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Recensione di Renzo Montagnoli a DALLE STANZE DEL CUORE E DELLA MENTE

july 22, 2020 by felice serino

Dalle stanze del cuore e della mente

(Poesie 2018)

di Felice Serino

Libreria Editrice Urso

Poesia

Pagg. 56

ISBN 9788869542893

Prezzo Euro 10,00

Sublimare la parola

Felice Serino, più che un poeta, è un artista che vive per la poesia ed è tanto più vero qualora ci si lasci coinvolgere dalla sua consistente produzione che lo vede sulla breccia da molti anni. Con Dalle stanze del cuore e della mente, raccolta di poesie del 2018, l'autore, pur nell'ermetismo che la caratterizza, lascia prorompere una creatività sognante, un'ispirazione profonda che tende a sublimare la parola. In effetti, come nella famosa poesia di Luzi intitolata Vola alta parola, anche in questa raccolta i versi si fanno eteree immagini, spiccano il volo, liberi da qualsiasi legame terreno (da Fonemi – nella bocca della notte / -la luna sopra il petto / il letto è un mare dove sillabe / perdono sangue /…) e, in aggiunta ( Ricordi – confondersi del sangue col colore / dei papaveri nel sole / ampie distese a perdersi / mentre all'orecchio del cuore / a far capolino una / melodia nel tempo andata / ricordi / ci si appiattiva scalzi col fiatone / nell'erba alta / dopo una volata e / in levità d'angeli / quasi non si toccava terra). Quella delicatezza di esposizione, che da sempre lo contraddistingue, trova conferma anche in questa raccolta, è sempre più un segno distintivo del suo stile ed è frutto di come si accosta alla poesia, non con timore, ma con profondo rispetto. Chissà perché credo che questa sua caratteristica sia un che di originario, sia frutto di un sentimento nato in lui le prime volte che scriveva in versi, così che la poesia, la sua creatura, fosse, e probabilmente lo è ancora, avulsa dalla sua volontà, come se lui risultasse solo il semplice braccio di un disegno più ampio da cui inconsapevolmente scaturisce il risultato finale, ed è questo il rispetto per qualcosa di superiore che si compone sotto i suoi occhi. E ancor oggi che l'età non è più quella dei verdi sogni, l'aspetto sognante, l'emotività che si innesta riga dopo riga offre l'impressione di trovarsi di fronte allo stupore e alla serena innocenza di un bambino, come, per esempio, in La passera (memore della bella accoglienza / me la trovo sul davanzale ogni mattina / per “condividere” la colazione / è d'un piumaggio lucido e vellutato / l'ho chiamata “nerina” / …) e probabilmente ancor più con Primavera (capita che il bosco mi parli / ogni volta che abbraccio il “mio” albero / -risale / a un rito atavico / l'abbraccio: patto di luce-amore / mi parla -il bosco / tendendo le mille sue braccia / nell'espandersi in canti che allargano il cielo / ….). La straordinarietà di queste poesie è nella loro semplicità, non disgiunta tuttavia dallo svolgimento di tematiche che inducono più a riflessioni che a interpretazioni perché l'ermetismo dell'autore non esclude mai la facile comprensibilità, circostanza che, in un'epoca in cui spesso mi tocca leggere componimenti che risultano del tutto incomprensibili perché chi li ha scritti non ha idee chiare, conferisce un plus di valore alle stesse. Non credo debba aggiungere altro, se non il mio augurio di buona lettura.

Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941 e vive a Torino. Autodidatta.

Copiosa la sua produzione letteraria (raccolte di poesia: da “Il dio-boomerang” del 1978 a “Dalle stanze del cuore e della mente” del 2020); ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici. E' stato tradotto in nove lingue.

Intensa anche la sua attività redazionale.

Gestisce vari blog e tre siti.

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https://www.arteinsieme.net/renzo/index.php?m=31&det=21559

https://www.poetare.it/recensioni.html

Il poeta-eroe contemporaneo in “Un dove di trasparenze” di Felice Serino

(a cura di Sabrina Santamaria)

La ricerca spasmodica della luce è una costante di Felice Serino; il panteismo è un afflato che lo rende originale come se la seconda variabile (panteismo) fosse direttamente proporzionale alla variabile indipendente (la luce). L'effabile “volo di Ulisse” tra gli amabili versi di Serino solleticano il desiderio di evasione di ogni comune mortale che percepisce dentro di sé un macigno piuttosto del cuore, infatti affrontando le problematiche quotidiane un uomo o una donna si trasforma in un eroe/eroina della contemporaneità. Il nostro poeta si esprime in modo chiaro, non si avvale di uno stile ricercato, questa credo sia una sua caratteristica poetica infatti questa è una delle motivazioni del titolo di questa raccolta poetica. Un aggeggio trasparente ci dà la possibilità di guardare il mondo esistente al di là della trasparenza, ma ciò costituisce un punto di forza o debolezza? Forse un orpello trasparente non è appunto inutile? Oppure ciò che traspare suggerisce anche una certa idea di limpidezza che un medium troppo artefatto non può fornire in quanto illusorio? I testi poetici del nostro autore mettono insieme l'utopia della chiarezza; i sentimenti e le emozioni pullulano fra le sue riflessioni, a volte tristi, a volte malinconiche o ironiche. Le espressioni racchiuse in “Un dove di trasparenze” si accordano con tonalità pacate che donano ai lettori sensazioni serafiche di estasi mistiche, l'attaccamento di Serino alla vita è a dir poco profondo giacché l'amore per la luce si estrinseca nell'imprescindibile culto divino in nome delle istanze vitali che il nostro autore venera al canto delle sue Muse ispiratrici: “La morte ti cerca? /Uscito dal guscio tu sarai altro”, << mi “nascondo” nel corpo/ da me emergono alfabeti afflati/ enunciate sillabe>> questi versi costituiscono un lodevole canto alla speranza di una rinascita, badi bene il lettore che sperare un'alba non equivale a illudersi come un prigioniero che agogna la sua libertà, in guisa della tempra coraggiosa del nostro autore possiamo sostenere che egli è un Ulisse dei nostri tempi perché sa, nonostante tutto, ben sperare quindi la sua armatura è composta da una spada, uno scudo e un elmo ossia metaforicamente: la speranza, il coraggio e la poesia. Gioviali canti sono accostati a inni malinconici però Felice Serino non si abbandona mai a sproloqui laconici ovviamente chi si appresta a leggere le sue poetiche riflessioni potrà schiettamente valutare che egli non è un letterato spartano dai toni rudi o aspri altresì il suo stile poetico non può definirsi del tutto classico o classicista; i suoi versi hanno un patrimonio lessicale colto, ma, allo stesso tempo, il nostro autore serba nell'animo la lodevole premura di farsi comprendere da un target di lettori ampio e questo impegno che il poeta manifesta dovrebbe essere inteso come un potenziale intrinseco che nel corso delle sue pubblicazioni l'autore ha certamente concretizzato con grandi risultati e apportando un profitto umano e di notevole spessore culturale. Felice Serino è un eroe del nostro periodo storico perché si protende verso sentieri che altri intellettuali, per pigrizia o per inerzia, non attraversano più, forse per timore di essere incompresi dalla massa uniformante che dirige l'uomo verso un'unica dimensione (vedi “L'uomo a una dimensione” di Marcuse) tanto è vero che l'umanità contemporanea è plasmata in un'amorfa intelligenza emotiva che la disorienta fossilizzandola in un'esistenza sempre più reietta; “Un dove di trasparenze” è il topos in versi in cui le insufficienze umane divengono palesi suggerendo l'idea di una libertà di espressione ancora oggi carente cioè la possibilità di poter raccontare i drammi, i dubbi, le angosce e le perplessità che pesano come carichi insormontabili nella mente umana soprattutto se non impariamo a saper comunicare e a saper dialogare condividendo con l'altro le nostre paure e anche in questa nuova chiave interpretativa l'eroe-poeta(in questo caso il nostro Felice Serino) assume connotati di una persona che tenta di elevarsi con l'ausilio della forza del grafema-fonema che rende liberi. L'eroe contemporaneo non rimane scevro dalle problematiche quotidiane, ma è colui che le vive metabolizzandole e affrontando le paure di ogni giorno quindi attraverso la presa di coscienza delle proprie debolezze ogni uomo può fortificarsi rigettando l'idea pietistica che causerebbe il nichilismo dell'Io purtroppo già reso vulnerabile da alcuni contemporanei fattori etico-sociali. L'Ulisse dell'Odissea di “Un dove di trasparenze” vuole tornare a un'Itaca interiore, senza confini, ecco la ragion per cui il “dove” del nostro poeta è utopia e allo stesso tempo ucronia perché il naufrago interiore cerca la regione o il porto (definizione di Kurt Lewin) sicuro nelle sfere più recondite di un Io che troppo spesso si smarrisce e brancola nell'oscurità; per venir fuori da questo tunnel la poetica di Felice Serino verseggia fra i fotoni di una luce ontologica e teleologica che ha un grande impatto in ogni lettore assetato di una via che possa donare le coordinate per un'isola ancora da scoprire, individuare i significati nascosti in “Un dove di trasparenze” ci farà valutare la sua fatica letteraria come un' opera molto attuale e giammai obsoleta.

