Una parte dell'interessante articolo a firma di Bruno Saetta del 2 Ottobre su Valigia Blu (https://www.valigiablu.it/manipolazione-social-network.../), si parla del fastidio che provocano in noi i comportamenti che non riconosciamo come “corretti.”
Quando una persona ci pone di fronte ad uno stile di vita diverso da quello che per noi è giusto, quando un'idea, un atteggiamento non vengono riconosciuti ed accettati istantaneamente dal nostro cervello, la reazione è quasi sempre ostile, a parole e nei fatti.
La vicenda di #AlessiaPiperno, come milioni di altre, è, ora, amplificata dall'uso dei social: lo stesso mezzo adoperato da Lei e che le si rivolta coltro, attraverso i milioni di utenti che non vedono l'ora di riaffermare il proprio “sè” libero di poter imporsi sulle scelte altrui. Nel contesto di un'analisi che più volte si è fatta, questo fatto appare già analizzato moltissimo, ma il reiterarsi di questi atteggiamenti semanticamente violenti è un segno inequivocabile di come l'uso dei social sia andato oltre alla definizione stessa di veicolo sociale, appunto. Specchio della società? Corretto. Eppure è anche corretto affermare che la semplicità del loro uso ha ingigantito la portata delle conseguenze di quelle affermazioni che solo pochissimi anni fa era limitate ad ambiti più ristretti, oserei dire quasi intimi.
Ed ecco, allora, come un fenomeno ormai ineludibile delle nostre vite porta all'avanzare di una radicalizzazione, di un nuovo odio, urlato, senza pudore verso ciò che ci crea un fastidio, un disturbo. Non scevro di puro desiderio d'apparenza e molta superficialità, l'hater, l'odiatore alimenta se stesso per una ribalta, per un proscenio, in cui le decisioni degli altri, il loro modo di intendere l'esistenza terrena (e, non dimentichiamolo, a scadenza) è fonte inesauribile di autocompiacimento per un modo di essere assoluto e giusto.
Errori cui si incappa tutti, per celia o per rancore, per distrazione o per una formazione culturale imposta i cui retaggi emergono in maniera truffaldina e spesso inconscia. Il che non giustifica non avere disciplina, per sé e nei confronti di situazioni che si giudicano senza sapere nulla, ma nulla proprio, delle persone che le vivono.
La libertà altrui, fino a che non sfocia nel male verso altri, nella violenza gratuita (anche quella verbale) è intoccabile: chi può arrogarsi il “diritto” di pensare che il proprio modo di vivere e pensare sia sempre giusto, in ogni caso? Solo uno stolto o un ignorante, come già detto. Eppure sembra che a nulla valgano ragionamenti e analisi di fronte alla gratificazione immediata di trovare un conforto effimero nell'offesa ridondante, nel branco, nella stupidità, che è sempre la via più comoda.
Amare gli altri (anche nell'ipocrita eccezione dei cattolici, per dire) non è questo. Non lo sarà mai. E se non si compie il passo di comprenderlo, si è perso. Molto prima della partenza.
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