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Pastore delle chiese metodiste di Udine e di Gorizia

Conferenza a Gorizia svoltasi il 6 febbraio

Tex Willer è Metodista: con questa affermazione Paolo Naso ha concluso il suo intervento sul nuovo libro “Metodisti in Italia”, tenutosi a Gorizia davanti a un pubblico molto interessato e attento. Paolo Naso è venuto a Gorizia proprio per presentare questo volume sui metodisti in Italia, pubblicato dalla Claudiana. Questo libro è il risultato di anni di ricerche sul tema e, come Naso ha spiegato all’inizio del suo intervento, è stato possibile crearlo solo grazie alla costituzione di un archivio virtuale sul metodismo in Italia. Purtroppo, quello reale, cioè i registri delle chiese e altro, non esiste nella misura necessaria per avere una base di ricerca. Per questo motivo, si sono recati in Gran Bretagna e negli USA per consultare le fonti riguardanti l’Italia negli archivi delle chiese metodiste. Il volume presentato è la prova concreta del successo di questo lavoro: oltre 500 pagine, 23 capitoli con 23 autori che offrono un’immagine dei metodisti in Italia, dalla storia fino all’innologia.

Paolo Naso sviluppa il suo intervento partendo dalla domanda sul perché ultimamente siano stati pubblicati dei volumi sulla storia, i quattro sulla storia valdese e il volume presentato sui metodisti. Naso individua nel desiderio di conoscenza del passato un pericolo insito nella ricerca storica: chi vede nel presente e nel futuro ostacoli insormontabili potrebbe voler solo guardare indietro, ma ciò rappresenterebbe una storia destinata a chiudersi. Perciò, Naso cerca di raccontare la storia come una vicenda che continua e si apre al futuro.

Lo fa in due direzioni: da una parte, racconta appunto la storia che continua; dall'altra, evidenzia l'importanza di una piccola chiesa di fronte ai problemi del mondo. L’arrivo dei missionari metodisti in Italia nel 1859 segna l’inizio di una presenza significativa di una delle più grandi denominazioni protestanti nel mondo. Oggi, infatti, i metodisti nel mondo sono 80.000.000, tanti quanti i luterani.

Al loro arrivo, i metodisti leggono la storia d’Italia come una fase di transizione e, dopo Porta Pia, vedono la caduta dell’anticristo in chiave apocalittica, fase che si conclude con l’inizio della Prima Guerra Mondiale.

La vera stagione dei metodisti in Italia si apre secondo Paolo Naso nel II dopoguerra e porta molto fermento negli anni ‘60 del 1900. In quegli anni movimentati, si cerca di essere una chiesa nell’Italia di oggi con una nuova spiritualità incarnata (fattiva!) e un nuovo rapporto con gli altri evangelici italiani. Un esempio è la Federazione delle chiese evangeliche in Italia.

Tra gli elementi forti del metodismo vi sono la visione sull’Italia, l’attenzione rivolta al Mezzogiorno e la ricchezza ecumenica eccezionale, nonché la lunga esperienza maturata nel sud del mondo.

Al termine dell’intervento, le domande ruotano soprattutto attorno alle scoperte personali di Paolo Naso fatte durante il lavoro al Volume. Una di queste è il rapporto tra Wesley e i padri della chiesa antica e l’aspetto gioioso della grazia, di cui il famoso inno Amazing grace è egregia testimonianza.

Rimane comunque la domanda sollevata all’inizio dell’articolo. Ma Tex Willer è metodista? Per Paolo Naso la risposta è positiva, e lo paragonerebbe al circuit rider metodista.

