📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

Cautela verso i sogni 1Speranze vane e fallaci sono quelle dello stolto, e i sogni danno le ali a chi è privo di senno. 2Come uno che afferra le ombre e insegue il vento, così è per chi si appoggia sui sogni. 3Una cosa di fronte all'altra: tale è la visione dei sogni, di fronte a un volto l'immagine di un volto. 4Dall'impuro che cosa potrà uscire di puro? E dal falso che cosa potrà uscire di vero? 5Oracoli, presagi e sogni sono cose fatue, come vaneggia la mente di una donna che ha le doglie. 6Se non sono una visione inviata dall'Altissimo, non permettere che se ne occupi la tua mente. 7I sogni hanno indotto molti in errore, e andarono in rovina quelli che vi avevano sperato. 8La legge deve compiersi senza inganno, e la sapienza è perfetta sulla bocca di chi è fedele.

Utilità dei viaggi 9Chi ha viaggiato conosce molte cose, chi ha molta esperienza parla con intelligenza. 10Chi non ha avuto prove, poco conosce; 11chi ha viaggiato ha una grande accortezza. 12Ho visto molte cose nei miei viaggi, il mio sapere è più che le mie parole. 13Spesso ho corso pericoli mortali, ma mi sono salvato grazie alla mia esperienza. 14Lo spirito di quelli che temono il Signore vivrà⊥, 15perché la loro speranza è posta in colui che li salva⊥. 16Chi teme il Signore non ha paura di nulla e non si spaventa perché è lui la sua speranza. 17Beato colui che teme il Signore. 18A chi si appoggia? Chi è il suo sostegno? 19Gli occhi del Signore sono su quelli che lo amano; egli è protezione potente e sostegno vigoroso, riparo dal vento infuocato e dal sole meridiano, difesa contro gli ostacoli, soccorso nella caduta. 20Il Signore solleva l'anima e illumina gli occhi, concede guarigione, vita e benedizione.⊥

Il culto che Dio gradisce 21Sacrificare il frutto dell'ingiustizia è un'offerta da scherno 22e i doni dei malvagi non sono graditi. 23L'Altissimo non gradisce le offerte degli empi né perdona i peccati secondo il numero delle vittime. 24Sacrifica un figlio davanti al proprio padre chi offre un sacrificio con i beni dei poveri. 25Il pane dei bisognosi è la vita dei poveri, colui che glielo toglie è un sanguinario. 26Uccide il prossimo chi gli toglie il nutrimento, 27versa sangue chi rifiuta il salario all'operaio. 28Uno edifica e l'altro abbatte: che vantaggio ne ricavano, oltre la fatica? 29Uno prega e l'altro maledice: quale delle due voci ascolterà il Signore? 30Chi si purifica per un morto e lo tocca di nuovo, quale vantaggio ha nella sua abluzione? 31Così l'uomo che digiuna per i suoi peccati e poi va e li commette di nuovo: chi ascolterà la sua supplica? Quale vantaggio ha nell'essersi umiliato?

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Approfondimenti

vv. 1-20. La prima parte del brano condanna il ricorso ai sogni, considerati «ombre e vento» (vv. 1-8): Ben Sira appare più avanti rispetto alle idee correnti in materia. Per il sogno-incubo, cfr. 40,5. La seconda parte del brano esalta le conquiste dell'uomo che fa esperienze arricchenti viaggiando, ma mantenendosi nel timore di Dio (vv. 9-20). Il timbro è marcatamente autobiografico: presenta prima un profilo del saggio che «ha viaggiato» (per alcuni mss.: «è stato istruito») e si è arricchito con le cose viste (vv. 10-11) ed i pericoli scampati grazie al timore di Dio (vv. 12-13); segue, poi, la beatitudine di chi teme Dio (v. 14-20). È un macarismo nell'ottica della retribuzione terrena: Dio difende da rischi naturali noti all'uomo mediterraneo (vento e sole infuocati) e concede sanità, vita e benedizione (vv. 19-20). È il Dio “scudo” di Abramo (Gn 15,1) e del giusto perseguitato (Sal 22,20; Pr 2,7), di Israele (Dt 33,29) e di tutto il monte Sion (Is 4,6).

**vv. 34,21-35,13. I legami tra culto e morale, personale e sociale, fanno da filo conduttore del brano. Ben Sira cerca di unire osservanza fedele sia dei riti che della giustizia richiesta dalla legge: perciò condanna l'offerta di sacrifici che sono frutto di ingiustizia (vv. 21-27), e l'ipocrisia di abluzioni e digiuni che non segnano la conversione dal peccato (vv. 28-31). Insegna che l'osservanza della legge è la forma migliore di sacrificio e di adorazione (35, 1-5). Fornisce, quindi, indicazioni sul modo più pertinente di offrire sacrifici all'Altissimo (vv. 6-13), che non fa preferenze di persone e presta l'orecchio ai poveri (vv. 14-26). Il bersaglio critico di tutto il brano compare all'inizio: sono i «senza legge» (34,22: anomoi) e i «senza religiosità» (34,23: asebeis). Essi si comportano da assassini (cfr. Lv 19,13; Dt 24,14-15), quando offrono ciò che è stato sottratto o negato al povero (vv. 24-27; cfr. 2Re 25,6-7; Sal 5,7; Gc 5,4); da stolti, quando pensano che nei conflitti Dio possa schierarsi con altri se non col povero (vv. 28-29; cfr. 4,4.5.6); da ipocriti, quando fanno riti di purificazione (v. 30) e digiuni (v. 31) senza allontanarsi dal peccato(cfr. Nm 19,11; Is 58,3-7; 2Pt 2,20-22). Passando al positivo, Ben Sira indica le offerte gradite a Dio: l'osservanza della legge (35,1-2), la gratitudine e l'elemosina come espressione di carità (vv. 3-4) e il tenersi lontano dall'ingiustizia (v. 5: due volte apostēnai apo; Gb 28,28). Nel brano seguente (vv. 6-13) Ben Sira traccia un profilo completo di pio Ebreo, capace di integrare gli atti del culto nella vita morale e sociale: non si presenta “vuoto” davanti al Signore (v. 6), ma con offerte da giusto che arricchiscono l'altare (vv. 8-9), con occhio buono, generoso (vv. 10.12; cfr. 14,10a) e volto ilare (v. 11; cfr. 2Cor 9,7). La misura del suo donare è stabilita da quello che ha ricevuto dal Signore, il quale ripaga sette volte tanto (vv. 12-13). In questo modo Ben Sira richiama la lezione profetica sul legame culto-morale e prepara la novità di Gesù, per il quale non è più solo problema di coerenza morale. È problema teologico: lui, re e pastore universale, posto sul trono del Signore-Giudice, si rivela sorprendentemente unito ai piccoli e poveri della storia. Soccorrere loro è soccorrere-glorificare lui: «...l'avete fatto a me» (cfr. Mt 25,40s.).

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Il saggio e lo stolto 1Chi teme il Signore non incorre in alcun male, ma nella prova sarà ancora liberato. 2Un uomo saggio non detesta la legge, ma chi finge con essa è come nave in tempesta. 3L'uomo assennato ha fiducia nella legge, per lui è degna di fede come un oracolo. 4Prepara il tuo discorso e così sarai ascoltato, raccogli il tuo insegnamento e poi rispondi. 5Ruota di carro è il sentimento dello stolto, il suo ragionamento è come l'asse che gira. 6Un amico beffardo è come uno stallone, nitrisce sotto chiunque lo cavalca.

Dio dispone ogni cosa con sapienza 7Perché un giorno è più importante d'un altro, se tutta la luce dell'anno viene dal sole? 8È perché sono stati distinti nel pensiero del Signore, che ha diversificato le stagioni e le feste. 9Ha esaltato e santificato alcuni, altri li ha lasciati nel numero dei giorni ordinari. 10Anche gli uomini provengono tutti dalla polvere e dalla terra fu creato Adamo. 11Ma il Signore li ha distinti nella sua grande sapienza, ha diversificato le loro vie. 12Ha benedetto ed esaltato alcuni, altri ha santificato e avvicinato a sé; altri ha maledetto e umiliato e ha rovesciato dalle loro posizioni. 13Come argilla nelle mani del vasaio che la modella a suo piacimento, così gli uomini nelle mani di colui che li ha creati e li ricompensa secondo il suo giudizio. 14Di fronte al male c'è il bene, di fronte alla morte c'è la vita; così di fronte all'uomo pio c'è il peccatore. 15Considera perciò tutte le opere dell'Altissimo: a due a due, una di fronte all'altra.

