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from Pollaio Simbolista

Gabbie

La luce brilla, elettrica. Lo sciame, attorno al punto di attenzione Entrano un poco alla volta, si accalcano.

Non ci sarabbe fatica nell'attesa, sapendo di poter entrare.

Quanto dolore in un solo no: siete in ritardo, siete di troppo.

Lasciare libere le persone. Non chiudere i cancelli. Non costruire gabbie.

Nelle gabbie si può solo scappare, o morire, o covare rabbia.

 
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from Cambiare le cose

#altripaesi #cosechenonfunzionano #italiani

Conosco Treviso, Milano, un pochino Roma, e ho usato i mezzi pubblici in tutte e tre queste città. Escludendo Treviso, che è poco più di un villaggio e in cui i mezzi pubblici sono sostanzialmente usati solo dagli studenti e da chi va al mercato il martedì mattina, già la differenza tra Milano e Roma è ampiamente percepibile e riassumibile in una frase: a Milano i mezzi funzionano, a Roma no. Roma

Prima che vi lanciate in tutta la solita serie di critiche campaniliste, lo so già:

  • Roma è molto più estesa di Milano, e parliamo di quasi 10 volte tanto: 1287,36 km2 per il solo comune di Roma contro i 181,67 km 2 di Milano.
  • Il territorio di Roma è più complesso: c'è il Tevere, e i colli, mentre Milano è tutta piatta.
  • A Roma, appena fai un buco per terra, trovi rovine di qualche tipo. Però non stiamo parlando di costruire una metropolitana sull'Himalaya, ma di far funzionare gli autobus in modo decente.
È vero anche che i biglietti a Milano costano di più, 2,20€ contro 1,50€, il 47% in più sui biglietti singoli, ma questo mi porta alla mia prima riflessione: Quanto siamo disposti a pagare per avere un sistema di mezzi pubblici decente? a Monaco di Baviera, dove sono stato di recente, il biglietto singolo a tariffa intera per la zona urbana costa 4,10€, cioè l'86% in più di Milano e quasi 3 volte quello di Roma, un prezzo che nessun italiano, in Italia, sarebbe disposto a pagare [^1]. Eppure... eppure, quando andiamo in Germania, rimaniamo stupiti dall'efficienza dei mezzi pubblici, dalla loro puntualità e pulizia, mica come a Roma, qua sì che le cose funzionano... Milano Sì, ma perché? Perché in Germania i mezzi sono efficienti e comodi e in Italia no? Si potrebbe pensare che sia una questione di grandezza, che la rete di Monaco sia più piccola e più facile da gestire, ma se guardiamo il numero di passeggeri annui siamo più o meno lì: – Milano 490,7 milioni (dati 2022) – Roma 607,4 milioni (dati 2022) – Monaco 570 milioni (dati 2023) [^2] e anche il parco mezzi e linee è all'incirca lo stesso, anzi credo che quello di Monaco sia più grande e quindi più costoso da mantenere. E la differenza non è nemmeno dovuta alla diversa conformazione del terreno, OK, Monaco è piatta e meno estesa, ma, come ho scritto prima, non stiamo parlando dell'Himalaya, ma di Roma o Milano. E allora, quale può essere il motivo? Quella che mi sono data, purtroppo, non è una risposta, nel senso che sposta la ricerca della causa su un dato di fatto che è anche un luogo comune, e cioè che siamo italiani. Non è una risposta perché equivale a dire che in Germania i mezzi pubblici funzionano perché siamo in Germania mentre in Italia no perché in Italia non funziona mai niente, però sotto questa spiegazione tautologica si nasconde una questione culturale, di approccio. Infatti, la cosa che più mi ha colpito del sistema di trasporto pubblico monacense non è stata la puntualità o lo stato dei mezzi, ma la pressoché totale assenza di controlli. Munchen In 6 giorni abbiamo girato parecchio su tram e autobus e nessuno, né l'autista né un controllore, ci ha mai chiesto il biglietto. Nelle stazioni della metropolitana non ci sono tornelli, solo cartelli che indicano dove obliterare il biglietto. E, al contrario di quanto può pensare l'italiano medio, la gente i biglietti li compra, stando a quanto dice l'azienda di trasporti. Secondo me, la differenza sta proprio qui. L'italiano pensa per sé, ritiene che quello che è publico non sia roba sua e che fregare il sistema, viaggiare senza biglietto lo renda più furbo di tutti quei cretini che invece pagano per una cosa che lui ha avuto gratis. Il tedesco invece sa che la cosa pubblica è di tutti, e quindi anche sua, e capisce che è giusto pagare per un servizio in modo che possano beneficiarne tutti quanti. Allo stesso modo sa che è giusto, quando guida, fermarsi se ci sono pedoni sulle strisce e dare la precedenza a tram e autobus, perché capisce che, se oggi è in auto, domani invece potrebbe essere lui quello sul ciglio della strada che deve attraversare o sull'autobus fermo nel traffico. L'italiano invece quando guida non vuole fermarsi mai, perché il suo tempo è più prezioso di quello degli altri, però se sulle strisce non gli danno la precedenza si lamenta dell'inciviltà della gente che non rispetta gli altri. E lo stesso atteggiamento si riflette in tutte le cose, dall'aspettare che le persona scendano dal treno prima di salire al non buttare le cicche per terra, al non occupare le corsie di emergenza in autostrada. È la differenza tra ritenere ciò che è pubblico di nessuno e ritenere ciò che è pubblico di tutti; è la differenza tra il lamentarsi perché non si ottiene rispetto e dimostrare rispetto per gli altri affinché gli altri l'abbiano per noi.