Sabrina Santamaria

L'ANIMO SOSPESO ALLE VARIE DIMENSIONI DELLA VITA: la “VITA TRASVERSALE” di FELICE SERINO (a cura di Sabrina Santamaria)

april 12, 2020 by felice serino

Guardare oltre per scrutare profondamente il riflesso dell'altro, spingersi al di là di ogni immaginazione possibile; questa profonda sensazione mi ha suscitata la lettura della raccolta poetica di Felice Serino “Vita trasversale e altri versi”, un'eclissi dell'anima che conduce passo dopo passo ad un mosaico ultra mondano che il nostro poeta compone. L'ispirazione alla musa non costituisce solamente un retorico artificio letterario, ma un vero e proprio flatus vocis che accompagna il poeta per tutte le sezioni della raccolta. Il poeta, in questo capolavoro, riflette come uno specchio i sentimenti umani, gli intrinseci bisogni della natura umana, come essere che appartiene all'universo e si sposa con esso, infatti l'uomo è l'ornamento perfetto del cosmo, completamento infinitesimale che unisce

il creato a Dio, solo nell'uomo si manifesta quel punto di incontro cruciale con l'Essere Supremo. Serino conia dei neologismi, dei termini che appartengono alle volte al linguaggio della chimica e della fisica, ma che diventano patrimonio inscindibile del suo corredo linguistico. La sua sensibilità osserva la realtà in modo trasversale attraversando i componenti vitali della vita, come gli antichi greci che studiavano l'archè del mondo e la trovarono negli elementi naturali: acqua, fuoco, terra. Come se il nostro poeta vorrebbe partire all'origine primordiale del mondo per concludere con un'unione armonica e pacifica dell'uomo con il creato e Dio, in “Sogno di Cupido” ci descrive la sua visione: “Vedevo nel tempo di Veneralia in un cielo quasi dipinto splendere carnale fiamma”. Soffermandoci fra i versi di Serino notiamo un forte attaccamento alla vita, ma non solamente alla vita usuale, solita che viviamo, ma ad un atomo di vita che conosciamo quando ci interroghiamo sul significato ultimo del quotidiano, come in “Ondivaghe maceri parole”: “Quando ti rigiri tra le lenzuola ondivaghe maceri parole dove latita il cuore somigli al gabbiano ferito che solo in sogno ritrova il suo mare, la vita altra”. Fuori dal tedio che assilla l'uomo, quel tedio leopardiano che portava il pastore errante dell'Asia a chiedersi il significato del nascere e del morire, quel solipsismo che inquietava il nostro pastore (nel caso leopardiano), in Serino troviamo, invece, la volontà sincera, quasi un'abnegazione, a voler trovare delle assonanze fra l'uomo e l'aria che respira, è presente l'intenzione di creare una sorta di panteismo con il mondo. L'idea del nostro poeta è quella di mettere a soqquadro i modi di osservazione, ecco, perché “Vita trasversale” si tratta di un'appercezione che cerca di unire i vari modi di darsi dell'uomo al mondo, un'unione delle categorie aristoteliche che diventano un'unica sostanza, oltre l'esistenziale heideggeriano. Fenomenologicamente il nostro poeta opera un lavoro coraggioso e accademicamente impegnativo; quello di unire scienza e letteratura. Cerca di agire mettendo in atto un folle volo e compie un salto nel buio. “Vita trasversale” mi ha, anche, suggerito l'idea di un desiderio inconscio verso ciò che è ignoto, come a voler toccare con la punta delle dita l'infinitesimale, l'inquantificabile. Ciò che non può essere quantificato mentalmente può essere soltanto sfiorato solleticando la punta del naso all'infinito, in “Sognarmi” esprime esattamente questa sua esigenza poetica: “Sull'otto orizzontale librarmi etereo piume d'angelo a coperta di cielo”. Un altro aspetto, sicuramente da non trascurare fra le tematiche di Serino è l'onirico, l'incontro appassionato e agognato dell'essere umano col sogno, cosa ci regalano i sogni? Sono sostanza, qualcosa di palpabile? Oppure il loro carattere apparentemente inconsistente li rendono inafferrabili? Il sogno è un altro modo dell'uomo di darsi nell'esistenza, un'unione dell' in sé e il per sé che diventa fenomeno infatti in “Dove palpita il sogno” racconta al lettore questa esperienza del sé nel dispiegarsi delle sue forme: “Da una dimensione parallela il Sé in me rispecchia la sua primaria origine punto dell'eterno dove palpita il mio sogno di carne e cielo” oppure in “Espansione”: “Il sogno è proiezione? o sei tu veste onirica uscito dal corpo?”. La poesia di Serino esprime un modo arroccato, abbarbicato fra la vita usuale e la vita ignota, le sue poesie esprimono l'animo di chi sta appeso ad un filo sospeso facendo l'equilibrista fra i vari strati consci della vita umana, che sia

terrena o celeste questo ancora non lo sappiamo, ma l'esigenza poetica del nostro in questa silloge è quella di cogliere a braccia aperte le dimensioni eterne dell'infinito.

