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from Pabba60 (per ora)

I ranger espongono la bandiera americana al contrario, simbolo di emergenza nazionale

I Ranger dei parchi nazionali americani sono i grandi e mitici eroi silenziosi della natura negli Stati Uniti.

Si occupano della protezione dei paesaggi naturali, della conservazione della fauna selvatica e della gestione di alcuni dei luoghi più iconici della Terra, svolgendo un ruolo essenziale nel preservare la bellezza e la biodiversità dei parchi americani.

Ora, questi uomini e donne straordinari, sono oggetto di bullismo e attacchi, e licenziamenti di massa, da parte del Troll della Casa Bianca e del suo tirapiedi miliardario.

In un periodo in cui il cambiamento climatico e la protezione dell'ambiente sono più che mai cruciali, questi “delinquenti in capo” mettono in discussione il lavoro e l'importanza dei ranger, nonostante il loro impegno instancabile nel preservare un inestimabile patrimonio naturale.

Trump, già durante il suo primo mandato, ha dimostrato più volte una scarsa considerazione per la protezione ambientale, riducendo le risorse destinate ai parchi nazionali e cercando di aprire le terre protette a sfruttamenti dannosi. Musk ha mostrato in più occasioni disinteresse per il lavoro dei ranger e delle istituzioni ambientali, dimenticando che la tecnologia e l'innovazione da sole non possono sostituire l'azione diretta sul campo per proteggere il nostro ambiente. E ora il suo DOGE sta operando tagli indiscriminati e facendo danni incalcolabili.

Danni incalcolabili alla natura, oltre che alle famiglie dei ranger; a migliaia stanno perdendo il lavoro, vengono tolti i fondi, e questi danni non saranno riparabili in breve tempo. E' facile prevedere che tutto ciò darà il via ad un selvaggio utilizzo delle risorse naturali. Il Dipartimento degli Interni ha emanato una serie di decreti che favoriscono le attività di trivellazione e minerarie a scapito della tutela e della conservazione delle terre. Il licenziamento di migliaia di dipendenti, indipendentemente dal ruolo o dal merito, è il primo passo per indebolire le protezioni esistenti per questi luoghi preziosi.

Io volevo porre l'accento sul lato umano.

Mi sono iscritto alla pagina ALT (FB e Bsky) dei ranger dei parchi  e seguo altre pagine sull'argomento, e leggo storie di persone che amavano il loro lavoro, a cui hanno dato tutto, e che da un giorno all'altro hanno perso una ragione di vita, oltre alla fonte di sostentamento.

E' solo una parte dei disastri che il Troll arancione sta compiendo, lo so che c'è ancora di peggio, ma questa storia personalmente mi colpisce molto. Loro erano tra i miei eroi da bambino; tra fumetti, libri e film avevo una speciale predilizione per le storie provenienti dai grandi parchi Nordamericani.

Voglio riportare una lettera che uno di loro ha scritto in questi giorni:

“Sono davvero distrutto per aver perso il lavoro dei miei sogni di Educational Park Ranger presso il National Park Service in questo giorno di San Valentino.
L'accesso alla mia e-mail governativa è stato negato a metà pomeriggio e la mia posizione mi è stata strappata da sotto i piedi dopo che il mio turno era finito alle 15:45 di un freddo venerdì nevoso. Prima che potessi stampare completamente i miei documenti governativi. Sono un padre, un marito amorevole e un devoto funzionario pubblico.
Sono un giuramento per difendere e proteggere la Costituzione da tutti i nemici stranieri e nazionali.
Sono una valutazione del lavoro che recita “supera le aspettative”.
Sono stato detronizzato in conseguenza del voto popolare. Sono l'alzabandiera e il piegatore degli Stati Uniti. Sono l'idolo “Junior Ranger” di mio figlio. Sono il lavoro da sogno di uno studente universitario. Sono il volto sorridente che ti accoglie alla porta d'ingresso. Sono l'organizzatore delle vacanze della tua famiglia. Sono una voce per 19 culture dei nativi americani. Sono il protettore di tumuli funerari e cerimoniali dei nativi americani vecchi di 2500 anni. Sono il difensore delle tue terre e acque pubbliche. Sono la motivazione per arrivare in cima alla collina. Sono un rompi-ciclo generazionale. Sono lo strofinatore del water e il distributore di sapone. Sono il sentiero aperto percorso da persone di ogni estrazione sociale.
Sono il momento clou della giornata scolastica di tuo figlio. Sono il cerotto per un ginocchio sbucciato. Sono la lezione che ha mostrato ai tuoi figli che viviamo in un mondo di doni, non di merci, che gratitudine e reciprocità sono la porta per la vera abbondanza, non il potere, il denaro o la paura. Sono quello che ha insegnato a tuo figlio il canto del tordo e il grido del falco.
Sono il fiore selvatico che ha portato gioia al tuo studente. Sono quello che ha detto a tuo figlio che appartiene a questo pianeta. Che i suoi doni unici e la sua esistenza sono importanti.
Sono un'invocazione per la pace. Sono fuori dall'ufficio.
Sono la resistenza.
Ma soprattutto sono solo stanco.
Sono stanco di essere stato vittima di bullismo e censurato da due miliardari per settimane. Sono stanco di svegliarmi ogni mattina alle 2 di notte chiedendomi come farò a provvedere alla mia famiglia. Sono stanco di asciugare le lacrime di mia moglie e rassicurarla che andrà tutto bene.
Le cose non vanno bene.”

Se vogliamo un futuro in cui la natura sia preservata per le generazioni future, dobbiamo dare loro il rispetto e il sostegno che meritano. Questa assurda distruzione va fermata. Spero ci sia un giudice a Yellowstone.

Seguiteli, fategli sapere che non sono soli :
FB   https://www.facebook.com/AltUSNationalParkService Bluesky https://bsky.app/profile/altnps.bsky.social

Qualcuno fermi i gangster, per favore.

#SupportRanger #Ambiente #CambiamentoClimatico

 
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from Le copertine

A Gaza 35% delle strutture danneggiate dalla guerra

Chateaubriand e la passione degli esseri umani per le macerie

Copertina andata in onda il 16.9.2024

Scrittore, politico, diplomatico, fondatore del romanticismo letterario francese, Francois-René di Chateaubriand amava, come molti romantici, del resto, le rovine. Anzi, sosteneva che

“Tutti gli uomini (e le donne aggiungiamo noi) hanno una segreta attrazione per le rovine”.

