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Ordine dei giornalisti della Campania

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Scuola. Un seminario sull’uso delle tecnologie social comunicative: riprendiamoci Internet

(Russo Gianluca). Il seminario, strutturato come tavola rotonda moderata da un giornalista esperto di comunicazione, ha una durata di quattro ore. L’iniziativa si inserisce nel quadro delle Nuove Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione. Si riparte quindi dalle nuove generazioni dai ragazzi, all’insegna del “Riprendiamoci Internet”, ma il seminario è rivolto ai più grandi studenti delle superiori, ai loro genitori e ovviamente ai docenti.

Esiste una frattura generazionale nel modo in cui giovani e adulti si informano. I media tradizionali, televisione generalista, quotidiani e periodici cartacei e digitali, radio, sono ormai poco utilizzati per l’informazione da chi ha meno di 35 anni.

I dispositivi sempre connessi, come lo smartphone, che portiamo con noi in ogni momento, rappresentano, dal punto di vista informativo, ciò che per cinquant’anni, dal 1950 al 2000, è stata la radio e la televisione. Tuttavia, in quei mezzi la comunicazione era unidirezionale: chi leggeva o guardava non poteva interagire. Con lo smartphone, invece, la comunicazione è bidirezionale. Questo è indubbiamente un vantaggio: chi legge, ascolta o guarda non è più passivo, ma partecipa liberamente, almeno agli albori dei social. Oggi, però, la situazione è cambiata: la partecipazione non è più libera, perché le piattaforme e l’architettura stessa della comunicazione digitale sono interamente controllate dalle grandi aziende tecnologiche, che hanno ideato gli algoritmi e forgiato le nuove generazioni.

Ragazze e ragazzi usano i social e la messaggistica in modo spesso superficiale: creano balletti, video banali, litigano, insultano o si lasciano guidare passivamente dagli algoritmi. Ma non sono solo i giovani: anche gli adulti sono coinvolti. Lo sviluppo cognitivo dei più giovani è stato alterato da stimoli digitali il cui scopo, controllo, manipolazione sociale o logiche di profitto e mercato, non sempre ci è noto. Le applicazioni tracciano i nostri comportamenti e, attraverso aggiornamenti costanti degli algoritmi alimentati dall’intelligenza artificiale, influenzano il nostro quotidiano e le nostre scelte di vita.


Considerare esclusivamente il lato negativo dei social e della comunicazione digitale sarebbe un errore. Da questa considerazione nasce il seminario rivolto non solo agli studenti, ma anche agli adulti. Imparare a controllare, e non essere controllati da questi strumenti, non è impossibile, ma richiede consapevolezza e competenze. Il seminario offre soprattutto consigli pratici e piccoli accorgimenti che possono fare la differenza.

Ecco alcuni esempi: Saper riconoscere una fonte affidabile attraverso l’indirizzo web Utilizzare la funzione “benessere digitale” Gestire le notifiche Disattivare periodicamente la connessione dati Preferire la rete mobile per essere reperibili Conoscere cosa sia Meta, cosa sia un browser e preferirlo alle app Gestire le autorizzazioni delle applicazioni Comprendere i sistemi operativi degli smartphone e il contesto socio-tecnologico Evitare lo scroll continuo dei feed social.


In particolare, i genitori, gli educatori nel riconoscere la complessità e i rischi del mondo digitale, devono aggiornarsi, accompagnare i figli nel loro percorso e assumere un ruolo educativo più attivo e collaborativo. “Riprendiamoci Internet” non significa spegnerlo, ma imparare a viverlo in modo consapevole.

La maggior parte degli adulti, negli ultimi decenni, non ha sviluppato le competenze digitali necessarie per guidare i propri figli verso un uso critico e autonomo della rete. Anzi, molti di loro subiscono a loro volta tali influenze. Basti pensare che, nelle scuole superiori dove si insegna tecnologia e informatica delle comunicazioni, i risultati non sono sempre incoraggianti. Gli stessi docenti, spesso, sono stati influenzati dallo stesso processo mediatico digitale e si limitano a insegnare meccanicamente l’uso di piattaforme specifiche, trascurando la comprensione dell’architettura sottostante.

