La vita in famiglia è bellissima

Frammenti quotidiani di vita familiare

— papà — dimmi terzogenita — al campo scout abbiamo avuto come ambientazione Dragon Trainer — ah carino — e il primo giorno ci hanno raccontato questa storia dei draghi che rubavano le pecore ai vikinghi e ci hanno chiesto se volevamo essere drago o vikingo, per dividerci in squadre — ah, e tu cosa hai scelto? — io ho chiesto di essere pecora — ...

[undici di sera in casa venerandi, Elettra mi scrive via telegram]

— venerandi — sì amore? — mi guarderesti dalla finestra del bagno di sopra se c'è qualcuno nel bosco dietro casa che usa la motosega — uh? — sento il rumore di qualcuno che sta usando la motosega — vado a vedere — ... — eccomi: non c'è nessuno nel bosco. Il rumore viene dall'altra parte della vallata, stanno tagliando dei rami sopra lo svincolo dell'autostrada — ah ecco — tutto normale — è più plausibile di quello che avevo pensato io — cosa avevi pensato? — un serial killer che stava facendo a pezzi un cadavere nel bosco — ...

[torno in cucina, poco dopo terzogenita scende dal piano di sopra]

— papà — dimmi terzogenita — c'è qualcosa di strano! — uh, cosa? — sta succedendo qualcosa di strano fuori di casa! non senti questo rumore? — sì, non preoccuparti. Ho già controllato, stanno facendo dei lavori sull'autostrada — ahh, ecco cosa era — torna pure a dormire! — avevo pensato fosse un serial killer con la motosega — ... — buona notte — ...

— venerandi — dimmi amore — ma cosa stanno facendo a quei poveri cani? — che cani? — i cani dei vicini. Non senti come stanno gemendo? — dunque — non li senti? è come se guaissero per qualcosa che... — non sono i cani dei vicini — ... — è un cd di musica che sto ascoltando — cristo — è un album di musica concreta — ...

Caro diario,

questa mattina mi sono svegliato e ho iniziato a costruire una palizzata con Elettra, pensavamo di metterci un sacco di tempo e invece – l'esperienza evidentemente qualcosa fa – abbiamo lavorato in maniera efficace usando a) sega circolare b) trapano punta ferro c) flessibile d) mazzuolo e scalpello e) viti autofilettanti testa a stella (che ho fortemente rivalutato) e poi abbiamo guardato la nostra opera e abbiamo detto però, però.

Tra i momenti topici, a) stavo piantando un palo di metallo di due metri e mezzo e mi è scappato il mazzuolo ma per fortuna la mia gamba ha attutito il colpo b) dopo aver finito di avvitare le viti autofilettanti mi sono guardato la mano e sembrava avessi posato la mano su una piastra rovente.

Poi sono crollato. Mi sono sdraiato sul divano con l'ebook reader a leggere “Storia Aperta” e ne ho letto un bel po' e poi sono crollato nel sonno. Mi sono risvegliato che abbracciavo l'ebook reader come fosse un peluche, mi sono fatto tenerezza da solo. Mi sono rimesso a leggere e ad un certo punto ero come Pippo, quando i cinesi gli buttano la sabbia sugli occhi, avete presente.

Alle sette avevo prenotato il campo da tennis. Elettra dice non so se ce la faccio, io guardo la mano e le dico che non so nemmeno se riesco a prendere la racchetta in mano, e quando ci diciamo queste cose in genere poi prendiamo all'improvviso e andiamo e infatti siamo andati.

Sul campo da tennis abbiamo fatto del tennis situazionista, una cosa che somiglia molto al tennis, ma difficilmente comprensibile dall'esterno, comunque è stato forte, dico “forte” perché se scrivo divertente Facebook lo fa diventare blu e se ci passi sopra appare un pollice blu, io odio Facebook, è una piattaforma che ci scrivo solo come terapia, per migliorare il mondo, ma poi smetterò prima o poi.

Comunque, nel campo di tennis c'era il manifesto dell'associazione che gestisce il campo e dietro delle scritte a pennarello, e mi sono avvicinato a leggerle ed erano scritte belle, tipo “vengo da Torriglia per giocare a tennis perché amo il tennis”, o “continuerò a giocare a tennis perché voglio vincere tutte le partite!”, o “basta con la guerra, piantatela, I <3 Ucraina” e sono rimasto lì ad osservarle come un piccolo miracolo.

