📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

L’INSEGNAMENTO DELLA STORIA D’ISRAELE 1 Maskil. Di Asaf.

Ascolta, popolo mio, la mia legge, porgi l'orecchio alle parole della mia bocca.

2 Aprirò la mia bocca con una parabola, rievocherò gli enigmi dei tempi antichi.

3 Ciò che abbiamo udito e conosciuto e i nostri padri ci hanno raccontato

4 non lo terremo nascosto ai nostri figli, raccontando alla generazione futura le azioni gloriose e potenti del Signore e le meraviglie che egli ha compiuto.

5 Ha stabilito un insegnamento in Giacobbe, ha posto una legge in Israele, che ha comandato ai nostri padri di far conoscere ai loro figli,

6 perché la conosca la generazione futura, i figli che nasceranno. Essi poi si alzeranno a raccontarlo ai loro figli,

7 perché ripongano in Dio la loro fiducia e non dimentichino le opere di Dio, ma custodiscano i suoi comandi.

8 Non siano come i loro padri, generazione ribelle e ostinata, generazione dal cuore incostante e dallo spirito infedele a Dio.

9 I figli di Èfraim, arcieri valorosi, voltarono le spalle nel giorno della battaglia.

10 Non osservarono l'alleanza di Dio e si rifiutarono di camminare nella sua legge.

11 Dimenticarono le sue opere, le meraviglie che aveva loro mostrato.

12 Cose meravigliose aveva fatto davanti ai loro padri nel paese d'Egitto, nella regione di Tanis.

13 Divise il mare e li fece passare, e fermò le acque come un argine.

14 Li guidò con una nube di giorno e tutta la notte con un bagliore di fuoco.

15 Spaccò rocce nel deserto e diede loro da bere come dal grande abisso.

16 Fece sgorgare ruscelli dalla rupe e scorrere l'acqua a fiumi.

17 Eppure continuarono a peccare contro di lui, a ribellarsi all'Altissimo in luoghi aridi.

18 Nel loro cuore tentarono Dio, chiedendo cibo per la loro gola.

19 Parlarono contro Dio, dicendo: “Sarà capace Dio di preparare una tavola nel deserto?“.

20 Certo! Egli percosse la rupe e ne scaturì acqua e strariparono torrenti. “Saprà dare anche pane o procurare carne al suo popolo?“.

21 Perciò il Signore udì e ne fu adirato; un fuoco divampò contro Giacobbe e la sua ira si levò contro Israele,

22 perché non ebbero fede in Dio e non confidarono nella sua salvezza.

23 Diede ordine alle nubi dall'alto e aprì le porte del cielo;

24 fece piovere su di loro la manna per cibo e diede loro pane del cielo:

25 l'uomo mangiò il pane dei forti; diede loro cibo in abbondanza.

26 Scatenò nel cielo il vento orientale, con la sua forza fece soffiare il vento australe;

27 su di loro fece piovere carne come polvere e uccelli come sabbia del mare,

28 li fece cadere in mezzo ai loro accampamenti, tutt'intorno alle loro tende.

29 Mangiarono fino a saziarsi ed egli appagò il loro desiderio.

30 Il loro desiderio non era ancora scomparso, avevano ancora il cibo in bocca,

31 quando l'ira di Dio si levò contro di loro, uccise i più robusti e abbatté i migliori d'Israele.

32 Con tutto questo, peccarono ancora e non ebbero fede nelle sue meraviglie.

33 Allora consumò in un soffio i loro giorni e i loro anni nel terrore.

34 Quando li uccideva, lo cercavano e tornavano a rivolgersi a lui,

35 ricordavano che Dio è la loro roccia e Dio, l'Altissimo, il loro redentore;

36 lo lusingavano con la loro bocca, ma gli mentivano con la lingua:

37 il loro cuore non era costante verso di lui e non erano fedeli alla sua alleanza.

38 Ma lui, misericordioso, perdonava la colpa, invece di distruggere. Molte volte trattenne la sua ira e non scatenò il suo furore;

39 ricordava che essi sono di carne, un soffio che va e non ritorna.

40 Quante volte si ribellarono a lui nel deserto, lo rattristarono in quei luoghi solitari!

41 Ritornarono a tentare Dio, a esasperare il Santo d'Israele.

42 Non si ricordarono più della sua mano, del giorno in cui li aveva riscattati dall'oppressione,

43 quando operò in Egitto i suoi segni, i suoi prodigi nella regione di Tanis.

44 Egli mutò in sangue i loro fiumi e i loro ruscelli, perché non bevessero.

45 Mandò contro di loro tafani a divorarli e rane a distruggerli.

46 Diede ai bruchi il loro raccolto, alle locuste la loro fatica.

47 Devastò le loro vigne con la grandine, i loro sicomòri con la brina.

48 Consegnò alla peste il loro bestiame, ai fulmini le loro greggi.

49 Scatenò contro di loro l'ardore della sua ira, la collera, lo sdegno, la tribolazione, e inviò messaggeri di sventure.

50 Spianò la strada alla sua ira: non li risparmiò dalla morte e diede in preda alla peste la loro vita.

51 Colpì ogni primogenito in Egitto, nelle tende di Cam la primizia del loro vigore.

52 Fece partire come pecore il suo popolo e li condusse come greggi nel deserto.

53 Li guidò con sicurezza e non ebbero paura, ma i loro nemici li sommerse il mare.

54 Li fece entrare nei confini del suo santuario, questo monte che la sua destra si è acquistato.

55 Scacciò davanti a loro le genti e sulla loro eredità gettò la sorte, facendo abitare nelle loro tende le tribù d'Israele.

56 Ma essi lo tentarono, si ribellarono a Dio, l'Altissimo, e non osservarono i suoi insegnamenti.

57 Deviarono e tradirono come i loro padri, fallirono come un arco allentato.

58 Lo provocarono con le loro alture sacre e con i loro idoli lo resero geloso.

59 Dio udì e s'infiammò, e respinse duramente Israele.

60 Abbandonò la dimora di Silo, la tenda che abitava tra gli uomini;

61 ridusse in schiavitù la sua forza, il suo splendore in potere del nemico.

62 Diede il suo popolo in preda alla spada e s'infiammò contro la sua eredità.

63 Il fuoco divorò i suoi giovani migliori, le sue fanciulle non ebbero canti nuziali.

64 I suoi sacerdoti caddero di spada e le loro vedove non fecero il lamento.

65 Ma poi il Signore si destò come da un sonno, come un eroe assopito dal vino.

66 Colpì alle spalle i suoi avversari, inflisse loro una vergogna eterna.

67 Rifiutò la tenda di Giuseppe, non scelse la tribù di Èfraim,

68 ma scelse la tribù di Giuda, il monte Sion che egli ama.

69 Costruì il suo tempio alto come il cielo, e come la terra, fondata per sempre.

70 Egli scelse Davide suo servo e lo prese dagli ovili delle pecore.

71 Lo allontanò dalle pecore madri per farne il pastore di Giacobbe, suo popolo, d'Israele, sua eredità.

72 Fu per loro un pastore dal cuore integro e li guidò con mano intelligente.

_________________ Note

78,1 Ampio salmo sapienziale e lunga riflessione sulla storia d’Israele, tra le vicende dell’esodo e l’istituzione della monarchia. È la celebrazione dell’amore e della fedeltà di Dio, nonostante le infedeltà dell’uomo.

78,2 parabola ed enigmi: hanno qui il significato di insegnamenti (testo citato in Mt 13,34-35).

78,9 Passo di difficile interpretazione. Potrebbe riferirsi alla divisione del regno unitario, dopo la morte di Salomone (1Re 12). Èfraim designa il regno settentrionale (o di Samaria).

78,12 Tanis: importante città egiziana, nella zona nord-orientale del delta del Nilo. Vedi anche v. 43.

78,43-51 Rievocazione delle “piaghe” d’Egitto (Es 7-12).

78,58 alture sacre: le colline come luoghi di culto pagani.

78,60 Silo: era stata, all’epoca dei giudici, sede di un importante santuario.

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Approfondimenti

Infedeltà del popolo e fedeltà di Dio Salmo sapienziale

Il salmista passa brevemente in rassegna la storia biblica dall'esodo a Davide, evidenziando le infedeltà del popolo e gli interventi prodigiosi salvifici di Dio, perché si possa trarre insegnamento dalla storia passata, essere più fedele all'alleanza divina, e lodare il Signore per le sue meraviglie (v. 4). Il salmo è una composizione vivace, robusta, ricca di simboli e di numerose immagini che a volte mostrano una certa crudezza (vv. 65-66). Si ispira al Deuteronomio. Dopo il Sal 119 è il più lungo e uno dei meglio conservati di tutto il Salterio. Il metro nel TM è di 3 + 3 accenti. I versetti sono per lo più distici, ma non mancano i tristici. Tra un nutrito ventaglio di ipotesi per la sua datazione, la più attendibile lo fa risalire al sec. VIII a.C. a causa anche dell'espressione isaiana «Santo d'Israele» (v. 41). Il verbo «ricordare» (zkr) ha una certa importanza nel salmo (vv. 35.39.42) e si oppone a «dimenticare» (škḥ) (vv. 7.11). Inoltre lo distingue particolarmente la dottrina della “tradizione” della fede storica d'Israele esposta nei vv. 3-11. Il campo semantico e simbolico è spaziale, temporale, somatico, bellico, teriomorfo e antropomorfico.

Divisione:

  • vv. 1-2: introduzione sapienziale;
  • vv. 3-11: la teologia della storia;
  • vv. 12-72: il grande credo storico.

v. 1. «popolo mio»: il salmista con quest'espressione usuale sulla bocca di Dio (Sal 50,7) si sente suo rappresentante e sua voce. «mio insegnamento»: si usa in senso etimologico la parola torah (cfr. Prv 1,8; 3,1; 4,2; 7,2; Is 42,4).

v. 2. «parabole»: la voce māšāl (qui tradotta con «parabola») indica ogni genere di insegnamento sapienziale (sentenza, enigma, poema, detto, oracolo...). Qui sottolinea l'importanza dell'insegnamento della storia. «arcani»: il termine hîdôt designa i detti enigmatici che nascondono agli occhi superficiali verità profonde, che richiedono uno sforzo e un impegno per farle emergere. «dei tempi antichi»: il salmista sapiente delimita il campo della ricerca. Egli invita a scoprire il significato, la teologia della storia passata: è indicato così il contenuto del salmo.

vv. 3-11. In questi versetti si ha un richiamo al dovere della tradizione (vv. 3-6) e la finalità della stessa: porre in Dio la fiducia, e non dimenticare le sue meraviglie, i suoi comandi e dargli lode (v. 7) per non ricadere nei peccati di ribellione dei padri (vv. 8-11).

vv. 3-4. «Ciò che abbiamo udito e conosciuto... non lo terremo nascosto»: si esprime molto chiaramente il concetto di tradizione, cfr. Dt 4,9; 32,7; Sal 44,2; Prv 4,3-4.

v. 5. «testimonianza... legge»: i due termini sono in coppia anche in Sal 19,8, cfr. Sal 81,5-6. La testimonianza (‘edût) è il protocollo, l'attestazione ufficiale dell'alleanza di Dio con Israele, mentre la «legge» (torah) qui è intesa, a differenza del v. 1, proprio come contenuto pratico della testimonianza, cioè come «decreto» che obbliga e vincola Dio e l'uomo.