[^1]: Con la Munchen Card si può viaggiare su tutti i mezzi di Monaco, la versione per gruppi fino a 5 persone valida 5 giorni all'interno della zona M costa 70,90€. Non pochissimo ma conveniente per una breve vacanza. [^2]: Fonti: Comune di Roma; MVG

 
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from Revolution By Night

Il riconoscimento dello Stato di Palestina è l'ennesima odiosa ipocrisia di un mondo complice del genocidio del popolo palestinese compiuto dal diabolico stato nazi-sionista di Israele.

Francia, Germania, Canada, UK dichiarano di avere avviato, o meglio di volere avviare, “il processo di riconoscimento dello Stato di Palestina”. Ma certo, con calma e senza fretta: non c'è alcuna urgenza. Ma poi, quali risultati si possano raggiungere con il riconoscimento? E' chiarissimo: nessuno. Niente di niente.

Proprio per questo motivo gli squallidi Capi di Stato, Primi Ministri e Capi di Governo lo dichiarano, ostentando un gravità e una determinazione false, ipocrite. La verità è che non vogliono fare nulla e si nascondono dietro a insignificanti parole. Sono succubi della lobby nazi-sionista oggi al potere in Israele. Si guardano bene dall'utilizzare la parola genocidio.

Ma l'opinione pubblica non si beve le loro menzogne. Ne ha le tasche piene di dover assistere impotente ad un sterminio di innocenti. I nostri figli vedono i filmati e le immagini e ci chiedono perché avviene tutto ciò e perché non facciamo niente per fermarlo. Tra rabbia e frustrazione dobbiamo spiegargli ancora una volta che il mondo che abbiamo preso in prestito da loro 30 anni fa lo abbiamo reso una merda, che glielo restituiremo infinitamente peggiore di come lo avevamo preso.

La realtà è che i nostri Paesi, che si autoproclamano democratici e strenui difensori dei diritti umani, sono complici. Nessun politico e governante invoca le sole azioni che servirebbero adesso, subito: sanzioni e embargo. Senza sanzioni economiche e embargo totale siamo colpevoli quanto Israele.

Sono morte oltre 60 mila persone, civili. Ma gli analisti concordano nel considerare questo conteggio molto sottostimato. L'IDF, l'esercito israeliano, dichiara che tra i 14.000 e 17,000 fossero terroristi. Sicuramente c'è da credergli...

