@marcocamisanicalzolari

University Adjunct Professor in Digital, Book writer, TV personality, in Informatics field since 1993

Mi hanno chiesto di candidarmi alle prossime elezioni. Io sono a disposizione dello Stato, gratuitamente, per tutto ciò che riguarda la cultura digitale e le scelte strategiche.

Non ho alcun anticorpo che mi possa mantenere vivo in qualsiasi posizione politica. Anche se in un mondo ideale potrebbe avere un senso, nel mondo reale non è lontanamente pensabile. Mi rendo conto di avere tante persone che mi stimano e mi vogliono bene. Così come so che potrei essere utile al Paese per evitare di fare errori come quelli dei soli 200 milioni del PNRR dedicati alla cultura digitale. Così come a ripensare a una pubblica amministrazione davvero digitale con lo switch-off della carta per legge.

Non voglio tradire la fiducia di chi dice di aver bisogno di me, ma la politica non è e non sarà mai il mio mestiere. Se lo Stato riterrà di aver bisogno di me, io ci sarò, come tecnico, come esperto, ma mai come politico né legato ad alcun partito.

A me interessa solo il digitale. Sono esperto solo di quello. La mia missione é sempre stata solo una: aiutare gli umani ad avere a che fare correttamente con il digitale, stando dalla parte degli umani. Fine.

Marco Camisani Calzolari

Dal mio punto di vista ovviamente il PNRR significa solo “Digitalizzazione del Paese” perché questa è la mia missione e questo è il mio obiettivo da 30 anni.

Sono stati stanziati 191 miliardi e 500 milioni di Euro per innovare il Paese.

Di questi quasi 200 miliardi, 49 miliardi sono destinati alla digitalizzazione e sin qui tutto bene. Ma se poi andiamo ed entriamo nel dettaglio si scopre che 23 miliardi andranno alle aziende per innovare, soprattutto nel mondo industria 4.0. Quindi aziende enormi che avranno una pioggia di agevolazioni economiche per diventare 4.0. Definizione ancora oggi vaga e ampia, che lascia aperte interpretazioni che faranno male al modo in cui potranno poi essere davvero spesi quei soldi.

Nel 2008 scrissi uno dei primi libri sul concetto di Impresa 4.0 (Pearson — Financial Times), e qualcosa ne so…

E ora veniamo alla parte che considero tragica. Di tutta quella montagna di soldi, solo 200 milioni saranno destinati a migliorare le competenze digitali di base. Peraltro una voce di spesa messa sotto la “Digitalizzazione della Pubblica Amministrazione” a cui vanno 6 miliardi e 140 milioni di Euro.

Di 200 miliardi, solo un millesimo andrà a uno degli aspetti che ritengo fondamentali: la cultura digitale di base. Un po’ come se spendessimo 200 miliardi per costruire migliaia di aerei per poi non avere soldi a sufficienza per formare piloti e informare i passeggeri sui voli disponibili!

Peraltro 200 milioni che andranno a chi? Per fare cosa?

Io mi metto a disposizione gratuitamente di qualsiasi Governo ci sarà per aiutare lo Stato a scegliere la strada giusta per diffondere cultura digitale di base. Peraltro ad oggi anche la UCL, ottava università al mondo, ha evidenziato l’unico lavoro italiano in quella direzione, che è quello che stiamo facendo noi da 5 anni (fatto da un’azienda privata e non dallo Stato!).

Condividendo questo messaggio, mi aiutate ad avvisare il prossimo Governo che qui c’è uno esperto che vuole aiutare gratis? Così almeno non possono fare finta di non saperlo ;)

Marco Camisani Calzolari

Lo sapete vero che anche se sono l’unico che da anni tratta gli aspetti critici delle crypto, questa cosa non sarà ricordata da nessuno? E lo sapete che va bene così perché questo significa che ho lavorato bene?

La ragione è che più passa il tempo, più i miei messaggi arrivano a chi mi segue e più le persone riflettono e aprono gli occhi anche su punti di vista alternativi allo storytelling diffuso. Per esempio un anno fa quando scrivevo che il mondo crypto era pieno di ludopatici, arrivavano centinaia di messaggi indignati o di insulti. Oggi negli stessi gruppi di appassionati, è una cosa nota che si può dire senza essere insultati. Ma a nessuno piace ricordare che prima non ne era al corrente e che quindi si indignava per quel che diceva MCC…

Nelle classifiche degli influencer delle crypto fortunatamente non ci sono mai, pur influenzando non poco. Eppure non è strano? No, perché quelle classifiche in realtà sono per gli influencer entusiasti delle crypto, non del mondo crypto e basta.

