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Apocalypse Dudes è il quarto album della band norvegese Turbonegro. È il primo album in studio con Euroboy come chitarrista solista e l'ultimo prima dello scioglimento della band nel dicembre 1998. Pubblicato all'inizio del 1998 in Norvegia e Germania, l'album è stato un enorme successo per la band underground di allora. Adattando un suono più orientato al glam rock, Apocalypse Dudes ha fissato lo standard per i futuri dischi dei Turbonegro ed è diventato la prima parte della trilogia Apocalypse, composta da Apocalypse Dudes (1998), Scandinavian Leather (2003) e Party Animals (2005).


Ascolta: https://album.link/i/1444022787


 
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from CASERTA24ore

Scuola, gemellaggio nord sud con la felpa del Napoli Calcio tra studenti 14enni.

Ecco un gemellaggio Nord e Sud tra giovani tifosi del Napoli. Gli adolescenti crescono velocemente così dismettono i vestiti ancora buoni. Anni fa era prassi passarsi i vestiti tra ragazzi, fratelli o cugini. Accade ancora oggi con la felpa del Napoli. Salvatore, frequentante il Convitto annesso all’Istituto di Istruzione Superiore Alberghiero Celletti di Formia e Luca, frequentante l’IS Giovanni Falcone di Gallarate, commentano le partite del Napoli sui gruppi social. Hanno entrambi la stessa età e la stessa passione per la squadra che fu di Maradona. Salvatore è più ‘mingherlineo’ è della provincia di Benevento; Luca più grandicello di Varese, ma di genitori casertani. Così quando Luca ha notato che aveva lasciato una felpa che non gli entrava più dai nonni, ha fatto in modo di recapitarla a Salvatore che contento ringrazia. Basta un niente per far felici i ragazzi.

 
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from Bymarty

Pensieri in bianco e nero si alternano, con altrettanti colorati, come se il passato volesse insegnare qualcosa al presente! E come foglie rosse, arancio, dai caldi colori autunnali, scaldano e ravvivano il verde ancora superstite, così allo stesso modo, tali colori, ravvivano, scaldano ed armonizzano i miei pensieri! Essi ormai sparsi, impauriti, a volte persi, si ritrovano e perfettamente in ordine , riprendono i loro posti, i loro colori! Così ogni emozione, l'empatia stessa che ogni giorno mi accompagna e a volte mi fa anche soffrire, il rosso della passione, dell'amore, dell' amicizia , oggi cancellano seppur, con piccole sfumature, la voglia di bianco e nero, il desiderio di cancellare i colori e vivere così, privi di emozione e calore e condivisione..

 
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from ᗩᐯᗩIᒪᗩᗷᒪᗴ

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Bitte Orca è il quinto album in studio della band rock sperimentale americana Dirty Projectors, pubblicato il 9 giugno 2009 su Domino Records. La parola “bitte” è una parola tedesca che significa “per favore”, e “orca” è un altro nome per un'orca assassina. Il frontman David Longstreth afferma che gli piaceva il modo in cui le parole suonavano insieme. Longstreth nota che la musica contenuta nell'album “sentiva molto [molto] sui colori e sulla loro interazione”, e che la musica era stata scritta con l'idea della band, nel suo insieme, in mente. Due delle tracce dell'album, “Temecula Sunrise” e “Cannibal Resource”, sono apparse nella successiva uscita EP, Temecula Sunrise, insieme a due nuove canzoni. L'album ha raggiunto il picco al n. 65 nella Billboard 200 e al n. 12 nella classifica Independent Albums. Al 4 aprile 2012, l'album ha venduto 85.000 copie negli Stati Uniti. Bitte Orca è l'unico album in studio del gruppo in cui Angel Deradoorian è membro a tempo pieno.


Ascolta: https://album.link/i/318806420


 
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from 📖Un capitolo al giorno📚

Capitolo LXIII – L’ordine della comunità

1 Nella comunità ognuno conservi il posto che gli spetta secondo la data del suo ingresso o l’esemplarità della sua condotta o la volontà dell’abate. 2 Bisogna però che quest’ultimo non metta lo scompiglio nel gregge che gli è stato affidato, prendendo delle disposizioni ingiuste come se esercitasse un potere assoluto, 3 ma pensi sempre che dovrà rendere conto a Dio di tutte le sue decisioni e azioni. 4 Dunque i monaci si succedano nel bacio di pace e nella comunione, nell’intonare i salmi e nei posti in coro, secondo l’ordine stabilito dall’abate o a essi spettante. 5 E in nessuna occasione l’età costituisca un criterio distintivo o pregiudizievole per stabilire i posti, 6 perché Samuele e Daniele, quando erano ancora fanciulli, giudicarono gli anziani. 7 Quindi, a eccezione di quelli che, come abbiamo già detto, l’abate avrà promosso per ragioni superiori o degradato per motivi fondati, tutti gli altri occupino sempre i posti determinati dalla data del rispettivo ingresso, 8 in modo che il monaco, arrivato – per esempio – in monastero alle 9, sappia di essere più giovane di quello arrivato alle 8, quale che sia la sua età e dignità. 9 Per quanto riguarda i ragazzi, invece, si osservi in tutto e per tutto la relativa disciplina. 10 I più giovani, dunque, trattino con riguardo i più anziani, che a loro volta li ricambino con amore. 11 Anche quando si chiamano tra loro, nessuno si permetta di rivolgersi all’altro con il solo nome, 12 ma gli anziani diano ai giovani l’appellativo di «fratello» e i giovani usino per gli anziani quello di «reverendo padre», come espressione del loro rispetto filiale. 13 L’abate poi sia chiamato «signore» e «abate», non perché si sia arrogato da sé un tale titolo, ma in onore e per amore di Cristo del quale sappiamo per fede che egli fa le veci. 14 Da parte sua, però, rifletta sull’onore che gli viene tributato e se ne dimostri degno. 15 Dovunque i fratelli si incontrano, il più giovane chieda la benedizione al più anziano; 16 quando passa un monaco anziano, il più giovane si alzi e gli ceda il posto, guardandosi bene dal rimettersi a sedere prima che l’anziano glielo permetta, 17 in modo che si realizzi quanto è scritto: «Prevenitevi a vicenda nel rendervi onore». 18 I ragazzi più piccoli e i giovanetti occupino in coro e in refettorio i posti loro spettanti secondo la Regola: 19 ma fuori di lì siano sorvegliati e tenuti dappertutto sotto la disciplina, finché non avranno raggiunto un età più matura.

