AD GENTES 16-18

DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Decreto sull’attività missionaria della Chiesa AD GENTES (7 dicembre 1965)

CAPITOLO II

L'OPERA MISSIONARIA IN SE STESSA

Art. 3 – La formazione della comunità cristiana

Il clero indigeno 16 La Chiesa si rallegra vivamente e ringrazia per il dono inestimabile della vocazione sacerdotale che Dio ha concesso a tanti giovani in mezzo a popoli convertiti di recente al cristianesimo. È indubbio che la Chiesa mette più profonde radici in un gruppo umano qualsiasi, quando le varie comunità di fedeli traggono dai propri membri i ministri della salvezza, che nell'ordine dei vescovi, dei sacerdoti e dei diaconi servono ai loro fratelli, sicché le nuove Chiese acquistano a poco a poco la struttura di diocesi, fornite di clero proprio.

Quanto dunque questo Concilio ha deciso intorno alla vocazione ed alla formazione sacerdotale, deve essere religiosamente osservato dove la Chiesa viene stabilita per la prima volta e nelle giovani Chiese. Soprattutto va tenuto presente quel che è stato affermato a proposito della formazione spirituale e della sua stretta coordinazione con quella dottrinale e pastorale, della vita da condurre secondo l'ideale evangelico senza riguardo all'interesse proprio o familiare, nonché della necessità di approfondire il senso del mistero della Chiesa. Da questi principi i sacerdoti impareranno magnificamente a dedicarsi senza riserve al servizio del corpo di Cristo ed al lavoro evangelico, a restare uniti come cooperatori fedeli al proprio vescovo, ad offrire la propria collaborazione ai confratelli (92).

Per il raggiungimento di questo fine generale, l'intero ciclo di formazione degli alunni deve essere ordinato alla luce del mistero della salvezza come è presentato nella sacra Scrittura. Essi devono scoprire questo mistero del Cristo e della salvezza umana presente nella liturgia e viverlo (93).

Tali esigenze comuni della preparazione sacerdotale, anche di ordine pastorale e pratico, indicate dal Concilio (94), vanno armonizzate con la preoccupazione di adeguarsi al particolare modo di pensare e di agire della propria nazione. Bisogna dunque aprire ed affinare lo spirito degli alunni, perché conoscano bene e possano valutare la cultura del loro paese; nello studio delle discipline filosofiche e teologiche essi debbono scoprire quali rapporti intercorrono tra tradizioni e religione nazionale e la religione cristiana (95). Analogamente, la preparazione al sacerdozio deve tenere presenti le necessità pastorali della regione: gli alunni devono apprendere la storia, la finalità e il metodo dell'azione missionaria della Chiesa, nonché le particolari condizioni sociali, economiche e culturali del proprio popolo. Vanno anche educati allo spirito ecumenico e preparati al dialogo fraterno con i non cristiani (96). Tutto questo suppone che gli studi preparatori al sacerdozio si compiano, per quanto è possibile, mantenendo ciascuno il più stretto contatto con la propria nazione (97). E si abbia anche cura di formare alla esatta amministrazione ecclesiastica, anche in senso economico.

Si devono scegliere inoltre dei sacerdoti capaci, perché dopo un certo periodo di pratica pastorale, perfezionino i loro studi superiori nelle università anche straniere, specie in quelle di Roma, ed in altri istituti scientifici, di modo che, come elementi del clero locale con dottrina ed esperienza congrue possano aiutare efficacemente le nuove Chiese nell'adempimento delle funzioni ecclesiastiche più alte.

Laddove le conferenze episcopali lo riterranno opportuno, si restauri l'ordine diaconale come stato permanente, secondo le disposizioni della costituzione sulla Chiesa (98). È bene infatti che gli uomini, i quali di fatto esercitano il ministero di diacono, o perché come catechisti predicano la parola di Dio, o perché a nome del parroco e del vescovo sono a capo di comunità cristiane lontane, o perché esercitano la carità attraverso opere sociali e caritative, siano fortificati dall'imposizione delle mani, che è trasmessa fin dagli apostoli, e siano più saldamente congiunti all'altare per poter esplicare più fruttuosamente il loro ministero con l'aiuto della grazia sacramentale del diaconato.

Catechisti 17 Degna di lode è anche quella schiera, tanto benemerita dell'opera missionaria tra i pagani, che è costituita dai catechisti, sia uomini che donne. Essi, animati da spirito apostolico e facendo grandi sacrifici, danno un contributo singolare ed insostituibile alla propagazione della fede e della Chiesa.

