📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

Raccomandazioni varie 1Un buon nome è preferibile a grandi ricchezze e la benevolenza altrui vale più dell'argento e dell'oro. 2Il ricco e il povero s'incontrano in questo: il Signore ha creato l'uno e l'altro. 3L'accorto vede il pericolo e si nasconde, gli inesperti vanno avanti e la pagano. 4Frutti dell'umiltà sono il timore di Dio, la ricchezza, l'onore e la vita. 5Spine e tranelli sono sulla via del perverso; chi ha cura di se stesso se ne tiene lontano. 6Indirizza il giovane sulla via da seguire; neppure da vecchio se ne allontanerà. 7Il ricco domina sul povero e chi riceve prestiti è schiavo del suo creditore. 8Chi semina ingiustizia raccoglie miseria e il bastone che usa nella sua collera svanirà. 9Chi è generoso sarà benedetto, perché egli dona del suo pane al povero. 10Scaccia lo spavaldo e la discordia se ne andrà: cesseranno i litigi e gli insulti. 11Chi ama la schiettezza del cuore e la benevolenza sulle labbra, sarà amico del re. 12Gli occhi del Signore custodiscono la scienza: in tal modo egli confonde le parole del perfido. 13Il pigro dice: “C'è un leone là fuori: potrei essere ucciso in mezzo alla strada”. 14La bocca delle straniere è una fossa profonda: vi cade colui che è in ira al Signore. 15La stoltezza è legata al cuore del fanciullo, ma il bastone della correzione l'allontana da lui. 16Chi opprime il povero non fa che arricchirlo, chi dà a un ricco non fa che impoverirsi.

INSEGNAMENTI DEI SAGGI (22,17-24,22)

Invito all’ascolto 17Porgi l'orecchio e ascolta le parole dei sapienti, applica la tua mente alla mia istruzione: 18ti saranno piacevoli se le custodirai nel tuo intimo, se le terrai pronte sulle tue labbra. 19Perché sia riposta nel Signore la tua fiducia, oggi le faccio conoscere a te. 20Ecco, ho scritto per te trenta massime, in materia di consigli e di saggezza, 21perché tu sappia riferire in modo conveniente parole di verità e possa riportarle a quelli che ti mandano.

Consigli dettati dai saggi 22Non depredare il povero perché egli è povero, e non affliggere il misero in tribunale, 23perché il Signore difenderà la loro causa e spoglierà della vita coloro che li hanno spogliati. 24Non ti associare a un collerico e non praticare un uomo iracondo, 25per non abituarti alle sue maniere e procurarti una trappola per la tua vita. 26Non essere di quelli che danno la mano e si fanno garanti dei debiti altrui, 27perché, se poi non avrai da pagare, si dovrebbe togliere il letto di sotto a te. 28Non spostare il confine antico, che è stato posto dai tuoi padri. 29Hai visto un uomo sollecito nel lavoro? Egli starà al servizio del re e non al servizio di gente oscura!

_________________ Note

22,17 La terza raccolta di proverbi, che prende il nome dai sapienti evocati nel v. 17, è piuttosto breve e presenta elementi riconducibili a un testo sapienziale egiziano, conosciuto come Insegnamento di Amenemope (risalente al XIII-XII sec.). L’accenno alle trenta massime in 22,20 forse allude ai trenta capitoli (o “stanze”) di cui si componeva quel testo.

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Approfondimenti

vv. 1-2. Il saggio non disprezza la ricchezza, perché anch'essa rappresenta una benedizione divina (cfr. Giobbe), ma non la pone al vertice delle sue aspirazioni: assai più vale una considerazione positiva da parte della società (la buona fama, cfr. Qo 7,1). Anche se in ogni contesto sociale si incontrano poveri e ricchi, il valore di una persona non dipende dal suo statuto sociale, perché alla radice della persona sta il suo essere creatura di Dio e ciò conferisce dignità anche al povero (cfr. 14,31; 17,5).

vv. 6.15. L'educazione è un indispensabile mezzo per abilitare la persona ai suoi compiti e a vivere responsabilmente, ma rappresenta pure una correzione a quegli impulsi istintivi che potrebbero fuorviare il giovane.

v. 14. Con la bocca la «straniera» parla e con essa seduce, come già ha illustrato la prima collezione del libro (cfr. 2,16-19; 5,3-14; 6,24-26; 7,6-28).

v. 16. Un'altra traduzione possibile è la seguente: «Chi opprime il povero si arricchisce, chi dà a un ricco si impoverisce soltanto».

Pr 22,17-24,22. Pur mancando di un titolo esplicito (incorporato probabilmente nel primo versetto) la collezione si presenta ben delimitata sia nella forma, sia perché in 24,23 ricorre il titolo di una diversa raccolta, che si ricollega tuttavia a questa («anche queste sono parole dei saggi»). Il v. 22,20, in cui si indicano trenta istruzioni, è da comprendere alla luce della dipendenza della raccolta dall'Insegnamento di Amenemope, il cui testo è diviso appunto in trenta stanze (o paragrafi) e ciò ha indotto taluni a ravvisare trenta detti nella collezione, ma senza risultati definitivi (tenendo conto inoltre che la somiglianza specifica con l'istruzione egiziana non va oltre 23,11). A differenza delle istruzioni contenute in Pr 1-9, in cui si ha uno sviluppo logico del pensiero, la presente istruzione è costituita da comandi, proibizioni e detti separati, proposti da un saggio. Lo stile è quasi sempre quello del parallelismo sinonimico.

vv. 17-21. L'invito all'ascolto e a porgere attenzione all'insegnamento del saggio caratterizza le istruzioni (cfr. Pr 1-9), così come l'insistenza sul valore dell'insegnamento proposto e sui frutti che conseguono alla sua acquisizione.

vv. 22-28. Quattro proibizioni che mettono in guardia il discepolo da altrettanti comportamenti negativi; tre proibizioni sono seguite da una motivazione, mentre la quarta ne è priva ed è inoltre simile a quella contenuta in 23,10. Ciò ha indotto taluni interpreti a vedervi una dittografia, ma non sembra necessario. Ben tre proibizioni si concentrano sui rapporti sociali, accennando a comportamenti che anche altrove sono censurati nella letteratura sapienziale. Anche se nelle controversie giuridiche il ricco e il potente possono far valere la loro supremazia a scapito del povero, essi sono ammoniti che al di sopra del giudizio umano sta il giudizio di Dio, che si colloca dalla parte del povero e realizzerà appieno la giustizia (vv. 22-23); garantire per il prossimo rappresenta un pericolo già altrove segnalato (vv. 26-27; cfr. Pr 6,1-5; 11,15; 17,18); pur mancando della motivazione, la proibizione del v. 28, definendo il confine «antico» (ᵉôlām) e «posto dai tuoi padri», indica che la proprietà ereditaria è inalienabile e inviolabile (cfr. 1Re 21,4): certamente un limite imposto a coloro che avendo notevoli risorse economiche volevano fare man bassa del territorio (cfr. Is 5,8).

v. 29. L'Insegnamento di Amenemope ha una conclusione affine: «Uno scriba esperto nel suo mestiere si ritroverà degno di essere un uomo di corte».