“L'essere si spande si sogna moltiplicato in fiore atomo stella appendice? O espansione è il sogno”

cit. tratta da “Espansione” di Felice Serino

~

Sabrina Santamaria

Tutti i diritti intellettuali riservati

Recensione di Donatella Pezzino a “Lo sguardo velato” di Felice Serino

Quando ci si accosta all'opera di Felice Serino, è difficile non notare il dinamismo della dimensione interiore: nonostante sia interamente incentrata sull'anima, infatti, la sua poesia è ben lungi dal ripiegarsi in sé stessa, poiché l'essenza umana è continuo movimento. La parola “ondivago”, presente in diverse composizioni seriniane, esprime in modo pieno e immediato questo anelito al volo, quest'ansia di scrollarsi di dosso un'immobilità che è congeniale solo alla materia inerte. L'anima di Serino è un agglomerato di particelle che, pur restando unite, sciamano in tutte le direzioni, nella brama di riunirsi al loro elemento naturale: il Tutto. Ma, per seguire quell'ordine che appare insito nella stessa struttura del creato, quest'anima tenta di ravvisare nell'esistenza terrena un percorso logico e coerente, in cui il dispiegamento delle forze interiori possa dipanarsi in linea retta: salvo poi rendersi conto, alla fine di questo lungo cammino, di aver sempre cercato il proprio cerchio perfetto. La vita, allora, acquista un senso in qualità di processo dialettico, in cui l'opposizione tra corpo e anima trova un suo superamento nella morte, vista non come la fine di tutto, ma come una vera e propria risurrezione, da cui scaturirà nuova linfa vitale:

dal Tutto

ritrovarsi nell'uno

a vivere il sogno della carne

il sangue che cavalca il vento dove

crescono i passi

lacerato dalle lancette

d'un orologio interiore

un Lazzaro a sollevarsi da cento morti

In questa raccolta di liriche, il poeta giunge ad una nuova tappa del suo viaggio: al termine del percorso, si apre finalmente la porta di comunicazione tra il mondo sensibile e quello trascendente. Ma ciò che appare non è ancora ben visibile: sul ciglio dell'oltre, lo sguardo è ancora velato (da qui il titolo) e non può nitidamente distinguere gli oggetti della trascendenza.

ma a te presente

il Sé -il celeste- l'esistere

specchiato: vita che si guarda

vivere

un mondo in un altro

In tale contesto, risalta la volontà di non voltarsi mai indietro: contrariamente a quanto il senso comune vorrebbe, in Serino la maturità non è tanto il momento del ricordo, delle nostalgie, dei rimpianti, quanto più un'occasione per interrogarsi su cosa lo aspetta. Questa tendenza a proiettarsi in avanti non nasce dal desiderio di negare il proprio passato: ciò che è stato vissuto, tuttavia, è ormai alle spalle e non può tornare. Questa ferma intenzione di vivere nel presente sembra annullare il tempo: e, dove la dimensione temporale non esiste, la stessa età dell'uomo si appiattisce, e il poeta può attingere a piene mani dal bambino che dorme in lui.

scoprire in me il bimbo

accoccolato nella mente

Di quando in quando, il flusso di coscienza è intervallato da riflessioni sui tanti drammi che segnano il nostro vissuto: il corpo di un migrante abbandonato su una spiaggia, le laceranti incomprensioni dei rapporti affettivi, la sofferenza dello scrivere; come a voler ricordare che morendo ci si lascia alle spalle un mondo fatto di sequenze dolorose. Da qui il tema del sogno, visto come momentaneo rifugio dalle tempeste della vita:

c'è un donnone nei miei sogni

mi perdo fra le sue grandi mammelle

piccolo piccolo mi faccio e

come scricciolo

mi c'infilo

nel suo caldo grembo

al riparo degli tsunami del mondo

Il tono dell'intera raccolta accentua quella ricerca di essenzialità già distintiva della produzione precedente: il verso è breve, asciutto, simile ad un legno prosciugato; l'anima, in procinto di distaccarsi, guarda già al corpo come ad un involucro che ha perso la sua sostanza.   

l'anima spando sulla terra

a ricambiarmi una solitudine

ampia come il cielo

mi appresto a gran passi agli ottanta

e ancor più poesia ti canto

-del mio sangue azzurra ala

ai confini della sera in quel

farneticare che richiama la morte

il tuo volare alto

come preghiera

Tanti i quesiti che si leggono fra le righe. Una volta riassorbito dal Tutto, l'uomo conserverà una scintilla della sua individualità? Il suo bagaglio di ricordi, le sue colpe,    i suoi “scheletri” insomma: lo seguiranno o si dissolveranno?

sì onorarli

i morti che

ci perdonano con un velo di pietà

quelli che sognarono

il loro eldorado

ragazzi degli anta presto

dipartiti

ora di qualcuno

d'essi verrà detto

era un pezzo di pane

-anche se di certo avrà

portato con sé i suoi scheletri

o si saranno nell'altra

dimensione dissolti

Domande probabilmente destinate a restare senza risposta; ma, in mezzo a tanti dubbi, c'è comunque una certezza. Qualsiasi cosa saremo, siamo stati amore, ed è questo ciò che potrebbe sopravviverci. L'amore, eterno e ubiquo, ha una forza pari soltanto a quella della fede.

falesie di pensieri

tesse ragno di luce

vertigine: come

sarà senza il corpo

-serbata la vita

nella Pietà del sangue

solo espanso

pensiero saremo?

ci consoli certezza

di portare in salvo brandelli

d'amore

I due temi, l'amore e la fede, si trovano da sempre strettamente intrecciati nella poetica di Serino:    qui, tuttavia, la fede non sembrerebbe avere il ruolo preponderante che ha rivestito altrove. Ma è solo un'impressione superficiale: ad un certo punto della lettura, infatti, ci si accorge che la presenza di Dio ha in questa opera una valenza molto più forte, tanto da poterla respirare in ogni verso. Ovunque, nel libro, c'è un silenzio pieno di Dio; e questa pienezza, così tacita e così viva, incarna il desiderio quasi tormentoso di anticipare la fusione con il sommo Bene, per trovare finalmente quella felicità che sembra preclusa alla condizione umana.

tocco in sogno la fiorita

riva delle tue braccia:

è una dolce pena questo lieve

sfiorare la tua vaga essenza

a un lunare complice chiarore

Fenomeni psichici come il dormiveglia o il sogno prefigurano in tal modo il trapasso, aiutandoci a distinguere con più chiarezza ciò che i sensi ci impediscono di vedere:

si concentra ed espande

l'amore in quel vivere-morire

delle prensili braccia

sospensione apparente carne e cielo

Un “vivere-morire”, appunto: una vela spiegata verso altri approdi, dove lo spirito può finalmente trovare conforto al suo perenne cercarsi.