Mentre giocavo mi ronzavano attorno dei piccoli moscerini suicidi, cosa che non ha migliorato molto il mio tennis, e mi sembravano gli occhi che roteavano attorno alla sacerdotessa di Diaries Of A Spaceport Janitor e quindi dopo un po' gli ho voluto anche bene ai moscerini, mi sembrava di essere in questo mercato spaziale, in un mondo reale.

Flashback: qualche giorno fa ero veramente in un mercato, lo stavo attraversando per andare dall'operatore Tre, in quanto mi avevano rubato il cellulare e andavo a chiedere la copia della sim e mi è successa questa cosa strana, che mentre ero lì che camminavo, circondato da quella massa di persone, mi sono reso conto che non ero tracciabile.

Nessun wi-fi a cercarne altri, nessun bluetooth ad annusare intorno, nessuna rete a mandare metadati al mondo, nessun gps a dire a Google dove stavo andando, nessun social da contattare o che mi potesse contattare, nemmeno nessuno a chiamarmi per telefono. Di colpo mi sono sentito scollegato dalla rete e quindi invisibile.

Ero tornato ad essere un semplice essere umano che camminava in mezzo ad altri esseri umani, solo lì, solo in quel momento, nessun log, nessun tracciamento, ero proprio io, lì, in quel momento e sarei potuto sparire, girare strada, infilarmi da qualche parte e nessuno lo avrebbe saputo. Avevo tutta la responsabilità del mio prendere spazio, della massa corporea, del tempo che passava e non mandavo segnali al mondo.

Così, in mezzo a quel mercato e in quel baccano, con quei corpi che mi scontravano o mi evitavano, ero solo per la prima volta dopo tanto tempo.

[back in time: 2011]

Figlio numero uno si è messo in testa di programmare gioca ai videogiochi e vuole farli uguali, quando camminiamo mi dice allora di cosa parliamo, di programmazione o di videogiochi e io scuoto la testa e gli dico di platform, parliamo di platform e camminiamo per strade inclinate su cui scorrono barili e fiammelle da abbattere con grossi martelli, ogni tanto mi parla del mostro di fine livello che sta ideando, mi spiega nel dettaglio come saranno i laser che ha, e di come lui sposterà il mostro di fine livello a inizio del gioco.

Io lo ascolto con amore e penso se devo cazziarlo oppure no, sono fiero del fatto che voglia programmare, ma penso che sia ancora piccolo per programmare videogiochi. Vorrei che facesse cose adatte ad un bambino, che si godesse la vita e che iniziasse con sql, che è più semplice e ti dà maggiori possibilità di lavoro, sql viene sempre utile, puoi fare di tutto con sql, forse anche videogiochi.

“Ma di cosa parla il tuo videogioco?” gli chiedo per farlo parlare un po’. Figlio numero uno sorride. Mi guarda e mi rivela che il protagonista è un prete. “Uh, un videogioco con protagonista un prete?” Figlio numero uno annuisce e sorride ancora tra sé e sé. Digrigna i denti. Non mi sembra il caso di indagare oltre. Cammino senza pensare a niente, tengo per mano figlio numero due che sgambetta senza sapere cosa dirmi. Mi ama.

Entriamo in casa, figlio numero uno sale al piano di sopra, mi chiede se può usare il computer, io gli dico di no e sento che lui accende di nascosto il suo computer e gioca o coda. Figlio numero due fissa me, poi sale di sopra, fissa figlio numero uno e poi si rannicchia in un angolo a covare il suo senso di esclusione familiare.