Mica tanto segreta, verrebbe da dire di fronte all’espresso desiderio mostrato da molti nostri congeneri di radere al suo con tonnellate di esplosivo larghe parti del globo.

Lo spiega lo storico Franco Cardini in una recensione apparsa qualche tempo fa sul quotidiano Avvenire, in cui parlava del volume di Alain Schnapp “Storia Universale delle rovine”.

“Chi meglio di noi – si chiedeva il medievista italiano – è in grado, in questo primo quarto del XXI secolo, di contemplare con piena cognizione di causa le rovine?”

In effetti potremmo anche sostenere, senza sembrare troppo provocatori, che le rovine ci piacciono così tanto che – generosamente – ci premuriamo di crearne un numero sufficiente perché anche i nostri pronipoti possano goderne.

Secondo i dati dell’ONU, circa il il 35% delle strutture totali della Striscia di Gaza e un totale di 121.400 unità abitative sono state danneggiate o distrutte dall’esercito israeliano. Il conflitto ha portato alla distruzione di 200 strutture governative, 122 scuole e università, 610 moschee e tre chiese.

Secondo Amnesty International lungo il confine orientale di Gaza a maggio 2024, oltre il 90% degli edifici, tra cui più di 3.500 strutture, erano distrutti o gravemente danneggiati. I danni totali ammonterebbero a 18,5 miliardi di dollari. Le Nazioni Unite hanno avvertito che la rimozione di 40 milioni di tonnellate di macerie lasciate in seguito ai bombardamenti di Israele potrebbe richiedere 15 anni e costare tra i 500 e i 600 milioni di dollari.

Nel nostro dossier della settimana ad Alphaville, sulla Rete Due della RSI, abbiamo parlato di Rovine e la prima intervista è stata con l’antropologo Andrea Staid, autore di Abitare illegale. Etnografia del vivere ai margini in Occidente.

E mentre parliamo della storia, non dimentichiamo che sotto le macerie di oggi ci sono uomini, donne e bambini.

 
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from CASERTA24ORE

Lavoro. Dilaga il lavoro grigio, il sistema pensionistico disincentiva i giovani a cercare un lavoro normale

Con l'attuale sistema pensionistico ai giovani conviene non lavorare, o al massimo lavorare in nero ma con un lavoro sicuro. Perchè un 35enne deve lavorare per 35 anni e percepire, se arriva a 70 anni, una pensione che è meno della metà di quella che oggi percepisce un 70enne? Sono domande che molti giovani hanno iniziato a porsi, perchè con i lavori precari le retribuzioni corrisposte non sono sufficienti a riconoscere per intero il periodo minimo utile a maturare i contributi pensionistici. Si tratta del sistema pensionistico contributivo che ha mandato in pensione, scusate il gioco di parole, gli altri sistemi pensionistici come quello retributivo e quello di anzianità. Quindi, nella migliore delle ipotesi se un 35enne oggi vincesse 'un posto' pubblico (concorso ndr) comunque dovrebbe lavorare per 35 anni ed andare in pensione a 70 anni. Questa pensione però, tenuto conto i parametri scelti dal legislatore per indicizzare il costo della vita, risulta essere di media circa l'80% della retribuzione nel caso avesse versato contributi per 35 anni. Se i contributi versati scendono a 30 anni la pensione è del 60% e via diminuendo. Così prendendo in riferimento un dipendente pubblico medio, facendo quattro calcoli il neo pensionato lascerebbe una retribuzione da lavoro dipendente di 1.200 – 1.300 euro per avere una pensione di soli 700€. Il sistema contributivo incentiva quindi a restare nel mondo del lavoro quanto più possibile, possibilmente fino alla morte. Ma, ritornando al discorso dei giovani: a loro oggi conviene lavorare? La tassazione sul loro lavoro (contributi) serve ancora oggi a pagare le 'pensioni baby', quelle dei 19 anni sei mesi ed un giorno per intenderci. Dicono che le toglieranno, nel senso che in futuro non ci saranno più baby pensionati, ma i vecchi? Continuano a percepirle grazie ai contributi previdenziali versati dai giovani per la promessa di una pensione che non avranno. Il sistema va cambiato, il legislatore dovrebbe avere il coraggio di mettere mano ai 'cosiddetti' diritti acquisiti, cioè alle pensioni percepite ora dai tanti anziani. Ci vogliono pensioni uguali per tutti: uguale per tutti gli anziani di oggi e per tutti quelli di domani Uno Stato che non è più in grado di assicurare servizi essenziali (in molte Regioni italiane è la norma) è destinato a morire. Potrebbe scapparci un altro '48 quando i giovani, governati da una classe politica vecchia, corrotta e restia a lasciare il passo, finalmente si desteranno. E la cosa potrebbe accadere quando, gioco forza, verranno meno le pensioni degli anziani nonni che indirettamente aiutano con le loro pensioni gli stessi giovani. Se tutti i nonni d'Italia percepissero la stessa pensione, buttiamo la cifra di 900 euro, sarebbero accontentati i poveri che adesso hanno una pensione più bassa. Scontenti, invece, i più ricchi che hanno la pensione più alta dei 900 euro. Ma un anziano che ci deve fare con una pensione più alta? La deve spendere in medicine? Ed in effetti, visto che i servizi sanitari ormai non sono più garantiti dallo Stato, le spese mediche gravano direttamente sugli anziani. Ma non sarebbe meglio pensioni uguali per tutti, una spesa sanitaria garantita e magari un equo canone uguale per tutti? Altro che sistema retributivo! Ci vorrebbe un sistema pensionistico di anzianità, anche al costo di aumentare l'età pensionabile a 70 anni (ma non per tutti i tipi di lavoro). Ma, allo scoccare del 70 anno di età, la pensione deve essere uguale per tutti: sia per dipendente pubblico, sia per chi ha lavorato una vita da lavoratore precario, per il lavoratore autonomo ed anche per chi nella vita è stato a lungo tempo disoccupato. Invece con questo stato di cose il giovane è disincentivato a procurarsi un lavoro normale e così si mette d'accordo con il datore di lavoro e gli dice: “Ok, non mi versi i contributi, ma almeno dammi una paga dignitosa e io non ti darò problemi con denunce all'Inps e via discorrendo...”, quando va bene e lo deve pure ringraziare, il 'donatore' di lavoro. D'altra parte i contributi saranno comunque persi, tanto vale... E così per tanti giovani dilaga il lavoro grigio, il nonno li aiuta con la sua pensione e quando a causa dell'età non ci sarà più, forse, la Giovane Italia si desterà (Russo Gianluca)

