norise

IN SOGNO RITORNANO

[ispirata nella notte del 25.3.07]

in sogno sovente ritornano

amari i momenti del vissuto

che non vorresti mai fossero stati

per cui accorato in segreto piangi

si affaccia nel tuo sogno bagnato

quel senso di perdizione

incarnato nel figlio

prodigo che fosti

emerge dai fondali

dell'inconscio dove naviga

il sangue e tu

disfartene non puoi

Felice Serino

*

BREVI CONSIDERAZIONI SULLA POESIA DI FELICE SERINO

“IN SOGNO RITORNANO”

Pure nei sogni ci può essere tormento perché la fatica dell' uomo sta nella mente oltre che nel corpo.

E i ricordi e le cose brutte possono tornare ad “inquinare” il cervello inavvertitamente, a sorpresa, senza che noi ci mettiamo del nostro per provocarle. Ma anche su queste lo spirito ha il sopravvento, combatte, ed ha il sopravvento.

In questa dimensione si sta dentro una sospensione come un palloncino che si perde, fluttua nel cielo, fino a scomparire, fino a diventarne parte.

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IO-UN ALTRO

questo sentirmi diviso: e

non riconoscermi come

il fuori del mio dentro:

convivere con gli umori

di un corpo di morte

Felice Serino

*

CONSIDERAZIONI SULLA POESIA DI FELICE SERINO

“IO-UN ALTRO”

“Convivere con gli umori di un corpo di morte”, anche per un tempo breve – “dentro una sospensione” – non è cosa facile, è la prova a cui siamo sottoposti.

La salvezza è sorprenderci, continuare a sorprenderci in positivo pure quando attorno a te c'è più di un sole velato, magari uno strato addensante di nuvole nere che pesano come una crosta su un corpo ferito. Quella crosta sappiamo cadrà e lascerà una pelle nuova. Così le nostre situazioni di vita, superate le difficoltà si rinfresca, si riaccende un mondo da scoprire, creato per essere tastato, visitato, scoperto. Quel nero cielo che dà buio interiore, farà cadere una scrosciante pioggia e dopo il temporale porterà un fresco risveglio delle membra e con esse il riequilibrio della mente nella sua positività.

Lo spirito a volte è costretto a “convivere con gli umori di un corpo di morte” ma ha un alleato nella speranza che gli crea le situazioni per il sopravvento, per la rinascita continua, con una forza che scavalca ogni avversità che colpisce il fisico.

Andrea Crostelli

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Libro sacro

leggerne una pagina al giorno

perché la fede non sia acqua

Colui che te la dona

fallo uscire dal libro sacro

le righe nere diventino il tuo sangue

fa che sia pane

non polvere nel vento la Parola

da In una goccia di luce, 2008

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Del Libro sacro il verso pungente, stimolante, rivelatore, e altamente poetico è: “fallo uscire dal libro sacro”. Contiene un imperativo, un'urgenza profetica alla quale non puoi voltare la faccia.

Andrea Crostelli

“La Ricerca di Felice Serino”: Un'Odissea Introspettiva. Recensione di Alessandria today . La Ricerca, poesia di Felice Serino, è un'esplorazione profonda dell'animo umano e della sua incessante ricerca di significato. La poesia ci porta in un viaggio introspettivo, attraverso i dubbi, le paure e le speranze che caratterizzano la nostra esistenza.

Serino utilizza un linguaggio ricco e suggestivo per creare immagini vivide nella mente del lettore. Le sue parole ci trasportano in un mondo interiore di riflessioni e domande esistenziali.

La poesia è ricca di metafore, come la vita paragonata ad un “mare in tempesta” e la ricerca di significato ad una “stella polare”. Queste immagini rafforzano l'idea della vita come un viaggio incerto e pieno di sfide.

Il tono generale della poesia è riflessivo e malinconico. Serino riconosce la difficoltà di trovare risposte alle domande più profonde della vita, ma non si arrende. La poesia ci ricorda che la ricerca di significato è un viaggio che vale la pena intraprendere, anche se non sappiamo dove ci porterà.

In sintesi, “La Ricerca” è una poesia profonda e toccante che esplora il tema universale della ricerca di significato nella vita. La poesia ci invita a riflettere su noi stessi e sul nostro posto nel mondo.

