📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

PREGHIERA A DIO NEL PERICOLO 1 Al maestro del coro. Su “Non distruggere”. Di Davide. Miktam. Quando fuggì da Saul nella caverna.

2 Pietà di me, pietà di me, o Dio, in te si rifugia l'anima mia; all'ombra delle tue ali mi rifugio finché l'insidia sia passata.

3 Invocherò Dio, l'Altissimo, Dio che fa tutto per me.

4 Mandi dal cielo a salvarmi, confonda chi vuole inghiottirmi; Dio mandi il suo amore e la sua fedeltà.

5 In mezzo a leoni devo coricarmi, infiammàti di rabbia contro gli uomini! I loro denti sono lance e frecce, la loro lingua è spada affilata.

6 Innàlzati sopra il cielo, o Dio, su tutta la terra la tua gloria.

7 Hanno teso una rete ai miei piedi, hanno piegato il mio collo, hanno scavato davanti a me una fossa, ma dentro vi sono caduti.

8 Saldo è il mio cuore, o Dio, saldo è il mio cuore.

Voglio cantare, voglio inneggiare: 9 svégliati, mio cuore, svegliatevi, arpa e cetra, voglio svegliare l'aurora.

10 Ti loderò fra i popoli, Signore, a te canterò inni fra le nazioni:

11 grande fino ai cieli è il tuo amore e fino alle nubi la tua fedeltà.

12 Innàlzati sopra il cielo, o Dio, su tutta la terra la tua gloria.

_________________ Note

57,1 La prima parte di questa lamentazione individuale (vv. 2-7) presenta la situazione dolorosa dell’orante, mentre la seconda parte (vv. 8-12, che ritornano anche in Sal 108,2-6) esprime la gioiosa esultanza che nasce nel cuore dalla fiducia in Dio.

57,1 Quando fuggì da Saul: il titolo collega questo salmo con 1Sam 24.

57,2 All’immagine fisica delle ali di Dio, simbolo di protezione, corrisponde quella dell’anima, che indica la totalità dell’essere umano.

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Approfondimenti

Supplica per la liberazione dei persecutori Supplica individuale (+ ringraziamento)

Il salmo si articola in due momenti, fortemente marcati nel TM anche dagli accenti: la lamentazione (vv. 2-7) con 3 + 3 accenti, e il ringraziamento (vv. 8-12) con 3 + 2 accenti (qînâ). I vv. 8-12 sono riportati anche dal Sal 108,2-6. Ma la versione del Sal 57 è migliore e originale. Allo stato attuale il salmo è unitario e ben strutturato. Si noti un certo crescendo spaziale: dal tempio (v. 2) si arriva al cosmo (vv. 10-12). Non si ha traccia nel salmo della circostanza storica suggerita dal titolo. La struttura è segnata nel v. 6 e 12 da un identico ritornello. Ma quello del v. 6, inserendosi come un cuneo tra il v. 5 e il v. 7, ne spezza la continuità di pensiero. Il simbolismo è spaziale, temporale, teriomorfo, venatorio, bellico, musicale e psicofisiologico.

Divisione: * vv. 2-7: supplica con antifona-appello; * vv. 8-12: ringraziamento con antifona-appello.

vv. 2-4. Il salmista fa appello alla «grazia» di Dio, nel cui tempio si è rifugiato per essere liberato dai suoi persecutori. È probabile che si accenni al rito della sacra incubazione nel tempio (cfr. Sal 3,6; 4,9; 5,4; 17,3; 59,17) per ottenere, al mattino, un oracolo liberatorio da un sacerdote o da un profeta cultuale. Il rito è noto nell'Oriente antico.

v. 2. «Pietà di me, pietà di me, o Dio»: il salmista fa appello con insistenza alla «grazia» compassionevole di Dio. Così iniziano anche i Sal 51,3; 56,2, ma qui l'invocazione «pietà di me» ripetuta due volte indica una maggiore insistenza. «in te mi rifugio; mi rifugio...»: il verbo «rifugiarsi» (ḥsh) come il verbo «avere pietà si ripete due volte in questo versetto: segno dell'intensità dell'implorazione. «all'ombra delle tue ali»: il poeta, in senso reale o metaforico, cerca asilo nel tempio, cfr. Sal 17,8; 36,8. Le ali sono quelle dei Cherubini sovrastanti il kappōret, coperchio dell'arca dell'alleanza, segno della presenza di Dio in terra.

v. 3. «che mi fa il bene»: alla lett. «colui che porta a compimento» (= gōmēr). Dio è colui che non lascia le cose incomplete, il giudice vendicatore che ristabilisce l'equilibrio spezzato dal peccatore.

v. 4. «Dio mandi la sua fedeltà e la sua grazia»: il salmista invoca Dio giusto giudice e salvatore, perché intervenga con i suoi attributi personificati dell'alleanza: ḥesed, ’emet, in qualità di suoi rappresentanti, cfr. Sal 43,3.

v. 5. «in mezzo a leoni»: i nemici aggressori sono paragonati a leoni feroci, cfr. Sal 7,6.

v. 6. «Innalzati sopra il cielo...»: il salmista, che si è rifugiato di notte nel tempio, invoca Dio come la luce del mattino, come il sole che sorge e irradia la terra, e già intravvede la liberazione, come la luce che scaccia le tenebre. Il mattino è il tempo più propizio per la preghiera, è il tempo del favore divino, e la luce è vita e liberazione.

v. 7. «Hanno teso una rete...»: continua il quadro delle macchinazioni dei nemici con immagini venatorie. Ma le loro insidie si ritorcono contro di loro (nemesi immanente) secondo la legge del taglione.

v. 8. «Saldo è il mio cuore...»: «cuore» equivale qui a «coscienza». L'espressione nākôn libbî («saldo è il mio cuore»), ripetuta due volte, ribadisce la fermezza dell'orante scaturita dalla fiducia in Dio, davanti alle minacce dei nemici. «Cuore» continua la simbolica somatica del v. 5 («denti, lingua») e del v. 7 («piedi»).

v. 9. «voglio svegliare l'aurora»: l'espressione poetica indica la sollecitudine dell'orante nel ringraziare il Signore ancor prima che spunti l'alba, segno che ha ricevuto l'oracolo liberatorio anzitempo reale o psicologico.

v. 10. «Ti loderò tra i popoli..»: il salmista, entusiasta dell'esaudimento, vuole far conoscere la sua lode-ringraziamento al di là dei confini della nazione.

v. 11. «perché la tua bontà... la tua fedeltà...»: l'orante motiva il suo ringraziamento: ha sperimentato la grandezza sconfinata della «bontà e fedeltà», emissari di Dio, che egli aveva mandato su sua richiesta (v. 4).

v. 12. «Innalzati sopra il cielo...»: si riprende il ritornello del v. 6, ma con altro spirito. Nel v. 6 era invocazione, qui diventa ringraziamento e lode per l'effetto positivo conseguito: l'intervento giudiziale liberatorio di Dio.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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FIDUCIA IN DIO E NELLA SUA PAROLA 1 Al maestro del coro. Su “Colomba dei terebinti lontani”. Di Davide. Miktam. Quando i Filistei lo tenevano prigioniero a Gat.

2 Pietà di me, o Dio, perché un uomo mi perseguita, un aggressore tutto il giorno mi opprime.

3 Tutto il giorno mi perseguitano i miei nemici, numerosi sono quelli che dall'alto mi combattono.

4 Nell'ora della paura io in te confido.

5 In Dio, di cui lodo la parola, in Dio confido, non avrò timore: che cosa potrà farmi un essere di carne?

6 Travisano tutto il giorno le mie parole, ogni loro progetto su di me è per il male.

7 Congiurano, tendono insidie, spiano i miei passi, per attentare alla mia vita.

8 Ripagali per tanta cattiveria! Nella tua ira abbatti i popoli, o Dio.

9 I passi del mio vagare tu li hai contati, nel tuo otre raccogli le mie lacrime: non sono forse scritte nel tuo libro?

10 Allora si ritireranno i miei nemici, nel giorno in cui ti avrò invocato; questo io so: che Dio è per me.

11 In Dio, di cui lodo la parola, nel Signore, di cui lodo la parola,

12 in Dio confido, non avrò timore: che cosa potrà farmi un uomo?

13 Manterrò, o Dio, i voti che ti ho fatto: ti renderò azioni di grazie,

14 perché hai liberato la mia vita dalla morte, i miei piedi dalla caduta, per camminare davanti a Dio nella luce dei viventi.

_________________ Note

56,1 Pur consapevole della propria innocenza, il credente si sente preso di mira dagli avversari e ingiustamente, ma sa che la prepotenza dei suoi nemici può essere piegata da Dio che non rimane indifferente né dimentica.

56,1 Quando i Filistei...: il titolo del salmo rimanda a quanto è narrato in 1Sam 21,11-16.

56,9 Queste immagini vogliono esprimere l’onniscienza e la provvidenza divina.

