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from lucazanini

[statistiche]

nemmeno uno a perdita [ogni cinque cinquanta centesimi verranno] donati oppure corrisposti] ogni cinque cinquantuno dei resti aspettano] nello showroom un contributo di] riflesso [visualizzazioni questo mese ogni cinque] ci sono i blocchi mentre dormivano la politica] del risparmio l'aviaria collaterali donano per mille un'ora [denti nuovi no] more freelance] su misura i centri che impiegano la camerata con gli attrezzi il suono] [viene emesso a pagamento

 
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from differx

sotto il regime sionista è del tutto casuale vivere o morire. la bomba cade qualche centinaio di metri più in là, vivi; altrimenti muori. ti negano il visto per uscire e farti curare dove ancora ospedali esistono, muori; il burocrate di turno è distratto e gli cade la firma su un permesso, tu vivi, forse. l'ambulanza passa, forse vivi; l'ambulanza viene bloccata per due, tre, cinque ore, muori. una disattenzione del soldato che manovra il drone e fai in tempo a ripararti, altrimenti sei puntato e ucciso. il cecchino starnuta e vivi, è concentrato e muori. non è che vivi perché sei un bambino di sei anni o un'anziana di ottanta; è semmai perché lui ha un colpo di tosse, o in quel momento ha lasciato la postazione per farsi un selfie. questa remissione di ogni onore e rispetto, di ogni elemento umano, per affidare invece tutto alla macchina di morte, che passando lascia qualche alone di vita solo per errore, è israele. israele ha dimostrato di essere questo in quasi un secolo di vita propria e morte altrui. e proprio luminosamente questo è apparso chiaro negli ultimi due anni. senza la più vaga ombra di dubbio.

 
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from differx

un po' dopo il 2000, quindi a trentuno anni suonati da vari mesi, e forse anche oltre, ho pubblicato alcuni versi in una delle migliori/maggiori riviste cartacee (ancora in attività oggi), ossia “l'immaginazione”, èdita da Manni. la consideravo (ed era) una prima uscita – diciamo così – prestigiosa. sentivo che era scattato un click. una specie, insomma.

non che non avessi scritto cose di qualche pregio, prima (ero pur sempre uscito con una lunga prosa sulla straordinaria “Rendiconti”, di Roberto Roversi, nel 1997 quindi a 28 anni) ...però per molti aspetti era la situazione della poesia e della prosa in Italia a rivelarsi o a mio avviso apparire (e a posteriori direi che non avevo torto) depressa, piagnona e petrarcaica. questo, volendo tenersi cauti & buoni. la stessa sperimentazione, secondo me ritiratasi in una foresta fonosemantica tra il noioso e l'agghiacciante, pareva in stallo. voglio dire che, insomma, non c'era da sentirsi allegri. ma mettersi in ascolto sì, certo. sempre e comunque.

quello che è successo dopo l'ho raccontato varie volte (con le date 2006 https://gammm.org, 2009 Prosa in prosa, e 2013 Ex_it – Materiali fuori contesto, solo per iniziare). ok. però ciò che mi interessa annotare qui è che – come in tutto quel Novecento in cui tengo ancora un piede ossia ricordi vari – esordire era ancora, tra anni Ottanta (prime mie prove: 1989) e inizio Duemila, attendere attendere e ancora attendere. riprovare. studiare parecchio e inviare materiali a riviste, confrontarsi con le redazioni. riconsiderare i materiali, barrarne alcuni, magari parecchi. incassare critiche e ragionare su variazioni di percorso. eccetera.

bon. ora farò il vecchio boomer e dirò che: oggidì (!) non i trentenni ma già i ventenni e magari pure gli adolescenti e preadolescenti avanzano sparando a caso, correndo, e azzannano i social e le riviste in rete con testi invariabilmente frutto di immaturità e ingenuità anagraficamente spiegabilissime, come se però stessero proponendo ai lettori l'ultimo effato dello Spirito hegeliano. l'unica cosa veramente in sincrono col cosmo.

per non parlare del versante teorico che raramente si trattengono dal mettere in campo per puntellare l'effato. il loro kitsch asfalta ogni lettore minimamente sensibile. mi fermo qui.

