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from Bymarty

Ti cerco..

Un tramonto, mille colori..caldi, forti rassicuranti.. Cala il buio, le stelle sorridono alla luna ,che però da me fugge,si nasconde e io triste mi rassegno e penso e ripenso , e immagino, e sogno e aspetto di rivederla, anche solo un attimo, un fugace attimo di serenità , che possa rendere il mio cuore candido e puro , gaio e pronto ad affrontare quelle piccole crepe che in questi giorni ..mi danno dolore e tnto timore! Xcio' se puoi ovunque tu sia e anche solo x un attimo,abbracciami dammi la forza per affrontare e non mollare, mostrati a me ,aiuta chi in qsto momento ti chiede conforto...abbi cura di mi me ,luna amica mia ❤️..

 
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from Blog in Blu

In 15' passare mille stati d'animo E' possibile se si corre...senza Focus!

Nel titolo c'è già tutto credo, ieri in un quarto d'ora di ripetute sono passato dal voler mollare la corsa, perchè un semplice 1000 non riuscivo a finirle col tempo prestabilito, al 1000 dopo in cui mi sono auto convinto che è la testa che dice al corpo che deve correre bene, mentre il corpo non respirava più, al 1000 successivo in cui fan culo tutto corro perchè mi piace correre e quindi chi se ne frega, porto a casa l'uscita nel modo migliore, e poi...porto a casa l'allenamento di qualità rendendomi conto semplicemente che ieri non era giornata per l'allenamento di qualità. Non avevo la testa, fisicamente quel tipo di uscita era perfetta per le potenzialità, ma qualcosa nella testa non ha funzionato e ogni sforzo facessi per rientrare nel ritmo desiderato peggiorava la situazione.

Mancanza di FOCUS! La testa non deve essere nel qui e ora, deve semplicemente fluire col movimento del corpo, l'esercizio richiesto metabolizzato e fatto in automatico. Il pensare al qui e ora crea comunque uno sforzo al qui e ora e fa perdere la concentrazione. Deve essere tutto un unico flusso di movimento.

Semplice? Bè a volte si a volte no! Gli stati d'animo lasciamoli ai lunghi lenti in cui si ha tempo di pensare, nelle ripetute bisogna giocare con l testa tenendo il focus ben davanti e lasciare che fluisca col movimento del corpo.

 
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from Bymarty

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La bellezza di un fiore, I suoi colori caldi o freddi,sfumature impercettibili..come le emozioni che ogni giorno, ogni volta che osservo e navigo nella profondità dei tuoi occhi, tristi ma espressivi ..sfiorano il mio ❤️ colorandolo di impercettibili e invisibili colori!.. Osservo in silenzio, ascolto... l'eco di parole disperse..mai pronunciate perché timorose e lacrime verso nell'attesa che piccoli dolori passino, piccole crepe possano rimarginarsi, ma nell'attesa il mio ❤️ soffre, l'ansia mi divora e io mi allontano per paura, e mi chiudo in questa solitudine dove i colori si disperdono e posso confondermi con il nero del buio...e il grigio del cielo ...di questa triste giornata...

 
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from Imparo Qualcosa Ogni Giorno

Quando sono incazzato ho diversi stati: vediamoli assieme.

Capitolo 1: Genesi

Non mi innervosisco subito, lo faccio solo se l'altro dimostra di non avere un'elevata capacità di discussione e fa i capricci.

La cosa che mi fa incazzare più di tutte è il fare i capricci: ho la netta sensazione che se un domani dovessi diventare padre potrei incazzarmi tantissimo con i miei figli, se non dovessi riuscire a gestire i capricci.

Ma in ogni caso cerco di capire il problema, e trovare una soluzione. Se l'altro si incazza, mi incazzo anche io, divento molto ostile tanto quanto l'altra persona. Se riconosco che l'altra persona è tranquilla anche quando si incazza, difficilmente esploderò anche io.

Capitolo 2: Barriere filosofiche, il tunnel oscuro

Ecco allora che, nei casi dove l'altra persona non è pacata, mi stra-incazzo anche io.

Quando mi incazzo voglio essere lasciato in pace: cerco in tutti i modi di distrarmi e pensare ad altro; prima o poi mi passerà.

Prima che riesca a fare questa cosa, ecco che mi vengono in mente domande filosofiche come “mi sono comportato bene? perché mi sono incazzato? in base a quale morale ho risposto, e seguendo quali principi?”

La verità tipicamente è che non c'è una verità, ma a volte ho dei pensieri molto auto-distruttivi che mi portano a buttare tutto quello che ho costruito e sto costruendo. A volte ho addirittura pensieri abbastanza intrusivi, come l'avere il desiderio di lanciare oggetti o avere reazioni considerate “esagerate” perché l'altra persona smetti di parlare.

Mi dà fastidio quando è stato fatto presente un problema e si continua a polemizzare o rivangare altre cose passate: è più costruttivo trovare una soluzione anziché lamentarsi.

La soluzione tipicamente implica il fatto di dover stare in silenzio e accettare qualunque cosa venga detta dall'altra persona, cosa che a me non sta bene.

