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from lucazanini

[caffeine]

variazioni sinottiche fanno [le offerte gli] schiacciapollici cambia [la serratura l'incipit a effetto] scomparsa i bagni balcanici per procura] all'idroscalo minitalia Lampedusa in miniatura fanno] i tagli alla moda franchigia prendono] la luce i pali bianchi delle uve l'avanspettacolo mette [una carica un] sacrista di vedetta i nodi che rischiano] d'inceppare

 
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from 📖Un capitolo al giorno📚

INVITO A CONFIDARE NEL SIGNORE

1 Alleluia.

Loda il Signore, anima mia:

2 loderò il Signore finché ho vita, canterò inni al mio Dio finché esisto.

3 Non confidate nei potenti, in un uomo che non può salvare.

4 Esala lo spirito e ritorna alla terra: in quel giorno svaniscono tutti i suoi disegni.

5 Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe: la sua speranza è nel Signore suo Dio,

6 che ha fatto il cielo e la terra, il mare e quanto contiene, che rimane fedele per sempre,

7 rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati. Il Signore libera i prigionieri,

8 il Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore rialza chi è caduto, il Signore ama i giusti,

9 il Signore protegge i forestieri, egli sostiene l'orfano e la vedova, ma sconvolge le vie dei malvagi.

10 Il Signore regna per sempre, il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.

Alleluia.

_________________ Note

146,1 Con le dodici acclamazioni che motivano l’invito a confidare nel Signore (vv. 6-10), questo inno apre la raccolta dell'Hallel finale o “terzo” Hallel (“inno di lode”), racchiusa nei Sal 146-150, parallela alla collezione dei Sal 113-118 e a Sal 136. Nella convinzione del salmista la fiducia in Dio è il caposaldo della sua esistenza di credente e della sua preghiera di lode.

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Approfondimenti

Il Signore, re potente e misericordioso Inno

È un salmo alleluiatico che apre il gruppo dell'Hallel finale (Sal 146-150) in parallelo con il Piccolo Hallel (Sal 113-118) e al Grande Hallel (Sal 136). Il salmista presenta diverse categorie di persone che beneficiano dell'amore misericordioso di Dio eccetto gli empi che gli resistono. L'inno è di epoca recente (III sec. a.C.), date le numerose citazioni di testi biblici e la lingua aramaizzante. Nei LXX è attribuito ai profeti Aggeo e Zaccaria. Evidenzia qualche venatura sapienziale e deuteronomica pur nella compattezza del genere innico. È armonico nel ritmo e presenta una rima molto marcata nei vv. 6-8. Gli accenti nel TM sono 3 + 3. Il carme ha 22 stichi in una forma quasi alfabetica come il Sal 33 e Lam 5. La beatitudine del v. 5 regge la sequenza di nove participi innici di grande solennità. La simbologia sociale è particolarmente rilevante con il mostrare i vari tipi di indigenti sollevati e salvati dal Signore (sono i ḥasidîm, i poveri di JHWH del postesilio).

Divisione:

  • vv. 1-2: invitatorio;
  • vv. 3-10: corpo dell'inno (le due fiducie): a) vv. 3-4: la fiducia nell'uomo; b) vv. 5-9: la fiducia nel Signore che rende beati;
  • v. 10: conclusione.

vv. 3-4. «Non confidate nei potenti..»: lett. «nei principi». Il salmista, con questa esortazione di carattere sapienziale, si rivolge ai partecipanti all'assemblea liturgica per esortarli a non fidarsi delle potenze terrene, militari, economiche, o politiche che siano, ciò che è stata una frequente tentazione per Israele (cfr. Is 30,1-18; 31,1-3). I potenti, infatti, sebbene dotati di autorità e di forza sono sempre «uomini» (ben-’ādām) tratti dalla terra, e quando Dio ritira il suo soffio vitale (rûaḥ) ritornano alla terra da cui sono stati tratti (Gn 2,7; 3,19).

v. 5. «il Dio di Giacobbe»: è un appellativo arcaizzante di Dio (cfr. Sal 46,8) per sottolineare la fede genuina dei patriarchi e la fedeltà di Dio alle promesse fatte a loro.

v. 6. «creatore del cielo e della terra, del mare...»: si esalta Dio creatore. La distinzione di cielo, terra e mare (sotterraneo) corrisponde alla cosmologia tripartita biblica. «Egli è fedele per sempre»: lett. «che custodisce la fedeltà per sempre». È la verità base dell'alleanza. In relazione alla creazione la sua fedeltà è provvidenza (Sal 104).

v. 7. «libera i prigionieri»: si allude alla liberazione dall'Egitto e anche a quella avvenuta sotto Ciro, dopo la schiavitù babilonese.

v. 9. «protegge lo straniero»: cfr. Es 22,20; Dt 10,18. Sacra è la legge dell'ospitalità. «sostiene l'orfano e la vedova»: sono le due categorie di persone più indifese, prive del difensore gō’ēl, ma di cui Dio si assume più direttamente la difesa, cfr. Es 22,21; Dt 10,18. «ma sconvolge le vie degli empi»: in contrapposizione con la protezione dello straniero, dell'orfano e della vedova il Signore scombina e sconvolge chi si oppone a lui e al suo piano di pace, di luce e di felicità per l'uomo.

