📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

INNO DI LODE E DI RINGRAZIAMENTO A DIO 1 Al maestro del coro. Di Davide, servo del Signore, che rivolse al Signore le parole di questo canto quando il Signore lo liberò dal potere di tutti i suoi nemici e dalla mano di Saul. 2 Disse dunque:

Ti amo, Signore, mia forza,

3 Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore, mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio; mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo.

4 Invoco il Signore, degno di lode, e sarò salvato dai miei nemici.

5 Mi circondavano flutti di morte, mi travolgevano torrenti infernali;

6 già mi avvolgevano i lacci degli inferi, già mi stringevano agguati mortali.

7 Nell'angoscia invocai il Signore, nell'angoscia gridai al mio Dio: dal suo tempio ascoltò la mia voce, a lui, ai suoi orecchi, giunse il mio grido.

8 La terra tremò e si scosse; vacillarono le fondamenta dei monti, si scossero perché egli era adirato.

9 Dalle sue narici saliva fumo, dalla sua bocca un fuoco divorante; da lui sprizzavano carboni ardenti.

10 Abbassò i cieli e discese, una nube oscura sotto i suoi piedi.

11 Cavalcava un cherubino e volava, si librava sulle ali del vento.

12 Si avvolgeva di tenebre come di un velo, di acque oscure e di nubi come di una tenda.

13 Davanti al suo fulgore passarono le nubi, con grandine e carboni ardenti.

14 Il Signore tuonò dal cielo, l'Altissimo fece udire la sua voce: grandine e carboni ardenti.

15 Scagliò saette e li disperse, fulminò con folgori e li sconfisse.

16 Allora apparve il fondo del mare, si scoprirono le fondamenta del mondo, per la tua minaccia, Signore, per lo spirare del tuo furore.

17 Stese la mano dall'alto e mi prese, mi sollevò dalle grandi acque,

18 mi liberò da nemici potenti, da coloro che mi odiavano ed erano più forti di me.

19 Mi assalirono nel giorno della mia sventura, ma il Signore fu il mio sostegno;

20 mi portò al largo, mi liberò perché mi vuol bene.

21 Il Signore mi tratta secondo la mia giustizia, mi ripaga secondo l'innocenza delle mie mani,

22 perché ho custodito le vie del Signore, non ho abbandonato come un empio il mio Dio.

23 I suoi giudizi mi stanno tutti davanti, non ho respinto da me la sua legge;

24 ma integro sono stato con lui e mi sono guardato dalla colpa.

25 Il Signore mi ha ripagato secondo la mia giustizia, secondo l'innocenza delle mie mani davanti ai suoi occhi.

26 Con l'uomo buono tu sei buono, con l'uomo integro tu sei integro,

27 con l'uomo puro tu sei puro e dal perverso non ti fai ingannare.

28 Perché tu salvi il popolo dei poveri, ma abbassi gli occhi dei superbi.

29 Signore, tu dai luce alla mia lampada; il mio Dio rischiara le mie tenebre.

30 Con te mi getterò nella mischia, con il mio Dio scavalcherò le mura.

31 La via di Dio è perfetta, la parola del Signore è purificata nel fuoco; egli è scudo per chi in lui si rifugia.

32 Infatti, chi è Dio, se non il Signore? O chi è roccia, se non il nostro Dio?

33 Il Dio che mi ha cinto di vigore e ha reso integro il mio cammino,

34 mi ha dato agilità come di cerve e sulle alture mi ha fatto stare saldo,

35 ha addestrato le mie mani alla battaglia, le mie braccia a tendere l'arco di bronzo.

36 Tu mi hai dato il tuo scudo di salvezza, la tua destra mi ha sostenuto, mi hai esaudito e mi hai fatto crescere.

37 Hai spianato la via ai miei passi, i miei piedi non hanno vacillato.

38 Ho inseguito i miei nemici e li ho raggiunti, non sono tornato senza averli annientati.

39 Li ho colpiti e non si sono rialzati, sono caduti sotto i miei piedi.

40 Tu mi hai cinto di forza per la guerra, hai piegato sotto di me gli avversari.

41 Dei nemici mi hai mostrato le spalle: quelli che mi odiavano, li ho distrutti.

42 Hanno gridato e nessuno li ha salvati, hanno gridato al Signore, ma non ha risposto.

43 Come polvere al vento li ho dispersi, calpestati come fango delle strade.

44 Mi hai scampato dal popolo in rivolta, mi hai posto a capo di nazioni. Un popolo che non conoscevo mi ha servito;

45 all'udirmi, subito mi obbedivano, stranieri cercavano il mio favore,

46 impallidivano uomini stranieri e uscivano tremanti dai loro nascondigli.

47 Viva il Signore e benedetta la mia roccia, sia esaltato il Dio della mia salvezza.

48 Dio, tu mi accordi la rivincita e sottometti i popoli al mio giogo,

49 mi salvi dai nemici furenti, dei miei avversari mi fai trionfare e mi liberi dall'uomo violento.

50 Per questo, Signore, ti loderò tra le genti e canterò inni al tuo nome.

51 Egli concede al suo re grandi vittorie, si mostra fedele al suo consacrato, a Davide e alla sua discendenza per sempre.

_________________ Note

18,1 Il testo di questo ampio e maestoso inno di ringraziamento si ritrova, con poche varianti, anche in 2Sam 22, dove è introdotto con le stesse parole del v. 1. Il re Davide, presentato come modello dell’orante, vede in Dio l’artefice dei successi e delle vittorie, il liberatore dai nemici e dai molti pericoli che ostacolavano l’ascesa al trono.

18,11 Il cherubino raffigurava un animale alato, che gli Assiri collocavano davanti ai templi e ai palazzi dei re (vedi anche 1Sam 4,4 ; 2Re 19,15).

18,17 grandi acque: immagine di estremo pericolo, di distruzione e di morte (vedi Sal 32,6; 144,7).

18,29 La lampada simboleggia la vita, ma anche la dinastia davidica, alimentata dalla protezione divina (2Sam 21,17; 1Re 11,36; 15,4; 2Re 8,19; Sal 132,17).

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Approfondimenti

Canto di vittoria del re Salmo regale

Il titolo, uno tra i più lunghi del salterio, pone il salmo nel contesto di liberazione di Davide dalle mani di Saul. È certamente arcaico. Si rispecchia in 2Sam 22 (testo più arcaico), che può essere considerato la recensione più lunga, e in Sal 144,1-11, che può essere una recensione più concentrata. Contiene molti antropomorfismi e diversi generi letterari. Innestati sulla trama dell'inno di ringraziamento per le liberazioni e le vittorie conseguite sui nemici si enumerano: l'inno (vv. 2-4); la lamentazione (v. 5-7), la teofania (vv. 8-16), la confessione negativa d'innocenza (v. 21-28), il racconto delle gesta divine di salvezza (vv. 29-46), e la dossologia (vv. 47-51). È un salmo molto vivace, solenne, di grande vigore plastico e potenza creativa. Il simbolismo è ricchissimo: c'è quello della stabilità, quello spaziale, militare, teologico (cosmologico, antropomorfico). Si alternano la seconda e la terza persona.

Per quanto riguarda la struttura, in una cornice innica data dai vv. 2-4 iniziali e dai vv. 47-50 finali, si evidenzia il corpo del carme con due quadri, uniti da una pausa di meditazione teologica sulla motivazione dell'aiuto di Dio prestato al salmista (re). Il primo quadro (vv. 5-20) narra gli interventi prodigiosi di liberazione del Signore; il secondo (vv. 29-46) racconta gli interventi vittoriosi passati, fonte di fiducia per quelli futuri, che saranno altrettanto vittoriosi come i primi. Il tutto forma nel TM una serie di 14 ottonari di versi distici con 3 + 3 accenti nel TM a eccezione del v. 51 (tristico).