Reputo questa cosa abbastanza dittatoriale: il problema non è accettare l'altra parte, è lo stare in silenzio. A me sta bene accettare quello che è stato detto dall'altra parte, purché sia una soluzione effettiva al problema e avendo avuto la possibilità di dire la mia e avere la mia idea considerata. Insomma mi sta bene considerare un insieme di opportunità e valutarle.

Per concludere le mie funzioni cognitive si abbassano: non riesco a ragionare o a fare qualsiasi altra attività ad alta intensità (reputo normalmente “dialogare con qualcuno” un'attività di questo tipo). Sono incapace di guardare al futuro con occhi diversi da quelli che ho e ho un muro nero davanti a me.

Capitolo 3: una via di uscita

Il modo per uscire da questa situazione arriva nel momento in cui faccio altro e mi distraggo completamente a tal punto che venga assorbito dall'attività in quel momento. Può essere la scrittura (come in questo caso), oppure un'attività manuale o altro.

Vengo talmente preso che mi “scordo” cosa è successo in precedenza: non è che mi dimentichi davvero, ma passa molto in secondo piano.

Questa fase è molto positiva per me: vado nuovamente alla seconda fase, ma con un po' più di lucidità. Se ho sbagliato ti vengo a chiedere scusa, a patto che tu sia una persona degna delle mie scuse, ossia, mi hai trattato con rispetto. Non dò rispetto a chi non me l'ha dato o mi ha trattato molto male quando ho discusso e non si è pronunciato “avendo ragione a prescindere”, senza prendere in considerazione quello che ho detto.

Se ho di nuovo a che fare con la persona in questione e nulla cambia, ricado nello step 1, soprattutto se la cosa parte da lei. Tendenzialmente non rivango mai cose passate, e se ho un problema al limite quando mi sono calmato ti vengo a dire “guarda, ok questa cosa, però mi ha dato fastidio quest'altra”.

Se ciò succede con persone che non sanno discutere e hanno sempre ragione, ecco che questa parte viene a mancare: salto completamente questo step perché tanto “avranno sempre ragione loro”.

Il mio tempo è importante, e non voglio perderlo in attività inutili come litigare su un litigio.

 
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from filippodb

Abbiamo superato il primo giorno e tutto va bene.

Possiamo tutti fare un respiro profondo. Il primo giorno è passato. Credo che sia il fediverso che #Threads si siano comportati bene nel primo giorno della loro fusione. Non ci sono state invasioni di cavallette e gli amministratori e i proprietari dei server di Mastodon non sono stati sopraffatti dal traffico, nonostante l'aumento di nuovi utenti di fatto ribaltando le previsioni catastrofiche di questi ultimi mesi.

Ma cos'è scuccesso in sintesi?

Dal 21 marzo un utente su un qualsiasi server mastodon o del fediverso potrà seguire gli utenti di threads USA, Canadesi e Giapponesi che hanno scelto nelle proprie opzioni di interagire con il fediverso.

Quindi nessuna discesa di barbari ma l'arrivo di una piccola percentuale di utenti threads che desiderano essere collegati con piattaforme libere.

Ricordo che per avere un profilo Threads serve avere un account Instagram, non è quindi collegato agli utenti facebook come molti ripetono sbagliando.

Perchè threads entra nel fediverso? Vuole estinguerci?

Questo pare essere solo un tentativo di far vedere ai governi la volontà di essere un social “aperto” che supporta l'interoperabilità, ricordo che Meta è già considerato come “Gatekeeper” dalla commissione europea e dovrà garantire anche l'apertura di whatsapp verso la concorrenza, pena pesanti multe.

Inoltre Meta fa un po' come google che finanzia mozilla per mantenere viva la concorrenza, in questo caso supportare “concorrenti” serve a Meta per sfuggire alle tagliole antitrust e alle recenti leggi europee DMA e DSA.

Su mastodon.uno per evitare lo “shock” di trovarsi threads federato abbiamo attivato un silenziamento precauzionale, quindi una mezza federazione dato che anche meta non è ancora federata completamente (i loro utenti italiani non possono vedere il #fediverso). Il silenziamento però consente a tutti gli iscritti di vedere e seguire qualsiasi utente di threads e partecipare alle discussioni, la decisione di collegarsi a Threads e seguire i suoi utenti rimane nelle mani delle persone e non degli admin e solo gli utenti possono bloccare l'intera istanza se lo desiderano.

Questo è un argomento molto delicato e abbiamo fatto del nostro meglio per soddisfare tutte le parti rimanendo neutrali. Intendiamo rispettare la neutralità fintanto che threads si comporterà correttamente e non si verificheranno problemi o abusi.

Nell'ultimo giorno non abbiamo riscontrato un aumento di abusi o molestie. Anzi, è stata una giornata normale e tranquilla, senza alcun tipo di problema nei confronti dei nostri 71000 iscritti.

Non solo non si sono verificati disastri, come molte persone prevedevano, ma abbiamo visto uno scorcio del futuro dei social aperti. In pratica per la prima volta si sono visti numerosi nuovi utenti di Threads entusiasti di scoprire il Fediverso, e questa espansione del fediverso è nello spirito originale di una rete nata per unire le persone e non per dividerle.