v. 10. La regalità eterna di Dio è garanzia della sua azione creatrice e provvidente nei riguardi dell'uomo. Il versetto fa anche da inclusione con i vv. 1-2. Il «mio Dio» del v. 2 del solo salmista, diventa nel v. 10 «tuo Dio» rivolto a Sion (comunità israelita raccolta intorno al santuario di Gerusalemme), che si è resa cosciente, sotto suggerimento del salmista, della salvezza che viene solo da Dio regnante in eterno; perciò deve sempre lodarlo.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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from ᗩᐯᗩIᒪᗩᗷᒪᗴ

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Il panorama musicale di questo duemiladodici non brilla certo di nuove stelle se, dopo Bruce Springsteen, Willie Nelson, Patti Smith ora è il turno di Neli Young... Nel bene o nel male comunque, se riescono a far parlare di sè, un motivo ci sarà, e, molto probabilmente, questo motivo è dato dalla non banalità dei loro dischi. Dopo il bel “Le Noise” del 2010 in collaborazione con Daniel Lanois e dopo “A Treasure” (un bootleg) del 2011, questa volta Neil Young si fa aiutare dai suoi Crazy Horse (Billy Talbot, Ralph Molina e Poncho Sampedro) amici che non si vedevano in studio dai tempi di Greendale del 2003... https://artesuono.blogspot.com/2014/10/neil-young-crazy-horse-americana-2012.html


Ascolta: https://album.link/i/515557754


 
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from Mi chiamo Valeria

[mine antiuomo]

E noi andando incontro al fronte, non abbiamo più potuto ritornar a casa con velocità. Perchè era tutto minato. Le mine erano piantate come il tabacco. Una qui, una qui, tutte proprio precise con dei fili venivano piantate. Per terra. E poi c’erano le mine, quelle rotonde così, per i carri armati. Perciò era tutto minato. Tutto... una certa zona. [...] Poi ci son quelli che ha fatto dei soldi, poi ci son quelli che son morti perchè han cominciato a sminare per andare a prendere il granturco, per sfamarsi, per andare a prendere il granturco e il grano perché c’era ancora nei campi. Hanno lasciato tutto lì i contadini, sono dovuti andare via. E la gente è andata a sminare. Dicevano che lo sapevano fare. Ogni tanto: “bum... bum”. O abbaiava un cane. Oppure “oddio, oddio!”. Si sentiva da noi lassù. “Un’altra, ostia, un'altra”.

La mia cugina poverina. Lei non è andata per sminare. Veniva da noi e s’è schiantata la gamba quassù. Per carità; tutte le mine di gambe, delle gambe. Noi le chiamavamo le mine dalle gambe perché con cinque chili scoppiava la mina. Perciò se il coniglio pesava cinque chili... Perché poi tutti i contadini han lasciato tutte le bestie fuori: galline, polli, non se li potevano portare dietro. Queste bestie erano diventate selvatiche: i conigli erano diventate come le lepri. Allora il coniglio salta in aria. Anche il cane no? Come ha fatto il salto, il salto pesava cinque chili, scoppiava la mina. Tutto il giorno sembrava un bombardamento. Lo sai tu? Lì in quei campi giù da noi.

Quant’è successo alla mia cugina, alla Renatina, povera cocca, è scoppiata questa mina. Io ero nella porta di casa così. Dico “Iessu Madonna!” “Mamma – dico – oddio, è scoppiata una mina se sente uno che si lamenta”. “Oh...”. Sentivo la voce, no? “Oddio chi sarà, oh... Madonna”. Mamma faceva la sfoglia, a tavola, no? Viene su uno, Ottavio, che viveva in casa di mia cugina, viene su, non chiama noi. Che la nostra era proprio la prima casa lungo la stradina che veniva su. Chiama tutti gli altri. “Vico! Dolfo!” chiamava loro, chiamava. Allora io gli chiedo “Cos’è successo Ottavio?”. E lui s’è fermat di spalle, poi m’ha detto “No, non so, c’è una fiolina del Rì”. Di Rio Salso. “C’è una fiolina del Rio Salso. Madonna è scoppiata una mina -dice- è lì, vicina...”. Dice, dice, grida... Gli chiedo “Ma dì chi è, chi è?”. “Una del Rio”. Invece non era di Rio Salso. Era del Borgomassano e lui l’aveva riconosciuta. Allora siamo corse giù, ma noi non potevamo scendere direttamente. Abbiam dovuto fare un giro, dove era sminato. Siam passati di qua, la nonna è rimasta, la mamma mia, è rimasta in cima lì. E vedeva tutto, perchè dalla cima tu vedevi tutto sotto, no? E lei ha sentito urlare. Lei ha capito subito chi era perchè dalla voce l’ha sentita. Noi avevamo fatto tutto il giro di là e finché non siamo arrivate. Io avevo in pancia Paolo, tuo padre, avevo Paolo di cinque mesi, mica niente. Sono andata.

[…]

È andata giù, s’è seduta, con la gamba qui, l’osso. L’osso... non aveva più i piedi, non c’aveva niente. C’aveva tutti i brandelli della carne del polpaccio no? E si è seduta sulle macerie della casa di questo contadino. E in quel momento veniva su un ragazzo con uno zaino nella spalle. È venuto su fino a lì, s’e fermato. Perchè poi da questa parte, dove era minato, c’eran delle strisce di tela bianche. Che voleva dire era pericolo, non si poteva andare di là. Questo soldato, era un militare, era partito, era venuto via, s’era imboscato, era venuto via dal fronte. Piano piano, andava a casa a piedi, stava a Macerata Marche. Erano mesi che era per strada. Tutto furtivo per non farsi vedere dai tedeschi ne lì, ne qua; capisci? È arrivato lì: quando ha visto ‘sta fiola! Che lei gridava tutta nera. Lei era tutta nuda. C’era un pezzo di straccio che la copriva appena, non so se la canottiera, un pezzetino dei vestito... Basta! Non c’aveva altro. Uno straccio giù così, lei tutta nuda, tutta nera. La faccia, tutta nera. Aveva gli occhi azzurri.

