AD GENTES 10-12
DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Decreto sull’attività missionaria della Chiesa AD GENTES (7 dicembre 1965)
CAPITOLO II
L'OPERA MISSIONARIA IN SE STESSA
Introduzione 10 La Chiesa, che da Cristo è stata inviata a rivelare ed a comunicare la carità di Dio a tutti gli uomini ed a tutti i popoli, comprende che le resta ancora da svolgere un'opera missionaria ingente. Ben due miliardi di uomini infatti – ed il loro numero cresce di giorno in giorno – uniti in grandi raggruppamenti e determinati da vincoli culturali stabili, da tradizioni religiose antiche o da salde relazioni sociali, o non hanno ancora o hanno appena ascoltato il messaggio evangelico. Di essi alcuni seguono una delle grandi religioni, altri restano ancora estranei all'idea stessa di Dio, altri ne negano dichiaratamente l'esistenza, anzi talvolta l'avversano. La Chiesa quindi, per essere in grado di offrire a tutti il mistero della salvezza e la vita che Dio ha portato all'uomo, deve cercare di inserirsi in tutti questi raggruppamenti con lo stesso movimento con cui Cristo stesso, attraverso la sua incarnazione, si legò a quel certo ambiente socio-culturale degli uomini in mezzo ai quali visse.
Art. 1 – La testimonianza cristiana
Testimonianza di vita e dialogo 11 È necessario che la Chiesa sia presente in questi raggruppamenti umani attraverso i suo}figli, che vivono in mezzo ad essi o ad essi sono inviati. Tutti i cristiani infatti, dovunque vivano, sono tenuti a manifestare con l'esempio della loro vita e con la testimonianza della loro parola l'uomo nuovo, di cui sono stati rivestiti nel battesimo, e la forza dello Spirito Santo, da cui sono stati rinvigoriti nella cresima; sicché gli altri, vedendone le buone opere, glorifichino Dio Padre (58) e comprendano più pienamente il significato genuino della vita umana e l'universale legame di solidarietà degli uomini tra loro.
Ma perché essi possano dare utilmente questa testimonianza, debbono stringere rapporti di stima e di amore con questi uomini, riconoscersi come membra di quel gruppo umano in mezzo a cui vivono, e prender parte, attraverso il complesso delle relazioni e degli affari dell'umana esistenza, alla vita culturale e sociale. Così debbono conoscere bene le tradizioni nazionali e religiose degli altri, lieti di scoprire e pronti a rispettare quei germi del Verbo che vi si trovano nascosti; debbono seguire attentamente la trasformazione profonda che si verifica in mezzo ai popoli, e sforzarsi perché gli uomini di oggi, troppo presi da interessi scientifici e tecnologici, non perdano il contatto con le realtà divine, ma anzi si aprano ed intensamente anelino a quella verità e carità rivelata da Dio. Come Cristo stesso penetrò nel cuore degli uomini per portarli attraverso un contatto veramente umano alla luce divina, così i suoi discepoli, animati intimamente dallo Spirito di Cristo, debbono conoscere gli uomini in mezzo ai quali vivono ed improntare le relazioni con essi ad un dialogo sincero e comprensivo, affinché questi apprendano quali ricchezze Dio nella sua munificenza ha dato ai popoli; ed insieme devono tentare di illuminare queste ricchezze alla luce del Vangelo, di liberarle e di ricondurle sotto l'autorità di Dio salvatore.
Presenza della carità 12 La presenza dei cristiani nei gruppi umani deve essere animata da quella carità con la quale Dio ci ha amato: egli vuole appunto che anche noi reciprocamente ci amiamo con la stessa carità (59). Ed effettivamente la carità cristiana si estende a tutti, senza discriminazioni razziali, sociali o religiose, senza prospettive di guadagno o di gratitudine. Come Dio ci ha amato con amore disinteressato, così anche i fedeli con la loro carità debbono preoccuparsi dell'uomo, amandolo con lo stesso moto con cui Dio ha cercato l'uomo. Come quindi Cristo percorreva tutte le città e i villaggi, sanando ogni malattia ed infermità come segno dell'avvento del regno di Dio (60), così anche la Chiesa attraverso i suoi figli si unisce a tutti gli uomini di qualsiasi condizione, ma soprattutto ai poveri ed ai sofferenti, prodigandosi volentieri per loro (61). Essa infatti condivide le loro gioie ed i loro dolori, conosce le aspirazioni e i problemi della vita, soffre con essi nell'angoscia della morte. A quanti cercano la pace, essa desidera rispondere con il dialogo fraterno, portando loro la pace e la luce che vengono dal Vangelo.