Nel frattempo lo sterminio pianificato va avanti. I morti per fame, sete e malattia aumentano vertiginosamente ogni giorno. Le organizzazioni umanitarie denunciano una catastrofe le cui conseguenze andranno avanti per anni. Ma i Governi europei ciarlano del futile e inutile riconoscimento, che non produrrà il benché minimo effetto concreto. Maledetti complici di assassini.

Now playing: “Sober” Undertow – Tool – 1994

 
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from disattualizzando

Viviamo in una condizione in cui il valore e la rispettabilità di una persona sono valutati quasi esclusivamente in base al suo posto nella società. Lo stesso sistema ci corrompe, trasmettendoci sentimenti negativi come distacco, invidia ed egoismo, e promuovendo valori anti-umani. È difficile rendersi conto di quanto, con le nostre azioni quotidiane, siamo allo stesso tempo complici e vittime di un principio studiato per essere inarrestabile e inattaccabile. Siamo indotti a lavorare precariamente per il sistema, solitamente sfruttati e sottopagati, accontentandoci di quel briciolo di dignità che ci viene concesso, mentre ci neghiamo tempo ed energie preziose. La società può condizionarci fino al punto da spingerci alla disperazione, rendendoci disposti a svolgere qualsiasi mansione, pur di sopravvivere. Così una parte di noi potrà essere ulteriormente sfruttata.

Chi sarà abbastanza fortunato da ottenere una pensione, lo farà al prezzo di 30 o 40 anni della propria vita, passati a faticare quotidianamente in nome di un benessere futuro. Questo implica che la maggior parte di noi avrà agito nell’interesse di qualche oligarca, sempre pronto ad approfittarsi di un possibile sottoposto.

Secondo il sistema, quel sottoposto dovrebbe pure ringraziare per l’opportunità lavorativa, anche se insoddisfacente, alienante e priva di stimoli. L’essere umano vive per natura in equilibrio tra pregi e difetti, e può scegliere se orientarsi verso il bene o verso il male. Queste scelte sono di solito influenzate da un potente elemento esterno: i soldi. Come un catalizzatore, il denaro inquina rapidamente il nostro modo di essere, spingendoci verso il male per trarne profitto, è il principale motore dell’odio e dell’invidia, della competizione e del rancore. Ci si odia tra potenziali amici, tra parenti, tra colleghi.

Per chi ne ha in abbondanza, il denaro diventa un’egocentrica valvola di sfogo, uno strumento per dimostrare agli altri ciò che non possono permettersi. Questi facoltosi signori possono credersi superiori nel più facile dei modi. Gli ultra-ricchi hanno bisogno di sentirsi in un perenne stato di privilegio, elevati sopra il resto del mondo, gioendo del male comune che garantisce la loro posizione di vantaggio.

Se le persone appartenenti alla classe medio-bassa avessero l’occasione, potrebbero diventare i peggiori tra i ricchi, rivendicando con arroganza le fatiche e le sofferenze vissute. È sbagliato, ma umano. Guadagnare diventa una dipendenza psicologica: gratifica, fa sentire bene, e più soldi si hanno, più se ne desiderano. Macchine costose e vestiti di marca diventano maschere che nascondono ciò che realmente siamo: esseri umani con pregi, difetti, debolezze e difficoltà.

Per vivere nel lusso e nella bambagia, non serve un conto da sei o sette zeri: se le ricchezze fossero distribuite equamente, anche gli ultra-ricchi continuerebbero a vivere nel comfort, seppur rinunciando a una parte dei loro crediti. La presunzione di superiorità di un ultra-ricco non si compra: si ottiene solo con il potere.

Il denaro monetizza le nostre ambizioni, i nostri desideri, determina il valore e quanto siano realizzabili le nostre vite. Ogni aspetto della nostra quotidianità, materiale o intellettuale, è ormai legato al denaro. Questo ha un effetto devastante sulla nostra psiche, fragile e facilmente corruttibile. La forza del denaro riesce ad invertire i nostri criteri su ciò che è giusto o sbagliato, sia nel micro che nel macrocosmo. È il pretesto giusto per commettere azioni sbagliate.

