Le avventure del dottor Divago

...e altri sproloqui di un'anima inquieta

Meno di un mese fa è nata la nostra bambina. Il 1° luglio, alle 16:48.

È bellissima.

Come suo fratello, non dorme.

A distanza di (circa) un mese io e mia moglie siamo in debito di sonno, stressati, un pochino incazzati e abbastanza nervosi. Per quanto riguarda mio figlio, siamo arrivati ai cosiddetti terribili due . Devo dire che non abbiamo particolari difficoltà, se non fosse che quando mio figlio è stanco diventa impossibile farsi ascoltare. E quando succede ci manda fuori di testa.

Mio figlio (3 anni a settembre) adora un libro, si chiama La casa dai 100 piani sottoterra e racconta la storia di una bambina chiamata : non spoilero, solo ad un certo punto incontra delle cicale che vanno a scuola di canto. È il passaggio preferito di mio figlio, ogni volta che sente le cicale (quindi quasi sempre) si ferma ad ascoltare. Come su Kū, dice.

Dopo una lunga giornata di scazzi, il fatto che tuo figlio ti prenda a calci perché non vuole cambiarsi può far ingrossare la vena su più di una tempia. Vorrei poter dire che ho gestito la situazione con flemma e maturità, come si addice alla mia figura di adulto: ho invece provveduto a cambiarlo tra pianti, urla e proteste. Ovviamente sentendomi una merda.

Poi è intervenuta mia moglie. Mia moglie che non dorme da tre anni, che ha un raffreddore atroce, che ha una giornata MOLTO più stressante della mia.

Ci siamo seduti davanti alla porta finestra della camera da letto matrimoniale, tutti e 4, a guardare il tramonto ascoltando le cicale.

E tutto si è sistemato.

Amo mia moglie. Dal primo giorno. Quando c'è nervosismo, quando le cose vanno male, quando tutto sembra una rottura di coglioni, lei arriva e rende il mondo di nuovo meraviglioso.

Anche grazie alle cicale.

Pare che nella vita sia abbastanza comune smettere di vedere i nostri genitori come esseri perfetti e iniziare a percepirli per come sono realmente, in tutta la loro fragile umanità. Si tratta di un passaggio molto importante per la crescita personale, ma sicuramente non molto gradevole. Infatti la domanda più immediata che viene da porsi in quel caso è: “e adesso che si fa?”

Nel mio caso, questa scoperta è avvenuta allo stesso tempo troppo presto e troppo tardi.

Mi spiego: ho avuto la fortuna di nascere e crescere in una famiglia i cui genitori si odiavano e si bistrattavano. Mia madre è una donna di 70 anni che non ascolta una parola di quello che dici, ma ha una precisa idea di te e ci tiene molto a fartelo sapere (per poi atteggiarsi a vittima sacrificale quando l'interlocutore, inevitabilmente, s'incazza); mio padre è un uomo di 80 anni, con la mente elastica come un cubo di granito e un sapiente amalgama di depressione e crisi di mezza età che va avanti più o meno dal 2000.

La vostra mente è riuscita a costruire lo scenario distopico-infernale che può generarsi da un mix così letale? Fatto? Bene.

Niente aiuta a demistificare la figura del genitore come essere costantemente chiamato a fare da confidente dai tuoi stessi genitori. Niente è più distruttivo come dover ascoltare i propri genitori mentre raccontano a te quello che dovrebbero invece dirsi a vicenda. Ricordo che durante la maggior parte di quelle conversazioni a senso unico nella mia mente si faceva strada un pensiero: ma non dovrei essere io il più piccolo?. Questo almeno nel primo periodo, prima che diventasse una cosa normale. Ovviamente non lo era ma, lo sappiamo, è possibile abituarsi ad ogni cosa.

La seconda e ultima disillusione è arrivata abbastanza di recente. E qui devo fare una premessa.