p.s. al momento sono proprio pochi, assai pochi, gli autori di venti o trent'anni che stiano con sicurezza viaggiando verso una maturità o l'abbiano pressoché raggiunta. faccio sempre i nomi di June Scialpi e Antonio Francesco Perozzi. o del collettivo Angolo Cieco. non sono i soli ma vanno citati per primi.

ma altre annotazioni farò più avanti. ... [continua] [forse]

 
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from ᗩᐯᗩIᒪᗩᗷᒪᗴ

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Certe storie possono arrivare solo dall'America, terra di grandi contraddizioni e di speranze, ove può accadere tutto e il contrario di tutto. Succede, allora, che un grande musicista, come Charlie Parr, abbia vissuto ai margini del music business per anni, producendosi i dischi da solo (o con la collaborazione di microscopiche etichette) e suonando in piccoli locali praticamente a prezzo di costo. Poi, quando le cose sembravano immodificabili e i sogni di gloria evaporati sotto l'amara benedizione degli dei della realtà, qualcosa succede... https://artesuono.blogspot.com/2015/07/charlie-parr-stumpjumper-2015.html


Ascolta il disco: https://album.link/s/4k4Acx6Tx3mVSTXcEFmOmd


 
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from 📖Un capitolo al giorno📚

19. Spesso succede che chi all’inizio ascoltava volentieri, poi si stanca di ascoltare o di stare in piedi, e comincia ad aprir bocca per sbadigliare invece che per lodare, tanto da farci capire, magari senza volerlo, che se ne vuole andare.

Se ce ne accorgiamo, vediamo di sollevarlo:

  • o con qualche facezia riguardante l’argomento che trattiamo,
  • o presentando qualche racconto che susciti interesse e stupore, o anche provochi dolore e lacrime.

L’argomento lo riguardi personalmente, e così punto dall’interesse si sveglierà.

Tuttavia stiamo attenti a non urtare la sua riservatezza, ma stimoliamolo con la familiarità.

Se occorre, facciamolo sedere. A parte il fatto che sarebbe meglio far sedere gli uditori fin dall’inizio. So che in alcune chiese d’oltremare son più previdenti e offrono la possibilità di sedere non solo ai vescovi e ai preti che parlano, ma anche al popolo che ascolta, e così evitano che le persone più deboli si stanchino e si distraggano, e controvoglia se ne debbano andare.

È molto diverso se si allontana dall’assemblea radunata, per riprendersi un po’, uno che già ha ricevuto i sacramenti, e si allontana invece (e a volte non può farne a meno, altrimenti sviene e cade) uno che viene per la prima volta a riceverli. Egli non ha il coraggio di spiegare perché se ne vada e d’altra parte non riesce a stare in piedi.

Lo dico perché già m’è successo: fece così un contadino, mentre stavo istruendolo, e imparai a stare più attento.

Come può essere giustificata la nostra presunzione, se non permettiamo di star seduti ai nostri fratelli, o, peggio ancora, a coloro che istruiamo perché lo diventino, mentre invece quando parlava il nostro Signore, a cui gli angeli servono, una donna l’ascoltava seduta? (cf. Lc 10,39).

È chiaro che, se il discorso sarà breve, o non c’è posto a sedere, dovranno ascoltare in piedi: ma solo se c’è molta gente e non si tratta di iniziazione. Se invece è uno solo, o due, o comunque son pochi, e son venuti per farsi istruire sulla fede, sarebbe uno sproposito tenerli in piedi.

Se invece già abbiamo cominciato così, almeno quando ci accorgiamo che il nostro ascoltatore è stanco, facciamolo accomodare, anzi insistiamo affinché si metta a sedere, e diciamo qualcosa per sollevarlo e togliere il disagio che forse già aveva cominciato a distrarlo.

Se già sta seduto, e non comprendiamo perché non ci voglia seguire, diciamo, o scherzando o con severità, qualcosa che lo metta in guardia dalle preoccupazioni materiali. Se son queste a disturbarlo, basterà nominarle perché si allontanino; se invece non lo sono, ed egli è stanco di ascoltare, nel momento che diciamo qualcosa di imprevisto contro queste preoccupazioni (anche se sbagliamo) solleviamo la sua mente dalla stanchezza.