16Anch'io, venuto per ultimo, mi sono tenuto desto, come uno che racimola dietro i vendemmiatori: 17con la benedizione del Signore sono giunto per primo, come un vendemmiatore ho riempito il tino. 18Badate che non ho faticato solo per me, ma per tutti quelli che ricercano l'istruzione. 19Ascoltatemi, o grandi del popolo, e voi che dirigete le assemblee, fate attenzione.

Come amministrare i propri beni 20Al figlio e alla moglie, al fratello e all'amico non dare un potere su di te finché sei in vita. Non dare ad altri le tue ricchezze, perché poi non ti penta e debba richiederle. 21Finché vivi e in te c'è respiro, non abbandonarti al potere di nessuno. 22È meglio che i figli chiedano a te, piuttosto che tu debba volgere lo sguardo alle loro mani. 23In tutte le tue opere mantieni la tua autorità e non macchiare la tua dignità. 24Quando finiranno i giorni della tua vita, al momento della morte, assegna la tua eredità.

Disposizioni per gli schiavi 25Foraggio, bastone e pesi per l'asino; pane, disciplina e lavoro per lo schiavo. 26Fa' lavorare il tuo servo e starai in pace, lasciagli libere le mani e cercherà la libertà. 27Giogo e redini piegano il collo⊥, per lo schiavo malvagio torture e castighi. 28Mettilo a lavorare perché non stia in ozio, 29perché l'ozio insegna molte cose cattive. 30Mettilo all'opera come gli conviene, e se non obbedisce, stringigli i ceppi. Ma non esagerare con nessuno e non fare nulla contro la giustizia. 31Se hai uno schiavo, sia come te stesso, perché l'hai acquistato a prezzo di sangue. Se hai uno schiavo, trattalo come un fratello, perché ne avrai bisogno come di te stesso. 32Se tu lo maltratti ed egli fuggirà, 33in quale strada andrai a ricercarlo?

_________________ Note

33,25-33 Queste rigide norme per gli schiavi, comprensibili in una società che legittimava socialmente e religiosamente la schiavitù, sembrano mitigate dalle raccomandazioni finali (vv. 30-33).

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Approfondimenti

vv. 7-18. All'insegnamento sulla teodicea (vv. 7-15), fa seguito una breve nota autobiografica (vv. 16-18). Dopo avere caratterizzato – da 32,14 in avanti – il pio e il saggio in contrasto con il cattivo e lo stolto, Ben Sira invita a considerare come Dio abbia fatto tutte le sue opere in coppia (v. 15). C'è polarità tra bene e male, morte e vita, pio e peccatore (v. 14). Nell'ebraico e nel siriaco figura anche il contrasto tra luce e tenebre, ben noto anche a Qumran e negli apocrifi. Ben Sira fa risalire a Dio non solo la comune provenienza degli uomini («tutti dalla polve-re»: v. 10), ma anche la diversità di elezione e missione tra loro («alcuni li ha benedetti ed esaltati, altri li ha maledetti ed umiliati... scacciati», v. 12). Allusione agli Ebrei da un lato, a Greci e Cananei dall'altro. È Dio che ha agito sovranamente, come il vasaio con la creta (v. 13; cfr. Is 45,9; 64,7; Ger 18,1-6; 19,1-13; Sap 12,12). In questo Ben Sira vede l'armonia del creato e la propone in un contesto pluralistico, con intenti apologetici: difendere l'elezione divina di Israele contro gli Ebrei ellenizzati che la mettevano in discussione. Per far questo parte da un argomento dell'esperienza quotidiana: l'uguaglianza ed insieme la diversità dei giorni nel calendario religioso (vv. 7-9). Nella nota autobiografica (vv. 16-18; cfr. 39,12-13; 51,13-28 ed anche il Prologo) si fondono umiltà e fierezza: partito come colui che raccoglie i racemi dopo la vendemmia (cfr. Dt 24,21), Ben Sira è riuscito ugualmente a riempire il tino come un vero vendemmiatore (v. 17). Ne è fiero: la sua fatica sarà utile per quanti cercano la disciplina (v. 18; cfr. 24,34). Un monito polemico contro chi si è allontanato dal giudaismo.

vv. 19-24. Il brano difende il ruolo dell'adulto maschio in famiglia. Sembra escludere la pratica del testamento (v. 24). Dopo un invito all'ascolto, rivolto ai capi del popolo e delle sinagoghe, ed articolato con un andamento chiastico (v. 19), Ben Sira dà consigli su come comportarsi in casa con la moglie ed il figlio, con il fratello e l'amico. Non deve cedere il potere personale, sociale ed economico prima del giorno della morte (vv. 21.24). Sono escluse concessioni di ogni tipo, per non doversi pentire dopo e per rimanere superiore a tutto e non offuscare la propria fama (v. 23b).

vv. 25-33. Attento alle istituzioni socialmente rilevanti, Ben Sira si occupa anche di schiavi, con l'ottica propria del suo tempo. Lo schiavo, paragonato a un asino da soma (v. 25), ha bisogno di lavoro e di punizioni (cfr. Pr 26,3; 29,19), perfino di ceppi (v. 30b). Bisogna combattere l'ozio (vv. 28-29), causa di molti mali. Uno schiavo pigro non avrà mai un buon consiglio da dare su un gran lavoro (37,11i). Tuttavia non bisogna esagerare e non far nulla ingiustamente (v. 30cd; cfr. Es 21,1-11; Lv 25,44-45; Dt 15,12-18). Gli ultimi tre versetti presentano consigli per chi ha un solo schiavo: sarà suo interesse trattarlo bene, come se stesso, perché è stato pagato con il proprio sangue (cfr. 7,20-21) e non si può correre il rischio che scappi via (v. 33; cfr. Dt 23,16-17).

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Come comportarsi nei banchetti 1Se ti hanno fatto capotavola, non esaltarti. Compòrtati con gli altri come uno di loro. Pensa a loro e poi mettiti a tavola; 2quando avrai compiuto il tuo dovere, accòmodati per far festa con loro e ricevere complimenti per le tue buone maniere. 3Parla, o anziano, poiché ti si addice, ma con saggezza, e non disturbare la musica. 4Quando c'è un'esecuzione non effonderti in chiacchiere, e non fare il sapiente fuori tempo. 5Sigillo di rubino su ornamento d'oro è un concerto musicale in un banchetto. 6Sigillo di smeraldo in una guarnizione d'oro è la melodia dei canti unita alla dolcezza del vino.⊥ 7Parla, o giovane, se c'è bisogno di te, non più di due volte se sei interrogato. 8Compendia il tuo discorso, molte cose in poche parole; compòrtati come uno che sa e che tace a un tempo. 9Fra i grandi non mostrarti presuntuoso, e dove vi sono anziani, non ciarlare troppo. 10Prima del tuono viene la folgore, prima dell'uomo modesto viene la grazia. 11All'ora stabilita àlzati e non restare per ultimo, corri a casa e non indugiare. 12Là divèrtiti e fa' quello che ti piace, ma non peccare con parole arroganti. 13Per tutto ciò benedici chi ti ha creato, chi ti colma dei suoi benefici.

Il timore di Dio e la fedeltà alla legge 14Chi teme il Signore ne accetta l'istruzione, chi lo ricerca di buon mattino trova il suo favore. 15Chi scruta la legge viene appagato, ma l'ipocrita vi trova motivo di scandalo. 16Quelli che temono il Signore sanno giudicare, i loro giudizi brillano come luce. 17Il peccatore non accetta critiche e trova scuse a suo piacere.

