AD GENTES 1-2

DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Decreto sull’attività missionaria della Chiesa AD GENTES (7 dicembre 1965)

PROEMIO 1 Inviata per mandato divino alle genti per essere «sacramento universale di salvezza» (1) la Chiesa, rispondendo a un tempo alle esigenze più profonde della sua cattolicità ed all'ordine specifico del suo fondatore (2), si sforza di portare l'annuncio del Vangelo a tutti gli uomini. Ed infatti gli stessi apostoli, sui quali la Chiesa fu fondata, seguendo l'esempio del Cristo, « predicarono la parola della verità e generarono le Chiese» (3). È pertanto compito dei loro successori perpetuare quest'opera, perché «la parola di Dio corra e sia glorificata» (2Ts 3,1) ed il regno di Dio sia annunciato e stabilito su tutta quanta la terra.

D'altra parte, nella situazione attuale delle cose, in cui va profilandosi una nuova condizione per l'umanità, la Chiesa, sale della terra e luce del mondo (4), avverte in maniera più urgente la propria vocazione di salvare e di rinnovare ogni creatura, affinché tutto sia restaurato in Cristo e gli uomini costituiscano in lui una sola famiglia ed un solo popolo di Dio.

Pertanto questo santo Sinodo, nel rendere grazie a Dio per il lavoro meraviglioso svolto da tutta la Chiesa con zelo e generosità, desidera esporre i principi dell'attività missionaria e raccogliere le forze di tutti i fedeli, perché il popolo di Dio, attraverso la via stretta della croce possa dovunque diffondere il regno di Cristo Signore che abbraccia i secoli col suo sguardo (5), e preparare la strada alla sua venuta.

CAPITOLO I

PRINCIPI DOTTRINALI

Il piano divino di salvezza 2 La Chiesa durante il suo pellegrinaggio sulla terra è per sua natura missionaria, in quanto è dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo che essa, secondo il piano di Dio Padre, deriva la propria origine (6).

Questo piano scaturisce dall'amore nella sua fonte, cioè dalla carità di Dio Padre. Questi essendo il principio senza principio da cui il Figlio è generato e lo Spirito Santo attraverso il Figlio procede, per la sua immensa e misericordiosa benevolenza liberatrice ci crea ed inoltre per grazia ci chiama a partecipa re alla sua vita e alla sua gloria; egli per pura generosità ha effuso e continua ad effondere la sua divina bontà, in modo che, come di tutti è il creatore, così possa essere anche «tutto in tutti» (1Cor 15,28), procurando insieme la sua gloria e la nostra felicità. Ma piacque a Dio chiamare gli uomini a questa partecipazione della sua stessa vita non tanto in modo individuale e quasi senza alcun legame gli uni con gli altri, ma di riunirli in un popolo, nel quale i suoi figli dispersi si raccogliessero nell'unità (7) _______________________ NOTE

(1) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 48: AAS 57 (1965), p. 53 [pag. 233ss].

(2) Cf. Mc 16,15.

(3) S. AGOSTINO, Enarr. in Ps. 44, 23: PL 36, 508; CChr 38,150.

(4) Cf. Mt 5,13-14.

(5) Cf. Sir 36,19Vlg.

(6) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 2: AAS 57 (1965), pp. 5-6 [pag. 115ss].

(7) Cf. Gv 11,52.

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Approfondimenti

Un breve cenno storico

Il Decreto Ad gentes (De activitate missionali Ecclesiae) è il documento che ha ricevuto più voti dai vescovi al Concilio Vaticano II. Nello stesso tempo è uno dei documenti conciliari con una storia più travagliata. La Chiesa è inviata per ‘le nazioni’, ossia «ai popoli o gruppi umani non raggiunti dalla testimonianza delle comunità cristiane e dalla parola del Vangelo» (missio ad gentes). La Chiesa è per natura missionaria (AG 2), chiamata ad una missione senza limiti del tempo e fino agli estremi confini del mondo. Senza dubbio il Decreto Ad gentes ha dato una forte fondazione teologica di impronta essenzialmente missionaria alla missione evangelizzatrice e auto-coscienza ecclesiale. In parole semplici, ciò significa che tutti i fedeli sono chiamati a dare il loro contributo alla missionarietà della Chiesa cattolica. Durante il cammino conciliare, per le diverse esigenze dei Padri furono stese ben sette diverse bozze del Decreto. La presenza personale di Paolo VI nell’aula conciliare (prima presenza del Papa al Concilio durante i lavori!) all’inizio della seduta del 6 novembre 1964, quando si discuteva la sesta bozza, mostrò anche visivamente l’interesse del Papa al tema e la pregnanza di esso nella fase di ripensamento di se stessa della Chiesa. Proprio quel giorno il cardinale Grégoire-Pierre Agagiagian, Prefetto di Propaganda Fide, annunciò la visita del Papa in India come un gesto concreto del suo interesse per le missioni. Ma anche la sesta bozza fu bocciata il 10 novembre 1964, così che una Commissione apposita dovette preparare la settima bozza per l’ultima sessione del Concilio, a partire dal settembre 1965. Così la spinta dei vescovi missionari appoggiati dalle prime generazioni dei vescovi autoctoni dell’Asia e Africa contribuì alla stesura finale del decreto missionario. Nel penultimo giorno del Concilio, 7 dicembre 1965, il Decreto fu votato all’unanimità con 2394 sì e solo 5 voti contrari, risultando il documento accettato con più consenso dai Padri conciliari. Ovviamente il Decreto è solo la punta dell’iceberg dello sviluppo delle missioni cattoliche del 20° secolo. Il Concilio Vaticano II ha portato insieme per la prima volta nella storia della Chiesa un’assemblea veramente ‘cattolica’ – dei vescovi autoctoni e missionari provenienti da tutti i cinque continenti. L’enciclica Fidei donum di Pio XII (1957) aveva lanciato un appello per la globale cooperazione missionaria; e altre due encicliche importanti con taglio missionario erano state pubblicate nel periodo conciliare: Princeps Pastorum (Giovanni XXIII, 1961) e Ecclesiam suam (Paolo VI, 1964). Soprattutto la fine del periodo coloniale europeo e la sorprendente crescita delle comunità cattoliche dell’Africa, negli ultimi 15 anni prima del Concilio (da 11 milioni dei cattolici fino a 25 milioni con 3.3 milioni di catecumeni), mostrava dei cambi epocali delle dinamiche missionarie.