Oggi è stata fatta una parte della storia di Internet, congratulazioni agli utenti di #Mastodon e del Fediverso che non si sono fatti terrorizzare o prendere dal panico e hanno liberamente deciso di accogliere i nuovi arrivati oppure scelto liberamente di bloccarli. Sono sicuro che ci saranno ostacoli e problemi da affrontare in futuro. Tuttavia, oggi è stata una buona giornata. Complimenti a tutti.

Ora passiamo al lavoro e a monitorare che tutto continui ad essere così.

@Filippodb@mastodon.uno admin, fondatore mastodon.uno

 
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from Identità connettive

Tutti parlano dell'Intelligenza Artificiale, spesso a sproposito, ma a me non riesce a prendere, non mi prende non mi prende non mi prende. Si dice che cambierà il mondo, ma non lo cambierà così radicalmente.

Se ci pensiamo bene l'AI esiste da molto tempo in forme elaborative meno performanti: gli algoritmi, ma chiamamoli pure formule cioè la specificazione di una sequenza finita di operazioni (dette anche istruzioni) che consente di risolvere tutti i quesiti di una stessa classe o di calcolare il risultato di un'espressione matematica (Wikipedia). Treccani definisce algoritmo così: in informatica, insieme di istruzioni che deve essere applicato per eseguire un’elaborazione o risolvere un problema. In logica matematica, qualsiasi procedimento «effettivo» di computo di una funzione o di decisione di un insieme (o predicato), cioè qualsiasi procedimento che consenta, con un numero finito di passi eseguiti secondo un insieme finito di regole esplicite, di ottenere il valore della funzione per un dato argomento, o di decidere se un dato individuo appartiene all’insieme (o soddisfa il predicato).

Ad una determinata istruzione, il prompt (la frase che da indicazioni per l'elaborazione) che si sottopone all'AI (come ChatGPT, per es), fa seguire l'esecuzione di un software che crea testi, immagini, video. App che creano questi contenuti ce ne sono da tempo, ma l'input è dato direttamente da una persona (vedi un software di disegno, per es) mentre ora sono istruzioni (ad una app) che si danno scrivendo un testo o parlando. Ma i risultati dell'AI generativa sono molto spesso discutibili, basta provare: neanche quando si chiede di sintetizzare riesce a farlo compiutamente tant'è che bisogna sempre rivedere il testo e, molte volte, modificarlo in modo importante.

Non sono un esperto, ci tengo a precisarlo, ma guardando un recente studio di Shuming Ma, Hongyu Wang ed altri “The Era of 1-bit LLMs: All Large Language Models are in 1.58 Bits” ho trovato conferma che l'AI è ancora all'inizio della sua era.

Il suo processo di elaborazione è grandemente energivoro perché l'AI dà istruzioni che generano calcoli complicatissimi. Per semplificare: se devo calcolare 3.846.929.047.633,78986365235643216 x 98.564.267.736.457.282,08747864278276234 e così di seguito ci vorrà un grande lavoro da parte del processore. Come afferma lo studio BitNet b1.58 citato sopra, si sta sperimentando un sistema che usa il sistema ternario -1, 0 e +1 e non più binario 1 e 0: questo rivoluziona completamente il processo. Diventerà più rapido e meno energivoro, ma comunque continuerà ad aumentare l'attrattività da parte delle aziende che diminuiranno ulteriormente il personale, creeranno ulteriori disuguaglianze senza sostanziali vantaggi. Ce ne accorgeremo purtroppo più avanti.

Peccato che il prodotto dell'AI sia senza anima cioè ripreso da un enorme database (spesso carpito illegalmente) non utilizzando le risorse intime dell'Uomo: intuizioni, fantasia, sentimenti e scelta. Sono convinto che il contributo umano al lavoro tornerà necessario perché le macchine non intuiscono, ma mettono insieme un elenco di dati: non inventano, ma eseguono.

Avete presente le catene italiane di gelato artigianale? Grom, La Romana, Crema&Cioccolato per citare le più grandi: stessi ingredienti, lavorazione standard, strutture uguali. Il risultato è un buon gelato, ma la passione, la fantasia, la creatività, l'elaborazione che i gelatai “autonomi” applicano nella loro bottega non ha pari nel gusto dei loro prodotti.

E le automobili a guida autonoma? Esaltate come LA soluzione, anche per la sicurezza stradale, per la loro intelligenza: ma qualcuno dovrà pure dire loro se sarà il caso di investire e uccidere un improvviso ostacolo umano oppure deviare la corsa verso il burrone uccidendo tutti i passeggeri. Questa è intelligenza? No, l'intelligenza è decidere di andare piano, di prendere il bus, il treno o la bicicletta. O andare a piedi.