18Chi è saggio non trascura la riflessione, l'empio e il superbo non provano alcun timore. 19Non fare nulla senza consiglio, non ti pentirai di averlo fatto. 20Non camminare in una via piena di ostacoli e non inciamperai in luoghi pietrosi. 21Non fidarti di una via senza inciampi⊥, 22guàrdati anche dai tuoi figli⊥. 23In tutto ciò che fai abbi fiducia in te stesso, perché anche questo è osservare i comandamenti. 24Chi crede alla legge è attento ai comandamenti, chi confida nel Signore non subirà alcun danno.

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Approfondimenti

vv. 1-13. Il brano contiene alcune raccomandazioni per la riuscita dei banchetti profani, propriamente detti simposi, in uso presso Greci e Romani, poi imitati dagli Ebrei facoltosi. I rabbini li guarderanno con sospetto. Ben Sira si rivolge al capotavola (vv. 1-2), agli ospiti anziani (vv. 3-6) e giovani (vv. 7-10), a tutti gli invitati (11-13). Al «maestro di tavola» (hēgoumenos: v. la; cfr. l'architriklinos di Gv 2,8) o responsabile per la festa – l'usanza è ellenistica (cfr. Est 1,8; 2Mac 2,27) – si raccomanda accogliente spirito di servizio verso gli invitati per poter conseguire la corona (cfr. Is 28,1-4; Sap 2,8). Agli ospiti anziani si riconosce il diritto di parlare, ma a tempo debito e con misura, per permettere a tutti di apprezzare il valore del concerto unito al vino (cfr. Is 5,12; 24,7-9; Qo 2,8; per le immagini di pietre preziose, cfr. Prv 25,11; Es 28,17-20). Ai giovani si suggerisce di parlare solo su richiesta, con interventi brevi e densi (cfr. Gb 32,6-7), evitando la confidenza con i grandi e gli anziani (cfr. 13,9-13). Solo così la modestia giovanile viene rapidamente riconosciuta ed apprezzata (cfr. Gb 29,7-10). Tutti gli invitati devono andare via al momento giusto. Solo nella propria casa si può fare quello che si desidera. L'ultimo versetto invita a lodare il creatore per i suoi benefici. In un contesto profano, questo riferimento richiama l'antica pratica di ringraziare il Signore, fonte di ogni bene (cfr. Dt 8,10). Lo stesso termine – «colui che ti ha fatto» – ricorre più avanti associato all'immagine del vasaio (33,13c).

vv. 14-33,6. Il brano può essere articolato in quattro unità: la prima e la terza riguardano il timore del Signore e l'ipocrisia (vv. 14-17; 33,1-4); la seconda mette a confronto riflessione e impulso (vv. 18-24); la quarta descrive in modo colorito l'inaffidabilità dello stolto e dell'amico beffardo (vv. 5-6). La parola chiave è mûsār/paideia: disciplina, sapere, istruzione (32,14; 33,4.18; cfr. 6,22; 21,19.21; 22,6; 23,7; 42,5.8; 50,27). Chi cerca Dio con disciplina, troverà il suo favore (v. 14b) e diverrà luce per gli altri (v. 16b; cfr. Prv 6,23). Timore, legge e parola di Dio vanno insieme: il male viene allontanato e le promesse del Signore si compiono (33,1.3). L'ipocrita, invece, fallisce (32,15b), perché è come una barca nella tempesta (v. 2; cfr. Gc 1,6). Ben Sira forse allude alle insidie provenienti dall'ellenismo. Perciò raccomanda fiducia nella parola, oracolo che non viene meno (v. 3), e sollecita l'impegno a prepararsi argomenti (apologetici?) convincenti (v. 4). Il profilo dell'uomo pieno di senno (32,18-24) emerge da alcuni caratteri: accoglie gli avvertimenti e riflette (vv. 18-19), non va a cercarsi gli ostacoli, ma è vigile anche su percorsi ritenuti sicuri, che possono essere insidiati da banditi o debolezze (vv. 20-21; cfr. Is 8,14-15; Lc 10,30-35). La vigilanza è estesa anche ai figli (v. 22). Verso se stessi, in nome dei comandamenti, bisogna saper unire fiducia e vigilanza (vv. 23a-24).

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Ambiguità della ricchezza 1L'insonnia del ricco consuma il corpo, i suoi affanni gli tolgono il sonno. 2Le preoccupazioni dell'insonnia non lasciano dormire, come una grave malattia bandiscono il sonno. 3Un ricco fatica nell'accumulare ricchezze, e se riposa è per darsi ai piaceri. 4Un povero fatica nelle privazioni della vita, ma se si riposa cade in miseria. 5Chi ama l'oro non sarà esente da colpa, chi insegue il denaro ne sarà fuorviato. 6Molti sono andati in rovina a causa dell'oro, e la loro rovina era davanti a loro. 7È una trappola per quanti ne sono infatuati⊥, e ogni insensato vi resta preso. 8Beato il ricco che si trova senza macchia e che non corre dietro all'oro⊥. 9Chi è costui? Lo proclameremo beato, perché ha compiuto meraviglie in mezzo al suo popolo. 10Chi ha subìto questa prova ed è risultato perfetto? Sarà per lui un titolo di vanto. Chi poteva trasgredire e non ha trasgredito, fare il male e non lo ha fatto? 11Per questo si consolideranno i suoi beni e l'assemblea celebrerà le sue beneficenze.

Moderazione a tavola 12Sei seduto davanti a una tavola sontuosa? Non spalancare verso di essa la tua bocca e non dire: “Che abbondanza qua sopra!”. 13Ricòrdati che è un male l'occhio cattivo⊥. Che cosa è stato creato peggiore dell'occhio? Per questo esso lacrima davanti a tutti. 14Non tendere la mano dove un altro volge lo sguardo⊥ e non precipitarti sul piatto insieme con lui. 15A partire da te intendi i desideri del tuo prossimo e su ogni cosa rifletti. 16Mangia da uomo frugale ciò che ti è posto dinanzi, non masticare con voracità per non renderti odioso. 17Sii il primo a smettere per educazione, non essere ingordo per non incorrere nel disprezzo. 18Se siedi tra molti invitati, non essere il primo a tendere la mano.

19Per un uomo educato il poco è sufficiente; quando si corica non respira con affanno. 20Il sonno è salubre se lo stomaco è regolato, al mattino ci si alza e si è padroni di sé. Il tormento dell'insonnia e della nausea e la colica accompagnano l'uomo ingordo. 21Se sei stato forzato a eccedere nei cibi, àlzati, va' a vomitare e ti sentirai sollevato⊥. 22Ascoltami, figlio, e non disprezzarmi, alla fine troverai vere le mie parole. In tutte le tue opere sii diligente e nessuna malattia ti coglierà. 23Molti lodano chi è sontuoso nei banchetti, e la testimonianza della sua munificenza è degna di fede. 24La città mormora di chi è tirchio nel banchetto, e la testimonianza della sua avarizia è esatta.

L’uso del vino 25Non fare lo spavaldo con il vino, perché il vino ha mandato molti in rovina. 26La fornace prova il metallo nella tempera, così il vino i cuori, in una sfida di arroganti. 27Il vino è come la vita per gli uomini, purché tu lo beva con misura. Che vita è quella dove manca il vino?⊥ Fin dall'inizio è stato creato per la gioia degli uomini. 28Allegria del cuore e gioia dell'anima è il vino bevuto a tempo e a misura.⊥ 29Amarezza dell'anima è il vino bevuto in quantità, con eccitazione e per sfida. 30L'ubriachezza accresce l'ira dello stolto a sua rovina, ne diminuisce le forze e gli procura ferite. 31Durante un banchetto non rimproverare il vicino, non deriderlo nella sua allegria. Non dirgli parole di biasimo e non affliggerlo chiedendogli quanto ti deve.

_________________ Note

31,25-31 Pur contenendo l’esortazione a fuggire l’ubriachezza (vv. 29-30), questa vivace trattazione non esita a mettere in luce i pregi del vino.