Ciò avviene perché, a differenza di tutte le altre materie scolastiche, la stragrande maggioranza degli insegnanti, con l’eccezione di un ristretto numero di docenti di informatica operanti in alcuni indirizzi della scuola secondaria superiore, non ha mai studiato informatica, né nel percorso scolastico né all’università. Di conseguenza, manca un substrato culturale diffuso su cui fondare la formazione professionale, come invece avviene, ad esempio, per la matematica dove anche se i docenti della scuola primaria non hanno una formazione specialistica sulla materia, l’hanno comunque studiata per tutti i tredici anni del loro percorso formativo (foto di repertorio).

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La notte bianca di Caserta Caserta si prepara a vivere una notte di luce, musica ed energia collettiva, domenica 7 dicembre 2025, a partire dalle ore 21, torna la Notte Bianca di Caserta, uno degli appuntamenti più attesi e identitari del territorio, che trasformerà la città in un grande palcoscenico diffuso tra spettacolo, cultura, intrattenimento ed enogastronomia.

L’evento, realizzato grazie all’organizzazione dell’avvocato Gian Piero Menditto, con il prezioso supporto dell’ingegnere Fusco e della società Live Show, proporrà un programma ricco e trasversale, capace di abbracciare pubblici diversi e di raccontare la vivacità sociale e culturale della città. L’edizione 2025 porta con sé un momento di profonda memoria e gratitudine. L’avvocato Gian Piero Menditto dedica la Notte Bianca allo storico esponente dell’ambiente socio-culturale casertano Lello Menditto, definito “Padre magnifico e insigne artefice del pensiero civico casertano, la cui nobile dedizione continua a riverberare come eco di giustizia, ardimento e visione” e a personalità come Luigi Lusereta, Giancarlo Calvano, e a tutti “Gli insigni padri che, con operosa visione e indefesso impegno, elevarono Caserta nei suoi tempi d’oro fino a meritare il titolo di Brianza del Mezzogiorno”. Eventi di tale portata non nascono da soli. La Notte Bianca ringrazia i partner che hanno creduto nel progetto e lo hanno sostenuto: i partner Lemon Hub, Eventi in Campania e PPG Ticketteria e gli sponsor Il Torchio Enoteca, Pepsi e Lay’s gruppo Guerriero, MD , GPC Group, PSYAcademy, K-City, STICC , Iconic Art Galleries, Gruppo Cattone, I.R.T.E.T. Costruzioni, Napoliuno , Gran Caffè Margherita, Cucina Atipica, Unitalsi, da Carmniell e tutti gli sponsor che hanno contribuito con fiducia e visione. Il loro supporto conferma la rilevanza non solo culturale, ma anche economica e sociale dell’evento. Musica, ospiti e format: il cuore pulsante della città Piazza Margherita sarà il fulcro dell’evento, ospitando il format “90 Special Dance” con l’inconfondibile voce di Neja e i DJ set di Edo D’Ambrosio, accompagnato dalla vocalist Rosa D’Auria. Sul palco saliranno anche Maurizio Filisdeo con il suo live show, la band MondoVisione con un intenso tributo a Ligabue, e un crescendo di ritmo fino a notte fonda grazie ai set di DJ Jamon e Guerriero con la voce di Iolanda Angrisano. Per chi cerca atmosfere più alternative, Piazza Matteotti accoglierà la carica energica dei Banda Bassotti e degli RFC, nomi simbolo di una scena ribelle e autentica, molto amata dal pubblico campano. Il cuore cittadino sarà attraversato da un flusso continuo di sapori, arte cultura e movimento: Corso Trieste nel Parco del Corso la mattina vedrà un aera dedicata alla XII edizione della Passarella a 4 Zampe rassegna dedicata ai cani mentre nell’area ZTL del Corso vi sarà in un grande villaggio del gusto con lo show cooking “Il Viaggio della Porchella: quando la porchetta incontra la mozzarella” a cura di Cucina Atipica, insieme allo Street Food Village.
Per i bambini vi sarà a Piazza Vanvitelli il Villaggio di Babbo Natale con giostre ed animazione a cura della Famiglia Canterini Infine Via Mazzini diventerà un corridoio artistico con artisti di strada, performer, acrobati e spettacoli itineranti, pronti a sorprendere il pubblico di ogni età. Una notte viva, in cui la città non sarà solo uno sfondo, ma parte integrante dell’esperienza. La Notte Bianca Caserta 2025 è un evento privato donato alla città, pensato come celebrazione di comunità, incontro e appartenenza. Una notte da vivere insieme, in cui le strade si trasformano in luoghi di emozione condivisa, dove musica, sorrisi e relazioni diventano protagonisti.