I fedeli debbono impegnarsi, collaborando con tutti gli altri, alla giusta composizione delle questioni economiche e sociali. Si applichino con particolare cura all'educazione dei fanciulli e dei giovani nei vari ordini di scuole, che vanno considerate non semplicemente come un mezzo privilegiato per la formazione e lo sviluppo della gioventù cristiana, ma insieme come un servizio di primaria importanza per gli uomini e specialmente per le nazioni in via di sviluppo, in ordine all'elevazione della dignità umana ed alla preparazione di condizioni più umane. Portino ancora i cristiani il loro contributo ai tentativi di quei popoli che, lottando contro la fame, l'ignoranza e le malattie, si sforzano per creare migliori condizioni di vita e per stabilire la pace nel mondo. In questa attività ambiscano i fedeli di collaborare intelligentemente alle iniziative promosse dagli istituti privati e pubblici, dai governi, dagli organismi internazionali, dalle varie comunità cristiane e dalle religioni non cristiane.
La Chiesa tuttavia, non desidera affatto intromettersi nel governo della città terrena. Essa non rivendica a se stessa altra sfera di competenza, se non quella di servire gli uomini amorevolmente e fedelmente, con l'aiuto di Dio (62).
I discepoli di Cristo, mantenendosi in stretto contatto con gli uomini nella vita e nell'attività, si ripromettono così di offrir loro un'autentica testimonianza cristiana e di lavorare alla loro salvezza, anche là dove non possono annunciare pienamente il Cristo. Essi infatti non cercano il progresso e la prosperità puramente materiale degli uomini, ma intendono promuovere la loro dignità e la loro unione fraterna, insegnando le verità religiose e morali che Cristo ha illuminato con la sua luce, e così gradualmente aprire una via sempre più perfetta verso il Signore. In tal modo gli uomini vengono aiutati a raggiungere la salvezza attraverso la carità verso Dio e verso il prossimo; comincia allora a risplendere il mistero del Cristo, in cui appare l'uomo nuovo, creato ad immagine di Dio (63), ed in cui si rivela la carità di Dio. _______________________ NOTE
(58) Cf. Mt 5,16.
(59) Cf. 1 Gv 4,11.
(60) Cf. Mt 9,35ss; At 10,38.
(61) Cf. 2 Cor 12,15.
(62) Cf. Mt 20,26; 23,11; Disc. di PAOLO VI pronunciato in Concilio il 21 nov. 1964: AAS 56 (1964), p. 1013 [pag. 1255s].
(63) Cf. Ef 4,24.
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Approfondimenti
Al centro della missione cristiana vi è il Vangelo di Gesù Cristo, e, di conseguenza, la dinamica missionaria rimane in vita solo se nasce dalla gioia del Vangelo e la testimonia, per il desiderio di condividere con gli altri il dono inestimabile che Dio ci ha fatto. Nella fede, i cristiani ritengono che già la prima parola con la quale inizia la storia della salvezza nel Nuovo Testamento è una parola di gioia, vale a dire il saluto rivolto a Maria dall’Arcangelo Gabriele: “Chaire – rallegrati!” (Lc 1, 28). La gioia è il contenuto centrale del messaggio di Dio, che si chiama “vangelo”. La gioia non solo è contenuta nella parola “evangelium”, ma contagia tutti coloro che ascoltano, annunciano e vivono il Vangelo. Il fatto che la prima parola del Vangelo sia una parola di gioia dimostra chiaramente che il cristianesimo, nella sua più intima essenza, è gioia, ovvero è potenziamento alla gioia operato da Dio.