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Approfondimenti

vv. 1-11. Continua la riflessione sulle ricchezze e sull'uso del denaro. In primo piano la diffidenza di Ben Sira per il denaro (vv. 1-7), causa di insonnia e fatica, peccati e rovina. Segue, poi, un profilo lusinghiero del ricco senza macchia, che non corre dietro all'oro. Costui compie meraviglie in mezzo al suo popolo e l'assemblea ne ricorda le beneficenze: allusione, forse, ad apposite iscrizioni per i benefattori delle sinagoghe (vv. 9.11). Può essere proclamato beato, perché ha superato una prova: potendo compiere il male non lo ha fatto (vv. 8-11). È probabile che Ben Sira disapprovi non solo quanti si sono arricchiti con l'inganno e le trasgressioni, ma anche, per contrasto, i loro adulatori.

vv. 12-24. Ecco una sorta di galateo (vv. 12-24), rivolto a chi è invitato (vv. 12-22) e a chi deve invitare (vv. 23-24). Anche la sapienza egiziana conosce esortazioni al dominio di sé in occasione di banchetti. La casistica piuttosto ricca lascia intravedere la stima e la pratica dell'ospitalità nell'Oriente antico. In tutte le situazioni per Ben Sira vale l'invito alla moderazione (v. 22c) e al comportamento educato (vv. 17a.19a), da vero uomo (v. 16a). In caso di forzata smoderatezza, si consiglia il vomito: ma solo per non star male, non per continuare a mangiare, come presso i Romani (v. 21). Chi è moderato in tutte le sue azioni evita le malattie (v. 22d). La città parla, in bene e in male, del munifico e dell'avaro nei banchetti (vv. 23-24).

vv. 25-31. Il brano mette insieme vari insegnamenti sull'uso del vino, quasi a dimostrazione del principio della moderazione (v. 22). Dopo aver richiamato la forza distruttiva della bevanda (vv. 25-26), se ne tesse l'elogio in quanto creatura destinata al bene dell'uomo (vv. 27-28), per poi tornare alle conseguenze negative dell'abuso (vv. 29-30). Il v. 31 è una transizione al brano successivo: consiglia di non approfittare del clima di distensione dei banchetti per chiedere al vicino il saldo dei debiti (18,18; 20,15). I piaceri della vita, vissuti con moderazione, non esauriscono l'orizzonte sapienziale di Ben Sira, per il quale l'amicizia vera è come un vino invecchiato (9,10) e l'amore della sapienza rallegra il cuore, più del vino e della musica (40, 20).

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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L’educazione dei figli 1Chi ama il proprio figlio usa spesso la frusta per lui, per gioire di lui alla fine. 2Chi corregge il proprio figlio ne trarrà vantaggio e se ne potrà vantare con i suoi conoscenti. 3Chi istruisce il proprio figlio rende geloso il nemico e davanti agli amici si rallegra. 4Muore il padre? È come se non morisse, perché dopo di sé lascia uno che gli è simile. 5Durante la vita egli gioisce nel contemplarlo, in punto di morte non prova dolore⊥. 6Per i nemici lascia un vendicatore, per gli amici uno che sa ricompensarli. 7Chi accarezza un figlio ne fascerà poi le ferite, a ogni grido il suo cuore sarà sconvolto. 8Un cavallo non domato diventa caparbio, un figlio lasciato a se stesso diventa testardo. 9Vezzeggia il figlio ed egli ti riserverà delle sorprese, scherza con lui, ti procurerà dispiaceri. 10Non ridere con lui per non doverti rattristare, e non debba alla fine digrignare i denti. 11Non concedergli libertà in gioventù, non prendere alla leggera i suoi errori. 12Piegagli il collo quando è giovane, e battigli i fianchi finché è fanciullo, perché poi intestardito non ti disobbedisca e tu ne abbia un profondo dolore. 13Educa tuo figlio e prenditi cura di lui, così non dovrai sopportare la sua insolenza.

Il bene della salute 14Meglio un povero di aspetto sano e forte che un ricco malato nel suo corpo. 15Salute e vigore valgono più di tutto l'oro, un corpo robusto più di un'immensa fortuna. 16Non c'è ricchezza superiore alla salute del corpo e non c'è felicità più grande della gioia del cuore. 17Meglio la morte che una vita amara, il riposo eterno che una malattia cronica. 18Cose buone versate su una bocca chiusa sono come cibi deposti sopra una tomba. 19A che serve all'idolo l'offerta di frutti? Esso non mangia né sente il profumo; così è per colui che il Signore perséguita⊥. 20Egli guarda con gli occhi e geme, come un eunuco che abbraccia una vergine e geme: ⌈così è per colui che fa giustizia con violenza.⌉

Ansietà e gioia 21Non darti in balìa della tristezza e non tormentarti con i tuoi pensieri. 22La gioia del cuore è la vita dell'uomo⊥, l'allegria dell'uomo è lunga vita. 23Distraiti e consola il tuo cuore, tieni lontana la profonda tristezza, perché la tristezza ha rovinato molti e in essa non c'è alcun vantaggio. 24Gelosia e ira accorciano i giorni, le preoccupazioni anticipano la vecchiaia. 25Un cuore limpido e sereno si accontenta dei cibi e gusta tutto quello che mangia.

_________________ Note

30,1 Nella società antica patriarcale, di cui si adottano i criteri educativi, molto diversi dai nostri, il figlio veniva educato con grande severità (vedi vv. 7-13).

30,13a Il testo ebraico reca: “Correggi tuo figlio e rendi pesante il suo giogo”.

30,18b Il testo ebraico reca: “sono come cibi deposti davanti a un idolo”.

30,25a Il testo ebraico reca: “Il sonno di un cuore sereno è per lui come un cibo succulento”.

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Approfondimenti

vv. 1-13. Ben Sira raccomanda un'educazione severa fin dalla tenera età. Così si può evitare quanto prescritto dalla legge (cfr. Dt 21,18-21): cioè che i genitori conducano il figlio testardo e ribelle al tribunale degli anziani della città, che lo condannano alla lapidazione. Una pedagogia severa prepara una fine felice e fiera: allontana le brutte sorprese e permette di lasciare ai posteri – nemici e amici – un degno continuatore del padre. In sintonia con la tradizione sapienziale, per la quale «frusta e correzione in ogni tempo sono saggezza» (22,6b; Pr 13,24; 29,15), Ben Sira respinge l'atteggiamento sia di chi si disinteressa dell'educazione dei figli, che è una vera e propria “occupazione” (v. 13a), sia di chi annulla le distanze nel rapporto educativo. Nei vv. 7-12 prende corpo un manuale di rigorosa pedagogia familiare: abolire carezze e coccole, giochi e scherzi; sin da piccolo (cfr. 7,23) far conoscere giogo e battiture, come si fa con un cavallo da domare, senza concedere spazi di potere e senza sottovalutare i difetti (v. 11).

vv 14-20. Il brano fa l'elogio della salute del corpo: vale più di tutte le fortune (vv. 14-17). È preferibile morire che sopportare una malattia cronica (v. 18; cfr. Tb 3,6). Essa è vista come punizione del peccato (cfr. 5,3b; 38,15; Dt 28,59; Gv 9,2). Perseguitato dal Signore, il malato non può gustare cibi né profumi (v. 19): è nella stessa condizione del morto o dell'idolo al quale i pagani portano cibarie (cfr. Is 57,6; Dn 14,1-22; Sal 115,4-7).

vv. 21-25. Al tema della buona salute si aggancia quello della gioia. Ben Sira invita a concedersi delle distrazioni (v. 23a; cfr. 14,16: qualche manoscritto parla di «amarsi»), evitando di dare preoccupazioni inutili alla propria anima (v. 21; cfr. Mt 6,34). Ne risulta un beneficio anche fisico, capace di influenzare positivamente la lunghezza (vv. 22.24b) ed il gusto della vita (v. 25). Qoelet svolge considerazioni simili, a partire dalla fugacità della giovinezza e collegandole, comunque, con il giudizio di Dio (Qo 11,9-10).

Conclusione. Nell'orizzonte classico, il denaro e i beni di fortuna, i figli e la salute sono segni della divina benedizione. Bisogna imparare a farne un uso saggio, nel rispetto dei comandamenti, ma senza dimenticare i rischi di rimetterci, economicamente e psicologicamente. La pedagogia familiare e religiosa non va oltre un appello alla sana severità della tradizione deuteronomistica. L'ideale di felicità terrena non si piega all'eventualità di una vita amara e fa invocare perfino la morte di fronte ad una malattia cronica. A questo quadro morale, piuttosto statico, il Nuovo Testamento offrirà un respiro teologico nuovo nella relazione del «Padre celeste» con i suoi figli e dei figli tra di loro.