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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L’agire del giusto e dell’empio 1Il cuore del re è un corso d'acqua in mano al Signore: lo dirige dovunque egli vuole. 2Agli occhi dell'uomo ogni sua via sembra diritta, ma chi scruta i cuori è il Signore. 3Praticare la giustizia e l'equità per il Signore vale più di un sacrificio. 4Occhi alteri e cuore superbo, lucerna dei malvagi è il peccato. 5I progetti di chi è diligente si risolvono in profitto, ma chi ha troppa fretta va verso l'indigenza. 6Accumulare tesori a forza di menzogne è futilità effimera di chi cerca la morte. 7La violenza dei malvagi li travolge, perché rifiutano di praticare la giustizia. 8La via di un uomo colpevole è tortuosa, ma l'innocente è retto nel suo agire. 9È meglio abitare su un angolo del tetto che avere casa in comune con una moglie litigiosa. 10L'anima del malvagio desidera fare il male, ai suoi occhi il prossimo non trova pietà. 11Quando lo spavaldo viene punito, l'inesperto diventa saggio; egli acquista scienza quando il saggio viene istruito. 12Il giusto osserva la casa del malvagio e precipita i malvagi nella sventura. 13Chi chiude l'orecchio al grido del povero invocherà a sua volta e non otterrà risposta. 14Un dono fatto in segreto calma la collera, un regalo di nascosto placa il furore violento. 15È una gioia per il giusto quando è fatta giustizia, mentre è un terrore per i malfattori. 16L'uomo che si scosta dalla via della saggezza, riposerà nell'assemblea delle ombre dei morti. 17Diventerà indigente chi ama i piaceri, chi ama vino e profumi non si arricchirà. 18Il malvagio serve da riscatto per il giusto e il perfido per gli uomini retti. 19Meglio abitare in un deserto che con una moglie litigiosa e irritabile. 20Tesori preziosi e profumi sono nella dimora del saggio, ma l'uomo stolto dilapida tutto. 21Chi ricerca la giustizia e l'amore troverà vita e gloria. 22Il saggio assale una città di guerrieri e abbatte la fortezza in cui essa confidava. 23Chi custodisce la bocca e la lingua preserva se stesso dalle afflizioni. 24Il superbo arrogante si chiama spavaldo, egli agisce nell'eccesso dell'insolenza. 25Il desiderio del pigro lo porta alla morte, perché le sue mani rifiutano di lavorare. 26L'empio indulge tutto il giorno alla cupidigia, mentre il giusto dona senza risparmiare. 27Il sacrificio dei malvagi è un orrore, tanto più se offerto con cattiva intenzione. 28Il falso testimone perirà, ma chi ascolta potrà parlare sempre. 29Il malvagio assume un'aria sfrontata, l'uomo retto controlla la propria condotta. 30Non c'è sapienza, non c'è prudenza, non c'è consiglio di fronte al Signore. 31Il cavallo è pronto per il giorno della battaglia, ma al Signore appartiene la vittoria.

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Approfondimenti

v. 3. Insistendo su un motivo rinvenibile sia nei testi storici (cfr. 1Sam 15,22) che in quelli profetici (cfr. Is 1,10-20; Am 5,22-24), i saggi mettono in risalto che a determinare la retta relazione con Dio non è la prassi rituale, anche se ricorrente e conforme alle norme, ma la dimensione etica, che include sia la risposta fedele a Dio in conformità alla sua legge, sia la responsabilità verso il prossimo che edifica una società fondata su diritto e giustizia.

v. 11. Una traduzione alternativa, fondata su un'interpretazione del verbo che BC rende con «viene istruito» (śkl), ma che significa pure «prestare attenzione, osservare» (cfr. il v. 12), è la seguente: «Quando l'insolente è punito, l'inesperto apprende e, osservando il saggio, si istruisce».

v. 12. BC vede nel giusto che osserva la sorte degli empi Dio stesso, il quale attua così il suo giudizio su di essi: tale interpretazione è possibile, ma non è l'unica. Il versetto può pure essere tradotto come segue: «Un (uomo) onesto osserva come la casa del malvagio precipita i malvagi nella rovina».

v. 18. Il «riscatto» è la somma che si devolve per liberare una persona da una pena che deve subire, ma questo non è certamente il caso del giusto, la cui condotta non merita punizione. Forse il riferimento è ai castighi che una comunità intera subisce: in quel caso il malvagio è punito, a differenza del giusto che sarà preservato.

vv. 30-31. Il collegamento tra i due vv. permette di cogliere con precisione l'orientamento del v. 30. Il riferimento è ai saggi che ritengono di essere gli unici in grado di gestire i complessi problemi amministrativi e diplomatici di uno stato, una pretesa messa a nudo e contestata anche dai profeti come possiamo vedere tra l'altro in Is 29,14; Ger 9,22. La riuscita e il successo sono sempre frutto dell'agire di JHWH, ma pure la vera sapienza è suo dono, dato che si fonda sul rispetto di lui (cfr. Pr 1,7).

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Altre sentenze e massime per la vita quotidiana 1Il vino è beffardo, il liquore è tumultuoso; chiunque si perde dietro ad esso non è saggio. 2La collera del re è come ruggito di leone; chiunque lo irrita rischia la vita. 3È una gloria evitare le contese, attaccar briga è proprio degli stolti. 4Il pigro non ara d'autunno: alla mietitura cerca, ma non trova nulla. 5Acque profonde sono i consigli nel cuore umano, l'uomo accorto le sa attingere. 6Molti proclamano la propria bontà, ma una persona fidata chi la trova? 7Chi cammina nella sua integrità è giusto; beati i figli che lascia dietro di sé! 8Il re che siede in tribunale con il suo sguardo dissipa ogni male. 9Chi può dire: “Ho la coscienza pulita, sono puro dal mio peccato?“. 10Doppio peso e doppia misura sono due cose che il Signore aborrisce. 11Già con le sue azioni il fanciullo rivela se è puro e retto il suo comportamento. 12L'orecchio che ascolta e l'occhio che vede: l'uno e l'altro li ha fatti il Signore. 13Non amare il sonno per non diventare povero, tieni gli occhi aperti e avrai pane a sazietà. 14“Robaccia, robaccia” dice chi compra, ma quando se ne va, allora se ne vanta. 15C'è possesso di oro e moltitudine di perle, ma la cosa più preziosa sono le labbra sapienti. 16Prendigli il vestito perché si è fatto garante per un estraneo e tienilo in pegno per uno sconosciuto. 17È piacevole il pane procurato con frode, ma poi la bocca sarà piena di granelli di sabbia. 18Pondera bene la tua strategia, consìgliati, e fa' la guerra con molta riflessione. 19Chi va in giro sparlando svela il segreto; non associarti a chi ha sempre aperte le labbra. 20Chi maledice il padre e la madre vedrà spegnersi la sua lampada nel cuore delle tenebre. 21Un'eredità accumulata in fretta all'inizio non sarà benedetta alla fine. 22Non dire: “Renderò male per male”; confida nel Signore ed egli ti libererà. 23Il Signore ha in orrore il doppio peso, la bilancia falsa non è cosa buona. 24Il Signore rende sicuri i passi dell'uomo: come può l'essere umano conoscere la sua strada? 25È una trappola esclamare subito: “Sacro!” e riflettere solo dopo aver fatto il voto. 26Un re saggio disperde i malvagi e con la ruota li stritola come paglia. 27Lampada del Signore è lo spirito dell'uomo: essa scruta dentro, fin nell'intimo. 28Bontà e fedeltà vegliano sul re, sulla giustizia è basato il suo trono. 29Vanto dei giovani è la loro forza, ornamento dei vecchi è la canizie. 30Le ferite sanguinanti leniscono il male, le percosse purificano fin nell'intimo.

_________________ Note

20,16 rendigli il vestito: parole di disapprovazione nei confronti di chi si fa garante per un altro e concede incautamente prestiti (vedi anche 6,1-5).