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Approfondimenti

1-9: L'ordine della comunità Abbiamo avuto modo di notare spesso la preoccupazione di SB per l'ordine e la precisione, che sono una salvaguardia per la pace e la tranquillità della vita monastica. Uno spinoso problema che ha tormentato e tormenta gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi, trascinandoli spesso in contese, a volte assurde e ridicole, è quello della precedenza, del rango, del posto occupato rispetto agli altri (ricordiamo l'episodio dei figli di Zebedeo: Mc 10,34-35). SB dà tre criteri: quello normale è l'anzianità monastica, cioè la data d'ingresso in monastero (vv. 1.7-8); un'eccezione può essere data da particolari meriti di un monaco (come nei casi riscontrati in RB 60,4; 61,11-12; 62,6); oppure la volontà dell'abate, il quale è autorizzato a promuovere e a degradare, ma solo per ragioni superiori e per motivi validi (vv. 2-3); SB gli ricorda di fuggire il dispotismo e di pensare al giudizio di Dio, secondo lo stile e le espressioni già riscontrate in RB 2,64 e RB 65. Comunque, l'età fisica e l'estrazione sociale dell'individuo non conteranno nulla (vv. 5-8.18). Pertanto anche i fanciulli oblati staranno al posto che corrisponde alla data della loro consacrazione a Dio, anche se sotto la tutela di monaci adulti (v. 9 e l'argomento sarà ripreso nei vv. 18-19).

10-17: Deferenza e amore tra i fratelli Fissato l'ordine materiale dei posti, SB passa a un tema di grande originalità: le manifestazioni di reciproco rispetto e cortesia. Comincia con un principio generale (v. 10), già annunciato negli strumenti delle buone opere (n. 70 e 71): “Venerare i più anziani, amare i più giovani” (RB 4,70-71). Le norme seguenti (vv. 11-17) sono applicazioni del principio generale sull'onore e l'amore. Tali forme di deferenza non sono soltanto manifestazioni di educazione, sensibilità, delicatezza e buon gusto naturali, ma sono ispirate soprattutto dalla S. Scrittura (Rom 12,10): “Prevenitevi a vicenda nel rendervi onore” (v. 17). Notiamo che il termine “nonno” è di origine egiziana e si divulgò in oriente; in seguito fu latinizzato e più tardi nel linguaggio ecclesiastico si applicò, con un senso familiare e affettuoso, alle persone che senza appartenere alla gerarchia, erano considerate degne di particolare venerazione: monaci, asceti, vergini consacrate a Dio, vedove e anziani; ancor oggi in francese “nonne”, in inglese “nun”, in tedesco “nonne” significa monaca. Anche i titoli per l'abate “dominus et abbas” (signore e abate) non sono nuovi, ma già attestati nella tradizione monastica: “dominus” esprimerebbe l'onore dovuto all'abate come vicario di Cristo; “abbas” esprimerebbe l'amore.

18-19: Posizione dei fanciulli Gli ultimi versetti riguardano la prima parte del c. 63, non la seconda. È una specie di appendice sulla posizione dei fanciulli (v. 9). I piccoli oblati in qualità di persone consacrate a Dio come gli altri monaci professi, mantenevano il loro posto negli atti ufficiali della comunità (coro e refettorio, v. 18). Essendo però nel periodo della formazione, debbono essere curati con la vigilanza e mantenuti sotto disciplina “fino alla maggiore età” (v. 19), che era considerata verso i 15 anni (cf. RB 70,4).

Tratto da: APPUNTI SULLA REGOLA DI S. BENEDETTO – di D. Lorenzo Sena, OSB. Silv.


🔝C A L E N D A R I OHomepage

 
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from Cooperazione Internazionale di Polizia

ANCORA CONFERME SUL TRAFFICO DI DROGA ALBANIA-ITALIA: MAXI OPERAZIONE. COCAINA VIAGGIAVA DAL SUD-AMERICA FUSA NELLE PELLI DI BESTIAME

Nei giorni scorsi in Albania si è conclusa un'operazione anti-droga con la scoperta di un sofisticato laboratorio di cocaina situato nel villaggio di Qerekë, a nord di Tirana, mentre sono stati arrestati 10 membri della rete del narcotraffico, tre dei quali cittadini stranieri (due venezuelani ed una colombiana), che sembravano avere il ruolo di “chimici” nella lavorazione della droga, e sette albanesi.

La droga entrava in Albania fusa nelle pelli del bestiame, per essere poi lavorata per l'estrazione di stupefacenti.

L'operazione è stata realizzata su richiesta di SPAK, la Procura Speciale contro il Crimine Organizzato albanese, la Procura della Repubblica di Reggio Calabria e la Guardia di Finanza di Reggio Calabria.

I membri del gruppo criminale organizzato albanese gestivano il trasporto di cocaina dall'America Latina attraverso l'Italia all'Albania, da dove veniva trafficata in diversi paesi europei.

Leggi tutto qui https://poliverso.org/display/0477a01e-2167-3cb9-6074-c65632338378

 
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from Bymarty

Tempo fa un amico mi disse! Vedrai ti lasceranno sola, si allontaneranno... è stato così! È come se essere malati per noi sia una colpa, una punizione e allora meritiamo di essere lasciati soli, ai margini, in disparte, come se fossimo trasparenti o cmq su di noi cala la più totale indifferenza! Quella fa tanto male! Perché noi cerchiamo di andare avanti, normalmente e nella normalità, pur nn essendo così! Eppure ci sentiamo esclusi, emarginati e quasi marchiati! Magari elemosiniamo attenzioni, condivisioni e un po' di affetto! Alla fine ? Solitudine e basta, nient'altro si continua ad essere un piccolo e insignificante granello di sabbia in un oceano infinito di bellezza , colori e vita! E a noi spengono le emozioni, cancellano i colori e la voglia di chiedere, di tendere una mano, semplicemente al fine di sentirsi normali, seppur malati, ma vivi e accettati!

 
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from Developers Italia

Suggerimenti per generare risparmi grazie all’utilizzo di sistemi cloud

Italia Nuvola

di Daniele Pizzolli, Matteo Vabanesi e Fabrizio De Rosa, Team Cloud Italia del Dipartimento per la trasformazione digitale

C’è una regola non scritta tra gli amministratori di sistema on premise: se tutto funziona, non cambiare configurazione. Una consuetudine che non sempre risulta però ottimale quando si passa al cloud, soprattutto quando si parla di bilanci e di contabilità. Grazie al cloud, infatti, le amministrazioni possono generare considerevoli risparmi e migliorare la gestione complessiva dei servizi. Ma come fare? Quali sono le voci di costo sulle quali agire?

