A DIOGNETO 7

VII.Dio e il Verbo 1. Infatti, come ebbi a dire, non è una scoperta terrena da loro tramandata, né stimano di custodire con tanta cura un pensiero terreno né credono all'economia dei misteri umani. 2. Ma quello che è veramente signore e creatore di tutto e Dio invisibile, egli stesso fece scendere dal cielo, tra gli uomini, la verità, la parola santa e incomprensibile e l'ha riposta nei loro cuori. Non già mandando, come qualcuno potrebbe pensare, qualche suo servo o angelo o principe o uno di coloro che sono preposti alle cose terrene o abitano nei cieli, ma mandando lo stesso artefice e fattore di tutte le cose, per cui creò i cieli e chiuse il mare nelle sue sponde e per cui tutti gli elementi fedelmente custodiscono i misteri. Da lui il sole ebbe da osservare la misura del suo corso quotidiano, a lui obbediscono la luna che splende nella notte e le stelle che seguono il giro della luna; da lui tutto fu ordinato, delimitato e disposto, i cieli e le cose nei cieli, la terra e le cose nella terra, il mare e le cose nel mare, il fuoco, l'aria, l'abisso, quello che sta in alto, quello che sta nel profondo, quello che sta nel mezzo; lui Dio mandò ad essi. 3. Forse, come qualcuno potrebbe pensare, lo inviò per la tirannide, il timore e la prostrazione? 4. No certo. Ma nella mitezza e nella bontà come un re manda suo figlio, lo inviò come Dio e come uomo per gli uomini; lo mandò come chi salva, per persuadere, non per far violenza. A Dio non si addice la violenza. 5. Lo mandò per chiamare non per perseguitare; lo mandò per amore non per giudicare. 6. Lo manderà a giudicare, e chi potrà sostenere la sua presenza? 7. Non vedi (i cristiani) che gettati alle fiere perché rinneghino il Signore, non si lasciano vincere? 8. Non vedi, quanto più sono puniti, tanto più crescono gli altri? 9. Questo non pare opera dell'uomo, ma è potenza di Dio, prova della sua presenza.

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Approfondimenti

In un quadro sociale e culturale assai simile al nostro, la lettera a Diogneto – che cercava di conoscere le peculiarità della nuova religione diffusasi rapidamente nell’impero romano – presenta l’immagine del Dio dei cristiani. Dall’identità divina esposta nello scritto scaturisce un particolare profilo dei credenti che trova nella pluralità, nella complessità e nella diversità delle occasioni favorevoli per l’annuncio evangelico.

Per l’autore, il Dio unico dei cristiani è diverso da quello dei pagani poiché si è unito al suo popolo – cioè all’umanità – con amore. Questo è reso possibile dal fatto che Dio ha condiviso in Cristo la condizione delle creature ed è divenuto straniero e partecipe in tutto alla vita degli uomini. Questa immagine della divinità genera uno stile particolare che i credenti sono destinati a vivere e a diffondere nella terra. I cristiani, infatti, non usano la violenza per convertire ma propongono la loro novità con la vita vissuta nel quotidiano attraverso scelte ispirate al messaggio evangelico: chi prende su di sé il peso del prossimo e in ciò che è superiore cerca di beneficare l’inferiore; chi, dando ai bisognosi ciò che ha ricevuto da Dio, è come un Dio per i beneficati, egli è imitatore di Dio.

Dall’A Diogneto emerge chiaramente una verità che consiste nello stretto legame fra l’identità divina e l’agire dei cristiani nel mondo. La vita dei credenti è intesa come un vero e proprio luogo teologico nel quale vivere concretamente l’amore donato da Dio. In tal modo i discepoli del Cristo si lasciano plasmare dal Signore nel quale credono sino ad apparire – rispetto agli altri uomini – diversi e rinnovati poiché non fanno il male e si occupano del prossimo. Allora, il profilo dei cristiani nel mondo genera una forma particolare di cittadinanza contraddistinta non dalla paura della diversità o dal semplice rispetto delle leggi bensì dal tentativo di agire per imitare Dio.

Tratto da: La lezione dell’A Diogneto a servizio della Chiesa che verrà


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