Tutto ha un prezzo, anche le persone, e se ritieni di non essere mai stato comprabile, forse è solo perché non sei ancora stato valutato abbastanza. Le azioni più terribili della storia sono state commesse per denaro e potere. I soldi fanno girare il mondo e, di conseguenza, anche il nostro modo di spenderli determina l’andamento delle cose.

Il bisogno eccessivo di acquistare oggetti costosi e attraenti favorisce un mercato in cui solo gli oligarchi traggono un vero beneficio, mentre noi diventiamo sempre più dipendenti da ciò di cui ci circondiamo. L’aumento del potere d’acquisto può trasformare profondamente l’anima, convertendo i nostri valori e la nostra moralità, monetizzandoli. Per dimostrare queste tesi, faccio affidamento a comportamenti comuni, dove risiedono degli evidenti sentimenti di incoerenza, ingiustizia e aggressività. I supermercati sono un travolgente emblema di cattiveria, ignoranza e opportunismo.

Quando si acquista carne, si tende a spendere il meno possibile, anche tra i benestanti, ignorando il terribile processo industriale che comporta la schiavitù e la tortura di animali, pur di mantenere bassi i prezzi. La cattiveria appartiene al sistema orripilante, l‘ignoranza appartiene al consumatore consapevole ma disinteressato. L’opportunismo appartiene a entrambi, avidi e ingordi. Il denaro ci ha anche insegnato che “l’amore non ha età”. Succede spesso che anziani facoltosi, nel tramonto della loro vita, riescano a far “innamorare” ragazze più giovani di 30 o 40 anni, ricambiando il sentimento con una cospicua presenza nel testamento.

La priorità rimane il denaro, anche in un argomento così delicato come l’amore. Ciò che dovrebbe essere illecito diventa all’occasione accettabile, ciò che era sbagliato diventa giusto e giustificato. Le più terribili cose fatte per potere e denaro, traffico di droga, armi o esseri umani, sono gestite da persone nate potenzialmente buone che hanno venduto la propria anima, corrotte da guadagni seducenti e irrinunciabili. Le guerre stesse sono spesso promosse da fornitori d’armi, che per interessi economici nell’industria bellica, causano indirettamente la morte di migliaia di soldati e civili.

Quando si dispone di un grande potere d’acquisto, si innesca un lavaggio del cervello che orienta la propria vita esclusivamente verso l’accumulo di ricchezza. Anche la spiacevole morte di un parente può essere motivo di gioia, se accompagnata da un’importante eredità. Avidità e competizione possono intaccare anche i legami familiari più stretti. I soldi possono vincere anche i più forti sentimenti familiari. I soldi possono essere la priorità anche a discapito dei legami più stretti. Gli anziani, tra le categorie più vulnerabili della società, sono spesso vittime ambite di truffe e furti. Derubare un anziano o un disabile è una delle più gravi conseguenze generate dal baratto della propria anima per il vile denaro. Per questa gente esiste unicamente l‘opportunità per ottenerlo, anche se nelle maniere più subdole. Questa è una realtà piuttosto frequente, eppure nessuno nasce truffatore, ma molti lo diventano col tempo.

Un esempio meno gravoso sull’aspetto umano, ma comunque significativo, riguarda i veterinari. Molti giovani ambiscono a questa professione mossi dal desiderio di fare del bene incondizionatamente. Alcuni di loro studiano e lo diventano. Una volta adulti, scoprono che il mestiere è altamente remunerativo, e che curare un animale domestico è tutt’altro che economico, potremmo dire che può diventare un lusso. Alcuni finiscono per approfittarsi dei sentimenti dei padroni, chiedendo somme elevate, sapendo che l’alternativa è lasciarli morire. Loro stessi da giovani avrebbero agito seguendo un ideale di giustizia; poi, scoprendo il profitto, crescono e diventano parte del sistema.

 
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