Allora noi altri siamo andati giù. Questo uomo ha fatto così: scavalca la tela. E lei gli dice “Non venite, non venite che morite anche voi! È tutto minato! Quei disgraziati di quei tedeschi, quei vigliacchi di quei tedeschi”. Allora lui ha fatto dietrofront, ha fatto dietrofront. Poi ci ha ripensato. “No, non venite!” lei continuava a dire, “no!”. Cos’ha fatto: ha buttato via lo zaino così. Avrà detto: “Quel che deve succedere succederà”.Mi viene ancora da piangere

È andato su, l’ha presa in braccio così, l’ha portata giù, l’ha messa nell’altra cunetta di là, no? L’ha stesa lì. Come siamo arrivati noi, lei era seduta lì. Mio padre quando l’ha vista...

Io non l’ho riconosciuta. Io vedevo una robina nera lì, non sapevo. Il nonno com’è arrivato lì, ha incominciato a piangere. Prende un pezzo di questo telo, di queste fasce, e le lega la gamba, in alto, le lega la gamba. Ma poveretta, venivano giù gocce di sangue nero come il carbone. Nero veniva giù no. Io venivo su così e lei mi dice: “Ehhh Dio Dio!”. E io mi chiedevo: ‘Ma chi è?’. E lei si è girata verso di me e mi ha detto “Sorellina mia!”. Perchè a questa sta bambina era morta la mamma, l’abbiamo tenuta noi.“Sorellina mia hai visto come mi hanno ridotta i Tedeschi!”. Ho detto “mhhhhh” e mi son girata dall'altra parte. Ho fatto così. Un impressione che ti dico. E poi da lì io poi sono ritornata su a casa. Sono andata a prendere una camiciola, cosine mie. Poi dopo abbiamo chiamato gli inglesi, c'era ancora una camionetta di inglesi, lì a S.Giorgio. Sono andata a chiamarli, son venuti su, l’han coperta. E poi nel frattempo c’è stato come un tam tam. Capisci. Proprio un tam tam per chiamar la gente di là del fiume. Un tam tam proprio , battevano le mani quando succedeva qualcosa. E son venuti quelli di là del fiume.

Questo zio era un ateo, ateo ma era un uomo che a me piaceva. A quei tempi là, andare via senza sposarsi vuole dire che... era un uomo che... insomma, va bene, capito. Mio padre dice “Adesso bisogna che chiamiamo il padre”. Si chiamavano Dieghi, Dieghi di cognome, no? “Bisogna andare a chiamarlo”. Erano crollate tutte giù le case! Non si sapeva dov’era la casa sua. Allora incomincia mio padre a chiamare “Dieeeeghiiii”. Con la bicicletta, io e lui siamo andati su. “Dieeeeghiiii”. Chiama chiama e nessun risponde. Poi han risposto altra gente: “Dieghi è lassù nella sua terra”. Mio padre mi dice: “Va bene Valeria. Tu aspetta qui che io vado su con la bicicletta e lo vado a chiamare”. […] Quando vede Dieghi che non gli rispondeva mio padre non ci vede più. “Come? è un’ora che te chiam, brutto disgraziato” gli ha detto. “E tu no, non, non rispondevi! Sei qui e non rispondi!”. Lui è venuto avanti e ha chiesto “Cosa c’è?”. “Cosa c’è? Chiappa la bicicletta e va giù che c’è la tua fiola tutta a pezzi lagggiù”.

Allora lui come è andato giù, s’era già radunata un pò di gente. Anche quando noi siamo andati via, erano arrivati gli inglesi, avevano buttato tutte le coperte da militare sopra questa fiolina.

Allora lui va giù Tira su queste coperte, guarda. Allora comincia a bestemmiare. Le bestemmie, le bestemmie! Questa ragazzina voleva bere, voleva bere allora son riusciti a darle le bottiglie... eran delle bottigliette così come quelle della birra d’adesso, bianche. Erano tutte le bottiglie della guerra, degli inglesi. E il padre continuava a bestemmiare. Le bestemmie, tirava giù. Tutti i santi, ma tutti, ma tutti. Ha preso la bottiglia, ha urlato, “porco...” e l'ha scaraventata via. Bum! Salta un’altra mina, no?

E c’era un cane di razza, bianco e nero, bello. Non so di chi era, di quella gente lì. Questo cane, si vede che ha sentito anche l’odore della carne bruciata, è andato su di là, dov’era andata mia cugina. Ma ha rifatto lo stradino venendo in giù, per quel stradino lì è saltata una mina. E questo cane guaisce, “Ahi Ahi Ahi”. Tre volte, così. Poi non s’è sentito più niente. L’ha fatto fuori.

Per dirti, no. Insomma la vita è stata così, è stata brutta eh.

 
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from Alviro

Adoro i piaceri semplici, come quando il tempo decide di annodarsi e le sedie iniziano a raccontare barzellette in dialetto quantico. Sono l’ultimo rifugio, dicono, ma un rifugio è solo un’idea che ha dimenticato di indossare i pantaloni prima di uscire di casa. Le persone complicate? Si perdono nel labirinto dei bottoni della camicia, cercano significati nelle virgole e finiscono per annegare in una goccia di rugiada iperbolica.