 
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from haroldkevin90

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from Liberamente

L'antenata della crittografia La macchina Enigma ha anticipato in tanti aspetti le caratteristiche sia dei computer di oggi che della sicurezza informatica. Una panoramica sul suo funzionamento e sulla storia della decrittazione. La macchina Enigma fu brevettata dall’ingegnere tedesco Arthur Scherbius nel 1918 e che riprese un pò le sembianze, del disco cifrante di Leon Battista Alberti nel 1465. Il brevetto di questa macchina veniva venduto perlopiù a banche e aziende finché non venne prodotto il modello portatile nel 1924, tale modello avrà un successo mondiale durante tutto il secondo conflitto. La macchina Enigma aveva l’aspetto di una macchina per scrivere: possedeva una tastiera inferiore e una parte nella quale delle lampadine si accendevano ogniqualvolta veniva premuto un tasto sulla prima tastiera: la sequenza delle lettere che si illuminavano dava il messaggio cifrato (oppure quello in chiaro, se si batteva il testo cifrato, usando la stessa configurazione del mittente). In buona sostanza l’ Enigma è una macchina simmetrica, nel senso che se la lettera A è cifrata con la G in una certa posizione del testo allora nella stessa posizione la G sarà cifrata con la A. La stessa macchina serve quindi per cifrare e decifrare; una grossa comodità operativa che è però anche una debolezza crittografica. Nel 1939 ci riuscì Alan Turing a decifrare il misterioso codice Enigma. Turing era un matematico inglese con la passione della crittoanalisi (lo studio dei metodi per comprendere messaggi cifrati) che lavorava per il GCCS (Government Code and Cypher School), braccio dei servizi segreti britannici impegnato a trovare il bandolo della matassa dell’ Enigma nazista. Turing, insomma, era dell’idea che si potesse raggiungere la chimera di un’intelligenza davvero artificiale seguendo gli schemi del cervello umano. A questo proposito, scrisse nel 1950 un articolo in cui descriveva quello che attualmente è conosciuto come il “Test di Turing”. Questo test è una sorta di esperimento mentale (dato che nel periodo in cui Turing scriveva non vi erano ancora i mezzi per attuarlo), prevede che una persona, chiusa in una stanza e senza avere alcuna conoscenza dell’interlocutore con cui sta parlando, dialoghi sia con un altro essere umano che con una macchina intelligente. Se il soggetto in questione non riuscisse a distinguere l’uno dall’altra, allora si potrebbe dire che la macchina, in qualche modo, è intelligente. La macchina Enigma determinò un salto di qualità nelle comunicazioni militari dei Tedeschi nel primo dopoguerra fino ai primi anni della Seconda Guerra Mondiale, ma vide anche una controffensiva degli alleati, in primis gli Inglesi, nel trovare contromisure. Terminato il conflitto tutti i pezzi di Enigma prodotti furono requisiti dagli americani e soltanto un esemplare è rimasto in Italia oggi esposto al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano.

Visitate il sito Liberamente: https://liberamente.news

 
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from Técnicamente

Llevaba varios meses postergando este post, en parte por asuntos personales y laborales, pero sobre todo porque me parecía que tenía que analizar cada noticia sobre los desarrollos y las novedades de la inteligencia artificial y, mientras pensaba en alguno de estos, surgía uno nuevo y lo comenzaba a considerar. Pero, realmente, me di cuenta de que, a pesar de tantos anuncios y lanzamientos, mi conclusión sigue siendo la misma: el mercadeo alrededor de la inteligencia artificial sigue siendo más poderoso que la inteligencia artificial. O, como lo puso elegantemente Cory Doctorow: “la inteligencia artificial no va a hacer tu trabajo, pero su narrativa podría convencer a tu jefe de despedirte y reemplazarte con un bot que no puede hacer tu trabajo”.

Pero, ¿por qué tantos jefes son propensos a dejarse convencer? Primero, porque vivimos en un mundo capitalista en el que buena parte, si no la mayoría, de los jefes son juzgados según cuánto pueden maximizar las ganancias, y pagar una licencia de algún producto de inteligencia artificial es más barato que contratar a un humano. Y, segundo, porque muchos jefes no entienden (o, debido al punto anterior, prefieren no entender) cómo, realmente funciona la inteligencia artificial.

Sobre lo primero no hay mucho que pueda hacer desde acá. Pero sobre lo segundo por lo menos puedo intentar explicar un par de cosas. Y es justo lo que quiero hacer.

¿Qué es la inteligencia artificial?

Nadie lo sabe. No, en serio. No hay una definición universalmente aceptada de qué, exactamente, quiere decir “inteligencia artificial”. Wikipedia la define, simplemente, como “la inteligencia de las máquinas ... en oposición a la inteligencia de los seres vivos”. Pero, ¿qué es “inteligencia”? ¿Qué es una “máquina”? Incluso la pregunta “¿qué es 'un ser vivo'?” es bastante complicada (aunque también excede el foco de este post).

Algunos investigadores (y en particular los fundadores y desarrolladores de empresas y organizaciones que se dedican a estos temas, como OpenAI o DeepMind) hablan también de “inteligencia artificial general” (o IAG), que es:

  1. la capacidad de las máquinas de realizar varias tareas cognitivas mejor de lo que los humanos podrían hacerlo,
  2. a veces descrita como cuando las máquinas “se vuelven conscientes”,
  3. discutida extensamente como una amenaza existencial para la humanidad y,
  4. algo que nunca ha sucedido.