dove ti porta il filo

dell'immaginario o del

sognare

dove

questa strana ma feconda

inquietudine

serpeggiante nel sangue

tutti i libri letti i mari

solcati – odisseo tu

nello spirito- dove

questo cuore nomade

d'amore

ti porta

Ma in fondo, la vita del poeta si è sempre svolta in una dimensione dualistica: da un lato, quel “paese interiore” dove l'anima può pienamente espandersi:

nel paese interiore

eiaculo i miei sogni –

vivo una stagione

rubata al tempo -mimesi

icariana sul vetro del cielo-

nel paese interiore

brucia il mio daimon

di febbre e di luce

Dall'altro, una realtà sempre più dominata dai falsi idoli, magistralmente descritta in “Un dio cibernetico?”:

vita asettica: grado

zero del divino Onniforme

-ma la notte del sangue

conserva memoria di volo

vita

sovrapposta alla sfera celeste

regno d'immagini

epifaniche

emozioni

elettroniche

eclissi dell'occhio-pensiero

In questa esistenza bifronte, la morte fisica viene vista come un evento che ci strappa il velo dagli occhi, consentendoci di riappropriarci di quella dignità ormai sconosciuta alla società degli uomini. Liberi dalle pastoie del mondo sensibile, ridiventiamo ciò che avevamo dimenticato di essere: mondi di pura luce, completi nella loro unicità e, allo stesso tempo, in quanto parte del Tutto.

dell' indicibile essenza

noi sostanza e pienezza

solleva l'angelo un lembo

di cielo:

in questa vastità soli

non siamo: miriadi

di mondi-entità ognuno

in una goccia

di luce

*

Donatella Pezzino

https://poesiaurbana.altervista.org/recensione-di-donatella-pezzino-a-lo-sguardo-velato-di-felice-serino/

Recensione a “Le voci remote” di Felice Serino

di Donatella Pezzino

In ogni mondo esiste una porta di comunicazione con tutto il resto. Conoscerne l'esatta ubicazione, aprirla e attraversarla non presuppone capacità medianiche, ma solo un umile atto di fede: una fede qualsiasi, in Dio, nell'amore, nelle energie della natura, in sé stessi. Credere, semplicemente. Ecco, leggere Felice Serino è un po' come riappropriarsi della consapevolezza che quello stargate esiste, e che possiamo attraversarlo in qualsiasi momento, spinti dalla forza degli eventi, da un desiderio di trascendenza o dalla riflessione sull'oltre che ci attende alla fine dei nostri giorni. In “Le voci remote”, l'anima del poeta ha raggiunto la sua dimensione ideale, meta di un lungo viaggio che lo ha visto percorrere a piedi nudi i vasti deserti umani alla ricerca del sé più puro, nel quale la grandezza dell'uomo sta nella sua valenza infinitesimale e il buio è solo assenza di Dio.

tu sei l'ombra

del Sé: l'alterego o se vuoi

l'angelo che

ti vive a lato nei

paradossi della vita

La lanterna di questo instancabile Diogene non si affida al lume ma al suono: un suono interiore, fatto di silenzi costantemente modulati allo scopo di rievocare i dolori, le gioie e perfino le insipidezze della vita trascorsa. E fra i suoni che questo silenzio è in grado di intercettare ci sono, appunto, le “voci remote”: appena udibili alcune, più chiare e distinte altre. Un titolo niente affatto casuale, come casuale non è, in apertura, la scelta dei versi del poeta greco Ghiorgos Seferis sulle “voci remote/ delle anime in sogno” che riassumono in un certo senso la cifra dell'intera opera. Ma cosa sono queste voci remote, e a chi appartengono?

nell'oltre

non ci son porte e chiavi

è tutto -in trasparenza-

un fondersi di sguardi

Sguardi; anime; vite. Si, perché la dimensione “altra” non è un luogo solitario; al contrario, è un humus fertile d'amore a nutrire mani, volti e profumi che dalla realtà visibile, come tutti noi, sono passati; e che ora, abbandonati i pesanti costumi teatrali della quotidianità terrena, ci guardano e ci giudicano.

eccoti un ectoplasma ovvero

un antenato

a sentenziare da un aldilà

-non sapete neppure vestirvi

-bella forza: voi con i vostri

doppiopetti

vi credevate dio in terra o guappi

noi

casual-cibernetici

della libertà siamo bandiera

grida il rosso

del nostro sangue nelle piazze

per le ginocchia aria di primavera

Ma più spesso, in queste entità ultraterrene è l'amore a vincere: una pietas che non è -come si potrebbe pensare- l'atteggiamento compassionevole di chi, già in salvo sulla riva, cerca di portare conforto ai naufraghi ancora in mare; piuttosto, il contrario. A dispetto di tutti i luoghi comuni sul paranormale, Serino ci propone l'idea di un interscambio dove le barriere tra morte e vita si annullano e dove il bisogno di contatto non è univoco:

m'invitano i miei morti

a una uscita fuori porta

amano

farmi partecipe del loro mondo

m'avvedo

dagli occhi lucenti e i sorrisi complici

ch'è molto molto gradita

indispensabile quasi la mia presenza

ché senza orfani sarebbero

e tristi forse

pur essendo estraneo al loro mondo

di luce

Ma voci remote sono anche il frutto della nostra mente: i pensieri, le riflessioni, i sogni e tutte quelle immagini che non sappiamo spiegare e che

tante volte ci sconcertano per la loro potenza, ovvero

visioni aleggianti nelle

stanze del tuo sangue

che spesso restano sepolte per anni prima di riaffiorare dal nostro sottosuolo e che conoscono tutte le nostre debolezze, perché in esse abbiamo creato l'unico specchio in grado di afferrarci quando rischiamo di perderci:

vedi: se

qualcuno è a spiarti

non sei che tu

da un altrove

E poi, ci sono i sogni. In questo labirinto di immagini che si stendono come un ponte tra il visibile e l'ultraterreno, la dimensione onirica si configura come la materia che ci plasma e dalla quale, al tempo stesso, veniamo plasmati. In questo contesto, la poesia è l'unico linguaggio che rende accessibile il mistero, consentendo all'anima di ritrovare la strada:

in questo minuscolo essere

smarritosi

nella sua realtà-sogno

vedi te stesso se lasci che la vita

ti conduca lungo

i labirinti viola della mente

Il sogno è la culla, il rifugio. E' la linea di confine che rende possibile il momentaneo distacco dell'anima dal corpo; è, in ultima analisi, quel punto di contatto tra il nostro sé terreno e “l'altro” che prefigura il passaggio da questa vita a quella che ci attende.

il sogno è proiezione? o

sei tu in veste onirica

uscito dal corpo?

sognare è un po'

essere già morti

Eccola la porta, lo stargate: il valico che, in qualsiasi momento, ci mette in comunicazione con “l'altrove” consentendo alla nostra anima di espandersi e vivere, anche solo per pochi istanti, la vita che le è congeniale.