Il piacere semplice è un sasso che canta canzoni d’amore alle ombre, è il respiro di un’equazione che ha smesso di contare e ora fa il giocoliere con numeri immaginari. Complicato? No, è solo il caos che si traveste da logica per non spaventare i bambini. E noi, poveri illusi, crediamo alle sue storie mentre il mondo si scompone in pixel di poesia assurda.

E dunque, eccoci qui: rifugiati nel semplice, che è un labirinto con le pareti di gelatina, dove ogni passo è una domanda che si scioglie in risate. Il piacere è questo: guardare l’orologio che mangia se stesso e applaudire mentre il nulla si veste da festa di compleanno. E vissero tutti distorti e contenti. Amen.

 
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from ᗩᐯᗩIᒪᗩᗷᒪᗴ

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Ci siamo spostati decisamente a nord rispetto alla latitudine originaria della cittadina di confine tra Messico e California. Della Calexico polverosa e ranchera sublimemente trascritta in quel documento leggendario e indimenticabile che è “The Black Light” (1998, Quarterstick) rimane ben poco. Ed in questi casi è veramente difficile riuscire a capire e spiegare le motivazioni e la bontà di intenti di una svolta tanto radicale... https://www.distorsioni.net/canali/dischi/algiers


Ascolta: https://album.link/i/1721053604


 
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from 📖Un capitolo al giorno📚

INNO ALLA POTENZA E ALLA PROVVIDENZA DI DIO 1 Lode. Di Davide.

Alef O Dio, mio re, voglio esaltarti e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.

Bet 2 Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre.

Ghimel 3 Grande è il Signore e degno di ogni lode; senza fine è la sua grandezza.

Dalet 4 Una generazione narra all'altra le tue opere, annuncia le tue imprese.

He 5 Il glorioso splendore della tua maestà e le tue meraviglie voglio meditare.

Vau 6 Parlino della tua terribile potenza: anch'io voglio raccontare la tua grandezza.

Zain 7 Diffondano il ricordo della tua bontà immensa, acclamino la tua giustizia.

Het 8 Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all'ira e grande nell'amore.

Tet 9 Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature.

Iod 10 Ti lodino, Signore, tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli.

Caf 11 Dicano la gloria del tuo regno e parlino della tua potenza,

Lamed 12 per far conoscere agli uomini le tue imprese e la splendida gloria del tuo regno.

Mem 13 Il tuo regno è un regno eterno, il tuo dominio si estende per tutte le generazioni.

Nun Fedele è il Signore in tutte le sue parole e buono in tutte le sue opere.

Samec 14 Il Signore sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto.

Ain 15 Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa e tu dai loro il cibo a tempo opportuno.

Pe 16 Tu apri la tua mano e sazi il desiderio di ogni vivente.

Sade 17 Giusto è il Signore in tutte le sue vie e buono in tutte le sue opere.

Kof 18 Il Signore è vicino a chiunque lo invoca, a quanti lo invocano con sincerità.

Res 19 Appaga il desiderio di quelli che lo temono, ascolta il loro grido e li salva.

Sin 20 Il Signore custodisce tutti quelli che lo amano, ma distrugge tutti i malvagi.

Tau 21 Canti la mia bocca la lode del Signore e benedica ogni vivente il suo santo nome, in eterno e per sempre. _________________ Note

145,1 Trascendenza e vicinanza all’uomo, regalità e paternità, potenza e provvidenza di Dio sono i motivi che si alternano in questo inno, composto mediante la tecnica della disposizione alfabetica (vedi nota a Sal 9).

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Approfondimenti

Il Signore, re eterno, buono e giusto Inno

L'inno è definito dal titoletto «Lode» (tᵉhillâ), ed è l'unica volta che tale parola, come titolo, ricorre nei salmi. La voce fa inclusione con «lode del Signore» del v. 21. È un salmo acrostico (alfabetico). Nel TM manca la lettera nun con il rispettivo versetto, ma si è trovata a Qumran e esiste nei LXX, Vg e Syr. Gli accenti nel TM sono per lo più 3 + 3. Per le frequenti citazioni o allusioni ad altri testi biblici, per la teologia piuttosto tardiva che esprime e gli aramaismi, il salmo è considerato di composizione tardiva (I-II sec.). L'autore dimostra notevoli capacità letterarie. Usa la tecnica dell'alternanza, passando dallo stile diretto a quello indiretto, dalla seconda alla terza persona; sa usare il chiasmo con abilità (cfr. vv. 2.10.11.12.20.21); il lessico è molto vario e ricco. Nel salmo è presente una struttura concentrica, attorno ai vv. 11-13, che formano a loro volta un miniacrostico, con la voce «regalità» (malkût), che ricorre quattro volte, e i singoli versetti inizianti per le lettere kaf, lamed, mem che danno in una visione speculare il verbo «regnare» (mlk). Allitterazioni si trovano nei vv. 17.18.19. La rima è presente nei vv. 7.11.14.17. Un'inclusione è data dal verbo «benedire» (brk), dalla voce «nome» (šēm) e dall'espressione temporale «in eterno e per sempre» (lᵉ‘ôlām wā‘ed) del v. 1 e del v. 21. La voce «tutto» (kōl) dal v. 9 in poi ricorre 17 volte nel testo ebraico. Il lessico teologico e antropologico è molto ricco.