20,22 Non dire: riferimento alla legge del taglione (Es 21,23-24) e invito a superarla.

20,25 Sacro: era la formula con cui si dichiarava la propria offerta a Dio, con i gravi impegni che questa comportava (Dt 23,22-24; vedi anche Mc 7,11-12).

20,26 li stritola come paglia: la trebbiatura del grano si faceva con i carri; le ruote, premendo e pressando, separavano il chicco di grano dalla paglia.

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Approfondimenti

v. 5. I consigli che un uomo formula, al di là della espressione verbale, richiedono l'abilità di chi li ascolta (l'uomo accorto) per essere compresi nella loro profondità (cfr. la splendida scena di 2Sam 17). Questo vale in particolare per il re che necessita di consiglieri per prendere sagge decisioni (cfr. Pr 11,14).

*vv. 8.26. I due versetti sono collegati dall'azione con la quale il re agisce sui malvagi (zrh, «ventilare, passare al vaglio»): in quanto giudice retto e prudente il re è in grado di identificare il male e i malvagi, come il contadino separa la pula dal grano.

** v. 9**. Il raffronto con Pr 16,2 (e 21,2) si impone: solo Dio può giudicare la coscienza dell'uomo e quindi l'uomo per affermare la sua rettitudine deve affidarsi al giudizio di Dio. Riecheggia nel detto la convinzione sovente espressa nell'AT che nessun uomo è senza peccato (cfr. 1Re 8,46; Sal 19,13; 51,7; 43,2; Gb 15,14-16; 25,4-6; Qo 7,20).

vv. 10.23. Cfr. 11,1; 16,11. Si riflette la prassi commerciale di falsificare gli strumenti per pesare o calcolare. Il riferimento a JHWH colloca tale trasgressione nel contesto della relazione religiosa. Non è soltanto una truffa nei confronti del prossimo, ma pure un'offesa a Dio, secondo il dettato della legge (cfr. Lv 19,35-36; Dt 25,13-16).

22. Di fronte al male subito nasce l'esigenza della compensazione, un principio di giustizia che tuttavia sovente si risolve in una vera e propria vendetta; lo stesso vale nell'applicazione rigorosa della legge del taglione. I saggi vedono in questa condotta una prassi nefasta, dato che ripagando il male con il male non si fa che aumentare la quantità di violenza presente nel mondo. Il vero restauratore della giustizia a favore dell'innocente è solo il Signore perché sa punire il colpevole, senza innescare una spirale di male. Si confronti il detto con l'insegnamento di Paolo in Rm 12,14-21.

27. La resa letterale del v. è: «Lampada di JHWH è l'alito umano, che scruta le camere del ventre». L'«alito umano» riprende l'immagine di Gn 2,7 in cui si descrive il principio vitale dell'uomo, mentre le «camere del ventre» esprimono l'interiorità dell'uomo. Il soffio vitale donato da Dio all'uomo è simbolo della possibilità a lui inerente di valutare i propri pensieri e le proprie decisioni alla luce di Dio, senza ingannare perciò se stesso né gli altri.

30. Il proverbio collega una metafora presa dalla medicina con un riferimento alle punizioni corporali: le seconde sono dunque concepite come una terapia incisiva che giunge fino alle radici della perversione, apportando un rimedio radicale.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Sentenze varie 1Meglio un povero dalla condotta integra di uno dalle labbra perverse e che è stolto. 2Il desiderio ansioso senza riflessione non è cosa buona, e chi va a passi frettolosi sbaglia strada. 3La stoltezza dell'uomo rovina la sua via, ma poi egli si adira contro il Signore. 4Le ricchezze moltiplicano gli amici, ma il povero è abbandonato dall'amico che ha. 5Il falso testimone non resterà impunito, chi diffonde menzogne non avrà scampo. 6Molti sono gli adulatori dell'uomo generoso, e tutti sono amici di chi fa doni. 7Il povero è disprezzato dai suoi stessi fratelli, tanto più si allontanano da lui i suoi amici. Egli va in cerca di parole, ma non ci sono. 8Chi acquista senno ama se stesso e chi conserva la prudenza trova fortuna. 9Il falso testimone non resterà impunito, chi diffonde menzogne perirà. 10Allo stolto non conviene una vita agiata, ancor meno a un servo comandare ai prìncipi. 11È segno d'intelligenza per l'uomo trattenere la collera, ed è sua gloria passare sopra alle offese. 12L'ira del re è come ruggito di leone, come rugiada sull'erba è la sua benevolenza. 13Un figlio stolto è una disgrazia per il padre e i litigi della moglie sono come stillicidio incessante. 14La casa e il patrimonio si ereditano dal padre, ma una moglie assennata è dono del Signore. 15La pigrizia fa cadere in torpore, e chi è indolente patirà la fame. 16Chi custodisce il precetto custodisce se stesso, chi trascura la propria condotta morirà. 17Chi ha pietà del povero fa un prestito al Signore, che gli darà la sua ricompensa. 18Correggi tuo figlio, perché c'è speranza, ma non lasciarti andare fino a farlo morire. 19L'iracondo deve essere punito; se lo risparmi, lo diventerà ancora di più. 20Ascolta il consiglio e accetta la correzione, per essere saggio fino al termine della tua vita. 21Molti sono i progetti nel cuore dell'uomo, ma solo i disegni del Signore si compiono. 22Il pregio dell'uomo è la sua bontà; meglio un povero che un bugiardo. 23Il timore di Dio conduce alla vita e chi ne è pieno dorme tranquillo senza essere raggiunto dalla sventura. 24Il pigro immerge la mano nel piatto, ma non è capace di riportarla alla bocca. 25Percuoti lo spavaldo e l'inesperto diventerà accorto, rimprovera il prudente e imparerà la lezione. 26Rovina il padre e fa fuggire la madre un figlio disonorato e infame. 27Figlio mio, cessa di accogliere l'istruzione se vuoi allontanarti dalle parole della sapienza. 28Il testimone iniquo si beffa della giustizia e la bocca dei malvagi ingoia l'iniquità. 29Per gli spavaldi sono pronte le punizioni e le percosse per la schiena degli stolti.

_________________ Note

19,5 Il falso testimone: la falsa testimonianza viene condannata con frequenza nell’AT, anche perché i procedimenti giudiziari si basavano quasi esclusivamente sulla parola dei testimoni.

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Approfondimenti

v. 3. Lo stolto è talmente incapace di rendersi conto della propria situazione che attribuisce i suoi fallimenti e le sue sciagure a Dio e non alla sua condotta dissennata. Anche la sua ira contro Dio rappresenta un ulteriore indizio della sua stupidità (cfr. Sir 15,11-12).

vv. 4.6-7. Mentre la povertà causa in molti casi l'emarginazione sociale (v. 7), la ricchezza può diventare strumento per godere del favore e dell'approvazione della società. I detti non esprimono un giudizio, ma prendono solo atto di una situazione ricorrente. Ciò non significa che i saggi non pongano attenzione alla condizione del povero (cfr. v. 17) o all'ambiguità che può caratterizzare un'amicizia puramente interessata (come mostra il v. 6).

vv. 11-12. L'uomo e il re sono visti in relazione all'ira: l'uomo che sa trattenere l'ira (come Dio, cfr. Es 34,6) e sorvolare sull'offesa ricevuta è veramente saggio; ma la collera del re rappresenterà la rovina per chi ne subirà le conseguenze (cfr. 20,2). I due proverbi sono da leggere probabilmente come consigli dati a coloro che si preparano a rivestire incarichi a corte: un saggio funzionario non si lascia condizionare dalle proprie passioni, né affida il suo successo alle ritorsioni; egli piuttosto conta sul favore del re, che assicura il benessere a chi lo serve fedelmente.

vv. 13-14.26. I rapporti familiari sono un altro dei motivi su cui si appunta l'attenzione dei saggi: l'armonia in famiglia è un bene primario. Il punto di vista è quello del maschio (padre e marito) che deve vigilare sull'educazione del figlio e sulla condotta della moglie. Il v. 14 rappresenta forse la conseguenza del v. 13: chi non è saggio (il «figlio stolto» del v. 13) può certamente ereditare casa e patrimonio, ma vi sono beni che non si ereditano e che dipendono dal favore divino, il quale tuttavia non è per lo stolto.

v. 17. Cfr. vv. 4.6.7. Dio ha cura dei poveri, come mostrano i suoi comandamenti (cfr. Dt 15,7-11); perciò volge il cuore dell'uomo a prendersi cura del fratello che è in difficoltà, garantendo che quel dono non è fatto a vuoto (cfr. Sir 29,8-13).

