La seconda cosa che mi ha colpito del nuovo disco di Thom Yorke sono i primi trenta secondi, quella specie di loop monocorde pseudo-industrial: cosa mi ricordava? Ci ho pensato un bel po’ prima di rendermi conto che sembrava il riflesso lacero e consunto di un’altra intro, quella di Discotheque, canzone di apertura di Pop, album che ha segnato un turning point per gli U2 e – a detta di molti, tra cui il sottoscritto – l’ultimo nel quale abbiano dimostrato un po’ di vena creativa. Tutto lascia pensare che si tratti di un link attivato solo dalla complicata rete di connessioni mnemoniche del sottoscritto, o al massimo una coincidenza, però dal momento che viviamo in un’epoca in cui tutto è collegato, stratificato, connesso appunto, credo sia inevitabile lasciare accesa una fiammella di sospetto... https://artesuono.blogspot.com/2014/10/thom-yorke-tomorrows-modern-boxes-2014.html
Jillian Banks ha davvero bruciato le tappe nell’ultimo anno e mezzo: il primo brano è comparso in rete nel febbraio 2013, in modo piuttosto anonimo dal punto di vista delle informazioni personali. Il primo live di sempre è arrivato qualche mese dopo, a luglio, mentre a novembre era già in tour di spalla a quel The Weeknd al quale spesso è stata artisticamente accostata. Il resto è storia recente, con un consenso in crescita costante e l’esordio per la Harvest/Capitol... https://artesuono.blogspot.com/2014/09/banks-goddess-2014.html
La grandezza degli Alt-j è la grandezza degli accadimenti casuali. Si dice serendipity, la fortuna o abilità di fare scoperte grandiose quando meno te lo aspetti, mentre vagavi alla ricerca di altro. Come Colombo scoprì l’America cercando l’India, come Fleming arrivò alla penicillina per distrazione, quelle storie lì. Non si sa bene dove fossero diretti gli Alt-J mentre studiavano arte e letteratura a Leeds e tenevano basso e batteria leggeri leggeri per non fare troppo rumore negli alloggi universitari e per cinque anni componevano pezzi così-tanto-per, senza nemmeno programmare di suonarli in pubblico. Non si sa bene cosa stessero cercando Gwil, Joe, Thom e Gus ma con l’esordio “An Awesome Wave” hanno trovato le loro Americhe musicali e, nel 2012, un Mercury Awards tutto britannico... https://artesuono.blogspot.com/2014/09/alt-j-this-is-all-yours-2014.html
Ci sono musicisti che, spinti da una sorta di bulimia produttiva, inondano il mercato con decine di produzioni. Sparano nel mucchio, in pratica, sperando di cogliere qualche bersaglio grosso. A volte ci riescono. Ce ne sono altri che sembrano distillare le proprie creazioni, centellinando occasioni ed uscite. Poi però va a finire che, nella conta degli anni e dei decenni, anche i distillatori di note hanno lasciato attorno a sé tracce consistenti. Tutte utili, però. A volte utili e indispensabili. Altre ancora indispensabili e radiose. Come quelle dell'Angelo Rosso in catene sulla sua sedia a rotelle Robert Wyatt. Che è anziano e acciaccato, come la sua dolcissima compagna di sempre Alfreda Benge. Non va più sui palchi, ma quando fa uscire qualcosa è bene precipitarsi a procurarselo... https://artesuono.blogspot.com/2014/11/robert-wyatt-different-every-time-2014.html
In un anno che non ci ha regalato dischi particolarmente riusciti, questo finale di stagione sembra avere in serbo per noi qualche piacevole sorpresa. Dopo aver parlato molto bene, un paio di settimane fa, dell'ultima fatica di Lucinda Williams, mi trovo oggi a raccontare un disco che, sono pronto a scommetterci, scalerà le classifiche personali di molti ascoltatori e probabilmente di molte riviste specializzate. Sto parlando del secondo full lenght di Ben Howard, ventisettenne songwriter londinese, che dopo il buon successo (anche commerciale) del disco d'esordio intitolato Every Kingdom (2011), torna a stupire con un album intenso ed emozionato... https://artesuono.blogspot.com/2014/11/ben-howard-i-forget-where-we-are-2014.html
Era da parecchio che attendevo il nuovo disco della Williams, da tre anni almeno, da Blessed, un signor disco. Blessed, a sua volta, veniva dopo due dischi, a mio parere, meno riusciti: West e, sopratutto, Little Honey.