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Approfondimenti

Preghiera e ringraziamento per la liberazione Supplica individuale (+ motivi di fiducia e di ringraziamento)

A parte il triangolo relazionale classico: Dio, io (= l'orante), essi (= i nemici), tra gli elementi strutturanti sono da evidenziare il ritornello (vv. 5 e 11-12) e l'avverbio «sempre» che ricorre 5 volte (vv. 2.3.4.6.10). Nel salmo c'è un gioco di contrasto tra impotenza e prepotenza dei nemici. Essi pur mostrandosi prepotenti e arroganti sono esseri impotenti e deboli costituzionalmente. La simbologia è temporale, antropologica, teologica, militare e venatoria. Il salmo è molto vivace e personale nonostante le sue difficoltà testuali.

Divisione:

  • vv. 2-3: introduzione;
  • v. 4-5: fiducia in Dio;
  • vv. 6-10: corpo;
  • vv. 11-12: ritornello di fiducia;
  • vv. 13-14: conclusione-ringraziamento.

v. 2. «perché l'uomo mi calpesta»: l'uomo è chiamato qui ’enôš (= essere mortale), nel v. 5 bāśār (= essere di carne) e nel v. 12 ’ādām (= essere di terra). Sono tre appellativi che sottolineano la debolezza umana. Nel salmo perciò si vuole evidenziare che l'uomo proprio in quanto essere debole e fragile si mostra prepotente con il suo simile. «sempre»: alla lett. «tutto il giorno». L'espressione si ripete anche nel v. 3. Indica un'aggressione continua senza tregua.

v. 3. «molti sono quelli che mi combattono»: attraverso la ripetizione degli attacchi e la menzione della quantità dei nemici (= molti), l'autore vuole dare maggiore intensità alla descrizione di pericolo del salmista.

v. 5. «In Dio... in Dio confido...»: il ritornello, che ricorre leggermente diverso anche nei vv. 11-12, è raro nella poesia biblica. Esso sintetizza i concetti più importanti della composizione: qui si evidenziano tre elementi: la lode della parola di Dio, la fiducia incondizionata in lui, e il non timore dell'uomo. «di cui lodo la parola»: la «parola» è quella della promessa di salvezza del patto (cfr. Sal 50, 15).

vv. 6-7. La voce «parola» (dābār) fa da gancio tra il v. 5 e il 6. Lì si tratta della parola di Dio, qui della parola del salmista. In questi versetti si accenna alle malefatte dei nemici, dovute soprattutto al cattivo uso della «parola».

v. 6. I nemici «travisano» le parole dell'orante per agire contro di lui, causano con il loro parlare calunnioso e menzognero contese per attentare alla sua vita.

v. 7. «osservano i miei passi»: c'è l'immagine di un cacciatore in agguato per spiare e catturare di sorpresa la preda. È comune nelle lamentazioni, cfr. 89,52; Lam 4, 18.

v. 9. «I passi del mio vagare...»: dall'imprecazione violenta del v. 8 si passa al commovente lirismo di questo versetto, che anche stilisticamente è molto bello. Nel TM c'è infatti assonanza tra la voce nōdi (il mio vagare) e bᵉno’dekā (nel tuo otre). L'orante esprime la sicurezza e fiducia che le sue pene e le sue sofferenze non vengano dimenticate da Dio. Ricorrono tre immagini antropomorfiche: di Dio che conta i passi, di Dio che raccoglie in un vaso le lacrime e di Dio che registra tutto nel libro della vita.

v. 10. «Allora ripiegheranno...»: i nemici sono visti già in rotta; indietreggiano davanti all'intervento di Dio, cfr. Sal 6,11; 9,4; 35,4; Lam 1,13. «so che Dio è in mio favore»: l'espressione è una bella professione di fede. È più incisiva l'espressione tradotta alla lettera: «Questo so: che Dio è per me», cfr. Sal 16,2; 54,6; 118,6; 124,1.

v. 13. «Su di me... i voti»: il salmista riconosce che su di lui incombe la responsabilità di adempiere i voti fatti al Signore nel tempo della prova. Egli intende perciò osservarli. Il costrutto è inatteso e originale. «ti renderò azioni di grazie»: l'orante promette al Signore un sacrificio di ringraziamento, cfr. Sal 22,26; 50,14; 66,13; Lv 7,12; Prv 7,14.

v. 14. «perché mi hai liberato dalla morte...»: con un perfetto di “confidenza” l'orante esprime la motivazione del sacrificio di ringraziamento: la liberazione dalla morte per farlo camminare nella luce della vita. C'è il contrasto tra la morte che richiama il regno dello šᵉ’ôl, luogo di tenebra e di silenzio (Gb 33,28.30; Sal 6,6; 28,1), e la luce del volto di Dio, regno della vita (Sal 36,10). Nota anche il contrasto tra il vagabondare triste per sfuggire al nemico (v. 9) e il camminare sicuro alla luce del Dio della vita, cfr. Sal 16,10-11; 27,13. Il «camminare alla presenza di Dio» è simbolo anche di una vita onesta e conforme ai comandamenti di Dio (cfr. Gn 5,22; 6,9; 17,1; 24,40; Sal 116,8-9).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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PREGHIERA DI UN UOMO TRADITO E UMILIATO 1 Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Maskil. Di Davide.

2 Porgi l'orecchio, Dio, alla mia preghiera, non nasconderti di fronte alla mia supplica.

3 Dammi ascolto e rispondimi; mi agito ansioso e sono sconvolto 4 dalle grida del nemico, dall'oppressione del malvagio.

Mi rovesciano addosso cattiveria e con ira mi aggrediscono.

5 Dentro di me si stringe il mio cuore, piombano su di me terrori di morte.

6 Mi invadono timore e tremore e mi ricopre lo sgomento.

7 Dico: “Chi mi darà ali come di colomba per volare e trovare riposo?

8 Ecco, errando, fuggirei lontano, abiterei nel deserto.

9 In fretta raggiungerei un riparo dalla furia del vento, dalla bufera”.

10 Disperdili, Signore, confondi le loro lingue. Ho visto nella città violenza e discordia:

11 giorno e notte fanno la ronda sulle sue mura; in mezzo ad essa cattiveria e dolore, 12 in mezzo ad essa insidia, e non cessano nelle sue piazze sopruso e inganno.

13 Se mi avesse insultato un nemico, l'avrei sopportato; se fosse insorto contro di me un avversario, da lui mi sarei nascosto.

14 Ma tu, mio compagno, mio intimo amico,

15 legato a me da dolce confidenza! Camminavamo concordi verso la casa di Dio.

16 Li sorprenda improvvisa la morte, scendano vivi negli inferi, perché il male è nelle loro case e nel loro cuore.

17 Io invoco Dio e il Signore mi salva.

18 Di sera, al mattino, a mezzogiorno vivo nell'ansia e sospiro, ma egli ascolta la mia voce;

19 in pace riscatta la mia vita da quelli che mi combattono: sono tanti i miei avversari.

20 Dio ascolterà e li umilierà, egli che domina da sempre; essi non cambiano e non temono Dio.

21 Ognuno ha steso la mano contro i suoi amici, violando i suoi patti.

22 Più untuosa del burro è la sua bocca, ma nel cuore ha la guerra; più fluide dell'olio le sue parole, ma sono pugnali sguainati.

23 Affida al Signore il tuo peso ed egli ti sosterrà, mai permetterà che il giusto vacilli.

24 Tu, o Dio, li sprofonderai nella fossa profonda, questi uomini sanguinari e fraudolenti: essi non giungeranno alla metà dei loro giorni. Ma io, Signore, in te confido.

_________________ Note

55,1 Un uomo, prostrato da profonda sofferenza interiore e circondato da pericoli mortali a causa dei molti nemici, rivolge a Dio questa accorata invocazione, ma comprende che solo l’abbandono fiducioso in Dio e la preghiera incessante possono assicurargli salvezza e pace.

55,18 Presso gli Ebrei il giorno inizia con il tramonto del sole (la sera). Il mattino è generalmente inteso come il momento della salvezza e dell’intervento di Dio; il mezzogiorno segna il culmine della giornata e dello splendore del sole.

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Approfondimenti

Calunnia e amicizia tradita Supplica individuale

Il salmo presenta un certo disordine nell'esposizione dei pensieri; l'atmosfera è tesa e agitata. Il tutto sembra rispecchiare il reale stato d'animo del poeta. La lirica, potente e suggestiva per la sua individualità, mostra dei punti di contatto con Geremia (4,19; 9,1-2; 18,19; 23,9) ed esprime un vivo senso dell'amicizia (vv. 14-15). Per lo stile un po' barocco e il lessico aramaizzante il salmo rispecchia l'epoca dell'immediato post-esilio con i problemi e i contrasti interni alla comunità per la ricostruzione della nazione (cfr. Esd e Ne). Domina nel TM per lo più il metro della qînâ (3 + 2 accenti). La simbologia è cosmica, spaziale (urbana), temporale e psicologica. La struttura segue con una certa libertà i classici elementi del genere delle “Suppliche” con la presenza anche della relazione triangolare: “Dio, io (= l'orante), essi (= i nemici)”.

Divisione:

  • vv. 2-4a: appello iniziale;
  • vv. 4b-16: lamentazione;
  • vv. 17-23: motivi di fiducia;
  • v. 24: conclusione.