Pier Carlo Lava

. La ricerca

uscire dal porto -il cuore in mano- issare la vela della passione dietro lo stridulo urlo dei gabbiani tra le vene bluastre del cielo foriero di tempesta squarciare nel giorno stretto il grande ventre del mare che geloso nasconde negli abissi i suoi figli

Fragile foglia

e nel momento del distacco

l'io si farà fragile foglia

appoggiata ad una spalliera di vento

Felice Serino

_ _ _

Perfetta. Nella sua fragilità di foglia c'è la perfezione: quando l'io, abbandonandosi, si afferra al vento e si lascia danzare.

Riyueren

21 aprile, 2008

  • * *

o forse ' “l'io” è la radice che si spoglia

di quella foglia al vento,

ma non si asciuga la vita tra i rami

e a primavera

nuovo verde vedrà la luce.

Bellissima davvero.

ParolaBuia

commenti rilevati su:

https://rossovenexiano.splinder.com/

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IMPULSI CREATI DALLA LETTURA DELLA POESIA “L'OMBRA”

L'OMBRA

negativo di me mio vuoto

in proiezione mi copia con inediti

profili tagliati nella luce – se dal

di fuori la spiassi mi direi sono

io quello?

pulviscolare ha i contorni

del sogno e i suoi fòsfeni

si spezzetta se riflessa inafferrabile

fantoccio mi diventa

pure mio vuoto mia metà

che estinta con l'ultima luce

rientrerà nel corpo-contenitore

unificata con la terra – senza un grido

tutt'uno con la morte –

senza perché – solo ombra

Felice Serino

Da Il sentire celeste, 2006

*

Pure come invisibile radice

sorprende ai varchi un puro domandare

ove l'alieno allea forma che muta

oltre il noto che si infissa vorace

cibo a perpetuare la stessa fine

l'uguale fuggire il Logos vivace

(a Felice Serino su “L'ombra” – 11 luglio 2005)

Flavio Ballerini (Pesaro, 1951-2006)

*

L'ombra “morde” il corpo, i piedi dell'anima, si avvinghia e diventa viva come qualcosa di te in catalessi. L'ombra ti permette di guardarti in proiezione.

L'ombra è un dissolvente che a sua volta si dissolve con la morte. L'ombra è uguale alla fisicità dell'estasi, quando si stacca da terra. L'ombra è ciò che si camuffa, come il vino che scivola per le strade può essere confuso con il sangue della tua brocca rotta.

L'ombra è una stretta di mano a chi conosci già, una prolungata presentazione…

L'ombra è il silenzio che parla delle tue pene, le prolunga…ma non le stacca mai da te.

L'ombra è un giocattolo serio che ha la tua stessa meccanica, solo che non puoi prenderlo fra le mani se non quando saluterai il mondo con una “garbata prostrazione”.

L'ombra è un gemello senza peso che ha un suo peso, una sua energia (come quella elettrica) che scarica a terra.

Andrea Crostelli

*

[Segnalata al Premio “Paesepoesia”, Belvedere Ostrense (AN),2005.

Nella motivazione il Presidente della Giuria, nonché Presidente del Circolo “La Gioconda” di Ostra, Giancarla Raffaeli, così si esprime:

“L'ombra è un testo originale e personalissimo che, attraverso un ritmo spezzato e drammatico, evoca l'atmosfera contratta della sospensione della coscienza di sé e del proprio corpo, proiettati nell'inconsistenza estranea e divisa dell'ombra”.]

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Commento alla poesia Stanze di Felice Serino

STANZE

[ispirata leggendo Il corponauta – appunti di viaggio di uno spirito libero, di Flavio Emer]

io pensiero dilatato

a spolverare le stanze dell'oblio

sulle pareti la memoria

ancestrale

metteva in luce emozioni dipinte

su volti che furono me

rifluiva dai bui corridoi

degli anni il vissuto

a imbuto

mi perdevo come in sogno

nell'abbraccio di quelle figure che

accendevano il mio sangue

STANZE DAI SOFFITTI ALTI

Ombre cinesi sulle pareti della stanza, sui piani alti del cielo sui nembi delle nubi: profili di un volto nelle dormite del tempo, il volto di Felice Serino ora ragazzino ora maturo, ora bambino ora maggiorenne.

La vita si stampa nei cieli e noi aguzziamo l'occhio per vederla e lasciamo crescere le penne per afferrarla nel volo.