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L’Intelligenza Artificiale decifra un’antica preghiera di guarigione del Casertano


Grazie all’intelligenza artificiale, è stata ricostruita un’antica preghiera di guarigione, tramandata per secoli nelle campagne della Terra di Lavoro. Un testo che, fino a oggi, era rimasto incomprensibile, e quasi dimenticato, per la sua forma linguistica ibrida, vagamente simile al latino ma inaccessibile ai filologi. Nel 2011, un gruppo di ricerca dell’ArcheoClub di Calvi Risorta intraprese un’indagine sul campo, intervistando soprattutto anziani nei paesi della zona alla ricerca di tradizioni orali e testi religiosi popolari. Tra le scoperte: dei “respensori”, un’intercessione a Sant’Elena, un adattamento popolare del Vangelo secondo Giovanni, e una preghiera di guarigione in un idioma incomprensibile. Proprio per questa sua oscurità linguistica, la preghiera non fu inclusa nei risultati ufficiali della ricerca. Gianluca Parisi, all’epoca membro del gruppo: «Ricordo che consultammo diversi professori di latino, nella speranza di decifrarne il significato. Ma ogni tentativo risultò vano: le parole non corrispondevano a nessun termine classico o volgare conosciuto». Oggi, a distanza di quasi quindici anni, l’Intelligenza Artificiale ha permesso di ricostruire una versione verosimile del testo. Come è stato possibile? «È stato sorprendentemente semplice», spiega Parisi. «La difficoltà che incontrarono i professori all’epoca era legata alla necessità di confrontare manualmente migliaia di varianti lessicali. Oggi, invece, abbiamo chiesto all’IA di cercare, nel suo vasto corpus linguistico, il termine latino che più si avvicinava a ciascuna parola della preghiera. In pochi minuti, ha prodotto una ricostruzione coerente e plausibile». L’uso dell’Intelligenza Artificiale in ambito storico e linguistico rappresenta una svolta epocale. Non si tratta di “inventare” il passato, ma di “ricostruirlo” con strumenti nuovi, senza perdere il rispetto per la sua complessità. L’IA, in questo caso, non ha creato nulla: ha semplicemente aiutato a leggere ciò che era già lì nascosto, ma non perduto. La preghiera, riportata qui sotto nella sua forma originale e in quella ricostruita, veniva tramandata oralmente, da madre in figlia, nelle comunità agricole del Casertano. Non esiste una versione “perfetta”: ogni persona che la imparava a memoria la modificava, talvolta per migliorarla, altre per errore. Una delle ultime a conoscerla fu Maria Grazia Fusco, detta Caterina, nata a Giano Vetusto il 3 luglio 1924 e scomparsa a Calvi Risorta il 17 dicembre 1997. Fu proprio dai suoi amici e parenti che l’ArcheoClub ottenne il testo. Le sue origini potrebbero risalire all’epoca dei monaci basiliani, che diffondevano riti di guarigione nelle comunità rurali. Anche in Spagna si trovano preghiere simili, come quelle legate a Nostra Signora del Pilar, che prevedono il rito di cingere la fronte del malato con un nastro o un panno benedetto, un gesto simbolico di protezione e guarigione. “Benedici Tibi Benes Convertati viotiure et sereno molto mesta Diot salvamet seon miseri perto vior ognius date nobis et vobis salutem corporis o per exfelat corporis tui satis cum olà furiondo male patis per prevedentione eius filose provvedeste mei Spirito Santo Amen”. «Noi che crediamo in Te, benediciamo il Signore! Con il Tuo aiuto, Dio, salvami, misero peccatore, e donaci sempre ogni forza e salute del corpo. Per i Tuoi patimenti, fa’ che il male furioso se ne vada, oppure sopportalo con serenità, in vista della Tua eterna salvezza.“Aiutami attraverso lo Spirito Santo”. Amen» #news #notizie

