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“Alviro Insights: Riflessioni e Creatività” Mastodon

La parola vibra nella mente, ritmica e insistente, come il ticchettio del cruscotto di un’auto in sosta. È l’attesa di un soffio che potrebbe svelare tutto o nulla. Un alito di vento o forse di colpa? Non è chiaro. E il pensiero balza via, nervoso, come un coniglio spaventato, tornando a quella sera in cui il mondo sembrava girare più veloce delle ruote dell’auto. Un test, un esame, un giudizio: tutto condensato in numeri lampeggianti, spietati, che non concedono appello.

Ma perché sempre numeri? Un tachimetro non può misurare il dolore, non pesa le scelte sbagliate, né il senso di vuoto che si cerca di colmare con un bicchiere in mano. Vuoto. Come quel vecchio barile dimenticato nella cantina di un casolare abbandonato. E che parola strana, crepitio. Suona come qualcosa che si spezza, che cede sotto il peso. Il legno che scricchiola, il rumore secco di un ramo spezzato.

Forse è proprio questo: il cedimento. È ciò che rimane quando il fusto non regge più, quando tutto crolla sotto la pressione. Eppure, c’è una bellezza in questo spezzarsi, nel legno curvato e segnato dal tempo. C’è bellezza nella possibilità di rialzarsi, di rimettersi insieme dopo una notte troppo lunga, dopo che il giudice ha pronunciato il suo verdetto.

E allora si ricomincia. Si prende quel legno incrinato, lo si lavora, lo si plasma in qualcosa di nuovo. Forse una trave portante, o un piccolo dettaglio d’arredo che porta con sé il racconto delle sue cicatrici, delle sue rinascite.

Fragilità e forza: due estremi dello stesso filo. Misurare il limite e scoprire cosa rimane dopo il cedimento.

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