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Il prestito 1Chi pratica la misericordia concede prestiti al prossimo, chi lo sostiene con la sua mano osserva i comandamenti. 2Da' in prestito al prossimo quando ha bisogno, e a tua volta restituisci al prossimo nel momento fissato. 3Mantieni la parola e sii leale con lui, e in ogni momento troverai quello che ti occorre. 4Molti considerano il prestito come cosa trovata e causano fastidi a coloro che li hanno aiutati. 5Prima di ricevere, uno bacia la mano del creditore e parla con voce sommessa delle ricchezze altrui; ma alla scadenza cerca di guadagnare tempo, trova delle scuse e incolpa le circostanze. 6Se paga, a stento riceve la metà, e deve considerarla come una cosa trovata. In caso contrario, spoglia il creditore dei suoi averi e senza motivo se lo rende nemico; maledizioni e ingiurie gli restituisce, e invece della gloria gli rende disprezzo. 7Molti si rifiutano di prestare non per cattiveria, ma per paura di essere derubati senza ragione.

L’elemosina 8Tuttavia sii paziente con il misero, e non fargli attendere troppo a lungo l'elemosina. 9Per amore del comandamento soccorri chi ha bisogno, secondo la sua necessità non rimandarlo a mani vuote. 10Perdi pure denaro per un fratello e un amico, non si arrugginisca inutilmente sotto una pietra. 11Disponi dei beni secondo i comandamenti dell'Altissimo e ti saranno più utili dell'oro. 12Riponi l'elemosina nei tuoi scrigni ed essa ti libererà da ogni male. 13Meglio di uno scudo resistente e di una lancia pesante, essa combatterà per te di fronte al nemico.

Le cauzioni 14L'uomo buono garantisce per il prossimo, ma chi ha perduto ogni vergogna lo abbandona. 15Non dimenticare il favore di chi si è fatto garante, poiché egli si è impegnato per te. 16Il vizioso dilapida i beni del suo garante 17e l'ingrato di cuore abbandona chi l'ha salvato. 18La cauzione ha rovinato molta gente onesta, li ha sballottati come onda del mare. Ha mandato in esilio uomini potenti, li ha costretti a vagare fra genti straniere. 19Un peccatore si precipita verso la garanzia, va dietro ai guadagni e finisce in tribunale. 20Aiuta il tuo prossimo secondo la tua possibilità e bada a te stesso per non rovinarti.

Sobrietà di vita e ospitalità 21Le prime necessità della vita sono acqua, pane e vestito, e una casa che protegga l'intimità. 22Meglio vivere da povero sotto un riparo di tavole, che godere di cibi sontuosi in casa d'altri. 23Sii contento del poco come del molto, e non ti sentirai rinfacciare di essere forestiero. 24Brutta vita andare di casa in casa, non potrai aprire bocca dove sarai forestiero. 25Dovrai accogliere gli ospiti, versare vino senza un grazie, e oltre a ciò ascolterai parole amare: 26“Vieni, forestiero, apparecchia la tavola, se hai qualche cosa sotto mano, dammi da mangiare”. 27“Vattene via, forestiero, c'è uno più importante di te, mio fratello sarà mio ospite, ho bisogno della casa”. 28Per un uomo che ha intelligenza sono dure queste cose: il rimprovero di essere forestiero e l'insulto di un creditore.

_________________ Note

29,1-7 Prestare senza interesse era prescritto dalla legge in favore di ogni Israelita che fosse nel bisogno (Dt 15,7-8). Tuttavia qui viene consigliata anche la prudenza, per non imbattersi in profittatori e truffatori (vedi anche Pr 22,7).

29,14-20 Mentre il libro dei Proverbi mette in guardia dal farsi garanti (Pr 6,1-5; 11,15; 17,18; 22,26-27), il Siracide considera le cauzioni come un aiuto al prossimo (vv. 14-15); ma occorre una grande prudenza (vv.16-20).

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Approfondimenti

In 27,1 Ben Sira aveva affermato che «per amore del denaro molti peccano e la ricerca delle ricchezze fa distogliere lo sguardo» dal povero. Ora nell'intero c. 29 riprende e sviluppa il tema dell'uso del denaro in rapporto a chi ha bisogno di un prestito (vv. 1-7), di un'elemosina (vv. 8-13) o di una cauzione (vv. 14-20). Pur consapevole dei rischi di rimetterci, Ben Sira incoraggia a soccorrere (v. 1) e ad essere magnanimi (v. 8) «per amore del comandamento» (v. 9: charin entolēs), superando la logica dell'amore del denaro (charin diaphorou: 27,1). Il c. 29 si chiude con un quadro patetico dedicato a chi va di casa in casa abusando dell'ospitalità (vv. 21-28). Poi si torna all'ambito familiare: l'educazione dei figli (vv. 1-13), la salute (vv. 14-20) e la gioia di vivere (vv. 21-25).

vv. 1-7. Il brano passa dal punto di vista di colui che fa prestiti (vv. 1-3) a quello di colui che li chiede e non restituisce (v. 4-7). Mentre al primo si raccomanda una generosità religiosa (cfr. Pr 19,17), il secondo è messo in guardia contro l'abuso di considerare il prestito come «cosa trovata» (vv. 4a.6b). Una pennellata ironica (v. 5) e amara (v. 6) descrive colui che domanda il prestito: prima la voce sommessa per ottenere, poi i piagnistei e gli insulti per non restituire. Nel testo si dà per scontato che non deve esserci usura: segno che ci si muove tra correligionari (cfr. Dt 23,20-21). Diversa la prospettiva di Gesù (cfr. Lc 6,34).

vv. 8-13. Dal caso di colui che chiede prestiti senza scrupoli si passa ora a quello di un vero povero: l'elemosina non si può rifiutare a «causa del comandamento» (v. 9a; cfr. Dt 15,7-11). Si fa appello ai comandamenti per valorizzare al massimo le proprie ricchezze mediante la beneficenza (v. 11). Il messaggio sull'elemosina è tradizionale: 3,14-15; 3,30-4,6; Pr 19,17. Nel NT l'orizzonte della ricompensa si allarga oltre la vita presente (cfr. Lc 12,33; 16,9). Il v. 10 apre e chiude con l'idea della perdita: meglio perdere denaro per fratelli e amici, che perderlo a causa della ruggine nell'illusione di conservarlo sotto la pietra (cfr. Is 45,3; Mt 25,18). L'elemosina è un bene paradossale: è la vera ricchezza da conservare al sicuro nei ripostigli (cfr. Mt 6,20; 19,21; Lc 12,33; 16,9) per i giorni di necessità (v. 12), nei quali si rivelerà come scudo e lancia di difesa (v. 13).

vv. 14-20. Mentre il libro dei Proverbi mette in guardia contro la cauzione (6,1-5; 11,15; 22,26-27), Ben Sira la raccomanda, perché la considera un'opera di beneficenza verso il prossimo (cfr. l'inclusione nei vv. 14a.20a). Ma non manca di esortare alla prudenza (v. 20b). Il garante è presentato come salvatore: solo l'uomo dal cuore ingrato lo dimentica (v. 17). Nel brano è considerato peccatore sia chi dilapida i beni del garante, che colui che fa garanzie precipitose e interessate (vv. 16.19), per impossessarsi dei pegni agendo da usuraio (cfr. Es 22,24-25; Lv 25,36; Dt 23,20; 24,12-13; Am 2,8).

vv. 21-28. Il brano esalta l'ideale dell'uomo contento di vivere a casa propria, col poco o col molto che possiede. Bersaglio sono i forestieri (paroikoi/paroikia: 5 volte nel brano), che chiedono ospitalità di casa in casa. Forse si tratta di piccoli commercianti che, per amore di guadagno, sono sempre fuori casa e abusano della generosità di coloro che li accolgono, per lo più correligionari. Ormai non hanno più intelligenza: altrimenti capirebbero l'amarezza e l'umiliazione di quell'andare di casa in casa e preferirebbero una vita dignitosa a casa propria (v. 28). Gesù, nell'inviare i suoi discepoli, ci terrà a distinguerli da questa usanza: «Non passate di casa in casa» (Lc 10,7).