v. 9. «valenti tiratori d'arco..»: la tribù di Efraim è descritta come composta da forti soldati, ma che rifiutarono di combattere. È sconosciuta la circostanza storica della citazione; forse si allude a Nm 14,1-10; Gdc 1,22-36. Da alcuni il v. è ritenuto una glossa, che anticipa la polemica antisamaritana del v. 67.

v. 11. «Dimenticarono le sue opere...»: questo v. fa da cerniera. Conclude la prima parte del Salmo con un'inclusione del verbo «dimenticare» (škḥ) con il v. 7, e apre il corpo centrale del credo storico, accennando alle «opere» e «meraviglie» che verranno raccontate dopo (vv. 12-72).

vv. 12-72. La lunga pericope si può suddividere in: vv. 12-31: Egitto e deserto; vv. 32-41: infedeltà dei padri e pazienza di Dio; vv. 42-55: piaghe d'Egitto e possesso della terra; vv. 56-64: infedeltà al tempo dei giudici; vv. 65-72: risveglio del favore divino e elezione di Davide.

v. 17. «Eppure continuarono a peccare...»: tristemente l'orante commenta l'atteggiamento d'Israele che risponde in modo ingrato alla bontà di Dio.

v. 18. «tentarono Dio...»: si ricorda qui la tentazione di Massa e Meriba, più volte menzionata come tentazione “tipo” nella Bibbia, cfr. v. 15; Sal 95,9; 106,32.

v. 20. «Potrà forse dare anche pane..»: la frase si deve intendere come proferita dal popolo (cfr. qualcosa di simile in Gv 11,37). Si anticipa in questo versetto quanto sul «pane» (= manna) e sulla «carne» (quaglie) verrà descritto nei vv. 23-29. L'abbinamento dei due miracoli si trova anche in Es 16,12-13.

v. 24. «fece piovere.... pane del cielo»: è un paradosso, per esprimere l'abbondanza, cfr. Sal 105,40.

v. 25. «pane degli angeli»: secondo i LXX e Vulgata. II TM riporta «pane dei forti» (leḥem ’abbîrîm). La manna è il pane che rende forti.

v. 27. «fece piovere carne come polvere... come sabbia del mare»: il verbo «piovere» è già stato adoperato per il prodigio della manna (v. 24). Qui di nuovo con due paradossi si esprime la straordinaria abbondanza del prodigio divino.

v. 30. «cibo in bocca»: è una pennellata descrittiva della sazietà degli Israeliti, che aggrava il loro peccato e giustifica lo scoppio dell'ira di Dio del v. 31, cfr. Nm 11,33-34; Dt 32,15; Sal 106,14.

vv. 32-41. Il salmista riflette teologicamente e poeticamente sulla realtà del peccato d'Israele nel deserto. Si denuncia la perseveranza nel peccato (v. 32.40-41), il finto e insincero pentimento davanti al castigo (vv. 33-37) e il ripetuto perdono divino (v. 38-39).

v. 39. «ricordando che essi sono carne, un soffio...»: il ricordo della fragilità umana spinge Dio alla pietà verso il suo popolo, cfr. Gn 6,3.

v. 41. «il Santo d'Israele»: è un appellativo divino molto usato da Isaia. Nei salmi ricorre in 71,22 e 89,19.

vv. 42-55. Il salmista insiste ancora sul peccato di infedeltà del popolo che non si ricordò della sua mano prodigiosa e liberatrice dall'oppressione. Accenna alle piaghe d'Egitto (v. 43-51), alla partenza (v. 52), al passaggio del Mar Rosso (v. 53) e all'arrivo nella terra promessa (vv. 54-55). Si riportano solo sette piaghe: Nilo rosso (v. 44), tafani (v. 45a), rane (v. 45b), cavallette (v. 46), grandine (v. 47), moria del bestiame (v. 47), morte dei primogeniti (vv. 49-51), a differenza del Sal 105, 27-36 che ne elenca nove. Il salmista ha seguito la fonte J (che ne elenca sette) precedentemente all'unificazione con le altre tradizioni (E, P) confluite nella redazione finale del postesilio di Es 7-11 ove ne sono riportate dieci.

v. 51. «Cam»: appellativo poetico arcaico dell'Egitto (Gn 10,6; Sal 105,23.27; 106,12).

vv. 56-64. L'orante accenna all'infedeltà del popolo nella terra di Canaan all'epoca dei giudici. Si ricorda il peccato di idolatria (v. 58) e la forte reazione di Dio, che culmina con la grave disfatta d'Israele a opera dei Filistei, con le stragi e i lutti che ne seguirono, la cattura dell'arca e il rapido declino del tempio di Silo (vv. 56-64).

v. 58. «Lo provocarono con le loro alture»: ci si riferisce ai santuari cananei, luoghi di culto idolatrico sulle cime delle colline, cfr. Gdc 10,6-7; Dt 32,21.

v. 60. «Abbandonò la dimora di Silo»: ciò è significato dalla cattura dell'arca del Signore, cfr. 1Sam 4,1-11. Il santuario di Silo è ricordato in seguito solo in Ger 7,12.14; 26,6.

v. 61. «la sua gloria»: il poeta fa riferimento all'arca dell'alleanza, trono di Dio, e segno della sua gloria. L'espressione riecheggia 1Sam 4,22.

v. 64. «I suoi sacerdoti caddero di spada»: oltre al senso generale, probabilmente si allude ai due figli del sacerdote Eli, Ofni e Finees dimostratisi empi, che caddero nella battaglia di Afek (1Sam 4,11); «le loro vedove non fecero lamento»: cfr. in 1Sam 4,19-22 il comportamento della moglie di Finees, che fu colta dalle doglie del parto alla notizia della tragedia della morte del suocero, del marito e della cattura dell'arca.

vv. 65-72. Dopo queste alterne vicende della storia biblica, passate in rassegna tra infedeltà del popolo e perdono divino, il salmista negli ultimi versetti, chiudendo in positivo e con ottimismo, presenta il Signore che, in forza dell'elezione, non può abbandonare il suo popolo in preda alla più umiliante condizione. La rapida successione dei verbi di azione che hanno per soggetto Dio, in questi versetti, mostra, anche ritmicamente, la grande sollecitudine per il suo popolo.

v. 65. «si destò come da un sonno... come un prode...»: è un forte antropomorfismo. L'immagine può richiamare il risveglio di Sansone (Gdc 16,14). Si riferisce a Dio, in Sal 44,24-25; 59,5; Is 51,9.

v. 67. «Ripudiò le tende di Giuseppe..»: il salmista allude al rigetto delle tribù del centro-nord (costituenti in seguito il regno del Nord) rappresentate dalle tribù discendenti di Giuseppe, che viene ricordato con il figlio Efraim, per il ruolo avuto nella schiacciante sconfitta d'Israele al tempo dei giudici per opera dei Filistei, menzionata nei vv. 60-64. Per Giuseppe ed Efraim designanti il regno del Nord, cfr. Am 5,6; Os 4,17; Is 9,8; Ez. 37,16.

v. 68. «elesse la tribù di Giuda»: essa solo con la dinastia davidica acquista un ruolo importante nella storia d'Israele, sebbene già profetizzato in Gn 49,10; Nm 24,5-9.17-19. «il monte Sion»: cfr. Sal 87,3; 132,13-14.

v. 69. «Costruì il suo tempio»: secondo il salmista è Dio stesso a costruire il tempio. Questo però, progettato da Davide (2Sam 7,2-5), fu costruito difatti dal figlio Salomone (1Re 6); «alto come il cielo... stabile per sempre»: come la terra e come il cielo il santuario divino, fondato da Dio, non può non avere anch'esso stabilità cosmica. L'espressione «alto come il cielo» ricorda la torre di Babele (Gn 11,4).

v. 70. «scelse Davide...»: per l'elezione di Davide, cfr. 1Sam 16; 2Sam 7,8-9; 1Re 11; Sal 89.

v. 72. «Fu per loro pastore»: alla lett. «Fece pascere loro». Si elogiano le qualità di governo di Davide: egli è descritto come il perfetto sovrano che guida il suo popolo, come il Signore l'aveva guidato nel deserto (v. 52).

Nel NT il v. 2 del salmo è citato da Mt 13,35.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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MEDITAZIONE SUL PASSATO D’ISRAELE 1 Al maestro del coro. Su “Iedutùn”. Di Asaf. Salmo.

2 La mia voce verso Dio: io grido aiuto! La mia voce verso Dio, perché mi ascolti.

3 Nel giorno della mia angoscia io cerco il Signore, nella notte le mie mani sono tese e non si stancano; l'anima mia rifiuta di calmarsi.

4 Mi ricordo di Dio e gemo, medito e viene meno il mio spirito.

5 Tu trattieni dal sonno i miei occhi, sono turbato e incapace di parlare.

6 Ripenso ai giorni passati, ricordo gli anni lontani.

7 Un canto nella notte mi ritorna nel cuore: medito e il mio spirito si va interrogando.

8 Forse il Signore ci respingerà per sempre, non sarà mai più benevolo con noi?

9 È forse cessato per sempre il suo amore, è finita la sua promessa per sempre?

10 Può Dio aver dimenticato la pietà, aver chiuso nell'ira la sua misericordia?

11 E ho detto: “Questo è il mio tormento: è mutata la destra dell'Altissimo”.

12 Ricordo i prodigi del Signore, sì, ricordo le tue meraviglie di un tempo.

13 Vado considerando le tue opere, medito tutte le tue prodezze.

14 O Dio, santa è la tua via; quale dio è grande come il nostro Dio?

15 Tu sei il Dio che opera meraviglie, manifesti la tua forza fra i popoli.

16 Hai riscattato il tuo popolo con il tuo braccio, i figli di Giacobbe e di Giuseppe.

17 Ti videro le acque, o Dio, ti videro le acque e ne furono sconvolte; sussultarono anche gli abissi.

18 Le nubi rovesciavano acqua, scoppiava il tuono nel cielo; le tue saette guizzavano.

19 Il boato dei tuoi tuoni nel turbine, le tue folgori rischiaravano il mondo; tremava e si scuoteva la terra.

20 Sul mare la tua via, i tuoi sentieri sulle grandi acque, ma le tue orme non furono riconosciute.

21 Guidasti come un gregge il tuo popolo per mano di Mosè e di Aronne.

_________________ Note

77,1 La prima parte di questo salmo (vv. 2-11) contiene un accorato lamento dell’orante (forse il re o un importante personaggio che prega a nome del popolo), il quale sollecita l’intervento di Dio in favore dell’attuale situazione di grave sofferenza. Il salmo appartiene perciò al genere delle lamentazioni ma, nella seconda parte (vv. 12-21), si trasforma in un inno di fiducia, illuminato dalla speranza di un nuovo intervento di Dio.

77,3 l’anima mia rifiuta di calmarsi: vedi Sal 13,3 e nota relativa.

77,17 Allusione al passaggio delle acque del Mar Rosso e poi (vv. 18-19) alla manifestazione di Dio sul monte Sinai.