Non ci si possiede e allora la nostra anima trasborda, si libera delle staffe, si fa risucchiare dai cieli come spirale nell'imbuto. La carne non ha più debolezze se quell'istinto cattivo lo muove l'anima che non c'è. Se la testa e il cuore se ne sono andati insieme…

E' amaro e faticoso tornare da viaggio e rioccupare la cella del corpo, sappiamo però che sarà per poco perché il nostro indirizzo è andato oltre, il nostro sogno non è fermarsi mai.

Saper convivere, accettare e magari sorridere quando si pensa alla nostra “carne”, al nostro essere limite, devianza, beh, non è semplice. Ci vuole un allenamento costante, un equilibrio notevole.

Un'elasticità che passa la misura del nostro orgoglio, della nostra presunzione.

D'altronde è Dio che deve salvarci e non noi con le armi che non abbiamo. La volontà (unica arma) da abbinare alla fede, o il desiderio, chiamiamolo come ci pare, sono le nostre braccia tese che solo

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ACCOSTAMENTI A “CREATURA” DI FELICE SERINO

(riflessioni, riferimenti personali ed altro)

CREATURA

mi godo la luce

come farfalla

sul palmo della tua mano

Signore non posso

che offrirti il mio niente –

fragile creatura

ti devo una morte

Quante morti, per non pensare a quella ultima, abbiamo reso a Dio?!… e, quindi, quante resurrezioni!

C'è un'intuizione strabiliante in questa poesia.

Ovvero la figura della farfalla abbinata alla morte.

Qualche anno fa ho avuto il privilegio di seguire da vicino un ragazzino dodicenne malato di tumore (uno dei cancri più rari e tremendi).

L'ultima volta che l' ho potuto portare davanti casa, semi-seduto su una sdraio, ho assistito a questa scena. Aveva una piaga sul ginocchio sinistro e, mentre si stava meditando il rientro, un nuvolo di farfalle bianche (le cavolaie) andò a posarsi su di lui e a baciare quella ferita. Era coperto di farfalle, stettero in quel posto sacro, su quell'altare umano per minuti che sembravano eterni, prima di allontanarsi come uno sciame d'api venuto dal nulla.

Era il segno che stava per essere accolto, dopo la morte, da quella luce straripante che in quegli istanti particolari ci aveva invaso.

I giorni seguenti videro Samuele (così si chiamava) in coma. Un pomeriggio pensai che era il caso di portargli la comunione e pregare un po' insieme. In effetti si svegliò dal coma e pregò profondamente insieme a tutti i presenti (familiari e amici). Il mattino dopo sullo stradello che porta a casa sua trovai una cavolaia morta. Piombò dentro me il dolore della perdita assieme alla certezza consolante di avere un santo, ora presente, “solo” in maniera spirituale.

Le morti interiori a causa del male commesso sono l'offerta del nostro niente a Dio. Offerta per il rifacimento totale del nostro essere che cerca la vita nuova nella grazia.

La morte può essere intesa pure come liberazione dai pesi terreni, la zavorra che si stacca dal nostro corpo che acquista leggerezza e sale nel cielo pari a una farfalla e, delicatamente, va a cercare la mano che l'ha generato e vi si posa [per sempre].

C'è un altro significato che mi preme venga messo in luce. Quello che sta a dire: la mano del Signore mi ha salvato ora gli devo la vita (o meglio, quella gliela dovevo anche prima, ora gli “devo una morte”.

Andrea Crostelli

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TEMPO MALATO / DOLORE DI TEMPO

Frasi sulla poesia “IL PECULIO DI LUCE” (a Simone Weil) di Felice Serino

IL PECULIO DI LUCE

(a Simone Weil)

1.

(occhi come laghi

abbracciano da eco

a eco fremiti di vita)

ha mani che sfondano muri

di solitudine – amore

2.

germoglia grido di luce

da nuovo dolore

Tornano a te, come in un lago al centro della sua valle, gli echi della tua voce-dolore-di-tempo, di quando pronunciasti frasi o pensieri appena ieri, o tornano a te gli echi di chi, in un tempo più remoto, ti assomigliava nel suo “sentire”. Perché l'eco è un sentire che può arrivare dalle orecchie al cuore. Queste sono le “mani che sfondano muri” (e anni), mani prolungate in gesti d'amore e alzate in inni di lode.

L'eco della “luce” sorge come un grido potente di vittoria che abbatte mura di Gerico (la preghiera “funziona” quando uno non dubita che otterrà quel che chiede, anzi sa già di averlo ottenuto prima che questo accada), che stronca le resistenze nemiche più volitive, che smaschera la “notte” con le sue abissali contrapposizioni del bene e con l'offerta lieta delle proprie pene.