 
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from CASERTA24ORE

Grazzanise. L'aeroporto civile si fara' ma solo per i voli cargo

Lo fa sapere il deputato della Lega e coordinatore del partito in Campania Giampiero Zinzi. L’aeroporto di Grazzanise sarà nel nuovo Piano Nazionale degli Aeroporti, e sarà valutato con particolare riferimento al settore cargo. Lo abbiamo chiesto un anno e mezzo fa, quando con un mio ordine del giorno il Governo ha accolto la nostra richiesta per rimodulare il sistema aeroportuale campano. Un prossimo passo dovrà essere sì l’attivazione di un tavolo tecnico fra il Ministero della Difesa e il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti che, nel PNA, intende dare risposte alle esigenze di crescita e sviluppo del nostro territorio”.

 
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from Solarpunk Reflections

Risposta ai recenti commenti in live di KenRhen e Korax

Il medioevo giapponese è stato caratterizzato da quasi 150 anni di instabilità e guerre: dopo il collasso dell’autorità centrale che amministrava i territori, i signori della guerra feudali iniziarono spietate incursioni e guerre per cercare di appropriarsi delle terre del defunto impero e mettersi al di sopra di chiunque altro. Regnava il caos.

Forse lo Shogunato Ashikawa è un paragone esagerato per l’attuale situazione esportiva italiana, eppure la dinamica è simile: PG ha perso di rilevanza, il LIT è stato informalmente declassato a un torneo con meno prestigio delle corse dei cavalli e tutti quelli che ne facevano parte in precedenza stanno cercando di lavarsene le mani o costruire il proprio feudo. Qlash è stato il primo attore a distaccarsene, poi in un secondo momento anche Brizz, Terenas e KenRhen. Questi paragrafi introduttivi servono a inquadrare la prospettiva dalla quale KenRhen ha commentato gli eventi in live da Deugemo lunedì 3 Marzo nella puntata 171 di Studio League, nella quale (secondo la mia lettura) il noto costreamer barbuto non ha veramente partecipato alla discussione in modo edificante.

Una seconda premessa necessaria è che non ho nulla contro di KenRhen in particolare; non intendo scatenare faide di alcun tipo e spero che i suoi costream continuino a gonfie vele. In questa lettera cercherò di discutere unicamente delle idee e del significato della parola “community”, in quanto (chi mi conosce lo sa molto bene) ciò che mi interessa è capire quali sono le condizioni necessarie affinché una delle nostre passioni condivise non affondi. Il drama non mi porta alcun ritorno (non ho né canali su cui raccogliere visualizzazioni né un account Twitter), e come nel caso della famosa lettera del 2019 ciò che mi interessa è discutere apertamente con i membri della community.

Iniziamo dalla parte facile: League è un gioco complesso. Sì, è vero e lo è da anni, ma il tracollo critico della scena italiana non è legato in alcun modo alla complessità del gioco, poiché le altre realtà (ERL ma come anche Cina e Korea) non sembrano essere penalizzate da questa complessità. Anzi, la lega coreana LCK è la più profonda a livello di complessità tattica e strategica, eppure gli spettatori del campionato sono in costante crescita (Hanwa vs T1 di qualche settimana fa ha rasentato i due milioni di spettatori!). La prima grande community esportiva è nata intorno a Starcraft, un titolo infinitamente più complesso da giocare e guardare.

Secondariamente: le iniziative positive vengono ignorate dalla community, mentre si criticano fortemente gli errori. KenRhen ha già ammesso durante la live di avere intenzionalmente ignorato le iniziative positive della community, quindi non intendo portare altri esempi. Ciò che invece è importante sottolineare è che in questo periodo storico i fan di lunga data sono stati ripetutamente delusi sotto ogni punto di vista, tra promesse non mantenute, peggioramenti delle trasmissioni e abbandono di varie personalità. Penso che il sentimento di amarezza diffusa non sia solo normale, ma anche giustificato se si pensa che in genere chi porta queste critiche dure ha attivamente provato a cambiare lo stato delle cose in passato. Quando le critiche costruttive vengono ignorate, si passa a quelle distruttive; quando quelle distruttive vengono condannate, cosa rimane se non lamentarsi o abbandonare? Chi si lamenta è generalmente una minoranza; il resto semplicemente abbandona in silenzio.

Inoltre, il rapporto di fiducia tra i fan e chi produce contenuti non si può evocare spontaneamente: va guadagnato. La fiducia non si può imporre. Il modo migliore per ricostruire un legame coi fan è ascoltare le loro richieste, pratica che consistentemente è stata avallata da PG e che non mi sembra altri attori abbiano preso in considerazione; il fantomatico scrim-stream dei Macko (iniziativa riguardo alla quale personalmente non ho forti opinioni; è un contenuto come un altro) dopotutto non è stata richiesto a gran voce dai fan, ma un tentativo (giustificatissimo) di racimolare visualizzazioni e interazioni che non arrivano dal campionato principale ormai defunto. Visualizzazioni che però non sono arrivate nelle quantità attese. Dopotutto, chi ha mai chiesto di guardare delle amichevoli?

Un altro controesempio è BTL: la lega d’intrattenimento (il fatto che abbia una forma competitiva è secondario) organizzata da Qlash viene seguita con trasporto da migliaia di fan (perlopiù di ANC, a causa delle personalità note nella rosa) nonostante sia difficile reperire informazioni sui playday e la comunicazione sia scarsa. Non è questo un esempio assai più concreto di iniziativa positiva?