Il tema del salmo riguarda lo sconvolgimento dell'orante a causa del nemico e dell'empio, che nel v. 14 si dice essere un «amico e confidente».

v. 4a. «al grido... al clamore...»: l'orante si sente sconvolto e assordato dalle grida e urla dei nemici, che ricordano quelli lanciati da popoli invasori.

v. 4b. «Contro di me riversano sventura»: è sottintesa l'immagine di un'inondazione, quasi di un maremoto.

v. 5. «freme...»: alla lett. «si contorce», cfr. Sal 48,7; Prv 17,25; Is 13,8; 21,3; 26,18; Ger 6,24. Si allude alle doglie del parto; «piombano su di me...»: come un peso opprimente che si abbatte irresistibilmente.

v. 7. «Dico: chi mi darà ali...»: inizia il soliloquio evasivo del poeta. Costretto all'inazione, fugge con l'immaginazione. Il desiderio di fuga davanti ai pericoli incombenti è naturale. L'immagine del volo è suggestiva e indica una fuga salvatrice efficace, cfr. Sal 11,1; 84,4.

v. 9. «Riposerei in un luogo di riparo»: il deserto con la sua solitudine è tradizionalmente un luogo di pace.

v. 10a. «Disperdili... confondi le loro lingue»: questa prima maledizione richiama la torre di Babele e la conseguente confusione delle lingue (Gn 11,7-11). Il salmista, seguendo la legge del contrappasso, chiede al Signore di servirsi della confusione delle lingue come a Babele, per distruggere i suoi nemici, essi che si sono serviti del linguaggio in modo distorto, e delle parole come spada sguainata (vv. 13.21-22) per ingannarlo e calunniarlo.

vv. 10b-12. L'orante testimonia i misfatti dei suoi nemici perpetrati in città, dovunque («sulle sue mura,... nelle sue piazze») e di continuo («giorno e notte»). I misfatti elencati sono sette (numero della totalità) e personificati: violenza, contese, iniquità, travaglio, insidie, sopruso e inganno. È difficile accertare nell'originale, il significato esatto dei termini, tuttavia è indubbio che si voglia accennare alla totalità di ogni immoralità, empietà e ingiustizia.

v. 10b. «città»: è molto probabilmente Gerusalemme, dato anche il riferimento al tempio nel v. 15.

v. 14. «Ma sei tu, mio compagno..»: nel soliloquio l'orante profondamente scoraggiato, interpella direttamente l'ex-amico, ora suo nemico, apostrofandolo: «Ma tu, uomo della mia stessa condizione». «mio amico e confidente»: sull'amicizia tradita, cfr. Sal 31,12; 41,10; Ger 12,6; 20,10; Sir 6,6-12; Gb 19,13-19.

v. 15. «ci legava una dolce amicizia... verso la casa di Dio»: il salmista ricorda nostalgicamente i tempi felici dell'amiciza sincera, che comprendeva anche la partecipazione comune ai doveri religiosi, come i probabili pellegrinaggi al tempio.

v. 16. La maledizione del v. 10a si esplicita, diventando più violenta e acquistando i toni funerei. La morte (personalizzata) deve piombare addosso ai nemici improvvisamente, come uno stratagemma, e gli inferi (personalizzati) devono ingoiarli vivi. La morte è immaginata piombare dall'alto come un rapace, e lo šᵉ’ôl dal basso è visto come un drago pronto a inghiottirli. L'imprecazione richiama la maledizione di Mosè sui ribelli Core, Datan e Abiram (Nm 16,30-33).

v. 18. «Di sera, al mattino, a mezzogiorno...»: l'espressione sottolinea la continuità della supplica che avviene tutto il giorno. La scansione temporale: sera, mattino e mezzogiorno è tipicamente ebraica.

v. 20a. «egli che domina da sempre»: lett. «il sedente da sempre». E un titolo di Dio, espresso in forma participiale nel TM, cfr. Sal 74,12. Dio è re e giudice insieme, da sempre e per sempre.

vv. 20b-23. L'orante ricorda ancora le malefatte dei nemici ed esorta se stesso o è esortato ad aver fiducia in Dio (v. 23). I nemici sono descritti fondamentalmente e in generale come ostinati nel male («per essi non c'è conversione») e come empi («non temono Dio») (v. 20b).

v. 22. «Più untuosa del burro... più fluide dell'olio...»: con la duplice immagine del burro e dell'olio il salmista descrive la falsità e l'ipocrisia dei suoi nemici, cfr. Prv 26,23-26.

v. 23. «Getta sul Signore il tuo affanno..»: il versetto è in stile oracolare e allitterato in ebraico; sono possibili due principali interpretazioni: quella psicologica e quella liturgica. Nel primo caso c'è un'autoesortazione. Si ha lo sdoppiamento della personalità del salmista, che in un soliloquio parla al suo “io” esortandolo ad aver fiducia nel Signore. Oppure è possibile che l'orante percepisca una voce interiore con cui Dio si fa sentire nel suo intimo. L'interpretazione liturgica suppone che si tratti di una citazione oracolare. In questo caso un sacerdote o un profeta cultuale esorta con un oracolo il salmista ad aver fiducia in Dio.

v. 24. Questo versetto può considerarsi come risposta all'esortazione del v. 23. E allitterato in alef (cfr. TM). Sono presenti tutti e tre i personaggi del dramma: Dio, i nemici e l'orante. E un versetto ricapitolativo: come imprecazione (v. 24ab), conferma i vv. 10 e 16; come professione di fede del salmista, richiama i vv. 17-19; l'espressione «uomini sanguinari e fraudolenti» rissume le varie caratteristiche dei nemici espresse nel salmo. «li sprofonderai nella tomba»: alla lett. «nel pozzo della fossa». L'espressione equivale a šᵉ’ôl, cfr. v. 16. «alla metà dei loro giorni»: la morte prematura è segno di maledizione e di rigetto da parte di Dio (cfr. Sal 102,25), mentre il morire «sazio di giorni» come i patriarchi e come Giobbe significa benedizione e benevolenza divina (cfr. Lv 18,5; Dt 4,40; 1Re 3,14; Am 5,14; Ez 14,12-21; 18; 33; Gb 42,16-17).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INVOCAZIONE AL NOME DI DIO 1 Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Maskil. Di Davide. 2 Dopo che gli abitanti di Zif andarono da Saul a dirgli: “Ecco, Davide se ne sta nascosto presso di noi”.

3 Dio, per il tuo nome salvami, per la tua potenza rendimi giustizia.

4 Dio, ascolta la mia preghiera, porgi l'orecchio alle parole della mia bocca,

5 poiché stranieri contro di me sono insorti e prepotenti insidiano la mia vita; non pongono Dio davanti ai loro occhi.

6 Ecco, Dio è il mio aiuto, il Signore sostiene la mia vita.

7 Ricada il male sui miei nemici, nella tua fedeltà annientali.

8 Ti offrirò un sacrificio spontaneo, loderò il tuo nome, Signore, perché è buono;

9 da ogni angoscia egli mi ha liberato e il mio occhio ha guardato dall'alto i miei nemici. _________________ Note

54,1 Considerata come il modello delle lamentazioni, questa supplica procede secondo lo stile che caratterizza tali composizioni nel Salterio: la fiducia in Dio, unica salvezza, non è affievolita dalla malvagità dei potenti, su cui ricade il male compiuto, mentre l’orante riconferma la propria adesione a Dio liberatore.

54,2 Il titolo colloca questo salmo nel contesto dell’episodio narrato in 1Sam 23,14-28.

54,3 Il nome indica Dio stesso (vedi anche v. 8).

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Approfondimenti

Il perfetto modello di supplica Supplica individuale

Il breve salmo contiene in sé tutti gli elementi caratteristici del genere letterario delle “Suppliche individuali”: appello tematico, persecuzione dei nemici, fiducia nell'aiuto di Dio, imprecazione contro i nemici, promessa finale di lode, sicurezza di essere esaudito. Si può perciò considerare un perfetto modello. C'è la presenza del triangolo classico: “Dio, io (= l'orante), essi (= i nemici)”. La simbologia prevalente riguarda il tempo, il corpo, la guerra, e il nome divino. Le circostanze ambientali suggerite dal titolo (v. 2) non sono verificabili nel testo del carme. A livello strutturale c'è un'inclusione con la voce «nome» nei vv. 3 e 8.

