Atti degli Apostoli – Capitolo 8

Conclusione del martirio di Stefano 1Saulo approvava la sua uccisione.

LA DIFFUSIONE DELLA PAROLA OLTRE GERUSALEMME (8,1b-14,28)

Transizione In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme; tutti, ad eccezione degli apostoli, si dispersero nelle regioni della Giudea e della Samaria. 2Uomini pii seppellirono Stefano e fecero un grande lutto per lui. 3Saulo intanto cercava di distruggere la Chiesa: entrava nelle case, prendeva uomini e donne e li faceva mettere in carcere. 4Quelli però che si erano dispersi andarono di luogo in luogo, annunciando la Parola.

L'attivitĂ  di Filippo missionario in Samaria 5Filippo, sceso in una cittĂ  della Samaria, predicava loro il Cristo. 6E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. 7Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. 8E vi fu grande gioia in quella cittĂ .

Simone il mago 9Vi era da tempo in città un tale di nome Simone, che praticava la magia e faceva strabiliare gli abitanti della Samaria, spacciandosi per un grande personaggio. 10A lui prestavano attenzione tutti, piccoli e grandi, e dicevano: «Costui è la potenza di Dio, quella che è chiamata Grande». 11Gli prestavano attenzione, perché per molto tempo li aveva stupiti con le sue magie. 12Ma quando cominciarono a credere a Filippo, che annunciava il vangelo del regno di Dio e del nome di Gesù Cristo, uomini e donne si facevano battezzare. 13Anche lo stesso Simone credette e, dopo che fu battezzato, stava sempre attaccato a Filippo. Rimaneva stupito nel vedere i segni e i grandi prodigi che avvenivano.

Pietro e Giovanni in Samaria 14Frattanto gli apostoli, a Gerusalemme, seppero che la Samaria aveva accolto la parola di Dio e inviarono a loro Pietro e Giovanni. 15Essi scesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo; 16non era infatti ancora disceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. 17Allora imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo.

Pietro e Simone il mago 18Simone, vedendo che lo Spirito veniva dato con l’imposizione delle mani degli apostoli, offrì loro del denaro 19dicendo: «Date anche a me questo potere perché, a chiunque io imponga le mani, egli riceva lo Spirito Santo». 20Ma Pietro gli rispose: «Possa andare in rovina, tu e il tuo denaro, perché hai pensato di comprare con i soldi il dono di Dio! 21Non hai nulla da spartire né da guadagnare in questa cosa, perché il tuo cuore non è retto davanti a Dio. 22Convèrtiti dunque da questa tua iniquità e prega il Signore che ti sia perdonata l’intenzione del tuo cuore. 23Ti vedo infatti pieno di fiele amaro e preso nei lacci dell’iniquità». 24Rispose allora Simone: «Pregate voi per me il Signore, perché non mi accada nulla di ciò che avete detto».

Sommario della missione di Samaria 25Essi poi, dopo aver testimoniato e annunciato la parola del Signore, ritornavano a Gerusalemme ed evangelizzavano molti villaggi dei Samaritani.

Filippo e l'eunuco etiope 26Un angelo del Signore parlò a Filippo e disse: «Àlzati e va’ verso il mezzogiorno, sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta». 27Egli si alzò e si mise in cammino, quand’ecco un Etìope, eunuco, funzionario di Candace, regina di Etiopia, amministratore di tutti i suoi tesori, che era venuto per il culto a Gerusalemme, 28stava ritornando, seduto sul suo carro, e leggeva il profeta Isaia. 29Disse allora lo Spirito a Filippo: «Va’ avanti e accòstati a quel carro». 30Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». 31Egli rispose: «E come potrei capire, se nessuno mi guida?». E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui. 32Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo: Come una pecora egli fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. 33Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, la sua discendenza chi potrà descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita. 34Rivolgendosi a Filippo, l’eunuco disse: «Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?». 35Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciò a lui Gesù. 36Proseguendo lungo la strada, giunsero dove c’era dell’acqua e l’eunuco disse: «Ecco, qui c’è dell’acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?». [37] 38Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco, ed egli lo battezzò. 39Quando risalirono dall’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più; e, pieno di gioia, proseguiva la sua strada. 40Filippo invece si trovò ad Azoto ed evangelizzava tutte le città che attraversava, finché giunse a Cesarèa.