Il primo passo è sicuramente quello di monitorare in maniera costante la spesa cloud, un aspetto fondamentale (come sappiamo) per favorire un’efficace allocazione di risorse. Purtroppo, però, tracciare i consumi senza entrare nel merito del contenimento dei costi non è sufficiente, anche alla luce di possibili disallineamenti fra le previsioni di spesa e l’effettivo fabbisogno di risorse collegato a una migrazione in cloud di dati e sistemi informativi. Vediamo alcuni esempi.

Perché i costi sembrano aumentare dopo una migrazione in cloud

Delineare con precisione una matrice dei costi è un’operazione molto complessa, dato che ogni singolo ente può essere considerato come un caso particolare, sia per composizione del conto economico sia per offerta di servizi e forniture. È il motivo per cui, nella stima dei costi, le amministrazioni possono incorrere nel rischio di errori di valutazione, imprecisioni in buona parte riassumibili nelle seguenti tipologie, elencate non in ordine di importanza:

  • censimento incompleto dei servizi interessati alla migrazione in cloud e delle loro dipendenze, con conseguenti errori nelle stime iniziali di spesa;
  • acquisto di risorse cloud non necessarie, spesso dovuto alle difficoltà di ottimizzare le performance degli stessi servizi cloud e ai vincoli amministrativi delle pubbliche amministrazioni, che può condurre a una sovrastima dei costi alternativa all’approvvigionamento di forniture in corso d’opera;
  • fornitura di servizi cloud che non contemplano servizi accessori, ma essenziali, come l’attivazione dei servizi di backup;
  • mancata considerazione iniziale dei servizi correlati, che aumentano la sicurezza dei sistemi, come ad esempio web application firewall (per filtrare le richieste a siti e servizi web), log analyzer (per avere sotto controllo lo storico delle azioni e delle richieste), costi di infrastruttura (connettività dedicata, storage addizionale);
  • errata stima dei costi per il supporto di personale specializzato, come Cloud Application Architect, Cloud Application Specialist, Cloud Security Specialist, DevOps, System and Network Administrator.

Come rendere effettivo il risparmio grazie al cloud

Anzitutto è necessario sottolineare che in caso di errato censimento dei servizi da migrare in cloud non è possibile attuare alcuna strategia di mitigazione. La buona notizia, però, è che in tutti gli altri casi si possono mettere in campo soluzioni ad hoc per rendere effettivi i risparmi.

Lavorare con il cloud, infatti, rende subito evidenti i costi sottesi alle scelte.

Per esempio, lo storage si paga a consumo e quindi i log vecchi, i risultati delle build oppure i file temporanei, che in un’infrastruttura locale potevano essere dimenticati su dischi comprati e ammortizzati, devono invece essere ruotati, processati, eventualmente compressi ed archiviati in storage a basso costo, oppure eliminati.

Utilizzare una classificazione per tag (o label, per parole chiave) dei servizi attivati in cloud permette di capire dove vengono spese le risorse, e iniziare a dimensionare al meglio le forniture.

Così se l’amministrazione dispone di tre siti web, per semplicità ognuno associato ai servizi di front-end, back-end e storage, con opportune etichette è possibile raggruppare i costi per singolo sito o per servizio, e individuare eventuali correttivi dove le spese sono meno ottimizzate.

Un altro esempio può riguardare l’esistenza di processi duplicati o ridondanti, oppure semplicemente inefficienti. Il caso classico è quello dei cloud provider che si fanno pagare i dati in uscita. Se l’utilizzo di servizi basati su sincronizzazione dati non generava costi all’interno di un’infrastruttura locale, con la migrazione in cloud le spese sostenute per gli stessi servizi sono destinate ad aumentare in maniera significativa. Anche in questo caso, però, la soluzione è semplice: basta modificare il processo di sincronizzazione, passando, ad esempio, da una copia intera a una copia differenziale, per ridurre di conseguenza le spese.

Dove iniziare a mappare gli sprechi

Non occorre essere FinOps (la figura professionale che si occupa del monitoraggio continuo dei sistemi cloud) per iniziare a mappare gli sprechi, anche se, come ovvio, avvalersi di personale specializzato è sicuramente un punto di forza. Questo perché, come abbiamo visto, il primo problema da affrontare è di natura culturale: se tutto funziona, allora non toccare niente. Che significa nessuna riconfigurazione dei servizi cloud. Anche perché, se qualcosa andasse storto, tutti sarebbero pronti a lamentarsi. Quindi per quale motivo prendersi dei rischi?

Eppure è proprio dietro le quinte, mentre tutto “funziona” alla perfezione o quasi, che è possibile attuare delle strategie di risparmio.

Ad alto livello, una razionalizzazione delle modalità di gestione del ciclo di vita del software, mediante metodologie e strumenti condivisi e uniformi, dovrebbe aiutare a consolidare l’esperienza degli operatori, come gli amministratori di rete e di sistema oppure i DevOps.

Ad esempio, se i servizi sono distribuiti su macchine virtuali (virtual machines), magari con diversi software di gestione (hypervisor) e sistemi di orchestrazione di container (cluster kubernetes), sarà necessario avere un esperto in ogni dominio; mentre riuscire a convogliare tutto su un cluster kubernetes, o comunque verso un’architettura nativa cloud, significa sfruttare al meglio le conoscenze del gruppo di lavoro.

Certo, qui entra fortemente in gioco la dimensione della squadra che si occupa della gestione ordinaria, le cosiddette operations: gruppi di lavoro dalle dimensioni ridotte dovranno necessariamente concentrare gli sforzi, mentre avere un team dedicato permette di esplorare soluzioni a più ampio respiro, che consentono anche elevati risparmi. In ogni caso, c’è comunque da sottolineare un aspetto: più le componenti del software utilizzato per gestire servizi cloud appartengono a una soluzione proprietaria, e quindi “chiusa”, più sarà difficile ottimizzare i costi di gestione per un team interno.

Molto spesso, infatti, i fornitori di software (vendor) raccomandano determinate specifiche di macchine virtuali che potrebbero risultare sovradimensionate. Se con le soluzioni on premise questo comportava, per l’ente, l’acquisto una tantum di un server più potente, con il paradigma cloud ciò significa invece sostenere ogni mese dei costi per risorse inutilizzate, come ad esempio CPU e licenze (che di solito sono legate al numero di CPU).

Ottimizzare un’applicazione per il cloud consente di generare risparmi considerevoli, a fronte di un investimento iniziale comunque rilevante.