Ma non teniamola lunga, specialmente se usciamo dall’argomento, altrimenti invece che sanar la situazione la peggioriamo. Accorciamo poi gli altri discorsi, e promettiamo di arrivare alla svelta alla conclusione.

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«DE CATECHIZANDIS RUDIBUS» LETTERA AI CATECHISTI di Sant'Agostino di Ippona con introduzione e note a cura di GIOVANNI GIUSTI Ed. EDB – © 1981 Centro Editoriale Dehoniano Bologna https://www.canoniciregolari-ic.com/s-agostino-catechesi/


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from lucazanini

[provetecniche]

[chiude il teatro lato] strada Stradivari tecnica di ripresa elettrica doppelgänger dal] vivo formano sanno dello scopo della] replica un misto di spezie doppiando il capo l'oppio il muschio onnivoro fuori] il mercurio la coppa] dell'olio della metodica invasiva piombo] a latere [pernottano è gratis è Chopin] filodiffuso

 
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from Die Dämmerung

My zavoevany! Vanny Duši. Lift. Lif duši rasstegnuli, Telo žgut ruki. Kriči, ne kriči: “Â ne hotela!” (Ci han conquistato! Bagni. Docce. Ascensore. Hanno slacciato il corsetto dell'anima. Mani ustionano il corpo Che tu gridi o che no: “Io non volevo!”) Vladimir Majakovskik – iz ulicy v ulicu. Traduzione di Guido Carpi

Alla notizia di intelligenze artificiali che fanno la spesa (la spesa!) al posto nostro, di sistemi operativi con intelligenza artificiale in ogni singolo elemento dell'interfaccia e di un internet che collassa oramai con cadenza mensile non posso che pensare a questa lirica di Majakovskik poco prima della rivoluzione nel 1913. Probabilmente la mia interpretazione sarà sbagliata, ma la successione di “bagni/docce/ascensori” non è casuale. In russo, come visibile sopra, sono rispettivamente “Vanny/Duši/Lift” e nel verso dopo “Lif duši rasstegnuli” si può notare come ascensore e bagno siano simili a “slacciare” e “anima” (posto al genitivo, dunque con valore di dell'anima). Forse un'iperbole o un caso, ma già allora si vedeva come la tecnologia stesse uccidendo il contatto dell'uomo con la natura, un processo che ora mi pare si sia spostato all'intelletto e alla nostra integrità morale. In poche parole, ci stanno facendo a pezzi, l'anima l'hanno slacciata da un bel po'. Il punto, è che oggi come allora, sia che gridiamo o che non gridiamo, non possiamo fermare qualcosa di irreversibile.

 
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from differx

ho smesso di avere rispetto per un intellettuale/editore con cui dialogavo fino a uno o due decenni fa, quando ho constatato che il suo narcisismo personale da una parte e la sua anaffettività verso la sofferenza del popolo palestinese dall'altra erano talmente forti da fargli fare un giro completo intorno ai suoi atteggiamenti esterni, esibiti, facendolo sembrare agnello candidissimo. umile e riservato, in ascolto e aperto. rifletto: forse sarebbe un sionista perfetto, tutto sommato. dei cani (del sinai) uno direbbe: gli manca la parola. (in realtà non solo non gli manca, ma è un cristinacampiano tritacarne di diritti e sensibilità altrui). (solo, ama cifrarsi). (la solita minchiata paolina sugli specchi e gli enigmi).

*

bon. non c'entra, o non del tutto, ma – a proposito di cani (del sinai) – ecco: https://t.ly/YiBWu (bisogna leggere, attenzione, tutti i riquadri ai quali il post rinvia).

 
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from ᗩᐯᗩIᒪᗩᗷᒪᗴ

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L’equilibrio instabile tra autenticità e teatrino messo in piedi per piacere a tutti i costi (leggi: paraculaggine) è forse la più grande questione irrisolta, nell’attuale panorama musicale, questo perché molti hanno scoperto che la prima può anche appartenere al mainstream e la seconda spesso si insinua – in molti casi tracimando – in quello che un tempo avremmo chiamato “alternative”. Tutto, in questo schema interpretativo, congiurava dunque contro i Foals, band major che però, come molte altre, si rivolge ad un pubblico poco mainstream... https://artesuono.blogspot.com/2015/09/foals-what-went-down-2015.html


Ascolta il disco: https://album.link/s/0RyCpIKlCV0kgEuzrmp73O


 
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from 📖Un capitolo al giorno📚

XIII – Essere attenti agli uditori

18. Ma, tu dici, è penoso continuare a parlare sino alla fine, quando chi ci ascolta non dà alcun segno di trarne vantaggio.