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Importanza della parola 1Chi si tiene appartato cerca il suo piacere e con ogni stratagemma attacca brighe. 2Lo stolto non ama la prudenza, ma vuole solo far mostra dei suoi sentimenti. 3Con la malvagità viene il disprezzo, con il disonore anche l'ignominia. 4Le parole della bocca dell'uomo sono acqua profonda, la fonte della sapienza è un torrente che straripa. 5Non è bene usare riguardi al malvagio per far torto al giusto in un giudizio. 6Le labbra dello stolto suscitano liti e la sua bocca gli provoca percosse. 7La bocca dello stolto è la sua rovina e le sue labbra sono una trappola per la sua vita. 8Le parole del calunniatore sono come ghiotti bocconi che scendono fin nel più intimo. 9Chi è già indolente nel suo lavoro è fratello del dissipatore. 10Torre fortificata è il nome del Signore: il giusto vi si rifugia ed è al sicuro. 11I beni del ricco sono la sua roccaforte, sono come un'alta muraglia nella sua immaginazione. 12Prima della caduta il cuore dell'uomo si esalta, prima della gloria c'è l'umiltà. 13Chi risponde prima di avere ascoltato, mostra stoltezza e ne avrà vergogna. 14Lo spirito dell'uomo lo sostiene nella malattia, ma uno spirito depresso chi lo solleverà? 15Il cuore intelligente acquista la scienza, l'orecchio dei saggi ricerca il sapere. 16Il dono che l'uomo fa gli spiana la via e lo introduce alla presenza dei grandi. 17Il primo a parlare in una lite sembra aver ragione, ma viene il suo avversario e lo confuta. 18La sorte fa cessare le contese e decide fra i potenti. 19Un fratello offeso è più inespugnabile d'una roccaforte, le liti sono come le sbarre di un castello. 20Con il frutto della bocca ci si sazia il ventre, ognuno si sazia con il prodotto delle sue labbra. 21Morte e vita sono in potere della lingua e chi ne fa buon uso ne mangerà i frutti. 22Chi trova una moglie trova una fortuna e ottiene il favore del Signore. 23Il povero parla con suppliche, il ricco risponde con durezza. 24Ci sono compagni che si rovinano a vicenda, ma anche amici più affezionati di un fratello.

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Approfondimenti

vv. 4.6-8. Si insiste ancora sull'uso della parola, dedicando tre versetti all'uso che ne fa lo stolto. Si può notare il chiasmo presente nei vv. 6-7 (virtualmente identici per il significato) nella ricorrenza dei vocaboli labbra/bocca (śᵉpātîm/peh/peh/śᵉpātîm). Il v. 4, nella versione BC, dà l'impressione di esprimere un'antitesi, come se alle parole dell'uomo caratterizzate dalla profondità (e quindi, in una lettura in negativo, oscure o incomprensibili, cfr. Is 33,19; Ez 3,5-6) si contrapponesse la fonte della sapienza. Una lettura più convincente vede invece nelle tre immagini la descrizione delle qualità delle parole della bocca dell'uomo («le parole della bocca dell'uomo sono acqua profonda, ruscello fluente, fonte di sapienza») sulla base anche di Pr 20,5 in cui la profondità assume una connotazione positiva. Si deve tuttavia tener presente che il proverbio non intende in tal modo qualificare ogni uomo: il legame tra uomo e sapienza qualifica i suoi detti e solo quando sono caratterizzati da questa risultano profondi e forieri di benessere, come l'acqua corrente.

vv. 10-11. Il collegamento tra i due versetti è dato dalla ripresa delle due radici ‘z («forte») e šgh («sicuro/alto»): mentre il ricco fa dei suoi beni – illusoriamente? – il proprio baluardo, l'uomo onesto e retto pone la sua sicurezza nella protezione divina.

vv. 12.23. La superbia rappresenta la premessa alla propria rovina, mentre all'opposto l'umiltà è la premessa della gloria. L'attitudine del superbo si orienta anzitutto verso Dio, ma trova espressione anche nel suo rapporto con i suoi simili (v. 23): alla supplica del povero risponde con durezza. Si tratta di un forte atto di accusa, benché espresso in forma constatativa: come mostra tutta la tradizione sapienziale, anche se il povero non trova ascolto alla sua supplica tra i suoi simili, egli sa che la sua difesa è presa da Dio. Ancora una volta la rovina è in agguato contro il ricco/superbo.

v. 16. Non sembra esatto collegare il v. 16 a Pr 17,8 che tratta delle “bustarelle”, anche perché in questo caso non si usa il vocabolo che indica il dono fatto per corrompere (šōḥad), ma il termine generico per dono (matān). In questo caso si insiste sulla liberalità dell'uomo, che favorisce i suoi rapporti sociali, anche con i potenti.

vv. 17-19. Uno spaccato di vita sociale è riflesso in questi detti: i diverbi e le contestazioni che creano malumori, asti e ferite sovente insanabili. I litigi si risolvono in tribunale, ma un vero dibattito non ascolta solo le ragioni del primo che parla: anche se convincenti, esse possono sempre essere confutate (v. 17). Non sempre tuttavia il giudice è in grado di risolvere una contesa, sia perché gli elementi a sua disposizione non sono sufficienti, sia perché chi è potente non è disposto a cedere. Da qui il ricorso al sorteggio (cfr. Pr 16,33) in cui ci si sottomette al giudizio divino (v. 18). La sentenza non risolve però totalmente la frattura causata dall'ingiustizia subita: la solidarietà si è rotta, la fiducia nel prossimo viene meno. E ciò porta la persona a indurirsi, a rinchiudersi (v. 19).

vv. 20-21. Ancora si insiste sul potere che la lingua ha di far conseguire alla persona successo o rovina (cfr. vv. 6-7; Pr 13,2-3).