Il libro è in vendita alla claudina editrice

Jens Hansen

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Predicazione sul testo biblico di Marco 4, 35-41

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Basta leggere i giornali della settimana scorsa per capire che il barometro del clima politico ed economico mondiale va verso la tempesta. Inizio il sermone proprio con una lettera arrivatami questa settimana che da proprio voce alle mie preoccupazioni e a quelle di molte persone:

Jens, Donald Trump è tornato. E non si tratta solo di un ritorno politico: è il simbolo di tutto ciò che ostacola il progresso nella lotta contro la crisi climatica. Trump non è solo un negazionista climatico; è il paladino di un sistema che sacrifica i diritti delle persone e la salute del nostro pianeta per proteggere i profitti delle grandi compagnie petrolifere. La sua amministrazione ha già tentato di bloccare ogni tentativo di azione climatica attaccando la scienza e smantellando regolamenti fondamentali per la protezione dell’ambiente. Ora promette di trivellare ovunque, sbandierando il suo slogan “drill, baby, drill” e si è ritirato ancora una volta dall’Accordo di Parigi, sabotando gli sforzi globali per combattere questa crisi. Jens, il messaggio di Trump è inequivocabile: negare la scienza, distruggere l’ambiente, arricchire i potenti e soddisfare l’ingordigia delle compagnie fossili! Quelle che hanno finanziato la sua campagna elettorale con ben 14.1 milioni di dollari! Nel frattempo, però, la realtà è un’altra: è un mondo afflitto dalla crisi climatica. - Incendi devastanti che trasformano foreste e città in cimiteri di cenere. - Siccità che affamano milioni di persone costringendole a migrare. - Alluvioni e tempeste che spazzano via strade, ponti, case, vite umane, storie di singole persone e intere comunità. Solo nel 2023, il numero di disastri climatici ha raggiunto un nuovo record, con oltre 100 miliardi di dollari di danni e milioni di persone sfollate. Eppure, Trump e i suoi alleati continuano a trattare questa crisi come un gioco politico. Trump rappresenta tutto ciò che non possiamo permetterci: negazione, avidità e distruzione.

Aggiungiamo la prospettiva che i populisti e le estreme destre possano vincere le elezioni future e far ricadere il nostro continente in una situazione che conosciamo dagli anni trenta del novecento.

Ovunque, a quanto pare, delle nuvole scure si stanno addensando all'orizzonte, preannunciando un fronte globale di maltempo che potrebbe scuotere e forse addirittura capovolgere la barca del “Pianeta Terra” nella quale ci troviamo tutti e tutte insieme.

Se ora concentriamo il nostro sguardo sulle tempeste che si abbattono sulle nostre vite, le conosciamo tutte e tutti. Sappiamo come ci si sente quando soffia il vento nella propria vita. Sono situazioni in cui non sempre dobbiamo avere paura della nostra vita, ma in cui sperimentiamo, talvolta in modo diretto, che non abbiamo il controllo totale della nostra vita, che abbiamo la sensazione di essere vissuti anziché di vivere... scusate il passivo forzato.

Talvolta la situazione si aggrava. A quel punto, nella nostra disperazione, cerchiamo qualcuno che ci tiri fuori da questa situazione e che faccia passare la tempesta.

Ma come?

Non so se vi ricordate che anche nell’AT si parla di salvataggi in mare. In quel racconto, proprio come nel nostro, si tratta di dover calmare le onde, questa volta del mare vero e non di un piccolo lago. Sì, parlo del libro del profeta Giona.

Giona, incaricato di predicare a Ninive, preferisce defilarsi e non seguire la chiamata divina. Trova una nave, sale a bordo e si sente al sicuro. Fino a quando non arriva una tempesta tremenda che, nonostante i tentativi dei marinai di portare la nave in salvo, non accenna a placarsi.

A quel punto Giona racconta la sua fuga e si fa buttare in mare per evitare il naufragio agli altri. Pare che allora si seguisse ben volentieri l’idea che un sacrificio umano potesse salvare la nave.

Se siamo sinceri, anche oggi non mancano i sacrifici umani. Per mantenere il nostro benessere, lasciamo morire migliaia di persone nel Mediterraneo, sacrificando le loro vite. Per il profitto di pochi, miliardi di persone sono schiavizzate o sfruttate fino al limite delle loro forze. Oltre ai sacrifici umani, si sacrifica anche la creazione che geme sotto i nostri piedi ogni giorno sempre più forte.

Il nostro racconto della traversata del lago di Galilea è diverso. Innanzitutto, siamo testimoni di un Gesù che non si lascia sconvolgere dalle onde. Gesù non è un pescatore, non conosce i venti e le onde, al massimo potrebbe aver pensato che su un lago non c'è alcun pericolo.