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Religioni. Lo schiaffo del Santo

Ci sono in Italia paesi dimenticati che non appaiono neanche sulle mappe geografiche, nonostante contino qualche migliaio di abitanti. È il caso di Petrulo, in provincia di Caserta, il cui nome compare solo su qualche vecchia cartina di un centinaio di anni fa. Petrulo deve la sua esistenza al santo patrono San Nicandro, vescovo e martire. I primi insediamenti risalgono alla fine dell'Impero Romano, quando la vicina colonia di Cales fu saccheggiata dai barbari. Gli abitanti si rifugiarono intorno al castrum preturi, una zona tufacea nei pressi del fiume Lanzi, che nasce dalla collina argillosa di “Laureta” (il cui nome deriva da “lavorare la creta”). Oggi il corso d'acqua ha un regime torrentizio ed è stato deviato durante il Fascismo; è un affluente del fiume Savone e un tempo sfociava tra il Garigliano e l'Agnena. La sua sorgente era di difficile accesso e le gallerie scavate ai margini nel tufo garantivano rifugio dalle incursioni dei predoni. Gli abitanti vissero nascosti per secoli, finché intorno al 1100 d.C. fu costruita la borgata di Petrulo da una piccola comunità di monaci basiliani, giunti dall'Oriente in fuga dalla persecuzione iconoclasta dell'VIII secolo. A Petrulo si trova il piccolo quartiere denominato Giudea, o Iurea nel dialetto locale, dove i monaci rafforzarono il culto per San Nicandro. L'integrazione della comunità monastica con gli abitanti del posto portò alla realizzazione della chiesa antica (oggi sconsacrata) di S. Nicandro, datata 1106. San Nicandro è considerato un santo miracoloso ma anche vendicativo, come dicono ancora oggi gli abitanti del luogo. Si raccontano diversi aneddoti, probabilmente frutto della fantasia popolare, ma comunque degni di nota. Ad esempio, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, durante una processione, ci fu un tentativo di rubare dell'oro dalla statua di San Nicandro. Il ladro fu visto affannarsi a nascondere un attrezzo che gli avrebbe consentito di prendere l'oro. Qualche anno dopo, l'uomo ebbe un figlio con una malformazione alla mano, che sembrava mozzata. Gli abitanti del posto attribuirono quella disgrazia a San Nicandro. Un altro racconto narra di un giovane che era solito bestemmiare santi e madonne pubblicamente e, in un'occasione, sfidò i fedeli che pregavano il santo. Il giorno seguente, il giovane si ritrovò con le dita di una mano disegnate sul volto: lo schiaffo di San Nicandro! Ma chi era San Nicandro? Nella biblioteca della cattedrale ortodossa di San Tito a Heraklion, attuale capoluogo dell'isola di Creta, si trovano notizie su di lui. Nacque a Canea, antica capitale di Creta, intorno al 25 d.C. Da giovanissimo, apprese la notizia della passione e resurrezione di Gesù, aderì al Cristianesimo e fu nominato sacerdote da San Tito nella città di Agios Nikolaos. Per il suo zelo nel convertire gli abitanti alla fede cristiana, fu nominato vescovo intorno al 50 d.C. e inviato nell'odierna Turchia come primo vescovo di Myra. Alla morte di San Tito, continuò la sua opera in Licia, dove la comunità cristiana crebbe a tal punto da preoccupare i Romani. Così, al governatore Libanio giunse l'ordine di uccidere San Nicandro per dare un esempio e un monito ai cristiani. Insieme al santo fu ucciso anche un anziano sacerdote di nome Ermeo: furono legati a dei cavalli lanciati al galoppo e trascinati finché ebbero la pelle strappata e la terra bagnata dal sangue delle loro ferite. Furono poi appesi e colpiti con una tavola di legno e torturati prima col fuoco, poi con dei chiodi piantati nel petto e nel corpo. Furono gettati in un sepolcro e seppelliti, senza neanche verificare se fossero ancora vivi. Il racconto della loro morte ebbe l'effetto contrario: divennero i due martiri di Licia. Alla fine del 1500, Papa Clemente VIII avviò una politica di riavvicinamento con le chiese cristiane di rito bizantino, in particolare con i monaci basiliani, che portarono a Roma notizie e reliquie dei martiri. Il Papa li fece santi il 4 novembre. Nel 1914, le reliquie di San Nicandro furono portate da Roma a Petrulo, dove il Santo è venerato oltre che il 4 novembre, anche la prima o la seconda domenica di agosto. Il nome Nicandro è poco diffuso in Italia ed è associato ad altri santi a Venafro (provincia di Isernia), a San Nicandro Garganico in Puglia, a Tremensuoli (frazione di Minturno, Latina) e a Ravenna e L'Aquila, dove sorgono chiese dedicate. In Grecia, il culto del santo oggi non è venerato e il nome Nikandros è in disuso. (Foto: santino storico di San Nicandro)