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Prudenza nel parlare e nell’agire 1Meglio un tozzo di pane secco con tranquillità che una casa piena di banchetti con discordia. 2Lo schiavo intelligente prevarrà su un figlio disonorato e avrà parte con i fratelli all'eredità. 3Il crogiuolo è per l'argento e il forno per l'oro, ma chi prova i cuori è il Signore. 4Il malfattore presta attenzione a un labbro maldicente, il bugiardo ascolta una lingua nociva. 5Chi deride il povero offende il suo creatore, chi gioisce per colui che va in rovina non resterà impunito. 6Corona dei vecchi sono i figli dei figli, onore dei figli i loro padri. 7Non s'addice all'insensato un linguaggio elevato, ancor meno al principe un linguaggio falso. 8Il regalo di corruzione è come un talismano per chi lo possiede: dovunque egli si volga ottiene successo. 9Chi copre la colpa cerca l'amicizia, ma chi la divulga divide gli amici. 10Fa più effetto un rimprovero all'assennato che cento percosse allo stolto. 11Il malvagio non cerca altro che la ribellione, ma gli sarà mandato contro un messaggero senza pietà. 12Meglio incontrare un'orsa privata dei figli che uno stolto in preda alla follia. 13A chi rende male per bene non si allontanerà la sventura dalla sua casa. 14Iniziare un litigio è come aprire una diga; prima che la lite si esasperi, troncala. 15Assolvere il reo e condannare il giusto: ecco due cose che il Signore ha in orrore. 16A che serve il denaro in mano allo stolto? Per comprare la sapienza, se non ha senno? 17Un amico vuol bene sempre, è nato per essere un fratello nella sventura. 18È privo di senno l'uomo che dà la sua mano e si fa garante per il suo prossimo. 19Chi ama la rissa ama il delitto, chi ingrandisce la sua porta cerca la rovina. 20Chi ha un cuore perverso non troverà mai felicità e chi ha la lingua tortuosa cadrà in rovina. 21Chi genera uno stolto ne avrà afflizione; non gioirà il padre di uno sciocco. 22Un cuore lieto fa bene al corpo, uno spirito depresso inaridisce le ossa. 23L'iniquo accetta regali sotto banco per deviare il corso della giustizia. 24L'uomo prudente ha la sapienza davanti a sé, ma gli occhi dello stolto vagano in capo al mondo. 25Un figlio stolto è un tormento per il padre e un'amarezza per colei che lo ha partorito. 26Certo non è bene punire chi ha ragione, colpire gente perbene è contro la giustizia. 27Chi è parco di parole possiede la scienza e chi è di spirito calmo è un uomo prudente. 28Anche lo stolto, se tace, passa per saggio, e per intelligente se tiene chiuse le labbra.

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Approfondimenti

vv. 2.6.21.25. In questi versetti l'attenzione si sofferma sulla relazione genitori-figli, sottolineando la benedizione insita nella prole numerosa che rappresenta il distintivo di una vecchiaia dignitosa (v. 6, cfr. Sal 128), ma soprattutto insistendo sul fatto che solo una prole ben istruita e formata nella sapienza è effettiva gratificazione dei genitori. Troviamo forse qui una velata esortazione ai genitori a porre al centro della loro preoccupazione la formazione dei figli: il compito dei genitori non si esaurisce nel mettere al mondo la prole, ma si esprime anche nel trasmettere loro quei principi che li abilitano ad affrontare con consapevolezza e assennatezza il cammino dell'esistenza.

v. 5. In Pr 14,31 l'offesa a Dio avveniva attraverso l'oppressione del povero; questo proverbio approfondisce il tema: il povero oppresso diventa ora oggetto di dileggio da parte di chi ha approfittato di lui. Anche in questo caso Dio sta dalla parte del povero e si identifica con lui: la persona umana è sempre immagine di Dio, qualunque sia la sua posizione sociale.

vv. 8.23. La “bustarella” è come una “pietra magica”, cioè un amuleto “per chi la dà”. Tale è probabilmente il senso del versetto, nonostante vi sia chi ritiene che si debba interpretare nel senso che essa è un «talismano per chi la riceve». Mentre il v. 8 non affronta il problema etico della corruzione, il v. 23 (cfr. anche Es 23,8; Dt 10,17; 16,19) mostra come la bustarella rappresenti un pericoloso attentato all'esercizio effettivo della giustizia. Il v. 8 mostra che vi può essere anche un uso sapiente di tale mezzo, che non contrasta con la giustizia; però se è talmente potente da deviare il corso della giustizia, si deve certamente ricorrere a esso con notevole prudenza.

vv. 9.13-14. Le relazioni sociali, anche quelle tra amici, non sono scevre da incomprensioni ed errori. Ma una società non può reggersi soltanto sulla legge del taglione: il perdono è in molti casi la vera risposta che riequilibra i rapporti tra le persone (v. 9). Il male, di qualsiasi genere, introduce una sequenza incontenibile: il saggio sa che lo deve evitare, o al limite contenere (vv. 13-14).

v. 11. L'ambito di riferimento è quello politico: chi non si sottomette alle leggi di una società distrugge l'ordine e favorisce la disgregazione sociale, perciò subirà un castigo inflessibile, che il proverbio vede eseguito da un messaggero, probabilmente un soldato o una guardia.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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È il Signore che guida la vita dell’uomo 1All'uomo appartengono i progetti del cuore, ma dal Signore viene la risposta della lingua. 2Agli occhi dell'uomo tutte le sue opere sembrano pure, ma chi scruta gli spiriti è il Signore. 3Affida al Signore le tue opere e i tuoi progetti avranno efficacia. 4Il Signore ha fatto ogni cosa per il suo fine e anche il malvagio per il giorno della sventura. 5Il Signore ha in orrore ogni cuore superbo, certamente non resterà impunito. 6Con la bontà e la fedeltà si espia la colpa, ma con il timore del Signore si evita il male. 7Se il Signore si compiace della condotta di un uomo, lo riconcilia anche con i suoi nemici. 8È meglio avere poco con onestà che molte rendite senza giustizia. 9Il cuore dell'uomo elabora progetti, ma è il Signore che rende saldi i suoi passi.

Massime riguardanti il re 10L'oracolo è sulle labbra del re, in giudizio la sua bocca non sbaglia. 11La stadera e le bilance giuste appartengono al Signore, sono opera sua tutti i pesi del sacchetto. 12È un orrore per i re commettere un'azione iniqua, poiché il trono sta saldo con la giustizia. 13Il re si compiace di chi dice la verità, egli ama chi parla con rettitudine. 14L'ira del re è messaggera di morte, ma il saggio la placherà. 15Se il volto del re è luminoso, c'è la vita: il suo favore è come pioggia di primavera.

Sapienza e rettitudine nella vita quotidiana 16Possedere la sapienza è molto meglio dell'oro, acquisire l'intelligenza è preferibile all'argento. 17La strada degli uomini retti è evitare il male; conserva la vita chi controlla la sua condotta. 18Prima della rovina viene l'orgoglio e prima della caduta c'è l'arroganza. 19È meglio essere umili con i poveri che spartire la preda con i superbi. 20Chi è prudente nel parlare troverà il bene, ma chi confida nel Signore è beato. 21Chi è saggio di cuore è ritenuto intelligente; il linguaggio dolce aumenta la dottrina. 22Fonte di vita è il senno per chi lo possiede, ma castigo degli stolti è la stoltezza. 23Il cuore del saggio rende assennata la sua bocca e sulle sue labbra fa crescere la dottrina. 24Favo di miele sono le parole gentili, dolce per il palato e medicina per le ossa. 25C'è una via che sembra diritta per l'uomo, ma alla fine conduce su sentieri di morte. 26La brama fa lavorare chi lavora, è la sua bocca che lo sprona. 27L'uomo iniquo ordisce la sciagura, sulle sue labbra c'è come un fuoco ardente. 28L'uomo perverso provoca litigi, chi calunnia divide gli amici. 29L'uomo violento inganna il prossimo e lo spinge per una via non buona. 30Chi socchiude gli occhi medita inganni, chi stringe le labbra ha già commesso il male. 31Diadema splendido è la canizie, ed essa si trova sulla via della giustizia. 32È meglio la pazienza che la forza di un eroe, chi domina se stesso vale più di chi conquista una città. 33Nel cavo della veste si getta la sorte, ma la decisione dipende tutta dal Signore.