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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1Chi si vendica subirà la vendetta del Signore, il quale tiene sempre presenti i suoi peccati. 2Perdona l'offesa al tuo prossimo e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati. 3Un uomo che resta in collera verso un altro uomo, come può chiedere la guarigione al Signore? 4Lui che non ha misericordia per l'uomo suo simile, come può supplicare per i propri peccati? 5Se lui, che è soltanto carne, conserva rancore,⊥ chi espierà per i suoi peccati? 6Ricòrdati della fine e smetti di odiare, della dissoluzione e della morte e resta fedele ai comandamenti. 7Ricorda i precetti e non odiare il prossimo, l'alleanza dell'Altissimo e dimentica gli errori altrui.

Evita le liti 8Astieniti dalle risse e diminuirai i peccati, perché l'uomo passionale attizza la lite. 9Un uomo peccatore semina discordia tra gli amici e tra persone pacifiche diffonde la calunnia. 10Il fuoco divampa in proporzione dell'esca, ⌈così la lite s'accresce con l'ostinazione;⌉ il furore di un uomo è proporzionato alla sua forza, la sua ira cresce in base alla sua ricchezza. 11Una lite concitata accende il fuoco, una rissa violenta fa versare sangue⊥. 12Se soffi su una scintilla, divampa, se vi sputi sopra, si spegne; eppure ambedue le cose escono dalla tua bocca.

Controlla l’uso della lingua 13Maledici il calunniatore e l'uomo che è bugiardo, perché hanno rovinato molti che stavano in pace. 14Le dicerie di una terza persona hanno sconvolto molti, li hanno scacciati di nazione in nazione; hanno demolito città fortificate e rovinato casati potenti⊥. 15Le dicerie di una terza persona hanno fatto ripudiare donne forti, privandole del frutto delle loro fatiche. 16Chi a esse presta attenzione certo non troverà pace, non vivrà tranquillo nella sua dimora. 17Un colpo di frusta produce lividure, ma un colpo di lingua rompe le ossa. 18Molti sono caduti a fil di spada, ma non quanti sono periti per colpa della lingua. 19Beato chi è al riparo da essa, chi non è esposto al suo furore, chi non ha trascinato il suo giogo e non è stato legato con le sue catene. 20Il suo giogo è un giogo di ferro; le sue catene sono catene di bronzo. 21Spaventosa è la morte che la lingua procura, al confronto è preferibile il regno dei morti. 22Essa non ha potere sugli uomini pii, questi non bruceranno alla sua fiamma. 23Quanti abbandonano il Signore in essa cadranno, fra costoro divamperà senza spegnersi mai. Si avventerà contro di loro come un leone e come una pantera ne farà scempio. 24aEcco, recingi pure la tua proprietà con siepe spinosa, 25be sulla tua bocca fa' porta e catenaccio. 24bMetti sotto chiave l'argento e l'oro, 25ama per le tue parole fa' bilancia e peso. 26Sta' attento a non scivolare a causa della lingua, per non cadere di fronte a chi ti insidia⊥.

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Approfondimenti

27,28-28,7. Il tema della vendetta riservata a Dio (inclusione con ekdikēsis tra 27,28a e 28,1a; cfr. Dt 32,35-36; Rm 12,19) delinea un ideale sapienziale conscio del limite umano e della grandezza di Dio. Forse Ben Sira ha presente la storia di Aman, persecutore del popolo ebraico e ingiusto accusatore di Mardocheo presso il re Assuero (cfr. Est 2-8). Sempre prima della morte – secondo una nota prospettiva di retribuzione – il male si rivelerà insidioso come un leone verso quanti deridono il pio (v. 29). Il brano dedicato al dovere del perdono (28,2-7) contiene accenti molto vicini al Nuovo Testamento (cfr. Mt 6,12 e 18,23-35): concedi il perdono e la misericordia, non nutrire rancore e la tua richiesta di perdono e di guarigione sarà esaudita (vv. 2-5). La consapevolezza di essere “carne”, il ricordarsi delle ultime cose (putrefazione e morte) e dell'alleanza non possono che spingere a lasciar cadere ogni sdegno (vv. 5-7). Superato il precetto di “vendicare il sangue” (Nm 35,19; Dt 19,12), il perdono del nemico era raccomandato anche in Israele (Es 23,4-5; Lv 19,17-18). Il Talmud ribadisce che «se noi non siamo misericordiosi con gli altri, Dio non è misericordioso con noi» (Megillah 28a; cfr. Lc 6,36).

vv. 8-12. Domina il tema della lite (machē: vv. 8.10.11), come terreno favorevole al peccato. L'uomo passionale è appaiato con il peccatore: invece della pace (cfr. Sal 34,15), semina l'ostilità e le calunnie (v. 9b). Maggiori sono forza e ricchezza di un uomo, più pericolose sono le risse che egli provoca (v. 10).

vv. 13-26. Si torna ai danni provocati dall'abuso della lingua (cfr. 5,14-6,1; Gc 3,1-12). Ben Sira esorta a maledire i calunniatori (v. 13) e a stare in guardia per non cadere a causa di essa (vv. 19.26). La calunnia – letteralmente «terza lingua» – è più forte della sferza e della spada (v. 17-18) e non risparmia nessuno: città forti, casati po-tenti, donne eccellenti (vv. 14-15). Il suo giogo di ferro, le sue catene, la morte che procura fanno desiderare l'ade (vv. 19-21). Al suo incendio sfuggono solo gli uomini pii (v. 22). Feroce come il leone e come la pantera, aggredisce «quanti abbandonano il Signore» (vv. 23). È detta “terza” o “tripla” perché – spiega il Talmud – colpisce tre volte: il calunniato, colui che calunnia e colui che presta ascolto (Arakin 15b). Parlando di spostamenti di popoli (v. 14b), Ben Sira forse ha in mente ricordi storici, come la lettera diffamatoria scritta dai Samaritani ad Artaserse, in cui gli Ebrei rimpatriati erano accusati di cercare la ribellione al sovrano, ricostruendo il tempio e le mura di Gerusalemme senza la collaborazione samaritana (cfr. v. 14b con Esd 4,1-16). Le raccomandazioni del maestro (vv. 23-26) si servono di immagini dell'attività economica e commerciale: chiudi a chiave la bocca come recingi la proprietà di spine, pesa le parole come pesi l'argento.

Conclusione. Dopo l'elogio della sapienza, Ben Sira ritorna nel vissuto quotidiano. Dapprima entra nel piccolo mondo della vita affettiva e coniugale, delineando i tratti ideali – dal punto vista umano e religioso – che un marito, nella tradizione giudaica, ha cercato e dovrebbe cercare nella donna (cc. 25-26). La lezione attinge abbondantemente anche alle esperienze negative, le cui protagoniste proverbiali sono donne straniere e di facili costumi. Nei cc. 27-28 Ben Sira si addentra soprattuto nella vita sociale, politica e commerciale. Il culmine morale si trova nel brano sul perdono (27,28-28,7).

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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1Per amore del denaro molti peccano, chi cerca di arricchire volta lo sguardo. 2Fra le giunture delle pietre si conficca un piolo, tra la compera e la vendita s'insinua il peccato. 3Se non ti afferri con forza al timore del Signore, la tua casa andrà presto in rovina.

4Quando si scuote un setaccio restano i rifiuti; così quando un uomo discute, ne appaiono i difetti. 5I vasi del ceramista li mette a prova la fornace, così il modo di ragionare è il banco di prova per un uomo. 6Il frutto dimostra come è coltivato l'albero, così la parola rivela i pensieri del cuore. 7Non lodare nessuno prima che abbia parlato, poiché questa è la prova degli uomini.