Forse per religioso rispetto non ha il coraggio di manifestare, a parole o con gesti, la propria approvazione; o forse è timido; o non capisce ciò che ascolta, o non gli piace.

E se non sappiamo il perché — dato che non riusciamo a leggere dentro nel cuore — metteremo in atto tutti i mezzi dell’oratoria che possano scuoterlo e farlo uscire allo scoperto.

Lo esorteremo con delicatezza a vincere il timore che gli impedisce di esprimere il suo pensiero, ricordandogli che si trova tra fratelli, chiedendogli se ha capito e invitandolo a esprimersi liberamente, qualora avesse qualcosa in contrario.

Gli si chiederà se abbia già sentito trattare l’argomento, e non gli interessi perché già lo conosce; e, a seconda della risposta, si vedrà di parlare con maggior semplicità e organicità, o controbattere le opinioni errate, o riassumere brevemente quel che già conosce.

Sceglieremo poi qualcuno dei passi più sublimi della Scrittura, o del racconto che abbiamo fatto, perché la nostra esposizione nel momento che ne ricaviamo il senso profondo, gli diventi più gradita.

Se poi quello è proprio ottuso, refrattario a ' gustare quanto gli diciamo, anzitutto lo compatiremo. Poi daremo una scorsa alle altre cose, e gli inculcheremo l’essenziale: l’unità della chiesa cattolica, lo scopo delle tentazioni, il comportamento morale del cristiano in vista del terribile giudizio. E parleremo più a Dio di lui, che a lui di Dio.

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«DE CATECHIZANDIS RUDIBUS» LETTERA AI CATECHISTI di Sant'Agostino di Ippona con introduzione e note a cura di GIOVANNI GIUSTI Ed. EDB – © 1981 Centro Editoriale Dehoniano Bologna https://www.canoniciregolari-ic.com/s-agostino-catechesi/


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from lucazanini

[caffeine]

è una rapina con le maschere] degli Antenati l'area] letteraria cantano] con le bocche del corpo a corpo mistress  i prezzi bassi sonymatic [i paesi bassi cinquanta lire ogni cento pagine Nervi [in senso lato le miscele con i grani le combustioni armate si commuovono fanno] le aste dei condomìni minitalia parenti agfaprint sperimentali les Annales giòponti-trentadue piani comincia] [daccapo okay il caffè kaffa kyrie brandy] affinato o moka gli] acquisiti i [tutori in palissandro distrutto con la dinamite l’ecomostro a pagina] due

 
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from Transit

(181)

(S1)

Spesso sui social capita che, se parli sempre e solo di una certa causa (per esempio la #Palestina) qualcuno ti accusi di non interessarti ad altri drammi, come quelli che succedono in #Sudan o in altri luoghi del mondo. Questa è una questione che merita un po’ di chiarezza, perché il punto vero è un altro: nessuno di noi è un’agenzia di stampa, e non parlare di una cosa non significa affatto fregarsene. La verità è che tutti noi abbiamo dei limiti: di tempo, di energie, ma anche di capacità emotiva.

Non possiamo essere costantemente presenti su ogni emergenza, su ogni ingiustizia, su ogni tragedia che si presenta nel mondo. E, sinceramente, provarci significherebbe anche rischiare di annullare noi stessi, perdendo quella sensibilità che ci spinge a interessarci davvero di alcune questioni.

La partecipazione emotiva è inevitabilmente selettiva: ci sentiamo più vicini e coinvolti in certe storie perché le conosciamo meglio, le capiamo, o semplicemente perché in quel momento sentiamo di poter fare qualcosa di più concreto.

Non è una questione di indifferenza verso le altre cause, ma una scelta, consapevole o meno, di dove concentrare le nostre forze, anche per proteggere la nostra salute mentale. E poi, diciamolo: sui #socialmedia la pressione è fortissima. Se non ti vedi parlare di tutto, c’è chi pensa che non ti importi. Ma questa è una falsa aspettativa.