Infine, la parte peggiore di tutta la trasmissione sono stati i ripetuti statement in cui la parola “community” veniva usata alternatamente come sinonimo di “massa becera e ignorante” o di “influencer e personalità non legate ad alcun organizer” a seconda del contesto. Da membro di Piazza, questo è profondamente svilente, poiché abbiamo mostrato ripetute volte che la community non è una massa informe da addestrare come cani rabbiosi ma che ha agency ed è parte attiva nelle discussioni e nella costruzione di narrative. Fa ancora più male se invece penso a questo messaggio inviato in chat:

Da moderatore di una community, ho visto passare dozzine di drama negli anni e persino i più folli e incendiari (ricordate YDN e Gaia? O la Lunga Settimana in cui Lapo abbandonò PG e Zhydaris fu costretto a rivelare i bilanci di PG prima di abbandonare anch’egli?) non ci sono state minacce di morte in DM né furgoni alle porte di Buccinasco o altre ripercussioni. In una community dedicata esistono le discussioni e soffocare ogni disaccordo sul nascere è il modo perfetto non per “addestrarla a comportarsi bene” ma per silenziarla e far sì che rimangano solo i membri disinteressati che cercano solo intrattenimento passivo. Una community non può dirsi “buona” solo perché non c’è alcun membro che flamma, altrimenti la chat di LIT sarebbe una community eccelsa (poiché deserta).

Aggiungo anche un breve estratto dalla live del 7 Marzo di Korax sul canale Twitch dei Macko, in cui lo storico team manager suggerisce di “ricostruire la community”. Cosa significa? A mio parere è un’altra frase fuorviante che sottintende un messaggio ancora diverso (che peraltro condivido), ovvero di coinvolgerla di nuovo. La “community” sta ancora lì, in Piazza e su Twitter e nei canali degli streamer. Non è stata distrutta, non è stata disintegrata. È stata delusa. “Ricostruire” sottintende una fondamentale incomprensione di come coinvolgere di nuovo i fan, di dargli un nuovo motivo per appassionarsi e avere fiducia. Ammiro il tentativo dei Macko di provare a ergersi come “Karmine Corp d’Italia”, ma era una missione destinata a fallire poiché mancavano e mancano le condizioni necessarie che ci sono invece in Francia. Quali queste siano esattamente non è compito mio dirlo, quanto invece del TO, dei manager e degli attori direttamente coinvolti (ma certamente è salutare discuterne anche tra noi fan). Dubito fortemente che sia invece “colpa dei fan” che non li hanno supportati abbastanza, come si è solito sentire in molte interpretazioni.

Quest’analisi è dunque rivolta alla community, a chi di noi ancora spera nella possibilità di un campionato che valga la pena essere seguito e a chi crede che l’esempio dei cugini francesi (non solo dei KC ma OTP in quanto organizzatore) sia replicabile anche in Italia. Discutiamo di queste iniziative, di cosa manca e di cosa vuole questa community. È vero, ora la disillusione è assai più grande che nel 2019, ma ci siamo già attivati una volta per realizzare qualcosa che fosse davvero genuino e sono convinto che possiamo rifarlo.

Un’ultima nota sul Periodo Sengoku. L’era dei Signori della Guerra terminò pochi decenni dopo l’arrivo degli europei. Ieyasu Tokugawa fu il primo a usare le armi da fuoco importate da loro; sbaragliò i samurai avversari (più di quarantamila morti) e instaurò la dinastia autoritaria che nei secoli seguenti deforestò e impoverì l’intero Giappone fino all’industrializzazione.

Forse possiamo evitare questa traiettoria.

 
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from Novità in libreria

Continua l'esplorazione della vetrina di febbraio.

NOIR, GIALLI E THRILLER:

  • OMICIDI SU INVITO di Ande Pliego (Nord). Uno scrittore di gialli, figura tanto leggendaria quanto avvolta nel mistero, invita altri sei autori per un soggiorno sulla sua isola privata. Un party con cene, incontri, indovinelli, enigmi e divertenti e innocenti giochi a tema thriller. Tutto questo, però, è una copertura per poter mettere in atto una vendetta... e tutto sfugge di mano molto rapidamente. Per saperne di più: scheda libro.
  • IL VENTO DI GIUGNO di Leonardo Gori (TEA). Nell'Italia appena uscita dalla guerra, il neo promosso maggiore Arcieri è impegnato in un'indagine che coinvolge entrambi i fronti vittoriosi del conflitto: gli angloamericani e i russi, che in segreto cercano di spartirsi il Paese ridotto in macerie. Un romanzo che unisce giallo, spionaggio e storia. Per saperne di più: scheda libro.

POESIA:

  • SPECCHI NEL LABIRINTO di Elio Pecora (Vallecchi). Un poema in quattro atti. Spesso è difficile capire qualcosa di un libro di poesia leggendo la sinossi presentata dalla casa editrice. Anche in questo caso, tutto è molto “ermetico”: un vecchio e un bambino si parlano in un labirinto, che forma una spirale circolare di ricordi e immagini (spero di aver colto almeno l'essenza fondamentale). Per saperne di più: scheda libro.

SAGGISTICA:

  • LE BUGIE DELLE MAPPE di Paul Richardson (Marsilio). Un libro che pone una seria distinzione tra mappa e territorio, due concetti che si tende a confondere tra loro, generando di conseguenza ideologie, falsi miti, dogmi e paradossali gabbie mentali che condizionano il pensiero. Per saperne di più: scheda libro.
  • DUELLO di Antonio Talia (Fuoriscena). La storia di Rocco Morabito detto 'U Tamunga, super boss calabrese del narcotraffico, dalle sue origini fino alla caccia ad opera di una squadra internazionale, tra forze di polizia e agenzie di spionaggio. Per saperne di più: scheda libro.

INFANZIA E RAGAZZI:

  • Due titoli Gribaudo per i piccoli lettori dai 3 anni, a firma di Grace Habib: NIKI CAT BALLERINA (scheda libro) e NIKI CAT ASTRONAUTA (scheda libro). Sono le avventure della gattina Niki Cat, in due libretti cartonati con elementi che si animano, da tirare e muovere.
 
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from La vita in famiglia è bellissima

Io e secondogenito siamo seduti a tavola a rinforzare il nostro rapporto familiare, nel senso che lui è al cellulare che chatta e io anche e di tanto in tanto, a intermittenza, sorridiamo per quello che scriviamo e leggiamo con persone che sono così tanto lontane da noi che chissà se esistono davvero.

Comunque, arriva Elettra che si siede al tavolo e dice “ragazzi, ho avuto una idea per fare dei soldi”. Fa il muso furbo. “Però – aggiunge – è un progetto che dobbiamo fare a tre”.

Secondogenito si tira istintivamente indietro con il corpo. “A tre, intendi il formato del foglio?” dice. E poi fa il suo sorriso da gatto, nascosto dietro alle labbra.