Il salmo si divide:

  • vv. 2-4: apertura litanica;
  • vv. 5-20: I quadro: interventi prodigiosi di liberazione del Signore nel passato;
  • vv. 21-25: pausa di riflessione teologica;
  • vv. 26-28: la confessione d'innocenza;
  • vv. 29-46: II quadro: il grande ringraziamento;
  • vv. 47-50: conclusione dossologica;
  • v. 51: aggiunta ermeneutica posteriore.

v. 2. «Ti amo»: si usa il verbo rḥm che suppone un amore “viscerale” materno. È l'unico caso in cui questo verbo ha Dio come oggetto e non come soggetto. Anche il salmista perciò dice di amare Dio con un amore “viscerale”, premuroso, materno!

v. 3. «mia roccia»: l'espressione (sal‘î) ricorre solo nel Salterio (Sal 31,4; 42,10; 71,3). Richiama la cima solitaria, spoglia e inaccessibile di un monte. «mia fortezza»: l'espressione, in quanto appellativo del Signore, ricorre solo nel Salterio (Sal 31,4; 71,3; 91,2; 144,2). Richiama un rifugio sicuro, protetto, imprendibile. «mio liberatore»: cfr. Sal 40,18; 70,6; 144,2. Il titolo divino e tutto il primo emistichio del v. 3 sono illustrati nei vv. 5-20. «mio scudo»: Dio si presenta come scudo (māgēn) di Abramo in Gn 15,1 (cfr. Dt 33,29; Prv 2,7; 30,5). L'appellativo, che si trova anche nel v. 31, ricorre frequente nei salmi (3,4; 28,7; 33,20; 59,12 84,10.12; 115,9; 119,114; 144,2). Lo scudo, strumento di guerra, indica difesa e protezione. «mia potente salvezza»: alla lett.: «corno della mia salvezza» (cfr. 1Sam 2,10; Sal 132,17). La metafora del corno è adoperata nella Bibbia per indicare la potenza (cfr. Sal 22,22; 44,6; 69,32; 75,5.6.11; Dt 33,17; 1Re 22,11; Mic 4,13; Dn 7,7). L'immagine è comune alle culture del tempo. L'espressione «mia potente salvezza», con i titoli del secondo e terzo emistichio di v. 3, è sviluppata in particolare nei vv. 32-46. Questi titoli richiamano un contesto bellico che rispecchia i racconti su Davide perseguitato da Saul e ramingo sulle montagne.

v. 4. «degno di ogni lode»: l'espressione mɇhullāl viene sviluppata nei vv. 47-50 finali (conclusione dossologica).

v. 5. «flutti di morte... torrenti impetuosi»: cfr. Gn 2,6.10-14. L'immagine evoca le forze distruttrici del caos primordiale riportate dai miti orientali della creazione. «torrenti impetuosi»: alla lett. «torrenti di Belial». Belial (alla lett.: senza utilità) indica distruzione e rovina per antonomasia (cfr. Dt 13,14; Gdc 19,22; 20,13; 1Sam 1,16; 2,12; 10,27; 25,25; 30,22; 2Sam 16,7; 20,1; 23,6; Na 2,1; Gb 34,18). Il termine è stato personificato nel giudaismo, nella letteratura apocrifa e nei Padri della Chiesa, e identificato con Satana, diavolo (cfr. 2Cor 6,15). I torrenti di Belial sono quelli di nessun profitto: quando si cerca l'acqua sono asciutti, quando invece portano acqua dopo un temporale causano distruzione. Si pensi al classico torrente (wadi) della terra d'Israele.

v. 6. «i lacci degli inferi»: alla lett. «i lacci dello šɇ’ôl». L'immagine venatoria è frequente nei salmi di lamentazione (cfr. 7,16; 9,16). Sono le insidie tese dai nemici che portano alla morte, significata qui, per metonimia, con šɇ’ôl (= dimora, regno dei morti nella concezione semita).

v. 7. «dal suo tempio»: si tratta della dimora terrestre (tempio di Gerusalemme) strettamente congiunta a quella celeste (tempio celeste), cfr. Sal 29.

vv. 8-16. In questi versetti, con il ricorso alla teofania, che richiama la lotta cosmica di Dio contro le forze nemiche del caos originario, si dice come Dio è intervenuto a salvare il salmista. Alla teofania viene dato molto spazio per mostrare la superiorità della potenza divina. Cfr. Es 19,16-18; Gdc 5,4-6; Am 5,18; Ab 3,4-6; Zc 9,14-15a; Sal 68,8-9.

v. 9. «Dalle sue narici saliva fumo...»: è un forte antropomorfismo. Gli elementi ignei come il fumo, il fuoco, i carboni ardenti ecc. sono spesso, nel genere teofanico, segni della trascendenza di Dio. Essi si combinano a volta anche, come nei versetti seguenti, con gli elementi atmosferici.

v. 11. «Cavalcava un cherubino e volava»: Dio è visto con l'immagine del cavaliere volante. Il kɇrûb è il toro androcefalo collocato nella civiltà assira davanti all'ingresso dei templi e dei palazzi reali in segno di protezione. Nella Bibbia è spesso menzionato, cfr. Gn 3,24; Sal 80,2; Ez 28,14.16. Dio stesso ha come titolo «colui che siede sui cherubini» (1Sam 4,4; 2Re 19,15).

v. 14. «Il Signore tuonò dal cielo..»: per il tuono, voce del Signore, cfr. Sal 29.

v. 16. «Allora apparve il fondo del mare, si scoprirono le fondamenta..»: alla minaccia di Dio si scoprono i fondali marini, le colonne che nella cosmogonia orientale sorreggono la terra (cfr. Sal 24,2; 75,4; Gb 38,4-5; Prv 8,29). L'immagine è plastica. L'oceano primordiale, sconfitto, resta nudo e fugge terrorizzato. E segno di onnipotenza divina, cfr. Sal 104,5-8.

vv. 26-28. «Con l'uomo buono... con l'uomo puro...»: si sottolinea l'atteggiamento di benevolenza da parte di Dio verso il suo fedele. Egli è fedele (ḥāsîd) con il fedele e integro, puro (tāmîm) con il puro.

v. 28. «Perché tu salvi il popolo degli umili, ma abbassi...»: questo versetto riassume l'intero atteggiamento di Dio descritto in precedenza. Egli salva gli umili, i poveri, ma resiste e umilia i superbi.

v. 29. «luce alla mia lampada»; Dio è presentato con un'audace metafora come luce, cfr. Gb 29,3. Nel Sal 119,105 la parola di Dio è «lampada per i passi» e «luce sul cammino». Dio «luce» è segno di sicurezza e di giusta direzione della vita dell'uomo (cfr. Mic 7,8; Is 60,1ss.).

v. 30. «Con te mi lancerò contro le schiere..»: «schiere» traduce qui la voce gādûd che è diversamente interpretata da altri.

v. 33. «ha reso integro il mio cammino»: «integro» (tāmîm) nel senso di «appianato», cioè libero da ogni ostacolo o insidia. Nel senso morale può riferirsi all'integrità di vita del salmista, cfr. v. 31.

v. 34. «agilità come di cerve»: cfr. Ab 3,19. Per il paragone cfr. Gb 39,1; Ct 2,7; 3,5.

v. 35. «ha addestrato le mie mani alla battaglia... a tendere l'arco»: Dio è visto come istruttore militare a maneggiare le armi, e specificamente come istruttore per scagliare le frecce con l'arco di bronzo, cfr. Sal 144,1.

v. 44. «popolo in rivolta»: l'espressione si riferisce alle lotte intestine, e se il salmo è riferito al re Davide, si possono intravvedere non solo le opposizioni da parte di Saul (1Sam 24 e 26), ma quelle sfociate in aperte rivolte in seno alla sua stessa famiglia, cfr. la rivolta di Assalonne (2Sam 15). «mi ha posto a capo delle nazioni»: la vittoria, a livello teologico storico, assume risonanza mondiale, perché in fondo è la vittoria di Dio. In riferimento alle vicende di Davide, si può pensare alle varie sottomissioni dei popoli circonvicini in un'alleanza diplomatica, cfr. Sal 2.