Ma soprattutto perché l’obiettivo di chi vuole cambiare le cose è vederle migliorare. Fine. Non è importante ricordare che erano diverse, ne quanto hai contribuito a farle cambiare. Chi si evolve non ama ricordare come era prima, ne farlo sapere troppo in giro… Anzi, ora sali sul carro dei “giusti”….

Marco Camisani Calzolari

I testimonial che oggi sponsorizzano NFT e Crypto credo debbano essere ritenuti responsabili in caso di frode del prodotto che promuovono. Il fatto di essere sportivi o influencer generici non li rende estranei al prodotto. Anzi!

Caro testimonial, se promuovi una bibita è improbabile che si scopra che poi uccida la gente, perché dietro a quel prodotto c'è un percorso fatto di verifiche, controlli, certificazioni... Ma se promuovi NFT o Crypto devi sapere che stai usando la tua fama e la tua reputazione per convincere gli altri a metterci dei soldi. Non sei avulso dal prodotto. Ne sei responsabile in solido, e questo è bene che la gente lo sappia quando ti vede vicino a quell'exchange, a quella Crypto, a quel NFT.

Se qualcuno ci rimetterà dei soldi, se tutto crolla, se i soldi spariscono, visto l'alto rischio che notoriamente c'è dietro a questi prodotti, ti riterremo corresponsabile.

Siamo tutti d'accordo vero? Non è che poi tanto alla fine vi dimenticate vero?

Altrimenti, se tanto poi è uguale, ditemelo, così scrivo al mio management di accettare quelle due vecchie proposte rifiutate da 400.000 euro cad. per mettere la mia faccia vicino a una “nuova e fighissima” crypto... #testimonial #influencer #sportivi #crypto #NFT #exchange #sponsorizzazioni #frode #responsabilità

Marco Camisani Calzolari

Chi non domina la tecnologia, viene dominato da chi la usa a suo vantaggio.

Troppo spesso si parla di digitale e di tecnologie solo sulla base dell’entusiasmo e del sentito dire, ma senza conoscerne le caratteristiche. Ci sono persone che investono soldi su mondi che conoscono solo superficialmente con il rischio di venire truffati. Purtroppo questa è una materia che, per essere compresa, richiede una conoscenza approfondita di tutte le sue ramificazioni, dalla storia fino agli aspetti più tecnici.

Per esempio i termini Web1, Web2 e Web3 sono vuoti, ma si ha l’abitudine di usarli per semplificare e definire cose che hanno dei nomi e correlazioni troppo complessi per essere capiti dalla massa.

C’è chi parla di “metaverso” confondendolo con la realtà virtuale. Chi parla di “NFT del metaverso”. Chi parla di blockchain, non conoscendo gli standard di base e quindi pensando di usare sistemi decentralizzati che, in realtà, non lo sono. Ci sono gli “ultras” di tutte queste nuove buzzword, etichette vuote basate sul nulla che creano confusione e che vengono sfruttate a proprio vantaggio per fregare i “nuovi entusiasti”.

Nella maggior parte dei casi chi parla di queste “innovazioni” non ha idea di cosa ci sia dietro, ma è solo attratto dal tema perché “si dice” che ci si possano fare i soldi.

E chi dice il contrario, chi cerca di far aprire gli occhi su questo fenomeno è un boomer anti-innovazione!

Marco Camisani Calzolari

Sto lavorando a una versione virtuale di MCC fatta con iClone7. Non avendo niente da fare (😅) ho imparato a usare software nuovi come quello. Uso sistemi trackerless, per il volto il sensore LiDAR, per le mani Leap Motion e per le braccia il vecchio Kinect. I set virtuali sono gli stessi che uso in TV, li creo io con Blender, poi faccio l’editing sempre con software basati su Unreal.

Sono due anni che studio e smanetto, e stanno venendo fuori cose carine.

“Ah ma allora lavori nel Metaverso?” No, si chiama e si è sempre chiamata Realtà Virtuale. Ho iniziato 30 anni fa quando mi hanno commissionato il Museo Teatrale della Scala di Milano in 3D. Ormai ho capito che la chiamano Metaverso quando vi vogliono vendere cose…

Marco Camisani Calzolari

PELLE DIGITALE

Il mondo è cambiato e noi dobbiamo indossare una nuova pelle, quella digitale. Parlo di lavoro, di vita e di opportunità.

Un tempo si emigrava. Si facevano le valigie e si mollava tutto per cercare fortuna in terre lontane, diverse da quelle in cui siamo cresciuti.