Divisione:

I parte:

  • vv. 1-2: introduzione: invitatorio;
  • v. 3: I motivazione (tesi);
  • vv. 4-9: I sviluppo: a) le azioni salvifiche (vv. 4-7); b) gli attributi divini (vv. 8-9);

II parte:

  • vv. 10-12: introduzione: invitatorio;
  • v. 13: II motivazione (tesi);
  • vv. 14-20: II sviluppo: a') le azioni salvifiche (vv. 14-16); b') gli attributi divini (v. 17); c) le azioni salvifiche (vv. 18-20);
  • v. 21: conclusione: invitatorio.

Le due parti sono parallele e simmetriche tra loro.

v. 3. «Grande è il Signore...»: l'orante professa la fede nella grandezza del Signore, che è senza limiti, insondabile, al di là di ogni ricerca e perciò degna di ogni lode. II versetto funziona anche da tesi che verrà sviluppata nel corpo del salmo. «nome»: rappresenta la persona stessa di Dio (cfr. v. 21; Sal 8,2; 20,2).

v. 7. «il ricordo della tua bontà»: si richiama particolarmente la teologia dell'alleanza.

v. 17. Il versetto riporta la professione di fede riguardante gli attributi fondamentali di Dio: giustizia e fedeltà. Il Signore è «giusto... e fedele». Questi due appellativi appartengono alla teologia dell'alleanza, ma qui sono estesi a tutte le opere di Dio e a tutti i suoi progetti («tutte le sue vie»). I vv. 18-20 specificano questi due attributi.

v. 18. «con cuore sincero»: lett. «con verità». Si sottolinea la condizione di coloro che invocano Dio. Egli sta vicino a chi sinceramente e con rettitudine si rivolge a lui.

v. 21. Il versetto sta all'apice del crescendo dato dai vv. 1-2.10-12. Inoltre facendo inclusione con il v. 1 unisce la voce del solista (salmista) a quello del coro dei «fedeli» (v. 10), e allarga l'invito alla lode a ogni vivente, in un circolo e in un movimento ininterrotto. La voce del solista diventa così la voce dell'universo, in questa lode a Dio re.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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from lucazanini

[stime]

un errore di battitura il] verdeggiante a riscatto l'asta [ribasso al crollo rallentatissimo quasi] rallentano nulla di polvati quasi inerti da ermicoli] wwwsuper moduli con -fragile- con] scadenza di barre a cingolato che vedete] non corrisponde il mezzo] marinaio la [fiammiferaia un numero ics autorizzano fanno] le braci le cantilene standard

*Il termine “ermicolo” non sembra essere una parola riconosciuta nel dizionario italiano standard, né sembra avere un significato specifico in relazione a luoghi o eventi storici. Tuttavia, potrebbe essere un termine dialettale, un errore di battitura o una parola inesistente.

 
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from chiaramente

Ora che il mio pensiero Collassa tutto su di lei Non ne rimane più per me E mi sento davvero solo Ora che non devo più cercare Mi sento davvero perso

 
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from Cambiare le cose

#ricchezza #società #fastidi

Ci sono svariati motivi per cui il matrimonio di Bezos a Venezia mi dà fastidio. Bezos

Il primo è questo continuo parlarne, come se fosse LA notizia veramente importante, come se le vite di tutti noi dipendessero direttamente da questo evento (indirettamente ne sono influenzate, ma lo vedremo poi). Non voglio cadere nel banale, ma se volete distogliere la nostra attenzione da Israele, Palestina, Iran, dalle porcate di Trump e da quelle più vicine del nostro governo, tornate al “bevete molto e non uscite nelle ore più calde,” per favore.

Il secondo motivo – e non è per invidia – è che ancora una volta, come se ce ne fosse bisogno, si è legittimato il concetto per cui se hai i soldi ti è concessa qualsiasi cosa. E no, non sono l'ingenuotto che scopre adesso come va il mondo, quello che mi infastidisce è proprio la legittimazione, la normalizzazione di questa pratica. Se hai abbastanza soldi da comprarti le nostre abitudini di spesa, i nostri gusti musicali e in fatto di film, da possedere i nostri dati, allora puoi fare quello che vuoi. Puoi comprarti una moglie come la vuoi tu e un bravo chirurgo che la modifichi come ti piace, e puoi affittare un'intera città per dieci giorni, impedendo il movimento delle (poche ormai) persone che ci vivono, ormeggiando il tuo barcone dove ti pare perché tanto galleggiando sui dollari il moto ondoso mica lo crei, tu, e invitando i tuoi amichetti alla tua privatissima festa. Però, siccome sei un riccone sì, ma anche tanto filantropo, scrivi sugli inviti che non vuoi regali (e poi che cazzo regali a uno che ha un patrimonio di 233 miliardi di dollari?) ma preferisci che i tuoi ospiti facciano qualcosa per Venezia. Massì, diamole quattro perline a sti selvaggi. Bezos2

“Ah, ma vuoi mettere il ritorno d'immagine?” A Venezia? Perché Venezia ha bisogno di pubblicità? E poi, di cosa stiamo parlando, di una città o di una location per feste ultra esclusive? Guardate, potete celebrare il giorno più bello della vostra vita in un'autentica città italiana, con autentici abitanti che camminano per le calli, non comparse, ma gli ultimi veneziani veri! e, con un piccolo sovrapprezzo, potrete provare il brivido di autentici contestatori rimossi dalla vera polizia! (ATTENZIONE: i contestatori non sono figuranti ma autentici esemplari selvatici, l'organizzazione declina ogni responsabilità per evntuali incidenti a chi li avvicina troppo).