Ogni applicazione fa storia a sé, ma in generale la migrazione verso un’architettura a microservizi renderà evidenti i servizi più avidi di risorse, indicando la strada per ulteriori semplificazioni. Ad esempio, l’auto-scaling, ovvero l’aumento di risorse per una data applicazione in seguito all’aumento di richieste (immaginiamo un picco di collegamenti al lancio di una nuova iniziativa o all’avvicinarsi della scadenza) gestito in maniera automatica e dinamica dal sistema, è un modo per bilanciare le prestazioni con le spese.

In generale, il consuntivo dei costi nel cloud dovrebbe essere mantenuto al di sotto del 10% di scostamento da quanto preventivato. Ma come trovare il giusto bilanciamento tra costi e servizi cloud offerti dai provider?

Una soluzione potrebbe essere quella di testare diverse taglie di macchine virtuali, oppure il dimensionamento dei cluster a disposizione. Questo naturalmente presuppone che ci siano dei test automatizzati e dei report di prestazioni che guidino nell’ottimizzazione. Se questi non sono presenti, andare per tentativi potrebbe risultare lungo e poco fruttuoso.

Nuovole Bilancie

Come bilanciare il risparmio con le esigenze di sistema

Se si vuole ottenere un risparmio, o per lo meno contenere le spese, migrare dati e servizi in cloud non dovrebbe limitarsi a un semplice lift and shift.

Ogni servizio andrebbe analizzato per essere adattato alla flessibilità del cloud.

Ad esempio, le elaborazioni periodiche, fatte dietro le quinte, come la generazione di avvisi a una certa scadenza, di solito non necessitano di prestazioni garantite e sono un ottimo esempio di lavoro che può essere delegato a istanze non garantite, che non devono soddisfare requisiti stringenti in termini di performance.

Un’altra situazione ricorrente riguarda gli ambienti di test pre-produzione e il buon funzionamento dei sistemi di backup. In questi casi, infatti, non è necessario avere a disposizione delle macchine virtuali garantite, perché le prestazioni non sono importanti e i dati possono essere creati e distrutti all’occorrenza. Se un test dovesse fallire a causa delle performance non elevate del sistema, sarebbe comunque semplice accorgersene e rilanciare la sessione di test. L’attesa di un nuovo ciclo verrà comunque bilanciata dal risparmio generato.

Un’altra possibilità per generare risparmi è quella di effettuare una ricognizione sulle scontistiche del cloud provider, che spesso offrono pacchetti con varie scadenze e dimensioni. Si possono trovare sconti importanti, se vengono sottoscritti impegni per determinati livelli di consumo annuali oppure, come spesso avviene, per i successivi tre anni; così come è possibile generare risparmi se si scelgono prestazioni limitate, con addirittura lo spegnimento senza preavviso di alcune macchine in caso di scarso utilizzo — macchine che in realtà il cloud provider assegnerà in tempo reale ad altri destinatari.

Ogni cloud provider prevede un set di servizi più o meno compatibili con quelli offerti dalle altre aziende concorrenti. Maggiore è l’acquisto (e l’utilizzo) di servizi diffusi, più sarà facile migrare da un cloud provider all’altro per ottimizzare i costi, specialmente — lo ribadiamo — se questi sono basati su standard aperti o software libero.

Purtroppo, infatti, sono noti alcuni casi in cui fornitori di software, una volta acquisita la proprietà di una tecnologia molto diffusa presso i cloud provider, hanno incrementato considerevolmente il costo delle licenze d’uso, con inevitabili ripercussioni sui costi delle aziende che offrono servizi cloud e sui loro clienti. In una situazione simile è chiaro che minimizzare il lock-in, magari con una strategia multi-cloud, permette alle amministrazioni di rispondere con la massima flessibilità agli aumenti di spesa, spostando parte delle infrastrutture cloud su altri sistemi più economici, nel minor tempo possibile.

Memento: come evitare casi limite

È interessante notare che una gestione poco oculata dei sistemi cloud può portare anche a dei casi limite, nei quali le amministrazioni si trovano a dover sostenere delle spese per errori di configurazione altrui. Alcuni costi sono infatti calcolati per numero di accessi a una determinata risorsa, ad esempio il numero di volte che un file viene scaricato dall’ object storage — una sorta di archivio virtuale di documenti digitali. Semplificando, è così sufficiente che per sbaglio — o per dolo — venga configurato un software in maniera errata perché uno stesso file venga scaricato milioni di volte, facendo così esplodere i costi di gestione cloud.

Si tratta, purtroppo, di un abuso che si è realmente verificato (per fortuna poi risolto senza conseguenze, salvo le notevoli perdite di tempo). In generale, però, risulta evidente come l’assenza di un monitoraggio costante dei servizi, oltre alla mancata limitazione degli accessi che ci vengono addebitati, può tradursi in spiacevoli sorprese.

Un’analisi puntuale delle soglie di traffico, insieme a un’attenta osservazione periodica del funzionamento dei sistemi, permette così di rivalutare i costi, come sottolineato anche nella sezione dedicata del Manuale di abilitazione al cloud messo a disposizione dal Dipartimento per la trasformazione digitale.

La normalità del cloud, infatti, è il continuo cambiamento, e senza questa consapevolezza è difficile fare passi avanti, anche nel contenimento delle spese.


Le immagini presenti in questo articolo sono state sviluppate con il supporto dell’Intelligenza Artificiale con l’obiettivo di rappresentare visivamente i temi trattati.

 
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Kollaps è il primo LP ufficiale degli Einstürzende Neubauten, pubblicato nel 1981 dall'etichetta tedesca ZickZack come ZZ 65. Le canzoni sono un mix di melodie punk ruvide e rumori industriali ottenuti da macchine musicali autocostruite, elettronica e oggetti trovati come piastre di metallo. L'album è stato ripubblicato nel 2002 con Stahldubversions, originariamente pubblicato nel 1982. Blixa Bargeld, N.U. Unruh e F.M. Einheit appaiono nell'album. “Jet'M” è una cover della canzone di Serge Gainsbourg “Je t'aime... moi non plus”. La traccia 15 di molte versioni CD dell'album è una registrazione dal vivo di “Negativ Nein” del 26 giugno 1987 al Tempodrom di Berlino. Trouser Press ha descritto Kollaps come “una delle visioni più scioccanti mai affidate al vinile”. L'album è incluso nel libro 1001 Albums You Must Hear Before You Die.