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Approfondimenti

Inneggiando alle gesta passate si supplica Dio per l'oggi Supplica collettiva (+ inno)

Il salmista, pio e sensibile, uomo legato al suo popolo, di cui si fa interprete, è attento alle sorti della propria nazione che versa in uno stato, imprecisato storicamente, di malessere e di abbandono. Il salmo si presenta come una supplica individuale nella forma di un soliloquio notturno, per cui si avvicina al Sal 39; tuttavia per il contenuto di carattere generale e nazionale rientra nel genere delle “Suppliche collettive”. Si divide chiaramente in due parti, di cui la prima è una lamentazione (vv. 2-11) e la seconda un inno (vv. 12-21). Ma l'inno vero e proprio della seconda parte (vv. 14-21) riporta chiaramente nei vv. 17-20 un più antico inno preesistente. Ciò è segnalato tra l'altro nel TM dal cambiamento di ritmo (3 + 3 + 3 accenti) e dal linguaggio più arcaico e pittoresco rispetto al resto del carme, che è più lineare, meno vivace e più teologico. Il simbolismo è di carattere temporale, spaziale-cosmico e antropomorfico.

Divisione:

  • vv. 2-11 (I parte): lamento sulla situazione pre-sente;
  • vv. 12-21 (II parte): inno sulle gesta salvifiche e creatrici di Dio.

v. 2. «La mia voce sale a Dio»: lett. «La mia voce a Dio». L'espressione apre il primo e il secondo emistichio del versetto. È chiara la posizione enfatica di «la mia voce» (qôlî). Si tratta perciò di un grido pressante di aiuto al Signore perché interrompa il suo silenzio e intervenga in soccorso del salmista e insieme del popolo.

vv. 3-10. Il lamento si snoda a ondate in un'atmosfera di meditazione notturna. Il salmista «cerca» il Signore nel momento del travaglio e della prova, non può dormire e si interroga sull'amore di Dio, e sulla sua fedeltà all'alleanza (vv. 8-10).

v. 3. «io cerco il Signore»: l'orante esprime attraverso il verbo «cercare» (drš) il suo profondo anelito verso il Signore. «la mia mano è tesa»: in atteggiamento di preghiera (Sal 28,2; Es 17,11-12).

v. 4. «gemo, medito»: la preghiera è accompagnata anche dal pianto. Il tutto è avvolto da un'atmosfera di grande intensità di sentimenti.

v. 8. «ci respingerà per sempre?»: la domanda ricorre spesso nelle “Suppliche”, cfr. Sal 22,2; 74,1; 79,5.

v. 11. «è mutata la destra dell'Altissimo»: con un antropomorfismo il salmista conclude il suo soliloquio. Si convince che la mano destra del Signore, che ha compiuto i prodigi dell'esodo (Sal 118,15-16), ora è immobile, paralizzata, come la mano di un vecchio che non può più operare!

vv. 12-21. Ma la fede ha il sopravvento sull'amara finale della lamentazione. Anche se tutto porta a concludere a un cambiamento di atteggiamento di Dio, il ricordo del suo passato glorioso e prodigioso apre alla speranza e all'ottimismo.

vv. 12-13. Questi versetti incorniciano l'inno attraverso la teologia del “memoriale”. Due volte è ripetuto il verbo «ricordare» (zkr) nel v. 12 e verbi equivalenti nel v. 13.

14-16. Si esalta la grandezza di Dio e i suoi prodigi nella storia del popolo d'Israele. Il v. 21, che chiude allo stato attuale il salmo, ne è la continuazione.

v. 14. «santa è la tua via»: lett. «nella santità la tua via». Si esprime il comportamento (= via) di Dio nell'assoluta trascendenza e separazione (= santità) da altre ipotetiche divinità.

v. 16. «i figli di Giacobbe e di Giuseppe»: l'espressione ricorre solo qui nell'AT. Specifica «il tuo popolo» (del primo emistichio).

v. 17-20. Si fondono insieme nella stessa celebrazione corale due motivi: si esalta la potenza di Dio nel prodigio del Mar Rosso e sulle acque del caos primitivo nel momento della creazione.

v. 17. «Ti videro le acque»: le acque sono personalizzate come nel Sal 114,3.

vv. 18-19. La descrizione teofanica si riveste dei contorni delle manifestazioni teofaniche del Sinai (Es 19), ma cfr. anche Sal 18,8-16; 29; Ab 3,11.

v. 20. «Sul mare passava la tua via»: il riferimento è al Mar Rosso. «le tue orme rimasero invisibili»: sebbene Dio operò efficacemente per la liberazione, tuttavia, la sua azione ha sempre qualcosa di misterioso e trascendente. È la via della fede che fa scorgere la via di Dio. Per l'immagine, cfr. Sir 24,5; Sap 19,7-8.  v. 21. «Guidasti come gregge...»: Dio, pastore e guida invisibile del suo popolo (Sal 23), si è servito anche di guide visibili, politiche e religiose come Mosè e Aronne. Implicitamente si sottintende, poiché il carme è aperto alla speranza futura, che il Signore continuerà a farlo. La salvezza passata è caparra e anticipo della futura (Is 63,11-14). Così il Sal 77, apertosi con un lamento appassionato, si conclude con la fiducia e la speranza nel pastore divino.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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CANTO DI VITTORIA 1 Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Salmo. Di Asaf. Canto.

2 Dio si è fatto conoscere in Giuda, in Israele è grande il suo nome.

3 È in Salem la sua tenda, in Sion la sua dimora.

4 Là spezzò le saette dell'arco, lo scudo, la spada, la guerra.

5 Splendido tu sei, magnifico su montagne di preda.

6 Furono spogliati i valorosi, furono colti dal sonno, nessun prode ritrovava la sua mano.

7 Dio di Giacobbe, alla tua minaccia si paralizzano carri e cavalli.

8 Tu sei davvero terribile; chi ti resiste quando si scatena la tua ira?

9 Dal cielo hai fatto udire la sentenza: sbigottita tace la terra,

10 quando Dio si alza per giudicare, per salvare tutti i poveri della terra.

11 Persino la collera dell'uomo ti dà gloria; gli scampati dalla collera ti fanno festa.

12 Fate voti al Signore, vostro Dio, e adempiteli, quanti lo circondano portino doni al Terribile,

13 a lui che toglie il respiro ai potenti, che è terribile per i re della terra.

_________________ Note

76,1 È questo il terzo dei “canti di Sion” (vedi nota a Sal 46). Dio è visto ergersi a difesa della città, sua dimora, e intento a sbaragliare i nemici che la minacciano (l’appellativo terribile al v. 8 intende designare questa sua opera di difensore della città). Il salmo probabilmente allude alla vittoria riportata sull’esercito del re assiro Sennàcherib che, nel 701, aveva assediato Gerusalemme (2Re 19,35).

76,3 Salem: l’antico nome di Gerusalemme (vedi Gen 14,18).

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Approfondimenti

Inno a Dio splendido e terribile in Sion Cantico di Sion

Sulla scia dei Sal 46 (di cui è chiamato “salmo fratello”) e 48, il Sal 76 celebra Dio grande e terribile abitante in Sion, che mostra la sua potenza invincibile, sconfiggendo i suoi nemici e salvando gli «umili» della terra. Come per i Sal 46 e 48 i sostenitori dell'interpretazione storica adducono prevalentemente la circostanza della disfatta di Sennacherib alle porte di Gerusalemme (701 a.C.) sotto il re Ezechia (2Re 18,13-19,37). La traduzione greca dei LXX sembra accreditare tale tesi aggiungendo dopo il titolo (v. 1) l'espressione odē pros ton Assyrion (canto sull'Assiro). Tuttavia, come per i precedenti salmi, l'interpretazione storico-escatologica, che va al di là del fatto storico particolare, è più convincente. La simbologia spaziale è evidente: Sion e Dio dimorante in essa sono al centro della scena. È presente inoltre la simbologia militare (vv. 2-7) e quella giudiziaria (vv. 8-13). La lingua è arcaizzante e il salmo è ben ordinato e equilibrato nel suo impianto strutturale. Gerusalemme è chiamata con il nome antico di Šālēm (Gn 14,18; Eb 7,1-2). Non manca una certa solennità. Il ritmo nel TM è dato prevalentemente da 3 + 3 accenti. La divisione è in quattro strofe, di cui le prime due hanno carattere specificatamente bellico, e le altre giudiziario. Le prime due iniziano con un participio passivo (nifal) in posizione enfatica: «conosciuto» (nôda‘), «splendido» (na’ôr).

Divisione: vv. 2-4 (I strofa): scena bellica in Gerusalemme; vv. 5-7 (II strofa): scena bellica sui monti; vv. 8-10: (III strofa): scena giudiziaria in cielo; vv. 11-13 (IV strofa): scena giudiziaria sulla terra.

v. 2. «Dio è conosciuto». Il participio «conosciuto» (nôda‘) è in posizione enfatica. Indica una conoscenza vera, profonda secondo il significato biblico del verbo «conoscere». «in Giuda e in Israele»: a ragione del parallelismo sinonimico dei due emistichi, il binomio Giuda-Israele ha forza di coppia di termini-polari, indicanti la totalità del popolo eletto e soprattutto l'unità religiosa nella professione di fede in Dio (cfr. Sal 114,2). «è grande il suo nome»: la grandezza di Dio (nome = Dio stesso) è contemplata dal punto di vista della sua permanenza in Gerusalemme (v. 3) e della sua azione liberatrice in favore de suo popolo (v. 4).

v. 3. «Gerusalemme»: in ebr. Šālēm. E una designazione poetica e arcaizzante di Gerusalemme. In Gn 14,18 si parla di Melchisedek come «re di Salem». Chiamando Sion con tale nome la si vuole collegare ad Abramo (Gn 14) e a Davide (Sal 110,4) e farvi risalire l'origine del culto. Nel Sal 46,5, si accenna al Dio «altissimo» (‘elyôn) di cui Melchisedek era sacerdote (Gn 14,18-19).

v. 4. «Qui spezzò...»: si indica il trionfo del Signore con simboli militari. «saette, scudo, spada, guerra»: cfr. Sal 46,10. Con la figura retorica della sineddoche è significata la totalità delle armi belliche, e la completa vittoria di Dio (Is 3,25; 21,15; 22,2; 30,32; Os 1,7; 2,20).

v. 6. «furono spogliati i valorosi...»: tutte le immagini di questo versetto denotano lo smarrimento dei nemici colti di sorpresa nel sonno, atterriti e confusi dall'azione militare sorprendente del Signore. Vengono alla mente le imprese rapide e fulminee descritte in particolar modo nel libro dei Giudici, cfr. Gdc 7,16-22.

v. 7. «Dio di Giacobbe»: cfr. Sal 20,2; 24,6; 46,8.12; 84,9. «carri e cavalli»: c'è il richiamo all'esodo (Es 15,1).

vv. 8-10. La scena si trasforma in giudiziario-escatologica. Dopo il Dio «conosciuto» e «splendido» che inizia le strofe precedenti, ora si incontra il Dio «terribile» (nôra’) in atto di giudicare dal cielo, sua abitazione eterna per eccellenza.

v. 8. «chi ti resiste...»: l'irresistibilità all'ira divina, è caratteristica del genere profetico-apocalittico, cfr. Gl 2,11; Ml 3,2.

v. 10. «per giudicare»: il verbo «giudicare» è di carattere militare-giuridico e di grande importanza nella teologia dei salmi (Sal 9-10,20; 35,23; 44,23.26; 74,22). «per salvare tutti gli umili della terra»: si sottolinea l'aspetto positivo del giudizio di Dio.

vv. 11-13. La scena giudiziaria si sposta sulla terra. Si accenna agli effetti della sentenza di Dio (v. 11) e si invita a essere fedeli al Signore «adempiendo i voti fatti», e a prestargli il culto dovuto portandogli «doni», in segno anche di sottomissione, se si vuole tener lontana la sua ira. Egli infatti è «terribile», soprattutto verso chi si vuole confrontare con lui: i potenti e i re della terra. Essi, colpiti dalla sua ira, rischiano anche di morire (Sal 2,12).

v. 11. «L'uomo colpito dal tuo furore...»: secondo Ger 13,11 e Sal 109,19, anche chi è stato colpito dalla potenza e giustizia di Dio, riconoscendolo, gli rende lode. Ma il v. 11 è soggetto anche ad altre interpretazioni a causa della corruzione del testo.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INNO DI LODE A DIO, GIUSTO GIUDICE 1 Al maestro del coro. Su “Non distruggere”. Salmo. Di Asaf. Canto.