Il decreto «Ad gentes» nell’insieme del Concilio Vaticano II

Come nei tempi del Concilio, anche oggi viviamo in un mondo dove circa il 70% della popolazione mondiale non conosce ancora Gesù Cristo. Il Decreto Ad gentes è connesso con la nuova visione di Chiesa della Lumen Gentium: Chiesa come universale sacramento di salvezza (LG 48) condivisa anche dagli altri documenti fondamentali del Concilio, come la Gaudium et Spes (45). Le parole di Gesù, che inviò i discepoli (Mt 28,18-20), erano tra le più citate durante tutto il Concilio. Anche le prime parole del Decreto riassumono il contenuto e il senso: «Inviata per mandato divino alle genti per essere ‘sacramento universale di salvezza’ la Chiesa, rispondendo a un tempo alle esigenze più profonde della sua cattolicità e all’ordine specifico del suo fondatore, si sforza di portare l’annuncio del Vangelo a tutti gli uomini» (AG 1). Di certo altri tre documenti del Vaticano II possono essere definiti «missionari» per la loro prospettiva: Lumen Gentium, Gaudium et Spes e Nostra Aetate. Però Ad gentes è un documento specifico, che tratta esclusivamente dell’attività missionaria. La missio ad gentes nel mondo globalizzato pieno di profondi cambi culturali e sociali, a distanza di quasi cinquanta anni dal Vaticano II, pone ancora le stesse domande che troviamo nei principali documenti del Concilio. Che senso ha proclamare oggi Gesù Cristo quale «insieme il mediatore e la pienezza di tutta intera la Rivelazione» (DV 2) nel mondo pluriculturale e plurireligioso, segnato dalla libertà religiosa? Che senso ha l’affermazione di appartenere alla Chiesa cattolica, quando «quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa ma che tuttavia cercano sinceramente Dio e coll’aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna» (LG 16)? Che valore hanno oggi ancora i sacramenti «che conferiscono certamente la grazia» (SC 59), quando non sono più i canali esclusivi della grazia, visto che «la verità e grazia è già presente e riscontrabile in mezzo ai pagani per una segreta presenza di Dio...» (AG 9). Ha ancora senso parlare di missionari e di ‘territori missionari’, oppure per la missio ad gentes basta che molti lavorino per il progresso umano con noi, anche se «negano facilmente Dio o la stessa religione...» (GS 7)? Durante il Concilio si è creato un consenso attorno ad una convinzione: che la missio ad gentes della Chiesa non è basata su un concetto territoriale, ma nell’essere Chiesa nello stato di missione, una Chiesa veramente missionaria. Così la missione è diventata punto centrale della vita di ogni Chiesa locale, di ogni credente. Il Decreto Ad gentes porta ad una rivoluzione copernicana teologica nelle missioni cattoliche, quando coscientemente non usa solo il termine «territori missionari» ma va più in profondità sull’impatto del Vangelo nei diversi gruppi umani e nella cultura. Al centro sta una Chiesa che testimonia e proclama Gesù morto e risorto per la salvezza di tutta l’umanità, una Chiesa «evangelizzata ed evangelizzatrice»: appunto, una Chiesa in stato di missione. Una Chiesa fedele a Gesù, il quale prima ha detto ai suoi discepoli «venite», e nell’ultima pagina dei Vangeli li invia dicendo «andate».

da: Václav Klement, Ad Gentes, sull’attività missionaria della Chiesa (NPG 2012-07-75)

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