E' così che Felice Serino si specchia negli occhi di Simone Weil (intravede il suo sorriso come una mano tesa), è così che Felice Serino si specchia nella vita piena.

Andrea Crostelli

Breve commento alla poesia di Felice Serino

Se questo mondo

se questo mondo ti ha forse

deluso è perché ho lasciato

che ti perdessi e dal tuo

vuoto mi tendessi le mani

su me che sono Altro

roveto che arde e non consuma

scommetti pure la tua vita

non vergognarti di me che sono il giorno

ho offerto il mio Essere

carne e dio

al supplizio del legno

mia rivincita d'amore

sono il mattino che ti coglie

-cuore di madre

Dio è ben diverso da noi, è ALTRO.

Si può scommettere pure la vita su di lui ché mai ci farà vergognare di averlo sposato. La notte ci disorienta, IL GIORNO parla con la luce e la chiarezza. La notte ti uccide, IL MATTINO ti coglie vivo.

Questo mi fa pensare a un fiore che strappato dalla terra continua a vivere.

Andrea Crostelli

Riflessioni sulla poesia di Felice Serino

SPAESANO LE ORE DEL CUORE

i primi turbamenti i morsi

dell'amore – luce

d'infanzia come sogno scolora

dove l'orizzonte taglia il cielo

spaesano le ore del cuore

nel giorno alto

Quando t'innamori le budella sembrano contorcersi o un vuoto pieno ti sorprende con i suoi prendi e lascia. Sono “i morsi dell'amore” quelli che mangiano al posto tuo e ti tolgono l'appetito.

Ricordi dell'infanzia, luci che a tratti ritornano. C'è ora però una consapevolezza del mondo, uno sguardo maturo che si staglia all'orizzonte dove il vissuto va ad abbracciare la linea immaginaria dell'infinito.

La chiarità delle distanze non può che farci pensare che un giorno quella linea che ci separa dal cielo (l'orizzonte) si cancellerà.

E andremo verso la consapevolezza piena. In questo mondo che si allarga a dismisura “nel giorno alto”, in questo mondo che i nostri occhi perplessi a volte non riconoscono – come se la sua creazione avvenisse in quell'istante che lo si fissa – sperduti ci troviamo: agnellini che belano timidamente in un campo con le sue ampie vallate, gli strapiombi e le vallate ancora, dimentichi di noi stessi, rimpiccioliti fino all'estremo e rimessi nelle mani di Qualcun Altro dall'umiltà che ci salva.

Oh l'amore, quello che ci fa provare l'amore, è un bocciolo profumato di rosa che (per quanto duri poco) torna sempre fresco. Torna, con la sua magnificente indistruttibile novità.

Andrea Crostelli

A RISALIRE VORTICI

(a cura di Luca Rossi)

a specchio di cielo

cuore

a risalire vortici

di vita dispersa

(d'ore

ubriache)

vorresti tuffarti

nell'azzurro fonderti

con la luce

[da Fuoco dipinto – 2002, edizione dell'Autore]

*

C'è un tempo durante il quale si svolge tutta l'azione che corre lungo i versi di questa poesia.

E' un momento ben preciso che corrisponde a una parentesi (forse della vita, ma nello scritto a un chiarimento del contesto) che l'autore pone esattamente a metà del suo scritto.

Sono le “ore ubriache” che dividono l'azione faticosa della risalita tra vortici di vita e la probabile e rapida discesa del tuffo.

Tra la salita e la discesa una pausa, un momento in cui riflettere per decidere.

Una vita dispersa che passa rapida, vorticosamente, dove il cielo è solo specchio di una realtà che forse, pur ritmando i tempi del cuore, è troppo veloce.

Cuore: parola isolata, posta in risalto, dello stesso colore del cielo in cui si riflette e in cui trova il suo complemento.

Restano le ore ubriache come momento in cui rimanere.

Trovare, all'interno di queste, il coraggio del tuffo per gettarsi definitivamente nell'azzurro che è passato, che è presente, che sarà futuro.

Posizione di stallo per rivivere senza rimpianti la luce, unico scopo dell'esistenza e dell'azione.

Unico motivo per il quale vale la pena tentare.

Storditi dal tempo e confusi; lasciare la fatica della salita per cadere in un qualche cosa che si è sempre voluto.

Dicembre 2000