociale, quella familiare, qualsiasi esse siano, vanno affrontate come meglio crediamo. Non si pontifica sul tempo che ognuno vuole dedicare o perdere facendo quello che deve o vuole. E' il pensiero che quasi senza alternativa ci facciamo prendere dalla fretta, inconsciamente, in maniera obbligatoria e sovrappensiero. Volano ore, giorni, anni e ci si ritrova un po' spiazzati dalla montagna di cose che si “devono” fare, sentire, gustare. Tranne, poi, notare che quello è una sapore amaro. Dall'avvento dei #SocialMedia è anche peggio: una continua corsa a leggere, commentare, controbattere, pensare o non farlo, ma velocemente. Il tempo può fare tanto, ma non tornare. Ci dovremmo ragionare su la prossima volta che una giornata si riduce al solo impulso a compiere più azioni di quelle necessarie. “Dovremmo”, condizionale. Un tempo anche questo. (A&D)

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