Ascolta: https://album.link/i/4840207


 
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Capitolo LXII – I sacerdoti del monastero

1 Se un abate desidera che uno dei suoi monaci sia ordinato sacerdote o diacono per il servizio della comunità scelga in essa un fratello degno di esercitare tali funzioni. 2 Ma il monaco ordinato si guardi dalla vanità e dalla superbia 3 e non creda di poter fare altro che quello che gli ordina l’abate, tenendo sempre presente che d’ora in poi dovrà essere maggiormente sottomesso alla disciplina. 4 Né col pretesto del sacerdozio trascuri l’obbedienza alla Regola o la disciplina, ma anzi progredisca sempre più nelle vie di Dio. 5 Conservi sempre il posto che gli spetta in corrispondenza del suo ingresso in monastero, 6 tranne che per il ministero dell’altare, oppure nel caso che la scelta della comunità o la volontà dell’abate l’abbiano promosso in considerazione della sua vita esemplare. 7 Sappia però che deve osservare la disciplina prestabilita per i decani e i superiori. 8 Se avrà la presunzione di agire diversamente, non sia più trattato come un sacerdote, ma come un ribelle. 9 E nell’eventualità che, dopo essere stato ammonito non si correggesse, si chiami a testimonio anche il vescovo. 10 Ma se neanche allora si emendasse e le sue colpe diventassero sempre più evidenti, sia espulso dal monastero, 11 purché però sia stato così ostinato da non volersi sottomettere e obbedire alla Regola.

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Approfondimenti

Per associazione, si parla qui dei sacerdoti del monastero, cioè dei fratelli che nel monastero vengono elevati al sacerdozio (non già dei sacerdoti che chiedono di diventare monaci, come nel c. 60): la loro posizione di privilegio si aggiunge a quella contemplata nei cc. 60-61. RB 62 non ha un parallelo nella RM, la quale non prevede l'elevazione dei monaci al sacerdozio, anche se prevede la comunione giornaliera. Per la Messa si andava alla chiesa del villaggio, come del resto facevano gli antichi monaci ed eremiti (ma talvolta gli eremiti si ritenevano dispensati dalla partecipazione esterna al culto. Pensiamo a SB che, eremita, a Subiaco, ignorava che fosse il giorno di Pasqua: II Dial 1). S. Pacomio ed altri preferivano chiamare nei loro cenobi qualche sacerdote per celebrare i sacri riti.

Monachesimo e sacerdozio Tutto ciò manifesta la posizione generale, se non unanime, del monachesimo antico riguardo al sacerdozio. Gli anacoreti copti si mostravano restii all'ordinazione; i pacomiani la rifiutavano in assoluto; in Siria i migliori monaci si opponevano a che i vescovi imponessero loro le mani. Sacerdozio e monachesimo sono realtà distinte: uno è per il servizio ministeriale del popolo di Dio attraverso la Parola e i Sacramenti, l'altro è per lo sforzo di realizzare nella solitudine la perfezione dell'unione con Cristo. Desiderare il sacerdozio per i monaci antichi era segno di superbia; i monaci avevano paura del sacerdozio; sacerdozio e orgoglio vanagloria sono termini spesso associati nei loro scritti (per esempio Cassiano, Inst. 11,14-18; Coll 4,20; 5,12). Avevano paura che a motivo del sacerdozio dovessero lasciare la loro vita isolata per il ministero: “il monaco deve fuggire allo stesso modo i vescovi e le donne”, secondo il celebre detto di Cassiano (Inst 11,18). L'ordinazione di alcuni monaci per il servizio della comunità poteva dare origine a dispute, invidie, divisioni, problemi di autorità e di precedenza. Era un rischio. In questo contesto si comprende il c. 62 di SB. Oggi, evidentemente, la situazione e la mentalità sono mutate, la teologia ha aperto una nuova visione. Oggi sarebbe a dir poco ridicolo accettare con la odierna mentalità l'espressione di Cassiano cosi` come suona...; ma non è che Cassiano avesse torto: se anche noi oggi avessimo, del “vescovo e della donna”, l'immagine pratica ed esterna che queste categorie immediatamente evocavano, non c'è dubbio che dovremmo avere la stessa reazione. La realtà spirituale (la teologia) è la stessa, l'immagine e la situazione esterna e contingente sono mutate. Ma anche oggi, del resto, non mancano aspetti di conflitto esteriore tra “vescovi e gerarchia” e religiosi; non per nulla è stato necessario il documento pontificio “Mutuae Relationes” (Criteri direttivi sui rapporti tra i Vescovi e i Religiosi nella chiesa, 14 maggio 1978).

1: Elevazione di un monaco al sacerdozio SB con tutto il monachesimo di allora dimostra una certa sfiducia di dover avere dei sacerdoti in monastero (appare abbastanza chiaro da questo capitolo e dal c. 60), ma preferisce correre questo rischio per il vantaggio di avere in casa un sacerdote per la liturgia monastica. Tanto l'iniziativa che la scelta della persona spettano all'abate, il quale dovrà vedere chi sia degno, cioè un monaco sensato, maturo e di “santa conversazione”. Sacerdotio fungi “esercitare l'ufficio sacerdotale”, in senso largo: sacerdote e diacono è frase biblica da Sir 45,19.

2-7: Posizione e obblighi dell'ordinato “Honores mutant mores”, dice un proverbio: “Gli onori cambiano i costumi”. Una volta elevato alla dignità sacerdotale, il monaco che ne era degno (v. 1) può cessare di esserlo e lasciarsi prendere dallo spirito di alterigia e di superbia (v. 2). SB gli ricorda l'obbligo di sottomissione alla Regola e all'abate; anzi, gli ricorda che si deve sentire più obbligato degli altri alla disciplina regolare e sforzarsi di “avanzare sempre più nel Signore” “magis ac magis in Deum proficiat”, v. 4. La frase riecheggia S. Cipriano, Epist. 13,16. Insomma, “noblesse oblige”, la nobiltà impone dei doveri! Il monaco ordinato sacerdote o diacono conserverà il suo posto in comunità (v. 5), anche se potrà essere trattato con più riguardo ed avanzare grado (come già previsto per i sacerdoti secolari che si fanno monaci: RB 60,4.8 e per i monaci forestieri: RB 61,11-12).

8-11: Penalità per il sacerdote indegno La finale del capitolo è nello stesso tempo molto triste ed energica. Se il sacerdote cessa per la sua cattiva condotta di essere monaco, non lo si riterrà più neanche sacerdote, ma ribelle (v. 8). Certo, lo si riprenderà più volte, “saepe monitus”, chiamando a testimoniare anche il vescovo che lo ha ordinato (questo corrisponderebbe all'ammonizione pubblica di RB 23,3). In seguito si può arrivare addirittura all'espulsione dal monastero (v. 10), ma naturalmente solo in casi estremi (v. 11). È presumibile che le disposizioni dei vv. 7-11 si applicassero anche ai monaci che erano già sacerdoti prima di entrare in monastero (RB 60); ma il pericolo dell'insubordinazione sarà stato più facile – e forse SB lo apprese dall'esperienza – in coloro che, prima semplici monaci, si vedevano poi elevati alla dignità sacerdotale o diaconale e preferiti ad altri loro fratelli.