Elettra digrigna i denti, ma con affetto. “No – risponde – 'a tre' nel senso che dobbiamo farlo noi tre. Io dirigo e voi lavorate”.

Secondogenito alza le sopracciglia, “dobbiamo – chiede – svaligiare una banca?”. No, no, fa Elettra e spiega il suo piano commerciale, che qua per esigenze legate a un NDA (non disclosure agreement) sconsideratamente firmato anni fa non posso riportare.

Io e secondogenito ascoltiamo tutto con attenzione. Alla fine secondogenito si schiarisce la voce. “Tutto sommato preferisco l'idea della rapina in banca. È più etica”. Elettra digrigna i denti, adesso con meno affetto di prima. “Non mi aiutate quindi?” chiede. Io guardo secondogenito che guarda me.

“Allora, aggiunge Elettra, se non mi aiutate dovete darmi millecinquecento euro a testa” “Uh – faccio allora io – perché?”. Elettra si sporge verso di noi e ci fissa negli occhi. “Per mancato guadagno”. “Ah” faccio io. Secondogenito mi fissa e riappare il suo sorriso da gatto mentre Elettra spiega che lei ha previsto un guadagno iniziale di tremila euro, se non la aiutiamo la stiamo danneggiando e dobbiamo ripagarla per mancato guadagno.

E io resto lì seduto a fissarli tutti e due e a pensare a quanti di questi frammenti, queste schegge di quello che siamo, nascono e vibrano nella nostra vista per poi sparire rapidamente sottopelle, come fragili miracoli della nostra intelligenza e del nostro amore.

 
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from Gippo

Volevo scrivere un post interlocutorio. Ultimamente ho molte idee di post fantastici ma purtroppo ci sono alcuni impedimenti che si frappongono tra il post fantastico e la sua realizzazione, in particolare dubbi o incertezze che il post non venga fuori poi così fantastico. Così mi ritrovo oggi a scrivere un piccolo post interlocutorio, un post senza pretese, un post minimal. Tutto è già stato scritto e se non è stato fatto, probabilmente manca poco perchè ciò accada. E poi la vogliamo citare l'Intelligenza Artificiale o AI? Intelligenza artificiale, scrivimi un post sui videogiochi di sport. AI, dimmi come funziona con la ricongiunzione dei contributi INPS. E così via. Per quello non dovremmo rinunciare alla nostra umanità e infonderne tanta, a iosa, ad libitum, in tutti i post interlocutori del mondo ma prima dovremmo capire cosa vuol dire esattamente “umanità”. Ad esempio qualcuno vi tirerà in ballo le emozioni, invece qualcun altro (di professione buddista zen) vi inviterà a prendere le distanze da esse. Abbiamo oggi più che mai un'ansia di perfezione ma non capiamo che la perfezione sta nel mischiare alto e basso, destra e sinistra, bello e brutto (AI, trovami altre dicotomie, ammesso che tu conosca la parola “dicotomie”, brutto ammasso di chip della Silicon Valley!). Ecco, penso che abbiamo esaurito lo scopo di questo post interlocutorio. Non è niente male, sono soddisfatto. Ma non si può essere troppo soddisfatti per cui continuo.

Anzi no.

 
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from Novità in libreria

Continuo a risalire il fiume delle novità di febbraio.

NOIR, GIALLI E THRILLER:

  • PICCOLI CRIMINI TRA VICINI di M.C. Beaton (Astoria). Dall'autrice della divertente serie di Agatha Raisin (bestseller nella mia libreria), ecco un caso per Hamish Macbeth: sulla costa scozzese, il pittoresco paese di Stoyre dalle casette bianche ammira con fervore il pastore arrivato da poco e la sua abilità oratoria. Ovviamente, i misteri e le faccende bizzarre si affastellano e Hamish Macbeth dovrà districarsi tra apparizioni spiritiche, cacciatori di tesori nazisti, esplosioni e vecchiette inviperite. Per saperne di più: scheda libro.
  • IL SINDACO DELLA NOTTE di Unno Jūza (Marsilio). Uno scrittore di gialli viene coinvolto in un omicidio. Per provare la sua innocenza dovrà avvalersi dell'aiuto di uno strano personaggio, chiamato da tutti il “sindaco della notte”. Nota: Unno Jūza (1897-1949) è considerato uno dei capostipiti del mistery e della fantascienza giapponese. Questo mi intriga moltissimo e finisce nella mia lista di lettura! Per saperne di più: scheda libro.

FANTASY:

  • SONATA PER LA MORTE DI UN DIO di Giacomo Arzani (Acheron Books). Dalla sinossi (a dire il vero molto poetica) non si capisce molto della trama, ma da quello che intuisco parla di una divinità in forma di mondo vivente che sta attraversando il suo declino. I personaggi quindi pare si muovano sul suo corpo immenso per riuscire a salvarlo... Per saperne di più: scheda libro.

SAGGISTICA:

  • Per Ediciclo, ecco due libretti della collana Piccola filosofia di viaggio:
    • LA SCOPERTA DELLO SPAZIO di Emiliano Ricci (scheda libro): un racconto, a cura del giornalista e scrittore scientifico Emiliano Ricci, dei viaggi nello spazio, con i suoi misteri e i suoi grandi fenomeni.
    • LE RIVELAZIONI DEL VIAGGIO di Giovanni Agnoloni (scheda libro): un libro sulle piccole “rivelazioni” che si possono incontrare durante i viaggi della vita: immagini che si fissano nella memoria con chiarezza, come un paesaggio, un brano musicale, un particolare della città, una compagnia.
  • PIANETI MANCANTI di Luca Nardi (Dedalo). I pianeti mancanti sono quei corpi celesti leggendari, come Vulcano (che non è mai esistito ma ha ispirato la teoria della relatività di Einstein), o Plutone, cercato a lungo e infine trovato dall'astronomo Clyde Tombaugh quasi 100 anni fa, oppure il misterioso Planet Nine, un pianeta lontano decine di miliardi di chilometri dal Sole... Un argomento affascinante per gli appassionati di astronomia. Per saperne di più: scheda libro.

