Cooperazione Internazionale di Polizia

Un blog di un cultore della materia. La cooperazione di polizia da una prospettiva italiana

Se la 'Ndrangheta (da cento anni) è sbarcata in Australia.

Mappa dell'Australia con indicazione della presenza della criminalità organizzata italiana

Le origini

Leggenda vuole che, quando intorno al 1770, il capitano James Cook avvistò per la prima volta le coste australiane, tra il suo equipaggio ci fossero due marinai italiani: James Matra, nato a New York (il suo cognome originario era Magra) ed Antonio Ponto, indicato proprio come il primo italiano nella storia a mettere piede in #Australia. Per venire a tempi più prossimi, per ritrovare italiani in Australia ci dobbiamo spostare negli Anni '30 del secolo scorso. La maggioranza dei nostri emigrati in Australia si stabilì negli stati meridionali di Victoria, Nuovo Galles del Sud e Australia meridionale, mentre altri preferirono il Queensland e l'Australia occidentale. Ai giorni nostri quasi 200.000 australiani si identificano come “italiani”, formando la quinta etnia, dietro all'australiana, all'inglese, all'irlandese o allo scozzese. Circa il 2% degli australiani parla italiano a casa, sì da farne una delle lingue più parlate – oltre all’inglese – in Australia. Fu solo nel secolo scorso, in particolare tra gli anni '20 e '60 che l'emigrazione italiana in Australia ebbe uno slancio, con la gran parte degli immigrati provenienti dalla Calabria. Un presunto affiliato alla Onorata Società in Australia in una foto segnaletica degli Anni 30 La prima immigrazione – durante gli anni '20 e '30 – puntò sulle piantagioni di canna da zucchero, nel Queensland (nord-est dell'Australia), che richiedevano manodopera a basso costo. I primi delinquenti si specializzarono (al pari ad esempio di quanto avvenne con la mafia siciliana sbarcata a New York) nelle estorsioni a danni di connazionali, mentre cominciarono a fiorire gli omicidi tra bande italiane contrapposte. La polizia australiana negli Anni '30 riteneva esistessero tre famiglie mafiose: due calabresi (a Sydney e Melbourne) e una siciliana (a Perth). Intanto l'immigrazione non si fermava: si dice che tra il 1950 e il 1970 emigrarono in Australia 5.000 dei 9.000 abitanti di Platì, stabilendosi tra Melbourne, Adelaide e nei dintorni del distretto di Griffith (negli anni '60, la popolazione di Griffith era composta per circa il 70% da italiani) e Riverina nel Nuovo Galles del Sud. Melbourne, 1930

I fatti di Melbourne

Quando negli Anni '60 scoppiò una guerra interna nel “Locale” di 'Ndrangheta di Melbourne per accaparrarsi il comando, gli investigatori australiani furono costretti a rivolgersi a degli esperti stranieri: chiamarono così a collaborare nelle indagini due detective, rispettivamente statunitense ed italiano. Nel 1962 il boss di Melbourne Domenico The Pope Italiano ed il suo vice Antonio Il Rospo Barbara morirono a poche settimane di distanza l'uno dall'altro per cause naturali . Si scatenò una sanguinosa battaglia per assumere il ruolo di capo, che vide emergere Liborio Benvenuto (posizione che mantenne fino alla sua morte – per cause naturali – nel 1988).
Ugo Macera Il governo dello Stato di Victoria invitò allora due esperti stranieri sulla criminalità organizzata italiana per assistere la polizia: si trattava di John T. Cusack, supervisore distrettuale dell'Ufficio Narcotici degli Stati Uniti, e del vice questore Ugo Macera [immagine sopra], (nel corso della sua carriera sarà capo della Squadra Mobile di Roma, questore di Agrigento, Salerno e Roma, direttore della Criminalpol e prefetto vicecapo della #PoliziadiStato). In particolare Cusack scrisse nel suo rapporto

Esiste una Società Segreta Italiana che opera a Melbourne e nello Stato di Victoria. Esiste anche nel Nuovo Galles del Sud e nell'Australia Meridionale e, apparentemente in misura minore, nel Queensland e nell'Australia Occidentale. Viene spesso chiamata dai suoi aderenti la Società. La Società conta presumibilmente almeno 300 membri nel Victoria, 200 solo nella zona di Melbourne. Ci sono rapporti che la Società esiste nel Victoria dal 1930.

Egli fu il primo ad identificare la struttura delle 'ndrine: il capo-bastone quale leader, il 'ragioniere' ed il sotto-capo erano coloro che supervisionavano le operazioni. In più non mancò di fare una previsione quanto mai lungimirante

Entro i prossimi 25 anni, se non controllata, la Società sarà in grado di diversificarsi in tutti gli aspetti della criminalità organizzata e degli affari legittimi. Ciò potrebbe benissimo includere narcotici, gioco d'azzardo organizzato, compresa la corruzione delle corse, del calcio, ecc.

A quel punto fu il Governo federale a voler vederci chiaro. Nel novembre 1964 affidò una propria indagine ad ampio raggio sulla criminalità organizzata italiana in Australia all' agente dell'ASIO (Australian Security Intelligence Organisation) Colin Brown. Questi redasse il suo rapporto (“La società criminale italiana in Australia”) nel quale fece risalire la nascita della consorteria criminale calabrese in Australia al 1922, con l'arrivo di immigrati che la radicarono a Melbourne, Perth e Sydney. Le raccomandazioni di Cusack, Macera e Brown sono rimaste ignorate, ma le loro previsioni si sono avverate. Nel tempo le propaggini della #Ndrangheta in Australia si sono insediate in molteplici attività legittime, come mezzo per riciclare i guadagni illeciti: si va dalle corse di cavalli e corse al trotto, alla industria vinicola, aziende di importazione, produzione e vendita di mobili, agenzie di viaggio e costruzioni edili. Negli ultimi decenni, la n'drangheta è salita ai vertici delle organizzazioni criminali internazionali: Canada ed Australia sono le nazioni ove si è sviluppata maggiormente. Profittando di una maggior capacità di mimetizzazione rispetto alle altre mafie di origine italiana, la 'ndrangheta è cresciuta anche in Australia quasi incontrastata. La Relazione Semestrale della Direzione Investigativa Antimafia (#DIA) italiana prende in considerazione anche il modus operandi nell'isola Il logo della AFP

allo scopo di sviare l’attenzione delle autorità tende a limitare il ricorso alla violenza e si rivolge, per l’esecuzione di attività illecite marginali, ad altri sodalizi criminali come le bande di motociclisti. Essa, inoltre, ha assunto un ruolo di primo piano nella coltivazione della cannabis e nell’importazione di altre droghe. Accanto alle menzionate attività criminose, vi sono l’usura, la contraffazione e le estorsioni. L’attività di riciclaggio dei proventi delittuosi avviene con il ricorso ad attività economiche apparentemente legali come aziende del settore agricolo, della ristorazione, dei trasporti e dell’edilizia.