_________________ Note

16,11 Il sacchetto, di cui erano dotati i mercanti, conteneva le piccole pietre che servivano da pesi per la bilancia.

16,16-33 Le massime contenute in questa sezione (fino al c. 22) sono formulate attraverso il parallelismo sinonimico.

16,33 Gli antichi ricorrevano con frequenza alle sorti per decidere una questione (in Israele c’era il ricorso agli urìm e tummìm, strumenti che si usavano per consultare l’oracolo di Dio). Nel cavo della veste, o del mantello, si collocavano i dadi per tirare la sorte.

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Approfondimenti

Pr 16,1-3.9. Questi versetti hanno in comune il riferimento al controllo sulla realtà: l'interiorità della persona è l'ambito in cui essa può disporsi ad affrontare anche un duro contraddittorio, tuttavia, nonostante un'attenta preparazione, solo l'assistenza divina consente una risposta appropriata (v. 1; cfr. 15,23.28); solo Dio conosce davvero le intenzioni dei cuori, perciò soltanto lui sa giudicare ro le intenzioni dei cuori, perciò soltanto lui sa giudicare se l'orientamento che uno dà alla sua vita è conforme a giustizia: nessuno quindi è buon giudice di se stesso (v. 2); fare progetti per il futuro è una caratteristica di ogni essere umano, ma solo Dio lo sa guidare alla realizzazione della propria esistenza (vv. 3.9).

vv. 4-7. Troviamo anzitutto una riflessione sulla sorte del malvagio/superbo (vv. 4-5), cui segue la sottolineatura dei frutti apportati dalla retta condotta di fronte a Dio (vv. 6-7). L'antitesi è perciò tra il fallimento di un'esistenza, che culmina nel castigo divino, e un'esistenza che realizza l'armonia che il Signore ha impresso nel creato, attraverso una relazione positiva con gli altri esseri («bontà e fedeltà») e con il creatore («rispetto», v. 6).

vv. 10-15. Le sentenze relative al re sono raggruppate nel libro in piccole unità (cfr. 20,26-28 e 21,1; 25,2-7; 31,1-9). Una regalità priva di giustizia rappresenta una deviazione dall'ordine impresso da Dio alla sua creazione. Il re umano non è soltanto un autorità politica nel pensiero antico, ma un mediatore, un garante attraverso il quale l'ordinamento impresso da Dio al creato si riflette nella vita di una società. Da qui l'alta considerazione di cui gode il suo giudizio (egli è il giudice supremo), ma anche (e questo soprattutto è rilevante in tutta la tradizione dell'AT) l'esigenza suprema di giustizia insita nella sua carica, che per il pensiero israelitico si manifesta nella sottomissione a Dio. Ciò potrebbe spiegare l'inserzione del v. 11 tra questi versetti: la giustizia è un valore determinato da Dio; al compete invece di assicurare che tale giustizia sia presente e cresca nel suo popolo.

vv. 27-29. Tre categorie di uomini da cui il saggio mette in guardia il discepolo: il depravato, l'imbroglione, il violento. Non si tratta di una descrizione neutra: il discepolo deve comprendere che se la sua scelta cade su tali persone, anche lui sarà una presenza negativa nella società e distruggerà la sua stessa esistenza.

v. 33. Il riferimento è alla prassi di gettare la sorte sia nei giudizi (cfr. Gs 7; 1Sam 14) sia nelle decisioni fondamentali (cfr. Lv 16,8): anche se gli strumenti per gettare la sorte sono appannaggio del sacerdote (cfr. Es 28,30; 1Sam 2,28), la sentenza o il verdetto non dipendono affatto da lui, ma dal Signore.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Ciò che il Signore gradisce e ciò che detesta 1Una risposta gentile calma la collera, una parola pungente eccita l'ira. 2Le parole dei saggi fanno gustare la scienza, mentre la bocca degli stolti esprime sciocchezze. 3Gli occhi del Signore arrivano dappertutto, scrutano i malvagi e i buoni. 4Una parola buona è un albero di vita, quella malevola è una ferita al cuore. 5Lo stolto disprezza la correzione di suo padre, chi tiene conto del rimprovero diventa prudente. 6Nella casa del giusto c'è abbondanza di beni, sul guadagno dell'empio incombe il dissesto. 7Le labbra dei saggi diffondono la scienza, non così il cuore degli stolti. 8Il sacrificio dei malvagi è un orrore per il Signore, la preghiera dei buoni gli è gradita. 9Il Signore ha in orrore la condotta dei perversi, egli ama chi pratica la giustizia. 10Correzione severa per chi abbandona il retto sentiero; chi rifiuta i rimproveri morirà! 11Abisso e regno dei morti sono palesi davanti al Signore, quanto più i cuori degli uomini! 12Lo spavaldo non vuole essere corretto, egli non va in compagnia dei saggi. 13Un cuore lieto dà serenità al volto, ma quando il cuore è triste, lo spirito è depresso. 14Un cuore intelligente desidera imparare, la bocca dello stolto si pasce della sua ignoranza. 15Tutti i giorni sono brutti per il povero, per un cuore felice è sempre festa. 16È meglio aver poco con il timore di Dio che un grande tesoro con l'inquietudine. 17È meglio un piatto di verdura con l'amore che un bue grasso con l'odio. 18Chi è collerico suscita contese, chi è paziente calma le liti. 19La strada del pigro è come una siepe di spine, il sentiero dei retti è scorrevole. 20Il figlio saggio allieta il padre, il figlio stolto disprezza sua madre. 21La stoltezza è una gioia per chi è privo di senno; chi è prudente cammina diritto. 22Falliscono le decisioni prese senza consultazione, riescono quelle suggerite da molti consiglieri. 23È una gioia saper dare una risposta; una parola detta al momento giusto è gradita! 24Per l'uomo assennato la strada della vita è verso l'alto, per salvarlo dal regno dei morti che è in basso. 25Il Signore abbatte la casa dei superbi, ma consolida il confine della vedova. 26Il Signore aborrisce i pensieri malvagi, ma le parole benevole gli sono gradite. 27Sconvolge la sua casa chi è avido di guadagni disonesti, ma chi detesta i regali vivrà. 28La mente del giusto riflette prima di rispondere, ma la bocca dei malvagi esprime cattiveria. 29Il Signore è lontano dai malvagi, ma ascolta la preghiera dei giusti. 30Uno sguardo luminoso dà gioia al cuore, una notizia lieta rinvigorisce le ossa. 31Chi ascolta un rimprovero salutare potrà stare in mezzo ai saggi. 32Chi rifiuta la correzione disprezza se stesso, ma chi ascolta il rimprovero acquista senno. 33Il timore di Dio è scuola di sapienza, prima della gloria c'è l'umiltà.

_________________ Note

15,4 albero di vita: richiama Gen 2,9; 3,22.24 ed è immagine di vita piena e felice (vedi anche 13,12).

15,25 Il Signore… consolida il confine della vedova: la legge proibiva lo spostamento dei confini, ritenuti un segno sacro (Dt 19,14; 27,17; Os 5,10). La vedova non aveva mezzi di difesa e per questo Dio stesso interviene in suo favore.

15,27 i regali: fonte di corruzione (vedi anche 17,8.23).