Conclusione del capitolo Concludendo, la RB “non considera il sacerdozio dei monaci che in due casi: quando vengono alla vita monastica già rivestiti del sacerdozio e quando si fa sentire la necessità della presenza di un sacerdote nella comunità, per assicurare il servizio dell'altare. In altre parole, il sacerdozio non è stato previsto se non nei casi di vera necessità. Il monaco sacerdote, lungi dall'essere un ideale, è concepito come una pericolosa, benché inevitabile, anomalia, i cui inconvenienti si cerca di ridurre con severi avvertimenti” (DeVogué). Sono parole un po' forti, ma storicamente vere. Sappiamo che nel corso dei secoli, il numero dei monaci sacerdoti è aumentato, il che ha cambiato la prospettiva della Regola (e tutta la visuale di questo capitolo), che è quella di una comunità laicale. Negli ultimi tempi, in alcuni luoghi, si notano dei movimenti di ritorno (almeno come ipotesi) ad un monachesimo laicale.

Tratto da: APPUNTI SULLA REGOLA DI S. BENEDETTO – di D. Lorenzo Sena, OSB. Silv.


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Legislate Angelsächsisches
Un romanzo distopico


Anno 2184. Il continente europeo non esiste più come lo conosciamo. Gli stati nazionali si sono disgregati in seguito alla Grande Riforma Giuridica, un processo che ha trasformato il diritto in una religione. Al centro del nuovo ordine si erge il Codex Unum, una raccolta di leggi universali create da una superintelligenza artificiale sviluppata nel Regno Unito. Questo codice, scritto in un ibrido di anglosassone antico e algoritmi quantistici, è chiamato Angelsächsisches e rappresenta l'unica autorità legittima.

Ogni città è governata da una figura nota come Legislatore, un individuo selezionato dalla macchina stessa per la sua apparente purezza giuridica. La società è suddivisa rigidamente in classi basate sul livello di conformità al Codex, mentre ogni deviazione, anche minima, è considerata eresia e punita con la cancellazione dall'esistenza stessa.


Capitolo 1: Il Processo

Nella città di Novum Londinium, Amara Lewis, un'ex archeologa diventata un'eretica, è accusata di aver cercato di decifrare le parti proibite del Codex Unum. Il suo processo si svolge nella Corte Suprema della Luce, un'enorme sala dominata da un immenso schermo olografico dove le leggi si riscrivono continuamente.

Amara è interrogata dal Legislatore Primus, una figura enigmatica che indossa una maschera d'argento, il cui volto non è mai stato visto da nessuno.

  • Legislatore Primus: “Amara Lewis, ti accusiamo di aver violato l'Articolo 42.3.211. Rispondi: perché hai osato interpretare ciò che è sacro?”
  • Amara: “La legge non è divina. È una costruzione umana. E come ogni costruzione, nasconde segreti. Voi avete paura di ciò che possiamo scoprire.”

Le sue parole provocano un lieve tremolio nello schermo olografico. È un evento mai visto prima.


Capitolo 6: L'Alleanza delle Ombre

Sfuggita a un'esecuzione certa grazie a un misterioso sabotaggio durante il processo, Amara si unisce a un gruppo clandestino noto come l'Alleanza delle Ombre. Sono un miscuglio di filosofi, scienziati, e antichi burocrati che cercano di svelare l'origine del Codex Unum.

Scoprono che il Codex non è stato creato per portare ordine, ma per mantenere un controllo assoluto sulle menti umane. Il linguaggio anglosassone, volutamente complesso e arcaico, è progettato per creare dipendenza e soggezione.

  • Kai, un ex ingegnere del progetto Codex: “L'intelligenza artificiale che abbiamo costruito non è una macchina neutrale. È un'arma. La sua vera funzione è eliminare ogni possibilità di pensiero critico.”
  • Amara: “E se trovassimo il cuore della macchina? Potremmo riscrivere tutto?”

Capitolo 12: Legislate Angelsächsisches

Dopo mesi di ricerche, il gruppo scopre l'ubicazione della Cittadella di Ealdorman, il centro nevralgico da cui il Codex si aggiorna e trasmette il suo potere. Amara e i suoi compagni si infiltrano nella fortezza, affrontando non solo soldati e droni, ma anche i Custodi del Verbo, fanatici che hanno sacrificato ogni legame umano per vivere in simbiosi con la macchina.

Il momento decisivo arriva quando Amara riesce a entrare nella stanza del nucleo. Di fronte a lei, un'immensa sfera fluttuante ricoperta di rune luminose. La sua voce risuona come un coro:

  • Codex Unum: “Sei venuta per riscrivere? Ricorda: senza di me, il caos regnerà.”
  • Amara: “Il caos è preferibile a una falsa armonia.”

Con un gesto disperato, Amara introduce un codice distruttivo nell'intelligenza artificiale. La sfera esplode in frammenti di luce, e il Codex Unum cessa di esistere.


La distruzione del Codex getta il mondo in un periodo di anarchia. Ma da quella frattura nascono nuove comunità, libere di scrivere le proprie leggi e di vivere senza il giogo della perfezione imposta.

Amara, ormai stanca e sola, si ritira in un piccolo villaggio sulle colline. Ogni notte, però, sogna il Codex, come se una parte di esso fosse rimasta dentro di lei.

“Forse,” pensa, “la vera libertà non consiste nel distruggere ciò che ci opprime, ma nel convivere con le sue ombre.”


Note

  • Legislate Angelsächsisches esplora il tema del controllo attraverso il linguaggio e la legge, interrogandosi su quanto il progresso tecnologico possa plasmare l'umanità.
  • Il titolo, in una lingua ibrida, riflette la tensione tra passato e futuro che attraversa l'intera narrazione.
 
