Il diario di Erik

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Secondo mese

Inizia oggi il secondo mese di ospedale e di malattia. Da questo letto che sopporta il mio peso da un mese provo a fare un primo bilancio . Diciamo che il massimo del risultato è stato raggiunto quando mi hanno autorizzato ad andare in bagno da solo. Detta così sembrava che qualcuno non si fidava di me e voleva continuamente controllarmi che in parte era vero ma perché io non ero in grado di fare niente. Un mese di fatica in palestra, un mese di adattamento, un mese di continuo prendere coscienza della mia condizione, hanno fatto si che adesso quando voglio, quando ho bisogno, non devo più aspettare un infermiere, se non due, che mi preparano per andare in bagno. Penso che questa sia una delle cose più complicate da fare per raggiungere una certa autonomia non solo di movimento ma soprattutto di orgoglio. Tra l’essere seduto e sentire il primo stimolo a l’essere seduto a goderti lo svuotamento delle viscere, c’è un’intero mondo che si è costretti a vivere.

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Inizio.

Passato qualche annetto, metà anno passato a combattere col lavoro mentre mi preparo a trascorrere la restante metà dell’anno a combattere per la salute.

Una notte e in cinque minuti la mia vita è cambiata. Dopo una serata normale dove appena finito il servizio e aver chiuso il locale, mi preparo per andare in bagno. Ero tranquillo, con l’acqua che lambiva la pelle e una sigaretta tra le dita. Soddisfatto mi preparo ad uscire per andarmene a letto. Invece nel momento in cui potevo rivestirmi sento le gambe molli, la testa confusa, il sospetto che qualcosa non va per il verso giusto. In un primo momento mi sfiora il pensiero di aver fatto un bagno troppo lungo, un rilassamento troppo esagerato, le forze però non ritornano. Anzi, mi sento sempre più debole e il braccio che avevo nel lavandino si affloscia e io con lui, terminando la corsa sul pavimento. Avrò ripetuto un centinaio di volte “ non è possibile “ Il sospetto comincia a farsi strada ma la certezza l’ho avuta quando ho provato a parlare: mi sembrava di avere una patata in bocca. A cinquantanove anni un ictus irrompe nella mia vita cambiandola irrimediabilmente.

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