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Capua: McDonald's apre le porte in cittá

Il noto marchio di fast food McDonald's ha inaugurato il suo nuovo ristorante a Capua, in via Porta Roma, sulla statale Appia. L'apertura di questo nuovo punto di ristoro è stata accolta con entusiasmo dai cittadini e dai viaggiatori che frequentano la zona. Il nuovo McDonald's offre una vasta gamma di piatti e prodotti di alta qualità, preparati con ingredienti freschi e selezionati. I clienti potranno gustare i classici menu McDonald's, come il famoso Big Mac e le patatine fritte, oltre a opzioni più salutari e innovative. La struttura è stata progettata per offrire un ambiente accogliente e moderno, con ampi spazi per mangiare e prendere il caffè. Il personale è cordiale e disponibile a soddisfare ogni richiesta dei clienti. Tuttavia, alcuni cittadini hanno espresso preoccupazioni riguardo al traffico nella zona, già molto intenso soprattutto nelle ore di punta. In particolare, l'ingresso a Capua alle 17:20 potrebbe diventare ancora più caotico con l'arrivo di clienti che si recano al nuovo McDonald's. Sarà importante che le autorità locali prendano misure per gestire il traffico e garantire la sicurezza dei pedoni e degli automobilisti. Nonostante queste preoccupazioni, l'apertura del nuovo McDonald's è vista come un'opportunità per la città di Capua di attirare nuovi visitatori e di offrire ai cittadini una scelta in più per mangiare fuori. Speriamo che il nuovo ristorante possa diventare un punto di riferimento per la comunità locale e che possa contribuire a migliorare l'offerta commerciale della città.

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Libri. Il racconto: La preghiera di guarigione di Caterina


Come ogni sabato pubblichiamo sulla rubrica libriamoci un racconto, quello di questa settimana riguarda una preghiera di guarigione risalente a tempi antichi

L'Orazione di Caterina

Non è facile estrarre il bene dal male! Il sofferente si affidava al guaritore, che invocava l'aiuto dello Spirito Santo. Il guaritore gli cingeva la testa e recitava una preghiera, e il male si allontanava, lasciando il sofferente in pace. Anche quando il male persisteva, il sofferente riusciva a sopportarlo con più forza. Questo antico rito di guarigione era stato recitato in Italia per secoli presso la corte di un vecchio castello di campagna, che somigliava al Maschio Angioino, abitato da ricchi spagnoli mandati a governare quelle terre.

La storia inizia il 12 ottobre 1710, quando l'ultimo degli spagnoli presenti al castello si apprestava a partire. Catalina, la donna incaricata di chiudere per ultima le porte del castello, era agitata. La lettiga trainata da muli, che l'avrebbe portata via, stava per arrivare e lei sembrava una gallina che non può fare l'uovo, tanto era ansiosa di completare l'ultimo compito. Una donna del posto, che aveva prestato servizio al castello e che Catalina aveva convocato con urgenza, tardava ad arrivare.