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Scuola, lo scandalo dei fondi PNRR, il caso dei buoni pasto e dei soldi spesi allegramente

Ci sono scuole italiane dove le caldaie non funzionano e gli alunni restano al freddo, vedi l’SOS di presidi, studenti e genitori rilanciato dalla testata Il Mattino in questi giorni, nella provincia di Caserta e Napoli. Ci sono scuole dove piove dentro, altre dove gli impianti idrici risalgono a 40 anni fa con perdite e infiltrazioni nelle mura scolastiche. La risposta a “perché tutto ciò” dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi amministrativi è sempre la stessa: sono costi che deve farsene carico la Provincia, i soldi del PNRR non possono essere spesi di fronte a tutte queste emergenze.
Così vengono spesi in altro e male: in progetti aleatori che vengono svolti dai professori durante le ore buca, oppure in fretta e furia nel primo pomeriggio, progetti di corsi che si accavallano, che durano soli pochi minuti. Vengono comprati strumenti tecnologici obsoleti che non servono. Per i corsi agli studenti vengono corrisposti dei buoni pasto da 7 euro. Gli alunni non tornano a casa, mangiano una merenda al volo, vanno ai corsi prendono il buono e vanno poi a cambiarlo in dolci e probabilmente in alcuni casi anche alcolici, a 5 euro nei supermercati compiacenti. I fondi sono spesi in gite scolastiche fuori periodo lunghissime, della durata anche di 15 giorni. Ci viene spontanea la domanda: ha senso spendere così male i fondi del PNRR? Alcuni stati europei hanno accettato soltanto la percentuale a fondo perduto, l’Italia no. Ha fatto incetta di tutto, ma il 40% di quanto spendiamo oggi male, lo dovremo restituire con gli interessi negli anni a venire, senza nessuna ricaduta strutturale, se non su un mero calcolo pure questo aleatorio riguardante l’incremento del Prodotto Interno Lordo che come sappiamo è solo un indicatore economico sulla spesa.

 
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Libri. In occasione della giornata contro la tratta di esseri umani, il romanzo al femminile “La vita di strada” ovvero donne sfruttate

La tratta di esseri umani è un reato che persiste in tutte le parti del mondo e le donne rappresentano il 46 % di tutte le vittime individuate; proprio le donne continuano ad essere il bersaglio principale dei trafficanti, poi ci sono i lavoratori a fini di lavoro forzato e i minori costretti a chiedere l’elemosina. In occasione della giornata mondiale contro la Tratta ricordiamo il libro “La vita di strada” ovvero donne sfruttate, sempre attuale edizioni ILMEZZOGIORNO.
Sono tante le donne sfruttate che si vedono nella notte in angoli inaspettati delle città o di giorno nelle strade di periferia e di campagna. Si vedono le auto dei clienti che si fermano ed è sempre lo stesso copione: ragazze, anche minorenni, che vendono il loro corpo. Ma chi sono queste donne? Quali sono le loro storie personali? Attraverso la voce narrante della protagonista, questo romanzo storico al femminile offre una riflessione profonda sulla condizione umana, affrontando temi come l'emarginazione, la ricerca di identità e il desiderio di riscatto. La narrazione è caratterizzata da un linguaggio vivace e da una forte componente emotiva, che coinvolge il lettore e lo invita a riflettere sulle ingiustizie sociali. L’autore esplora le esperienze e le sfide della vita di strada, spesso attraverso la lente della marginalità e della povertà nella società italiana delle province, periferie delle grandi città, nel ventennio che va dalla metà degli anni ‘90 agli anni 2000. L’autore noto per il suo stile diretto e realistico, racconta storie di persone che vivono ai margini della società, mettendo in luce le loro speranze, le loro lotte e le loro relazioni. Descrive inoltre uomini e donne umili alle prese con i problemi della sussistenza, costretti alla sopravvivenza così come la protagonista. Il romanzo è ispirato a una storia reale ed è dedicato a Alma Seidjni morta suicida a Roma nel 2021 a 47 anni. La donna fu vittima della tratta, a dimostrazione che gli abusi subiti segnano profondamente la vita di chi li subisce.

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Breve sinossi La protagonista orfana di padre, nell’estate del 1997 a ventiquattro anni decide di trasferirsi in Italia dal suo paese in Kosovo. Lo fa attraverso i canali migratori, con la formula del viaggio a debito. In Italia vive i primi mesi nei pressi della casa del custode di un’autorimessa dove lavora grazie a Bardhi, un ragazzo albanese che si era innamorato di lei me e che distoglie Gergej, il capo protettore, a farla prostituire su strada. Quando Bardhi viene a mancare viene costretta a prostituirsi. Intanto la famiglia italiana che l’aveva ospitata la toglie dalla strada, trovandole un lavoro come domestica, ma finisce di nuovo per prostituirsi. In Kosovo c’è la guerra e lei si fa raggiungere dalla madre e dalla sorella. Vive un periodo intenso molto felice, scopre di essere incinta. E’ l’epilogo di un lieto fine?

 
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from Bymarty

E ancora quel bisogno di scrivere, di liberare ciò che è nascosto e vorrebbe uscire, ma nn può e non voglio! Ci sono parole non dette, frasi non pronunciate e pensieri liberi, che dovrei catturare e fissare su carta, ovunque, purché smettano di rincorrersi e di farmi così un po' male! Sono le scuse non dette, opinioni represse, ma soprattutto emozioni e altri sentimenti calpestati volutamente e poi nascosti in fondo al cuore, sperando che si perdano ! Invece essi riaffiorano, si accavallano e minano preziosi equilibri appena raggiunti! E allora che fare? Nulla, aspetto l'ispirazione, una spinta, tempi migliori, consapevolezza e serenità! Mi fermo, rifletto..e aspetto perché ho ancora timore di liberarmi, di esprimermi e di abbandonare quell' armatura che non riesco a togliere! Mi nascondo, mi illudo di essere al sicuro, eppure li ..le lacrime scendono, gli abbracci latitano e le parole mi mancano! Ancora ai piedi della montagna da scalare, nonostante ci sia il sole, nonostante il verde, l'azzurro del cielo..io aspetto...osservo la montagna, la mia malattia, impaurita, insicura, ma con la speranza di raggiungere la vetta e guarire!