Divisione:

  • vv. 3-4: invocazione;
  • vv. 5-9: corpo della supplica.

v. 3. «per il tuo nome»: il salmista ricorre alla potenza del nome divino, cioè a Dio stesso, per essere salvato (cfr. Ger 15,20-21). «rendimi giustizia»: alla lett. «giudicami». È usato il verbo dyn (giudicare), che ha valore giuridico. Da Dio, giudice, l'orante chiede di avere una sentenza favorevole contro i suoi avversari.

v. 5. «gli arroganti... i prepotenti...»: il salmista, che si ritiene giusto, si vede assalito e circondato dai nemici. Questi sono identificati come «arroganti» (zedîm) secondo molti manoscritti, il Targum e il Sal 86,14 quasi identico al nostro versetto. Tuttavia il TM porta zārîm (= estranei, stranieri). «davanti a sé non pongono Dio»: arroganti o estranei che siano, i nemici sono prepotenti, e rifiutano Dio, sfidandolo, cfr. Sal 36,2; 52,8; Is 5,19; Sap 2,1-20.

v. 6. «Ecco, Dio è il mio aiuto»: la frase è nominale. Alla lett. «Ecco, Dio mio aiutante». Il salmista esprime la sua fiducia in Dio. L'«ecco» (hinnēh) indica sorpresa e anche contrapposizione a quanto detto nel v. 5b. Mentre i nemici non pongono Dio davanti a sé, il salmista invece lo ha e confida in lui come suo «aiutante» (‘ōzēr). Stiamo davanti a un altro attributo divino.

v. 7. «Fa' ricadere il male...»: è l'appello imprecatorio secondo la legge del taglione (Dt 19,16-19), con il quale l'orante, qui e altrove, manifesta la sua ansia di giustizia, immedesimandosi nella stessa ottica della giustizia divina, cfr. Abd 15; Sal 7,16-17; 9,16; 35,8; Pr 26,27. «nella tua fedeltà disperdili»: la dispersione invocata consiste nell'annientamento dei nemici.

v. 8. «Di tutto cuore ti offrirò un sacrificio..»: il salmista, sicuro dell'esaudimento, promette di ringraziare il Signore con un sacrificio «di tutto cuore» (alla lett. «spontaneo» nᵉdābâ), cioè fatto con piena libertà e gioia (cfr. Lv 7,16-17; 22,18-21). Questo sacrificio, non prescritto dalla legge, esprime meglio la sua gratitudine (cfr. Sal 51,14).

v. 9. «da ogni angoscia mi hai liberato...»: l'orante vive già nella fede e nella sicura speranza la liberazione ottenuta dal Signore. «e il mio occhio ha sfidato...»: alla lett. «e sui nemici ha guardato il mio occhio»»: cfr. Sal 37,34; 52,8; 59,11; 92,12; 112,8; 118,7). Con questa espressione stereotipata il salmista gusta già il trionfo ottenuto per intervento di Dio sui nemici, che egli vede ora come prostrati ai suoi piedi.

Nel NT il v. 8 è riferito al sacrificio “spontaneo” di Cristo e trova risonanza in Eb 10,9; Gv 10,18

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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LA CONDOTTA DEI MALVAGI 1 Al maestro del coro. Su “Macalàt”. Maskil. Di Davide.

2 Lo stolto pensa: “Dio non c'è”. Sono corrotti, fanno cose abominevoli: non c'è chi agisca bene.

3 Dio dal cielo si china sui figli dell'uomo per vedere se c'è un uomo saggio, uno che cerchi Dio.

4 Sono tutti traviati, tutti corrotti; non c'è chi agisca bene, neppure uno.

5 Non impareranno dunque tutti i malfattori che divorano il mio popolo come il pane e non invocano Dio?

6 Ecco, hanno tremato di spavento là dove non c'era da tremare. Sì, Dio ha disperso le ossa degli aggressori, sono confusi perché Dio li ha respinti.

7 Chi manderà da Sion la salvezza d'Israele? Quando Dio ristabilirà la sorte del suo popolo, esulterà Giacobbe e gioirà Israele.

_________________ Note

53,1 Simile al Sal 14, dal quale differisce per qualche variante (vedi il v. 6 e 14,5-6 ), questa composizione di stile sapienziale ripropone la condanna che Dio riserva a chi pensa di sottrarsi alla sua presenza per compiere il male e agire con perfidia.

53,1 Macalàt: termine che ricorre anche in Sal 88,1; potrebbe indicare la tonalità di una melodia particolare (in Gen 28,9 compare come nome di persona).

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Approfondimenti

Dio c'è: difende i giusti e condanna i corrotti Salmo di requisitoria

Questo salmo è quasi sostanzialmente identico al Sal 14, che oggi si ritiene essere più antico. Si dice generalmente che il Salmo 53 sia la versione “Elohista” del Sal 14 “Jahvista”. Ma si tratta probabilmente secondo molti studiosi di due recensioni dello stesso salmo, di cui non si conosce il testo originario. Per qualcuno, il Sal 53 sarebbe l'edizione “settentrionale” (regno del Nord), mentre il Sal 14 quella “meridionale” (regno del Sud).

La differenza maggiore, oltre quella del titolo tra i due salmi, sta nell'oracolo centrale che essi contengono. Nell'oracolo di Sal 14, 5-6 sembra che Dio si preoccupi più del povero. Egli infatti provvede a proteggerlo, dimostrando così che veramente esiste, in risposta allo stolto del v. 1. Nel Sal 53, 6 invece Dio dimostra il suo “esserci per..” con la certezza del suo inappellabile giudizio contro gli empi.

Un'altra piccola differenza sta nei versetti finali dei due rispettivi salmi. Nel Sal 14,7 si parla di «salvezza» (yᵉšû‘āh) al singolare, mentre nel Sal 53,7 c'è «salvezze» (yᵉšû‘ôt) al plurale, significandovi vari “gesti di salvezza” così come in Gdc 5, 11 si trova «giustizie» (ṣidqôt) che indica gli atti concreti di giustizia. Per il commento vedi Sal 14.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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LA SORTE DEL PREPOTENTE 1 Al maestro del coro. Maskil. Di Davide. 2 Quando l'idumeo Doeg andò da Saul per informarlo e dirgli: “Davide è entrato in casa di Achimèlec”.

3 Perché ti vanti del male, o prepotente? Dio è fedele ogni giorno.

4 Tu escogiti insidie; la tua lingua è come lama affilata, o artefice d'inganni!

5 Tu ami il male invece del bene, la menzogna invece della giustizia.

6 Tu ami ogni parola che distrugge, o lingua d'inganno.

7 Perciò Dio ti demolirà per sempre, ti spezzerà e ti strapperà dalla tenda e ti sradicherà dalla terra dei viventi.

8 I giusti vedranno e avranno timore e di lui rideranno:

9 “Ecco l'uomo che non ha posto Dio come sua fortezza, ma ha confidato nella sua grande ricchezza e si è fatto forte delle sue insidie”.

10 Ma io, come olivo verdeggiante nella casa di Dio, confido nella fedeltà di Dio in eterno e per sempre.

11 Voglio renderti grazie in eterno per quanto hai operato; spero nel tuo nome, perché è buono, davanti ai tuoi fedeli.

_________________ Note

52,1 Lo sfondo di questa requisitoria, caratteristico della letteratura sapienziale, è l’opposizione tra l’agire del malvagio, che porta alla condanna e alla morte, e l’agire del giusto, che conduce alla pace, alla serenità e alla gioia.

52,2 L’episodio è narrato in 1Sam 21,8; 22,6-23.

52,7 La tenda può essere intesa come il recinto del tempio o come la dimora terrena dell’uomo.

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Approfondimenti

Rimprovero all'uomo menzognero Salmo di requisitoria (+ motivi di lamentazione, sapienziali e liturgici)

Riecheggia il Sal 1 per la contrapposizione tra il malvagio e il giusto. Il malvagio è rimproverato per il suo cattivo uso della lingua che ordisce inganni e iniquità ai danni del giusto. Alla base del salmo è supposta la dottrina della retribuzione terrena. Lo stile è vivace, e sarcastico, simile a quello dei profeti dell'immediato pre-esilio. L'autore adopera il parallelismo sintetico e climatico (progressivo). Il metro nel TM è quello della qînâ (3 + 2 accenti). La simbologia è spazio-temporale, giudiziale, militare, agricola e liturgica.

Divisione:

  • vv. 3-6: requisitoria contro l'empio;
  • vv. 7-9: Dio e i giusti contro l'empio;
  • vv. 10-11: descrizione dell'orante fedele (= il giusto).

v. 4. «come lama affilata...»: la simbologia è militare. Per l'immagine della lingua, come lama di una spada o di un rasoio, vista come strumento di male cfr. Is 7,20; Ger 9,2.7; 36,23; Ez 5,1; Sal 7,13; 9-10,28; 35,20; 55,22; 57,5; 64,4.

v. 7. «ti demolirà... ti spezzerà e ti strapperà... ti sradicherà..»: la sequenza di quattro verbi che indicano distruzione dà vigore alla punizione divina, davvero radicale.

v. 8. «di lui rideranno»: per una simile reazione davanti alla giusta punizione di Dio dell'empio insolente, cfr. Sal 2,4-5; 37,13.

v. 10. «come olivo verdeggiante nella casa di Dio.». l'olivo, con l'olio che ne deriva, è segno di vita e di abbondanza. Il salmista stando nel tempio attingerà dal Signore la sua vita in pienezza e crescerà lussureggiante come un olivo, cfr. Ger 11,16; Os 14,7; Sal 128,3; Gb 15,33. Nel Sal 92, 13 il giusto è paragonato a una palma e a un cedro del Libano...

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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SALMO DI PENTIMENTO 1 Al maestro del coro. Salmo. Di Davide. 2 Quando il profeta Natan andò da lui, che era andato con Betsabea.

3 Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità.

4 Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro.

5 Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi.

6 Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto: così sei giusto nella tua sentenza, sei retto nel tuo giudizio.