di notte sto bene con me e l'altro

sono io l'altro che -c'hai mai

pensato?– non proietta ombra

ombra di me è il sogno

come un bambino

avvolto dal regno delle ombre

affido tutto me stesso alla notte

E su tutto, come un velo impalpabile ma sempre presente, domina il pensiero della morte, intesa non come la fine di un ciclo, ma piuttosto come l'ennesima tappa di un viaggio: un nuovo giorno che si schiude e dove il peso delle cose di questo mondo è un fardello che si abbandona volentieri. Perché la vita che abbiamo sempre voluto non è che leggerezza, e la leggerezza viene dalla libertà, e la libertà è possibile solo sciogliendo le corde che ci legano alla materia:

confidare

nelle cose che passano

è appendere la vita

al chiodo che non regge

è diminuirsi la vera ricchezza

-arrivare all'essenza

lo scheletro la trasparenza

L'essenza, lo scheletro, la trasparenza: tutto qui tende allo spoglio, al nocciolo, allo sfrondo. Perché solo togliendo le sovrastrutture con cui spesso la vita ci inganna è possibile strappare il velo che ci copre gli occhi e arrivare alla verità. Un'esigenza, questa, che emerge sempre più forte nella matura poesia di Serino e che si riflette anche nell'impianto strutturale: nei componimenti brevi, nella crudità delle riflessioni, nei versi nudi fino alla scarnificazione. “Invettive”, dedicata a Padre Pio, ne è un esempio eloquente:   

una parola un fendente

minimizzi

l'orgoglio un ordigno

inesploso

carità

ti accompagnerà nella polvere

Parola che scarnifica, dunque; che si fa, come la morte, strumento di scavo, liberazione, palingenesi, dando un nuovo significato agli anni che avanzano. Vincendo, soprattutto, l'atavica paura del nulla, con un fatalismo capace, talvolta, di sconfinare nello humour nero:

ho a volte il pallino

-farneticare dell'età-

che d'improvviso qualcuno mi spari

da un'auto che rallenta e poi via

-come in una scena da gangsters

-è fantasioso ma

freddamente reale

Sorridendo: si, perché uno degli aspetti più tipici della poesia seriniana è il sorriso, declinato in tutte le sue sfumature. Dolce nel rimpianto, feroce nel dolore, sereno nel pensiero di Dio; sornione a volte, mai cinico. Il sorriso del giusto, pronto a consegnarsi nelle mani di Dio con tutta la sua miseria, le sue cicatrici, la propria inesorabile condizione di uomo.

ricorda: sei parte

dell'Indicibile – sua

infinita Essenza

pure

nato per la terra

da uno sputo nella polvere

La religiosità di Felice Serino: cristiana, ma non solo. C'è, nella sua fede, qualcosa di universale, di applicabile a qualsiasi credo: un sentimento che è soprattutto apertura, anelito. Più che limitarsi ad essere credente, l'uomo di Serino guarda oltre, desidera oltre: e nel farlo, il suo sguardo incontra Dio.

una farfalla è una farfalla ma

tutto un mondo nella sua essenza

la natura

riflesso del cielo è preghiera

ogni respiro ogni sangue

vòlto verso l'alto è lode

l'anima nel suo profondo

in segreto s'inginocchia e piange

https://poesiaurbana.altervista.org/recensione-donatella-pezzino-le-voci-remote-felice-serino/

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Felice Serino, Lo sguardo velato – 2016-2017 letto da Angela Greco

La poesia di Felice Serino è un incontro atteso, un momento di conforto, una superficie solida a cui poggiarsi nella inevitabile stanchezza del giorno dopo giorno. Serino tratta la poesia con la quotidianità di chi è a lui familiare e i suoi versi mettono in luce l'affetto per la poesia stessa, la costanza che lo ha condotto fino ad oggi e l'estraneità a quei fenomeni sempre più diffusi dei personaggi in cerca di spazio e lode, che manipolano la poesia in favore del proprio ego o dell'ego del proprio editore.

Felice Serino, scrive come dono di sé all'altro, donando i suoi versi senza attendere nulla in cambio, ma, semmai, ricompensato dal fatto che le sue esperienze possano essere in qualche modo utili ad altri.

Realizzato nel giugno 2018 per il sito poesieinversi.it, “Lo sguardo velato” raccoglie

questo ultimo anno di versi e si apre con un esergo – in seno a cieli di cui non è memoria / dove nessun grido resta / inascoltato / lì è la vita nascosta – che è fin da subito un'immersione nei temi cardini della silloge e della poetica stessa di Serino: il cielo, quindi l'aspetto oltre il visibile degli accadimenti; la ricerca-conoscenza di Sé attraverso la frequentazione-studio del sacro e l'analisi del rapporto tra umano e divino.

Nel paese interiore

nel paese interiore   

eiaculo i miei sogni –

vivo una stagione   

rubata al tempo -mimesi

icariana sul vetro del cielo-

nel paese interiore   

brucia il mio daimon

di febbre e di luce

§

Dell' indicibile essenza

dell' indicibile essenza     

noi sostanza e pienezza

solleva l'angelo un lembo

di cielo:   

in questa vastità soli

non siamo: miriadi

di mondi-entità ognuno

in una goccia   

di luce

C'è nei versi di questa raccolta, la calma di chi osserva tutto quello che ha intorno e di chi ha attraversato tanto delle cose del mondo; una quiete, che giunge al lettore con dolcezza e fermezza nelle convinzioni, come nella costante e decisiva presenza di Dio, una presenza che nello scorrere di queste pagine e delle varie opere dello stesso autore, si fa man mano più viva e vicina e alla quale non è rivolta nessun rimprovero, nessuna parola negativa, quanto piuttosto un sommesso ringraziamento per com'è andata (perché non è andata peggio).

La poesia e l'anima-spirito divino fanno parte per Felice Serino dello stesso comparto, a tratti della stessa dimensione, e la prima sembra l'abito che veste i secondi, la forma grazie alla quale si manifestano e Serino ci presenta così la poesia: dici poesia intendi finestra / affaccio dell'anima bagnata da alfabeti di lune / è finestra su un mare aperto / poesia    /per l'orecchio del cuore-conchiglia (Poesia-finestra), come un tramite tra l'esterno e l'interno che in questo caso è anima e anima è, per questo poeta, il divino che ci abita, come in questi toccanti versi dove la traccia del tempo che trascorre è di una bellezza particolare:

Il tuo volare alto

l'anima spando sulla terra

a ricambiarmi una solitudine

ampia come il cielo

mi appresto a gran passi agli ottanta

e ancor più poesia ti canto   

-del mio sangue azzurra ala   

ai confini della sera in quel

farneticare che richiama la morte

il tuo volare alto

come preghiera

La pluralità di temi e livelli (fisico e metafisico, onirico e reale) emerge in testi come i due che seguono, che al meglio rendono il percorso di Felice Serino, sempre in equilibrio tra umanità e visone alta, attento ai dettagli di quanto lo circonda e consapevole del fattore tempo, utilizzato al meglio nel donare al lettore un vademecum per meglio procedere nei suoi giorni; quasi un consiglio da parte di chi non si è perso in sciocchezze, ma ha perseguito con fiducia e tenacia il dono della Poesia. [Angela Greco]

Stanze   

le notti inzuppate di sogni

quando

nonsense veleggiano

sulle ondivaghe acque dell'inconscio

o ti vedi seguire   

una successione di stanze

e ti perdi e ti ritrovi

in un'altra realtà-sogno o dimensione

§

Epifanie

vita che si guarda

vivere e ci guarda

vita che si pensa ed è

-riflessa vita che   

apre la fronte del mattino

ed è esistere

nel suo ricrearsi

epifanie   

*

Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941. Autodidatta. Vive a Torino.    Copiosa la sua produzione letteraria (raccolte di poesia: da “Il dio-boomerang” del 1978 a “Dove palpita il mio sogno” del 2018); ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici. E' stato tradotto in otto lingue.    Intensa anche la sua attività redazionale.    Gestisce vari blog e siti.   