Io mi siedo davanti al mio powerbook e inizio a taggare, ormai non gioco più ai videogiochi, non scrivo, non faccio altro che taggare, taggare è come sbucciare le fave, come pelare le patate, tagghi e guardi lo schermo senza pensare a niente che non sia il tag stesso è una cosa di grande zennità, da ragazzo ho sempre sognato di fare una cosa per Elettra, ovvero prendere diversi pacchi di post-it e mettere su ogni cosa che c’era in casa un post-it con scritto cosa era, tipo mettere un post-it sul frigo con scritto frigo, sul tavolo con scritto tavolo, sulla finestra con scritto finestra, su ogni pentola con scritto pentola e così via fino ad arrivare al maggior dettaglio possibile e pensavo alla faccia che avrebbe fatto Elettra girando per la casa piena di post-it esplicativi e aprendo il frigo e trovando le uova con scritto ‘uovo’ su ognuna, o i piatti con scritto ‘piatto’ e avrebbe pensato che ero completamente pazzo mentre sarei stato completamente pazzo e innamorato di lei, non l’ho mai fatta questa cosa perché era più bella pensarla e scriverla qua che farla davvero e perché poi ho scoperto che taggare è esattamente questo e quindi ho convertito il mio desiderio nel taggare tutto il conoscibile, ogni singolo termine taggarlo con quelle meravigliose stanghette maggiori e minori di, come parentesi tonde su cui si andata a sbattere una palla a mille all’ora stirandole in apici solitari.

E sono lì che taggo e scende figlio numero uno è perplesso e mi dice uffa è un casino, non ci capisce. “I compiti di scuola?” chiedo. “Ma no il c++, è un casino” fa lui sbuffando. Tolgo le mani dalla tastiera. Le poso sulle sue spalle. “Figlio, hai solo nove anni. Spegni quel computer e vai fuori a sbucciarti le ginocchia sull’asfalto” “Uh, non fa male?” Scuoto la testa. “Malissimo –spiego– ma infinitamente meno del c++”

“E poi –aggiungo– è più adatto alla tua età. Io mi sono infilato pietroline preziosissime sotto la pelle saltata dei ginocchi. Se ho un ricordo della mia adolescenza sono i miei ginocchi insanguinati pieni di pietroline”. Figlio numero uno non dice niente, sguiscia via come una anguilla e torna al piano di sopra. Il demone intanto ha sentito tutto e come un’ombra scivola fuori dalla porta finestra che dà sul giardino.

Torno a taggare. E mentre taggo penso e penso che in fondo devo solo tenere duro ancora qualche anno e poi esploderà l’adolescenza. Odori, carne, ragazze, erezioni. Tutto quello che ha imparato fino ad oggi andrà alle ortiche, se ha funzionato con me funzionerà anche con lui. L’adolescenza, scoprire che l’infinito è a portata di mano e che dura molto meno di infinito. E con me era peggio. Figlio numero uno ad esempio ha degli amici. Ha una vita sociale, cose del genere.

Sorrido e taggo quando sento che mi chiama dal bagno, è la sua voce. Mi alzo, vado fino al gabinetto, apro la porta, entro. È seduto sul gabinetto. Guardo se manca la carta igienica. Non manca. Lui mi guarda mi dice papà, io vorrei, e si ferma come per pensare. Io indico la carta igienica e dico la carta igienica c’è, lui fa un gesto con la mano, come dire ‘vanitas’.

Io vorrei, riprende, che faccio un cerchio, e questo cerchio viene stampato su quattro fogli a4, al computer dico. Come potrei fare per, inizia e io faccio un gesto con la mano, come dire stop e dico, ma scusa, questa cosa deve venirti in mente mentre stai cagando? e lui fa un verso come dire, eh papà quando scappa scappa.

Io faccio due passi indietro, non rispondo, chiudo la porta del bagno e sento un rumore alle mie spalle. Mi giro lentamente e nel mezzo della stanza c’è figlio numero due che mi fissa con odio. Più in basso brilla il suo ginocchio insanguinato. Innamorato.

Vado da primogenito e gli chiedo se mi dà una mano per spostare un po' di tronchi e portare una carriolata di mattoni pieni e quello inizia a lamentarsi come lo avessi accoltellato dicendo che sta studiando, dannazione, ha gli esami, dannazione e io dico occhei occhei, faccio io, se stai studiando ci mancherebbe, occhei.

Esco fuori dalla tavernetta e sbuca terzogenita: “ecco, te stavo cercando” le dico. “Puoi aiutarmi?” Lei mi guarda, stranita. “Cosa devo fare?”. “Dovresti portare una carriolata di mattoni pieni dall'auto a casa nostra” le spiego e lei “ok” dice e prende la carriola e inizia ad andare verso la macchina.