7 Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre.

8 Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza.

9 Aspergimi con rami d'issòpo e sarò puro; lavami e sarò più bianco della neve.

10 Fammi sentire gioia e letizia: esulteranno le ossa che hai spezzato.

11 Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe.

12 Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo.

13 Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito.

14 Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso.

15 Insegnerò ai ribelli le tue vie e i peccatori a te ritorneranno.

16 Liberami dal sangue, o Dio, Dio mia salvezza: la mia lingua esalterà la tua giustizia.

17 Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode.

18 Tu non gradisci il sacrificio; se offro olocausti, tu non li accetti.

19 Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi.

20 Nella tua bontà fa' grazia a Sion, ricostruisci le mura di Gerusalemme.

21 Allora gradirai i sacrifici legittimi, l'olocausto e l'intera oblazione; allora immoleranno vittime sopra il tuo altare.

_________________ Note

51,1 Grande supplica a Dio per il perdono, che la tradizione cristiana colloca tra i sette “salmi penitenziali” (vedi Sal 6). Ha il suo contesto nella liturgia penitenziale, celebrata nel tempio, che consisteva in accusa dei peccati, richiesta di perdono e offerta di un sacrificio di ringraziamento. Il titolo posto all’inizio (v. 1) attribuisce questo salmo al re Davide, pentito per aver peccato con Betsabea (2Sam 11-12), ma la sua composizione è forse da collocare in epoca più tardiva (forse nel VI sec.). I vv. 20-21 costituiscono probabilmente un’aggiunta posteriore, ambientata nel contesto della ricostruzione di Gerusalemme e del suo tempio, dopo l’esilio babilonese.

51,7 nella colpa io sono nato: allusione alla generale corruzione dell’uomo (vedi anche Gb 14,4).

51,9 issòpo: pianta aromatica, veniva usata per le aspersioni nei riti di purificazione.

51,16 sangue: designa qui ogni genere di violenza, ma anche delitto e morte.

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Approfondimenti

Dio perdona e ricrea l’uomo pentito Supplica individuale

Il Sal 51 è il più conosciuto e più vibrante dei sette salmi penitenziali. Tocca le corde più intime dell'uomo scoprendolo nella sua fragilità, e sulla scia della religione interiore dei profeti (cfr. Geremia, Ezechiele) raggiunge le sfere più alte della rivelazione dell'AT. Per alcuni, al posto che occupa attualmente nel Salterio, costituisce il secondo atto di una liturgia penitenziale (confessione della colpa e richiesta di perdono), mentre il Sal 50, che lo precede, fa da primo momento (l'accusa). L'intera liturgia penitenziale, inoltre, potrebbe essere completata da un oracolo di assoluzione come quello di Ez 36,25-28.

Una lettura postuma attualizzante ha attribuito questo salmo al peccato di Davide e alla sua confessione (v. 2). La simbologia ricorrente nel carme è quella del peccato, catartica, spaziale, somatica e liturgica. Il carme mostra nella stesura ultima di aver subito l'influsso determinante del profetismo, specialmente di Geremia e di Ezechiele. A livello di struttura originaria il salmo termina con il v. 19, che è chiaramente un versetto di sintesi, tipico di una finale, e avente in sé cinque delle sette parole, di cui è composto, ricorrenti nel corpo. Perciò i vv. 20-21 risultano, anche per questo, chiaramente un'aggiunta, oltre che per il contenuto che rispecchia la situazione del postesilio.

Il carme, in cui si contano ben 17 imperativi rivolti a Dio, mostra alcune somiglianze con i Sal 6; 32; 38; 40; 130, ma anche delle caratteristiche proprie che lo distinguono. Se, per esempio, il Sal 32 riguarda la teologia del peccato, il Sal 51 riguarda la teologia del peccatore, perché mira di più al cuore, all'intimo, alla sua angoscia mortale, insieme alla sua volontà di rinnovarsi nella grazia.

Le qualità letterarie e poetiche del carme sono generalmente discrete, dato che il contenuto ha preso il sopravvento sul vigore delle espressioni.

Il salmo si divide tematicamente in due grandi parti: vv. 3-11 (regno del peccato) e vv. 12-19 (regno della grazia).

I vv. 3-11, racchiusi da un'inclusione, sono a struttura concentrica avente per centro il v. 6b (Dio «giusto» e giudice). Vi si incontra per sei volte la radice verbale ḥṭh (peccare) nei vv. 4.5.6.7.9.11, e altre sei volte vocaboli sinonimi di «peccato», come peša‘, ra‘, ‘āwôn nei vv. 3.45.6.7.11. Così il simbolismo numerico del numero «6» (= imperfezione) e del numero «12» (6 + 6) (= pienezza) indica una totalità, una pienezza di imperfezione. Il peccato quindi è visto come presenza ossessiva che travolge l'uomo nel profondo del suo essere.

La seconda parte è introdotta dal v. 12 che segna una forte cesura con la precedente, introducendo il verbo «creare» (br‘). I vv. 12-19 sono costituiti da due microunità, di cui l'una è data dai vv. 12-14 e l'altra dai vv. 15-19. A queste due parti si aggiunge l'attualizzazione finale liturgica post-esilica dei vv. 20-21.

Divisione:

  • vv. 3-11 (I parte): regno del peccato;
  • vv. 12-12 (Il parte): regno della grazia;
  • vv. 20-21: aggiunta liturgica nazionale.

vv. 3-11. Questa parte si può suddividere in:

  • vv. 3-4: appello di purificazione;
  • vv. 5-8: motivazione dell'appello: riconoscimento dei peccati;
  • vv. 9-11: supplica di purificazione.

v. 3. «Pietà di me...»: è il primo grido di aiuto, espressione dell'angoscia del cuore umano. Così iniziano anche i Sal 56; 57. «secondo la tua misericordia»: la richiesta del perdono si basa sull'immagine di Dio misericordioso, cfr. Es 34,6-7. «Misericordia» (ḥesed) è uno dei vocaboli fondamentali dell'alleanza. «nella tua grande bontà»: la voce «bontà» (raḥamîm) richiama le «viscere» materne, simbolo di amore istintivo e totale. Il vocabolo in Es 34,6 e in molti salmi sta accanto a ḥesed. È un antropomorfismo molto ardito che unito a quello paterno di Os 11,1.4 getta luce sull'amore tenero, ma anche forte e appassionato, di Dio. «cancella»: il verbo ebraico mḥh (cancellare), qui adoperato, indica sia «cancellazione» materiale di uno scritto giudiziario o commerciale (Es 32,32-33; Nm 5,23), sia cancellazione ideale di un nome (Es 17,14; Dt 9,14); cfr. Is 43,25; 44,22. «il mio peccato»: il vocabolo ebraico peša‘ sottintende l'immagine di ribellione di un vassallo nei riguardi del suo sovrano (cfr. 2Re 3,4-5), perciò indica rivolta dell'uomo contro Dio (Ger 3,20; Is 1,20; 50,5).

v. 4. «colpe»: «colpa» (‘āwôn) dal verbo ‘wh (=torcere) indica una deviazione tortuosa, anzi in senso opposto alla meta, un'inversione da ciò che è bene. Perciò la conversione è descritta come un «ritornare indietro» (šwb). «mondami»: il verbo ṭhr (= mondare) sottintende l'immagine di splendore ecclissato dallo sporco e reso di nuovo tale con una pulizia fisica (Ml 3,3a). «dal mio peccato»: la voce «peccato» (ḥaṭṭā’t) dal verbo ḥt’ (= sbagliarsi) significa «mancare il bersaglio» (cfr. Gdc 20,16) e in senso traslato «trasgredire, andare fuori strada» (cfr. Prv 19,2), un «errare» dell’uomo lontano da Dio.

v. 5. «Riconosco la mia colpa»: lett. «Perché le mie trasgressioni io riconosco». È la motivazione della richiesta di perdono dei vv. 3-4. Il riconoscimento leale e sincero dei propri peccati e la condizione previa per ottenere il perdono. «il mio peccato mi sta sempre dinanzi»: cfr. Sal 38,18. Il peccato è personalizzato. Esso è il vero nemico del salmista. Lo tiene in assedio (ctr. Sal 17,11-12; 22,13-14). A differenza delle altre “Suppliche individuali”, ove i nemici sono personaggi esterni o le stesse malattie, qui il peccato è un nemico interno all'uomo.

v. 6. «Contro di te, contro te solo...»: si ribadisce con insistenza che il peccato è in fondo sempre contro Dio, anche quando immediatamente ha per oggetto il prossimo. «perciò sei giusto quando parli...»: il salmista riconosce onestamente la giustizia di Dio quando emette la sua sentenza e quindi castiga (cfr. Ez 28,22; Sir 36,4). Riconosce che se Dio lo punisce per i suoi peccati agisce secondo giustizia, ma spera di essere perdonato per la sua misericordia.

v. 7. «Ecco, nella colpa..»: attraverso il merismo della concezione e della nascita si esprime l'intera esistenza che da esse scaturisce come da una sorgente. Il salmista così vuole esprimere la radicalità della condizione di peccato nell'uomo. Esso è come un suo fedele compagno di viaggio. Lo segue dalla concezione fino all'ultimo respiro. Più che come attenuante il versetto è da vedersi come presa d'atto della propria fragilità, che fa aumentare la fiducia nel perdono, cfr. Sal 22. È da escludersi nettamente, perché estranea alla Bibbia, la concezione della peccaminosità legata al processo della generazione.