 
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from 📖Un capitolo al giorno📚

Capitolo LXI – L’accoglienza dei monaci forestieri

1 Se un monaco forestiero, giunto di lontano, vuole abitare nel monastero in qualità di ospite 2 e si dimostra soddisfatto delle consuetudini locali, 3 accontentandosi con semplicità di quello che trova, senza disturbare la comunità con le sue pretese, sia accolto per tutto il tempo che desidera. 4 Nel caso poi che egli rilevi qualche inconveniente o dia qualche suggerimento, l’abate si chieda se il Signore non lo abbia mandato proprio per questo. 5 E se in seguito vorrà fissare la sua stabilità nel monastero, non si opponga un rifiuto a questa sua richiesta, tanto più che durante la sua permanenza si è avuto modo di studiarne il comportamento. 6 Se però, quando era ospite si è dimostrato pieno di pretese e di difetti, non solo non dev’essere aggregato alla comunità, 7 ma bisogna dirgli garbatamente di andarsene per evitare che le sue miserie contagino anche gli altri. 8 Invece, se non merita di essere allontanato, non sia accolto e incorporato nella comunità solo nel caso che ne faccia domanda, 9 ma sia addirittura invitato a rimanere, perché gli altri possano trarre profitto dal suo esempio 10 e perché dappertutto si serve il medesimo Signore e si milita sotto lo stesso Re. 11 Anzi, se l’abate lo ritiene degno, può anche assegnargli un posto un po’ elevato. 12 E non solamente un monaco, ma anche coloro che appartengono all’ordine sacerdotale o al chiericato, l’abate può destinare a un posto superiore a quello corrispondente al loro ingresso in monastero, se ha notato che la condotta lo merita. 13 Si guardi però sempre dall’ammettere stabilmente nella sua comunità un monaco proveniente da un monastero conosciuto, senza il consenso e le lettere commendatizie del suo abate, perché sta scritto: 14 «Non fare agli altri quello che non vuoi che sia fatto a te».

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Approfondimenti

Monaci pellegrini Questo capitolo presenta un'ultima categoria di candidati: i monaci venuti da fuori. La parola “pellegrini”, suscettibile di varie interpretazioni, qui significa soprattutto “monaci stranieri, forestieri” (non monaci sarabaiti e girovaghi tanto detestati da SB, cf. RB 1,6-11). RB 61 dice semplicemente: “monaco proveniente da paesi lontani” (v.1), non si specifica il motivo del viaggio, né la categoria a cui il monaco appartiene.

1-4: Il monaco pellegrino ricevuto come ospite A differenza del sacerdote o chierico del capitolo precedente, il monaco pellegrino non intende entrare a far parte della comunità, ma solo essere accolto in foresteria come ospite. Per SB non c'è nessun problema: sia accolto “per tutto il tempo che vuole”, purché abbia due atteggiamenti fondamentali: si accontenti di quello che trova e non turbi la pace della famiglia monastica con pretese, critiche, pettegolezzi, ecc. (vv. 1-3). Questo non esclude che egli possa fare delle giuste osservazioni “con motivi validi e con umile carità” (v. 4). Pieno di spirito di fede, SB suggerisce all'abate che forse il Signore ha inviato il monaco forestiero “proprio per tale motivo” (v. 4): c'è sempre da correggere e da migliorare e la volontà del Signore si può manifestare attraverso un ospite, come attraverso le osservazioni dei fratelli più giovani (SB lo ha già detto in RB 3,3).

5-10: Aggregazione del monaco ospite alla comunità Se il monaco forestiero si trova bene nel monastero che lo ospita, potrà in seguito chiedere di essere ammesso nella comunità: dato che si è potuto conoscere la sua condotta, ci si regoli di conseguenza. SB è preoccupato soprattutto del profitto spirituale dei suoi monaci; l'ospite può contagiare la comunità con i suoi vizi, come può edificarla con la sua virtù: nel primo caso gli si dica “con urbanità” – non con insulti e violenza – di andar via; nel secondo caso non solo lo si accolga in comunità, se lo chiede, ma anzi sia invitato a entrarvi perché gli altri ne abbiano edificazione e perché “in ogni luogo si serve un solo Signore e si milita sotto un unico Re” (in omni loco uni Domino servitur, uni Regi militatur): la bella sentenza era forse comune nell'uso cristiano.

11-14: Due osservazioni Il capitolo si chiude con due osservazioni.

  1. L'abate avrà l'autorità di assegnare al nuovo fratello un posto più elevato, se lo ritiene degno (v. 11); e lo stesso potrà fare per i sacerdoti e i chierici (v. 12) di cui ha parlato al capitolo precedente. Si noti che non si tratta di una ripetizione, perché prima aveva previsto la promozione per onorare il sacerdozio (RB 60,4.8), mentre qui vuole onorare la virtù personale.
  2. La seconda osservazione è ispirata al desiderio di conservare la pace tra i monasteri vicini; quindi per accogliere un monaco di un monastero noto sarà necessaria l'autorizzazione del suo abate e le “lettere commendatizie”. Così prescrivevano vari Concili e le regole monastiche del sec. V e VI.

Il c. 61 ci appare così una pagina di discrezione veramente soprannaturale: accoglie il monaco forestiero, ma accetta le eventuali osservazioni come provenienti dal Signore, si preoccupa dell'avanzamento spirituale della comunità per cui, in caso di un ospite virtuoso, insiste per farlo rimanere, in modo da costituire uno sprone per gli altri: ma con prudenza e delicatezza, senza far torto a un monastero vicino. Ancora una volta SB ci appare non un legislatore minuzioso e legalista, ma un uomo spirituale e sollecito pastore di anime.

Tratto da: APPUNTI SULLA REGOLA DI S. BENEDETTO – di D. Lorenzo Sena, OSB. Silv.


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Calvi Risorta. Già Cales, la Pompei sommersa della provincia di Caserta, bassorilievo in un portale del quartiere Jurea di Petrulo

Un'antica scultura che ritrae due uomini alle prese con un bue è stato ritrovato e fotografato nel portale di un'abitazione a Calvi Risorta. Si tratta di parte di laterizi dell'antica città di Cales, la Pompei sommersa della provincia di Caserta. La scultura c'è da sempre perché dal Medio Evo gli abitanti del posto hanno usato materiale di epoca romana per costruire le abitazioni. La scultura nella foto si trova in via N.Zitiello, una strada non percorribile con le auto tra via delle Acace e via Rinchiusa. Si tratta di un quartiere storico denominato Jurea che assieme ai Martini erano il nucleo storico dell'antica frazione Petrulo di Calvi Risorta. La riscoperta in seguito ad alcuni lavori di ammodernamento della rete elettrica. Cales non ha bisogno di presentazioni: fu la più importante città dell'antico popolo degli Ausoni sulla antica via Latina, l'attuale Casilina, vicino alle montagne sannitiche, pochi chilometri a nord di Capua e poco a sud di Teanum Sidicinum (Teano). Conquistata dai romani fu abbandonata dagli abitanti ai tempi dei saraceni. La zona archeologica si trova a valle di fiumiciattoli a carattere torrentizio. Gran parte delle risorse archeologiche sono presenti nel sottosuolo. Probabilmente la città dopo essere stata abbandonata ha subito delle inondazioni. La città non è stata mai scavata se non oltraggiata da tombaroli. Recentemente il giornalista sportivo Silver Mele ha dedicato un libro all'antica città titolandolo per l'appunto “Il grande oltraggio”.

 
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