Venendo da una famiglia veneto-friulana, ho passato la maggior parte della mia vita immerso in una retorica pro-berlusconiana, pro-padana e spiccatamente anti-“comunista” (le virgolette non sono messe a caso). Come risultato ho trascorso la mia adolescenza in un panorama e con frequentazioni prettamente di destra, perché quelli erano gli ideali dei miei genitori e, in quanto tali, sicuramente erano quelli giusti. Loro sono adulti, sono la mia mamma e il mio papà, sapranno quello di cui stanno parlando, giusto?

Sbagliato.

Sono uscito da quell'ambiente quando ho iniziato a frequentare l'università, e di conseguenza ho conosciuto persone provenienti da ogni parte dell'Italia e del mondo, di diverse culture, ideologie politiche e anche orientamenti sessuali. Una relazione sentimentale che avevo intrecciato all'epoca è stata poi strumentale per questa mia trasformazione (anche se deleteria per molti altri aspetti).

Quando sono uscito dalla sfera di influenza della mia famiglia, ho acceso il cervello e ho iniziato a ragionare autonomamente. Ho capito che della storia e della politica del mio paese non sapevo un cazzo e ho deciso di studiare, perché volevo sapere se la visione del mondo dei miei genitori fosse giusta.

Ora posso dire che no, non lo era e non lo è. Ora ho formato la mia visione del mondo, e l'unica cosa che l'infanzia mi ha lasciato è la sensazione di essere stato ingannato, certo non intenzionalmente, ma il fatto rimane. Mi lascia basito pensare che due adulti per niente stupidi né ignoranti che hanno instillato in me moltissimi valori positivi e senza i quali sicuramente non sarei diventato la persona che sono ora, sono diventati vecchi evasori, razzisti, bigotti e capitalisti.

Fa sinceramente male. Certo, è utile: adesso che sono padre (e tra poco lo sarò di nuovo), non so ancora chi sono veramente, ma almeno so chi voglio essere.

Questa era lunga, scusatemi. Se c'è qualcuno lì nel vuoto, grazie per l'attenzione.

Riemergo dopo un'assenza prolungata dovuta a paternità odierna e futura, lavoro, famiglia e scazzi vari. Oggi volevo parlare del mio album preferito: Rumours, dei Fleetwood Mac. Così, perché mi va.

È il 4 febbraio 1977. Lindsey Buckingham e Stevie Nicks si stanno separando, e neppure John McVie e Christine Perfect stanno messi proprio bene bene bene; Mick Fleetwood unvece ha fatto un'amara scoperta, ossia che sua moglie lo ha tradito con un altro uomo. Certe band si sono sciolte per molto meno.

C'è una quieta irritazione tra i membri della band. Dormono tutti in camere separate, e non si incontrano mai se non per le sessioni di registrazione. Dove ovviamente c'è tensione. I membri del gruppo hanno a disposizione dell'equipaggiamento di qualità (anche grazie al lavoro certosino dei loro tecnici) e, cosa da non sottovalutare, una quantità spropositata di cocaina.

I risultato finale è qualcosa che può solo essere descritto come un capolavoro. Se non lo avete mai sentito ascoltatelo, e provate a sostenere il contrario. Il che mi fa pensare; delle persone che non si sopportano, che con tutta probabilità si sono dette di tutto e che non vedono l'ora di farla finita con la registrazione per tornarsene alla loro stanza d'albergo, incidono il settimo album più influente della storia, almeno secondo Rolling Stone. Forse è vero che dal letame nascono i fior.

Forse le avversità e le divergenze sono il catalizzatore che ci permette di far emergere anche il nostro meglio.

O forse è stata solo fortuna.

Ascoltatelo. Poi decidete voi.

Ultimamente piove spesso. Una seccatura, direte voi. Io invece non ho mai disprezzato il brutto tempo; ricordo che da piccolo, quando mi portavano in montagna, restavo ore sul terrazzo a guardare la pioggia. Forse perché ero l’unico giovanotto in mezzo ad un paese di vecchi, o perché sotto sotto la sensazione di pace e la tranquillità che ne ricavavo mi piaceva. Data la situazione climatica attuale poi, più piove meglio è. Ma sto divagando.