v. 8. «Ma tu vuoi la sincerità del cuore..»: alla lett. «Ecco sincerità vuoi nell'intimo». Il versetto, di afflato sapienziale, inizia come il precedente con «Ecco» (hēn) e ribadisce e ne sviluppa il pensiero. Si sottolinea che la «verità» profonda, totale, sulla propria colpevolezza e peccaminosità, come l'ha espressa il salmista, è gradita al Signore ed è dono della sapienza di Dio.

v. 9. «issopo»: pianta aromatica usata dagli Ebrei per i riti di purificazione (Lv 14,4.6: caso di lebbra) e generalmente nei sacrifici espiatori (Nm 19,6.18). Esso è connesso in particolare con il rito dell'agnello pasquale (Es 12,22) e con l'alleanza del Sinai (Es 24,8). L'issopo è un simbolo catartico anche nella cultura antica extrabiblica. «più bianco della neve»: cfr. Is 1,18. La metafora della neve è suggestiva per l'abitante della Palestina, che immesso in un panorama torrido e brullo e per di più accecato dal sole, ammira estasiato la neve del Monte Ermon, del Libano e quella che d'inverno cade a volte anche a Gerusalemme. Spesso l'immagine è usata nella Bibbia simbolicamente per il suo candore e le sue qualità, cfr. Sal 147,16; Sir 43,18.

v. 10. «Fammi sentire gioia e letizia...»: si accenna al giubilo (tᵉrû‘â). Il versetto anticipa la seconda parte del salmo, gli effetti del perdono, il regno della grazia. «esulteranno le ossa..»: l'immagine è segno della gioia profonda che coinvolgerà la persona fin nel suo intimo, fin nel profondo delle ossa (cfr. Is 66,14).  v. 11. «Distogli lo sguardo...»: con un forte antropomorfismo il salmista chiede al Signore di allontanare il suo sguardo indagatore e punitivo da tutti i suoi peccati (cfr. Sal 11,4; 14,2; 33,13-15; 53,3; 139). Il volto e lo sguardo di Dio sono considerati sia fonte di collera e di terrore (come qui e Sal 38,2; 90,8), sia fonte di pace e di gioia (Sal 13,2). Nel testo ebraico il versetto è costruito chiasticamente.

v. 12. «Crea»: è usato qui il verbo tecnico «creare» (br’) adoperato nella Bibbia per la creazione, che ha come soggetto sempre Dio (Gn 1,1; Is 48,7; Sal 104,30; 148,5; ecc.). Il salmista chiede al Signore di purificarlo, facendolo diventare nuova creatura, con una trasformazione profonda del cuore e con uno “spirito” saldo, perseverante nel bene e che lo tenga lontano da future cadute, stretto e saldo a lui e fedele alla sua alleanza (Sal 143,10). «cuore... spirito»: questi elementi appartengono alla categoria della nuova alleanza (Ger 24,7; 31,33; 32,39; Ez 36,25-27).

v. 13. «Non respingermi dalla tua presenza»: non si tratta di contraddizione rispetto al v. 11. Lì il salmista supplica il Signore di non guardare i suoi peccati, qui di non allontanarlo. Dio è supplicato di stare lontano dal peccato, ma vicino al peccatore! Lì teme la giustizia divina, qui desidera la sua misericordia. «tuo santo spirito»: lo spirito di Dio è spirito di santità, di separazione da tutto ciò che è profano. Come l'uomo ricevette l'alito, soffio di vita (Gn 2,7; 7,22; Nm 27,16), così il salmista chiede a Dio di conservargli questo respiro (spirito) che lo faccia vivere nell'ambito della sua santità. «non privarmi»: l'aggiunta dell'aggettivo «santo» a «spirito» suppone che l'orante lo possiede e che lo può perdere, perciò non si tratta del puro vivere o esistere, ma di qualcosa in più, di un dono di Dio, che fa vivere in un modo particolare. Lo stesso concetto è indicato con altre espressioni simili come «respingere dal suo volto» (Sal 27,9; 71,9; Is 59,2; Ger 7,15; Gb 3,4).

v. 14. «uno spirito saldo»: alla lettera «uno spirito di generosità» (rûaḥ nᵉdîbāh). Si tratta dello spirito di iniziativa, di dinamismo nuovo, di impulso interiore, che spinge a compiere con generosità e non per forza le azioni di salvato, che il cuore e la mente suggeriscono. L'espressione ricorre in Sal 143,10, ove, quasi personificato, lo spirito accompagna il convertito a essere retto e docile al divino volere.

v. 15. «Insegnerò...»: è la promessa dell'impegno dell'orante, come di regola nel finale delle “Suppliche”. L'impegno del fedele è in primo luogo di carattere missionario. Il salmista, che ha sperimentato l'amore misericordioso di Dio, si trasforma in testimone di amore per la conversione dei peccatori a Dio, insegnando i suoi comandamenti, quella sapienza che gli è stata conculcata.

v. 16. «Liberami dal sangue»: alla lett. «Liberami dai sangui! (pl.)». Le interpretazioni sono diverse. Non si tratta qui di “liberare/prevenire dal commettere” qualcosa, ma di “liberare da.../perdonare” il peccato già commesso. Qui è usata la voce «sangue» al plurale (dammîm) che significa in senso proprio omicidio e in senso lato ogni genere di violenza. Nell'interpretazione davidica del salmo (cfr. titolo) si fa riferimento all'omicidio di Uria (2Sam 12,9.13) e alla pena che comportava. Davide chiede allora di esserne liberato. Alcuni pensano all'idea di morte connessa al «sangue» (cfr. Sal 30,10; Gb 16,18; Prv 1,18). Nel caso, il salmista chiede la salvezza dalla morte prematura, segno della giustizia retributiva di Dio per il peccato, e chiede il perdono e la liberazione secondo lo stile delle “Suppliche” (cfr. 6,5; 13,4; 22,21; 30,10; 94,17; 115,17). Più probabilmente, con questo appello, il salmista chiede per l'ultima volta di essere perdonato dal suo peccato e dalle conseguenze, che comportano una morte spirituale che precede la morte fisica, e tra di esse l'esclusione dalla lode comunitaria, perché nel regno dei morti non si può lodare Dio (Sal 6,6; 88,11-13; Is 38,18; Bar 2,17; Sir 17,22). Egli invece vuole «esaltare la giustizia di Dio» in questa vita.

vv. 18-19. «poiché non gradisci il sacrificio…» la lode, alla fine delle “Suppliche”, si trasforma in ringraziamento, ma l'orante in questi versetti non intende offrire un sacrificio cruento rituale di ringraziamento (che giudica non gradito al Signore: cfr. Sal 50,8-13), ma, nella scia dei profeti (Is 56,2.4), il suo «spirito contrito» e il suo «cuore affranto e umiliato».

vv. 20-21. Questi versetti sono attualizzazione del carme. Aggiunti alla fine dell'esilio o poco dopo il ritorno, applicano a tutta la nazione la situazione del salmo. L'esilio è visto come tempo di penitenza del popolo d'Israele dal «cuore pentito». Scontato perciò il peccato, ora, dopo il ritorno, può riprendere il culto a Dio in Sion, con il tempio e la città ricostruita, secondo lo spirito della profezia (Sal 102,14; 147,2; Ger 31,38; Is 26,1; 33,20; 62,6).L'allusione alle mura fa pensare all'epoca di Neemia (cfr. Ne 2, 17-20).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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IL VERO CULTO 1 Salmo. Di Asaf.

Parla il Signore, Dio degli dèi, convoca la terra da oriente a occidente.

2 Da Sion, bellezza perfetta, Dio risplende.

3 Viene il nostro Dio e non sta in silenzio; davanti a lui un fuoco divorante, intorno a lui si scatena la tempesta.

4 Convoca il cielo dall'alto e la terra per giudicare il suo popolo:

5 “Davanti a me riunite i miei fedeli, che hanno stabilito con me l'alleanza offrendo un sacrificio”.

6 I cieli annunciano la sua giustizia: è Dio che giudica.

7 “Ascolta, popolo mio, voglio parlare, testimonierò contro di te, Israele! Io sono Dio, il tuo Dio!

8 Non ti rimprovero per i tuoi sacrifici, i tuoi olocausti mi stanno sempre davanti.

9 Non prenderò vitelli dalla tua casa né capri dai tuoi ovili.

10 Sono mie tutte le bestie della foresta, animali a migliaia sui monti.

11 Conosco tutti gli uccelli del cielo, è mio ciò che si muove nella campagna.

12 Se avessi fame, non te lo direi: mio è il mondo e quanto contiene.

13 Mangerò forse la carne dei tori? Berrò forse il sangue dei capri?

14 Offri a Dio come sacrificio la lode e sciogli all'Altissimo i tuoi voti;

15 invocami nel giorno dell'angoscia: ti libererò e tu mi darai gloria”.

