A DIOGNETO 11

XI. Il loro maestro 1. Non dico stranezze né cerco il falso, ma, divenuto discepolo degli apostoli, divento maestro delle genti e trasmetto in maniera degna le cose tramandate a quelli che si son fatti discepoli della verità. 2. Chi infatti, rettamente istruito e fattosi amico del Verbo, non cerca di imparare saggiamente le cose che dal Verbo furono chiaramente mostrate ai discepoli? Non apparve ad essi il Verbo, manifestandosi e parlando liberamente, quando dagli increduli non fu compreso, ma guidando i discepoli che, da lui ritenuti fedeli, conobbero i misteri del Padre? 3. Egli mandò il Verbo come sua grazia, perché si manifestasse al mondo. Disprezzato dal popolo, annunziato dagli apostoli, fu creduto dai pagani. 4. Egli fin dal principio apparve nuovo ed era antico, e ognora diviene nuovo nei cuori dei fedeli. 5. Egli eterno, in eterno viene considerato figlio. Per mezzo suo la Chiesa si arricchisce e la grazia diffondendosi nei fedeli si moltiplica. Essa ispira saggezza, svela i misteri, preannuncia i tempi, si rallegra per i fedeli, si dona a quelli che la cercano, senza infrangere i giuramenti della fede né oltrepassare i limiti dei padri. 6. Si celebra poi il timore della legge, si riconosce la grazia dei profeti, si conserva la fede dei Vangeli, si conserva la tradizione degli apostoli e la grazia della Chiesa esulta. 7. Non contristando tale grazia, saprai ciò che il Verbo dice per mezzo di quelli che vuole, quando vuole. 8. Per amore delle cose rivelateci vi facciamo partecipi di tutto quanto; per la volontà del Verbo che lo ordina, fummo spinti a parlare con zelo.

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Approfondimenti

I capitoli VII-XII della Lettera a Diogneto si concentrano sulla presentazione di ciò che permette ai cristiani di vivere la loro vita sociale in modo mirabile e paradossale: la fede in Dio, autore della creazione, che si è fatto uomo per amore dell’umanità. Sono stati molto ripresi e commentati i capp. V-VI, tuttavia essi possono essere compresi appieno solo tenendo conto dello sviluppo teologico dei successivi capitoli.

Il testo della Lettera a Diogneto è un testimone fedele di un periodo di persecuzioni, in cui il cristianesimo è una minoranza, sovente disprezzata e conosciuta approssimativamente, dando spazio alla realtà delle minacce rivolte ai cristiani. Tuttavia non ne fa motivo di recriminazione, ma la legge a partire dalla fede, nutrita dalle Scritture e dall’attesa escatologica: il mondo non è giudicato ostile, ma è riconosciuto come il luogo in cui operare perché siano sempre più visibili e vissuti l’amore e la giustizia del Vangelo. Tutto ciò prende corpo nella quotidianità dei cristiani in un impegno a vivere e agire secondo la propria fede. Si tratta, dunque, di un pensiero maturato nel confronto con un tempo e un contesto socioculturale ben precisi, ma elaborato a partire dalla prospettiva della fede cristiana.

I cristiani nel mondo sono chiamati a “vegliare” nel duplice significato di questo termine. Da una parte, si prendono cura della creazione; dall’altro, attendono con impazienza la parusia, la venuta del Signore. Sono, perciò, come la sentinella che attende l’aurora (Salmo 130,6): nelle tenebre della notte aspetta fiduciosa l’avvento della prima luce del giorno.

Così, i cristiani custodiscono il mondo e lo scrutano per potervi riconoscere i segni della presenza di Dio all’opera. Inoltre sono chiamati a risvegliare l’umanità, distogliendola dal torpore della routine e delle piccole preoccupazioni in cui rischia di smarrirsi, per rimettere al centro il rispetto dei valori fondamentali della dignità della persona e della convivenza civile.

L’esercizio di questo duplice compito non è di certo slegato dalla realtà in cui si è inseriti. Rifuggendo da ogni astrazione o teoria, i cristiani, come singoli e come comunità, sono chiamati a confrontarsi con le questioni problematiche presenti nei Paesi in cui vivono (dall’educazione alla legalità, dalla lotta alla povertà alla promozione di uno sviluppo giusto e sostenibile), per riconoscere quali siano prioritarie e cercare di dare una risposta efficace e concreta, o, in altri termini, incarnata.

Così facendo, i cristiani diventano cooperatori di Dio immettendo nel mondo uno spirito nuovo, un dinamismo di vita capace di trasformare la realtà e aprire la strada a una comprensione rinnovata e liberante della vita, intesa come dono ricevuto da condividere.


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