A veces, los medios que reportan sobre programas o aplicaciones de “inteligencia artificial” (e incluso los desarrolladores que trabajan en ellos) usan la definición (que, como ven, también es muy vaga) de la IAG para hablar de la IA en general. Los primeros quizás por desconocimiento, los segundos porque su propósito es llegar a la IAG (que, repito, no existe aún) y ven el estado actual de las cosas como, simplemente, un paso para llegar a esa meta.

Pero, entonces, ¿de qué hablamos cuando hablamos de “inteligencia artificial”?

Bienvenidos a la red (neuronal... y artificial)

Muchas cosas que funcionan a través del procesamiento de una gran cantidad de datos han sido llamadas “inteligencia artificial”. Estas cosas tratan estos datos a través de un algoritmo (que no es más que una serie de reglas para que opere una máquina) y entregan un resultado. Tanto los algoritmos de recomendación de redes sociales, como los algoritmos que usan empresas de taxi para encontrar un carro cercano, o los que usan páginas para recomendar qué más comprar o qué canción escuchar han sido considerados “inteligencia artificial” (y en algunos casos, el término “algoritmo” se ha usado como sinónimo de “inteligencia artificial”). Pero el poder de procesamiento de las máquinas actuales ha aumentado exponencialmente, así como la capacidad de capturar datos. Además, parece que nos hemos acostumbrado a los algoritmos descritos en este párrafo, así que ya no los llamamos “inteligencia artificial”.

Lo que últimamente llamamos “inteligencia artificial” (en particular desde el lanzamiento de ChatGPT en noviembre de 2022) son realmente aplicaciones de algo llamado redes neuronales artificiales. Estas redes son modelos computacionales que, a partir de una gran cantidad de datos y un proceso de prueba y error, “aprenden” algo nuevo.

Aquí, un paréntesis necesario: al hablar de inteligencia artificial se suelen usar muchas metáforas relacionadas a procesos mentales humanos. Es comprensible, así es como aprendemos y entendemos los humanos. Pero esto crea la situación desafortunada para quienes queremos explicar el tema (y afortunada para quienes quieren venderlo) de que, al parecer, le conferimos rasgos humanos a las máquinas. Lo que suena a que las máquinas han llegado a una inteligencia humana... o una inteligencia artificial general... lo que, de nuevo, no ha sucedido aún.

Por “aprender” lo que se quiere decir es que a estas redes se les entregan enormes cantidades de datos (millones y millones de datos, que pueden ser textos, imágenes, videos, etc.), se les programa una meta (por ejemplo, diferenciar caras de perros chihuaha de fotos de muffins con chips de chocolate) y, cada vez, a través de un entrenamiento, son más eficientes y efectivas en llegar a esa meta.

Aunque este proceso es llamado “machine learning” (“aprendizaje de máquinas”), estas máquinas no “aprenden” en el sentido humano de adquirir nuevo conocimiento. Estas redes no son conscientes ni saben qué es conocimiento. Lo que hacen es ajustar su algoritmos. Usualmente se ajustan gracias a la intervención de humanos (muchas veces con salarios miserables) que marcan si los resultados de los procesos se acercan o se alejan de la meta. Eso crea nuevos datos, que son tomados en cuenta en los nuevos procesos y, así, la máquina se acerca cada vez más a la meta. (En algunos casos se han desarrollado programas para que estas redes se entrenen a sí mismas pero, por ahora, los resultados no han sido los mejores).

Las “metas” pueden aplicarse a todo tipo de procesos, pero los procesos de los que se suele hablar cuando se habla, actualmente, de “inteligencia artificial”, son los llamados “generativos”: aquellos que crean algún tipo de contenido, como texto, audio, imágenes o video. Esta inteligencia artificial generativa es la que tiene al mundo en vilo, así que concentrémonos en ella de aquí en adelante.

Loros estocásticos

¿Qué es exactamente lo que genera una inteligencia artificial generativa? Como ya dije, los resultados pueden ser textos, imágenes, audios o videos. Pero, ¿cómo se llega a ellos y qué, realmente, es lo que estamos viendo cuando consumimos estos contenidos?

Las redes neuronales de las que parten los procesos de la inteligencia artificial generativa son llamadas también LLM (Large Language Models, o Grandes Modelos de Lenguaje), pues las primeras que fueron desarrolladas tomaron grandes cantidades de texto (lenguaje escrito) para su entrenamiento. Originalmente, las redes entrenadas con texto sólo podían generar texto, las redes entrenadas con audio sólo podían generar audio y así. Pero actualmente existen redes “multimodales” que pueden ser entrenadas con más de un formato y, asimismo, generar contenido en más de un formato.

Estos contenidos generados, entonces, son simplemente una imitación de los patrones que los algoritmos reconocieron dentro de los datos de su entrenamiento.

Si bien el cubrimiento de prensa y el mercadeo alrededor de la inteligencia artificial repite constantemente que programas como ChatGPT o Copilot “aprenden”, “entienden el texto”, o “dicen nuevas cosas”, esto no es más que un impulso antropomorfizante sobre un proceso algorítmico. Las IA no entienden el contenido que producen, al menos no en el mismo sentido que un humano, que puede ser consciente de las varias partes de los procesos cognitivos y puede dilucidar significados y significantes. Las IA simplemente están repitiendo patrones de sus datos de entrenamiento, como un loro que puede pronunciar palabras humanas, pero desconoce su significado.