Nel nostro tempo poi, in cui il clero è insufficiente per l'evangelizzazione di tante moltitudini e per l'esercizio del ministero pastorale, il compito del catechista è della massima importanza. Pertanto è necessario che la loro formazione sia perfezionata e adeguata al progresso culturale, in modo che, come validi cooperatori dell'ordine sacerdotale, possano svolgere nella maniera migliore il loro compito, che si va facendo sempre più vasto e impegnativo. Si devono quindi moltiplicare le scuole diocesane e regionali nelle quali i futuri catechisti apprendano sia la dottrina cattolica – specialmente quella che ha per oggetto la Bibbia e la liturgia –, sia anche il metodo catechetico e la tecnica pastorale, e ricevano un'autentica formazione morale cristiana (99) in uno sforzo costante per coltivare la pietà e la santità della vita . Si tengano inoltre dei convegni o corsi periodici per aggiornare i catechisti nelle discipline e tecniche utili al loro ministero e per alimentare e rinvigorire la loro vita spirituale. Inoltre, a quelli che si dedicano completamente a quest'opera bisogna garantire un decoroso tenore di vita e la sicurezza sociale, corrispondendo loro un giusto compenso (100).

È desiderabile che alla formazione ed al sostentamento dei catechisti si provveda convenientemente con sussidi speciali della sacra Congregazione di Propaganda Fide. Se apparirà necessario ed opportuno, si fondi un'opera per i catechisti.

Le Chiese inoltre devono sentire e dimostrare gratitudine per l'opera generosa dei catechisti ausiliari, il cui aiuto sarà loro indispensabile. Sono essi che nelle loro comunità presiedono alla preghiera ed impartiscono l'insegnamento. Ci si deve debitamente preoccupare anche della loro formazione dottrinale e spirituale. È altresì auspicabile che ai catechisti convenientemente formati sia conferita, riconoscendosene l'opportunità, la missione canonica nella pubblica celebrazione della liturgia, perché siano al servizio della fede con maggiore autorità agli occhi del popolo.

Promozione della vita religiosa 18 La vita religiosa deve essere curata e promossa fin dal periodo iniziale della fondazione della Chiesa, perché essa non solo è fonte di aiuti preziosi e indispensabili per l'attività missionaria, ma attraverso una più intima consacrazione a Dio fatta nella Chiesa manifesta anche chiaramente e fa comprendere l'intima natura della vocazione cristiana (101).

Gli istituti religiosi che lavorano alla fondazione della Chiesa, impregnati dei mistici tesori di cui è ricca la tradizione religiosa ecclesiale, devono sforzarsi di metterli in luce e di trasmetterli secondo il genio e il carattere di ciascuna nazione. E devono anche considerare attentamente in che modo le tradizioni di vita ascetica e contemplativa, i cui germi talvolta Dio ha immesso nelle antiche culture prima della predicazione del Vangelo, possano essere utilizzate per la vita religiosa cristiana.

Nelle giovani Chiese bisogna promuovere la vita religiosa nelle sue varie forme, perché essa mostri i diversi aspetti della missione di Cristo e della vita ecclesiale, si consacri alle varie attività pastorali e prepari i propri membri ad esplicarle come si conviene. I vescovi tuttavia in sede di conferenza episcopale facciano attenzione perché non si moltiplichino, danneggiando la vita religiosa e l'apostolato, le congregazioni aventi identica finalità apostolica.

Meritano speciale considerazione le varie iniziative destinate a stabilire la vita contemplativa. Certi istituti, mantenendo gli elementi essenziali della istituzione monastica, tendono a impiantare la ricchissima tradizione del proprio ordine; altri cercano di ritornare alla semplicità delle forme del monachesimo primitivo. Tutti comunque devono cercare un reale adattamento alle condizioni locali. Poiché la vita contemplativa interessa la presenza ecclesiale nella sua forma più piena, è necessario che essa sia costituita dappertutto nelle giovani Chiese.

_______________________ NOTE (92) Cf. CONC. VAT. II, Decr. sulla Formazione Sacerdotale Optatam totius, nn. 4, 8, 9 [pag. 447ss].

(93) Cf. CONC. VAT. II, Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, n. 17: AAS 56 (1964), p. 105 [pag. 29].

(94) Cf. CONC. VAT. II, Decr. sulla Formazione Sacerdotale Optatam totius, n. 1 [pag. 441].

(95) Cf. GIOVANNI XXIII, Princeps Pastorum, 28 nov. 1959: AAS 51 (1959), p. 843-844.

(96) Cf. CONC. VAT. II, Decr. sull’Ecumenismo Unitatis redintegratio, n. 4: AAS 57 (1965), pp. 94-96 [pag. 315].

(97) Cf. GIOVANNI XXIII, Princeps Pastorum, 28 nov. 1959: AAS 51 (1959), p. 842.

(98) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 29: AAS 57 (1965), p. 36 [pag. 191ss].

(99) Cf. GIOVANNI XXIII, Princeps Pastorum, 28 nov. 1959: AAS 51 (1959), pp. 855.

(100) Si tratta dei cosiddetti “catechisti a tempo pieno”.

(101) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, nn. 31, 44: AAS 57 (1965), pp. 37, 50-51 [pag. 193ss, 227ss].

