Transit

arte

Dieci righe 94

(Cormac McCarthy)

Ci domandiamo se l'#arte debba essere scissa da coloro che la creano. Anche meglio: se per un artista che nasce ed opera in uno #Stato che non ci aggrada possa, lo stesso, essere apprezzato, seguito. Se ci vedete un nesso con la situazione nell'Est dell'#Europa ci può stare. #CormacMcCarthy (qui) era Americano, molto molto americano. Talmente tanto da descrivere una di quelle tante facce di una Nazione enorme, contradditoria, violenta e molto spesso poco matura. Lo ha fatto con un linguaggio ed uno stile che, negli anni, è divenuto un metro di paragone, rimanendo irraggiungibile. McCarthy scriveva in maniera sublime: contorta, profonda, spiazzante, che deviava dal già detto, che affondava nella melma della vita devastata di persone ai margini, di psicopatici, di serial killer filosofi (su tutti Anton Chigurh, di “No Country for Old Men.”) Un percorso luminoso, il suo. Eppure nascosto da una quasi impenetrabile coltre di riservatezza. Una fuga da quelle luci del facile consenso che sì ti fa vivere, dona la visibilità, ma che può stare tranquillamente fuori dal quotidiano. Alla domanda dell'inizio, quindi, rispondiamo di sì. Un grande artista, un fenomenale scrittore Americano si può amare. Si dovrebbe, andando per iperboli. Lui sì. (A&D)

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