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Oltre lʹesilio di Felice Serino letto da Angela Greco AnGre

Autoproduzione che raccoglie liriche del 2020, questa nuova silloge di Felice Serino è una conferma, come già sottolineato nella Prefazione, dei temi e ancor più delle presenze care a questo autore, con uno sguardo alla realtà che fa ben sperare per il lettore. Cʼè vita, cʹè sentimento e cʼè voglia di vivere ogni momento, positivo e negativo, interrogandosi, soffermandosi, riflettendo su ogni dettaglio, ogni incontro, ogni situazione, giungendo con un linguaggio preciso, mai lasciato al caso o al desiderio di mettersi in mostra, dedicato con accuratezza.

Il trascorrere del tempo avvicina il poeta a temi esistenziali inevitabili; ma Felice Serino è capace di portare al lettore gli argomenti con quella grazia che è propria di chi ha consapevolezza della grande tribolazione e sa bene che la Poesia è onestà e che con essa non si può barare.

Nello scorrere delle pagine s´incontra il quotidiano, nel quale anche un percorso in autobus diviene occasione per riflettere materialmente sulla poesia, su questa compagna che custodiamo e che ci custodisce e che affiora nei momenti più inattesi per svelarci qualcosa che era sfuggito. E in questo fluire di versi affiorano i maestri, le passioni, le curiosità che hanno alimentato la fucina della scrittura e ai quali lʹAutore non manca mai di tributare componimenti; un personale pantheon reale-sentito nel quale il poeta vaga e raccoglie frutti da donare a profusione, perché “lʼuomo / è per la meraviglia”.

[Angela Greco AnGre]

*

Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941. Autodidatta. Vive a Torino. Copiosa la sua produzione letteraria (22 volumi di poesia e numerosi e-book); ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici. E' stato tradotto in otto lingue. Intensa anche la sua attività redazionale. Gestisce vari blog e siti.

*

Estratti da Oltre l'esilio di Felice Serino

Nella prima luce

.

ci accorgemmo che non siamo

esistiti che nel pensiero

.

è la mente che crea – essa si

materializza in ciò che vuole

.

nel grembo del cielo fu l'immagine

del primo uomo che

Dio sognò nella prima luce

~

Da un altrove

.

e tu a lumeggiare le mie sere

anima di candore e di sogno

.

si fa conca il cuore

ad accogliere

dei versi dettati da un altrove

~

Il dopo

.

ci aspetta sempre

un dopo: il di là

da venire

.

aria di nuovo aleggia

negli occhi – che ci

sorprenderà – e

.

ancora non sappiamo se

croce o delizia

~

La vita scorre

la vita scorre

e quel senso

sempre del fugace

in ogni cosa

ma il mare

il mare è nel cuore di Odisseo

che si interroga

a specchio del cielo

.

l'uomo

è per la meraviglia

Il sapore del tatto

“Orizzonti di palpiti”. Ed è già qualcosa di più di un titolo. Una dichiarazione di vita. E quindi di poesia. E di visione poetica. Felice Serino muta il senso, il tatto, rendendo tattile la parola sul rigo. Rigo che non è più orizzontale ma materia plasmabile, esistente, concreta. Serino, ci porta nell'oltre corpo, regno dei regni, dove tutto può il sentire. Il limite è attraversato. Non ci sono più contorni netti se non quelli dettati dal pulsare dell'anima: “ ti senti altrove e il più delle volte fuori dal coro… e sai che tutto è ancora possibile”. Ecco la chiave, la chiave che l'autore ci fornisce per scardinarci e scardinare. Le parole che non vanno sprecate perché: “ sillabe cadute dagli occhi/ l'ingoio di stelle a svanire”. La dimensione del non – ritorno per tornare a guardare l'oggi, il presente, l'ora, l'adesso con sguardo nuovo, puro, severo d'incandescente. Introspezione e universalità. Conoscersi per conoscere: “ per l'uomo e il suo specchio/ dai mille rebus irrisolti/ dove confluisce la sua storia.” Il poeta che, ancora una volta lui, si muta in guida, esploratore, generatore di quesiti e conforto: “ sarà un capriolare/ di dolce vertigine/ come immergerti in una pace amniotica”. Il passo sempre oltre sicuro perché incerto e certo delle incertezze che ci colmano in un continuo domandarsi, interrogarsi, chiedersi : “scuotersi dall'inerzia: vegliare/ con le lampade accese /nel turbinio del mondo”. Sino a divenire corpo- poesia. Un crollo di pareti. Per altre dimensioni perché: “sempre viva è la rosa di sangue/ e splende di bellezza”. E il palpito diventa rumore di mille mari calmi e mossi, cicli lunari, il suono dell'inestricabile a sciogliersi “cosa saremo/ chi ci dirà?”. Il fiato si forma verso inscalfibile di chi ha visto l'invisibile e per noi lo traduce. “Dietro il velario di carne /chi siamo?” chiede il poeta pacificandoci viaggio che non ha fine. E che mai finirà.

enrico marià

Estratti da Afflati di Felice Serino (e-book, 2022)

Senza titolo 2

.

un'alba cadmio

apre spazi

inusitati nel cuore

.

usciti dal sogno

beccano sillabe

gli uccelli di Maeterlinck

in un cielo di vetro

.

da un luogo non- luogo

le uve dei tuoi occhi

chiamano il mio nome

genuflesso nella luce

.

.

Spleen 2

.

brusio di voci

.

galleggiare di volti

su indefiniti fiati

.

si sta come

staccati

da sé

.

golfi di mestizia

mappe segnate

dietro gli occhi

.

vi si piega

il cuore

nella sanguigna luce

.

.Vita nascosta

.

il muro d'aria che divide

luogo e non- luogo

o solo quell'esistere sognato

che torna come déjà vu

.

qui solo apparire:

l'essere è vita

parallela – nascosta

.

..

Felice Serino (Pozzuoli, 1941), autore prolifico, redattore presso molti lit-blog e riviste on line, ha all'attivo diverse sillogi poetiche; la sua poesia è tradotta in diverse lingue. Con Afflati (scaricabile cliccando QUI), il nuovo e-book creato all'inizio di questo 2022 in cui raccoglie la sua produzione poetica 2019 – 2020, rinnova il legame con i suoi lettori.

In effetti, quello che si stabilisce con questo autore è un legame di fedeltà, tra se stesso e i suoi temi e tra il poeta e il suo pubblico, il quale, ad ogni lettura, rileva una sfumatura, coglie un significato in più, in un'attesa mai delusa nei confronti di questa poesia che, col passare del tempo, si eleva, percorrendo man mano proprio quella strada auspicata dall'autore nella stesura dei propri versi.