e, al contempo segnala le attività di contrasto poste in essere Il logo della DIA e del Progetto ONNet

Le autorità australiane hanno istituito la Criminal Assets Confiscation Taskforce (ideata allo scopo di impedire il reinvestimento dei proventi illeciti, avvalendosi anche della collaborazione di altri Stati) e l’Australian Transaction Reporting and Analysis Center (un’agenzia governativa di intelligence finanziaria, membro del Gruppo Egmont, avente la finalità di monitorare le transazioni sospette e di individuare le operazioni riconducibili al riciclaggio dei proventi illeciti, al finanziamento del terrorismo, nonché all’evasione fiscale ed alle frodi). Le autorità australiane hanno preso piena consapevolezza della presenza nel loro Paese di propaggini delle organizzazioni criminali di matrice italiana, della complessità del fenomeno mafioso e del pericolo derivante dalle infiltrazioni delle mafie nel tessuto sociale, economico e politico. Per una più efficace lotta alle mafie il Paese in esame ha aderito alla Rete operativa antimafia – @ON ed al Progetto I-CAN (#Interpol Cooperation Against ’Ndrangheta).

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Accordo di Schengen e cooperazione di polizia transfrontaliera. Sospensione temporanea per Italia, Slovenia e Croazia.

La mappa dei Paesi dello Spazio Schengen Italia, Slovenia e Croazia hanno concordato di rafforzare la cooperazione nella gestione dell’immigrazione irregolare dopo il recente incontro dei tre ministri dell’Interno a Trieste, a seguito del ripristino dei controlli alle frontiere dello scorso ottobre.

Matteo Piantedosi, Boštjan Poklukar e Davor Božinović hanno concordato di avviare pattugliamenti congiunti delle frontiere, di istituire centri di accoglienza comuni per gli stranieri e di tenere regolari riunioni ministeriali per lo scambio di informazioni.

Il 21 ottobre scorso la Slovenia aveva reintrodotto i controlli di polizia ai confini con la Croazia e l’Ungheria, nonostante tutti e tre i Paesi siano membri dell’area Schengen.

L’Italia ha fatto lo stesso lungo il confine con la Slovenia, sulla base di valutazioni della minaccia terroristica ( leggi qui).

Ma sulla base dell'Accordo di #Schengen i controlli alla frontiera degli Stati aderenti non sono aboliti?

In realtà Il trattato di Schengen è stato sospeso dai Paesi membri dell'Unione Europea ben 387 volte dal 2006 a oggi. L'Italia lo aveva fatto altre volte per grandi eventi: l'ultima volta in occasione del G20 nel 2021 ma anche nel 2017 per il G7 a Taormina e nel 2009 per il G8 all'Aquila.

Originaria firma dell'Accordo Rileggiamo un po' la storia: l'Accordo di Schengen è un trattato internazionale firmato il 14 giugno 1985 tra Benelux, Germania Ovest e Francia, che prevedeva la creazione di uno spazio comune, tramite una progressiva eliminazione dei controlli alle frontiere comuni tra i cinque Stati interessati, sia delle merci sia delle persone. L'Accordo è stato il primo passo del cosiddetto acquis di Schengen, che dal 1999 è stato integrato nel quadro istituzionale e giuridico dell'Unione europea. L'Accordo ha diversi vantaggi, tra gli altri: libertà di circolazione (i cittadini dei paesi aderenti possono viaggiare liberamente all'interno dello “spazio Schengen” senza dover sottoporsi a controlli alle frontiere interne); cooperazione transfrontaliera (l'Accordo ha permesso una maggiore cooperazione tra le autorità di contrasto dei paesi aderenti, migliorando la sicurezza interna e la lotta alla criminalità). La cooperazione transfrontaliera nell'attività di contrasto è essenziale per affrontare le minacce alla sicurezza e garantire il corretto funzionamento dello spazio Schengen.

Controlli diversificati alle frontiere I termini dell'Accordo di Schengen possono però essere sospesi in circostanze eccezionali, come una minaccia per la sicurezza, il pericolo per l'ordine pubblico interno o in caso che le frontiere esterne non garantiscano i dovuti controlli mettendo a rischio l'area Schengen.

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Carabinieri, doganieri ed AIFA - Agenzia Italiana del Farmaco - impegnati nell'operazione Pangea E' stato ieri 3 novembre reso noto che dal 3 al 10 ottobre 2023, si è svolta per la sedicesima volta annuale l’operazione coordinata dall’ #Interpol contro il commercio illegale di medicamenti online. L’Operazione #PANGEA XVI è stata una campagna internazionale volta a contrastare la vendita di farmaci contraffatti e illegali, che si è dipanata dal 3 al 10 ottobre in 89 Paesi. L’obiettivo principale è stato quello di proteggere la salute pubblica, combattendo la diffusione di farmaci pericolosi e inefficaci.

I risultati globali

72 arresti in tutto il mondo, sequestro di prodotti farmaceutici potenzialmente pericolosi per un valore di oltre 7 milioni di dollari (quelli per la disfunzione erettile sono i medicinali più sequestrati a livello globale, rappresentando il 22% del totale, seguiti dagli agenti psicoterapeutici come antidepressivi, ansiolitici e stimolanti con il 19%, quindi ormoni sessuali e dai farmaci gastrointestinali con il 12%), 325 nuove indagini, chiusura di oltre 1.300 siti web.