INFANZIA E RAGAZZI:

  • IL MIO LIBRO DEGLI ODORI E DEI COLORI – LA NATURA di Mr. Iwi (Librido Gallucci). Questo libro fa parte di una serie di volumi cartonati dotati di alette sotto cui si possono sentire profumi e odori veri, associati ai colori. Età di lettura: dai 2 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • Sempre per Gallucci, due titoli di una nuova serie destinata ai lettori dai 24 mesi: PROVA A IMMAGINARE... LA FRUTTA! (scheda libro) e PROVA A IMMAGINARE... LA VERDURA (scheda libro): si tratta di libri cartonati a firma di Aya Watanabe, in cui ogni pagina presenta un'animazione da azionare (muovendo, tirando e scorrendo) con il ditino. Il testo è in rima.
  • Un altro Gallucci della collana Muovi tira scorri: LILLO L'AGNELLO di Alex Scheffler: anche in questo caso in ogni pagina del libro (cartonato, con il testo in rima) si può azionare un elemento mobile per scoprire movimenti e sorprese. Età di lettura: dai 2 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • TURLUTUTÙ ÈMAGICO! di Hervé Tullet (Franco Cosimo Panini). Nel classico stile interattivo di Hervé Tullet (apprezzatissimo da bambini e insegnanti), ecco un nuovo albo illustrato in cui l'extraterrestre Turlututù insegna un sacco di magie ai piccoli lettori. Età di lettura: dai 3 anni. Per saperne di più: scheda libro.
 
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from GRIDO muto (podcast)

⚖️ Uomini e Donne: Stesse Patologie, Diverse Battaglie.

In questo episodio voglio condividere con te una riflessione profonda sulle malattie invisibili, in particolare quelle che affliggono me e che vengono vissute in maniera molto diversa dalle donne rispetto agli uomini.

[...]

Se preferisci ascoltare anziché leggere, puoi trovare qui questa puntata del podcast, la numero 18:

Siamo abituati a pensare a uomini e donne sin da bambini: uomini/donne, maschi e femmine. Negli ultimi anni, però, si è iniziato a considerare che il confine non sia così netto e, per quanto mi riguarda, io lo trovo ragionevole. In questa puntata parlerò di uomini e di donne, ma ti chiedo di considerare in senso ampio e inclusivo i miei ragionamenti. Non voglio che nessuno dei miei ascoltatori si senta offeso o offesa se ha un'identità di genere diversa dalle uniche due che sto citando. La mia intenzione non è quella di offendere, ma di rendere fluido e scorrevole il discorso. Fatta questa premessa, possiamo andare avanti. Uomini e donne: in ogni occasione ci viene ricordato che siamo diversi, che ci sono cose da maschi e cose da femmine, che se sei una donna certe cose non puoi e non devi farle e viceversa. A noi maschi viene insegnato, tra le altre cose, che gli uomini, i veri uomini, non piangono mai. Essere uomini significa, innanzitutto, non mostrare le proprie debolezze e i propri limiti. Mostrarsi deboli, quindi, nell'immaginario collettivo, significherebbe essere meno uomini e anche questa cosa ci viene insegnato che non è per niente desiderabile. Quando un bambino piange, spesso gli viene detto: “Ormai sei un ometto”. A volte, quando il bambino dimostra sensibilità o lacrime, gli amichetti gli dicono che è una “femminuccia”. Anche in questo caso, essere femmine viene dipinta come una cosa brutta, persino una colpa, ed essere sensibili è una cosa da femmine e quindi brutta. Da notare che viene usato il diminutivo in senso dispregiativo: femminuccia, piccola femmina, mentre la parola maschietto non ha lo stesso peso. L'insegnamento implicito che ne ricava ogni bambino è che essere femmine è una cosa sbagliata, brutta, meno desiderabile; e le caratteristiche che si attribuiscono convenzionalmente alle bambine sono qualcosa da cui stare alla larga. Stessa cosa, ma ribaltata, per una bambina a cui viene detto che è un maschiaccio. Dal punto di vista di una certa cultura essere maschi, interessarsi a certe cose, è deprecabile: non va bene per una bambina che prima o poi sarà una donna. Sono cose su cui è molto interessante e doveroso riflettere, ma per il discorso che voglio affrontare oggi mi concentrerò sui piccoli uomini, sui bambini, per un momento. Da quando sentiamo quelle parole, la nostra vita di uomini è già segnata. Spesso cresciamo maschilisti senza neanche accorgercene. Nella lingua spagnola c'è una bellissima parola che riassume tutto questo, che è “machismo”. “Macho”, maschio, “machismo”. Breve e concisa. In italiano potremmo tradurla con maschilismo, ma ancora meglio, mascolinità tossica. La mascolinità tossica pervade ogni aspetto della nostra vita. È così tanto diffusa e presente in ogni momento delle nostre giornate che spesso non ce ne accorgiamo neanche; è un dato di fatto. La mascolinità tossica non è soltanto quella di chi uccide la moglie o violenta una donna, ma nasce già dalle parole, come nei casi che ti ho riportato poco fa. Quello che è dentro la mente, in qualche modo, emerge, viene fuori. Se nella nostra mente ci sono pensieri machisti, daranno vita a parole che in altre persone faranno nascere a loro volta simili pensieri, in una catena infinita. Anche io ho usato male le parole per tanti anni, troppi, e continuo a farlo a volte sbagliando. Non mi sto giustificando, ma quello che accade è che, come tanti altri uomini, ci sono così abituato che non ci penso e non va bene, non va affatto bene questa cosa. C'è voluta l'artrite e la fibromialgia per farmi riflettere. Anche tu hai avuto pensieri sessisti e te ne sei accorto o accorta dopo molti anni? Fammi sapere. Lascia un commento. Io, a un certo punto, mi sono reso conto di quanto fossero forti in me i condizionamenti che avevo ricevuto durante l'infanzia e l'adolescenza, anche dall'ambiente in cui mi sono evoluto. La mascolinità tossica è sempre stata presente, a volte silenziosa, ma presente, altre volte latente nella cultura in cui ero immerso. Ho ripensato a tutte le volte in cui, anche inconsciamente, mi sono tenuto tutto dentro perché non se ne doveva parlare, non si poteva dire, non si doveva dire.

Debolezza —> NON PARLARNE!

Stress: —> NON PIANGERE!

Tristezza: —> NON FARLO SAPERE!

Sofferenza: —> TI SCOPRIRANNO!

Fatica: —> E’ PER LE FEMMINE!

Emozioni: —> NON PIANGERE, NON FARLO SAPERE, TI SCOPRIRANNO, NON PARLARNE, E’ PER LE FEMMINE!

Queste sono solo alcune delle cose che ci portiamo dentro.