2 Noi ti rendiamo grazie, o Dio, ti rendiamo grazie: invocando il tuo nome, raccontiamo le tue meraviglie.

3 Sì, nel tempo da me stabilito io giudicherò con rettitudine.

4 Tremi pure la terra con i suoi abitanti: io tengo salde le sue colonne.

5 Dico a chi si vanta: “Non vantatevi!”, e ai malvagi: “Non alzate la fronte!”.

6 Non alzate la fronte contro il cielo, non parlate con aria insolente.

7 Né dall'oriente né dall'occidente né dal deserto viene l'esaltazione,

8 perché Dio è giudice: è lui che abbatte l'uno ed esalta l'altro.

9 Il Signore infatti tiene in mano una coppa, colma di vino drogato. Egli ne versa: fino alla feccia lo dovranno sorbire, ne berranno tutti i malvagi della terra.

10 Ma io ne parlerò per sempre, canterò inni al Dio di Giacobbe.

11 Piegherò la fronte dei malvagi, s'innalzerà la fronte dei giusti.

_________________ Note

75,1 La regalità di Dio, che si farà visibile nel giudizio che egli pronunzierà sui malvagi e nella salvezza che offrirà ai giusti, è il motivo della lode di questo inno.

75,9 coppa, colma di vino drogato: rappresenta la punizione di Dio. È un’immagine che ricorre con una certa frequenza nei testi biblici (ad es. Is 51,17; Ger 49,12 51,7; Ez 23,31; Ab 2,16).

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Approfondimenti

La comunità ringrazia Dio per il suo giudizio Salmo di ringraziamento collettivo (+ oracolo e ammonizione profetica)

La comunità dei fedeli ringrazia solennemente il Signore per le sue meraviglie. Il salmo è abbastanza vivace e variegato nei suoi generi. Vi sono dei contatti letterari con il cantico di Anna (1Sam 2,1-10). Per la tematica si inserisce bene dopo il Sal 74, come sua continuazione. La lingua è un po' arcaizzante. La simbologia è spaziale (cosmica), temporale (storica). Per le immagini prevalenti si evidenziano quelle del giudizio di Dio e del «corno» (qeren), reso in italiano con «testa» nei vv. 5-6.

Divisione:

  • v. 2: ringraziamento (tôdâ) della comunità;
  • vv. 3-6: oracolo divino;
  • vv. 7-9: ammonizione (commento all'oracolo);
  • v. 10: ringraziamento;
  • v. 11: nuovo oracolo divino.

v. 2. «Noi ti rendiamo grazie...»: cfr. Sal 106,1; 118,1. L'espressione è ripetuta due volte e in posizione chiastica nel primo emistichio. La comunità ringrazia ripetutamente il Signore per le sue gesta meravigliose che intende diffondere. «le tue meraviglie»: ci si riferisce alle gesta di salvezza (= niplᵉ’ôt), soprattutto dell'esodo, ma i versetti seguenti concentrano il ringraziamento in particolar modo sul «giudizio» di Dio.

v. 3. «Nel tempo che avrò stabilito...»: il tempo del giudizio è fissato da Dio, secondo un suo calendario. Dio fa giustizia certamente (cfr. Gn 18,25; Sap 12,15-16). Non ha bisogno di essere sollecitato dagli empi e increduli, cfr. Is 5,19; Ez 12,21-28; Ab 1,2. «giudicherò con rettitudine»: il giudizio è retto, ristabilisce la giustizia, cfr. Sal 9,8-9. Esso si realizza nella storia, nel tempo, contro oppressori e empi (Sal 17,2; 58,2; 96,10; 98,9), e ha risonanza anche cosmica (cfr. Sal 11,3; 82,5; 96,10). Qui, in assenza di accenno ai nemici, il giudizio è soprattutto morale-escatologico.

v. 4. «Si scuota la terra...»: il dilagare dell'ingiustizia, del sopruso, dell'oppressione ecc. è paragonato qui a un terremoto nel campo della legge di Dio. Come quando si scuote la terra per il terremoto, Dio la tiene ferma sulle sue colonne e non la fa affondare nell'oceano primordiale, così egli, quando l'uomo ingiusto e empio scuote il suo ordine morale, intervenendo con il suo giudizio, ristabilisce l'ordine della giustizia. Dio è Dio della creazione e della liberazione!

vv. 5-6. «Non alzate la testa..»: lett. «non alzate il corno». La voce «corno» (qeren), tradotta qui con «testa» è presente due volte in questi versetti. Il «corno» è una metafora molto forte che indica potenza. In tal caso si tratta di sfida blasfema verso Dio. «contro il cielo»: lett. «contro l'alto» lammārôm), ossia contro Dio, l'eccelso (mārôm), cfr. Sal 64,9; 97,7; 140,9-10; 147,6. «Dio»: lett. «roccia». Dio è chiamato nel secondo emistichio «roccia» (sûr), un titolo divino comune nell'AT (cfr. Sal 18,3).

v. 7. «Non dall'oriente.»: si citano i quattro punti cardinali. Il deserto è quello del Negheb (sud) e le «montagne» sono quelle del Libano a nord.

v. 8. «abbatte l'uno e innalza l'altro»: cfr. 1Sam 2,1-10; Sir 10,14-17.

v. 9. «Poiché nella mano del Signore...»: cfr. Sal 11,6; 60,5. Con un'immagine apocalittica simbolica del «calice» e del «vino» si descrive plasticamente il giudizio universale finale («tutti gli empi della terra»), cfr. Gl 4,9-17. L'immagine ricorre spesso nell'AT, specialmente nei profeti.

v. 10. «Io invece esulterò...»: prende la parola il presidente litugico, o un rappresentante dell'assemblea, come spesso avviene nei salmi, per ringraziare il Signore, per il suo sicuro e equo intervento giudiziale.

v. 11. Con un nuovo oracolo divino, in una forma più decisiva, si ribadisce in sintesi quello precedente (vv. 3-6). Dio annuncia l'esecuzione della sentenza giudiziale: renderà ragione ai giusti innalzandoli, e agli empi malvagi annientandoli.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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SUPPLICA PER IL TEMPIO DISTRUTTO 1 Maskil. Di Asaf.

O Dio, perché ci respingi per sempre, fumante di collera contro il gregge del tuo pascolo?

2 Ricòrdati della comunità che ti sei acquistata nei tempi antichi.

Hai riscattato la tribù che è tua proprietà, il monte Sion, dove hai preso dimora.

3 Volgi i tuoi passi a queste rovine eterne: il nemico ha devastato tutto nel santuario.

4 Ruggirono i tuoi avversari nella tua assemblea, issarono le loro bandiere come insegna.

5 Come gente che s'apre un varco verso l'alto con la scure nel folto della selva,

6 con l'ascia e con le mazze frantumavano le sue porte.

7 Hanno dato alle fiamme il tuo santuario, hanno profanato e demolito la dimora del tuo nome;

8 pensavano: “Distruggiamoli tutti”. Hanno incendiato nel paese tutte le dimore di Dio.

9 Non vediamo più le nostre bandiere, non ci sono più profeti e tra noi nessuno sa fino a quando.

10 Fino a quando, o Dio, insulterà l'avversario? Il nemico disprezzerà per sempre il tuo nome?

11 Perché ritiri la tua mano e trattieni in seno la tua destra?

12 Eppure Dio è nostro re dai tempi antichi, ha operato la salvezza nella nostra terra.

13 Tu con potenza hai diviso il mare, hai spezzato la testa dei draghi sulle acque.

14 Tu hai frantumato le teste di Leviatàn, lo hai dato in pasto a un branco di belve.

15 Tu hai fatto scaturire fonti e torrenti, tu hai inaridito fiumi perenni.

16 Tuo è il giorno e tua è la notte, tu hai fissato la luna e il sole;

17 tu hai stabilito i confini della terra, l'estate e l'inverno tu li hai plasmati.

18 Ricòrdati di questo: il nemico ha insultato il Signore, un popolo stolto ha disprezzato il tuo nome.

19 Non abbandonare ai rapaci la vita della tua tortora, non dimenticare per sempre la vita dei tuoi poveri.

20 Volgi lo sguardo alla tua alleanza; gli angoli della terra sono covi di violenza.

21 L'oppresso non ritorni confuso, il povero e il misero lodino il tuo nome.

22 Àlzati, o Dio, difendi la mia causa, ricorda che lo stolto ti insulta tutto il giorno.

23 Non dimenticare il clamore dei tuoi nemici; il tumulto dei tuoi avversari cresce senza fine.

_________________ Note

74,1 Lo sfondo di questa lamentazione collettiva è la distruzione del tempio di Gerusalemme (avvenuta nel 587 a.C.) e la tragedia dell’esilio. Privata di ciò che più le stava a cuore (il tempio, il sacerdozio, le feste, la città santa), umiliata dall’arroganza dei nemici e, soprattutto, colpita dal silenzio del suo Dio, la comunità eleva un’intensa preghiera perché siano rinnovati i prodigi dell’esodo (vv. 12-17) e la sua sorte venga trasformata.

74,1 gregge del tuo pascolo: appellativo che designa il popolo d’Israele.

74,7 nome: indica Dio stesso.

74,13-14 Allusioni alla mitologia del Vicino Oriente antico, che vedeva in questi mostri (draghi e Leviatàn) delle forze ostili all’uomo e alla divinità.

74,19 tortora: simbolo del popolo d’Israele.

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Approfondimenti

Appello a Dio nel ricordo della distruzione del tempio Supplica collettiva

Il salmista, interpretando i sentimenti della comunità e rievocando con forti e plastiche immagini, quasi di un testimone, la distruzione del tempio e la sua profanazione, supplica il Signore perché si scuota dal torpore in cui sembra essere caduto. Il momento storico più probabile cui il salmo forse allude è quello della distruzione del tempio per opera dei Babilonesi (587 a.C.). Il salmo è il primo delle lamentazioni pubbliche di Asaf (Sal 74; 77; 79; 80), tutte affini letterariamente e tematicamente. Il testo, maestoso nel suo svolgersi, ma nello stesso tempo avvolto in un silenzio di morte, quello terribile di Dio, presenta delle difficoltà, alcuni hapax e qualche lacuna. Il ritmo nel TM è di 4 + 4 accenti. I verbi «ricordare» (zkr) e «dimenticare» (škḥ) fanno da leitmotiv (vv. 2.18.19.22.23). Incerta l'epoca di composizione. Il simbolismo riguarda lo spazio, il tempo e l'ostilità umana e divina.