“Eh, ma sai quanti soldi porta?” E qui torniamo al discorso di prima per cui basta che ti porti schei e va ben tuto. Tra l'altro vorrei sapere dove è andato a finire il grosso dei soldi che Jeff e amichetti hanno speso, perché non ce li vedo ad andare a comprare un libro alla Toletta, o a prendere il pesce al mercato a Rialto e la verdura da un frutariol che vende dalla sua barca, né ce li vedo a prendere il sole agli Alberoni e bere qualcosa da Macondo. I soldi saranno finiti ai grandi alberghi di catena de agli organizzatori di eventi, mentre i padroni di case si rifaranno spennando con gli affitti brevi i lavoranti a chiamata per l'evento. Ammetto però di non avere dati a riguardo perciò sarei molto felice di venire smentito.

“Però nelle altre città gli eventi grandi li fanno, e chiudono le strade, mettono i blocchi...” Certo, ma stiamo parlando di eventi pubblici, fatti per la gente, che sicuramente creano disagio a qualcuno ma permettono a tanti altri di assistervi. Qui invece si tratta di un ricevimento privato, con invitati selezionati che sono arrivati come se andassero a casa di un amico. Peccato che invece si tratti di un posto dove la gente vive e lavora. Bezos non ha detto “Mi sposo a Venezia, siete tutti invitati a mangiare e bere, pago io!” che magari sarebbe stata anche una bella idea; è arrivato, ha aperto la sua valigia di soldi di fronte al sindaco e ha detto: “adesso tutti fuori dai coglioni che devio sposarmi.”

E poi c'è l'elefante nella stanza, anzi nel campiello. Sì, la cosa che mi dà più fastidio è che nel mondo esistano persone il cui patrimonio è superiore al PIL di uno stato. E non sto parlando delle Isole Comore, il Patrimonio di Bezos è maggiore del PIL della Grecia o di quello del Qatar, tanti per fare due esempi. Sto parlando di persone che per una festa di matrimonio possono spendere quanto 1000 famiglie italiane guadagnano in un anno e non sentire nemmeno prurito. Sto parlando di una distribuzione della ricchezza mondiale così sbilanciata e iniqua che non si riesce nemmeno a immaginarla chiaramente. Sto parlando di gente che può decidere per un capriccio il destino di intere economie, di Stati, della vita di migliaia di persone, di gente per cui affittare una città per una settimana ha lo stesso impatto che per uno normale ha una cena al ristorante. Però li accogliamo, e ci prostriamo al loro volere, perché il matrimonio porta soldi alla città. Perline, ci danno perline di vetro come ai selvaggi.

 
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from 📖Un capitolo al giorno📚

INNO DI LODE A DIO 1 Di Davide.

Benedetto il Signore, mia roccia, che addestra le mie mani alla guerra, le mie dita alla battaglia,

2 mio alleato e mia fortezza, mio rifugio e mio liberatore, mio scudo in cui confido, colui che sottomette i popoli al mio giogo.

3 Signore, che cos'è l'uomo perché tu l'abbia a cuore? Il figlio dell'uomo, perché te ne dia pensiero?

4 L'uomo è come un soffio, i suoi giorni come ombra che passa.

5 Signore, abbassa il tuo cielo e discendi, tocca i monti ed essi fumeranno.

6 Lancia folgori e disperdili, scaglia le tue saette e sconfiggili.

7 Stendi dall'alto la tua mano, scampami e liberami dalle grandi acque, dalla mano degli stranieri.

8 La loro bocca dice cose false e la loro è una destra di menzogna.

9 O Dio, ti canterò un canto nuovo, inneggerò a te con l'arpa a dieci corde,

10 a te, che dai vittoria ai re, che scampi Davide, tuo servo, dalla spada iniqua.

11 Scampami e liberami dalla mano degli stranieri: la loro bocca dice cose false e la loro è una destra di menzogna.

12 I nostri figli siano come piante, cresciute bene fin dalla loro giovinezza; le nostre figlie come colonne d'angolo, scolpite per adornare un palazzo.

13 I nostri granai siano pieni, traboccanti di frutti d'ogni specie. Siano a migliaia le nostre greggi, a miriadi nelle nostre campagne;

14 siano carichi i nostri buoi. Nessuna breccia, nessuna fuga, nessun gemito nelle nostre piazze.

15 Beato il popolo che possiede questi beni: beato il popolo che ha il Signore come Dio.

_________________ Note

144,1 La prima parte di questo inno (vv. 1-11) è dedicata alla lode a Dio che, rivestito della sua armatura cosmica, scende in battaglia come alleato del re, concedendogli la vittoria. La seconda parte (vv. 12-15) descrive i benefici della vittoria conseguita.

144,10 spada iniqua: simbolo dei nemici e delle forze del male.