Se riuscissimo a essere davvero onesti con noi stessi, e sto parlando agli uomini adesso, guarderemmo tutto questo con disgusto e vorremmo togliercela per sempre. Solo che…è tutto molto comodo. ci dà quella sensazione di privilegiata sicurezza a cui è molto difficile rinunciare. Tutto questo non avviene soltanto a scapito delle donne e già questo sarebbe un motivo sufficiente per smettere di farlo, per cambiare, ma provoca tanto danno a tutti: donne, uomini, individui non allineati alle uniche opzioni accettate dalla società. Purtroppo, la verità è che viviamo in una società molto machista, in cui queste dinamiche sono molto più frequenti di quanto si potrebbe pensare e poi siamo tutti costantemente condizionati in questo senso dalla televisione, dalla politica, dalla moda, da chi ci sta intorno e dai modelli idealizzati che ci vengono messi davanti sin dalla tenera età, come se fossero l'unica via giusta, l'unica strada che può essere percorsa. Ma poi questi modelli chi li ha decisi? Il modello è semplice: tanto più ci si allontana da tutto ciò che potrebbe farci passare per femminucce, più veniamo considerati vicini al modello maschile, qualsiasi cosa sia, perché ricordiamoci che per la narrazione tossica le donne sono qualcosa di brutto, di debole, da prendere in giro, da non prendere troppo sul serio e in generale simbolo di fragilità, soprattutto emotiva.

Non mi sto inventando niente.

Basta guardare la storia e i fatti di cronaca, ma anche banalmente la vita di tutti i giorni. Come dicevo, i condizionamenti che riceviamo non fanno male soltanto alle donne o alla società in cui viviamo, ma anche agli stessi uomini. Io ne sono un esempio vivente. Ti ho raccontato cosa ho vissuto e cosa sto vivendo da ammalato di patologie croniche che non avranno mai una soluzione. Immaginati cosa ho provato quando non riuscivo ad alzarmi dal letto attorno al 2010, te lo raccontavo negli episodi precedenti. Più stavo a letto, più mi sentivo morire dentro perché inconsciamente volevo fuggire da quella debolezza, quella debolezza che non credevo fosse giusta per il mio genere.

La stessa cosa mi è successa sempre anche nel mondo del lavoro. Non so dirti perché, ma l'informatica è percepita come una roba da maschi. Per un bel po' di tempo nel mio mestiere si sono visti più uomini che donne e certi ambienti in cui mi sono ritrovato a lavorare erano pesantemente intrisi di mascolinità tossica. In quegli ambienti tutto diventava una gara a chi faceva di più, a chi era il bambino più bravo degli altri, che poi, ovviamente, lo faceva notare. Quando si sbagliava qualcosa, c'era subito la corsa a trovare il colpevole e a farglielo notare con tanto di “io non sbaglio mai”, poi soltanto dopo si risolveva il problema. Spirito di squadra non pervenuto. Io credo che anche questa fosse mascolinità tossica: la voglia di arrivare prima degli altri, di imporsi, di fare la figura del più “macho”.

In un contesto simile si genera molta tensione non necessaria ed è tutto molto più faticoso senza motivo. Immagina come passavo le mie giornate, soprattutto quando ho scoperto di avere qualcosa di più di un'influenza. Mentalmente ero lacerato, diviso in due: da una parte volevo gridare a tutti come mi sentivo, volevo urlare che mi sembravano tutti impazziti e che esistevano problemi più grossi della gara sciocca cui tutti stavamo partecipando, quella gara a mostrarsi sempre perfetti, veloci e con qualche abilità in più rispetto al compagno di scrivania. Perché non sia mai che una debolezza o una carenza possa essere mostrata. È una roba da femmina, no? Dall'altra parte non riuscivo ad esprimermi, sicuramente quello non era l'ambiente migliore per farlo e tutti i condizionamenti che avevo accumulato nella vita non mi aiutavano di sicuro.

Dire che non riuscivo a stare al passo avrebbe significato non solo esternare una mia carenza, una mia mancanza, ma anche espormi a facili ragionamenti di superiorità da parte di alcune persone, perché si sa, per un portatore di mascolinità tossica non c'è niente di più soddisfacente che sentirsi superiori a tutti, anche ad altri maschi. Forse anche per questo motivo tendevo a essere sempre disponibile, a fare sempre di più, a cercare di ignorare le mie fatiche e il malessere per dimostrare a me stesso che, in fondo, nonostante la malattia che si presumeva stesse emergendo (e io lo sentivo molto bene anche prima della diagnosi) potevo comunque fare tutto come gli altri, quelli bravi, per così dire. Potevo portare a termine i compiti che mi venivano affidati e persino spiccare tra loro, a volte. È incredibile quanto un ambiente tossico possa condizionarci!

Questo è solo uno degli esempi di come la mascolinità tossica possa danneggiare anche i maschi stessi. Ci poniamo obiettivi irrealizzabili, ci autocondizioniamo a una sofferenza muta, assurda, incompresa, solo perché crediamo che i veri maschi non piangano e invece c'è da piangere, eccome! È umano, è normale quando si soffre. Anzi, sarebbe strano il contrario. Io mi fido molto di più di chi piange, di chi non ha problemi a mostrare che fa fatica, che soffre. Significa che non mi sta nascondendo nulla e che ha fatto un percorso difficile tra le sue emozioni. Queste persone meritano solo un abbraccio e la mia comprensione.