Il marito di questa donna era stato guarito da Catalina grazie a una preghiera. La donna aveva spesso chiesto a Catalina il testo della preghiera di guarigione, a volte con insistenza, ma Catalina aveva sempre rinviato la risposta e ora stava per partire. Ecco che la donna arrivò di gran fretta, salutando con un “Mi scusi, signora, sono al suo servizio”. Lei pensava che Catalina le avrebbe lasciato qualcosa di materiale, come un po' di grano, qualche moneta o utensili, ma Catalina aveva già messo tutto sotto chiave, segno che i suoi padroni avevano intenzione di ritornare. Sorreggendo con entrambe le mani un foglio piegato come una bolla papale, glielo consegnò dicendo: «Escucia! Chesta es tuja oración». Poi, parlando in napoletano per assicurarsi che capisse bene, disse: «Devi recitare questa preghiera ogni giorno, dal giorno di San Giovanni a Natale. Una volta che l'avrai imparata a memoria, dopo la messa della Natività, bruciala sul fuoco della mezzanotte e in quel momento sarai pronta a guarire i sofferenti dal male. Devi chiedere l'intercessione di Nostra Signora della Salute, pilastro della nostra fede. Cingi la fronte del sofferente prima di iniziare a pregare e toglila solo dopo che il sofferente abbia chiesto l'aiuto dello Spirito Santo». La donna rimase esterrefatta, immobile e silenziosa: quel foglio pesava come fosse ferro.

Nel frattempo, dalla via Latina era arrivata la lettiga; Catalina salì a bordo e partì senza aggiungere altro.

Negli anni successivi, la preghiera si diffuse ampiamente e sopravvisse in diverse forme nella memoria orale delle famiglie dei borghi pedemontani a nord di Napoli. Venne recitata per guarigioni, esorcismi, per augurare salute e vigore ai popoli o semplicemente per pregare. Fu recitata durante la Grande Guerra, per tenere lontana la peste e durante la Seconda Guerra Mondiale per scongiurare le rappresaglie tedesche. Principalmente, nei secoli, fu recitata per guarire dalle sofferenze e cacciare via il male.


Il 29 aprile 1990, un'anziana infermiera consegnò la preghiera a una sua giovane conoscente omonima, Caterina. Disse di impararla a memoria, proprio come secoli prima la donna spagnola aveva raccomandato. Nessuna copia scritta poteva essere utilizzata per guarire; era necessario chiedere l'aiuto della Madonna attraverso l'intercessione di un santo. L'infermiera raccomandò di fare molta attenzione al momento in cui il male fuoriusciva dal corpo del sofferente, per evitare di contaminare altre persone. Il guaritore, esorcizzando il male, avrebbe dovuto indirizzarlo con ferma intenzione verso una gramigna del bosco, che si sarebbe seccata.

Dopo qualche anno, l'anziana infermiera morì. La giovane Caterina non diede importanza a quel foglio e lo lasciò in un libro, in una vecchia libreria della casa dei suoi nonni.


In seguito, Caterina si trasferì all'estero per lavoro e si stabilì a Saragozza, in Spagna. Il 29 aprile 2018, mentre si attardava in chiesa dopo la messa di mezzogiorno, la sua attenzione fu attirata da un gruppo di credenti che stava recitando proprio quella preghiera a 'los santos patronos'. 

“¡Los que creemos en ti, bendecimos al Señor! Con usted ayuda Dios sálvame miserable pecador y siempre danos todo el vigor y la salud del cuerpo. Por sus sufrimientos, deja que el mal furioso se vaya o lo soportas con serenidad, en vista de su eterna salvación. El que sufre: 'Ayúdame a través del Espíritu Santo'. Amén”

Come un lampo illumina il buio di una stanza chiusa, nella memoria della donna apparve la copertina del libro dove aveva abbandonato, anni prima, la preghiera. A Natale, tornò in Italia, al suo paese natale. La stanza della casa di corte di fine Ottocento dei suoi nonni era stata abbandonata e saccheggiata, ridotta a un vero e proprio relitto del passato. Non c'era più nulla, solo vecchi libri sparsi a terra sul pavimento di cocciopesto, come se il tempo avesse cancellato ogni traccia di vita. Ma, miracolosamente, sullo scaffale della vecchia libreria tarlata, resisteva quel vecchio libro con all'interno la preghiera di Caterina, scritta a macchina.