Questo, però, non basta a spiegare la sua tranquillità. Gesù dorme nella parte posteriore della barca. L’evangelista Marco sottolinea il sonno profondo di Gesù, parlando di un guanciale e di un cuscino. Un cuscino su una barca da pescatori!

La domanda dei discepoli, invece, è: «Maestro, non t’importa che noi moriamo?» – ci riporta alle esperienze che talvolta facciamo. Esperienze che ci riempiono di dubbi. Esperienze che ritroviamo anche nei salmi, e che sono all'origine di tanti nostri dubbi.

Dio, perché non intervieni? Perché non impedisci che i malvagi possano avere il sopravvento?

Una domanda che, nel Salmo 22, assume estreme conseguenze e diventa un'accusa: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Un'accusa che lanciamo verso Dio quando affrontiamo catastrofi personali, senza però trovare una risposta che ci soddisfi pienamente.

Ecco perché, in molti, non desiderano altro che ciò che Marco racconta, ciò che dell’episodio sul lago fa un miracolo. Come già detto sopra, i discepoli si avvicinano in preda al panico a Gesù con la domanda: «Maestro, non t’importa che noi moriamo?»

La risposta di Gesù, che dopo aver placato la tempesta non sarà piaciuta, sarà: «Perché avete così tanta paura? Non avete ancora fede?» Certo, lo dice dopo aver placato il mare e il vento. La situazione si calma. Silenzio. Bonaccia, scrive Marco.

Ciò che segue è altrettanto inaspettato e strano. I discepoli non gioiscono per essere stati salvati, sono spaventati. Prima avevano paura delle onde e del vento, ora sono colmi di timore e spavento per Gesù.

Cosa ci vuole insegnare, alla fine, la vicenda della tempesta?

I primi cristiani leggono la vicenda in questo modo: Gesù ha predicato, annunciato e aspettato il Regno di Dio. Per loro, il Regno di Dio significa che Dio sale sul trono del mondo e vince tutte le potenze che soffocano e opprimono la vita: la violenza militare romana, la sofferenza, le malattie, la fame, la miseria, lo sfruttamento, la schiavitù. Dio avrebbe sconfitto tutto ciò con la forza del suo amore.

Tuttavia, le forze oppressive sono ancora presenti e le chiese di 2000 anni fa si sentono come in una barca in mezzo alla tempesta, abbandonate al vento e alle onde. Gesù, morto e risorto, che un giorno tornerà, porterà aiuto adesso? Ora?

Man mano, le prime chiese hanno compreso che ciò che viviamo ora, le persecuzioni, il maltrattamento degli schiavi, mette a dura prova la nostra fiducia in Dio. In tutto ciò, nonostante la nostra poca fede, possiamo contare sulla presenza di Dio in mezzo a noi. E noi? In mezzo agli uragani di cui ho parlato all’inizio del sermone, in mezzo a una situazione mondiale che ci rende insicuri e dubbiosi, forse ci riempie anche di paura e ansie, come ascoltiamo questo evento in cui Gesù calma la tempesta?

Quanta paura è giustificata? Quanta paura invece è indotta e ci rende ciechi di fronte a ciò che si può e si deve fare? Possiamo fare come i discepoli nella tempesta: «Signore, aiutaci!».

E scopriremo che Gesù toglie il fondamento alle nostre paure. Il vento deve cessare, la forza primordiale della natura deve tacere. Le fauci mortali del mare devono chiudersi. Segue un silenzio.

Essere con Gesù nella stessa barca significa attraversare il pericolo. Prima bisogna vincere la paura, poi anche la tempesta si placherà. Gesù è con noi. Con lui la paura non ci sopraffà e abbiamo la forza di contrastarla con l’amore di Dio, un amore che può cacciare via la paura.

Jens Hansen

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Ogni due mesi pubblico una circolare per le due chiese. All'inizio delle circolari scrivo una meditazione biblica che pubblico qui oggi. E' per la circolare di febbraio/marzo.

Si basa sul versetto biblico preso dal Salmo 16 che dice al versetto 11:

Tu m’insegni la via della vita.