Approfondimenti

(cf ATTI DEGLI APOSTOLI – Introduzione, traduzione e commento – a cura di Gérard Rossé © EDIZIONI SAN PAOLO, 2010)

Conclusione del martirio di Stefano e transizione Un'annotazione come tra parentesi (At 7,58) ha menzionato per la prima volta Saulo: è parte della tecnica narrativa introdurre in anticipo un personaggio che avrà in seguito un ruolo da protagonista. Viene detto «giovane» più per buon senso che per un'informazione storica. Il legame tra la morte di Stefano e la presenza di Saulo permette di introdurre quest'ultimo nell'atteggiamento di ostilità, che lo caratterizzava prima della conversione (8,1a).

Il narratore utilizza la tecnica dell'incastro per far incrociare temi antecedenti (Stefano) con temi successivi (missione in Samaria e conversione di Saulo). Notiamo l'ordine: persecuzione generalizzata, sepoltura dignitosa di Stefano, Saulo accanito persecutore, diffusione della Parola. Il quadro descrittivo dà un effetto di drammatizzazione; scoppia una grande persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme che provoca una dispersione generale. Il narratore sottolinea l'attività persecutoria di Saulo, e così prepara il racconto della sua conversione (At 9). Ma se la persecuzione fu generale contro la Chiesa di Gerusalemme, come mai gli apostoli possono stare tranquillamente nella città santa (cfr. 8, 1.14)? Sul piano storico, l'ostilità toccò soltanto i cristiani di lingua greca residenti a Gerusalemme. A Luca preme mettere in luce l'aspetto positivo della persecuzione: lungi dal provocare la distruzione, essa produce la diffusione del Vangelo e, di conseguenza, l'inizio della seconda tappa del programma annunciato dal Risorto: la missione in Giudea e in Samaria.

La missione in Samaria L'attenzione del narratore si concentra sulla missione fuori delle mura di Gerusalemme, senza però perdere di vista l'importanza della Chiesa-madre, centro d'unità e, al suo interno, il collegio degli apostoli. Il Vangelo si diffonde rapidamente e in tutte le direzioni. Non viene dimenticato l'agire divino, che guida la missione. Alla Pentecoste di Gerusalemme succede la “Pentecoste” dei Samaritani (8,17) e quella dei pagani (10,44-45). Per ora Luca si limita alla missione in Samaria. In questa unità letteraria si possono distinguere quattro scene. L'attività di Filippo (vv. 5-8). Filippo è uno dei Sette, soprannominato «l'evangelista» (21,8) per la sua attività missionaria. Cacciato da Gerusalemme a causa della persecuzione, svolge la sua missione nella città della Samaria, probabilmente nella capitale che allora si chiamava Sebaste Augusta. Il narratore presenta un quadro generale della sua predicazione, che ricorda la vita della primissima comunità di Gerusalemme: ascolto attento, unanimità, esorcismi e guarigioni come segni, la gioia come effetto. Per Luca, i Samaritani si mostrano globalmente favorevoli al Vangelo. Il racconto appare come una sorta di sommario.

La scena cambia: appare il mago Simone. Costui esercitava il suo fascino in quella medesima città ben prima dell'arrivo di Filippo. La pratica magica era un fenomeno diffuso nel mondo ellenistico, ma proibito dalla Legge di Mosè (cfr. Lv 19,31; 20,6-27; Dt 18,10-11). L'arte magica preoccupa Luca, che ne parla a diverse riprese negli Atti; egli tiene a far risaltare la differenza con l'attività taumaturgica dei missionari cristiani; forse qualche cristiano rimaneva ancora esposto a tale fascino? L'autore afferma che il mago veniva acclamato: «Costui è la potenza di Dio chiamata “la grande”». Probabilmente la folla acclamava Simone che proclamava: «io sono “la grande potenza”». Si considerava l'incarnazione del Dio supremo e si reputava «uomo divino» quali ne circolavano in quell'epoca, incarnazione benefica di una divinità discesa in terra, che si manifestava con miracoli di ogni genere... e che Luca riduce a semplice magia. La figura storica di questo Simone ci sfugge e non ha importanza. Luca non punta a informare, ma a insegnare.