La lettura è introdotta da una breve ed efficace Prefazione redatta da Enrico Marià, che si sofferma, a giusta ragione, sull'introspezione, che diventa patrimonio comune, esternato con sonorità lievi, mai eccessive, fuori luogo o aggressive; un balsamo anche per questi tempi che stiamo attraversando, nei quali Felice Serino si pone, con la sua voce sensibile e costante, quasi come un punto fermo al quale riferirsi.

“Afflato”, per definizione, è il soffio, ma anche l'ispirazione e nella poesia che Felice Serino ha incluso in questo titolo al plurale, ben si coglie questo momento particolare occorso nella vita del poeta, il quale sembra voler gradualmente lasciare le cose terrene per involarsi verso un cielo verso il quale l'anelito non è mai stato celato o mal esternato in tutta la sua produzione poetica. Il tono delle poesie detta quasi una suddivisione in due parti: nella prima si avverte un'assenza, una mancanza, quasi il poeta stesse usando la poesia per ricordare qualcosa o, meglio, qualcuno, che era presenza e che oggi ha mutato la sua condizione; nelle poesie successive, invece, si ritrova il Serino dei precedenti lavori, la sua forza e la sua radice, in un'analisi intima degna di nota e che mai abbandona i riferimenti culturali e artistici tipici di questo poeta.

La poesia di Felice Serino si apre sempre alle domande fondamentali, alle riflessioni filosofico-religiose, che fanno bene al lettore, ma anche alla rappresentanza italiana di questa scrittura, alla Poesia nostrana degli ultimissimi tempi intendo, spesso maltrattata con il trattare argomentazioni futili, quando non parli addirittura di questioni sterili con la scusa di essere specchio dei tempi.

[Angela Greco AnGre]

La poesia come atto di fede.

Recensione a Trasparenze 2019-2020 di Felice Serino (Poesiainversi.it, 2021)

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Di Mario Saccomanno

Sono diversi i punti fondanti intorno cui gravitano le poesie che compongono l'ultima raccolta di Felice Serino che porta il titolo Trasparenze 2019-2020 (Poesiainversi.it, 2021). Per questo motivo, una breve presentazione del testo come quella che si vuole offrire al lettore in queste righe risulterà inevitabilmente carente di molti aspetti. Si aggiunga che l'autore possiede una conoscenza minuziosa dei mezzi poetici, affinati con l'esperienza che traspare anche dagli altri lavori che precedono la silloge che si vuole prendere in esame. Di conseguenza, le analisi che verranno tracciate possono risultare proficue in particolare se utilizzate come spunto per avvicinarsi alla poetica dell'autore con l'intento di leggere le poesie con un piglio personale, cercando strade interpretative individuali che possono anche distaccarsi enormemente da quanto verrà proposto in questo contesto.

Dopo questa premessa indispensabile, il primo punto che occorre evidenziare è il tema della fede, filo rosso della silloge. Per capire il tipo di

fede a cui Serino si riferisce e comprendere la pervasività di questo aspetto, ci si può affidare a quanto descrisse nel libro La confessione il celebre scrittore russo Lev N. Tolstoj. A prima vista, potrebbe sembrare azzardato prendere le mosse dal testo tolstojano, eppure proprio in quelle pagine Tolstoj giunse ad affermare che l'assurdità della vita era evidente soprattutto se si guardava ai modelli di vita ostentati dalle classi agiate. I frutti di questo approccio si riscontravano nelle ultime strade percorse dalle scienze, nei modi di intendere la società e, ancor di più, nella violenza imperante. Quelli appena elencati, sono tutti temi che nella raccolta di Serino ricoprono un ruolo importantissimo e decisivo.

A Tolstoj, osservando la massa delle persone, i popoli, in contrapposizione proprio alle caratteristiche predominanti delle classi agiate, impantanate nell'ozio, risultò evidente una cosa: la vita aveva uno scopo. Quel senso ultimo di ogni gesto era garantito dal possedere una fede semplice e radicata nella quotidianità. Da questa convinzione, Tolstoj cominciò ad affinare la sua visione del mondo basata, sempre più su una fede universale riflessa in un principio, il rifiuto di utilizzare la violenza, che provocò reazioni disparate, sia di disprezzo, sia di profonda ammirazione, come avvenne nel celebre caso di Gandhi.

Il libro di Felice Serino parte da un assunto, che è l'assunto tolstojano: il bisogno di credere. È questa fede che smuove il ristagnare della vita. Senza la fede non si può giungere oltre gli angusti confini materiali di ogni esistenza. Del resto, sin dalle prime righe della Prefazione, Donatella Pezzino presenta egregiamente quest'aspetto al lettore affermando: «In ogni mondo esiste una porta di comunicazione con tutto il resto. Conoscerne l'esatta ubicazione, aprirla, e attraversarla non presuppone capacità medianiche, ma solo un umile atto di fede: una fede qualsiasi, in Dio, nell'amore, nelle energie della natura, in sé stessi».

Dunque, nel testo di Serino questo bisogno di fede assume, come appena avuto modo di notare, tratti differenti in base al contesto precipuo e al bagaglio culturale ed esperienziale del singolo. Di sicuro, è un aspetto sotteso in ogni verso dell'autore incluso nella raccolta che si sta prendendo in esame. Di più: sembra possibile affermare che senza l'assunto della fede non potrebbe mai prendere forma l'illogico e indispensabile gioco poetico presentato dal poeta.

Il riflesso più grande di questo approccio poetico-comunicativo basato su un atto di fede è lo sgretolarsi di ogni barriera che intercorre in chi è impantanato costantemente nel divenire, costretto a una continua peregrinazione, a un eterno calpestare le strade del suo ultimo presente. Nella raccolta, Serino si occupa con vigoria proprio di questa condizione, con un linguaggio che acclude diversi registri, intrecciati sempre con sapienza al punto che risultano essere in grado di soddisfare le esigenze che sottendono la costruzione di ogni singolo verso.

È tramite questo approccio che nel testo risulta evidente come ogni mancanza che segna irreversibilmente il singolo venga prontamente colmata da un ricordo, da una continua presenza, viva e penetrante, che risulta essere in grado di indicare i modi adeguati che conducono a sciogliere i nodi di ogni nuovo inevitabile inciampo esistenziale.

Così, la poesia è il riflesso di questa condizione di insicurezza e fragilità. Diventa tonico per l'esistenza, specchio di una continua ricerca. In effetti, a ben vedere, i versi di Serino sono l'unico modo attraverso cui l'autore può comunicare al lettore tutte quelle condizioni che il linguaggio ordinario non può contenere nella forma usuale. Appellarsi alla poesia e alle sue regole perennemente in bilico, che necessitano di una compartecipazione costante e duratura del lettore, significa abbracciare la possibilità di cogliere gli aspetti che – sembra affermare l'autore in conclusione – non solo sono ben presenti negli atteggiamenti quotidiani, ma si pongono come elementi regolatori e determinanti di tutte le esistenze.