Nell'ultimo versetto del Salmo 16, la persona che prega esprime il suo impegno con Dio in poche parole: Tu m’insegni la via della vita. La sua vita è caratterizzata da una profonda fiducia in Dio confessata in ogni versetto della sua preghiera.

Proteggimi, o Dio, perché io confido in te. Così inizia la sua preghiera e la persona che prega sembra essere consapevole che la sua fiducia è un dono di Dio.

Questo versetto scelto per febbraio mi ricorda la decisione che Mosè sottopone al popolo di Israele, ricorda i comandamenti della Torah e invita a decidere tra la vita e la felicità o la morte e la disgrazia.

Mosè dice: ti comando oggi di amare il SIGNORE, il tuo Dio, di camminare nelle sue vie, di osservare i suoi comandamenti, le sue leggi e le sue prescrizioni, affinché tu viva e ti moltiplichi, e il SIGNORE, il tuo Dio, ti benedica nel paese dove stai per entrare per prenderne possesso. (Deuteronomio 30:16).

Camminare per le vie di Dio significa seguire la sua chiamata, ottenere la vita in senso globale facendo ciò che si deve fare. Non vuol dire vivere secondo una norma legale. La chiamata di Dio si concretizza nell'alleanza e nella legge. Entrambe sono doni di Dio al suo popolo Israele. L'alleanza non può essere rivista; Dio l'ha stipulata con il suo popolo per l'eternità. La legge va intesa più come un'istruzione parola meno rigida che apre al dialogo.

Gesù stesso ha partecipato a questo dialogo, ma senza uscire dal campo della Torah.

Riflettere sull'alleanza e sulle istruzioni di Dio può indicarci la strada da seguire. Ai suoi tempi, il profeta Isaia vide come le persone possono allontanarsi da questo sentiero e come possono correre alla cieca verso l'abisso: Noi tutti eravamo smarriti come pecore, ognuno di noi seguiva la propria via; ma il SIGNORE ha fatto ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti. (Isaia 53:6) Anche il salmista, nel Salmo 16, riconosce il pericolo che altre vie possono portare fuori strada.

Se ognuno guarda solo al proprio cammino, esclude fin dall'inizio qualsiasi dialogo con gli altri, penso anche al dialogo tra membri di religioni diverse, oggi più che mai necessario.

In una società così diversa dal punto di vista religioso come la nostra, questo dialogo interreligioso non deve limitarsi esclusivamente agli incontri tra rappresentanti religiosi ufficiali. È altrettanto importante cercare e impegnarsi in questo dialogo nella nostra vita quotidiana. Le opportunità per farlo si trovano se non ci limitiamo a guardare il nostro cammino. Sono consapevole di non poter pretendere di essere assoluto sul mio cammino. Posso rinunciarvi senza allontanarmi dal cammino che Dio mi rivela.

L'amore per i miei simili e la fiducia in Dio includono l’accoglienza di persone di fede diversa dalla mia. E questo significa lavorare per la realizzazione di una vita buona nella giustizia e nella pace. Con tutte le persone di buona volontà.

Jens Hansen

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La chiesa metodista di Gorizia si trova in Via Armando Diaz 18/a. Le sue attività, le pubblico regolarmente nella agenda che inserisco qui sotto.

Jens Hansen

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La chiesa metodista di Udine si trova in Piazzale Gabriele D'Annunzio 9. Abbiamo attività regolari come il culto domenicale, gli studi biblici, il corso teologico, il catechismo e riunioni di preghiera. Qui faccio l'embed del calendario che viene regolarmente aggiornato.

Jens Hansen

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Sono Jens Hansen, anno 1963. Nel 1992 sono stato consacrato pastore nella chiesa Luterana nel nord della Germania. Dopo un periodo da parroco luterano, nel 1997, ho preso servizio nella Chiesa Evangelica Valdese (unione delle chiese metodiste e valdesi). Ho svolto il mio ministero nelle chiese valdesi di Messina, Reggio Calabria, Catanzaro e Vincolise, e Dipignano. Nel 2023 sono stato trasferito nelle chiese metodiste di Udine e Gorizia. Alla chiesa di Udine appartiene anche la chiesa valdese di Tramonti di sopra.
In questo blog intendo pubblicare pensieri e sermoni e altri articoli.

Jens Hansen

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