v. 46. «impallidivano uomini stranieri..»: il versetto è forse una glossa. Il testo è oscuro.

v. 47. «Viva il Signore e benedetta...»: l'espressione «viva il Signore» è la formula caratteristica nell'AT che apre spesso un giuramento (cfr. Gdc 8,19, Rt 3,13). Qui ha valore di acclamazione regale (1Re 1,31; 2Re 9,13), professione di fede e giuramento solenne insieme. Si richiamano, in inclusione con la dossologia dei v. 47-50, i titoli iniziali innici del v. 3. Il Signore è vivo e lo dimostra agendo nella storia come «rupe» di difesa (v. 3.32), e «salvezza» del popolo d'Israele. Perciò è benedetto ed esaltato.

v. 50. «Per questo, Signore, ti loderò..»: è il versetto conclusivo originario del salmo che chiude la dossologia e il salmo stesso. Il salmista mostra la sua riconoscenza al Signore lodandolo e esaltandolo al di là dei confini nazionali, cioè tra le genti (baggôyim), dato che, oltre i confini nazionali, il Signore gli ha fatto estendere la sua vittoria e il suo dominio (vv. 44-46.48). Nella lettura post-esilica del salmo in questo versetto si sostituisce l'io regale con l'io della comunità dispersa, che testimonia la salvezza di Dio in mezzo ai popoli.

v. 51. «Egli concede al suo re...»: il versetto è un'aggiunta ermeneutica e attualizzante post-esilica. Serve a indicare il protagonista, il re, che nel poema lo si è avvertito parlare in prima persona. Qui si parla di lui in terza persona. Alla luce dell'oracolo di Natan (2Sam 7), letto in chiave messianica, si esalta la fedeltà di Dio non solo a Davide, ma alla sua dinastia per sempre. Scompare, come in una dissolvenza cinematografica, la figura di Davide all'orizzonte, e si avvicina con sempre maggior nitidezza la figura del Messia, re ideale e perfetto, nuovo Davide, con cui Dio porta la salvezza alle genti.

Nel NT il salmo è utilizzato per la sua valenza messianica che ha acquistato man mano. Alla «potente salvezza» (alla lett. «corno della mia salvezza») (v. 3) si riferisce Lc 1,69. Lc 1,51-52 si richiama al v. 28. In Rm 15,9 si cita il v. 50; in Lc 1,55 è citato in parte il v. 51.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INVOCAZIONE A DIO NELLA PERSECUZIONE 1 Preghiera. Di Davide.

Ascolta, Signore, la mia giusta causa, sii attento al mio grido. Porgi l'orecchio alla mia preghiera: sulle mie labbra non c'è inganno.

2 Dal tuo volto venga per me il giudizio, i tuoi occhi vedano la giustizia.

3 Saggia il mio cuore, scrutalo nella notte, provami al fuoco: non troverai malizia.

La mia bocca non si è resa colpevole, 4 secondo l'agire degli uomini; seguendo la parola delle tue labbra, ho evitato i sentieri del violento.

5 Tieni saldi i miei passi sulle tue vie e i miei piedi non vacilleranno.

6 Io t'invoco poiché tu mi rispondi, o Dio; tendi a me l'orecchio, ascolta le mie parole,

7 mostrami i prodigi della tua misericordia, tu che salvi dai nemici chi si affida alla tua destra.

8 Custodiscimi come pupilla degli occhi, all'ombra delle tue ali nascondimi,

9 di fronte ai malvagi che mi opprimono, ai nemici mortali che mi accerchiano.

10 Il loro animo è insensibile, le loro bocche parlano con arroganza.

11 Eccoli: avanzano, mi circondano, puntano gli occhi per gettarmi a terra,

12 simili a un leone che brama la preda, a un leoncello che si apposta in agguato.

13 Àlzati, Signore, affrontalo, abbattilo; con la tua spada liberami dal malvagio,

14 con la tua mano, Signore, dai mortali, dai mortali del mondo, la cui sorte è in questa vita. Sazia pure dei tuoi beni il loro ventre, se ne sazino anche i figli e ne avanzi per i loro bambini.

15 Ma io nella giustizia contemplerò il tuo volto, al risveglio mi sazierò della tua immagine. _________________ Note

17,1 La preghiera del giusto che, accusato falsamente, si rivolge con fiducia a Dio, nella certezza di essere esaudito.

17,7 La destra indica la potenza di Dio.

17,8 Le ali richiamano i cherubini alati che, nel tempio, custodivano l’arca dell’alleanza, segno della presenza di Dio (vedi Sal 36,8; 57,2; 61,5; 63,8).

17,14 Sazia pure dei tuoi beni: testo dal significato incerto. Può intendersi in senso negativo: punisci anche i loro figli, distruggendone totalmente l'esistenza. Oppure: abbiano tutti i beni che desiderano, il mio bene invece è stare con Dio.

17,15 volto e immagine: designano l’aspetto visibile di Dio, che l’uomo percepisce nella fede (vedi Es 33,11; Nm 12,8).

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Approfondimenti

Supplica del giusto falsamente accusato Supplica individuale

Il salmo, che nel “titolo” è chiamato espressamente “preghiera”, è una supplica di un giusto falsamente accusato. La preghiera-supplica racchiude molteplici stati d’animo: paura, fiducia, protesta contro l’ingiustizia, passione. C’è lo schema triangolare delle “Suppliche”: Dio – io (l'orante) – essi (i nemici). Il simbolismo è giuridico-giudiziale, somatico-fisiologico, teriomorfo-venatorio, spaziale e bellico. Il salmo mostra di avere affinità con il Sal 16 che lo precede, soprattutto per la fondamentale fiducia in Dio e per alcune corrispondenze letterarie. Forse è attribuibile allo stesso autore. Il testo del salmo si presenta oscuro in alcuni punti come nei vv. 3-4.14. La parola “giustizia” (ṣedeq) nel testo originale fa da inclusione nei vv. 1a e 15.

Divisione:

  • v. 1: appello introduttivo;
  • vv. 2-5: giuramento d'innocenza;
  • vv. 6-15: supplica in tre strofe.

v. 1. «Accogli, Signore, la causa del giusto»: alla lett. «Ascolta Signore giustizia (JHWH ṣedeq)». È un titolo di Dio! I LXX traducono «della mia giustizia». La traduzione di BC si ispira alla Siriaca e a Girolamo.

vv. 2-5. Questa protesta d'innocenza si apre con una sfida a Dio a esaminare l'orante, a scrutarlo di notte con il fuoco, e a emettere la sentenza d'innocenza perché non si sente colpevole. Egli ha ascoltato la parola di Dio, si è mantenuto fedele, ed è sicuro che protetto da lui non farà passi falsi. La sicurezza del salmista si oppone in parte alla convinzione della radicale peccaminosità dell'uomo espressa dal Sal 130,3.

vv. 6-15. Al giuramento d'innocenza segue una supplica così divisa:

  • v. 6: introduzione alla supplica;
  • vv. 7-9: (I strofa) supplica riguardante l'io (= l'orante);
  • vv. 10-12: (II strofa) descrizione dell'operato dei nemici (“essi”);
  • vv. 13-15 (III strofa): supplica conclusiva riguardante Dio, i nemici e l'orante.

v. 6. «Io t'invoco»: il pronome “io” (’anî) sta in posizione enfatica. Il salmista consapevole della sua innocenza si sente forte e sicuro nella richiesta.

v. 7. «alla tua destra»: la destra è la mano armata di Dio, paragonato a un guerriero, simbolo della sua potenza, cfr. Es 15,6; Sal 16,11; 18,36.

v. 8. «come pupilla degli occhi»: l'espressione richiama il periodo del deserto, cfr. Dt 32,10; «all'ombra delle tue ali»: l'immagine si trova spesso nel salterio, e ricorda le ali dei cherubini che sovrastavano l'arca dell'alleanza nel santuario, cfr. Sal 36,8; 57,2; 61,5; 63,8.