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Approfondimenti

Il Concilio Vaticano II afferma che il Popolo di Dio «costituito da Cristo per una comunione di vita, di carità e di verità, è pure da Lui assunto ad essere strumento della redenzione di tutti, e, quale luce del mondo e sale della terra, è inviato a tutto il mondo» (Lumen Gentium, 9), che la Chiesa è missionaria, per sua natura e per mandato (Ad gentes divinitus, 2, 35), e pertanto il dovere missionario concerne tutti e ciascuno dei suoi membri e tutte e ciascuna delle sue Chiese e comunità locali (Lumen Gentium, 9).

Tale dovere riguarda primariamente e immediatamente il Papa e i Vescovi (Ad gentes divinitus, 29, 38), e in modo particolare i sacerdoti, i religiosi e le religiose, per la loro consacrazione a servizio di Dio e della Chiesa (bid. 39, 40); ma nessun fedele cristiano deve credersi esonerato da questo dovere, poiché mediante il battesimo è stato incorporato in una Chiesa essenzialmente missionaria (Ibid. 36). Effettivamente, tutti i cristiani sono obbligati a cooperare per le missioni a seconda delle proprie capacità: alcuni potranno farlo con la parola, altri con la penna, questi con il danaro, quelli con il lavoro manuale, altri, infine, dedicheranno alle missioni il loro tempo. A tutti si presenta l’opportunità di offrire per le missioni le loro preghiere, le loro tribolazioni, le loro gioie, i loro dolori.

Ed è così chiara questa universalità del dovere missionario che il Concilio, trattando dell’iniziazione cristiana fra i catecumeni, dispone che questi, prima di ricevere il battesimo, «imparino a cooperare attivamente all’evangelizzazione e all’edificazione della Chiesa» (Ad gentes divinitus, 14).

Riguardo alle Chiese giovani, poi, che in quanto tali sono generalmente molto povere di personale e di mezzi, il Concilio aggiunge essere conveniente che «partecipino quanto prima e di fatto alla missione universale della Chiesa... La comunione con la Chiesa universale raggiungerà in un certo senso la sua perfezione solo quando anche esse prenderanno parte attiva allo sforzo missionario diretto verso le altre nazioni» (Ibid. 20).

Questo dovere di cooperazione all’opera delle missioni potrebbe sembrare a qualcuno – dato l’annunzio di una Giornata Annuale delle Missioni – che si debba compiere soltanto un giorno all’anno. Tutt’altro. Non si tratta di una raccomandazione marginale, ma di un dovere fondamentale del Popolo di Dio, inerente alla natura stessa dell’essere cristiano (Ibid. 36); il «dovere più alto e più sacro della Chiesa» (Ibid. 29).

Come la respirazione non può mai interrompersi, pena la morte, così l’ansia missionaria non può limitarsi ad una sola Giornata Annuale, se non si vuol correre il rischio di compromettere l’avvenire della Chiesa e la nostra stessa esistenza cristiana. Per tale motivo, nell’importante documento Post-conciliare Ecclesiae Sanctae (Ecclesiae Sanctae, III, 3), con cui si applicano alla pastorale pratica le norme conciliari, si afferma che la Giornata Missionaria Mondiale deve essere l’espressione spontanea di uno spirito missionario, tenuto vivo tutti i giorni mediante orazioni e sacrifici quotidiani. L’asfissia spirituale, nella quale oggi tristemente si dibattono in seno alla Chiesa cattolica tanti individui e istituzioni, non avrà forse la sua origine nella prolungata assenza di un autentico spirito missionario?

Problemi a volte immediati, di trascendenza molto limitata, fanno dimenticare il formidabile problema della missione universale della Chiesa.

Quante tensioni interne, che debilitano e lacerano alcune Chiese e Istituzioni locali, scomparirebbero di fronte alla ferma convinzione che la salvezza delle comunità locali si conquista con la cooperazione all’opera missionaria, perché questa sia estesa sino ai confini della terra! (Ad gentes divinitus, 37).

Vi è un’affermazione del Concilio Vaticano II che desideriamo sia meditata attentamente: «È tanta l’armonia e la compattezza delle membra (nel Corpo mistico di Cristo), che un membro il quale non operasse per la crescita del corpo secondo la propria energia, dovrebbe dirsi inutile per la Chiesa e per se stesso» (Apostolicam Actuositatem, 2).

Esiste una circostanza che rende ancora più urgente e grave questa responsabilità missionaria del Popolo di Dio. Ci riferiamo alle molteplici possibilità che offre il mondo odierno per una penetrazione universale e simultanea del Messaggio evangelico. Noi vediamo felicemente convertita in realtà la presenza storica della Chiesa fra tutti i popoli. Nonostante vi siano paesi che si chiudono volontariamente al Vangelo, è un fatto evidente che tutti i popoli si vanno sempre più cercando fra di loro, e si mettono pertanto anche in relazione con la Chiesa.

Questa nuova e provvidenziale situazione della Chiesa nel mondo ci fa comprendere i grandi doveri e vantaggi che oggi ci si offrono nel campo della cooperazione missionaria per una diffusione su scala mondiale dell’ideale missionario e per un aiuto di vaste dimensioni a tutte le missioni della Chiesa.

dal: MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PAOLO VI PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 1972

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