Con il v. 12 si ritorna alla predicazione di Filippo. Il narratore non parla più di miracoli. La vera fede infatti nasce dalla predicazione, e Luca ne sintetizza il contenuto: il Regno di Dio e il nome di Gesù. Il Regno di Dio esprime la continuità con il messaggio del Maestro di Nazaret, mentre il nome di Gesù mette in luce la novità dell'evento pasquale. Il versetto successivo (v. 13) presenta l'incontro tra Filippo e il mago. Caratte- rizzata dalla fede e dal battesimo, la conversione di Simone appare autentica nella presentazione che ne fa Luca. L'interesse del mago per i miracoli è successivo alla sua conversione e prepara l'incontro con Pietro. Perché Luca tiene a registrare questa conversione? Evidentemente vuole mostrare al lettore la superiorità dell'at- tività cristiana su quella del mago: la folla, che andava in estasi di fronte ai prodigi di Simone, vede ora quest'ultimo andare in estasi di fronte al potere di Filippo! Il narratore aggiunge che Simone stava sempre vicino a Filippo, ma adesso quest'ultimo scompare dalla scena e troviamo Simone accanto a Pietro! Forse queste fratture narrative sono dovute al modo di mettere insieme le tradizioni che Luca ha a disposizione.

Giungono Pietro e Giovanni, inviati dal collegio degli apostoli: la loro venuta presuppone la conversione dei Samaritani. Lo scopo immediato della loro visita è la preghiera per il dono dello Spirito Santo, così da inserire la comunità samaritana nella comunione dell'unica Chiesa fondata sugli apostoli. Ma il dono dello Spirito Santo non è forse legato al battesimo? Con molta probabilità Luca si riferisce a due elementi essenziali che facevano parte di un medesimo rito: il battesimo collegato al perdono dei peccati e l'imposizione delle mani insieme alla preghiera per ottenere il dono dello Spirito. Si tratta dunque di due momenti dello stesso rito, che l'autore sacro ora distingue per l'insegnamento che vuole dare: i Samaritani convertiti entrano a pieno diritto nella Chiesa fondata sugli apostoli. Non bisogna allora isolare il rito dell'imposizione delle mani dal contesto battesimale e considerarlo come diritto esclusivo degli apostoli e dei loro successori.

Nell'ultima scena avviene l'incontro tra Simone e Pietro. La scena tuttavia non s'adatta bene al contesto: come spiegare il comportamento di Simone che, diventato cristiano, ha ricevuto il dono dello Spirito Santo come tutti i Samaritani convertiti? Inoltre, adesso lo attrae non il potere di fare miracoli (cfr. 8,13), ma quello di comunicare lo Spirito Santo. Forse ora Luca ha di mira non tanto il problema della magia, quanto piuttosto un problema interno alla comunità del suo tempo: il pericolo legato alla simonia. La forte reazione di Pietro va in tale senso. Come per Anania e Saffìra, l'apostolo smaschera la malvagità nel cuore di Simone e la condanna severamente. Tuttavia Pietro conclude le sue minacce non con una dichiarazione punitiva, ma con un appello alla conversione. Questa richiesta di conversione e la preghiera per il perdono dei peccati non riguardano la prima conversione, cioè il diventare cristiano, bensì il pentimento per un peccato commesso dopo il battesimo. In questo testo affiora la problematica della seconda conversione, che tanto farà discutere in epoca patristica. Simone si pente (v. 24); la sua richiesta di pregare a suo favore riflette l'intento lucano di insegnare: è un invito al pentimento per il peccatore, ma anche ad accogliere nella comunione ecclesiale chi si pente.