L'attività operativa in Italia

Le attività di controllo in Italia sono state condotte da task forces formate da personale di #ADM ( Agenzia Dogane e Monopoli), militari dei Nuclei dei Carabinieri #NAS ( Nucleo Antisofisticazione e Sanità e uffici #USMAF (Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera) , coadiuvati dall’Ufficio Investigazioni della Direzione Antifrode dell'ADM e dal Nucleo Carabinieri AIFA con il supporto dell’Agenzia Italiana del Farmaco ( AIFA), presso i maggiori hub aeroportuali dei Corrieri Espresso e delle Poste.
Tra le spedizioni dirette in Italia sono state individuate e sequestrate nel corso del periodo quasi 47.000 unità di farmaci illegali e falsificati, per un valore stimato di oltre 170.000 euro.

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https://www.interpol.int/News-and-Events/News/2023/Global-illicit-medicines-targeted-by-INTERPOL-operation

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Il sito euractiv riporta in un articolo di Davide Basso i contenuti di una indagine della Delegazione parlamentare francese per l’intelligence (DPR). Nel rapporto si legge che Russia, Cina, Turchia e Iran sono Paesi leader in termini di interferenze straniere in Francia e in Europa. Anche in relazione alle recenti raccomandazioni del #ParlamentoEuropeo (leggi qui) il DPR francese chiede anche una “risposta europea adeguata” per contrastare le interferenze straniere a livello dell’UE.

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A fine ottobre 2023, operatori di polizia provenienti da Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia hanno fatto visita alla Tenenza dei Carabinieri di Ciampino ed al locale Comando della Polizia Locale.

Il logo dell'IPA

Che cos'è

Il Progetto Countering Serious Crime in the Western Balkans – #IPA 2019 è un'iniziativa sviluppata nell'ambito di un accordo tra il Ministero dell'Interno italiano, la Direzione centrale della Polizia criminale, il Ministero Federale tedesco per la Cooperazione e lo sviluppo economico (BMZ) e la Commissione Europea. L'obiettivo generale del progetto congiuntamente finanziato dall'Unione Europea e dal Ministero Federale tedesco per la Cooperazione e lo sviluppo economico è quello di migliorare le capacità delle autorità nei Balcani occidentali nella lotta contro il crimine organizzato e il terrorismo, compresa la prevenzione e il contrasto dell'estremismo violento, attraverso il potenziamento della cooperazione all'interno della regione e con l'UE. Il progetto si concentra su sei paesi dei Balcani occidentali: Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia Il progetto e si basa su tre pilastri, ovvero fornire supporto:

  • operativo, per rafforzare le capacità delle autorità preposte alla gestione dei sistemi di sicurezza e delle forze di polizia nel combattere il crimine organizzato e il terrorismo;
  • per consentire un'effettiva partecipazione dei paesi beneficiari alle strutture di cooperazione internazionale operativa e a quelle deputate alla redazione di documenti di analisi della minaccia;
  • per rafforzare la capacità delle forze di polizia dei paesi beneficiari di scambiare informazioni e dati di polizia in maniera più rapida ed efficace.

Il budget a disposizione per lo svolgimento delle attività previste nel Document of action è di oltre 17,9 milioni di euro per il triennio 2020-2023. La mappa dei Paesi che partecipano ad IPA 2019 Per la realizzazione degli obiettivi la Struttura di progetto coopera con Organismi regionali e internazionali tra cui #Cepol, #Europol, Sepca, Selec.

La visita

La delegazione in visita a Carabinieri e Polizia Locale di Ciampino In particolare la delegazione ha visitato il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia (#SCIP) della #DirezioneCentraledellaPoliziaCriminale, per poi recarsi presso la Tenenza dei Carabinieri di Ciampino dove è stato illustrato il sistema relativo alla “denuncia-web”, che ha consentito di verificare il funzionamento delle integrazioni con le banche dati internazionali (#SISSCHENGEN ed #INTERPOL) e successivamente al Comando della Polizia Locale di Ciampino, dove sono stati illustrati casi pratici.

Per saperne di più

https://cscwb.info

#Armadeicarabinieri #Albania #BosniaErzegovina #Kosovo #MacedoniadelNord #Montenegro #Serbia


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30 anni dal Trattato di Maastricht: dal Gruppo Trevi alla European Drugs Unit, in vista di Europol.

Oggi sono 30 anni dalla entrata in vigore del Trattato di #Maastricht (7 febbraio 1992 firma del Trattato istitutivo dell'Unione Europea, 1 novembre del 1993 data della effettiva entrata in vigore). lbro delle firme del Trattato Il Trattato di Maastricht ha istituito l'Unione Europea strutturandone le politiche in tre macro-aree: i tre pilastri dell' #UE. Il terzo pilastro era riferito alla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni (GAI) per la costruzione di uno spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia, in cui vi fosse collaborazione contro la criminalità a livello sovranazionale. I tre pilastri I primi passi nella cooperazione in materia di sicurezza e giustizia all’interno dell’allora Comunità Europea si erano avviati nel 1975, quando fu creato il Gruppo TREVI, composto dai ministri della giustizia e degli affari interni degli Stati membri. Il #gruppoTrevi era una rete intergovernativa di funzionari nazionali dei ministeri della giustizia e degli interni al di fuori del quadro comunitario. Fu proposto durante il Consiglio europeo di Roma dell'1-2 dicembre 1975. Il lavoro del gruppo si basava sulla cooperazione intergovernativa tra i dodici Stati della Comunità europea per contrastare il terrorismo e coordinare le attività di polizia nella Comunità europea. L'acronimo è stato individuato in “Terrorisme, radicalisme, extremisme et violence internationale”. Le riunioni ministeriali semestrali del gruppo Trevi erano preparate da incontri di alti funzionari, inizialmente due e successivamente cinque gruppi di lavori. Il Gruppo TREVI non era quindi un organo della Comunità, ma un’iniziativa di cooperazione intrapresa di comune accordo dai Governi dei Paesi membri, i cui connotati informali permettevano la salvaguardia degli interessi nazionali. “Trevi” lavorava su tre livelli: Ministeriale (attraverso incontri semestrali dei Ministri dell’Interno), Alti Funzionari (riunioni semestrali) e i Gruppi di lavoro (cui partecipavano funzionari del Ministero dell’Interno/Ministero della Giustizia, alti funzionari di polizia, funzionari dell’immigrazione e delle dogane e rappresentanti dei servizi di sicurezza interna). La cerimonia della firma del Trattato Il Trattato sull’Unione Europea (sopra, la cerimonia della firma) diede una veste ufficiale alla cooperazione interstatale svolta informalmente dal Gruppo TREVI. Il Trattato dedica il Titolo VI alle “Disposizioni relative alla cooperazione nei settori della Giustizia e degli Affari Interni”, prevedendo all’articolo K.1, punto 9 “la cooperazione di polizia ai fini della prevenzione e della lotta contro il terrorismo, il traffico illecito di droga e altre forme gravi di criminalità internazionale, compresi, se necessario, taluni aspetti di cooperazione doganale, in connessione con l'organizzazione a livello dell'Unione di un sistema di scambio di informazioni in seno ad un Ufficio europeo di polizia (Europol)”. Inoltre, l’articolo K.3 prevede: “gli Stati membri si informano e si consultano reciprocamente, in seno al Consiglio, per coordinare la loro azione; essi instaurano a tal fine una collaborazione tra i servizi competenti delle loro amministrazioni”. Il Consiglio dell’Unione Europea, nell’ambito delle competenze del Trattato di Maastricht relativamente alle materie del Titolo VI, il 2 giugno 1993 fissava poi le linee guida dell’European Drugs Unit (EDU), ufficio embrionale da cui è sorta l'attuale #Europol.