Divisione:

  • v. 1: appello introduttivo;
  • vv. 2-9: I appello a Dio rievocando la distruzione del tempio;
  • vv. 10-17: II appello a Dio rievocando la liberazione esodale e la creazione;
  • vv. 18-23: III appello e supplica finale al Dio dell'alleanza.

v. 1. «O Dio, perché....»: nella forma di una doppia interrogazione retorica (cfr. Sal 9-10,22; 22,2; 44,25; 79,5) il salmista a nome della comunità, interroga angosciato Dio, pastore d'Israele, sulla situazione di abbandono presente del suo gregge, effetto del ripudio e della sua collera.

vv. 2-9. Il salmista, ricordando a Dio il diritto di proprietà sul suo popolo acquistato al tempo dell'esodo e condotto attraverso il deserto fino alla terra promessa (Es 15,13) (v. 2), richiama la sua attenzione sulla situazione attuale seguita alla distruzione del tempio, rievocata con intensa partecipazione e forte realismo (vv. 3-9).

v. 8. «tutti i santuari di Dio nel paese»: si tratta dei santuari locali, ove si custodivano le memorie dei patriarchi, lasciati esistere anche dopo la stessa riforma di Giosia (622 a. C.), che aveva centralizzato il culto nel tempio di Gerusalemme.

vv. 10-17. Con altre due domande retoriche inizia il secondo appello. Si adducono le ragioni (teologiche) per spingere Dio a intervenire. Sono di carattere storico e cosmologico. Scopo dell'orante è quello di ricordare a Dio che gli avversari del suo popolo sono anche i suoi avversari. Questi disprezzano lui («il suo nome»), e quindi egli, che è «re» d'Israele fin dai tempi antichi e che ha operato prodigi di salvezza, specialmente nell'esodo e prima ancora nella creazione, non può stare inerte a guardare. Dal v. 13 al v. 17 il ricordo delle azioni mirabili di Dio è scandito dal pronome personale «tu» (’attâ) che si ripete sette volte quasi sempre in posizione enfatica.

v. 11. «trattieni in seno la destra»: è un antropomorfismo per indicare inerzia e immobilismo.

v. 14. «Leviatan»: come mostro marino è presente in altri passi biblici, cfr. Sal 104,26; Gb 3,8; 40,25-41,26.

vv. 18-23. Questo appello finale si apre come il primo (v. 2) con l'imperativo «Ricorda» (zᵉkoōr). Si tratta di una perorazione finale che riassume i motivi addotti negli appelli precedenti, tendenti a scuotere e a far intervenire Dio. Incerta l'interpretazione dei vv. 19-20 dal momento che il testo è in disordine.

v. 22. «Sorgi, Dio..»: cfr. Sal 7,7. «difendi la tua causa»: Dio stesso è spronato a difendersi, perché nessuno più di lui e meglio di lui può farlo.

Nel NT la distruzione del tempio dei vv. 3-9 ha un'eco in Mt 24,2.15. Cristo stesso è il nuovo tempio (Gv 2,19-21) e i cristiani a loro volta sono chiamati tempio di Dio (1Cor 3,9.16).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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SALMI – LIBRO TERZO (73-89)

LA FEDE DEL GIUSTO MESSA ALLA PROVA 1 Salmo. Di Asaf.

Quanto è buono Dio con gli uomini retti, Dio con i puri di cuore!

2 Ma io per poco non inciampavo, quasi vacillavano i miei passi,

3 perché ho invidiato i prepotenti, vedendo il successo dei malvagi.

4 Fino alla morte infatti non hanno sofferenze e ben pasciuto è il loro ventre.

5 Non si trovano mai nell'affanno dei mortali e non sono colpiti come gli altri uomini.

6 Dell'orgoglio si fanno una collana e indossano come abito la violenza.

7 I loro occhi sporgono dal grasso, dal loro cuore escono follie.

8 Scherniscono e parlano con malizia, parlano dall'alto con prepotenza.

9 Aprono la loro bocca fino al cielo e la loro lingua percorre la terra.

10 Perciò il loro popolo li segue e beve la loro acqua in abbondanza.

11 E dicono: “Dio, come può saperlo? L'Altissimo, come può conoscerlo?“.

12 Ecco, così sono i malvagi: sempre al sicuro, ammassano ricchezze.

13 Invano dunque ho conservato puro il mio cuore, e ho lavato nell'innocenza le mie mani!

14 Perché sono colpito tutto il giorno e fin dal mattino sono castigato?

15 Se avessi detto: “Parlerò come loro”, avrei tradito la generazione dei tuoi figli.

16 Riflettevo per comprendere questo ma fu una fatica ai miei occhi,

17 finché non entrai nel santuario di Dio e compresi quale sarà la loro fine.

18 Ecco, li poni in luoghi scivolosi, li fai cadere in rovina.

19 Sono distrutti in un istante! Sono finiti, consumati dai terrori!

20 Come un sogno al risveglio, Signore, così, quando sorgi, fai svanire la loro immagine.

21 Quando era amareggiato il mio cuore e i miei reni trafitti dal dolore,

22 io ero insensato e non capivo, stavo davanti a te come una bestia.

23 Ma io sono sempre con te: tu mi hai preso per la mano destra.

24 Mi guiderai secondo i tuoi disegni e poi mi accoglierai nella gloria.

25 Chi avrò per me nel cielo? Con te non desidero nulla sulla terra.

26 Vengono meno la mia carne e il mio cuore; ma Dio è roccia del mio cuore, mia parte per sempre.

27 Ecco, si perderà chi da te si allontana; tu distruggi chiunque ti è infedele.

28 Per me, il mio bene è stare vicino a Dio; nel Signore Dio ho posto il mio rifugio, per narrare tutte le tue opere.

_________________ Note

73,1 Solo comprendendo il disegno di Dio è possibile dare senso alle contrastanti situazioni in cui si svolge la vita dell’uomo. Il salmo, che appartiene al genere delle lamentazioni, esplicita la dottrina della retribuzione (Dio premia il giusto e punisce il malvagio) e guida al superamento della tentazione e della prova.

73,7 Il grasso è simbolo di benessere, ma anche di insensibilità religiosa.

73,21 Allusione al dolore e alla indignazione provocati dai confronti con il malvagio.

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Approfondimenti

Il cuore puro e la giustizia di Dio Salmo sapienziale (+ motivi di lamentazione, di fiducia e di ringraziamento)

Questo salmo è stato chiamato con una felice espressione “canto del cuore” per le numerose ricorrenze della voce «cuore» (lēbāb) (vv. 1.7.13.21.26b). Rispecchia la tematica dei Sal 37 e 39 e quella sviluppata nel libro di Giobbe. Dal punto di vista letterario si è in presenza di un vero capolavoro di poesia e di lirismo. Da una grande tensione psicologica, a volte anche drammatica, si arriva nel finale a una quiete profonda dei sentimenti ispirata dalla fiducia piena in Dio. Brevemente il salmo presenta il dramma della tentazione del giusto di imitare l'agire dell'empio, il suo travaglio interiore e il superamento espresso dalla confessione solida nella fiducia in Dio. Il ritmo nel TM è di 3 + 3 accenti. È molto usato il parallelismo. Il campo semantico e simbolico è dato dallo spazio, dal tempo, dai riferimenti al corpo (cuore, piedi, corpo, grasso, bocca, lingua, mani, occhi, carne), e dalla psicologia.

Divisione:

  • v. 1: introduzione tematica;
  • vv. 2-16: la vita dell'empio e del giusto (dittico);
  • vv. 17-27: la sorte dell'empio e del giusto (dittico);
  • v. 28: conclusione.

v. 1. «Quanto è buono Dio con i giusti, con gli uomini...»: è un'esclamazione e una professione di fede sulla bontà di Dio verso i giusti suoi fedeli. È il punto di sbocco della tentazione del salmista, il cui travaglio è descritto nel corpo del salmo (vv. 2-27). Esso è all'inizio, in pendant con il v. 28.

vv. 2-16. Il salmista descrive il proprio travaglio interiore e la tentazione di invidia verso i prepotenti malvagi (vv. 2-3. 13-16) che prosperano (vv. 4-5), si inorgogliscono, sono violenti, covano malizia (vv. 6-8) e, oltre a opprimere gli uomini, osano sfidare anche Dio, mettendo in dubbio la sua onniscienza (vv. 9-11).

v. 3. «perché ho invidiato...»: nei libri sapienziali si mette in guardia contro siffatta invidia, cfr. Prv 3,31; Sal 37 1.7. «la prosperità dei malvagi...»: cfr. Gb 21,7.9.

v. 7. «Esce l'iniquità dal loro grasso»: l'immagine è molto plastica. Per l'obesità come segno di benessere, cfr. Dt 32,15; Gdc 3,17-22; Ger 46,21; Gb 15,27.

v. 9. «cielo... terra»: espressione polare per indicare l'intero universo.

v. 11. «Come può saperlo Dio»: si tratta dell'ateismo pratico, altre volte espresso dagli empi, cfr. Sal 9-10, 32; 94,7.

v. 13. «ho lavato nell'innocenza le mie mani». Il salmista esprime così la propria rettitudine morale, cfr. Sal 26,6; Dt 21,6-7.

vv. 17-27. L'orante riferisce sul superamento della tentazione, dopo la contemplazione e la preghiera compiuta nel tempio (v. 17) e la certezza che ne ha ricevuto sulla fine tragica degli empi (vv. 18-20).

v. 22. «davanti a te stavo come una bestia»: ritornando con il pensiero al tempo della tentazione cui quasi cedeva, l'orante nel dialogo intenso con il Signore si autodefinisce con il titolo dispregiativo di «bestia», cioè privo di intelligenza, cfr. Gb 18,3; Prv 30,2.

v. 25. «Chi altri avrò per me in cielo...»: espressione di grande fede e fiducia in Dio solo, cfr. Sal 16,2-3.

v. 26. «è Dio la mia sorte per sempre»: cfr. Sal 16,5; Nm 18,20; Dt 10,9.

v. 28. «Il mio bene...»: il salmista riconosce che il suo vero bene è la vicinanza di Dio, la sua familiarità. Di questo e delle meraviglie di Dio si farà, riconoscente, paladino e missionario.

Nel NT il v. 7 in riferimento al «grasso» dei ricchi è ripreso sarcasticamente da Gc 5,5; cfr. Fil 3,19.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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LA GLORIA DEL REGNO MESSIANICO 1 Di Salomone.

O Dio, affida al re il tuo diritto, al figlio di re la tua giustizia;

2 egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia e i tuoi poveri secondo il diritto.

3 Le montagne portino pace al popolo e le colline giustizia.

4 Ai poveri del popolo renda giustizia, salvi i figli del misero e abbatta l'oppressore.

5 Ti faccia durare quanto il sole, come la luna, di generazione in generazione.

6 Scenda come pioggia sull'erba, come acqua che irrora la terra.

7 Nei suoi giorni fiorisca il giusto e abbondi la pace, finché non si spenga la luna.

8 E dòmini da mare a mare, dal fiume sino ai confini della terra.

9 A lui si pieghino le tribù del deserto, mordano la polvere i suoi nemici.

10 I re di Tarsis e delle isole portino tributi, i re di Saba e di Seba offrano doni.

11 Tutti i re si prostrino a lui, lo servano tutte le genti.

12 Perché egli libererà il misero che invoca e il povero che non trova aiuto.

13 Abbia pietà del debole e del misero e salvi la vita dei miseri.

14 Li riscatti dalla violenza e dal sopruso, sia prezioso ai suoi occhi il loro sangue.

15 Viva e gli sia dato oro di Arabia, si preghi sempre per lui, sia benedetto ogni giorno.

16 Abbondi il frumento nel paese, ondeggi sulle cime dei monti; il suo frutto fiorisca come il Libano, la sua messe come l'erba dei campi.