v. 15. «per la giustizia»: è la giustizia che l'orante ritiene di avere, secondo la visione del salmo, in inclusione con i vv. 1-2. «contemplerò il tuo volto»: il salmista è sicuro e fiducioso di essere ammesso alla presenza di Dio nel tempio, privilegio di Mosè (Es 33,9.11; Nm 12,8) e dei “pii” (Sal 11,7; 16,5.11). «al risveglio»: l'espressione è variamente interpretata: può indicare il risveglio del mattino dopo il sonno della notte (Sal 5,4), il risveglio dopo l'incubazione rituale nel tempio in attesa dell'oracolo divino emesso da un sacerdote (Sal 3,6), o il risveglio della morte per godere della visione riservata ai giusti. Questa terza interpretazione si basa sulla finale del Sal 16, parallelo al nostro, e su Dn 12,2 e Is 26,19, ove il verbo hāqîs e adoperato per indicare la risurrezione. «mi sazierò della tua presenza»: alla lett.: «...della tua immagine». In contrasto con il saziarsi materiale e mortale degli empi del v. 14, l'orante desidera, e ne è certo, di essere completamente appagato guardando l'immagine (tɇmûnâ) di Dio, come Mosè (Nm 12,8). «La tua immagine» (tɇmûnātekā) del secondo emistichio sta in parallelo con «il tuo volto» (pānêkā) del primo. Essa indica l'aspetto visibile con cui Dio si fa vedere all'uomo nelle teofanie, come appunto a Mosè nella sua esperienza mistica (Nm 12,8).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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IL SIGNORE È L’UNICO VERO BENE 1 Miktam. Di Davide.

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.

2 Ho detto al Signore: “Il mio Signore sei tu, solo in te è il mio bene”.

3 Agli idoli del paese, agli dèi potenti andava tutto il mio favore.

4 Moltiplicano le loro pene quelli che corrono dietro a un dio straniero. Io non spanderò le loro libagioni di sangue, né pronuncerò con le mie labbra i loro nomi.

5 Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita.

6 Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi: la mia eredità è stupenda.

7 Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; anche di notte il mio animo mi istruisce.

8 Io pongo sempre davanti a me il Signore, sta alla mia destra, non potrò vacillare.

9 Per questo gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro,

10 perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.

11 Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra. _________________ Note

16,1 Il salmo esprime l’intensa fiducia dell’orante nel suo Signore e il rifiuto di ogni cedimento all’idolatria. Il credente nutre la certezza di venire liberato anche dalla morte (descritta con le immagini degli inferi e della fossa, v. 10) e di godere senza fine alla presenza di Dio. A questa composizione si ispirerà il NT nel presentare la risurrezione di Gesù (At 2,25-31; 13,35-36).

16,1 Il significato del termine “miktam” (che ricorre anche nei Sal 56-60) è sconosciuto. Alcuni lo traducono “inno”, altri “poema” o “preghiera scritta”.

16,4 Le libagioni di sangue alludono ai sacrifici umani offerti alle divinità pagane (vedi Sal 106,36-38).

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Approfondimenti

Fiducia in Dio unico bene Salmo di fiducia (+ motivi innici e sapienziali)

La simbologia è spaziale, temporale e somatica. Il testo originale è in cattivo stato nei vv. 1-4.

Divisione:

  • v. 1: invocazione introduttiva;
  • vv. 2-6: professione di fede in Dio;
  • vv. 7-11: benefici della fede in Dio.

v. 1. Il salmista (un sacerdote o un levita) chiede protezione al Signore presso cui si è rifugiato, cfr. Sal 11,1.

v. 2. «Sei tu il mio Signore, senza di te...»: con questa affermazione si sottolinea la scelta esclusiva di Dio, che è fondamentale per il salmista (cfr. Gs 24,15).

v. 3. «Per i santi... uomini nobili, è tutto il mio amore»: la dedizione a Dio si estende anche a quelli che partecipano della sua santità, come possono essere sia le persone dedicate al servizio divino (cfr. Sal 106,16), sia i fedeli e pii Israeliti (cfr. Sal 34,10).

v. 4. «Si affrettino altri...»: per contrasto alle affermazioni dei vv. 2-3, il salmista nega la sua fede e il suo servizio agli idoli. «libazioni di sangue»: si accenna ai sacrifici umani fatti alle divinità pagane, denunziati spesso dai profeti (cfr. Is 57,5-6; 65,11; Ez 22,4).

v. 5. «Il Signore è mia parte di eredità»: ritorna la professione positiva di fede e di fiducia nel Signore. Egli “nelle cui mani è affidata la vita del salmista” è tutto per lui, un'eredità magnifica. Si ricalca nella formulazione quanto è stato detto alla tribù di Levi, cui nella spartizione della terra non è stato dato nessun territorio (cfr. Dt 10,9; Gs 13,14), perché solo il Signore, con il suo tempio e i proventi che ne derivavano, doveva essere suo “peculiare possesso”, cfr. Nm 18,20; Sal 73,26. «mio calice»: è simbolo di salvezza (Sal 116,13) e di abbondanza (cfr. Sal 23,5).

v. 6. «su luoghi deliziosi»: al posto della terra divisa tra le tribù, il salmista e i Leviti hanno avuto in sorte un altro terreno, ma più importante e fecondo: quello del tempio del Signore, luogo davvero delizioso. L'espressione specifica “l'eredità” del v. 5.

v. 7. «Benedico il Signore»: l'orante benedice (= loda) il Signore che lo ha ammesso nella sua familiarità, diventando suo consigliere personale, facendolo oggetto dei suoi progetti, e delle sue comunicazioni salvifiche, servendosi anche della sua coscienza (= cuore) (cfr. Sal 73,21-24).

v. 8. «lo pongo sempre...»: il salmista conduce una vita intima con il Signore e percepisce la sua presenza protettrice, che non lo fa barcollare.

vv. 9-11. «Di questo gioisce il mio cuore...»: il poeta, forte della presenza del Signore, gioisce anche nella malattia “corporale”, perché sa che il suo Signore non lo farà morire (v. 10), ma lo guarirà facendogli riacquistare la vita, la gioia e la dolcezza immensa di continuare a stare nel suo tempio, al lato destro dell'altare (= alla tua destra) per vivere alla sua presenza (v. 11).

Nel NT i v. 8-11 sono citati negli Atti (2,24-32; 13,34-36) come profezia della risurrezione di Cristo.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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IL GIUSTO VIVE ALLA PRESENZA DEL SIGNORE 1 Salmo. Di Davide.

Signore, chi abiterà nella tua tenda? Chi dimorerà sulla tua santa montagna?

2 Colui che cammina senza colpa, pratica la giustizia e dice la verità che ha nel cuore,

3 non sparge calunnie con la sua lingua, non fa danno al suo prossimo e non lancia insulti al suo vicino.

4 Ai suoi occhi è spregevole il malvagio, ma onora chi teme il Signore. Anche se ha giurato a proprio danno, mantiene la parola;

5 non presta il suo denaro a usura e non accetta doni contro l'innocente. Colui che agisce in questo modo resterà saldo per sempre. _________________ Note

15,1 Ispirandosi a un rituale liturgico particolare, che elencava le condizioni per essere ammessi nel tempio, alla presenza del Signore, questo salmo propone al fedele un cammino interiore che coinvolge la condotta quotidiana. Nel salmo risuona la predicazione dei profeti e il loro richiamo a una religiosità del cuore (vedi, ad es., Is 33,14-16; Mi 6,6-8).

15,1 La santa montagna è il monte Sion, su cui era costruito il tempio.

15,5 doni: offerti per corrompere.

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Approfondimenti

Requisiti per abitare con Dio Salmo d'ingresso (+ motivi sapienziali)

Il salmo è simile per contenuto ai Sal 24; 26; 50; 95, ma in particolare si richiama più direttamente a Mic 6,6-8 e Is 33,14-16. Strutturalmente è lineare, ben equilibrato, e rivela una certa preoccupazione didattica. Il ritmo nel TM è di 3 + 3 accenti. Il campo semantico è quello dello spazio sacro, del tempo e della parola.