Dunque, l'atto di fede, il credere che viene richiesto al lettore, non è un azzardo, ma viene riscontrato nella quotidianità, nell'osservazione minuziosa degli atteggiamenti mostrati dagli uomini. Per questo motivo, un altro elemento fondamentale della poetica dell'autore è il prendere costantemente le mosse dall'analisi degli avvenimenti peculiari del presente, filtrati principalmente i comportamenti e gli umori mostrati dalle persone più vicine. È in questa quotidianità che si annida sempre il bisogno della fede, della speranza. Proprio in questo contesto il linguaggio canonico perde il suo significato. Ecco perché solo la poesia sembra indicare un modo attraverso cui indicare al lettore la possibilità di percorrere una strada, solo apparentemente impervia, che possa far cogliere i tratti distintivi di una quotidianità che spesso si vive senza partecipazione attiva.

Serino rassicura in più luoghi del testo come, al di là delle difficoltà di fare i conti con un nuovo alfabeto che regoli la propria esperienza vitale, il modo attraverso cui scardinare i muri che contornano il presente è un qualcosa che sembra quasi essere spontaneo una volta che si ha avuto la forza di volontà di percorrere i primi faticosi passi. Del resto, questo risultato è ben visibile non solo nelle principali religioni che hanno contraddistinto da sempre l'uomo, ma anche nelle figure di spicco d'ogni secolo. La semplicità è contrassegnata nella fede nell'amore, in un amore che da particolare si spinge, quasi ficinianamente, ad amore universale e che, in una spirale infinita, include ogni particolare in un contesto più ampio.

Questa percorso, nel testo di Serino, è un compito che spetta al singolo. Eppure, nel peregrinare continuo sulle strade spesso secondarie del presente, il bisogno dell'altro è sempre fondamentale, specialmente nei contesti più usuali, quelli intimi. Da qui, nasce anche il bisogno di riportare la propria esperienza, i ricordi, il vissuto avvalendosi dei versi quasi come forma diaristica. Da questo punto di vista, Trasparenze è una testimonianza, una sorta di confessione utile a indicare il modo attraverso cui l'autore è giunto alle sue conclusioni. Per rifarsi ancora alle parole di Donatella Pezzino: «Più che limitarsi ad essere credente, l'uomo di Serino guarda oltre, desidera oltre: e nel farlo, il suo sguardo incontra Dio».

È possibile analizzare i temi passati in rassegna finora facendo riferimento ad alcuni versi presenti nella raccolta. Di sicuro, sin dalle prime poesie della silloge risulta evidente come il tema dell'oltre sia l'elemento caratteristico della poetica di Serino. L'urgenza di allontanarsi in qualche modo, di liberarsi dalla «gravezza della carne» è un bisogno primario, al punto che spinge a percorrere i nuovi viaggi e finisce per assumere il tono di una richiesta, rivolta a se stesso, prima ancora che a Dio. Il bisogno di liberazione, l'andare oltre diventa necessario soprattutto nel caso in cui, utilizzando le parole del poeta, «come giunco mi piego / in arida aria».

Il bisogno del viaggio, il più delle volte interiore, capace di dare nuova linfa al ristagno in cui può versare un'esistenza è riscontrabile, ad esempio, in Musica sacra in cui si può leggere: «Il tempo si era fermato e / fu come uscire fuori da me / uno sconosciuto luogo di pace / mi accolse». Solo da questa nuova condizione si giunge all'empatia, tassello fondamentale di cui si discuteva già in precedenza, raccordo indispensabile tra l'uomo che percorre questo nuovo viaggio esistenziale di liberazione e «gli angeli e i morti». È proprio l'empatia che spinge energicamente a osservare le trame del presente con nuovo piglio. In merito si veda In questo giorno stordito di luce dove tuonano i versi «canto per la dignità dell'uomo / che fa della sua insopprimibile libertà / ali di luce // a lambire le fonti del sogno».

Non resta che sottolineare un ultimo aspetto della poetica di Serino: la musicalità delle sue composizioni. Del resto, tra i debiti mostrati e mai nascosti dall'autore spicca quello nei riguardi del celebre poeta Federico Garcia Lorca – si veda in merito Bocche di chitarre – che sulla musicalità delle sue poesie ha a lungo lavorato raggiungendo risultati indiscutibili. Le composizioni di Serino nutrono sempre il bisogno di una musicalità che deve permeare tutti i versi che, solo così facendo, possono diventare veste soddisfacente che copre i tratti dell'esistenza. Solo col ritmo impresso nella poetica, il messaggio può diventare davvero universale e spingersi oltre l'apparente staticità del vivere. Nella poetica di Serino la bonaccia quotidiana è spazzata via da un vento fatto di musica che risuona in parole ricolme di nuove possibilità che si insinuano nei meandri spesso insondati d'ogni uomo.

.

Poesie scelte:

Giobbe

Signore liberami

da questa gravezza della carne

– ora mi pesano gli anni

come macigni –

ascoltami – quando

il sangue grida le ferite della luce

ed io come giunco mi piego

in arida aria

***

Dell'immaginario (del sogno)

Li vedevo salire dal mare

dal grande mare aperto

i miei morti che dispensavano sorrisi

era esplicito il loro invito

lo si leggeva negli occhi forti

di luce

ma una vocina dal di dentro

mi diceva

che non era giunto il tempo

***

Bocche di chitarre

alla sua morte per fucilazione

anche le chitarre emisero lamenti –

a un ordine dei generali

dalle loro bocche uscirono insetti

bibliofagi

a divorare pagine e pagine

di versi sparsi per il mondo

ma lo spirito del popolo è vivo

la memoria è vasta come il mare –

venne ricomposto il poema

insanguinato

fino all'ultimo rigo-respiro

si può uccidere un poeta

non la poesia

(Federico Garcia Lorca, 1898 – 1936)

***

Tra la bestia e l' angelo

tra la bestia e l' angelo

corda tesa sull' abisso

nel divario della mente dove destrieri

scalpitano inesausti

bivaccano i tuoi fantasmi

o si mimetizzano tra

la fantasiosa tappezzeria dei divani

semmai si annoiassero sai

dove trovarli: a giocare ore

e ore con le nuvole

tenendo al guinzaglio i sogni

***

Da un imperscrutabile sentire

ti attraversano come una luce sottile:

sono sempre con te i tuoi morti

mai andati svaniti -ci crederai?-

saldano le tue radici

“vivendo” con te ancora: ubiqui e

onnipresenti

da un imperscrutabile sentire

puoi percepirne al tuo fianco la presenza

sono essi a suggerirti in un soffio

semmai ti giunga

una ispirazione

sostano dentro gli specchi

si fanno tuoi consiglieri

quando non sai deciderti

sul colore di un maglione da indossare

allucinate presenze

ti accompagnano in quel mondo parallelo

ch'è la regione del sogno

***

Emarginato

quest'uomo: tristezza

d'albero nudo

avanzo di vita aperta

ferita

-occhi scavati

che perdono pezzi

di cielo

quest'uomo

puntato a dito

quest'uomo fatto

torcia

per gioco