Este, por lo menos, es el argumento de un artículo académico de Emily M. Bender, Timnit Gebru, Angelina McMillan-Major y Margaret Mitchell llamado, justamente “Stochastic Parrots” (“estocástico” hace referencia a variables aleatorias). Un argumento que, si bien ha sido muy polémico y les costó a dos de las autoras sus trabajos en Google, ha probado ser, bajo el estado actual de las cosas, correcto.

Todos los casos reportados en los que una compañía es demandada porque un chatbot creado con inteligencia artificial dio información incorrecta, o en los que alguien termina tomando una decisión catastrófica por confiar plenamente en una IA vienen de lo mismo: de creer que la IA sabe de qué está hablando.

En realidad, cuando se le pregunta a una IA algo, o se le pide crear una imagen, esta IA no va a dar un resultado correcto, pues no ha sido programada para esto. No sabe, ni tiene cómo saber cuál es la información correcta. La IA va a dar un resultado que repite los patrones con los que fue entrenada. Los datos de los que salieron esos patrones no necesariamente son correctos, ni son información particularmente útil. Es más, en algunos casos esta información está viciada y produce resultados igualmente viciados. Es el caso, por ejemplo, de muchas aplicaciones de IA usadas en sistemas judiciales que parten de datos recabados de sistemas inherentemente discriminatorios y, por lo tanto repiten y amplifican esas discriminaciones (mi colega Luisa Fernanda Gómez y yo resumimos este problema en un artículo para Chequeado en 2020).

Pero la mayoría de usuarios de estas aplicaciones parecen estar convencidos de que no sólo las IA sí saben de qué están hablando, sino además de que, por ser tecnología avanzada saben aún más que un humano. Así es que muchas de los contenidos generados por IA, que no tienen asidero en la realidad, son tomados casi como dogmas irrefutables.

Continuando con las metáforas humanas, el campo de IA ha denominado estos errores factuales como “alucinaciones”. De nuevo, las metáforas son necesarias para entender el problema. Pero también les han sido útiles a los promotores de la IA. Decir que una IA “alucina” crea la impresión de que es una entidad con comprensión, pero con algunos problemas de percepción que pueden ser corregidos, así como un humano que alucina puede recibir tratamiento. Pero, actualmente, lo cierto es que estos errores son parte fundamental de cómo funcionan las IA generativas pues, como ya expliqué, no tienen manera de saber qué información es correcta o incorrecta.

He hecho énfasis en que lo que describo es el estado actual de las cosas porque, como bien afirmarían los promotores de la IA, es posible que con mejor tecnología, mejores datos y mejores entrenamientos, todo esto cambie. Quizás algún día la IA sí pueda diferenciar entre información correcta e incorrecta. Quizás pueda, realmente entender los contenidos que produce. O puede ser que el “boom” de la IA sea otra promesa sin cumplir de las empresas de Big Tech, como lo fueron el metaverso o los NFT. No puedo saber qué sucederá porque no puedo predecir el futuro. Pero sí les puedo contar que el camino hacia una IA que realmente cumpla lo que promete está plagado de obstáculos.

La caja negra que consume todo

La versión original de ChatGPT disponible para el público fue entrenada con una serie de datos, recopilados de internet hasta septiembre de 2021 que, si bien era enorme, era limitada. La versión actual puede buscar datos en internet. Es decir que tiene acceso a, teóricamente, una serie infinita de datos. Muchas otras IA generativas han adoptado o prometen un acceso similar para mejorar sus procesos. Pero los problemas persisten.

Por una parte, internet está plagado de información incorrecta, así es que nada garantiza que este mayor acceso mejore la calidad de los contenidos generados.

Por otra parte, para procesar datos prácticamente infinitos se necesita una cantidad de energía prácticamente infinita en un mundo que, sabemos, tiene unas fuentes de energía, por ahora, finitas.

Además, esta serie casi infinita de datos ha sido usada sin permiso de sus creadores, lo que está creando discusiones complejas sobre derechos de autor y sobre derechos laborales.

Finalmente, entre más avanza esta tecnología, más complejos se vuelven sus procesos. No sólo es cierto que cada vez los contenidos generados son más sofisticados (a pesar de que el problema de su veracidad o corrección permanece), sino que cada vez son más inescrutables las maneras en las son generados.

Es decir, sabemos que el proceso va así: entran datos, se usan para el entrenamiento y se producen contenidos. Pero el espacio entre el segundo y el tercer paso es una suerte de caja negra, un misterio que ni siquiera el programador de una aplicación de IA podría explicar. Lo que nos está llevando a un mundo en el que cada vez más contenidos son no sólo poco confiables sino que además no tienen una trazabilidad o una cadena de responsabilidad clara.

Y, entonces, ¿qué tan asustados deberíamos estar?

El ímpetu por usar más IA generativa no está sólo en ahorrar dinero. Entre más avanza esta tecnología, más crea la impresión de ser muy compleja, una suerte de “súperinteligencia” que podría ayudar a los humanos a agilizar sus tareas o, incluso, a hacer tareas que no podríamos hacer por nuestra cuenta (una impresión que ha resultado muy exitosa así, por ahora, no sea del todo cierta).