8Se cerchi la giustizia, la raggiungerai e te ne rivestirai come di un manto di gloria⊥. 9Gli uccelli sostano presso i loro simili, la verità ritorna a quelli che fanno cose giuste. 10Il leone insidia la preda, così il peccato coloro che fanno cose ingiuste. 11Nel discorso del pio c'è sempre saggezza, ma lo stolto muta come la luna. 12Tra gli insensati non perdere tempo, tra i saggi invece férmati a lungo. 13Il parlare degli stolti è un orrore, essi ridono tra i bagordi del peccato. 14Il linguaggio di chi giura spesso fa rizzare i capelli, e i loro litigi fanno turare gli orecchi. 15Spargimento di sangue è la rissa dei superbi, ed è penoso ascoltare le loro invettive.

16Chi svela i segreti perde l'altrui fiducia e non trova più un amico per il suo cuore. 17Ama l'amico e sii a lui fedele, ma se hai svelato i suoi segreti, non corrergli dietro, 18perché, come chi ha perduto uno che è morto, così tu hai perduto l'amicizia del tuo prossimo. 19Come un uccello che ti sei fatto scappare di mano, così hai lasciato andare il tuo amico e non lo riprenderai. 20Non inseguirlo, perché ormai è lontano, è fuggito come una gazzella dal laccio⊥. 21Perché si può fasciare una ferita e un'ingiuria si può riparare, ma chi ha svelato segreti non ha più speranza.

22Chi ammicca con l'occhio trama il male, ma chi lo conosce si allontana da lui. 23Davanti a te la sua bocca è dolce e ammira i tuoi discorsi, ma alle tue spalle cambierà il suo parlare e porrà inciampo alle tue parole. 24Io odio molte cose, ma nessuna quanto lui, anche il Signore lo ha in odio. 25Chi scaglia un sasso in alto, se lo tira sulla testa, e un colpo a tradimento ferisce chi lo vibra. 26Chi scava una fossa vi cade dentro⊥, chi tende un laccio vi resta preso. 27Il male si ritorce su chi lo fa, egli non sa neppure da dove gli venga. 28Derisione e insulto per il superbo, la vendetta, come un leone, lo attende al varco. 29Sono presi al laccio quanti gioiscono per la caduta dei pii, il dolore li consumerà prima della loro morte.

30Rancore e ira sono cose orribili, e il peccatore le porta dentro.

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Approfondimenti

26,28-27,10. In apertura un proverbio numerico elenca tre situazioni insopportabili: la miseria del guerriero (l'«uomo ricco» per la Siriaca), il disprezzo del saggio, il peccato del giusto. Il brano presenta un'inclusione sul peccato: quello del giusto e quello dell'ingiusto (26,28 e 27,10). Al centro il peccato del commerciante (26,29; 27,2; cfr. Am 8,4-6; Lv 19,35-36): amore del denaro, frode e, soprattutto, lontananza dallo studio della legge (v. 3; cfr. 38,25-34). Nei vv. 4-7 viene indicato il criterio per far emergere il vero valore di una persona: il suo modo di ragionare (logismos). I frutti rivelano la coltivazione dell'albero (v. 6; cfr. Mt 7,16-19; 12,33-37; Lc 6,43-45). La successiva unità (vv. 8-10) insegna che la giustizia è perseguibile ed utile; il peccato è un'insidia pericolosa come il leone (v. 10; cfr. 21,2c).

vv. 11-21. La pericope ruota attorno a due parole chiave: il “discorrere” (vv. 11-15) e i “segreti” (16-21). Il pio e lo stolto si rivelano diversi: il parlare dell'uno ha sempre saggezza, quello dell'altro cambia come la luna (v. 11). Alcuni Padri e la VL resero popolare questo contrasto opponendo la stabilità del sole alla mutevolezza della luna (v. 11). Il brano sui segreti (mystéria: vv. 16.17.21) è una lezione di prudenza per non rovinare l'amicizia. Ma anche di realismo: è inutile cercare un amico tradito. La situazione è irreparabile come la morte (v. 18) o come la fuga di un uccello o di una gazzella (vv. 19-20). La cornice del brano evidenzia la grossa perdita: la fiducia (pistis: v. 16) e la speranza (elpis: v. 21).

vv. 22-27. L'ipocrisia fa coprire il male con una facciata ed un linguaggio dolci: anche il Signore odia tale comportamento (vv. 22-24). Ma c'è una giustizia immanente – ritiene Ben Sira con gli autori sapienziali – per cui gli effetti del male ricadono su chi lo compie (vv. 25-27; cfr. Sal 57,7).

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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La donna virtuosa 1Fortunato il marito di una brava moglie, il numero dei suoi giorni sarà doppio. 2Una donna valorosa è la gioia del marito, egli passerà in pace i suoi anni. 3Una brava moglie è davvero una fortuna, viene assegnata a chi teme il Signore. 4Ricco o povero, il suo cuore è contento, in ogni circostanza il suo volto è gioioso.

La donna che cede alle passioni 5Di tre cose il mio cuore ha paura, e per la quarta sono spaventato: una calunnia diffusa in città, un tumulto di popolo e una falsa accusa, sono cose peggiori della morte; 6ma crepacuore e lutto è una donna gelosa di un'altra, il flagello della sua lingua fa presa su tutti. 7Giogo di buoi sconnesso è una cattiva moglie, chi la prende è come chi afferra uno scorpione. 8Motivo di grande sdegno è una donna che si ubriaca, non riuscirà a nascondere la sua vergogna. 9Una donna sensuale ha lo sguardo eccitato, la si riconosce dalle sue occhiate. 10Fa' buona guardia a una figlia sfrenata, perché non ne approfitti, se trova indulgenza. 11Guàrdati dalla donna che ha lo sguardo impudente, non meravigliarti se poi ti fa del male. 12Come un viandante assetato apre la bocca e beve qualsiasi acqua a lui vicina, così ella siede davanti a ogni palo e apre a qualsiasi freccia la faretra.

La bellezza della donna 13La grazia di una donna allieta il marito, il suo senno gli rinvigorisce le ossa. 14È un dono del Signore una donna silenziosa, non c'è prezzo per una donna educata. 15Grazia su grazia è una donna pudica, non si può valutare il pregio di una donna riservata. 16Il sole risplende nel più alto dei cieli, la bellezza di una brava moglie nell'ornamento della casa. 17Lampada che brilla sul sacro candelabro, così è la bellezza di un volto su una robusta statura. 18Colonne d'oro su base d'argento sono gambe graziose su solidi piedi.⊥

Luci e ombre nel ritratto della donna 19Figlio, conserva sano il fiore dell'età e non affidare la tua forza a donne straniere. 20Cerca nella pianura un campo fertile per gettarvi il tuo seme, attendendo la progenie. 21Così i frutti che lascerai, fieri della loro nobiltà, prospereranno. 22La donna pagata vale uno sputo, se è sposata, è torre di morte per quanti la usano. 23La moglie empia l'avrà in sorte il peccatore, quella pia sarà data a chi teme il Signore. 24La donna impudica cerca sempre il disonore, una figlia pudica è riservata anche con il marito. 25La donna sfrontata viene stimata come un cane, quella che ha pudore teme il Signore. 26La donna che onora il marito a tutti appare saggia, quella orgogliosa che lo umilia sarà empia per tutti. Felice il marito di una brava moglie, il numero dei suoi giorni sarà raddoppiato. 27La donna che grida ed è chiacchierona è come tromba di guerra che suona la carica. L'uomo che si trova in simili condizioni passa la vita tra rumori di guerra.⌉

Il guerriero, il saggio, il giusto, il commerciante 28Due cose rattristano il mio cuore, e una terza mi provoca collera: un guerriero che languisce nella miseria, uomini saggi trattati con disprezzo e chi passa dalla giustizia al peccato: il Signore lo tiene pronto per la spada.

29⊥È difficile che il commerciante sia esente da colpe e il rivenditore sia indenne da peccato.

_________________ Note

26,19-27 Questi versetti (una delle “aggiunte” del greco) si snodano attraverso antitesi che evidenziano luci e ombre nella figura della donna. Il v. 19 probabilmente allude alla proibizione di contrarre matrimoni misti (Esd 9-10; Ne 13,23-27).