Per saperne di più: – il podcast Market Mover de Il Sole 24 ore “L’Ue compie 30 anni. A 30 anni dall'entrata in vigore del Trattato di Maastricht quanto è maturo l'esperimento politico ambizioso dell'Unione politica e monetaria?”, ascoltabile qui –> https://www.spreaker.com/user/ilsole24ore/market-mover-puntata-del-31-10-2023 – Trevi, Europol and the European state di Tony Bunyan, reperibile qui –> https://www.statewatch.org/media/documents/news/handbook-trevi.pdf


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I carabinieri italiani e la ministra cilena del Interior y Seguridad Pública, Carolina Tohá Importante esempio di cooperazione bilaterale tra forze di polizia quello che ha visto impegnati carabinieri forestali italiani in #Cile lo scorso febbraio. Un team composto dal tenente colonnello Renato Scihunnach, dal capitano Claudia Matera e dal maresciallo capo Maurizio Amendola si e' recato nelle regioni del sud cileno (Ñuble, Biobío e La Araucanía), per sostenere i colleghi carabineros nell'utilizzo delle immagini satellitari per determinare la dinamica del fuoco, al fine di prevenire e combattere i sinistri, oltre a determinare le responsabilità. L'invio dei carabinieri, concordato in ambito #FIEP, la Associazione che raggruppa le forze di Gendarmeria ed a statuto militare, e' risultato utile per fronteggiare una vera e propria emergenza, una delle peggiori catastrofi subite dal Cile in materia di incendi boschivi, che ha causato 25 morti e oltre 400.000 ettari bruciati. Le autorita' cilene hanno calcolato che il 25 % degli incendi registrati nel 2023 risultavano dolosi. Un momento del briefing tra carabinieri forestali italiani e colleghi cileni L'intervento di collaborazione investigativa italiano e' risultato parte di un piu' vasto impegno internazionale: diversi paesi (Spagna, Argentina, Messico, Colombia, Venezuela ed Ecuador, Francia) hanno fornito il loro sostegno e solidarietà, inviando proprio personale in Cile per combattere gli incendi.

#Armadeicarabinieri


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Cooperazione, un po' di storia. Dal 1922 ad oggi. Seconda ed ultima parte.