(S2)

La responsabilità di dare voce a ogni singola emergenza non spetta a noi singoli individui, ma a un sistema di informazione ben più complesso. Noi partecipiamo con ciò che possiamo, con quello che sappiamo, con quello che ci muove davvero.

Quando vedi qualcuno che si concentra spesso su una sola causa, non darla per scontata: può significare un impegno profondo, non una mancanza di interesse per il resto. E chi ti conosce sa che dietro quel silenzio ci sono comunque solidarietà, preoccupazione e rispetto. Non serve parlare di tutto per esserci davvero.

In fondo, la vera indifferenza è un’altra cosa: è non provarci nemmeno, è non farsi toccare da niente, è voltare le spalle senza nemmeno chiedersi come si potrebbe fare la differenza. La partecipazione selettiva, invece, è umana, corretta e spesso necessaria. Insomma, non siamo agenzie di stampa, ma persone. E va bene così.

#Blog #SocialMedia #Opinioni #EmpatiaSelettiva #PartecipazioneEmotiva

 
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from norise 3 letture AI

L’animula

non ha occhi che per voi occhioni grandi innocenti vi leccherebbe anche l’anima

tradendo di voi la parte buona ve ne liberate lasciando si maciulli in tangenziale

ancora non avrà occhi che per voi la sua animula sempre a perdonare voi bestie umane-non-umane

1.1.24

Versione lirica

L’animula non vede che voi
occhioni aperti, innocenti, grandi come lune;
vi sfiorerebbe l’anima con lingua di miele.

Tradisce in voi la parte più tenera,
e voi — per liberarne il peso — la consegnate
al rumore della tangenziale, perché si spezzi.

Eppure ritorna: ancora non ha occhi che per voi,
la sua piccola anima perdona senza contorno,
vi guarda — bestie umane e non — con lo stesso perdono.


Versione asciutta

L’animula guarda solo voi.
Occhi grandi, innocenti.
Vi leccherebbe l’anima.

Tradite la sua bontà e la buttate
per strada, tra i rumori della tangenziale.

Eppure torna: sempre vi perdona.
La sua animula: occhi solo per voi, voi bestie.

 
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from 📖Un capitolo al giorno📚

XII – Ripetere e rivisitare la verità con gioia

17. Se ci dà fastidio il ripetere continuamente come a dei bambini cose trite e ritrite, vediamo di adattarle con amore, paterno e materno e fraterno, ai nostri uditori e in questa unione dei cuori finiranno per sembrar nuove anche a noi. Quando ci si vuol bene, e tra chi parla e chi ascolta c’è una comunione profonda, si vive quasi gli uni negli altri, e chi ascolta si identifica in chi parla e chi parla in chi ascolta.

Non è vero che quando illustriamo a qualcuno il panorama di una città o di un paesaggio, che a noi è abituale e non c’impressiona più, è come se lo vedessimo per la prima volta anche noi? E ciò tanto più quanto più siamo amici: perché l’amicizia ci fa sentir di nuovo dal di dentro quel che provano i nostri amici.

Se poi nella contemplazione siamo riusciti ad andare in profondità, non ci accontentiamo che gli amici si fermino alla superficie ad ammirare l’opera delle mani dell’uomo, ma desideriamo che riescano a cogliere un progetto superiore e giungano ad ammirare e lodare Dio che ha creato ogni cosa per amore. Quanto più dunque dobbiamo godere se gli uomini cominciano a conoscere Dio, da cui prende senso tutto ciò che si capisce, e superare la noia delle cose ripetute mediante la partecipazione attiva alla freschezza delle loro nuove impressioni? Ancora più godiamo poi, se ci rendiamo conto da quali tenebre di errore esca chi ascoltandoci passa alla luce della fede.

E se possiamo essere lieti, quando rifacciamo i sentieri di ogni giorno per insegnare la strada giusta a chi può essersi smarrito, con tanto maggiore impegno e gioia dobbiamo ripercorrere quella dottrina di salvezza che noi già conosciamo per guidare sulla via della pace, che Dio ha dato a noi, un’anima impoverita e affaticata per gli errori di questo mondo.

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