Purtroppo, però, in questa strana società che ci siamo costruiti non c'è più spazio per le incertezze, per le debolezze, per il pianto, per il crollo emotivo, per le crisi. Se ci pensi bene, come dicevo poco fa, tutte queste cose nell'immaginario collettivo sono caratteristiche che sono ritenute femminili ed è per questo che molti uomini non vogliono mostrarle, temono di essere additati come femminucce, come meno uomini, insomma. E tutto questo perché ci siamo autocreati dei modelli che sono sbagliati o non raggiungibili. Pensaci: le donne non sono tradizionalmente considerate creature fragili, ansiose e soggette a crisi isteriche. Tutto questo, ovviamente, è del tutto falso. Si tratta di pregiudizi, di una visione maschile tossica su un'umanità che in realtà ha milioni di sfaccettature e vive mille condizioni, anche di salute, e il sesso è davvero l'ultima cosa che ci distingue. Ma a parte questo, ti assicuro che quando i dolori non sono periodici, ma giornalieri, e spesso non si riesce neanche a farli passare, beh, allora chiunque di noi avrebbe attacchi di panico, attacchi d'ansia e un facile esaurimento nervoso o crisi di isteria. È normale, e non c'è sesso o identità che sia più o meno meritevole del diritto di piangere. Pensa che persino oggi, nel 2024, mi capita tanto spesso di incontrare persone che quando dico loro di avere la fibromialgia mi rispondono: “Ma sei sicuro? È una roba da donne”. E invece no. È solo che statisticamente ci sono più donne tra i pazienti. Ma poi cosa vuol dire? Sono certo che tanti uomini non raccontano che soffrono proprio per tutti i condizionamenti di cui parlavamo poco fa. E in ogni caso, anche se fosse una roba da donne, cosa vuol dire? Non avrebbe meno valore, no? Quindi dovrei ignorarla? Cosa significano questi ragionamenti? Vedete, altri esempi di mascolinità tossica!

Durante la scrittura dei vari episodi di questo podcast è accaduta una cosa che mi ha colpito molto. Ho postato uno sfogo su un gruppo Facebook dove tantissime persone ammalate cercano risposte, comprensione e supporto. Il gruppo di cui parlo si chiama “Artrite psoriasica”. Lì diverse persone, che ringrazio molto, mi hanno dato conforto, una cosa di cui abbiamo tanto bisogno a volte. È bello comprendersi fra sconosciuti, ci fa sentire meno soli, ma allo stesso tempo ci espone alla consapevolezza che tante, tantissime persone, purtroppo, stanno passando quello che passiamo noi. Bene, su quel gruppo una ragazza di 32 anni mi ha lasciato una risposta più lunga delle altre. Mi diceva che capiva benissimo come mi sentissi e che l'idea di fare il podcast, secondo lei, sarebbe stata fallimentare, purtroppo, perché nessuno ci avrebbe ascoltati. Oggi, tristemente, mi tocca darle ragione. A proposito della mia volontà di parlare di come sto da uomo ammalato, lei mi ha scritto: “Se foste di più, forse avreste e avremmo più speranza. Noi donne, se ci esponiamo, siamo le classiche lamentose, inutili”.

Quest'ultima frase mi ha colpito profondamente perché purtroppo è vera. Le donne, o in generale le persone stigmatizzate ed emarginate, sono costrette in questa società a vivere cose molto diverse da moltissimi maschi, sono destinate a vivere le cose molto diversamente, ma se c'è una cosa che la malattia mi ha insegnato è l'empatia, e non sono riuscito a restare indifferente dopo questo messaggio. Ci ho riflettuto a lungo e continuo a farlo. Ho pensato che una puntata del podcast sarebbe dovuta essere destinata per forza a questo tema.

Penso a chi ha il ciclo e si presume che debba sopportarlo senza lamentarsi troppo. Anzi, ci si aspetta che queste persone siano ugualmente produttive, sia in famiglia che sul lavoro. Penso alle persone transessuali ammalate di artrite e fibromialgia che hanno combattuto o stanno combattendo una battaglia enorme e sono costrette ad accollarsene un'altra infinita. Penso a tutte le altre persone deboli o indebolite dalla vita, anch'esse e anch'essi combattenti in questa battaglia contro la società e l'artrite (ci siamo capiti).

Tornando alle donne, penso a quelle che soffrono di artrite, di fibromialgia o anche di psoriasi e non vengono credute perché donne. In fondo, le donne stanno sempre male, no? Piangono sempre. Ironia della sorte, le donne sono effettivamente la maggior parte dei pazienti che soffrono di questi problemi. Hanno sempre qualcosa che non va nell'immaginario collettivo maschile: il mal di testa, il ciclo, emozioni facili e crolli emotivi. Tanti pensano che piangano continuamente e quindi che differenza fa se piangono perché dicono di avere l'artrite? È un pianto come un altro alla fine. Fino ad ora non avevo mai pensato che potesse esserci una qualche differenza nella percezione di quanto possono soffrire pazienti come me in base al genere e invece c'è e come e sono contento che qualcuno, che ringrazio, mi abbia dato una spinta per tirare fuori tutto questo. Il maschilismo latente mi stava fregando un'altra volta; neanche ci pensavo. Una donna verrà creduta più difficilmente se soffre per artrite e fibromialgia e, purtroppo, le saranno concesse ancora meno scusanti in molti ambienti. Sul lavoro, ad esempio; in Italia non abbiamo nemmeno permessi dedicati per concedere una pausa a chi ha il ciclo e generalmente le donne non possono ancora, di fatto, ambire a posizioni e stipendi sempre identici a quelli di un uomo.

Oltre a tutto questo, poi, tanti lasciano che le faccende domestiche ricadano sulle donne. La cura dei figli, ad esempio, la pulizia, la cucina, sono tutte faccende ritenute ancora da femmine e tutte queste cose si sommano alle eventuali malattie che possono esserci e non riesco neanche a immaginare come potrei fare io se dovessi crescere un figlio da solo e da malato invisibile. Vi sembra giusto tutto questo? A me no. Perché le cose cambino, dobbiamo cambiarle noi, noi uomini anzitutto. Come si fa? Intanto iniziamo a ragionare. Pensiamo a tutti i concetti che ho espresso in questo episodio e a tutti gli altri sottintesi che non ho espresso, e chiediamoci sinceramente se non abbiamo mai avuto pensieri tossici come maschi. Se li abbiamo avuti, abbracciamoli, affrontiamoli e facciamo in modo che non tornino più. Agli uomini dico di non vergognarsi più di piangere, di mostrare quello che siamo e le nostre sofferenze. Il modello di virilità che conosciamo ci è stato imposto ed è tutto falso, non è detto che non lo si possa cambiare. Ciò che siamo, uomini appunto, non cambierà. Ci vuole ben di più di una malattia, di una difficoltà o di un pianto per cambiarlo. Non abbiamo davvero niente da temere, ma tutto da guadagnare. Condividi l'episodio con quante più persone puoi in modo da sensibilizzare tutti su un tema che riguarda tutti, l'uguaglianza.

Donna, uomo o chiunque tu sia, ti aspetto martedì prossimo per un altro importante episodio di Grido Muto in cui ti racconterò cosa faccio per curare l'artrite.

Qui c'è spazio per tutti.

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Continua...