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Approfondimenti

Pr 15,1-2.4. Ritorna il tema dell'uso della lingua, che determina la qualità delle relazioni umane (v. 1), può edificare o meno il prossimo (v. 2), può addirittura ridare nuovo slancio («albero di vita») a chi è affranto o all'opposto colpire nel vivo una persona (v. 4).

vv. 3.8-9.11.25-27.29.33. La vita dell'uomo e le sue azioni sono sempre sotto il controllo divino e da lui dipende la retribuzione, che il saggio non considera un fatto automatico o deterministico, ma come la risposta che avalla l'agire umano (se positivo) o lo condanna (se negativo). Il Dio dei saggi non è però solo un principio ordinatore che dall'esterno garantisce il buon funzionamento della macchina dell'universo, sia a livello cosmico che a livello antropolo-gico: è il Dio che il fedele prega e al quale sacrifica, è colui che conosce l'intimo dell'uomo e che provvede alle necessità anche dei più umili (v. 25), che aborrisce malvagità e ingiustizia, ma esalta giustizia e pietà.

vv. 15-17. Secondo un modulo ricorrente nei testi sapienziali, troviamo il detto comparativo, dove il saggio illustra il suo punto di vista attraverso un contrasto in cui fa risaltare ciò che è meglio per la persona. Tre aspetti positivi sono così messi in risalto: il cuore contento, il rispetto di Dio, la concordia con il prossimo. La persona ben integrata con se stessa, con Dio e con il suo prossimo è, per così dire, il meglio che il saggio possa suggerire.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Il comportamento del saggio e il comportamento dello stolto 1La donna saggia costruisce la sua casa, quella stolta la demolisce con le proprie mani. 2Cammina nella propria giustizia chi teme il Signore, ma chi è traviato nelle proprie vie lo disprezza. 3Nella bocca dello stolto c'è il germoglio della superbia, ma le labbra dei saggi sono la loro salvaguardia. 4Se non ci sono buoi la greppia è vuota, l'abbondanza del raccolto sta nel vigore del toro. 5Il testimone sincero non mentisce, chi proferisce menzogne è testimone falso. 6Lo spavaldo ricerca la sapienza ma invano, la scienza è cosa facile per l'intelligente. 7Stai lontano dall'uomo stolto: in lui non troverai labbra sapienti. 8Il sapiente avveduto conosce la sua strada, ma la stoltezza degli sciocchi è inganno. 9Tra gli stolti risiede la colpa, tra i giusti dimora la benevolenza. 10Il cuore conosce la propria amarezza e alla sua gioia non partecipa l'estraneo. 11La casa degli empi sarà abbattuta, ma la tenda dei giusti prospererà. 12C'è una via che sembra diritta per l'uomo, ma alla fine conduce su sentieri di morte. 13Anche nel riso il cuore prova dolore e la gioia può finire in pena. 14Il perverso si sazia della sua condotta, l'uomo buono delle sue opere. 15L'ingenuo crede a ogni parola, ma chi è avveduto controlla i propri passi. 16Il saggio teme e sta lontano dal male, lo stolto invece è impulsivo e si sente sicuro. 17Chi è pronto all'ira commette sciocchezze, il malintenzionato si rende odioso. 18Gli inesperti ereditano la stoltezza, gli accorti si coronano di scienza. 19I cattivi si inchinano davanti ai buoni, i malvagi davanti alle porte del giusto. 20Il povero è odioso anche a chi gli è pari, ma numerosi sono gli amici del ricco. 21Chi disprezza il prossimo pecca, beato chi ha pietà degli umili. 22Non errano forse quelli che compiono il male? Amore e fedeltà per quanti compiono il bene. 23In ogni fatica c'è un vantaggio, ma le chiacchiere portano solo miseria. 24Corona dei saggi è la loro ricchezza, la follia degli stolti produce solo follia. 25È salvezza per molti il testimone veritiero, ma chi proferisce menzogne è un impostore. 26Nel timore del Signore sta la fiducia del forte; anche per i suoi figli egli sarà un rifugio. 27Il timore del Signore è fonte di vita per sfuggire ai lacci della morte. 28Un popolo numeroso è la gloria del re, ma la scarsità di gente è la rovina del principe. 29Chi è paziente ha grande prudenza, chi è iracondo mostra stoltezza. 30Un cuore tranquillo è la vita del corpo, l'invidia è la carie delle ossa. 31Chi opprime il povero offende il suo creatore, chi ha pietà del misero lo onora. 32Dalla propria cattiveria è travolto il malvagio, anche nella morte il giusto trova rifugio. 33In un cuore intelligente risiede la sapienza, ma in mezzo agli stolti verrà riconosciuta? 34La giustizia esalta una nazione, ma il peccato è la vergogna dei popoli. 35Il favore del re è per il ministro intelligente, la sua ira è per l'indegno.

_________________ Note

14,1-35 I trentacinque distici di questo capitolo, seguendo la teoria della retribuzione (cioè del premio o del castigo riservato all’agire dell’uomo), presentano il diverso esito cui conduce il comportamento dell’uomo saggio e quello dell’uomo stolto.

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Approfondimenti

vv. 1-3.11-12. Il legame con la sapienza istituisce una modalità di realizzazione dell'esistenza caratterizzata da successo e prosperità (vv. 1.11) e da un'autentica relazione con Dio (v. 2). Coloro che rifiutano l'insegnamento sapienziale non realizzano alcunché nella loro vita (v. 1.11) e si allontanano da Dio (v. 2). Il disprezzo di Dio, che si manifesta nell'atteggiamento dello stolto, si riflette anche nel suo comportamento sociale: egli si sente al di sopra degli altri (e in un certo senso sganciato dai vincoli sociali), ma l'esito di ciò è letale: il tema della morte (v. 12) entra a questo livello non come esito scontato della vita, ma come fallimento nella costruzione della propria vita, qui presentata con le immagini della casa e della strada (cfr. vv. 1-2.11-12 nella stessa successione).

vv 5.25. La testimonianza vera non è soltanto un suggello della credibilità della persona (v. 5), ma anche una dimensione fondamentale delle relazioni umane (v. 25): testimoniare è un affare serio e chi se ne assume la responsabilità sa che non può farlo a cuor leggero, soprattutto quando è in gioco la vita di un innocente.

vv. 8.15.18.24. L'opposizione è tra chi sa affrontare con avvedutezza (‘ārûm) l'esistenza e chi invece vive ingenuamente. Chi è avveduto è in grado di discernere la via giusta (v. 8), ma soprattutto di vagliare consigli e insegnamenti (v. 15), al fine di acquisire un bagaglio di conoscenze (v. 18) che lo porteranno a un benessere di cui potrà menare vanto, a differenza dell'ingenuo il cui esito dimostrerà tutta la sua stupidità.

vv. 10.13. L'intimo dell'uomo rimane un recesso solitario: i sentimenti più profondi, anche se condivisi, rimangono sovente inesprimibili e perciò sostanzialmente occultati. Nel v. 13 si ha l'impressione di una visione pessimistica dell'esistenza, ma si tratta forse di un tentativo di formulare con toni marcati la sostanziale insoddisfazione umana: la persona è consapevole che nessuna gioia sulla terra è per sempre, per questo l'esultanza non è mai completa.

vv. 20-21.31. I vv. 20-21 sono collegati dal riferimento all'amico/prossimo (ebr. rēa‘) e i vv. 21.31 dal riferimento ai poveri. Mentre il v. 20 rappresenta una constatazione di quanto solitamente avviene, negli altri due versetti si sottolinea la valenza etica del rapporto con il povero/umile: da un lato il disprezzo del povero è giudicato sotto la prospettiva della riuscita nella vita, dato che il contrasto è tra beatitudine (che significa benessere, stabilità, riuscita) e fallimento (così è opportuno rendere il part. ḥôṭē’ invece che con «ресcа»); dall'altro lo si giudica alla luce della relazione con Dio «il creatore»: non siamo lontani da quei passi del NT dove Gesù si identifica con gli umili (cfr. Mt 25,40).