Si deve attendere la fine della I^ Guerra Mondiale per proseguire nelle ricerche di intese volte a implementare la collaborazione transnazionale. Un primo parziale tentativo è del settembre 1922: durante una riunione della polizia a New York, fu istituita la Conferenza internazionale della polizia (IPC): concepita come un’organizzazione per promuovere e facilitare la cooperazione internazionale tra le forze di polizia, in realtà la Conferenza diede vita ad un’organizzazione prevalentemente americana che si occupava principalmente di favorire standard di professionalità tra le forze dell’ordine locali degli Stati Uniti. L'IPC fu organizzato in modo indipendente da funzionari di polizia, in particolare all'interno del Dipartimento di polizia di New York. La cooperazione era pensata in modo da attuarsi tra i membri della Conferenza, al di fuori del contesto dei sistemi legali formali. A causa della distanza con l'Europa e altre parti del mondo e delle reti di telecomunicazioni non ancora sviluppate, e poiché gli Stati Uniti non avevano ancora una polizia federale ben strutturata, le operazioni di polizia statunitensi in quel momento rimanevano isolate.
Johannes Schober
L’iniziativa della Polizia Austriaca nel 1923, e del suo Capo Johannes Schober (Cancelliere federale dal 1921 al 1922 e dal 1929 al 1930, immagine precedente), fa sì che si tenga a Vienna una nuova, la seconda, Conferenza internazionale di polizia criminale, durante la quale viene finalmente deliberata la creazione della Commissione Internazionale di Polizia Criminale, primo nucleo di quello che sarà l’attuale Interpol – OIPC, l’organizzazione di polizia internazionale più duratura.
Quella che fu allora definita ICPC (International Criminal Police Commission), fu il risultato non di una iniziativa diplomatica, ma di una proposta presa indipendentemente da funzionari di polizia di vari Paesi, principalmente europei. L’esigenza era quella di provvedere al controllo di una criminalità mutata alla fine del primo conflitto mondiale anche mercé la maggiore apertura delle frontiere. La particolarità è che la Commissione fu istituita senza la firma di un trattato internazionale o di un documento legale. Le attività dell’ICPC sono state pianificate in occasione di riunioni di polizia e tramite corrispondenza tra funzionari di polizia, senza controllo da parte dei rispettivi Governi. Inoltre, per molto tempo dalla sua fondazione, l’ICPC non ha avuto uno status giuridico riconosciuto a livello internazionale e non è stata formalizzata alcuna procedura legale affinché un’agenzia di polizia, piuttosto che uno Stato nazionale, acquisisse l’appartenenza alla Commissione.
Non a caso l’evento ha luogo al temine della I^ Guerra Mondiale. In tale periodo infatti emerge un aumento transnazionale e un’internazionalizzazione del crimine: nuovi tipi di reato hanno luogo in Paesi in fase di rapido cambiamento sociale e progresso tecnologico. La Commissione istituì nuovi sistemi di mezzi tecnologicamente avanzati per la comunicazione e trasmissioni dirette da polizia a polizia, in reazione alle gravose procedure legali di estradizione. Tra il 1923 e il 1938, la Commissione tenne quattordici incontri internazionali in vari Paesi europei e approfondì costantemente le strutture organizzative. Nel corso degli anni, l’adesione all’ICPC si andava gradualmente ampliando. Basti dire che nel 1940 la Commissione rappresentava più di 40 stati, tra cui la maggior parte delle potenze europee (ad esempio Francia, Germania e Italia) e alcuni Paesi non europei, come Bolivia, Iran, e Cuba.
Michael Skubl
Il quartier generale dell’ICPC fu posto a Vienna. Nel maggio 1934, fu un funzionario della Polizia italiana, Antonio Pizzuto, a proporre che la presidenza dell’ICPC risiedesse stabilmente presso la Direzione della Polizia della capitale austriaca. La mozione fu accolta e il presidente della polizia di Vienna Michael Skubl (immagine precedente) divenne il presidente dell’ICPC. La sede conteneva divisioni specializzate sulla falsificazione di passaporti, assegni e valute, impronte digitali e fotografie e altri sistemi tecnici propri della polizia. Inoltre, mezzi di comunicazione diretta “da polizia a polizia”, come una rete radio e pubblicazioni, risultano tra i primi traguardi della neonata ICPC. Nel 1935 l’organizzazione contava 34 Paesi membri. Ma è ancora una guerra (questa volta la II^), anzi, a ben vedere, i suoi prodromi, a intralciare la organizzazione della cooperazione di polizia. Con l’annessione dell’Austria il 12 marzo 1938 (Anschluss) in attuazione della politica espansionistica di Adolf Hitler che mira alla creazione della “Grande Germania”, l’organizzazione fu di fatto rilevata dal regime nazista. In quello stesso anno, la presidenza dell’ICPC fu assegnata a un funzionario austriaco di fede nazista, in attuazione di un ampliamento iniziato in realtà sin dal 1935, allorquando all’undicesimo incontro ICPC a Copenaghen parteciparono in rappresentanza della Polizia Germanica funzionari di chiara matrice nazista.
Reinhard Heydrich
Il 24 agosto 1940 la finalizzazione della “nazificazione” dell’organizzazione internazionale di polizia fu simboleggiata dalla elezione alla Presidenza della Commissione del gerarca Reinhard Heydrich (immagine precedente), capo della tristemente nota Gestapo, e l’anno seguente con il trasferimento della sede della Commissione a Berlino, nella sede della Reichskriminalpolizeiamt (RKPA), il dipartimento centrale di investigazione criminale della Germania nazista.
Un solo esempio della nazificazione dell’ICPC rende più evidente la infusione dei principi nazisti di polizia con le pratiche di polizia esistenti: dopo che la sede fu trasferita a Berlino i moduli del mandato di perquisizione dell’ICPC furono modificati solo in un aspetto, l’aggiunta della categoria “RASSE” (razza) accanto alla voce “RELIGION”.
Sulla continuità della Commissione durante la Guerra, sotto la direzione della Polizia tedesca come abbiamo appena visto, è interessante notare che un rapporto del 1940 su una pubblicazione di settore dichiarava che l’ICPC aveva continuato a funzionare dallo scoppio della guerra “perché tutti gli stati della Commissione (tranne naturalmente l’Inghilterra e la Francia, ndr) – continuano la collaborazione di polizia nell’ambito di questa Commissione”. Un successivo articolo del 1942 che promuoveva il sistema di polizia nazista, dichiarava ancora che “nonostante la guerra, le relazioni internazionali, sebbene spesso in forme diverse” potevano essere mantenute e promosse.
In un libro pubblicato nel 1943, il segretario generale Oskar Dressler dichiarò che non meno di 21 Paesi – tra cui gli Stati Uniti – stavano ancora cooperando con il quartier generale dell’ICPC a Berlino. In effetti, gli Stati Uniti sono stati legalmente membri dell'ICPC durante la guerra, poiché l'approvazione dell'appartenenza alla Commissione non è mai stata revocata. Che si trattasse di una mera questione formale divenne chiaro quando, dopo la caduta della Germania nazista, si scoprì che l'ICPC, controllato dai nazisti, dopo il 1941 aveva ancora inoltrato circa 100 avvisi di ricerca al Federal Bureau of Investigation, un numero non identificato dei quali, secondo quanto riferito, era stato inoltrato dopo l'entrata in guerra degli USA. Il periodico dell’ICPC, Internationale Kriminalpolizei, continuò a essere pubblicato regolarmente durante gli anni della guerra. La pubblicazione conteneva principalmente articoli di interesse generale e avvisi amministrativi, tutti scritti dalla polizia o da simpatizzanti nazisti. Nel numero del 29 febbraio 1944 del periodico ICPC, apparve un breve articolo su “Il raduno dei membri dell’ICPC a Vienna”, tenutosi dal 22 al 24 novembre 1943. L’incontro fu probabilmente il primo svolto dal 1938, ma l’articolo non menzionava alcun evento o decisione degna di nota raggiunta durante la conferenza.
il direttore dello statunitense FBI (Federal Bureau of Investigation), Hoover
Atmosfera da romanzo giallo assume il destino dei dossier dell’ICPC dopo la conquista di Berlino da parte degli Alleati. Alla fine della guerra in Europa, voci giornalistiche asserivano che il 2 agosto 1945 le autorità dell’esercito americano avevano scoperto a Berlino gli archivi dell’ICPC formati dai fascicoli relativi a 18.000 criminali internazionali. Studiosi hanno affermato che parte dei documenti dell’ICPC sono stati distrutti durante i raid su Berlino, ma che alcuni sono stati recuperati dalle rovine e forse portati a Mosca dai militari sovietici. In una lettera del 4 dicembre 1945, il direttore dello statunitense FBI (Federal Bureau of Investigation), Hoover (immagine precedente) fu informato del “recupero degli archivi dell’ex Ufficio di Vienna”. Nel maggio 1946, a Hoover fu detto allo stesso modo che Florent Louwage, il primo presidente dell’ICPC dopo la guerra, era “riuscito a nascondere alcuni dei documenti della Commissione in Germania” e ora aveva “in suo possesso a Bruxelles i fascicoli di circa 4.000 criminali”. Due anni dopo, l’addetto FBI a Parigi confermò che “una parte dei fascicoli della Commissione” era stata “recuperata”.
A guerra conclusa, nel 1946, su iniziativa del Belgio, fu convocata l’anno dopo a Bruxelles la quindicesima Assemblea Generale per la ricostruzione dell’organizzazione. L’ICPC accettò l’offerta del governo francese di un quartier generale a Parigi insieme a uno staff del Segretariato Generale composto da funzionari di polizia francesi.
Giuseppe Dosi
Nello stesso anno fu scelto – su proposta di un funzionario di polizia italiano, Giuseppe Dosi (immagine precedente) – per l’indirizzo telegrafico il nome “INTERPOL”, che ancora contraddistingue l’Organizzazione.
Nel 1947 venne emesso il primo “Red Notice”, per le ricerche internazionali di un russo ricercato per l’omicidio di un poliziotto. Fu l’avvio del sistema di avvisi codificati a colori, ampliato nel corso degli anni per coprire altri avvisi, seppure l’“Avviso rosso” per le persone ricercate rimane uno strumento chiave e, per certi versi, un simbolo dell’Interpol ancora oggi.
Nel 1949 l’ICPC ottenne lo status consultivo dalle Nazioni Unite (che consentiva ad esso di tenere “accordi adeguati alla consultazione con organizzazioni non governative che si occupano di questioni di sua (dell’ONU, ndr) competenza”). Dal 1946 al 1955 i suoi membri crebbero da 19 Paesi a 55. Nel 1956 l’ICPC ratificò una nuova costituzione, sotto la quale fu ribattezzata Organizzazione Internazionale di Polizia Criminale (OICP–Interpol).
Negli anni a seguire crebbe la connessione con altre Organizzazioni Internazionali: nel 1959 si tenne un primo incontro con la partecipazione del Direttore dell’Ufficio che si occupava di traffico di stupefacenti delle Nazioni Unite.
Il traguardo simbolico di cento Paesi membri fu raggiunto nel 1967. Nel 1972 lo status venne rafforzato da un accordo di sede con la Francia, Paese ospitante, che riconobbe INTERPOL come organizzazione internazionale. Quello stesso anno l’Assemblea Generale adottò le Regole sulla cooperazione internazionale di polizia e sul controllo degli archivi, un quadro giuridico necessario per il trattamento dei dati personali.
attuale sede dell'Interpol
Il 27 novembre 1989 il Presidente francese François Mitterrand inaugurò la nuova ed attuale sede, spostata a Lione (immagine precedente). Nel frattempo, gli Stati–membri erano saliti a 150.
L’Organizzazione ricercò nuove possibilità anche sotto l’aspetto prettamente operativo.
Negli anni ’70 la capacità di combattere l’imperversante terrorismo era ostacolata dall’articolo 3 della sua costituzione – che vietava “interventi o attività di carattere politico, militare, religioso o razziale” – e da una risoluzione del 1951 dell’Assemblea Generale che definiva un “reato come quello le cui circostanze e motivazioni sono politiche, anche se il fatto stesso è illegale ai sensi del diritto penale”.
Una fonte di questi ostacoli fu quindi rimossa nel 1984, quando l’Assemblea Generale rivide l’interpretazione dell’articolo 3, per consentire all’Interpol di intraprendere attività antiterroristiche in determinate circostanze ben definite.
Nel 1993 poi fu istituita l’Unità di intelligence criminale analitica, per studiare i collegamenti tra sospetti, crimini e luoghi, identificando così i modelli di criminalità e fornendo avvisi di minacce.
Nel 2001 l’Organizzazione è divenuta operativa 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, in seguito agli attacchi terroristici contro gli Stati Uniti dell’11 settembre, quando il Segretario Generale promise che “le luci dell’INTERPOL non si spegneranno mai più”. Inoltre, venne istituita la carica di Direttore Esecutivo per i servizi di polizia, creata per sovrintendere su diverse Direzioni, comprese quelle per i Servizi di polizia regionali e nazionali, i Reati Specializzati e il Supporto operativo alla polizia.
Tale modernizzazione è stata implementata negli ultimi venti anni anche sotto l’aspetto tecnico, mediante l’AFIS, il sistema automatico di identificazione delle impronte digitali che ha velocizzato i tempi necessari per effettuare i controlli delle impronte digitali (una prova che ha sempre svolto un ruolo cruciale nella polizia, ma le impronte erano precedentemente su carta e venivano confrontate manualmente), ed il Sistema globale di comunicazione della polizia, che offre a tutti i Paesi membri una piattaforma sicura per accedere ai database e alle informazioni ed al database del DNA, per aiutare a collegare i crimini internazionali.
Attualmente più di 80 Paesi forniscono profili DNA di autori di reati e scene del crimine. Il database può essere utilizzato anche per persone scomparse e resti umani non identificati.
Nel 2004, INTERPOL ha aperto un ufficio di Rappresentanza Speciale presso le Nazioni Unite a New York. Seguirà uno presso l’Unione Europea a Bruxelles nel 2009.
Il resto è storia di oggi.


BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA:

https://www.interpol.int/
L. SCHETTINI, La tratta delle bianche in Italia tra paure sociali e pratiche di polizia (XIX-XX secolo), in “Italia contemporanea”, dicembre 2018, n. 288.
M. DEFLEM, The Logic of Nazification: The Case of the International Criminal Police Commission (Interpol) in International Journal of Comparative Sociology 43(1):21–44, 2002.
M. DEFLEM, International Police Cooperation — History of, Pp. 795-798 in The Encyclopedia of Criminology, edited by Richard A. Wright e J. Mitchell Miller, Routledge, New York, 2005.
M. DEFLEM, Wild Beasts Without Nationality: The Uncertain Origins of Interpol, 1898–1910. Pp. 275–285 in The Handbook of Transnational Crime and Justice, edited by Philip Reichel, Thousand Oaks, CA: Sage Publications, 2005.
O. DI TONDO, Giuseppe Dosi, la polizia internazionale e la nascita dell'Interpol, in Giuseppe Dosi il poliziotto artista che inventò l’Interpol italiana, (a cura di) R. CAMPOSANO, Ufficio Storico della Polizia di Stato, Roma, 2014.
R. BACH JENSEN, The Battle against Anarchist Terrorism: An International History, 1878–1934. New York: Cambridge University Press, 2014.
T. BEUGNIET, La conférence anti–anarchiste de Rome (1898) et les débuts d’une coopération internationale contre le terrorisme de la fin du XIXe siècle à la Première Guerre mondiale, mémoire, (dir.) Stanislas Jeannesson, Nantes, Université de Nantes, 2016.