Il v. 25 è un sommario che generalizza la predicazione in Samaria. I due apostoli vanno oltre il motivo del loro invio da parte del collegio degli apostoli (cfr. 8,14) e, come Gesù, annunciano il Vangelo nei villaggi. E così la missione in Samaria può essere attribuita agli apostoli conformemente alla parola del Risorto (1,8).

Filippo e l'eunuco etiope La collocazione di questo brano nel libro degli Atti non è casuale: la conversione dell'eunuco segna una tappa nuova nella diffusione del Vangelo, che dal giudaismo avanza verso il mondo pagano. Dopo i Samaritani, visti da Luca come dei giudei paganizzanti, ecco nella persona dell'eunuco un pagano giudaizzante. Narrativamente il brano prepara il lettore all'episodio di Cornelio, cioè alla conversione di un vero pagano (At 10). Logicamente il narratore deve prima raccontare la conversione di Saulo, il futuro grande evangelizzatore delle nazioni (At 9,1-30). Il brano della conversione dell'eunuco doveva essere un racconto in origine indipendente dal contesto attuale. Filippo, infatti, appare non come un missionario taumaturgico, ma come un uomo dello Spirito guidato da Dio, con molti aspetti in comune con i profeti Elia ed Eliseo. L'intento didattico pervade il testo. Viene descritto in modo paradigmatico il cammino di fede che porta l'eunuco a diventare cristiano: l'apertura dell'uomo alla verità, l'approccio guidato alla Scrittura letta in chiave cristologica, il battesimo. Può anche essere significativo per l'autore sacro il fatto che si tratti di un eunuco (il suo battesimo significa superamento del divieto di appartenenza al popolo di Dio: Dt 23,2), e la sua origine etiope ricorda la missione fino ai confini della terra. Storicamente l'attività di Filippo si inserisce nel più ampio quadro della missione degli ellenisti nella pianura costiera, al margine della terra santa, in città come Gaza, Azoto, Cesarea. Non c'è alcun legame letterario con la scena precedente. Filippo sembra trovarsi a Gerusalemme e un angelo, agente soprannaturale a servizio della missione, lo manda sulla via che conduce a Gaza: l'evangelizzazione si estende anche verso il sud, fino a lambire il deserto. La disponibilità di Filippo è totale. Al v. 27 entra in scena la persona da incontrare, un Etiope, quindi proveniente dalla lontana Africa, ai confini del mondo; «un eunuco», forse sinonimo di «alto funzionario» (senza un necessario riferimento a una condizione fisica) a servizio della regina degli Etiopi. Egli simpatizza con il monoteismo giudaico e torna a casa dopo aver compiuto un viaggio a Gerusalemme. Legge il libro di Isaia, ad alta voce com'era abituale nell'antichità. Dopo l'angelo è lo Spirito a guidare Filippo, che obbedisce prontamente: si accosta al carro e, senza salutare, affronta l'argomento; Luca non si perde in inutili digressioni. Il dialogo è formulato in modo da introdurre l'interpretazione cristiana del testo isaiano, scelto non casualmente. Esso permette l'applicazione all'umiliazione-esaltazione di Gesù. Con la domanda (v. 34) l'eunuco offre a Filippo di avviare il suo insegnamento catechetico: si parte dalla Scrittura per arrivare all'evento-Cristo. La catechesi si conclude con il rito battesimale: l'acqua necessaria è a disposizione. Il battesimo dell'Etiope è raccontato con rapidità. Raggiunto il suo fine, la narrazione si chiude rapidamente con l'improvvisa scomparsa di Filippo ad opera dello Spirito del Signore. Nel cuore del neo-battezzato rimane la gioia. L'intera scena non manca di far venire in mente al lettore il racconto dei discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35). L'insieme si conclude a mo' di sommario sull'attività missionaria di Filippo lungo la costa da Azoto (circa 30 km a nord di Gaza) fino a Cesarea Marittima, dove Filippo si stabilirà (21,8).


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