Down When The Spirit Meets The Bone è invece un bel disco, anzi un grande disco.
Prima di tutto è doppio, ed è la prima volta che la Williams mette sul piatto 20 canzoni nuove, non lo aveva mai fatto. 20 canzoni, anzi 19, composte da lei. Di doppi ne aveva pubblicati due: il Live @ The Fillmore e l’edizione speciale di Blessed. Ma questa è la prima volta che la cantautrice pubblica 20 canzoni nuove di zecca. Una proposta ricca, piena di musica, gonfia di chitarre. Questo è un disco di chitarre in primo luogo perchè, oltre ai fidi Val McCallum, Greg Leisz e (in una sola canzone) Doug Pettibone, Lucinda ha chiamato a sé Tony Joe White, Bill Frisell, Jonathan Wilson e Stuart Mathis (chitarra nei Wallflowers di Jakob Dylan)... https://artesuono.blogspot.com/2014/10/lucinda-williams-where-spirit-meets.html
Ci sono voluti tre anni per far sì che gli artisti omaggiati da Peter Gabriel in Scratch My Back ricambiassero il favore. Era già tutto nei piani dell’ex Genesis: al suo volume dedicato alle cover, reinterpretate in uno stile sobrio, con arrangiamenti orchestrali tra il sublime e l’ampolloso, tra il moribondo e il solenne, sarebbe dovuto seguire subito il gemello And I’ll Scratch Yours – tant’è che molti brani qui presenti sono già noti ai più, perché diffusi in release speciali per il Record Store Day o su YouTube e SoundCloud. Troppo bello per essere vero: molti rifacimenti in risposta tardavano ad arrivare, e qualcuno ha rinunciato a inviare contributi dopo aver storto il naso (è il caso dei Radiohead, inizialmente previsti in scaletta con Wallflower) ascoltando la bizzarra trasformazione del proprio pezzo. Incassati i “no” anche da David Bowie (Heroes), Neil Young (Philadelphia) e Ray Davies, tutto è rimasto in standby per un bel po’ di tempo... https://www.sentireascoltare.com/recensioni/peter-gabriel-aa-vv-and-ill-scratch-yours/
In una lettera ai propri fan gli AVETT BROTHERS hanno annunciato lo scorso agosto che “Magpie And The Dandelion” è stato concepito durante le registrazioni del penultimo album “The Carpenter”, uscito nel 2012. “Mentre stavamo lavorando a 'The Carpenter', eravamo così ispirati che abbiamo scritto canzoni per un intero altro album” ha dichiarato la band. “Durante quelle session, e lavorando nuovamente con Rick Rubin, ci siamo trovati in un’atmosfera speciale, come se tutti fossimo veramente in perfetta sintonia”. Negli utlimi dieci anni gli AVETT BROTHERS hanno pubblicato 7 album, 4 EP e svariati video, in studio e dal vivo... https://www.discoclub65.it/prossime-uscite-menuright-79/5510-the-avett-brothers-magpie-and-the-dandelion.html
Attribuendo la qualità di un disco in base al mio teorema musicale: “La somma di quante volte un cd suona nel lettore musicale è uguale alla somma di quanto il disco piace”, il disco suona poco.
Effettivamente la “paura” della vicinanza a “Magic”, uscito poco più di un anno fa era fondata. Il boss ci aveva abituato a dei lunghi silenzi discografici, proprio perché era capace di restare in sala d’incisione 5/6 mesi anche per incidere un solo brano, e faceva passare degli anni, anche 4 o 5, prima di pubblicare un altro album.
Comunque non per questo, il disco è da buttare, anzi la sufficienza (e anche più) non fa difetto.
Working On A Dream non è un disco pop, è neanche un disco di scarti di “Magic”, è un disco atipico... https://www.silvanobottaro.it/archives/3647
Lady From Shangai titolo di un famoso film di Orson Welles del 1947 è l'ultima fatica dei Pere Ubu. Numero quindici della loro discografia, esce a trentacinque anni di distanza da quello che rimane il loro capolavoro, fondamentale, primo disco pubblicato “The Moder Dance”, targato 1978.
Un'altra opera difficile e complessa uscita da quell'eclettico creativo sessantenne David Thomas, mente e voce del gruppo, unico membro originale della band che, in questi trent'anni ha “danzato” su un tappeto musicalmente tecnologico, “moderno” e rumoreggiante di un suono d'avanguardia... https://artesuono.blogspot.com/2014/10/pere-ubu-lady-from-shangai-2013.html