16 Al malvagio Dio dice: “Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanza,

17 tu che hai in odio la disciplina e le mie parole ti getti alle spalle?

18 Se vedi un ladro, corri con lui e degli adùlteri ti fai compagno.

19 Abbandoni la tua bocca al male e la tua lingua trama inganni.

20 Ti siedi, parli contro il tuo fratello, getti fango contro il figlio di tua madre.

21 Hai fatto questo e io dovrei tacere? Forse credevi che io fossi come te! Ti rimprovero: pongo davanti a te la mia accusa.

22 Capite questo, voi che dimenticate Dio, perché non vi afferri per sbranarvi e nessuno vi salvi.

23 Chi offre la lode in sacrificio, questi mi onora; a chi cammina per la retta via mostrerò la salvezza di Dio”.

_________________ Note

50,1 Concepito come un giudizio che Dio pronuncia contro il suo popolo, il Sal 50 fa eco al richiamo dei profeti a ricercare il vero culto gradito al Signore. Vengono elencati i diversi sacrifici, con i molti animali offerti dal popolo durante il culto. Dio non ha bisogno di nutrirsi (come era convinzione diffusa presso gli antichi nei confronti delle loro divinità), ma desidera un culto che trasformi il comportamento dell’uomo.

50,1 Asaf: era uno dei capi cantori del tempio di Gerusalemme (1Cr 16,5).

50,8 olocausti: sacrifici in cui la vittima veniva completamente bruciata dal fuoco.

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Approfondimenti

Il culto interiore e la carità Salmo di requisitoria

Il salmo risente della polemica antiritualista dei profeti riformatori dell'VIII sec. a.C. (Amos, Osea, Isaia, Michea). Il messaggio di questo salmo sarà più sviluppato nel Sal 51, di cui sembra essere il primo momento di una grande liturgia penitenziale, ma cfr. anche i Sal 15; 26; 40. Strutturalmente il carme si basa sulla requisitoria profetica (rîb) (cfr. Is 3,13-15; 5,3-4; Os 4, Mic 6, 1-8). La cornice è liturgica (cfr. vv. 1-6). Il metro nel TM è di 3 + 3 accenti in distici appaiati. La simbologia è liturgica, giuridico-processuale, morale, spaziale (cosmica), oracolare, antropomorfica.

Divisione:

  • vv. 1-6: teofania;
  • vv. 7-23: requisitoria.

vv. 1-6. Come una volta sul Monte Sinai (Es 19,16-19; 24,15-17), così ora il Signore nel tempio, in una teofania dallo scenario grandioso come allora, convocando cielo e terra come testimoni (v. 4) (cfr. Is 1,2; Mic 1,2), vuole giudicare (v. 6) il suo popolo unito a lui con il patto di alleanza (v. 5).

v. 1. «Dio degli dei»; è un titolo arcaizzante di Dio con valore di superlativo. È conosciuto a Ugarit.

v. 6. «Il cielo annunzi la sua giustizia..»: il cielo, personificato, è incaricato di annunziare già in anticipo la giustizia di Dio, la sua fedeltà all'alleanza e la legittimità di intentare il processo contro il suo popolo. Egli presenta quindi anche Dio stesso che come giudice entra in tribunale.

vv. 7-23. Requisitoria che si divide in due momenti: vv. 7-15 e 16-23. Nel primo (vv. 7-15) Dio contesta al suo popolo l'inutilità dei sacrifici e nel secondo (vv. 16-23) la violazione del suo decalogo.

v. 7. «Io sono Dio, il tuo Dio»: è l'autopresentazione di Dio con cui inizia il decalogo (cfr. Es 20,2; Dt 5,6) e ritorna spesso nella Bibbia (cfr. Lv 19,2.3.4; Sal 81,11). È chiamata “formula dell'alleanza”.

v. 9. «Non prenderò..»: cfr. Is 1,11-17; Ger 6,20; 7,21-22; Os 6,6; Am 5,21-27; Mic 6,6-8. Non si esprime qui il rigetto assoluto degli atti di culto, ma di quelli senz'anima, frutto solo di ipocrisia e non sostenuti dalla vita intemerata.

v. 14. «Offri a Dio un sacrificio di lode..»: è il sacrifico di ringraziamento (tôdâ), che comportava anche un banchetto sacro offerto a Dio e ai fratelli (Lv 7,12-15). Non si tratta della scelta di un tipo di sacrificio al posto di un altro, ma di un sacrificio sostenuto dalla pratica dei comandamenti (= retta via) (v. 23).

vv. 18-20. «Se vedi un ladro...»: si enumerano solo tre comandamenti a mo' di esempio, cfr. Ger 7,9; Os 4,2.

v. 21. «credevi ch'io fossi come te!»: Dio mette in guardia contro la tentazione dell'uomo di fabbricarsi un “dio” a modo suo, compiacente e addirittura complice del male.

v. 23. «Chi offre un sacrifico di lode...»: Dio mostra la sua salvezza a chi autentica il sacrificio di ringraziamento e di lode con la retta condotta di vita (cfr. Sal 51,18-19; Dn 3,39-40).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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LA RICCHEZZA NON PRESERVA DALLA MORTE 1 Al maestro del coro. Dei figli di Core. Salmo.

2 Ascoltate questo, popoli tutti, porgete l'orecchio, voi tutti abitanti del mondo,

3 voi, gente del popolo e nobili, ricchi e poveri insieme.

4 La mia bocca dice cose sapienti, il mio cuore medita con discernimento.

5 Porgerò l'orecchio a un proverbio, esporrò sulla cetra il mio enigma.

6 Perché dovrò temere nei giorni del male, quando mi circonda la malizia di quelli che mi fanno inciampare?

7 Essi confidano nella loro forza, si vantano della loro grande ricchezza.

8 Certo, l'uomo non può riscattare se stesso né pagare a Dio il proprio prezzo.

9 Troppo caro sarebbe il riscatto di una vita: non sarà mai sufficiente

10 per vivere senza fine e non vedere la fossa.

11 Vedrai infatti morire i sapienti; periranno insieme lo stolto e l'insensato e lasceranno ad altri le loro ricchezze.

12 Il sepolcro sarà loro eterna dimora, loro tenda di generazione in generazione: eppure a terre hanno dato il proprio nome.

13 Ma nella prosperità l'uomo non dura: è simile alle bestie che muoiono.

14 Questa è la via di chi confida in se stesso, la fine di chi si compiace dei propri discorsi.

15 Come pecore sono destinati agli inferi, sarà loro pastore la morte; scenderanno a precipizio nel sepolcro, svanirà di loro ogni traccia, gli inferi saranno la loro dimora.

16 Certo, Dio riscatterà la mia vita, mi strapperà dalla mano degli inferi.

17 Non temere se un uomo arricchisce, se aumenta la gloria della sua casa.

18 Quando muore, infatti, con sé non porta nulla né scende con lui la sua gloria.

19 Anche se da vivo benediceva se stesso: “Si congratuleranno, perché ti è andata bene”,

20 andrà con la generazione dei suoi padri, che non vedranno mai più la luce.

21 Nella prosperità l'uomo non comprende, è simile alle bestie che muoiono.

_________________ Note

49,1 Sulla scia del Sal 37, questa meditazione si ispira alla riflessione sapienziale, che guida l’uomo a una più profonda conoscenza di sé e a una valutazione dei beni e delle ricchezze alla luce di Dio e della sua parola. Sullo sfondo sta la realtà della morte, che fa da severo ammonimento al ricco e al superbo, rendendo illusori il successo e la prosperità

49,15 inferi: il regno dei morti, l'ultima dimora dell'uomo. Vedi Sal 6,6 e nota relativa.

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Approfondimenti

Il Signore riscatta dalla morte Salmo sapienziale

Il salmo è simile per tema ai Sal 37 e 73. Il versetto-antifona che si ripete identico nei vv. 13 e 21 divide il salmo in due sezioni. Esso è strutturato chiasticamente secondo lo schema di A:B=B:A' (temere-šᵉôl=šᵉôl-temere). Il TM del salmo è abbastanza corrotto, ma non tale da comprometterne il senso. Il campo semantico simbolico è somatico, teriomorfo ed escatologico.