E – niente – la scena si conclude con io che porto i tronchi e terzogenita decenne che mi segue con la carriola e la sua dozzina di mattoni pieni e io ogni tanto mi giro e la guardo e penso, un giorno mi ringrazierà, un giorno capirà la fortuna.

E poi passiamo sotto gli occhi dei vicini che la vedono e le dicono “sei forzuta eh!” e lei ride e sembra una scena di un film di Miyazaki.

capisci di aver speso bene il tuo tempo come padre quando tua figlia terzogenita a pranzo ti propone di fare un trivia a turni su Yotsuba!& e tu dici occhei e passate mezz'ora deliziosa a farvi domande a vicenda sul manga, tipo “chi è innamorato di Asagi?” o “una volta il papa di Yotsuba la porta in un tempio e la terrorizza facendole credere che sarebbe stata punita dalla divinità locale, cosa aveva fatto?” e le indovinate tutte e ridete complici ricordando tutte le avventure lette assieme e poi – alla fine – sospirate entrambi, e lei esce con un “bei tempi”, intendendo quando passavate la sera a leggerlo assieme nel letto. e poi aggiunge, “ma potremmo rifarlo, ce lo rileggiamo tutto nel letto stasera?” e tu dici di sì, dannazione, sì

— secondogenito — dimmi papà — allora, come ti trovi in montagna con la zia? — uh. bene? — come sono le montagne? — normale — secondogenito — eh — tu non sai nemmeno come siano fatte le montagne lì — uh, in che senso, io... — ho guardato la tua scrivania — ah — sei in montagna e ti sei portato l'iPad, la Nintendo Switch e l'Oculus — posso spiegare — tanto vale che passavi le vacanze chiuso in bagno qua a Genova — uh, avrei potuto? — no — ecco — comunque — eh — il mio non è un rimprovero — ah — è invidia

[dialoghi con i figli]

— pronto? — papà — secondogenito? — ciao — ciao — ti chiamo solo per avvisarti che resto in campeggio ancora un giorno — ah, ti stai divertendo? — no, hanno hackerato le biglietterie delle ferrovie dello stato. Non è più possibile comprare biglietti — ... — ti mando i link che lo testimoniano — ...

***

— papà — dimmi terzogenita — ma tu vorresti morire nel sonno? — ... — papà? — cos'è, vuoi darmi una mano nel caso? — no, chiedevo per sapere — ...

***

— terzogenita, ti ha mai detto nessuno che sei oppressiva? — cosa significa? — che opprimi le persone, gli stai addosso, gli divori l'anima — ah, quello. Beh, sono tua figlia — ... — è il mio ruolo — ...

— terzogenita — eh — oggi mentre impaginavo un libro mi è caduto l'occhio su un paragrafo e ho scoperto una cosa — racconta — l'uomo era primitivo, no? Tipo animale. Ugha ugha — sì — e a un certo punto ha iniziato a diventare come noi. A pensare al futuro, a ragionare su se stesso, a immaginarsi cose — ok — si chiama rivoluzione cognitiva — ok — e sai come mai è successa? — no — il linguaggio. Si pensa che sia stata la nascita del linguaggio a permettere all'uomo di fare questo enorme cambiamento — forse lo sapevo — infatti, e fin qui tutte cose che sapevamo. La cosa che ho letto oggi è questa: un tempo si pensava che il linguaggio fosse arrivato piano piano, progressivamente, una pratica d'uso degli adulti che si modifica lentamente. Oggi invece si sono fatte delle nuove scoperte e, senti. — ... — il linguaggio è un'invenzione. Dei bambini. I bambini l'hanno inventato per giocare, e poi se lo sono tenuto — vediiii? Noi bambini siamo miglioriii! — ecco — noi abbiamo la fantasia! Siamo noi che cambiamo le cose! — certo — noi abbiamo inventato il linguaggio! — e il cin cin karaté — anche il cin cin karaté, che è un bel gioco — bello, vero. Comunque anche io sono stato bambino eh — non conta — non è che siamo in competizione — non conta, ora non lo sei più