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Approfondimenti

vv. 1-18. Tema centrale ancora la donna. Dopo il quadro negativo, ora quello positivo, molto più breve (cfr. 21,11-28). Anche qui la brava moglie non è vista in sé, ma in relazione alle esigenze e ai desideri del marito. A lui ella dona giorni lunghi (vv. 1-2), buona sorte (v. 3), volto felice (v. 4). Ma la prospettiva propria di Ben Sira emerge nel v. 3b: una buona moglie è premio dato a chi teme il Signore (cfr. Pr 18,22; 19,14). Un altro proverbio numerico introduce il tema di una «donna gelosa di un'altra»: se calunnie, violenze e falsità possono procurare la morte civile, una tale donna è un flagello peggiore: procura un dolore mortale e rende impossibile una vera comunione (vv. 5-6). Il riferimento sotteso alla poligamia (cfr. 25, 14-15) si concentra sulla donna malvagia, ubriaca e sensuale (vv. 7-9). Ne deriva un invito a vigilare (v. 10) per la figlia (semitismo per moglie: cfr. Pr 31,29) e a guardarsi da «un occhio impudente» (v. 11). I vv. 11-12 sembrano allusivi anche all'infedeltà del marito. Segue un ritratto (vv. 13-18) della donna piena di grazia, silenziosa e pudica: è benefica e non ha prezzo, splende come il sole e come il candelabro santo. Il brano fonde gli aspetti estetici con quelli utilitaristici, i richiami religiosi con quelli fisici della presenza femminile. Le metafore dei vv. 17-18 dovrebbero essere ben considerate nel formulare il giudizio circa l'atteggiamento di Ben Sira verso le donne.

vv. 19-27. Anche se è presente solo nel Gr 248 e in siriaco, questo brano – aperto dal vocativo «Figlio mio» (v. 19) – sembra originale. Secondo la tradizione sapienziale (cfr. Pr 31,3), si sconsigliano avventure sessuali con donne straniere, immorali e seduttrici. Si suggerisce di trovare una buona moglie, da cui avere figli (cfr. Tb 4,12-13). La prostituta è disprezzata come uno sputo (sialos è un hapax nel greco dell'AT: v. 22). Tradizionale il messaggio del peccatore che riceve in dote una donna empia (v. 23; cfr. 1, 11-30; 11, 17). Per Ben Sira anche la saggezza della donna si misura dal timore del Signore (v. 25b). Le immagini militari del v. 27 rimandano a Gs 6, 4-20; Gb 39, 24-25.

26,28 – 27, 10. In apertura un proverbio numerico elenca tre situazioni insopportabili: la miseria del guerriero (l'«uomo ricco» per la Siriaca), il disprezzo del saggio, il peccato del giusto. Il brano presenta un'inclusione sul peccato: quello del giusto e quello dell'ingiusto (26, 28 e Zi centro il peccato del commerciante 126,29; 27, 2; oft. Am 8, 4-6; Lv 19, 35-36): amore del denaro, frode e, so-prattutto, lontananza dallo studio della legge (v. 3; cfr. 38, 25-34). Nei vv. 4-7 viene indicato il criterio per far emergere il vero valore di una persona: il suo modo di ragionare (logismos). I frutti rivelano la coltivazione dell'albero (v. 6; cfr. Mt 7, 16-19; 12, 33-37; Lc 6, 43-45). La successiva unità (vv. 8-10) insegna che la giustizia è perseguibile ed utile; il peccato è un'insidia pericolosa come il leone (v. 10; cfr. 21, 2c).

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Proverbi numerici 1Di tre cose si compiace l'anima mia, ed esse sono gradite al Signore e agli uomini: concordia di fratelli, amicizia tra vicini, moglie e marito che vivono in piena armonia. 2Tre tipi di persone detesta l'anima mia, la loro vita è per me un grande orrore: il povero superbo, il ricco bugiardo, il vecchio adultero privo di senno.

3Se non hai raccolto in gioventù, che cosa vuoi trovare nella vecchiaia? 4Quanto s'addice il giudicare ai capelli bianchi e agli anziani il saper dare consigli! 5Quanto s'addice la sapienza agli anziani, il discernimento e il consiglio alle persone onorate! 6Corona dei vecchi è un'esperienza molteplice, loro vanto è temere il Signore.

7Nove situazioni ritengo felici nel mio cuore, la decima la dirò con parole: un uomo allietato dai figli, chi vede da vivo la caduta dei suoi nemici; 8felice chi vive con una moglie assennata, chi non ara con il bue e l'asino insieme, chi non ha peccato con la sua lingua, chi non ha servito a uno indegno di lui; 9felice chi ha trovato la prudenza, chi parla a gente che l'ascolta; 10quanto è grande chi ha trovato la sapienza, ma nessuno supera chi teme il Signore! 11Il timore del Signore vale più di ogni cosa; chi lo possiede a chi potrà essere paragonato? 12Il timore del Signore è inizio di amore per lui, la fede è inizio di adesione a lui.

La donna cattiva 13⊥Qualunque ferita, ma non la ferita del cuore, qualunque malvagità, ma non la malvagità di una donna; 14qualunque sventura, ma non quella causata da persone che odiano, qualunque vendetta, ma non la vendetta dei nemici. 15Non c'è veleno peggiore del veleno di un serpente, non c'è ira peggiore dell'ira di una donna. 16Preferirei abitare con un leone e con un drago piuttosto che abitare con una donna malvagia. 17La malvagità di una donna ne àltera l'aspetto, rende il suo volto tetro come quello di un orso. 18Suo marito siede in mezzo ai suoi vicini e senza volerlo geme amaramente. 19Ogni malizia è nulla di fronte alla malizia di una donna, possa piombarle addosso la sorte del peccatore! 20Come una salita sabbiosa per i piedi di un vecchio, tale la donna linguacciuta per un uomo pacifico. 21Non soccombere al fascino di una donna, per una donna non ardere di passione. 22Motivo di sdegno, di rimprovero e di grande disprezzo è una donna che mantiene il proprio marito. 23Animo abbattuto e volto triste e ferita al cuore è una donna malvagia; mani inerti e ginocchia infiacchite, tale è colei che non rende felice il proprio marito. 24Dalla donna ha inizio il peccato e per causa sua tutti moriamo. 25Non dare all'acqua via d'uscita né libertà di parlare a una donna malvagia. 26Se non cammina al cenno della tua mano⊥, separala dalla tua carne⊥.

_________________ Note

25,1 Le massime qui raccolte ruotano intorno al numero tre (vv. 1-2) e al numero dieci (v. 7-12).

25,8 b chi non ara: questo stico manca nel greco ed è recuperato dall’ebraico.

25,17 Il testo ebraico reca: “La cattiveria di una donna àltera l’aspetto del marito / e ne rende tetro il volto come quello di un orso”.

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Approfondimenti

vv. 1-12. I due proverbi numerici, posti in bocca alla sapienza, ci riportano alla già nota condanna dell'adulterio (cfr. 23,16-28). Qui l'enfasi cade sul compiacimento per l'armonia coniugale (v. 1) e sul disprezzo dell'adulterio dei vecchi (v. 2). Seguono due sezioni che culminano nella lode di chi teme il Signore: i vecchi sono protagonisti della prima (vv. 3-6); nella seconda (vv. 7-12) dieci «situazioni felici», elencate con un altro proverbio numerico (vv. 7-10), si concludono con una sentenza sulla superiorità del timore di Dio (vv. 11-12).

vv. 13-26. Quindici distici dedicati alla donna cattiva. I numerosi riferimenti, espliciti e non, alla donna sono accompagnati sempre da valenze negative. Per Ben Sira la donna è malvagità e cattiveria (vv. 13.19), ira (v. 14), convivenza rischiosa e insopportabile (vv. 15.20), piaga nel cuore e nel corpo (v. 23), motivo di tristezza e di umiliazione per il marito (vv. 18.22), inizio di peccato e causa di morte (v. 24). Di qui i consigli: ai giovani a non lasciarsi sedurre dalla sua bellezza (v. 21); agli sposati a non darle libertà di parola e a separarla dalla propria carne se si rivela non docile (vv. 25-26). È significativo che il capitolo si chiuda evocando il Pentateuco: il peccato di Adamo ed Eva (cfr. v. 24 con Gn 3,3.22) e il ripudio della donna «che non cammina al cenno della mano» (cfr. v. 26 con Dt 24,1).

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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