“Benedici Tibi Benes Convertati viotiure et sereno molto mesta Diot salvamet seon miseri perto vior ognius date nobis et vobis salutem corporis o per exfelat corporis tui satis cum olà furiondo male patis per prevedentione eius filose provvedeste mei Spirito Santo Amen”.

Arrivò l'epoca delle pandemie, e poi il male si impadronì del mondo con le guerre. Caterina, nel frattempo, era diventata una guaritrice e si chiese se fosse possibile guarire il mondo dal male con la preghiera ricevuta in dono. Decise di organizzare una preghiera collettiva sui social, da recitare il 12 ottobre, giorno di Nostra Signora del Pilar, e il 29 aprile, giorno di Santa Caterina, compatrona d'Europa. Così, ogni anno, sempre più persone a queste date recitavano: “Noi credenti benediciamo il Signore. Con il Vostro aiuto, Dio salvi noi umili peccatori. Doni sempre a tutti ogni vigore e la salute del corpo, e per le sofferenze dei popoli vada via il male furibondo, oppure sopportiamolo senza patemi, in vista della salvezza eterna. Aiutateci per mezzo dello Spirito Santo. Amen”. 


Qualche considerazione sui riscontri storici 


La preghiera di guarigione è stata tramandata oralmente da madre in figlia nei paesi agricoli a nord di Napoli, nel casertano. Una delle ultime a farlo fu Fusco Maria Grazia, detta Caterina, nata a Giano Vetusto il 3 luglio 1924 e morta a Calvi Risorta il 17 dicembre 1997. Anche sua sorella, Fusco Giovanna, nata a Giano Vetusto il 12 maggio 1926 e morta a Calvi Risorta il 22 novembre 1990, contribuì a divulgare la preghiera. La versione in italiano è una variante dell'orazione adoperata da Caterina e oggi è a rischio di scomparsa.

Probabilmente la preghiera, che ha origini antiche risalenti ai tempi dei monaci basiliani, è stata fatta propria dalle popolazioni che la ricevevano in dono. Gli aragonesi l'hanno portata in Spagna, a Valencia e a Saragozza, combinandola con le orazioni e i riti di Nostra Signora del Pilar, che prevedono di cingere la fronte del sofferente. Pertanto, si deduce che non esiste un'orazione perfettamente simile in tutta Italia, poiché ogni persona, imparandola a memoria, ha aggiunto del proprio o per migliorarla o per errore.

I veneziani hanno fatto proprio il culto della Madonna della Salute adottando un'icona proveniente da Creta, la Mesopanditissa, venerata nella Basilica di Santa Maria della Salute. Tuttavia, l'icona più rappresentativa della Madonna è probabilmente quella tanto cara al pontefice Francesco, che si trova nella Basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto. In generale, le orazioni alla Madonna della Salute sono tipiche in tutta Italia e la preghiera di Caterina é una delle tante.



Il giovedì del libro! @libri@feddit.it @libri #UnoLibri letterina@poliversity.it

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Il giornale scritto in lingue diverse
Agli inizi degli anni 2000, un'iniziativa editoriale in collaborazione con il quotidiano 'Il Giornale di Caserta' portò all'uscita settimanale di un inserto dedicato agli immigrati. In un'epoca in cui Internet non era ancora di uso comune, quel giornale voleva rappresentare un ponte verso i paesi di origine degli immigrati. Per conservare memoria storica, ecco di seguito le prime copie di quel giornale su questo spazio web. La curiosità maggiore che suscitò all'epoca fu il fatto che il giornale fosse scritto in più lingue (multilingua).