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Approfondimenti

Il Signore dà vittoria al suo consacrato Salmo regale

Il salmo è attribuito a Davide dal titolo, ed è meglio contestualizzato dalla traduzione greca dei LXX con l'aggiunta «contro Golia»; ma si tratta di un'opera di natura composita ed è, secondo la maggior parte degli esegeti, del postesilio. A livello strutturale si evidenziano due blocchi di versetti. Il primo (vv. 1-11) è di natura più marcatamente antologica. Si attinge a piene mani dal Sal 18, arcaico e davidico. Il secondo (vv. 12-15) è più originale. Con una freschezza e plasticità di immagini, adoperando un lessico aramaizzante, si descrive l'era messianica. I due brani, sostanzialmente autonomi, sono ben concatenati tra loro. Inquadrato nel genere regale-messianico, il salmo abbraccia anche altri generi letterari. È sostanzialmente unitario, tenuto insieme dalla speranza di una totale liberazione e dell'avvento di un messianismo davidico. Nel TM nella prima parte (vv. 1-11) gli accenti sono 3 + 3, nella seconda (vv. 12-15) sono 4 + 4. A livello di struttura, c'è un'inclusione data dal nome «Signore» (JHWH) tra il v. 1 e il v. 15, e una precisa linea di demarcazione tra il v. 11 e il 12. La simbologia fondamentale è del contrasto, cui si aggiunge quella agricolo-pastorale-cittadina (nella seconda parte).

Divisione:

  • vv. 1-11: canto per la vittoria;
  • vv. 12-15: canto per la pace.

v. 1. «mia roccia»: cfr. Sal 18,3. «che addestra le mie mani...»: cfr. Sal 18,35a.

v. 2. «colui che mi assoggetta i popoli»: cfr. Sal 18,48b.

vv.3-4. «che cos'è un uomo...»: anche se ritorna la domanda del Sal 8,5, l'esito della risposta è diverso. Lì si esalta l'uomo come re e signore della creazione, qui si constata la sua miseria e fragilità secondo il modello delle lamentazioni. Per il v. 4 cfr. Sal 39,6-7.12.

v. 10. «vittoria al tuo consacrato»: lett. «salvezza ai re». Il versetto riecheggia Sal 18,51. Si accenna alla duplice motivazione dell'inno-ringraziamento: la vittoria ai «re» della dinastia davidica e a Davide suo capostipite, chiamato «servo del Signore» per antonomasia (Ger 33,21; Ez 34,23-24; 37,24). Si allude alla promessa davidica di 2Sam 7, di Sal 89; 132, che va oltre la stessa monarchia.

v. 12. «le nostre figlie come colonne d'angolo»: cfr. Ct 5,15; 118,22. La metafora della colonna in riferimento alle figlie esprime solidità, forza, sostegno e quindi allude alla capacità di generare per riempire la casa (cfr. Prv 31,10-31); ma rievoca anche l'idea di bellezza e di grazia femminile, dato che non erano rare nell'antichità le colonne scolpite con bassorilievi e fregi.

v. 13. «di frutti d'ogni specie»: lett. «di genere in genere». L'espressione è di origine persiana, cfr. 2Cr 16,14.

v. 14a. «siano carichi i nostri buoi»: «carichi» (mᵉsubbālîm) suppone l'idea di abbondanza, espressa nel v. 13, ma può tradursi anche con «vigorosi, ben nutriti...» (cfr. Gb 21,8-11.13) sottintendendo l'idea di essere in condizione ideale per la riproduzione, e quindi per l'incremento del numero di capi.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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from norise

Sconnessione

pensavi guadagnare la chiarezza? la vita imita sempre più il sogno nelle sconnessioni avanti con gli anni

ti coniughi ad un presente che s’infrange dove l’orizzonte incontra il cielo: e ti sorprendi a chiederti chi sei oggi da specchi rifranto e moltiplicato mentre il tempo a te ti sottrae

. Giordano Genghini in 100 amiche e amici in Facebook: Ho apprezzato moltissimo questi tuoi versi che, nutrendosi di riferimenti letterari di altissimo livello (in particolare, l’affermazione presente nelle parole di Prospero in un opera shakespeariana secondo cui – traduco in italiano – “siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”, e il riferimento agli specchi che rifrangono l’io, presente in molti testi di Borges) – riferimenti rielaborati, a mio avviso, con grandissima originalità – intessono una lirica di altissimo valore poetico, fondata sul tuo – che però è anche mio, e di molti altri, credo – “chiederti chi sei”, accompagnando questo interrogativo senza chiara risposta con metafore visive di sublime bellezza (“nelle sconnessioni avanti con gli anni / ti coniughi ad un presente che s’infrange / dove l’orizzonte incontra il cielo”); lirica che si conclude con la drammatica e stupenda espressione: “mentre il tempo a te ti sottrae”. Grazie, Felice, per avere donato questi tuoi versi all’ammirazione mia e del gruppo…

 
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from disattualizzando

Siamo tutti consapevoli che, negli ultimi dieci anni, ha conquistato il mercato con una prepotenza senza precedenti il prodotto più venduto della storia contemporanea: lo smartphone. Il fenomeno è così eccezionale che tutti, o quasi, ne possiedono almeno uno.

Lo ripeto per sottolineare il concetto: oggi, al mondo, è quasi impossibile trovare qualcuno che non lo possegga. Avere uno Smartphone è divenuto usuale, tanto da contaminare ogni aspetto della nostra esistenza, è ormai socialmente accettato che sia parte integrante della nostra persona. La nostra esistenza è conservata e garantita da uno strumento che è più desiderato e sopravvalutato che realmente necessario.

L’effetto più insidioso del suo continuo utilizzo è la dipendenza che genera, espressa da una compulsione a consultarlo in continuazione, un bisogno costante di averlo accanto. Dal punto di vista psicologico, questo comportamento è paragonabile a quello di un tossicodipendente in crisi d’astinenza.