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La FIEP, Associazione che raggruppa le forze di Gendarmeria ed a statuto militare, riunita a Madrid


Immagine della riunione Il 25 ottobre scorso a Madrid Re Filippo ha ricevuto in udienza i comandanti e i direttori generali dell'Associazione Internazionale delle Gendarmerie e delle Forze di Polizia a Statuto Militare (#FIEP), in occasione della riunione del Consiglio Superiore dell'Associazione Internazionale, la cui presidenza, detenuta dalla #GuardiaCivil, è ora passata all' #Armadeicarabinieri. Logo della FIEP L’acronimo FIEP (France, Italia, España e Portugal) designa l’Associazione Internazionale delle Gendarmerie e Forze di polizia a statuto militare. Fondata nel 1994 da #GendarmeriaNazionalefrancese, Arma dei Carabinieri, Guardia Civil spagnola e #GuardaNacionalRepublicana portoghese, dal 2017 la FIEP ha assunto un carattere “internazionale” perdendo la connotazione territoriale originale Euro-Mediterranea. L'obiettivo della FIEP è quello di ampliare e rafforzare le relazioni reciproche, di promuovere una riflessione innovativa e attiva sulle forme di cooperazione di polizia e di valorizzare il proprio modello di organizzazione e le proprie strutture all'estero. L'Associazione facilita, nel rispetto degli accordi internazionali vigenti e delle normative nazionali, lo scambio di informazioni ed esperienze nei seguenti settori: Risorse umane (compresa la formazione e il reclutamento); Organizzazione del servizio; Nuove tecnologie e logistica; Affari Internazionali. 2 novembre 2022. La Guardia Civil assume la presidenza dell'Associazione Internazionale delle Gendarmerie e delle Forze di Polizia con Status Militare (FIEP) La FIEP, la cui Presidenza annuale è detenuta a rotazione tra tutti i membri (il 2 novembre 2022 la Guardia Civil assunse la presidenza, immagine sopra), è articolata su un “Consiglio Superiore dei Direttori/Comandanti Generali” e quattro “Commissioni Tecniche”. Il Consiglio Superiore dei Direttori/Comandanti Generali è composto dai Vertici delle Forze di Gendarmeria/Polizia membri dell’Associazione e si riunisce annualmente, di solito nel mese di ottobre, per definire le priorità di cooperazione, valutare i lavori svolti dalle Commissioni Tecniche, le risultanze di eventuali seminari e/o gruppi di lavoro e individuare le tematiche di approfondimento per l’anno successivo. Nel corso delle riunioni del Consiglio Superiore, che segnano il passaggio formale da una Presidenza all’altra, vengono anche prese, all’unanimità, le decisioni riguardanti le eventuali istanze per l’ammissione di nuovi membri. Membri della FIEP I Membri della FIEP sono: Gendarmerie Nationale, France (1994) Arma dei Carabinieri, Italy (1994) Guardia Civil, Spain (1994) Guarda Nacional Republicana, Portugal (1996) Jandarma, Türkiye (1998) Koninklijke Marechaussee, The Netherlands (1999) Gendarmerie Royale, Morocco (1999) Jandarmeria, Romania (2002) Gendarmeria Nacional, Argentina (2005) Carabineros, Chile (2005) Gendarmerie Forces, Jordan (2011), since 2020 Jordanian Directorate of Public Security Lakhwiya Forces, Qatar (2013) National Guard, Tunisia (2016) National Council of the General Commanders of the Military Police, Brazil (2016) National Security Forces, Palestine (2017) National Guard, Ukraine (2017) National Gendarmerie, Djibouti (2018) National Guad, Kuwait (2019) Gendarmerie Nationale, Senegal (2019) Corpo della Gendarmeria, San Marino (2022). Osservatore: General Inspectorate of Carabinieri of the Ministry of Interior, Republic of Moldova (2023)

Per saperne di più: https://www.fiep.org


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Cooperazione, un po' di storia. Da fine Ottocento ad oggi.

Parte 1 (di 2)