vv. 26-27. Ritorna il tema del «rispetto di JHWH» già incontrato in Pr 1,7; 9,10: si tratta dell'atteggiamento religioso fondamentale indicato dai saggi come condizione previa per ogni riuscita nella vita e come obiettivo centrale di ogni sforzo per acquisire la sapienza (cfr. inoltre 10,27; 15,33; 16,6; 19,23).

vv. 28.34-35. L'obiettivo è centrato sulla dimensione politica, vista sotto tre aspetti tra loro correlati ed espressi in forma constatativa. L'importanza di un re deriva dalla prosperità e dalla grandezza del suo popolo (v. 28), quindi non si fonda soltanto sulle sue ricchezze o sul suo prestigio: popolo e re sono strettamente correlati. Nello stesso tempo, il re saggio è colui che sceglie oculatamente i suoi consiglieri (v. 35; cfr. 16,13). Si tratta forse di un'indiretta ammonizione ai giovani studenti che si apprestano a inserirsi nella carriera burocratica: solo chi è abile ottiene il favore del re, non chi conta su appoggi o raccomandazioni. Al vertice di tutto sta però l'esigenza di giustizia (v. 34): la crescita e la prosperità di una nazione non sono garantite soltanto dall'abilità o dagli stratagemmi dei suoi politicanti, ma soprattutto da un'amministrazione e da una condotta fondate sulla giustizia (cfr. 16,12).

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Ricchezza e povertà 1Il figlio saggio ama la correzione del padre, lo spavaldo non ascolta il rimprovero. 2Con il frutto della bocca ci si nutre di beni, ma l'appetito dei perfidi si ciba di violenza. 3Chi sorveglia la bocca preserva la sua vita, chi spalanca le sue labbra va incontro alla rovina. 4Il pigro brama, ma non c'è nulla per il suo appetito, mentre l'appetito dei laboriosi sarà soddisfatto. 5Il giusto odia la parola falsa, l'empio disonora e diffama. 6La giustizia custodisce chi ha una condotta integra, la malvagità manda in rovina il peccatore. 7C'è chi fa il ricco e non ha nulla, c'è chi fa il povero e possiede molti beni. 8Riscatto della vita d'un uomo è la sua ricchezza, ma il povero non avverte la minaccia. 9La luce dei giusti porta gioia, la lampada dei malvagi si spegne. 10L'insolenza provoca litigi, ma la sapienza sta con chi accetta consigli. 11La ricchezza venuta dal nulla diminuisce, chi la accumula a poco a poco, la fa aumentare. 12Un'attesa troppo prolungata fa male al cuore, un desiderio soddisfatto è albero di vita. 13Chi disprezza la parola si rende debitore, chi rispetta un ordine viene ricompensato. 14L'insegnamento del saggio è fonte di vita per sfuggire ai lacci della morte. 15Il senno procura favore, ma il contegno dei perfidi porta alla rovina. 16La persona avveduta prima di agire riflette, lo stolto mette in mostra la sua stupidità. 17Un cattivo messaggero causa sciagure, un inviato fedele porta salute. 18Povertà e ignominia a chi rifiuta la correzione, chi tiene conto del rimprovero sarà onorato. 19Desiderio appagato è dolcezza per l'anima; fa orrore agli stolti evitare il male. 20Va' con i saggi e saggio diventerai, chi pratica gli stolti ne subirà danno. 21La sventura insegue i peccatori, il bene è la ricompensa dei giusti. 22L'uomo buono lascia eredi i figli dei figli, è riservata al giusto la ricchezza del peccatore. 23Vi è cibo in abbondanza nei campi dei poveri, ma può essere sottratto per mancanza di giustizia. 24Chi risparmia il bastone odia suo figlio, chi lo ama è pronto a correggerlo. 25Il giusto mangia fino a saziarsi, ma il ventre dei malvagi resta vuoto.

_________________ Note

13,8 il povero non avverte la minaccia: il povero è più tranquillo del ricco, perché non deve privarsi della ricchezza (che non ha) per riscattare se stesso dalle estorsioni.

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Approfondimenti

vv. 2-4. Il collegamento è dato dalla ripresa del sostantivo nepeš (appetito, vita, anima): si passa dall'uso della parola (v. 2a.3) all'agire umano (v. 4) e dall'appetito dei perfidi (v. 2) a quello dei diligenti (v. 4). I due livelli non si coprono, ma sono interrelati: sia perché l'appetito riguarda per gran parte quella parte del corpo da cui fuoriesce la parola (da notare inoltre che nepeš significa in molti casi «gola»), sia perché, se l'appetito in ogni sua manifestazione è incontrollato, anche il linguaggio della persona ne sarà determinato (e allora non sarà soltanto un parlare imprudente, v. 3, ma pure un parlare che ingenera violenza, v. 2).

v. 8. Il significato dell'antitesi è un po' oscuro, anche perché le tre ultime parole del versetto nel TM corrispondono alla finale del v. 1. Mantenendo il TM (con BC) è preferibile dare un senso attivo al verbo del secondo stico («non bada» o «non da peso», invece di «non si accorge»): in tal modo il proverbio ricorda che il povero, a differenza del ricco, non è passibile di estorsioni. In un mondo violento, il povero, che vive già nella precarietà, ha molto meno da temere dalla minaccia a confronto del ricco.

v. 11. «in fretta»: secondo LXX e Vg, forse rappresenta un'armonizzazione con 20,21. Il TM ha mēhebel: «dall'inconsistenza» (secondo il significato di hbl «soffio, vacuità»).

vv. 12.19. Possiamo notare nei due versetti il passaggio dall'osservazione degli stati d'animo al giudizio morale sul comportamento (v. 19b). Il collegamento è dato dall'esaudimento dell'attesa, che nel v. 12 è espresso in una progressione climatica: l'ansia e l'incertezza che caratterizzano il tempo dell'attesa (v. 12a) sono colmate dall'abbondanza (l'albero di vita) che contrassegna l'esaudimento (v. 12b); nel v. 19 ricorre invece una tipica antitesi, centrata sulla metafora del gusto: se il desiderio soddisfatto è «dolce al gusto» (BC traduce con «cuore» il vocabolo ebraico nepeš, che signitica «gola, anima, vita» e che in questo caso va inteso nel suo significato primario di gola, perciò di sede del gusto), all'opposto troviamo lo stolto che prova «disgusto» al solo pensiero di allontanarsi dal male. Distaccarsi dal male dovrebbe essere una cosa dolce, piacevole a compiersi, ma per lo stolto sembra una cosa ardua: non sa comprendere la “dolcezza” di una buona condotta.

v. 15. Una traduzione preferibile è: «Il buon senso rende accetta la persona, ma la condotta dei perfidi è la loro rovina».

vv. 20-22. La compagnia dei saggi non procura soltanto saggezza, ma anche benessere ed eredità sicura, mentre chi frequenta gli ignoranti rovina se stesso (cfr. Sal 49, 11).

vv. 23.25. Si riprende qui il tema della ricchezza che ha caratterizzato il corso del capitolo, collegata con desiderio, acquisizione, apparenza, eredità (cfr. vv. 4.7-8.11-12.18-19.22-23.25).

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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