A livello sociale, molti ritengono che la tecnologia smart sia riuscita ad avvicinare le persone, permettendo loro di comunicare senza doversi vedere e stare davvero insieme. Possiamo non sentirci soli anche quando lo siamo. Questo strumento, paradossalmente, ha spesso allontanato proprio le persone che un tempo erano più vicine. E’ una tecnologia che ci ha resi soli tra altre persone sole. L’atto di chattare ha preso il posto del dialogo, la condivisione virtuale ha sostituito la bevuta in compagnia, l’immagine di un profilo social ha rimpiazzato il guardarsi negli occhi. Sono esempi estremi, che non sempre rappresentano la realtà di tutti, ma la logica del discorso è difficile da smentire.

Sul piano commerciale, le grandi multinazionali – Apple, Xiaomi, Samsung... – hanno puntato sul prodotto più facile da vendere per alimentare la loro brama di potere e denaro, aggiudicandosi il podio mondiale eterno fra i potenti. Chi conosce le dinamiche di una grande impresa, o aspirante tale, sa bene che non c’è spazio per filantropia o buon senso. Ogni impresa desidera possedere uno strumento che sia facilmente commerciabile e diffondibile, e le grandi aziende tecnologiche hanno trovato la loro gallina dalle uova d’oro. Lo smartphone è stato venduto a chiunque: ricchi, poveri, giovani, anziani, americani, asiatici, africani, europei... È indiscutibilmente uno dei prodotti più acquistati al mondo, eppure per le proprie potenzialità lo utilizziamo spesso in modo superficiale.

Tutto ciò che puoi fare con il tuo Telefono Intelligente, lo potevi fare anche prima in maniera meno immediata. Per scattare una foto si usava una macchina fotografica. Per inviare un messaggio, si ricorreva agli SMS. Per leggere le email, si apriva il computer. Per giocare, esistevano decine di piattaforme diverse. Per ascoltare musica, c’erano lo stereo, il giradischi, il mangiacassette, la radio, il lettore mp3. Il significato delle parole si cercava sul dizionario. Il giornale lo si comprava in edicola. Per trovare un numero di telefono, si sfogliavano le Pagine Bianche o le Pagine Gialle. La TV via cavo offriva programmi adatti a ogni età e gusto: cartoni, documentari, serie, film per tutti.

Ciò che ritengo sia il grande cambiamento è la nostra condizione: più la tecnologia diventa smart, più noi possiamo permetterci di essere superficiali. Abbiamo l’estremo bisogno di qualcosa che non dovrebbe essere indispensabile, ma che lo è già diventato. Se racchiudiamo in un solo accessorio tutto ciò che ci rappresenta, dagli interessi alle passioni e passatempi, allora sarà impossibile separarsene. Non sapremmo più vivere senza.

Lo smartphone è diventato indispensabile solo perché abbiamo delegato ad esso tutto ciò era già essenziale prima della sua esistenza. Ad esempio, si potrà accedere alla propria Tessera Sanitaria tramite app, così da non doverla più portare con sé. Ma mentre la tessera sanitaria è davvero indispensabile, lo smartphone non lo è. Ora sì: la tessera sparirà, lo smartphone diventerà irrinunciabile. È diventato un bene di prima necessità e questo lo rende esponenzialmente commerciabile: ogni individuo, di qualsiasi età, ceto, stato o cultura, potrà possederne uno. Potrebbe essere un complotto andato a buon termine, voluto dalle dalle multinazionali e dagli oligarchi per consolidare il loro dominio globale.

Per dimostrare la mia pesante ed accusatoria teoria del “complotto del telefono intelligente”, vi invito a ragionare sulle abitudini dell’ultimissima generazione. Da bambino, mi distraevo con la televisione, ma era una televisione molto diversa. Oggi, canali come Boing o Cartoon Network trasmettono pubblicità tempestate di riferimenti agli smartphone, creando un prematuro sentimento di necessità, per indottrinare fin da giovane età i consumatori del domani. Questo complotto, indiretto e puramente psicologico, garantisce alle multinazionali il podio economico e, per raggiungere i propri obiettivi egoistici, continueranno ad approfittare di ogni strumento disponibile. L'indipendenza dei bambini da accessori superflui è minacciata dalle logiche di mercato.

Non siamo sempre consapevoli di questi subdoli meccanismi economici e psicologici, né possiamo dimostrarli su larga scala, ma possiamo quanto meno renderci conto dei grandi cambiamenti e dei pericolosi risultati nella nostra quotidianità.

Anche chi ha grandi difficoltà economiche si sente in dovere di possedere uno smartphone. Siamo indotti psicologicamente a volerlo.

“Loro ce l’hanno e io no” “Senza di quello, sarò tagliato fuori” “Se non ce l’ho, non mi farò mai degli amici” “Senza, valgo meno di niente” ... “Ora che ce l’ho, posso mostrarlo agli altri” “Ora posso fare tutto quello che voglio” ...

senza sapere o considerare che potevo farlo anche prima, sebbene meno comodamente. L’invidia e l’insicurezza, nelle logiche di mercato, sono gli strumenti più efficaci verso di noi, l’ultimo gradino della società. Prima di essere persone, siamo consumatori, numeri in un database che non si ferma mai e che ci controlla, un insieme di algoritmi al servizio degli oligarchi. Hanno bisogno di influenzare le nostre scelte, decisioni, passioni e necessità, altrimenti smetteremmo di essere tali. E così ci sentiamo in dovere di avere un accessorio da centinaia, se non migliaia, di euro che, per le sue potenzialità e dato come lo usiamo, è spesso inutile o si avvicina ad esserlo... Perchè? Perché non sempre siamo padroni delle nostre scelte.

 
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