Divisione:

  • vv. 2-5: introduzione e autopresentazione del salmista;
  • vv. 6-12: I parte;
  • v. 13: ritornello-antifona;
  • vv. 14-20: II parte;
  • v. 21: ritornello-antifona.

v. 5. «porgerò l'orecchio..»: da chi ascolta l'orante il proverbio? È probabile che si voglia alludere al dono dell'ispirazione, dato che l'espressione ha spesso Dio come soggetto parlante (Sal 17,6; 31,3; 71,2; 86,1; 88,3; 102,3; 116,2). Il salmista ascolta, per poi “spiegare” sulla cetra, cioè attraverso un canto accompagnato dalla cetra com'e il salmo, le cose udite. «proverbio»: il termine classico (masal) sapienziale ha una vasta gamma di significati, come “aforisma, proverbio, massima...”, ma qui, supponendo come soggetto parlante Dio, si tratta probabilmente di un messaggio soprannaturale, di un vero e proprio oracolo. «sulla cetra»: l'accompagnamento dello strumento musicale quale la cetra richiama lo stile degli antichi rapsodi e suppone l'ambiente liturgico di destinazione del messaggio.

vv. 6-12. Prendendo spunto dalla sua esperienza personale, il salmista, che si vede circondato dalla malizia dei malvagi, esorta e incoraggia se stesso e gli altri, al pensiero che tutti moriranno (i malvagi, i sapienti, gli stolti e gli insensati), perché nessuno può comprarsi con il prezzo o il riscatto la vita senza fine (vv. 9-10). Questa parte si divide in: vv. 6-9, ove prevale il «temere» e in vv. 10-12, ove prevale l'immagine della morte (šᵉôl).

v. 8. «Nessuno può riscattare se stesso...»: è un'amara constatazione. Nessuno può pagare il prezzo del riscatto per sospendere o commutare la pena della morte, cui tutti sono condannati (Gn 3,19). Niente potrà bastare (v. 9). Sulla possibilità del «riscatto» nella Bibbia, cfr. Es 13,13-16; 21,30-31; 34,20; Nm 3,49; 18,15-17.

v. 13. Questo ritornello sottolinea amaramente la stoltezza di chi, abbagliato dalle ricchezze, non comprende questa verità: la morte è il destino dell'uomo come degli animali.

vv. 14-20. Si ribadisce la verità della morte dei vv. 10-13, descrivendola con altri dettagli, per poi di nuovo esortare a non temere l'ingiustizia; infatti la morte sarà uguale per tutti e chi muore «con sé non porta nulla» (v. 18). Tuttavia Dio può riscattare il giusto, come il salmista, e strapparlo dalle mani della morte (v. 16).

v. 15. «Come pecore sono avviate...»: il versetto è corrotto. La morte è vista personificata come un pastore che guida il gregge verso la tomba.

v. 16. «Ma Dio potrà riscattarmi..»: cfr. v. 8. Se l'uomo non può riscattarsi da se stesso dalla morte (vv. 8-10), lo può Dio per i suoi fedeli e per chi, come il salmista, spera in lui, cfr. Sal 16,9-10.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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IL MONTE SION, DIMORA DEL SIGNORE 1 Cantico. Salmo. Dei figli di Core.

2 Grande è il Signore e degno di ogni lode nella città del nostro Dio.

La tua santa montagna, 3altura stupenda, è la gioia di tutta la terra. Il monte Sion, vera dimora divina, è la capitale del grande re.

4 Dio nei suoi palazzi un baluardo si è dimostrato.

5 Ecco, i re si erano alleati, avanzavano insieme.

6 Essi hanno visto: atterriti, presi dal panico, sono fuggiti.

7 Là uno sgomento li ha colti, doglie come di partoriente,

8 simile al vento orientale, che squarcia le navi di Tarsis.

9 Come avevamo udito, così abbiamo visto nella città del Signore degli eserciti, nella città del nostro Dio; Dio l'ha fondata per sempre.

10 O Dio, meditiamo il tuo amore dentro il tuo tempio.

11 Come il tuo nome, o Dio, così la tua lode si estende sino all'estremità della terra; di giustizia è piena la tua destra.

12 Gioisca il monte Sion, esultino i villaggi di Giuda a causa dei tuoi giudizi.

13 Circondate Sion, giratele intorno, contate le sue torri,

14 osservate le sue mura, passate in rassegna le sue fortezze, per narrare alla generazione futura:

15 questo è Dio, il nostro Dio in eterno e per sempre; egli è colui che ci guida in ogni tempo.

_________________ Note

48,1 Questo secondo “canto di Sion” prosegue idealmente la celebrazione della città santa, appena uscita vittoriosa da un pericolo mortale. La bellezza di questo canto scaturisce dalla sovrapposizione di una “geografia spirituale” sulla semplice materialità degli elementi che compongono la città di Gerusalemme (vv. 12-15).

48,8 le navi di Tarsis: grandi navi che raggiungevano le regioni più lontane come Tarsis (località che tuttavia ci resta sconosciuta).

48,9 Signore degli eserciti: vedi nota a 24,10.

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Approfondimenti

Il monte di Sion, dimora di Dio Cantico di Sion

Lo sfondo tematico e teologico è lo stesso del Sal 46, sebbene lì ci sia più drammaticità e immaginazione, mentre qui più realismo e contemplazione della potenza di Dio e della bellezza del suo «monte Sion». Per l'interpretazione storica, l'opinione più seguita è la stessa del Sal 46: la campagna di Sennacherib del 701 e la successiva fuga precipitosa da Gerusalemme (cfr. 2Re 18,13-19,37; Is 31,4-9; 36,1-37,38). Fortemente liturgicizzato (v. 10-15), il salmo sfugge a ogni rigida collocazione (tra inno e rendimento di grazie), conservando la sua libertà e freschezza. Il metro nel TM è per lo più quello elegiaco (3 + 2 accenti), più confacente alla contemplazione. Il simbolismo spaziale è urbano e cosmico; quello militare è significato da vocaboli come «altura, baluardo, fortezza...» e dallo stesso appellativo di Dio chiamato «Signore degli eserciti» (v. 9) come nel Sal 46. In più, il nome di Dio è ripetuto molte volte: due come «Signore» JHWH), e otto come «Dio» o «Dio nostro». Tre concetti circolano nell'inno: quello della bellezza, della potenza militare e della giustizia. Il v. 9 fa da divisione e cerniera tra le due parti del salmo: quella storico-descrittiva (vv. 2-8) e quella liturgica (vv. 10-15). I vv. 2.9.15 fungono da antifone, legate da inclusioni date dall'espressione «città del nostro Dio» (vv. 2.9) e da «nostro Dio» (vv. 2.9.15). Il salmo strutturalmente è abbastanza simmetrico ed equilibrato nelle sue parti.

Divisione:

  • v. 2: professione di fede iniziale;
  • vv. 3-8: parte storico-descrittiva:
  • a) vv. 3-4: interno della città;
  • b) vv. 5-8: esterno della città;
  • v. 9: antifona centrale, conferma della professione di fede;
  • vv. 10-14: parte liturgica:
  • a') vv. 10-12: interno della città;
  • b') vv. 13-14: esterno della città;
  • v. 15: professione di fede finale.

v. 2. «Grande è il Signore»: il salmo inizia solennemente con l'aggettivo «grande» (gādôl) in stato enfatico; per l'espressione cfr. i Sal 96,4; 145,3. È una professione di fede nella grandezza di Dio, colta particolarmente nella presenza attiva e salvifica nella città di Gerusalemme.

v. 3. «gioia di tutta la terra»: è un'espressione indicante il superlativo, cfr. Sal 50,2; Is 60,15; 65,18; 66,10; Lam 2,15. «grande Sovrano» (melek rāb): cfr. Sal 47,3. Questo titolo era frequente nella corte celeste e terrestre. Se lo attribuivano i re assiro-babilonesi, persiani e la massima divinità del pantheon fenicio: Baal.

v. 7. «doglie come di partoriente»: c'è il simbolismo materno del parto, frequente in Geremia (cfr. Ger 4,31; 6,24; 13,21; 22,23; 30,6). L'immagine ricorre nella Bibbia come simbolo di dolori atroci e improvvisi (Es 15,14-15; Is 13,8; 21,3; 26,17; Mic 4,9).

v. 8. «vento orientale»: è il vento di Es 14,21 che squarcia il mare per far passare gli Israeliti in marcia verso la libertà. Esso nel cantico di vittoria di Es 15,10 è riferito al Signore ed è chiamato «tuo alito». «le navi di Tarsis»: sono le grandi navi fenicie capaci di navigare fino a Tarsis, città situata o sulle coste del Mediterraneo occidentale (Is 23,1; Ez 27,25) o tra il Golfo Arabico e l'Oceano Indiano (cfr. 1Re 10,22; 2Cr 9,21). Ma l' espressione è diventata usuale nella Bibbia per indicare navi di grande stazza.

v. 9. Si conferma la professione di fede del v. 2. «Come avevamo udito, così abbiamo visto»: i verbi “udire” “vedere” indicano l'atto di fede, che ha valore di “memoriale” nella Bibbia (cfr. Sal 44,2; 78,3-6; 102,19; Dt 29,21-28). La “grandezza” che Dio ha dimostrato nel passato con atti salvifici (cfr. Es 14) si è realizzata anche al presente.

v. 10. Ricordiamo»: il verbo ebraico usato dmh significa letteralmente «rendere simile, rappresentare, rendere visibile». Si esprime cosi l'efficacia dell'azione liturgica.

vv. 13-14. I vocaboli usati fanno pensare a una processione liturgica. Le opere di difesa, che l'orante invita a contemplare, sono il segno visibile della protezione divina e confermano la stabilità della città.

v. 15. «Questo è il Signore»: alla lett. «Perché questo...». L'espressione «nostro Dio» (’elōhênû) richiama l'alleanza (cfr. inclusione con il v. 2). Si professa inoltre l'eternità di Dio («in eterno, sempre»), e accanto al titolo di «grande Sovrano» (v. 3) si aggiunge anche quello più comune di pastore: «colui che ci guida» (cfr. Sal 23).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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