17 Il suo nome duri in eterno, davanti al sole germogli il suo nome. In lui siano benedette tutte le stirpi della terra e tutte le genti lo dicano beato.

18 Benedetto il Signore, Dio d'Israele: egli solo compie meraviglie.

19 E benedetto il suo nome glorioso per sempre: della sua gloria sia piena tutta la terra. Amen, amen.

20 Qui finiscono le preghiere di Davide, figlio di Iesse. _________________ Note

72,1 Composto probabilmente in occasione della festa dell’intronizzazione di un re, questo salmo, in continuità con il Sal 2, ne delinea la figura ideale. I tratti salienti della regalità si manifestano nel praticare la giustizia e nel ricercare la pace. Il Signore, che Israele considera il suo vero re, non esita a porsi accanto all’uomo da lui stesso scelto e consacrato, per arricchirlo dei doni della prosperità, della vittoria e della stabilità. I vv. 5.11.17 costituiscono acclamazioni augurali che il popolo innalza al re, ma si aprono anche al più ampio orizzonte messianico. I vv. 18-20 concludono il secondo libro dei cinque in cui la tradizione ebraica suddivide il Salterio.

72,8 Si delineano i confini ideali del regno davidico. I due mari sono forse il Mediterraneo e il Mar Rosso. Il fiume è l’Eufrate.

72,10 Vengono elencati alcuni popoli lontani che, in segno di sottomissione, recano i loro tributi. I nomi delle loro terre (Tarsis, isole, Saba e Seba) vogliono sottolineare la loro provenienza remota.

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Approfondimenti

Programma del re ideale (Messia) Salmo regale

Si delinea la figura del re ideale che incarna quella del re divino. Il carme è preesilico, ma non si ha traccia degli aspetti più militareschi caratteristici dell'antica regalità (cfr. Sal 2). Vi si rispecchiano temi isaiani (cfr. Is 9,1-6; 11,1-9) si insiste più sugli aspetti sociali della pace e della giustizia. Certi voti augurali sono comprensibili alla presenza di un regnante contemporaneo. Perciò la composizione si può far risalire all'epoca isaiana o a quella del VII secolo (epoca di Giosia?). Come ambiente vitale (Sitz im Leben) si può pensare a una festa di incoronazione o di intronizzazione di qualche re. L'interpretazione messianica è data esplicitamente dal Targum che traduce così in aramaico il v. 1: «O Dio, da' al re-Messia le sentenze dei tuoi giudizi...». La tradizione cristiana ha assunto questa linea sulla base di Is 7-12 e Zc 9,9-10. La simbologia maggiormente sviluppata riguarda il sociale (correlato alla figura stessa del re), l'ambito bellico e quello cosmico-spaziale-temporale. Si sviluppano tre temi principali: la giustizia del re in favore dei poveri e oppressi (vv. 1-4.12-15), la prosperità della nazione in tempo di pace (vv. 5-7.16), il rispetto e l'ossequio dato al re da parte di sudditi e vassalli (vv. 8-11.17). Gli accenti nel TM sono 3 + 3. Il testo presenta qualche problema di trasmissione, specialmente nel v. 16, la cui traduzione è solo congetturale. La struttura è abbastanza unitaria, a parte la dossologia solenne finale (vv. 18-19) che chiude il secondo libro del Salmi. Si divide in:

  • vv. 1-2: preghiera introduttiva;
  • vv. 3-11 (I parte): voti augurali;
  • vv. 12-17 (II parte): promesse profetiche;
  • vv. 18-19: dossologia aggiuntiva.

v. 1. «al re... al figlio del re»: l'espressione «figlio del re», per parallelismo si riferisce allo stesso re e sottolinea la sua legittimità, essendo egli tale per successione dinastica legittima. «giudizio... giustizia»: queste virtù unite alla pace (v. 3) sono qualità che rafforzano e rendono valida la consacrazione regale (cfr. Is 32,16-18). Il «giudizio» (lett. «giudizi») indica le sentenze e le norme, che concretizzano l'esercizio della giustizia.

vv. 3-11. Il carattere augurale di questi versetti è dato dal modo dei verbi. Essi nel TM sono (eccetto che nel v. 10) fino al v. 11 al modo iussivo (il soggetto è posto dopo il verbo). Si descrivono gli effetti dell'esercizio della giustizia della regalità ideale, quella chiesta a Dio: pace, benessere, sicurezza, prosperità.

v. 3. «Le montagne...»: la giustizia esercitata dal re coinvolge anche la natura che si anima. I monti e le colline stessi personificati porteranno pace e giustizia, cfr. per la stessa immagine Is 52,7; Ez 36,8.

v. 4. «Ai miseri...»: si nominano i diretti interessati alla pace e alla giustizia di v. 3: «i miseri...i figli dei poveri». Il re li farà oggetto delle sue premure, abbattendo l'oppressore, cfr. Is 11,4; Ger 23,5-6.

v. 5. «Il suo regno durerà...»: il testo è incerto. Il TM ha yirā’ûkā (= ti temano), che i LXX e molti esegeti correggono in ya’arîk (= prolunghi). La lunghezza del regno è uno dei voti frequenti anche nella letteratura orientale. In Re 3,14 la lunghezza del regno di Salomone è condizionata alla sua fedeltà. Per Davide cfr. 2Sam 7,16; Sal 89,37-38.

v. 6. «come pioggia...»: la pioggia e l'acqua sono una benedizione per la terra arida di Palestina. Nell'AT esprimono anche le realtà sublimi della fede e della morale.

v. 7. «finché non si spenga la luna»: nella Bibbia si ricorre alla metafora della durata degli astri, che è relativa, ma rispetto alla vita dell'uomo sembra infinita, per paragonarvi la perennità delle istituzione divine (cfr. Gb 14,12; Lc 16,17).

v. 8. «E dominerà...»: cfr. Zc 9,10; Mic 7,12; Sal 89,26; Si delineano le frontiere del regno. «da mare a mare...dal fiume...»: si accenna all' estensione del dominio regale: «da mare a mare» cioè dal Mar Rosso (sud) al Mar Mediterraneo (nord), «dal fiume» (= Eufrate) (est), «fino ai confini della terra» (= ovest). Sono gli orizzonti ideali del regno di Davide e di Salomone (Sal 80,12; 1Re 5 1.4-5; 2Cr 9,26), ed è la promessa fatta a Abramo che si avvererà per il sovrano (Gn 15,18). L'orizzonte infinito di questo regno, che abbraccia tutti e quattro i punti cardinali, favorirà l'interpretazione messianica del salmo (cfr. Sir 44,21-23).

v. 9. «si piegheranno... lambiranno la polvere..»: si tratta di popoli nemici, aggressori o ribelli. L'immagine è resa anche plasticamente nell'arte figurativa orientale. Vedi ad es. l'“obelisco nero” su cui è raffigurato Ieu, re di Samaria in tale atteggiamento davanti a Salmanassar III, re assiro. Lambire la polvere è un gesto di sottomissione molto umiliante, cfr. Is 49,23; Mic 7 17.

v. 10. «I re di Tarsis... porteranno offerte»: cfr. Is 60,5-6. Si tratta dei lontani popoli vassalli sottomessi che recano i loro tributi. «Tarsis»: simbolicamente indica l'estremo confine occidentale e del mare aperto, oltre le famose “colonne d'Ercole” (Sal 48,8; Is 23,1). La localizzazione è incerta: Gibilterra, la Sardegna. In 1Re 10,22 e 2Cr 9,21 si nomina un'altra Tarsis localizzata nel golfo Arabico. «isole»: è una sineddoche (parte per il tutto) per indicare le isole e i paesi costieri del Mediterraneo e simbolizzare in genere le località marittime lontane. «i re degli Arabi»: lett. «i re di Šᵉbā». La località è identificata con l'Arabia Meridionale, chiamata anche «Arabia Felix» (cfr. Is 60,6; Ger 6,20; Ez 27,22; 38,13). «Saba»: lett. «Seba»»: la località è rapportata con la precedente Šᵉbā. In Gn 10, 7 è nominata come persona detta «figlio di Cush». Si identifica perciò con la Nubia e l'Etiopia.

v. 11. «A lui tutti i re si prostreranno...»: sotto forma di acclamazione si riassume quanto detto nei vv. 9-10, sottolineando l'universalità del dominio del re ideale. Si completa a livello spaziale quanto detto nell'acclamazione del v. 5 a livello temporale di durata del regno.

v. 14. «sarà prezioso ai suoi occhi il loro sangue»: con questa tipica espressione si sottolinea il rispetto per la vita umana, cfr. Gn 9,4-6; 1Sam 26,21; 2Re 1,13; Sal 116, 15.

v. 15. «Vivrà»: è meglio tradotto «Viva!» (verbo allo iussivo). Corrisponde all'acclamazione «Viva il re» (cfr. 1Sam 10,24; 1Re 1,25). «si pregherà»: meglio «si preghi» (verbo allo iussivo). La preghiera per il sovrano è frequente specialmente in tempo di guerra (cfr. Sal 20,2-3.10). Qui il salmista si augura che essa sia continua, perenne.

v. 16. «Abbonderà il frumento..»: è meglio tradurre «Ci sia abbondanza...» (verbo allo iussivo). La categoria dell'abbondanza è espressa con immagini vegetali. La benedizione usa lo schema tradizionale della prosperità dei frutti della terra.

v. 17. «Il suo nome duri...»: il verso conclude l'intero carme, richiamandosi ai vv. 5 e 11. Si ribadisce il concetto di universalità quanto al tempo (v. 17a) e quanto allo spazio (v. 17bc). La solenne benedizione riprende quella abramitica (Gn 12,3; 22,18; 26,4; Sal 21,7; Zc 8,13), cfr. Gn 15,18; 17,6.8.

vv. 18-19. Dossologia aggiuntiva. La finale «Amen, Amen» è la risposta ferma e fiduciosa dell'assemblea orante (cfr. Sal 106,48; Ap 22,20) che sigilla tutto il salmo e il secondo libro del Salterio.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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FIDUCIA IN DIO IN OGNI SITUAZIONE DELLA VITA 1 In te, Signore, mi sono rifugiato, mai sarò deluso.

2 Per la tua giustizia, liberami e difendimi, tendi a me il tuo orecchio e salvami.

3 Sii tu la mia roccia, una dimora sempre accessibile; hai deciso di darmi salvezza: davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!

4 Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio, dal pugno dell'uomo violento e perverso.

5 Sei tu, mio Signore, la mia speranza, la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.

6 Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno, dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno: a te la mia lode senza fine.

7 Per molti ero un prodigio, ma eri tu il mio rifugio sicuro.

8 Della tua lode è piena la mia bocca: tutto il giorno canto il tuo splendore.

9 Non gettarmi via nel tempo della vecchiaia, non abbandonarmi quando declinano le mie forze.

10 Contro di me parlano i miei nemici, coloro che mi spiano congiurano insieme

11 e dicono: “Dio lo ha abbandonato, inseguitelo, prendetelo: nessuno lo libera!“.