Oggi invece non serve emigrare fisicamente perché possiamo farlo digitalmente. Si può vivere in una terra povera e guadagnare grazie a un lavoro che si fa per qualcuno che vive nell’economia di un Paese ricco. Spesso il potere di acquisto di chi lavora così è molto vantaggioso.

Gli affari, si sa, sono fatti di persone. Un tempo serviva conoscere fisicamente le persone per creare nuove opportunità.

Oggi possiamo farlo digitalmente perché abbiamo a disposizione tantissimi siti che mettono in contatto offerta e domanda. Se hai il prodotto giusto, sai fare la cosa giusta, che serve, trovi chi te la compra.

Un tempo per imparare un nuovo mestiere si doveva studiare, sfogliare e leggere decine di volumi e manuali cartacei e poi fare pratica.

Oggi possiamo farlo digitalmente e si può imparare tutto e gratuitamente. Su YouTube ci sono videocorsi su qualsiasi cosa. Non si diventerà un esperto in pochi giorni, ma le basi per iniziare ad affrontare una nuova professione sono lì, a disposizione di tutti.

Anche se sei in crisi perché il tuo mondo e il tuo lavoro non esistono più, puoi continuare a vivere dove vivi, ma lavorando nel mondo. Devi solo cercare su Google, per molto tempo, girando digitalmente molto, scrivendo, cercando, provando e riprovando.

Certo, lo so… Non vale per tutti purtroppo. C’è chi per varie ragioni non può fare altro e per questo lo Stato deve occuparsi di chi non ha alternative.

Ma per tutti gli altri il mondo è grande, è molto ricco e probabilmente ha bisogno di te! È faticoso, ma bisogna solo andarselo a prendere.

Marco Camisani Calzolari

Le 6 buzzword del momento, come la penso io:

  • Realtà aumentata É una tecnologia che, secondo me, avrà futuro e che durerà a lungo, sempre che ci siano i device adatti e usabili.

  • Realtà virtuale Ritengo che sia troppo alienante e che, nei prossimi decenni, l’essere umano farà fatica ad abituarsi all’idea di vivere una sorta di vita parallela.

  • Metaverso Non esiste e mai esisterà. Se vogliamo usare il termine nel modo appropriato, ha delle caratteristiche che non rispondono a nessuna delle cose in produzione e che siano fattibili per ragioni anche tecniche.

  • Web3 Oggi definisce un mondo decentralizzato, mentre nella realtà dei fatti è tutto centralizzato dai server.

  • NFT Grande fuffa, grande bolla, grande luogo di riciclo.

  • Crypto A parte Bitcoin, il 99,9% è fuffa.

Marco Camisani Calzolari

La realtà virtuale è ancora all'1% delle sue possibilità di sviluppo. Crescerà in termini di usabilità, qualità, hardware, realismo, interazione e applicazioni. Questo è il suo futuro.

Sviluppi che possono intraprendere solo i big, in grado di investire miliardi in sviluppo, ecosistema ed hardware. Quelli che la chiamano “metaverso” invece cercano di spostare l'attenzione su altri aspetti come NFT, Crypto e decentralizzazione perché sono cose facili da creare e vendere.

Vendere sogni e utopia è più facile che vendere sostanza. Per semplificare credo che si debba stare lontani da quello che chiamano “metaverso” e più vicini a quello che chiamano realtà virtuale.

Marco Camisani Calzolari

La reputazione dovrebbe essere IL metro di misura per tutto. Invece viene sostituito dallo status o dalla fama. Se sei famoso, anche per cose poco edificanti, ti danno incredibilmente fiducia.

E così l’influencer che viene messa alla pubblica gogna per aver detto cose di cui vergognarsi, diventa famosa per averlo fatto e poi si aprono le porte.

L‘imprenditrice col cuore nel portafoglio, divenuta nota per le sue crudeltà, ora viene cercata da tutti.

Il famoso vip che ha un curriculum di reati che coprono mezzo codice penale, viene osannato e pagano per vederlo.

Il manager dell’importante azienda che nel lavoro si comporta con la stessa educazione di Tyson sul ring, non ha ripercussioni sul suo rating reputazionale.

Se la reputazione, il come ci si comporta, non è più una misura fondamentale di una persona, allora il baratro è vicino. Quelli che si comportano bene vivranno la frustrazione di non poter spendere i propri “punti reputazionali” e saranno dissuasi dall’accumularli. Quelli che si comportano male non avranno alcuna ripercussione perché sono tutti con pochi “punti reputazione” e il livello generale si abbassa, aprendo le porte anche a chi è in rosso coi punti.

Ecco perché se continuiamo così diventerà tutto sempre meno ospitale per chi si comporta bene…

Marco Camisani Calzolari