Luigi Lucheni uccide l’imperatrice Elisabetta d’Austria

Siamo nel 1898. Il Governo italiano convoca a Roma una “Conferenza Internazionale per la difesa sociale contro gli anarchici” che si tiene dal 24 novembre al 21 dicembre. Il 10 settembre precedente, sulla passeggiata del Lago di Ginevra, in attuazione della dottrina anarchica della propaganda del fatto che prevede di colpire i simboli del potere, Luigi Lucheni aveva assassinato l’imperatrice Elisabetta d’Austria, popolarmente nota come Sissi (immagine precedente). L’ attentato si inserisce in quella che viene definita la “Decade del Regicidio”. Nel corso del decennio, attentati riconducibili agli anarchici hanno registrato 60 omicidi ed il ferimento di circa 200 persone. Una settimana dopo l’assassinio di Sissi, il ministro degli esteri austriaco propone al suo collega svizzero di formare una “Lega internazionale di polizia” anti–anarchica. Il piano austro–svizzero rimane inattuato, ma il 29 settembre successivo il governo italiano indìce la conferenza internazionale che si terrà a Roma per organizzare la lotta all’anarchismo. Partecipano 54 delegati provenienti da 21 Paesi europei, inclusi Gran Bretagna, l’Impero Germanico, Francia ed Austria–Ungheria. Nel protocollo finale sono individuate tre direttrici: monitoraggio del fenomeno anarchico – che utilizzava “mezzi violenti per distruggere l’organizzazione della società” –, creazione di agenzie specializzate e scambio di informazioni. Alphonse Bertillon​ e le misuraioni antropometriche Ciò anche con riguardo alla identificazione attraverso il metodo del portrait parlé, sviluppato dal sistema di bertillonage inventato da Alphonse Bertillon, che prevedeva la classificazione dei sospetti criminali sulla base di misurazioni antropometriche (immagine precedente). Anche l'identificazione attraverso l'utilizzo delle impronte digitali (tuttora utilizzata) farà ingresso nell’ambito della polizia criminale-scientifica verso la fine dell’Ottocento. Nel novembre di due anni dopo, sono le autorità russe a prendere a monito l’assassinio del Presidente degli Stati Uniti McKinley per mano dell’anarchico di origini polacche Leon Czolgosz, quale occasione per implementare il Protocollo di Roma. La Conferenza si tiene nel marzo del 1904, a San Pietroburgo, allora capitale della Russia. Ad incontrarsi stavolta dieci delegazioni, che raggiungono un accordo su un Protocollo Segreto per una “guerra internazionale all’Anarchismo”. In realtà, le pratiche di polizia internazionale dalla metà del XIX secolo in poi erano organizzate su base limitata. La maggior parte della cooperazione di polizia europea fino all’inizio del XX secolo come abbiamo visto riguardava per lo più compiti politici, relativi alla protezione del governo e mirati a contrastare attività sovversive. Un esempio ci viene dalla Unione di polizia degli Stati tedeschi, un'organizzazione di polizia internazionale attiva dal 1851 al 1866 per sopprimere l'opposizione politica di liberali, democratici e socialisti. L'Unione di polizia coinvolgeva sette nazioni di lingua tedesca, che erano ideologicamente affini e politicamente federate. Gli stessi Protocolli di Roma e San Pietroburgo non assumono la veste di Trattati da ratificare, e pochi Paesi introducono nella propria legislazione i suggerimenti provenienti dalle Conferenze. Insomma, per il momento la Cooperazione rimane materia da trattarsi in via amministrativa a livello di Forze di Polizia. Locandina di un film sul white slave traffic Un altro focus delle attività di polizia internazionale a conclusione dell’Ottocento – allorquando il tema esordisce con grande forza nel dibattito pubblico – fu posto sulla prostituzione internazionale, definita inizialmente “commercio delle schiave bianche” (white slavery, immagine precedente). Si trattava di un fenomeno criminale piuttosto esteso, coinvolgente donne maggiorenni ed anche minorenni, che necessitava di una risposta a livello internazionale. Furono soprattutto inchieste giornalistiche ad evidenziare episodi di vendita da parte delle famiglie o di rapimenti di giovani costrette a prostituirsi, in Inghilterra, Francia, Stati Uniti, tanto da divenire argomento di rilievo, che suscitava notevole interesse nei lettori. Un primo International Congress on the White Slave Trade si tenne a Londra il 21, 22 e 23 giugno del 1899, con la partecipazione di delegati provenienti da Austria, Danimarca, Francia, Germania, Norvegia, Russia, Svezia, Svizzera, la stessa Gran Bretagna e Stati Uniti, su iniziativa della National Vigilance Association, una “association of men and women to enforce and improve the laws for the repression of criminal vice and public immorality, to check the causes of vice, and to protect minors”, considerata l'organizzazione più importante per la lotta contro il traffico sessuale nella Gran Bretagna di fine secolo. Una più rilevante conferenza internazionale sulla tratta di prostitute fu organizzata dalle autorità francesi a Parigi il 15 luglio 1902. In un successivo incontro sempre nella capitale francese nel 1904, fu firmato l’“Accordo internazionale per la soppressione del traffico di schiave bianche” dai Governi di 12 Paesi europei. Ancora a Parigi il 4 maggio 1910, la “Convenzione internazionale per la soppressione del traffico di schiave bianche” fu firmata da 13 nazioni, tra cui la maggior parte dei Paesi che avevano sottoscritto sei anni prima. La “Convenzione internazionale per la repressione della tratta delle donne e dei fanciulli”, firmata a Ginevra nel 1921, auspicava un coordinamento internazionale ed accordi per le estradizioni degli imputati. Ratificata dall'Italia nel 1923, la Convenzione porterà alla costituzione dell’Ufficio Centrale per la repressione della tratta delle donne e dei fanciulli presso la Direzione Generale della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'Interno. Alberto I di Monaco La prima iniziativa del XX secolo per istituire formalmente una organizzazione internazionale di polizia su questioni di natura non politica fu presa al Primo Congresso della Polizia Criminale Internazionale a Monaco, dal 14 al 18 aprile 1914. Aderirono 24 Paesi, su convocazione del Principe Alberto I di Monaco (Immagine precedente). L’incontro si concentrò sulla applicazione della legge penale. Le discussioni al Congresso si svolsero esclusivamente all’interno di un quadro giuridico, compresi i dibattiti su accordi di diritto internazionale, come le procedure di estradizione, il perfezionamento dei metodi di identificazione e la costituzione di uno schedario centrale nazionale. Le proposte che riguardavano misure di polizia furono discusse quindi solo in funzione di principi giuridici. Il Congresso non portò ad istituire un’organizzazione di polizia internazionale, soprattutto perché l’incontro non era stato organizzato da dirigenti di polizia, ma da politici e da funzionari legali. Rimase comunque il corpus delle intenzioni dei partecipanti, definito come “le 12 volontà”, un lascito che servirà da base per la successiva iniziativa di Vienna, di cui parleremo a breve. Si parte dal migliorare i contatti diretti tra le forze di polizia dei diversi Paesi, mediante speditezza tecnica di comunicazione e la scelta di un linguaggio comune per armonizzare gli scambi di informazione. Il francese fu designato come lingua internazionale, seppure l’esperanto sia menzionato come una possibilità per il futuro, se fosse diventato sufficientemente diffuso: cosa che – come sappiamo – non avverrà. La formazione è considerata vitale, sia in termini di studio di scienze forensi per gli studenti di giurisprudenza, sia in termini di pratica investigativa per gli agenti di polizia. Tra le “volontà”, la necessità di creare un sistema internazionale, standardizzato e centralizzato di schedatura dei criminali. Infine, l’estradizione è un punto chiave di discussione al Congresso, con quattro “desideri” relativi a questo argomento: i partecipanti riconoscono la necessità di un trattato di estradizione modello e la trasmissione rapida delle richieste, che devono fungere da base per l’arresto provvisorio.


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