Divisione:

  • v. 1b: domanda d'ingresso;
  • vv. 2-5b: risposta sacerdotale;
  • v. 5cd: conclusione riassuntiva del tema iniziale.

v. 1b. «Signore, chi abiterà..»: la domanda è rivolta in seconda persona direttamente al Signore. Da chi? Se a pronunciarla è un sacerdote, è da prendersi in senso reale, dato che gli addetti al tempio (sacerdoti, leviti...) abitavano con una certa stabilità nel recinto del tempio in cui avevano proprie celle (cfr. Ger 35,2-4; 36,10-21, Ez 42). Se a pronunciarla è un semplice fedele è da prendersi simbolicamente, come espressione metaforica di unione con Dio. «nella tua tenda»: la «tenda» indica il tempio, chiamato così a ricordo della «tenda del convegno» del periodo del deserto (Es 28,43; 33,7). Dio a sua volta fu ospitato nella tenda di Abramo (Gn 18) e di Giacobbe (Gn 29,4).

vv. 2-5b. Risposta sacerdotale che contiene undici enunciati: positivi (vv. 2.4a.b) e negativi (vv. 3.4c.5ab) mescolati insieme, e a mo' di esemplificazione, cfr. Es 20; Dt 5; Prv 27-31; Sir 7,1-8,7. Il contenuto riguarda prettamente l'etica sociale.

v. 2. «Colui che cammina senza colpa..: il triplice enunciato di questo versetto è di carattere generale, quasi come un primo comandamento da cui scaturiscono gli altri, cfr. Sal 84,12; Prv 28,18. Giobbe aveva qualità tali da essere esempio di uomo perfetto, cfr. Gb 1,5; «cammina..»: la metafora della “via”, è comune nella Bibbia per indicare la condotta integra di vita, secondo i comandamenti (Sal 1,1).

v. 4. «anche se giura a suo danno...»: si tratta del giuramento fatto con leggerezza che poi si rivela a svantaggio della stessa persona che lo ha fatto, cfr. Lv 5,4. Poiché il giuramento è sacro, esso va rispettato, così come non si può ritirare, sostituendolo con un altro, un animale sacro offerto al Signore (cfr. Lv 27,10.33). Il giuramento infatti è anche una professione di fede perché si coinvolge anche Dio. Giurare però di fare il male non è vincolante.

vv. 5ab. «fare usura»: nella Bibbia vuol dire prestare denaro con interessi. Ciò è proibito con un proprio connazionale (Es 22,24; Lv 25,36-37) ma è permesso con gli stranieri (Dt 23,20-21). Il peccato di “usura” era anche combattuto dai profeti (cfr. Am 8,6), ma si consiglia anche di prestare con generosità (Dt 15; Sal 37,21.25-26; Sir 29,1-13). «non accetta doni contro l'innocente»: è il peccato della corruzione della magistratura, denunciato spesso dalla Legge (Es 23,8; Dt 10,17; 16,19; 27,25), dai Profeti (Is 1,23; 5,23; 33,15; Ez 22,12) e dai libri Sapienziali (Sal 26,10; Prv 17,23).

vv. 5cd. «Colui che agisce in questo modo»: l'espressione riassume tutti gli enunciati precedenti. «resterà stabile per sempre»: facendo eco al v. 1b il salmista conclude il salmo assicurando l'eterna stabilità dell'uomo giusto in mezzo alle tempeste della vita, com'è stabile il monte del tempio, ove risiede il Signore «roccia e baluardo di salvezza» (Sal 31,4; 42,10; 61,3; 91).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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LO STOLTO VIVE COME SE DIO NON ESISTESSE 1 Al maestro del coro. Di Davide.

Lo stolto pensa: “Dio non c'è”. Sono corrotti, fanno cose abominevoli: non c'è chi agisca bene.

2 Il Signore dal cielo si china sui figli dell'uomo per vedere se c'è un uomo saggio, uno che cerchi Dio.

3 Sono tutti traviati, tutti corrotti; non c'è chi agisca bene, neppure uno.

4 Non impareranno dunque tutti i malfattori, che divorano il mio popolo come il pane e non invocano il Signore?

5 Ecco, hanno tremato di spavento, perché Dio è con la stirpe del giusto.

6 Voi volete umiliare le speranze del povero, ma il Signore è il suo rifugio.

7 Chi manderà da Sion la salvezza d'Israele? Quando il Signore ristabilirà la sorte del suo popolo, esulterà Giacobbe e gioirà Israele. _________________ Note

14,1 Questa riflessione sul dilagare del male e della corruzione viene riproposta con leggere varianti nel Sal 53. Tutto ha origine dal non considerare la presenza e l’azione di Dio nel mondo: è il significato dell’espressione Dio non c’è (v. 1). Il salmo contiene elementi caratteristici della riflessione sapienziale e profetica.

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Approfondimenti

La stoltezza umana Salmo di requisitoria (+ motivi sapienziali)

Il salmo, che comincia ex abrupto, mette a confronto due tipi di uomini: lo stolto (nābāl) (v. 1) e il saggio (maśkîl) (v. 2). Strutturalmente la composizione nella prima parte si basa sulle espressioni: “c'è/non c'è”. Il salmo in una recensione leggermente diversa si trova nel salterio anche con il numero 53. Il metro nel TM è quello elegiaco della qînâ (3 + 2 accenti). La simbologia è antropomorfica e antropologica.

Divisione:

  • vv. 1-3: lamento sulla corruzione generale;
  • vv. 4-5: oracolo;
  • vv. 7: conclusione, Dio speranza di salvezza.

v. 1. «Lo stolto»: il vocabolo ebraico corrispondente (nābāl) ha numerosi significati: empio, incosciente, folle, stolto, immorale ecc. (cfr. Sal 36,2). Qui si tratta di un incosciente che si professa “ateo”. «Non c'è Dio»: non si tratta di ateismo teoretico, ma pratico. Infatti nel mondo antico orientale l'ateismo teoretico era inconcepibile. Lo stolto pensa che Dio si mostri indifferente, disinteressato davanti alle azioni dell'uomo e agli eventi del mondo (cfr. Sal 9-10,25.32 [TM: Sal 10,4.11]; Ger 5,12).

vv. 2-3. «Il Signore dal cielo si china...»: è un antropomorfismo (cfr. Sal 11,4; 33,13-14) che rafforza l'affermazione del versetto precedente sulla diffusione della corruzione. Dio stesso infatti, con tutta la sua scienza, paradossalmente, non riesce a trovare una persona saggia, e non può che confermare l'assunto (v. 3). La situazione è grave, la corruzione dilaga come prima del diluvio (cfr. Gn 6,5.11-12; 8,21).

vv. 4-6. In questi versetti si ha la reazione di Dio. Egli con un oracolo interviene e dimostra fattivamente di esserci.

v. 4. «Non comprendono nulla....»: è un interrogativo retorico che prepara il verdetto oracolare dei vv. 5-6.

vv. 5-6. «perché Dio è con la stirpe... ma il Signore è il suo rifugio»: in questi due versetti, al contrario del v. 4, Dio parla in terza persona.

v. 7. «Venga da Sion...»: questo versetto è probabilmente un'aggiunta attualizzante del tempo dell'esilio babilonese. Si allude alla restaurazione nazionale d'Israele (cfr. Sal 51,20). Il salmista, in continuità di pensiero con il salmo, afferma che la risposta di Dio allo stolto (= qui: i Babilonesi), che nega la sua presenza salvifica, si concretizza con il ritorno dall'esilio del popolo d'Israele per opera del Signore. «da Sion...»: la salvezza è attesa da Sion, ove il Signore ha il trono nel tempio santo, perché essa è opera del Signore (cfr. Sal 3,9; 9,12). «Giacobbe... Israele»: sono i due nomi del capostipite del popolo d'Israele (cfr. Gn 25,25; 32,28). Si esprime così poeticamente la totalità della nazione ebraica, che non potrà non gioire perché salvata dal Signore.