Il cristianesimo è la religione della gioia, perché annuncia in primo luogo la gioia di Dio per la sua creazione. Da ciò deriva la gioia che noi cristiani possiamo avere nei confronti di Dio. Annunciare questa gioia per Dio è la missione più importante del cristianesimo odierno, come Papa Benedetto XVI ha ripetutamente ricordato: “Risvegliare la gioia per Dio, la gioia per la rivelazione di Dio e per l’amicizia con Dio mi sembra un compito urgente della Chiesa nel nostro secolo. Anche per noi oggi sono assolutamente pertinenti le parole rivolte dal sacerdote Esdra al popolo scoraggiato dopo l’esilio: ‘la gioia del Signore è la nostra forza’ (Nee 8,10).”[40] Anche per Papa Francesco la gioia è una parola chiave, che egli ha fatto risuonare già nella sua prima esortazione apostolica: “Evangelii gaudium”. Di fatti, Papa Francesco è convinto che con Gesù Cristo “sempre nasce e rinasce la gioia” e che quindi abbiamo bisogno di una “nuova tappa evangelizzatrice marcata da questa gioia” [Francesco, Evangelii gaudium, n. 1].
La gioia è il motore più profondo della missione della Chiesa. La più semplice dimostrazione di ciò è il detto tedesco tratto dalla saggezza popolare che afferma: “La bocca trabocca perché il cuore è pieno di gioia”. Di questa verità facciamo noi stessi esperienza: quando le persone vivono qualcosa di molto bello, come ad esempio delle splendide vacanze, non c’è proprio bisogno di far loro domande o di spingerle a raccontare quello che hanno sperimentato: lo faranno spontaneamente. A volte le parole escono entusiaste dalla bocca, rendendoci partecipi delle esperienze altrui. “La bocca trabocca perché il cuore è pieno di gioia”: questa verità è ancora più valida per la fede cristiana quando riempie il cuore dei fedeli, tanto che essi iniziano spontaneamente ad annunciare il Vangelo, a parlare ad altri di Dio e a trasmettere la gioia di cui sono colmi.
La missione cristiana oggi non è dunque portata avanti mediante campagne pubblicitarie rivolte al consumatore, tramite montagne di documenti o attraverso i mass media. Lo strumento migliore per diffondere Dio sono i credenti stessi, che vivono la loro fede in modo credibile e conferiscono al Vangelo un volto personale. Se Cristo davvero ci illumina come luce del mondo, noi stessi brilleremo, saremo cristiani luminosi, come quelle famose candele finlandesi che bruciano dall’interno verso l’esterno per dare luce [Vgl. K. Kardinal Koch, Das Gute selbst ist kommunikativ – „bonum diffusivum sui“. Evangelisierung als Wirkung eines strahlenden Glaubens, in: G. Augustin (Hrsg.), Die Strahlkraft des Glaubens. Identität und Relevanz des Christseins heute (Freiburg i. Br. 2016) 45-67]. Un cristianesimo missionario ha bisogno soprattutto di battezzati i cui cuori siano stati aperti da Dio e la cui ragione sia stata illuminata dalla luce di Dio, affinché i loro cuori possano toccare i cuori degli altri e la loro ragione possa parlare alla ragione degli altri. Solo attraverso persone che si lasciano toccare da Dio, Dio può arrivare oggi alle persone.
Oggi abbiamo bisogno di un nuovo slancio missionario, al quale Papa Francesco ad esempio ha contribuito quando, in occasione del centenario della Lettera apostolica di Papa Benedetto XV “Maximum illud” sull’attività svolta dai missionari in tutto il mondo, ha proclamato il Mese Missionario Straordinario nell’ottobre del 2019, al fine di “risvegliare maggiormente la consapevolezza della missio ad gentes e di riprendere con nuovo slancio la trasformazione missionaria della vita e della pastorale”. A questo appello possiamo rispondere solo tornando al fondamentale compito missionario dei cristiani e della Chiesa, che consiste nella testimonianza della fede e della vera gioia cristiana donataci dal Vangelo di Gesù Cristo.
da: I FONDAMENTI DELLA VALIDITÀ PERMANENTE DELLA MISSIO AD GENTES – Kurt card. Koch, 2019