A DIOGNETO 12

XII. La vera scienza 1. Attendendo e ascoltando con cura, conoscerete quali cose Dio prepara a quelli che lo amano rettamente. Diventano un paradiso di delizie e producono in se stessi, ornati di frutti vari, un albero fruttuoso e rigoglioso. 2. In questo luogo, infatti, fu piantato l'albero della scienza e l'albero della vita; non l'albero della scienza, ma la disubbidienza uccide. 3. Non è oscuro ciò che fu scritto: che Dio da principio piantò in mezzo al paradiso l'albero della scienza e l'albero della vita, indicando la vita con la scienza. Quelli che da principio non la usarono con chiarezza, per l'inganno del serpente furono denudati. 4. Non si ha vita senza scienza, né scienza sicura senza vita vera, perciò i due alberi furono piantati vicino. 5. L'apostolo, comprendendo questa forza e biasimando la scienza che si esercita sulla vita senza la norma della verità, dice: «La scienza gonfia, la carità, invece, edifica». 6. Chi crede di sapere qualche cosa, senza la vera scienza testimoniata dalla vita, non sa: viene ingannato dal serpente, non avendo amato la vita. Lui, invece, con timore conosce e cerca la vita, pianta nella speranza aspettando il frutto. 7. La scienza sia il tuo cuore e la vita la parola vera recepita. 8. Portandone l'albero e cogliendone il frutto abbonderai sempre delle cose che si desiderano davanti a Dio, che il serpente non tocca e l'inganno non avvince; Eva non è corrotta ma è riconosciuta vergine. Si addita la salvezza, gli apostoli sono compresi, la Pasqua del Signore si avvicina, si compiono i tempi e si dispongono in ordine, e il Verbo che ammaestra i santi si rallegra. Per lui il Padre è glorificato; a lui la gloria nei secoli. Amen.

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Approfondimenti

Al capitolo XII troviamo un'interpretazione allegorica dei due alberi del paradiso terrestre che serve a definire il corretto rapporto tra scienza e pratica di vita: “non si ha vita senza scienza, né scienza sicura senza vita vera, perciò i due alberi furono piantati vicino”.

Un’interpretazione letterale della frase riportata ci offre una sintesi della capacità di conoscenza degli uomini di progredire nel sapere scientifico e alla ricerca di senso del concreto quotidiano, immerso come è nella gioia e nei problemi da affrontare nel vissuto. Il progredire della tecnologia impone di definire un corretto rapporto tra scienza e pratica di vita.

Una componente essenziale della natura umana è la ricerca di senso che da sempre ogni uomo, credente e non credente, cerca di capire. L’esistenza è un problema sempre aperto, un’esperienza continua, che non può mai concludersi definitivamente. Essa è costantemente protesa verso il futuro di cui l’uomo è continuamente preoccupato.

L’uomo deve accettare il suo destino di essere mortale per poter vivere meglio e deve riconoscere che sa ben poco, che la ragione ha dei limiti, che la scienza può sbagliare. Il problema è: quanto e che cosa si può e si deve fare.

Il sapere umano deve aiutare a relativizzare la ragione e ad essere consapevole che «dal cuore degli uomini escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza», per usare le parole di Mc 7,21-23, in modo da cercare i segni di una fraternità, all’insegna di una comune miseria, fra gli uomini di tutti i tempi e paesi.

In questo senso, la storia si scopre così una miniera di insegnamenti sulla natura debole e inferma dell’uomo, sulla sua condizione tanto ridicola quanto risibile.

Il senso di assurdità del vivere e il continuo risorgere nella speranza e nell’impegno è tipico dell’etica cristiana che aiuta la ricerca del meglio, spogliato dai fronzoli dell’enfasi, del clamore, dell’ostentazione per vivere con semplicità e pensare con grandezza.

La Lettera di Diogneto è un invito alla ricerca di una felicità e nel modo migliore per conseguirla: da qui l’abbandono di ogni orgoglio intellettuale, l’accettazione dell’esistenza nei suoi vari aspetti, della tolleranza verso le nostre fragili illusioni, le nostre piccinerie per accettare appunto i piaceri che la vita ci può offrire, sopportando i mali e le avversità.

Tratto da: La vita e la scienza nella Lettera a Diogneto – di Bonaventura Marino


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