Nel NT Paolo in Rm 3,10-12 cita i vv. 2-3 di questo Salmo.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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IMPLORAZIONE A DIO 1 Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.

2 Fino a quando, Signore, continuerai a dimenticarmi? Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?

3 Fino a quando nell'anima mia addenserò pensieri, tristezza nel mio cuore tutto il giorno? Fino a quando su di me prevarrà il mio nemico?

4 Guarda, rispondimi, Signore, mio Dio, conserva la luce ai miei occhi, perché non mi sorprenda il sonno della morte,

5 perché il mio nemico non dica: “L'ho vinto!” e non esultino i miei avversari se io vacillo.

6 Ma io nella tua fedeltà ho confidato; esulterà il mio cuore nella tua salvezza, canterò al Signore, che mi ha beneficato. _________________ Note

13,1 L’insistente richiesta di aiuto al Signore, formulata mediante il grido caratteristico delle suppliche (Fino a quando, Signore? vv. 2-3; cf Sal 6,4), ha origine dalle angosce e dai pericoli che minacciano il giusto. Anche Dio sembra dimenticarsi del suo fedele, che dal profondo della sofferenza ravviva la sua fiducia, prorompendo in un inno di lode.

13,3 anima e cuore: esprimono qui unitariamente quelle realtà interiori dell’uomo che lo rendono capace di avvertire sensazioni tumultuose e angosciate.

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Approfondimenti

Salmo 13 (12) – Supplica insistente e fiduciosa Supplica individuale

Questo carme si può prendere come modello del genere letterario delle “Suppliche individuali”. Infatti oltre al rapporto triangolare dei soggetti: Dio, l'io ed essi (= i nemici), il salmo abbraccia tutti gli elementi che qualificano tale genere. La composizione poetica è breve, semplice e trasparente nelle sue idee, ma profonda nei sentimenti e sensazioni che riesce a trasmettere. Insieme alla sensazione di impaziente urgenza data dall'espressione «fino a quando?» (‘ad ’ānâ), ripetuta quattro volte nei vv. 2-3, predominano nel carme i campi semantici simbolici del vedere e del sentire-parlare, nonché quello inerente alla morte. Il nome del Signore si incontra all'inizio (v. 2), al centro (v. 4) e alla fine (v. 6).

Divisione:

  • vv. 2-3: lamento;
  • vv. 4-5: supplica e sua motivazione;
  • v. 6: ringraziamento.

vv. 2-3. Questi due versetti sono dominati dall'espressione «fino a quando?» ripetuta quattro volte, che nel simbolismo numerico indica la totalità delle direzioni cardinali spaziali. L'espressione, che introduce una domanda retorica, oltre a vivacizzare il lamento, implica una certa protesta radicale, per risolvere finalmente una situazione fattasi pesante e insostenibile.

v. 2. «continuerai a dimenticarmi..»; il salmista si lamenta della dimenticanza di Dio nei suoi riguardi, dandogli la sensazione di un prolungato disinteresse, cfr. Sal 77,8-9; Lam 5,20.

v. 3. «affanni... tristezza... nemico»: l'orante enumera gli effetti del nascondimento di Dio: le angosce e la tristezza nel suo intimo, e i nemici all'esterno. «il nemico»: l'espressione si trova al singolare qui e nel v. 5a; al plurale («avversari») nel v. 5b. L'oscillazione tra il singolare e il plurale ricorre spesso nei salmi di lamentazione. La figura del nemico è generica, ma aperta a diverse possibilità; può essere un singolo o una collettività, o perfino la malattia e la morte (cfr. 1Cor 15,26).

v. 4. «Guarda..»: l'espressione è caratteristica della preghiera dell'AT. Serve ad attirare l'attenzione sulle necessità dell'orante. Lo sguardo di Dio inoltre indica certezza di esaudimento, cfr. Sal 80,15; 84,10. «Signore mio Dio»: è l'invocazione più intima dell'orante; evidenzia lo stretto rapporto personale con Dio. «luce ai miei occhi... sonno della morte»: le due espressioni sono qui correlative e antitetiche. Il salmista chiede al Signore di conservargli la luce degli occhi, cioè mantenerlo in vita (cfr. 1Sam 14,27.29), e non farlo morire. Per l'immagine della luce come «vita», cfr. Sal 36,10; Gb 33,28.30. Per l'immagine della morte come «sonno», cfr. Ger 51,39; Gb 3,13; e nel NT 1Cor 15,6.18.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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CONTRO LA MENZOGNA E L’ARROGANZA 1 Al maestro del coro. Sull'ottava. Salmo. Di Davide.

2 Salvami, Signore! Non c'è più un uomo giusto; sono scomparsi i fedeli tra i figli dell'uomo.

3 Si dicono menzogne l'uno all'altro, labbra adulatrici parlano con cuore doppio.

4 Recida il Signore le labbra adulatrici, la lingua che vanta imprese grandiose,

5 quanti dicono: “Con la nostra lingua siamo forti, le nostre labbra sono con noi: chi sarà il nostro padrone?“.

6 “Per l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri, ecco, mi alzerò – dice il Signore –; metterò in salvo chi è disprezzato”.

7 Le parole del Signore sono parole pure, argento separato dalle scorie nel crogiuolo, raffinato sette volte.

8 Tu, o Signore, le manterrai, ci proteggerai da questa gente, per sempre,

9 anche se attorno si aggirano i malvagi e cresce la corruzione in mezzo agli uomini. _________________ Note

12,1 L’invocazione a Dio nasce nel cuore dell’orante dalla constatazione del prevalere della menzogna e dell’orgoglio. Ma Dio si alza a difesa dei poveri e dei miseri (v. 6). Il salmo può essere collocato tra le lamentazioni individuali (v. 2) e collettive (vv. 8-9).

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Approfondimenti

Salmo 12 (11) – Supplica contro i bugiardi Supplica collettiva contro i peccati di lingua (+ motivi liturgici e sapienziali)

Il campo semantico che domina il salmo è quello della parola doppia e bugiarda dell'uomo, e quella pura e veritiera di Dio. ÈÌ presente il classico schema triangolare dei personaggi “Dio, noi, essi (nemici)”, comune al genere delle “Suppliche”. Il TM presenta qualche difficoltà. Il metro è di 4 + 4 accenti.

Divisione:

  • v. 2-3: appello introduttivo di salvezza;
  • vv. 4-5: appello imprecatorio contro le malelingue;
  • v. 6: oracolo;
  • v. 7: commento sapienziale all'oracolo;
  • vv. 8-9: fiducia nel divino soccorso.

v. 2. «Salvami, Signore»: il pressante appello, significato dallo stato enfatico del verbo, è presente anche altrove nella Bibbia; cfr. Sal 3,8; 20,10; 69,2; 2Re 6,26. «è scomparsa la fedeltà...»: si tratta di un iperbole che amplifica il senso di vuoto e di scoraggiamento dell'orante.

V. 5. «Per la nostra lingua siamo forti... chi sarà nostro padrone?»: il salmista riporta il discorso arrogante dei bugiardi che osano sfidare lo stesso Dio, credendosi potenti con l'uso distorto e doppio della parola. È il peccato di hybris come quello del re di Babilonia di Is 14,13-15

v. 6. Oracolo. E il cuore del salmo. Il Signore risponde prontamente alla pressante invocazione iniziale del v. 2. Egli interverrà a difendere i miseri e i poveri, facili prede di raggiri, d'inganni e di ingiustizie da parte di chi si serve indiscriminatamente e spregiudicatamente della parola. «io sorgerò»: l'alzarsi di Dio è azione tipica per un intervento salvifico (o punitivo) di Dio, come di un giudice o di un generale, cfr. Is 33,10; Sal 76,10; 102,14.

vv. 8-9. Il salmo si chiude con i vv. 8-9 in inclusione con il v. 2, manifestando la fiducia nella giustizia e nel soccorso di Dio, che libererà il suo popolo dalla piaga degli empi e arroganti bugiardi.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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FIDUCIA IN DIO 1 Al maestro del coro. Di Davide.