Esta no sería la primera vez en la historia que algo así sucede, por supuesto. Los computadores más básicos podían calcular operaciones aritméticas a velocidades que ningún humano podría soñar. Pero en este caso los promotores de la IA prometen que esta tecnología podría reemplazar prácticamente todas las actividades humanas, algo que se ve aún muy lejano.

Así que no creo que, por ahora, nos deberíamos preocupar de que la IA vaya a revolucionar fundamentalmente cómo funciona el mundo. Pero sí nos deberíamos preocupar por las intenciones de los empresarios de tecnología que buscan avanzar con el proyecto de la IAG a cualquier costo, humano o ambiental. Nos deberíamos preocupar por lo efectivo que ha sido el mercadeo alrededor de la IA, que parece haber convencido al público en general de que es capaz de hacer algo de lo que no es capaz. Y, sobre todo, nos deberíamos preocupar ahora por lo que sí puede hacer muy bien la IA: engañar.

En la primera edición del boletín Clave de Búsqueda, que lanzamos con mi colega José Luis Peñarredonda para discutir preguntas sobre investigar la desinformación (y que, a diferencia de este blog, sí estoy escribiendo rutinariamente), contamos cómo la mayoría de personas no sabe diferenciar deepfakes de audio de audios reales. La IA ha abaratado el costo de crear todo tipo de contenidos, incluso contenidos engañosos y manipuladores. Y, si bien para ojos expertos los resultados son obviamente de baja calidad, para legos no hay diferencia. Así que creo que el mayor miedo que deberíamos tener, ahora, sobre la IA, es lo fácil que será utilizada para mentir.

Esto tampoco es nuevo. Un argumento similar se podría haber hecho sobre los blogs hace 20 años, o sobre las redes sociales hace 10. Pero cada una de estas cosas aceleraron y abarataron la creación de contenidos (engañosos o no) y cada vez es más difícil, para nuestras mentes humanas, adaptarnos a estos cambios.

Además, las tecnologías no son inherentemente buenas o malas. Así que espero que también se desarrollen aplicaciones de IA positivas para la humanidad. Pero más de esto, quizás, en otro post.

 
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from Smel

Test di prova

Sto verificando le funzionalità per capire se la piattaforma possa fare al caso mio. Niente di più.

 
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from My Little Grundgestalts

So happy to see my Why Not? album featured on The Other Rock Show,

“a weekly radio broadcast featuring music with 'other' time signatures and adventurous song structures. Math rock, avant prog, electronica, weird pop and the undefinable, all connected by having something less ordinary going on 'under the hood' The ORS is broadcast every Sunday on London's Resonance 104.4 FM

Here's the programme:

 
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from cronache dalla scuola

[cronache dalla scuola]

Quando è metà mattinata arrivano tre miei ex studenti del tecnico informatico, mi sorridono, mi avevano avvertito via Instagram che sarebbero passati.

Ci salutiamo, gli stringo la mano, sono gli stessi che avevo portato a teatro di sera, fuori dal mio orario di lavoro, alcuni per la prima volta, gli stessi a cui avevo letto Strindberg e fatto vedere – analizzandolo scena per scena – Othello di Orson Welles in classe.

Scendiamo al bar e mi raccontano di quello che fanno, la scuola di recitazione e doppiaggio, del loro canale Tiktok dove doppiano pezzi, i sogni, i casini, le gratificazioni e le difficoltà, i lavori con cui guadagnano e quelli con cui pensano prima o poi di farlo, chi sul palco chi dietro un microfono.

E io li ascolto e sono contento per loro e anche un po' fiero che alcune cose che ho fatto in classe li stiano accompagnando. Ma so anche che quel sogno è nato prima di me e finirà dopo di me. Che io non c'entro niente. Lo avrebbero seguito anche senza di me.

Però mi sono trovato in mezzo e ho partecipato a un pezzo del loro percorso e ora a sentire che recitano Strindberg e che al loro docente di teatro che gli chiedeva se conoscevano la storia di Otello hanno risposto che – certo – avevano anche visto tutto il film di Welles; e anche quando mi chiedono che ne penso dei loro doppiaggi, ecco

sospiro un po'.

 
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from La vita in famiglia è bellissima

Sono in auto con terzogenita, guido e ogni tanto la guardo nei suoi incasinatissimi dodici anni e vedo che il suo volto cambia continuamente, come se dal fondo di un fiume che io non posso vedere emergessero ombre di tronchi dell'immaginazione: e ride allora, al niente; fa gli occhi grossi; diventa attonita e poi le fiorisce sulle labbra un sorrisetto ironico.

Chissà cosa sta pensando, mi chiedo. E poi penso che fino a poco prima anche io ero perso nei miei ragionamenti, nelle mie illusioni e questa – mi dico – è una cosa per la quale io e lei ci somigliamo: siamo due sognatori, di quelli ad occhi aperti.

“Sai cosa abbiamo in comune noi due?” le chiedo allora nel silenzio dell'abitacolo. Lei si volta verso di me, la fantasia del suo volto mutante scompare.