Il vero problema è che domani è lunedì. Perdonate il Garfieldismo, ma il lunedì è il giorno della settimana che più detesto, perché si ricomincia a lavorare.

Al di là dell’abominevole opinione che ho del lavoro (che non sarà trattata qui, altrimenti staremmo qua tutto il giorno), la cosa più seccante del lavoro è avere a che fare con gli altri. Principalmente perché con le altre persone non so mai come comportarmi. Sono passato dal provare a tutti i costi ad essere simpatico a tutti quando ero giovane (con scarsissimo successo, come prevedibile) a preferire la pace e tranquillità di casa; guardare la pioggia è una cosa che ancora faccio, peraltro con enorme soddisfazione.

Ho ormai raggiunto un’età per cui cercare la pace e la tranquillità della solitudine è socialmente accettabile, e devo dire che vivo molto meglio: non sono mai riuscito a reggere per molto la pressione dell’interazione sociale, soprattutto se il mio interlocutore non ha alcun interesse comune. Sarà normale e comprensibile, o magari strano e ridicolo, ma non mi sono mai veramente sentito bene me stesso finché non ho smesso di provare a diventare amico di tutti.

Il punto dello sproloquio odierno è questo: le persone sono un po’ come le gocce di pioggia. Ci cadono attorno e sono intriganti, quasi rilassanti se osservate da una prospettiva esterna o da un luogo sicuro: lo sono decisamente meno se ne sei in mezzo, poco importa se quelle che effettivamente ti colpiscono sono solo una piccolissima parte del totale.

Primo post. Ho appena aperto questo piccolo spazio virtuale, e sto scrivendo le prime frasi con a fianco mio figlio che dorme. L’unico rumore udibile è il ticchettio veloce del mio Wintex: un orologio con molti anni sulle spalle, vecchio cimelio di famiglia degli anni ’60. Fichissimo.

Mi trovo in difficoltà, non so bene cosa scrivere in un Blog: non ne ho mai avuto uno veramente. Suppongo si parli di attualità, cucina, informatica o moda. Dato che non sono particolarmente bravo a parlare di queste cose, parlerò di un po’ di tutto. Anche di me.

Posso dire con assoluta certezza che mio figlio è per me la cosa più importante che esista al mondo. Così importante che ho iniziato per la prima volta a lavorare veramente su me stesso; non posso essere un bravo genitore se non sto bene con me stesso, mi sono detto. Da allora sto cercando di essere il più possibile onesto con me stesso e mi rendo conto che ho voglia di sapere. Come funziona il mondo, come funzionano le persone e anche come funziono io. “A quasi trentaquattro anni?” chiederete voi. “Gran bel tempismo”. E mica avreste torto.

Eccole, le manie di grandezza. Già mi rivolgo ad un pubblico. Non so nemmeno se lo leggerò io, sto Blog. La verità è che non credo nemmeno di volerlo, un pubblico. Non so neanche se andrò oltre questo post. Non offro articoli d’opinione particolarmente interessanti sull’attualità (anche se di opinioni ne avrei e se mi si becca in giornata posso far sanguinare per bene le orecchie), né consigli esperti su quale distribuzione Linux scaricare per utilizzare al meglio il vostro PC così sapientemente anni ’90 (anche se lo uso, Linux) né tantomeno incredibili ricette per preparare un ottimo Camogli gourmet (ecco, qui sono un pochino carente).

In questo blog ci sono io. Le mie opinioni, il mio carattere e tutte le cose che mi piacciono. Lo scrivo per me, per rendere più reali i miei pensieri, e se a qualcuno fa piacere lo fa anche a me.

Tutto qua.

Ah, non ho ancora imparato ad usare questo blog, quindi ne vedremo delle belle.