12 O Dio, da me non stare lontano: Dio mio, vieni presto in mio aiuto.

13 Siano svergognati e annientati quanti mi accusano, siano coperti di insulti e d'infamia quanti cercano la mia rovina.

14 Io, invece, continuo a sperare; moltiplicherò le tue lodi.

15 La mia bocca racconterà la tua giustizia, ogni giorno la tua salvezza, che io non so misurare.

16 Verrò a cantare le imprese del Signore Dio: farò memoria della tua giustizia, di te solo.

17 Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito e oggi ancora proclamo le tue meraviglie.

18 Venuta la vecchiaia e i capelli bianchi, o Dio, non abbandonarmi, fino a che io annunci la tua potenza, a tutte le generazioni le tue imprese.

19 La tua giustizia, Dio, è alta come il cielo. Tu hai fatto cose grandi: chi è come te, o Dio?

20 Molte angosce e sventure mi hai fatto vedere: tu mi darai ancora vita, mi farai risalire dagli abissi della terra,

21 accrescerai il mio onore e tornerai a consolarmi.

22 Allora io ti renderò grazie al suono dell'arpa, per la tua fedeltà, o mio Dio, a te canterò sulla cetra, o Santo d'Israele.

23 Cantando le tue lodi esulteranno le mie labbra e la mia vita, che tu hai riscattato.

24 Allora la mia lingua tutto il giorno mediterà la tua giustizia. Sì, saranno svergognati e confusi quelli che cercano la mia rovina.

_________________ Note

71,1 Confluiscono in questa lamentazione alcuni motivi già apparsi in diverse altre composizioni (i vv. 1-3 corrispondono a Sal 31,2-4a e forse riproducono un formulario che veniva usato per la richiesta del diritto di asilo, nel tempio). L’orante ha ormai varcato la soglia della vecchiaia e la sua preghiera rivela una profonda esperienza umana e spirituale. Su tutto prevale un sentimento di fiducia e gratitudine, che apre il cuore del fedele a un dialogo sereno con Dio, nelle cui mani sono posti il destino e le stagioni dell’esistenza.

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Approfondimenti

Supplica fiduciosa dell'anziano Supplica individuale [di un anziano] (+ motivi di fiducia, di lode e ringraziamento)

Il salmista, una persona anziana, amante della musica (vv. 22-24) supplica il Signore di salvarlo dalle mani dei nemici, empi, iniqui e oppressori (v. 4), che vedono nella sua vecchiaia un segno dell'abbandono di Dio. I versetti iniziali (1-3) di questo salmo corrispondono al Sal 31,2-4a. Per la figura dell'orante anziano il salmo 71 si avvicina al 92. Lo sviluppo tematico è a spirale con ritorno a motivi precedenti. È quasi antologico per le citazioni e reminiscenze di altri salmi (cfr. in particolare i Sal 22; 31; 35; 36; 40). Ciò tuttavia non fa difficoltà, data la psicologia della vecchiaia che ricorda volentieri il passato e fa uso di preghiere già conosciute, ricorrendo anche a ripetizioni e forzature. I personaggi sono quelli del triangolo delle suppliche: Dio, – io (con il suo passato e presente) – essi (i nemici). La simbologia è temporale, spaziale e teologica. La struttura si poggia su alcuni indizi formali: l'inclusione tra i vv. 1-3 e 22-24 (per le voci «giustizia» e «confondere»). Inoltre il v. 24b riprende i vv. 1 e 13 per il tema della «confusione». La tematica della «giustizia» di Dio occupa il primo posto nel salmo, ricorrendo 5 volte (vv. 2.15.16.19.24).

Divisione:

  • vv. 1-8: I parte;
  • vv. 9-11: II parte;
  • vv. 12-17: III parte;
  • vv. 18-24: IV parte.

I vv. 1-3, che riproducono il Sal 31,2-4a, unitamente a espressioni di fiducia, contengono appelli generici a Dio, perché ascolti e liberi l'orante. È la parte più stereotipa del salmo, e rispecchia un formulario adoperato anche per il diritto di asilo nel tempio (Sal 11,1; 16,1; 18,3.31; 25,20).

v. 4. Inizia la fisionomia propria del salmo. Esso contiene la richiesta specifica: la liberazione dalle mani dell'empio (rāšā), dell'iniquo (mᵉ‘awwēl) e dell'oppressore (ḥômēṣ). Le voci mᵉ‘awwēl e ḥômēṣ sono hapax! Questi nemici sono richiamati con altre specificazioni nei vv. 10-11. 13.24.

v. 5. «fin dalla mia giovinezza»: la giovinezza denota l'età dell'uomo in cui già si esercita la responsabilità, si incominciano a prendere delle decisioni e si fa la scelta dello stato di vita. L'espressione indica perciò che l'orante ha fatto una scelta per il Signore, coltivandone anche una speciale relazione amicale.

v. 6. «il mio sostegno»: la voce gôzî è enigmatica. Per espressioni simili, cfr. Sal 22,4.10-11.

v. 7. «un prodigio»: il termine ebraico corrispondente môpēt è ambivalente per indicare qualcosa che è oggetto, segno o simbolo di meraviglia sia in senso negativo (ludibrio, terrore: cfr. Dt 28,46; Gl 3,3; Sal 31,12) che positivo. Qui prevale quello positivo perché tutto il contesto dei vv. 5-8 è in chiave positiva. Il salmista dichiara che è diventato un segno, un simbolo, un esempio vivente per gli altri, di attaccamento e fiducia in Dio.

v. 13. «Siano confusi e annientati..»: è una reazione alquanto violenta dell'anziano salmista contro i suoi nemici (cfr. Ger 17,5-18). La breve imprecazione riproduce lo schema comune delle “Suppliche”. Il tema della confusione (verbo bwš) riguarda nel v. 1 lo stesso salmista e nei vv. 13 e 24 i nemici.

v. 15. «che non so misurare»: il salmista collega l'intervento salvifico di Dio nei suoi confronti, a tutti gli innumerevoli suoi atti salvifici nella storia a favore del suo popolo, cfr. Sal 139,17-18; Sir 43,28-30.

v. 17. «Tu mi hai istruito...»: l'orante anziano ricorda che da giovane, «fin dalla sua giovinezza», ha avuto come maestro di saggezza il Signore attraverso l'insegnamento concreto dei suoi «prodigi», i grandi fatti salvifici dell'alleanza (Sal 75,2; 96,3; 105,2.5; 145,5); da allora egli non ha smesso, anche nella vecchiaia e nella persecuzione dei nemici, di proclamare le meraviglie di Dio. La richiesta di essere istruiti da Dio è frequente nei salmi (cfr. 25,4.9; 143,10; 119).

v. 18. «a tutte le generazioni...»: è caratteristico degli atti di culto, sia a livello comunitario-nazionale (cfr. Sal 78,4) che personale (Sal 22,31-32), trasmettere a tutte le generazioni le meraviglie di Dio.

vv. 19-20. In questi versetti in forte contrasto vengono opposti la giustizia di Dio e l'altezza dei cieli (v. 19) alle angosce, sventure e abissi della terra (tᵉhōmôt hā’āreṣ) (v. 20). L'espressione così come giace è hapax. Designa qui il regno della morte descritto come il regno delle acque sotterranee primordiali.

vv. 22-24. Come spesso nelle suppliche individuali (cfr. Sal 22) alla fine del salmo c'è il ringraziamento. Qui si descrive il solenne ringraziamento liturgico (tôdâ), accompagnato dagli strumenti musicali classici come l'arpa e la cetra.

v. 22. «o mio Dio... o santo d'Israele»: il primo appellativo denota una certa familiarità e intimità dell'orante con Dio. Il secondo «santo d'Israele» denota la trascendenza di Dio, ma anche la vicinanza al suo popolo (Is 5,16.19; 6,3; 10,20; 12,6; 30,11).

v. 24. «quando saranno confusi...»: la seconda parte del v. 24 inizia nell'originale con la congiunzione «perché» (kî). Il poeta ricapitolando e in inclusione tematica con il v. 4, motiva ulteriormente la sua lode con la disfatta dei nemici, opera della giustizia di Dio.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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IMPLORAZIONE NELL’ANGUSTIA 1 Al maestro del coro. Di Davide. Per fare memoria.

2 O Dio, vieni a salvarmi, Signore, vieni presto in mio aiuto.

3 Siano svergognati e confusi quanti attentano alla mia vita. Retrocedano, coperti d'infamia, quanti godono della mia rovina.

4 Se ne tornino indietro pieni di vergogna quelli che mi dicono: “Ti sta bene!”.

5 Esultino e gioiscano in te quelli che ti cercano; dicano sempre: “Dio è grande!” quelli che amano la tua salvezza.

6 Ma io sono povero e bisognoso: Dio, affréttati verso di me. Tu sei mio aiuto e mio liberatore: Signore, non tardare.

_________________ Note

70,1 Già presente integralmente in Sal 40,14-18, questa composizione appartiene al genere delle lamentazioni individuali.

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Approfondimenti

Vieni presto, mio Dio Supplica individuale

Questo salmo appartenente al salterio “elohista” è riprodotto in un modo più completo nella forma “jahvistica” nel Sal 40, 14-18, di cui con poche varianti costituisce la strofa finale. Il salmo è unitario e ha un proprio titolo. Un'inclusione data dall'imperativo «vieni presto» (ḥûšāh) (vv. 2.6) ne racchiude la struttura. L'espressione «in memoria» (lᵉhazkîr) contenuta nel titolo fa pensare all'uso liturgico del salmo nel sacrificio dell'azkārâ (cfr. Lv 2,2-16; 5,11-12; 6,8). Il salmo è diventato famoso per il versetto iniziale (v. 2) usato come invitatorio in molte celebrazioni liturgiche. La struttura è la seguente:

  • v. 2: invitatorio;
  • vv. 3-5: corpo del salmo;
  • v. 6: conclusione (appello all'intervento sollecito di Dio).

v. 3. «quanti attentano alla mia vita»: il Sal 40,15 attenua l'espressione dicendo: «quanti cercano di togliermi la vita».

v. 4. «quelli che mi deridono»: lett. «quelli che dicono: ah, ah!». Pare di sentire risate sguaiate e di scherno!

v. 5. Si capovolge qui la triplice azione malvagia dei nemici dei vv. 3-4. Dio causa nell'orante e in quelli che gli sono fedeli gioia e allegrezza. Infatti mentre i nemici cercano il fedele per rovinarlo, Dio colma di gioia e allegrezza coloro che lo cercano (v. 5a); inoltre, alle derisioni dei nemici, i fedeli oppongono la loro professione di fede nella potenza di Dio; e infine, all'odio dei nemici e al loro cinico piacere di far del male, contraccambiano l'opera salvifica di Dio con l'amore.

**v. 6. «Ma io sono povero e infelice»: il salmista si definisce «povero» (‘onî) e «infelice» (’ebyôn), due termini basilari nella teologia dei salmi (cfr. Sal 9-10). «mio aiuto e mio salvatore»: lett. «mio aiuto e mia liberazione». Al binomio indicante la povertà e la miseria del salmista, si contrappone un altro riferito a Dio come «difensore e protettore» di tutti gli oppressi. «Signore, non tardare»: il salmo si chiude con l'accorato appello di carattere escatologico. La salvezza senz'altro arriverà!

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INVOCAZIONE DI AIUTO 1 Al maestro del coro. Su “I gigli”. Di Davide.