Nel Signore mi sono rifugiato. Come potete dirmi: “Fuggi come un passero verso il monte”?

2 Ecco, i malvagi tendono l'arco, aggiustano la freccia sulla corda per colpire nell'ombra i retti di cuore.

3 Quando sono scosse le fondamenta, il giusto che cosa può fare?

4 Ma il Signore sta nel suo tempio santo, il Signore ha il trono nei cieli. I suoi occhi osservano attenti, le sue pupille scrutano l'uomo.

5 Il Signore scruta giusti e malvagi, egli odia chi ama la violenza.

6 Brace, fuoco e zolfo farà piovere sui malvagi; vento bruciante toccherà loro in sorte.

7 Giusto è il Signore, ama le cose giuste; gli uomini retti contempleranno il suo volto. _________________ Note

*11,1** Gli amici sembrano consigliare all’orante di fuggire davanti alle macchinazioni dell’empio (v. 1) che appaiono incrinare l’equilibrio del cosmo (v. 3), ma egli ha piena fiducia nel Dio d’Israele, che ha posto la dimora nel suo tempio santo: là trova rifugio e difesa (v. 4).

*11,6** Brace, fuoco e zolfo: probabile riferimento al castigo inflitto da Dio alle città di Sodoma e Gomorra (Gen 19,24). =●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti

Salmo 11 (10) – Il giusto si rifugia in Dio Salmo di fiducia La composizione poetica trasmette pace e serenità. Il nome del «Signore» ricorre cinque volte: nel v. 1 (inizio), nei vv. 4-5 (corpo del salmo) e nel v. 7 (alla fine), Quest'ultimo versetto fa da sunto teologico a tutto il carme. È evidente la posizione antitetica tra le voci “giusto” (ṣaddîq) ed empio (rāsā‘). La simbologia è di carattere venatorio-bellico (v. 2), spaziale, antropomortico. Dio è visto come «scrutatore» (vv. 4-5), «guerriero» (v. 6) e «giudice» (v. 7). Il ritmo nel TM è di 3 + 3 accenti.

Divisione:

  • v. 1b: introduzione;
  • vv. 2-3: il trionfo dell'empio;
  • vv. 4-6: trionfo del giusto;
  • v. 7: dossologia e sunto del salmo.

v. 1b. Il salmo si apre con una professione di fede. Il salmista confessa che ha trovato rifugio nel Signore, cioè nel tempio, e non può seguire il consiglio di scappare sui monti per salvarsi.

v. 1c. «Fuggi come un passero...»: spesso i perseguitati trovano scampo nascondendosi sulle montagne.

v. 3. «Quando sono scosse le fondamenta...»: cfr. Sal 82,5. Le fondamenta sono le colonne che nella cosmologia biblica sostengono la piattaforma della terra (Sal 24,2; 102,26; 104,5.8; Prv 3,19; Gb 38,4-7...). Qui è da intendersi in senso traslato. Si tratta delle fondamenta del vivere civile, di un buon governo. Se vengono meno, regna l'ingiustizia e l'anarchia, e il giusto non ha che da fuggire sui monti, secondo il parere dei consiglieri del mondo, ma non ha che da rifugiarsi nel Signore, secondo il salmista.

v. 4. «il Signore nel tempio santo...»: nel versetto si evidenzia l'onniscienza di Dio. Egli guarda il mondo e i suoi occhi scrutano ogni uomo (cfr. Sal 7,10). Il suo trono celeste è reso visibile nel suo tempio terrestre (Sal 99,5; 1Cr 28,2).

v. 6. «Farà piovere...»: il castigo esemplare di Dio è simile a quello di Sodoma e Gomorra (Gn 19,24). Si ricorre al linguaggio teofanico (cfr. Es 24,17; Sal 18,8-16).

v. 7. Un atto di fede dossologico finale chiude il salmo. Il Signore manifesta la sua giustizia ai giusti (retti di cuore) ammettendoli alla visione del suo volto, cioè a una comunione di vita. Il versetto probabilmente fu aggiunto o dall'autore stesso o da un redattore, come sintesi finale del salmo; vi ricorrono infatti tutti i termini più significativi.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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DIO ABBATTE L’ARROGANZA DELL’EMPIO Lamed 1 (9,22) Perché, Signore, ti tieni lontano, nei momenti di pericolo ti nascondi?

2 (9,23) Con arroganza il malvagio perseguita il povero: cadano nelle insidie che hanno tramato!

3 (9,24) Il malvagio si vanta dei suoi desideri, l'avido benedice se stesso.

4 (9,25) Nel suo orgoglio il malvagio disprezza il Signore: “Dio non ne chiede conto, non esiste!”; questo è tutto il suo pensiero.

5 (9,26) Le sue vie vanno sempre a buon fine, troppo in alto per lui sono i tuoi giudizi: con un soffio spazza via i suoi avversari.

6 (9,27) Egli pensa: “Non sarò mai scosso, vivrò sempre senza sventure”.

Pe 7 (9,28) Di spergiuri, di frodi e d'inganni ha piena la bocca, sulla sua lingua sono cattiveria e prepotenza.

8 (9,29) Sta in agguato dietro le siepi, dai nascondigli uccide l'innocente.

Ain I suoi occhi spiano il misero, 9 (9,30) sta in agguato di nascosto come un leone nel covo. Sta in agguato per ghermire il povero, ghermisce il povero attirandolo nella rete.

10 (9,31) Si piega e si acquatta, cadono i miseri sotto i suoi artigli.

11 (9,32) Egli pensa: “Dio dimentica, nasconde il volto, non vede più nulla”.

Kof 12 (9,33) Sorgi, Signore Dio, alza la tua mano, non dimenticare i poveri.

13 (9,34) Perché il malvagio disprezza Dio e pensa: “Non ne chiederai conto”?

Res 14 (9,35) Eppure tu vedi l'affanno e il dolore, li guardi e li prendi nelle tue mani. A te si abbandona il misero, dell'orfano tu sei l'aiuto.

Sin 15 (9,36) Spezza il braccio del malvagio e dell'empio, cercherai il suo peccato e più non lo troverai.

16 (9,37) Il Signore è re in eterno, per sempre: dalla sua terra sono scomparse le genti.

Tau 17 (9,38) Tu accogli, Signore, il desiderio dei poveri, rafforzi i loro cuori, porgi l'orecchio,

18 (9,39) perché sia fatta giustizia all'orfano e all'oppresso, e non continui più a spargere terrore l'uomo fatto di terra. _________________ Note

10,1 Di fronte all’arroganza del malvagio e al successo di ogni sua opera, il giusto rimane colpito dal silenzio di Dio e ne invoca l’intervento. Dio non rimarrà indifferente. Si tratta della seconda parte del Sal 9, come indicano le lettere dell’alfabeto da Lamed a Tau, poste all’inizio di ogni strofa. Nel testo ebraico della Bibbia inizia qui il Sal 10, mentre nella versione greca dei LXX e nella Vulgata latina continua il Sal 9.