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Festa della Vendemmia: i bambini di Kidville portano colore e tradizione per le strade di Cesa e Aversa

Una giornata all’insegna dei colori, della gioia e delle tradizioni: così l’Istituto Kidville ha celebrato la tanto attesa Festa della Vendemmia, trasformando le vie di Cesa e Aversa in un tripudio di allegria e profumi d’autunno. Guidati dalle insegnanti e accompagnati dai dirigenti Maria Cammisa e Nicholas Errico, i piccoli alunni hanno sfilato per le strade con un carro riccamente addobbato, simbolo della raccolta dell’uva e della vita nei campi. Tra grappoli d’uva, foglie colorate, cesti di vimini e decorazioni fatte a mano, i bambini hanno portato in scena con vestiti a tema la magia della vendemmia, ricordando a tutti il valore della terra e delle nostre radici. L’intera comunità ha partecipato con entusiasmo, applaudendo al passaggio dei piccoli protagonisti e condividendo con loro un momento di autentica festa popolare. Le strade si sono riempite di sorrisi, canti e balli, mentre i più piccoli imparavano il significato profondo del lavoro, della condivisione e del rispetto per la natura. I dirigenti Maria Cammisa e Nicholas Errico, visibilmente orgogliosi della partecipazione e dell’entusiasmo dei bambini, hanno dichiarato: “Oggi abbiamo celebrato molto più di una tradizione: celebriamo la vita che nasce dalla terra e la meraviglia del tempo che matura i suoi frutti. La vendemmia è un gesto antico, fatto di mani che raccolgono e di cuori che ringraziano. È la metafora più bella del nostro cammino educativo: seminare, attendere, prendersi cura e infine raccogliere ciò che insieme abbiamo fatto crescere. Ogni grappolo d’uva è come un sogno che ha trovato la sua stagione. Oggi, guardando i ragazzi impegnati, curiosi, sorridenti, vediamo che anche la scuola è una grande vigna: un luogo dove si coltivano speranze, passioni, futuro. Che questa giornata ci ricordi che educare, come vendemmiare, significa credere nella forza silenziosa della crescita, nella bellezza della collaborazione e nella gratitudine per ciò che la vita ci offre. Buona vendemmia a tutti, e grazie a chi ogni giorno continua a credere nel valore della terra, della scuola e dell’amore per ciò che si fa.”

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Caserta. Centinaia di lavoratori pubblici in attesa del rinnovo contrattuale e cittadini costretti a pagare di più per servizi peggiori

Centinaia di lavoratori pubblici in attesa del rinnovo contrattuale e cittadini costretti a pagare di più per servizi peggiori. È la fotografia della realtà degli enti locali nella provincia di Caserta secondo la CISL Funzione Pubblica, che lancia un allarme sulla tenuta stessa dei servizi pubblici sul territorio. “Nella nostra provincia – spiega il segretario generale Franco Della Rocca – parliamo di 104 comuni e di migliaia di dipendenti che da anni attendono la sottoscrizione del contratto 2022-2024, rimasto al palo, e l’avvio della nuova tornata 2025-2027. Questo stallo produce conseguenze dirette sulla qualità della vita dei cittadini: meno personale negli uffici, servizi esternalizzati, costi maggiori a carico delle famiglie.” Il segretario evidenzia come la carenza di personale e la mancata attrattività del pubblico impiego stiano svuotando gli enti locali, spingendo sempre più amministrazioni a ricorrere a ditte esterne. “Il risultato – aggiunge Della Rocca – è che i Comuni spendono di più e rendono di meno. Le esternalizzazioni, infatti, gravano sulla finanza pubblica e per far quadrare i bilanci gli enti sono costretti ad aumentare le tariffe dei servizi a domanda individuale. Un paradosso che colpisce due volte i cittadini: pagano più tasse e ricevono un servizio gestito da terzi, spesso con minore efficienza.” La CISL Fp ricorda che nella sanità il contratto è stato già firmato, garantendo continuità e tutele per il personale, mentre nelle funzioni centrali l’accordo è stato raggiunto anche senza l’intesa con CGIL e UIL. “Non si può più rimandare – conclude Della Rocca –: i lavoratori degli enti locali meritano il rinnovo del contratto e un riconoscimento reale del loro ruolo. Bloccare ancora la trattativa significa penalizzare non solo i dipendenti, ma anche i cittadini che ogni giorno si affidano ai servizi pubblici.”

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