2 Salvami, o Dio: l'acqua mi giunge alla gola.

3 Affondo in un abisso di fango, non ho nessun sostegno; sono caduto in acque profonde e la corrente mi travolge.

4 Sono sfinito dal gridare, la mia gola è riarsa; i miei occhi si consumano nell'attesa del mio Dio.

5 Sono più numerosi dei capelli del mio capo quelli che mi odiano senza ragione. Sono potenti quelli che mi vogliono distruggere, i miei nemici bugiardi: quanto non ho rubato, dovrei forse restituirlo?

6 Dio, tu conosci la mia stoltezza e i miei errori non ti sono nascosti.

7 Chi spera in te, per colpa mia non sia confuso, Signore, Dio degli eserciti; per causa mia non si vergogni chi ti cerca, Dio d'Israele.

8 Per te io sopporto l'insulto e la vergogna mi copre la faccia;

9 sono diventato un estraneo ai miei fratelli, uno straniero per i figli di mia madre.

10 Perché mi divora lo zelo per la tua casa, gli insulti di chi ti insulta ricadono su di me.

11 Piangevo su di me nel digiuno, ma sono stato insultato.

12 Ho indossato come vestito un sacco e sono diventato per loro oggetto di scherno.

13 Sparlavano di me quanti sedevano alla porta, gli ubriachi mi deridevano.

14 Ma io rivolgo a te la mia preghiera, Signore, nel tempo della benevolenza. O Dio, nella tua grande bontà, rispondimi, nella fedeltà della tua salvezza.

15 Liberami dal fango, perché io non affondi, che io sia liberato dai miei nemici e dalle acque profonde.

16 Non mi travolga la corrente, l'abisso non mi sommerga, la fossa non chiuda su di me la sua bocca.

17 Rispondimi, Signore, perché buono è il tuo amore; volgiti a me nella tua grande tenerezza.

18 Non nascondere il volto al tuo servo; sono nell'angoscia: presto, rispondimi!

19 Avvicìnati a me, riscattami, liberami a causa dei miei nemici.

20 Tu sai quanto sono stato insultato: quanto disonore, quanta vergogna! Sono tutti davanti a te i miei avversari.

21 L'insulto ha spezzato il mio cuore e mi sento venir meno. Mi aspettavo compassione, ma invano, consolatori, ma non ne ho trovati.

22 Mi hanno messo veleno nel cibo e quando avevo sete mi hanno dato aceto.

23 La loro tavola sia per loro una trappola, un'insidia i loro banchetti.

24 Si offuschino i loro occhi e più non vedano: sfibra i loro fianchi per sempre.

25 Riversa su di loro il tuo sdegno, li raggiunga la tua ira ardente.

26 Il loro accampamento sia desolato, senza abitanti la loro tenda;

27 perché inseguono colui che hai percosso, aggiungono dolore a chi tu hai ferito.

28 Aggiungi per loro colpa su colpa e non possano appellarsi alla tua giustizia.

29 Dal libro dei viventi siano cancellati e non siano iscritti tra i giusti.

30 Io sono povero e sofferente: la tua salvezza, Dio, mi ponga al sicuro.

31 Loderò il nome di Dio con un canto, lo magnificherò con un ringraziamento,

32 che per il Signore è meglio di un toro, di un torello con corna e zoccoli.

33 Vedano i poveri e si rallegrino; voi che cercate Dio, fatevi coraggio,

34 perché il Signore ascolta i miseri e non disprezza i suoi che sono prigionieri.

35 A lui cantino lode i cieli e la terra, i mari e quanto brulica in essi.

36 Perché Dio salverà Sion, ricostruirà le città di Giuda: vi abiteranno e ne riavranno il possesso.

37 La stirpe dei suoi servi ne sarà erede e chi ama il suo nome vi porrà dimora.

_________________ Note

69,1 Una grande sofferenza interiore e l’ingiusta persecuzione da parte dei nemici costituiscono lo sfondo di questa lamentazione. Insieme con il Sal 22, questa composizione è interpretata, nella lettura cristiana, alla luce della passione di Cristo e di alcune vicende della sua vita terrena (Mt 27,34.48; Lc 23,36; Gv 2,17; 19,28-29; vedi anche At 1,20, dove si cita il v. 26).

69,13 quanti sedevano alla porta: presso le porte della città si svolgeva la vita pubblica degli antichi.

69,23-29 Per queste imprecazioni vedi nota a Sal 109.

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Approfondimenti

La mento per l'odio e la calunnia subiti Supplica individuale

Il salmo è un lungo e straziante lamento, con tensioni ed emozioni, di un individuo sofferente spiritualmente a causa dell'odio e della cattiveria degli uomini, che lo calunniano infangando il suo onore. Racchiude in sé i sentimenti più contrastanti dell'animo umano: odio e amore, amarezza e speranza. Per alcuni esegeti è il risultato della fusione di due suppliche individuali, frutto di un collage di diversi pezzi, poiché non si riesce a individuare facilmente una struttura unitaria. Il salmo tuttavia è racchiuso da un'inclusione data dal verbo «salvare» (vv. 2.36). I vv. 36-37 possono essere un'aggiunta postesilica (cfr. Sal 14,7; 51,20-21). Il ritmo cambia continuamente, ma nonostante ciò è possibile trovarvi una certa coerenza. In alcuni tratti sembra rispecchiare la storia della persecuzione del profeta Geremia (cfr. Ger 38,6) o di un esiliato a Babilonia. Insieme al Sal 22 questo carme è stato interpretato nel NT in senso messianico con riferimento alla passione di Cristo. Il simbolismo è di carattere spaziale (cosmico-infernale), somatico, psicologico. Si può dividere così:

  • vv. 2-5: grido accorato per la salvezza;
  • vv. 6-19: lamento sul male interiore;
  • vv. 20-30: lamento sul male esteriore;
  • vv. 31-37: promessa di ringraziamento (tôdâ).

v. 3. «Affondo nel fango»: per l'immagine vedi Sal 40,3; 88,7; Lam 3,53. Per il riferimento a Geremia cfr. Ger 38,6.

v. 5. «mi odiano senza ragione...»: è la professione d'innocenza e il lamento di sofferenza ingiusta del poeta. Cfr. Ger 15,20; Sal 35,7.

v. 6. «Dio, tu conosci la mia stoltezza...»: il salmista sa di essere peccatore davanti a Dio e lo confessa, ma si sente innocente delle colpe di cui viene accusato dai suoi nemici.

v. 7. «Chi spera in te, a causa mia non sia confuso...»: l'orante si sente responsabile della comunità dei fedeli. Non vuole che il non intervento salvifico di Dio nella sua situazione crei disillusione e scandalo. Ma è sicuro e fiducioso che questo non accadrà. Dio manifesterà la sua giustizia!

v. 8. «Per te io sopporto l'insulto...»: l'orante «porta» (cfr. il verbo nś’) su di sé gli insulti rivolti contro Dio, come espiazione vicaria; cfr. Sal 44,23; Is 53,4-5.12; Ger 15,15b. La voce «insulto» (ḥerpâ) con il verbo «insultare» (ḥrp) ricorre 4 volte nei vv. 8-11.

v. 9. «sono un estraneo»: la solitudine e la fredda indifferenza perfino da parte dei familiari sono effetti sociali e conseguenze delle false accuse. Cfr. v. 21; Sal 31,12; 38,12; Ger 12,6; Gb 19,13-15.

v. 10. «lo zelo per la tua casa»: lo zelo (qin’â), cioè l'impegno entusiastico per la causa di Dio e del suo tempio. paragonato a una fiamma che «divora», porta a reazioni violente da parte degli uomini, nemici di Dio, presi da invidia e sospetti, che si riversano sull'orante (vv. 11-13). Per gli effetti dello zelo vedi: Nm 25,11.13; 2Re 10,16; Ger 7; Gv 2, 17. I vv. 11-13 sviluppano il v. 10, esemplificando gli effetti e le reazioni allo zelo dell'orante.

v. 14. Questo versetto ha la funzione di transizione: al lamento dei versetti precedenti segue la supplica. Infatti inizia con l'enfatico «Ma io» (che spesso nei salmi dà l'avvio a una nuova sezione) e anticipa sinteticamente le petizioni dei versetti seguenti.

vv. 15-16. «Salvami dal fango...»: si richiamano in inclusione i vv. 2-5. Si riprende l'immagine delle acque tumultuose.

vv. 20-30. Questa parte è parallela alla prima (vv. 6-19). All'espressione «Tu conosci», come nel v. 6, segue l'elenco dei mali, che qui hanno più un carattere esteriore, anche se con ripercussioni psicologiche e morali (vv. 20-22). All'elenco dei mali subiti seguono alcune imprecazioni (vv. 23-29) con le quali il salmista, maledicendo i suoi nemici, esprime un desiderio forte di giustizia vendicativa secondo la legge del taglione (Es 21,12-23.25; Lv 24,17-21), cfr. Dt 19,18-19; Dn 13,61.

v. 23. «La loro tavola sia per essi un laccio...»: si ricorre qui al simbolismo venatorio. La tavola consiste in una pelle bovina stesa per terra, come nell'antico uso orientale. Secondo l'imprecazione del salmista, essa con i suoi cibi collocati sopra (banchetti) in occasione di cerimonie ufficiali, invece di apportare felicità e gioia, deve produrre amarezza e orrore. «banchetti»: il testo originale (wᵉlišlômîm) è enigmatico. Leggiamo wᵉšalmêhem «i loro banchetti». Alla maledizione che colpisce la bocca (v. 23) mentre mastica cibo avvelenato, segue nel versetto seguente la maledizione che infiacchisce tutto il corpo: gli occhi con la cecità, i fianchi con la paralisi (v. 24) (cfr. Gn 19,11; Es 10,21-29; Sap 19,17).

v. 26. «La loro casa sia desolata...»: dal corpo fisico (vv. 23-25) si passa al corpo sociale (v. 26). La maledizione colpisce i nemici del salmista anche nei loro beni, nella loro discendenza, nelle loro famiglie, così da essere cancellati dal «libro dei viventi» con un giudizio inappellabile di Dio (vv. 28-29), cosicché non possano più nuocere (cfr. Ger 18,21-22).

v. 29. «libro dei viventi»: l'espressione sefer ḥayyîm è hapax nell'AT, ma cfr. Es 32,32-33; Is 4,3; Ger 22,30; Ez 13,9; Dn 12,1.

v. 34. «prigionieri»: accanto al significato più generico e simbolico di «prigioniero» riferentesi al giusto «perseguitato e angustiato» (cfr. Sal 22,25), si può intravvedere un riferimento storico alla prigionia di Geremia e dei suoi fedeli seguaci (Ger 37-38), ai deportati in Assiria (2Re 17) o a Babilonia (2Re 25,8-21).

vv. 36-37. Sebbene questi versetti siano chiaramente un'aggiunta liturgica di carattere nazionalistico riguardante la restaurazione del popolo eletto, a cominciare dal monte Sion (tempio) come nei Sal 14,7; 51,20-21; 53,7; 102,17ss.; 147,2, tuttavia per il verbo «salvare» del v. 36, che fa da inclusione con il v. 2, possono essere integrati nel tema della lode finale del salmo.

Nel NT si cita il Sal 69. Il v. 5 nell'espressione «mi odiano senza ragione» è citato in Gv 15,25; il v. 10a nell'espressione «mi divora lo zelo per la tua casa» è presente in Gv 2,17. Il v. 10b nell'espressione «ricadono su di me gli oltraggi di chi ti insulta» è citato in Rm 15,3.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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