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Approfondimenti

Salmo 10 (9) vv.22-32. Dopo una domanda simile a quella del giusto perseguitato (cfr. Sal 22,2) sull'apparente silenzio ed inoperosità di Dio al momento del bisogno, e la prosperità degli empi, il salmista descrive lungamente la perfidia e le arti messe in campo dal malvagio contro il misero e l'oppresso (vv. 23-31) osando sfidare direttamente anche Dio (v. 32).

v. 25. «Dio non se ne cura: Dio non esiste»: cfr. Sal 14. Si tratta di ateismo pratico. Le parole dell'empio negano l'interessamento e l'intervento di Dio a favore dell'uomo.

v. 27. «Egli pensa...»: nei vv. 27-32 si descrive la mentalità e l'atteggiamento dell'empio, che negando l'interessamento di Dio per l'uomo, disprezza le sue leggi opprimendo con inganni, tranelli, agguati, violenza e soprusi il misero, sicuro di sé (v. 27), e disprezzando Dio, accusato di dimenticare e di voltare la faccia per non vedere (v. 32).

v. 33. «Sorgi»: Dio come un guerriero si alza a combattere (Es 6,6; Dt 4,24), ma anche come giudice per giudicare (Is 9,11; 10,4).

v. 36. «Spezza il braccio...»: è un antropomorfismo. Il braccio è simbolo del potere e dell'azione perfida dell'empio. Dio «con la mano alzata» (v. 33) lo spezza riducendo l'empio all'impotenza di nuocere.

vv. 37-39. In questi versetti di genere innico si esalta il Signore, re eterno, che ascolta i gemiti dei miseri e li salva, facendo giustizia e distruggendo i malvagi, cosicché essi non incutano più paura agli oppressi e agli orfani (v. 39). Il salmo si chiude con una professione di fede nella giustizia di Dio che salva «l'orfano e l'oppresso», ma riduce al nulla l'uomo che, dimentico della sua condizione creaturale, ha osato sfidarlo.

Nel NT Rm 3,14 cita il v. 28a (= Sal 10,7), e At 17,31 riprende il v. 9; 1Pt 5,8 adopera l'immagine del leone del v. 30 (= Sal 10,9), applicandola al diavolo.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INNO ALLA GIUSTIZIA DI DIO 1 Al maestro del coro. Su “La morte del figlio”. Salmo. Di Davide.

Alef 2 Renderò grazie al Signore con tutto il cuore, annuncerò tutte le tue meraviglie.

3 Gioirò ed esulterò in te, canterò inni al tuo nome, o Altissimo, Bet 4 mentre i miei nemici tornano indietro, davanti a te inciampano e scompaiono,

5 perché hai sostenuto il mio diritto e la mia causa: ti sei seduto in trono come giudice giusto. Ghimel 6 Hai minacciato le nazioni, hai sterminato il malvagio, il loro nome hai cancellato in eterno, per sempre.

7 Il nemico è battuto, ridotto a rovine per sempre. È scomparso il ricordo delle città che hai distrutto. He 8 Ma il Signore siede in eterno, stabilisce il suo trono per il giudizio:

9 governerà il mondo con giustizia, giudicherà i popoli con rettitudine. Vau 10 Il Signore sarà un rifugio per l'oppresso, un rifugio nei momenti di angoscia.

11 Confidino in te quanti conoscono il tuo nome, perché tu non abbandoni chi ti cerca, Signore. Zain 12 Cantate inni al Signore, che abita in Sion, narrate le sue imprese tra i popoli,

13 perché egli chiede conto del sangue versato, se ne ricorda, non dimentica il grido dei poveri. Het 14 Abbi pietà di me, Signore, vedi la mia miseria, opera dei miei nemici, tu che mi fai risalire dalle porte della morte,

15 perché io possa annunciare tutte le tue lodi; alle porte della figlia di Sion esulterò per la tua salvezza. Tet 16 Sono sprofondate le genti nella fossa che hanno scavato, nella rete che hanno nascosto si è impigliato il loro piede.

17 Il Signore si è fatto conoscere, ha reso giustizia; il malvagio è caduto nella rete, opera delle sue mani. Iod 18 Tornino i malvagi negli inferi, tutte le genti che dimenticano Dio. Caf 19 Perché il misero non sarà mai dimenticato, la speranza dei poveri non sarà mai delusa.

20 Sorgi, Signore, non prevalga l'uomo: davanti a te siano giudicate le genti.

21 Riempile di spavento, Signore, riconoscano le genti di essere mortali. _________________ Note

9,1 È la prima delle composizioni “alfabetiche” del salterio (le altre sono Sal 25; 34; 37; 111; 112; 119; 145;): le lettere dell’alfabeto ebraico, Alef, Bet, Ghimel…, disposte nel loro ordine (e segnalate in margine), costituiscono la prima lettera dei versetti o delle strofe corrispondenti. Il salmo contiene il ringraziamento e la lode che il povero innalza a Dio per la salvezza ricevuta.

9,1 La morte del figlio: nome del canto che probabilmente offriva la melodia per questo salmo.

9,6 Cancellare il nome e far scomparire il ricordo sono espressioni simboliche per indicare annientamento e sterminio.

9,13 Dio viene spesso presentato come vendicatore del sangue versato ingiustamente, cioè della soppressione della vita (vedi Gen 4,10-11; 9,5-6 Gb 16,18; Ez 33,6).

9,14-15 Le porte della morte sono immagine di pericolo e di morte; le porte della figlia di Sion, cioè di Gerusalemme, designano invece la vita, la protezione, la salvezza. =●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti

Salmo 9 – Salmo di ringraziamento (+ motivi innici, di lamentazione e sapienziali) Il salmo si presenta unitario nei LXX, ma sdoppiato nel TM, così da formare il Sal 9 e il Sal 10 diversificando così la stessa numerazione consecutiva nei LXX (un'unità in meno) e nel TM (un'unità in più). Non si conoscono i motivi dello sdoppiamento, tuttavia vi sono indizi validi che rafforzano l'unità dei due tronconi, come il carattere acrostico del Sal 9-10 ™, l'assenza del titolo al Sal 10 che si trova in una catena di salmi tutti titolati, e le ragioni letterarie (stile, lessico, immagini, paradigmi). Il salmo risale probabilmente al tardo postesilio. Il pensiero si sviluppa a ondate rivelando una vasta gamma di sentimenti (ringraziamento, lode, angoscia, sofferenza, fiducia, supplica...) dando origine a diversi generi letterari. La simbologia è bellica, regale, giudiziale, fiduciale, spaziale, temporale, teriomorfa e antropomorfica.

Divisione:

  • vv. 2-3: introduzione;
  • vv. 4-13: ringraziamento al Signore giudice;
  • vv. 14-21; appello al Signore giudice;

____SALMO 10 ™____

  • vv. 22-32: lamento-riflessione sull'arroganza del l'empio;
  • vv. 33-36: appello per la punizione dell'empio e per la giustizia dei poveri;
  • vv. 37-39: inno finale.

v. 2. «con tutto il cuore»: espressione tipica del Deuteronomio e di Geremia, cfr. Dt 4,29; 6,5; 10,12; Ger 3,10; 24,7; 29,13; 32,41. «le tue meraviglie»: le meraviglie (niplɇ’ôt) sono i prodigi dell'esodo, della creazione e i gesti di salvezza di Dio per il salmista fedele.

v. 11. «quanti conoscono il tuo nome»: sono quelli che riconoscono la divinità e la regalità del Signore o hanno una particolare relazione con lui.

v. 12. «che abita in Sion»: nel tempio di Gerusalemme il Signore aveva la sua dimora terrestre, il trono dell'arca ove sedeva re e giudice.

v. 13. «Vindice del sangue»: è una definizione solenne di Dio come vendicatore del sangue sparso ingiustamente (cfr. Gn 4,10-11; 9,5-6; Ez 33,6; Gb 16,18).

v. 16. «Sprofondano...»: Dio attua così il principio della “nemesi immanente” anche a livello di popoli come per il singolo (cfr. Sai 7,14-17): si cade vittima dello stesso male che si voleva fare agli altri. «fossa.... rete...»: sono immagini della caccia. Il cacciatore cade nella trappola da lui stesso preparata!

v. 18. «negli inferi»: è lo šɇ’'ôl il destino degli empi, dove l'uomo ridotto a una esistenza evanescente e larvale (Sal 6,6) non può lodare Dio. È la legge del contrappasso. Chi non ha voluto e ricordato Dio nella vita terrena non lo può neanche nell'oltretomba.

v. 21. «sappiano... che sono mortali»: il salmista supplica il Signore affinché i superbi che hanno osato sfidare Dio, spaventati attraverso la sua potenza terribile, possano riconoscere la loro nullità davanti a lui.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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