“Le ossa” mi risponde.

 
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from Imparo Qualcosa Ogni Giorno

Ciao! In questo blog voglio parlare delle mie scoperte giornaliere che vanno dalla finanza alle conoscenze personali (concetti, appunti ecc).

Questo perché mi piace condividere quello che faccio e le risorse che uso.

Ecco le due cose che ho imparato oggi: 1. NoBlogo.org il servizio che sto usando adesso per questo blog 2. Barrier: hai un server da una parte, il quale si aggancia agli eventi di tastiera, mouse, clipboard e drag'n'drop e dei client su altri PC. Il server ha tastiera e mouse, ed è la macchina “principale”. Ogni volta che arrivi su un bordo (configurato) passi al computer che hai su quel bordo, come se fosse uno schermo aggiuntivo MA è proprio un altro PC. Il bello è che condividi clipboard e file, quindi è come se fosse un solo PC. Raggiungibile a questo link: https://github.com/debauchee/barrier

 
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from cronache dalla scuola

[cronache dalla scuola]

Entro in quinta, dove devo fare Pirandello, guardo fuori dalla finestra il sole che illumina la periferia urbana attorno alla mia scuola e dico, ragazzi, che ne dite se andiamo a fare lezione nel parco giochi che c'è vicino alla biblioteca? Con questo bel sole...

La votazione è netta, si esce. Un quarto d'ora dopo siamo seduti al sole sulle panchine vicino al parco giochi e tutti abbiamo in mano quattro pagine dai Sei personaggi in cerca d'autore. Uno studente inizia a leggere e mi guarda. “Ahia – dice – questa mi sa che dobbiamo recitarla noi”. Rido.

Un quarto d'ora dopo sono seduto per terra che li guardo leggere e recitare Pirandello nel mezzo della strada, ogni tanto un genitore con un bambino passa tra di noi per andare al parco giochi. Ci guardano strano. Loro continuano a leggere, qualcuno prova a recitare qualche battuta mettendoci del suo.

Io ogni tanto li fermo, faccio qualche annotazione. Gli spiego cosa è un copione, la questione del tradimento del testo. Racconto un aneddoto che mi aveva raccontato Buonaccorsi ai tempi dell'università. Loro ascoltano, riprendono, leggono e recitano, ogni tanto scherzano, ma portano il testo fino alla fine.

“Allora, pubblico, – chiedo a chi non ha recitato – che ne pensate?”. Anche loro commentano, danno qualche suggerimento, sfottono.

“Adesso – dico – la rifacciamo. Ma prima prendete le parti che vi hanno creato difficoltà perché erano scritte difficile, con un italiano poco comprensibile, e le attualizzate. A penna riscrivete Pirandello in modo che sia più funzionale alla scena”. E loro lo fanno, si mettono lì e rendono più efficace Pirandello.

La seconda messinscena viene molto meglio della prima. Chiedo di nuovo al pubblico cosa ne pensi e nascono ancora suggerimenti e critiche.

Alla fine, prima di tornare, dico agli attori che sono stati bravi e che per la volta dopo, come compito, dovranno rendere il copione ancora più efficace, eliminando termini desueti, in modo da recitarlo ancora in maniera sempre più sciolta. “E poi – dico alla studentessa che recita la figliastra – qua il padre fa una battuta che oggi potrebbe sembrare sessista”. Gliela indico e lei è d'accordo. “Ecco – le spiego – tu per la prossima volta, aggiungi una contro-battuta al testo. Quando tuo padre dice quella cosa, allora tu lo blocchi e gli dici qualcosa. Fai però sapere al tuo compagno cosa, perché anche lui dovrà aggiustare la battuta successiva per riagganciarsi all'originale”. Lei è d'accordo, inizia a parlare con l'altro studente che fa il padre.

Intanto si avvicina a me uno del pubblico che durante lo spettacolo era sempre stato zitto senza partecipare. “Scusi professore, ma io non sono d'accordo” mi dice a voce bassa. “Uh, su cosa?” chiedo. “La figliastra in quel momento non si metterebbe a litigare con il padre. Non è il momento giusto. Devono convincere il direttore a fare lo spettacolo, non si preoccuperebbe di una battuta sessista del padre”. Non me lo aspettavo.

“Ha senso” gli dico. Lo guardo. Richiamo la studentessa che faceva la figliastra e anche lo studente che faceva l'attrice giovane. “Guardate – dico – in effetti il vostro compagno dice che quella battuta in bocca alla figliastra qua ci starebbe male. Ripensandoci avrebbe più senso se la facesse l'attrice giovane”. I due studenti ne discutono un attimo e poi sono d'accordo con la critica. Sarà lo studente che fa l'attrice giovane a dover scrivere la battuta in più.

Torniamo indietro, è passata ormai un'ora e mezzo e abbiamo letto, per due volte, Pirandello commentandolo, al sole, in un parco giochi. Mentre camminiamo si avvicina la studentessa che fa la figliastra e mi guarda e mi dice: “mi è piaciuto” e poi mi fa un sorriso un po' beffardo un po' no.

Intanto una voce da dietro mi chiede quale è il mio robot giapponese preferito.

 
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