Transit

Rete

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(IS)

C'è da avere una certa tenerezza nei confronti di chi, con inutile (e falso), stupore, ad ogni fatto di cronaca -brutto, bello, inventato- si lagna degli odiatori sui #socialmedia. Un po' come quelli che si definiscono tifosi, per i quali una squadra è “ragione di vita”: così importante da renderli dei perfetti imbecilli, in un campo dove anche gli imbecilli veri sono realmente degli idioti.

Che, poi, bisognerebbe essere più sottili. Un conto sono quelli che sanno tutto e dispensano pillolone di saggezza che farebbero vergognare chiunque fosse almeno vicino alla soglia minima per poterlo definire intelligente. Un altro sono coloro che continuano a vivere Internet come la loro vera esistenza: uno schifo senza vie d'uscita. E ci sono altri, tanti profili di disagiati che cercano solo un pollice o un cuore in più per svoltare le loro meste giornate.

Il pulpito da cui scrivo è oscurato da tutta una serie di evidenti falli sulla riga: la battuta è quella di uno che ha sbagliato come e molto più di altri. Come nei filmetti degli anni '50, dove tutti erano poveracci, ma bellissimi, la mia redenzione passa attraverso la porta della consapevolezza. Indotta, per quieto vivere, ma sincera perchè il tempo perso è davvero troppo. Se tutto resta, sulla rete, siamo comunque spacciati. Tutti.

Perciò combattere l'odio con e la stupidità con la banalità non è 'sto gran servizio. Si perpetra un'idea di se stessi bianco latte, ma piena di magagne egualmente. Si potrà essere adulati per tre o quattro ore, ma la sostanza non verrà spostata di un commento uno. La guerra è stata persa molto tempo fa, milioni di cazzate or sono. Vale la pena sottolineare che “ambiente tossico” sembra l'unica definizione azzeccata di “X”, “Facebook” e altre menate.

(Mask)

Il declino di tutto questo si compie adesso, e continuerà fino all'esaurimento non dell'idiozia -che si rinnova in automatico-, ma del mezzo in sè. Non sarà domani, ne dopodomani e nemmeno tra cento anni. Arriverà e basta. La gente se ne ricorderà come una cloaca pensata apposta per fare soldi e creare malessere, dove continuiamo a sguazzare. Insieme a quegli illusi che pensano di essere quelli che non si sporcano.

#Blog #Haters #Internet #Rete #Opinioni

Mastodon: @alda7069@mastodon.uno Telegram: https://t.me/transitblog Friendica: @danmatt@poliverso.org Bio Site (tutto in un posto solo, diamine): https://bio.site/danielemattioli

Gli scritti sono tutelati da “Creative Commons” (qui)

Tutte le opinioni qui riportate sono da considerarsi personali. Per eventuali problemi riscontrati con i testi, si prega di scrivere a: corubomatt@gmail.com

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Qualche giorno fa, se stavate su “X”, qualcuno avrà saputo di che umore eravate. No, non i vostri “follower”; meglio, non solo. All' “UVM” nel Vermont è stato, già da tempo, messo a punto e migliorato un sistema di indagine denominato “Edonometro”. Detta in soldoni un modello virtuale che analizza l'umore che facciamo trasparire quando inviamo ai nostri amici, o al mondo intero (se vogliamo), un post. Non importa l'argomento o se sia una risposta ad un un altro “cinguettio”: l'edonometro analizza giornalmente cinquanta milioni di tweet e traccia una mappa dei sentimenti espressi sui #SocialMedia. Quindi, almeno in parte, dell'umore di una massa imponente di persone.

L'utilizzo attivo di tale mezzo è ancora abbastanza lontano. Le variabili linguistiche e la difficoltà di un apparato meccanico nell'interpretare le sfumature letterali rendono l'edonometro uno strumento in evoluzione permanente, ma già abbastanza efficace per poter valutare parecchie situazioni generalizzate: sappiamo, quindi, se le cose sono viste con, per esempio, prudenza, o panico, o se, più semplicemente, la gente è arrabbiata e delusa. Appare chiaro come un tale sistema possa, nel futuro (anche se in parte lo sta già facendo) essere assai utile per uno screening psicologico ad uso della sanità pubblica o, più prosaicamente, per indirizzare messaggi pubblicitari sempre più mirati.

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Ma al di là di tali considerazioni ciò che potrebbe farci riflettere sull'immediato è il cambiamento del “mezzo” #Internet, della rete. Se l'affermazione “Il mezzo è neutro: è l'uso che ne fai che lo rende più o meno utile, più o meno pericoloso, più o meno efficace” l'abbiamo recepita, adesso la possiamo ribaltare. Noi siamo il mezzo. L'utente è il mezzo. Chi fa un post non usa solo i Social media: lui è la piattaforma cui guardare. Il suo umore, le parole che usa, l'atteggiamento che ha nei confronti degli altri sono il mezzo. E' un'evoluzione in senso personalistico di internet: è divenuto la rete “delle cose” e chi lo fa girare, chi lo influenza è il singolo, staccato dal resto.

Ciò che potrà divenire questa nuova concezione della rete lo stiamo già scoprendo. Sarebbe utile arrivare ad una consapevolezza piuttosto profonda, intanto, di come noi tutti siamo stati cambiati da questa evoluzione della comunicazione. Renderci conto che si vuole che i nostri sentimenti siano valutabili, spendibili; che ciò che proviamo e che esprimiamo vada al di là della nostra opinione personale e che io, proprio io, sono una rotella dell'ingranaggio. Ci stiamo dentro, non siamo più fuori pensando che le conseguenze si limitino alla “perdita” di follower o di pochi like ai nostri post.

Oltre la gratificazione personale, ci giochiamo perfino l'umore: se stare su “X” o Facebook ci crea ansia e depressione, anche questo disagio ha un suo scopo. E non lo decidiamo. Noi, ingenuamente, continuiamo regalare anima e mente a coloro che vogliono creare persone modellate su un sistema che mira al profitto: potete pensare, se volete, ai bozzoli di “Matrix”, creati per dare linfa vitale al mondo che tutti credono reale. Invece è fittizio, come lo è la notorietà che ognuno di noi pensa o vuole avere. Quasi a tutti costi.

Quindi un mezzo che ingabbia, quasi senza via d'uscita. E tutti, tutti sanno che la porta che conduce al vero cambiamento non è quella di un PC, ma della vita: occorre definirla “reale”? A quanto pare sì. Ed è quella in cui le idee, i confronti, gli scontri, le chiacchiere, lo stato umorale di altri e tutto ciò che ogni giorno incessantemente vogliamo far sapere (ed è un bene, spesso, sia chiaro) devono tradursi in atti, in fatti. Azioni che migliorino noi stessi e la società, prima che tutto si confonda irrimediabilmente. Là fuori.

Piccola nota personale. Centocinquanta post, se non si scrive per mestiere, possono essere tanti. In effetti l'impegno è discontinuo, ma anche bello. Proprio perchè non obbligato. Grazie soprattutto alla mia amatissima moglie Alessandra, per la pazienza e per avermi fatto capire, a forza di dai, la profonda vacuità di tutto questo, che era e resta un esercizio personale per non addormentarsi.

Le foto sono di Lasse Hoile.

#Rete #Opinioni #Post #Blog

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