DE CATECHIZANDIS RUDIBUS – 13
IX – Catechesi per i retori
13. Alcuni provengono anche dalle scuole assai frequentate di grammatica e di retorica. A parte il fatto che costoro si presentano come i più bravi di tutti a parlare, non si saprebbe se collocarli tra gli sprovveduti o tra le persone continuamente allenate ad affrontare i grandi problemi dell’esistenza.(9) Di conseguenza, quando vengono a chiedere di farsi cristiani, dobbiamo raccomandare a loro, ancor più che agli illetterati, di rivestirsi dell’umiltà cristiana, perché imparino ad apprezzare di più chi evita gli errori di comportamento che gli errori di grammatica, e a preferire il cuore buono alla lingua sciolta, come forse facevano prima.
Specialmente dobbiamo insegnar loro in quale atteggiamento devono porsi di fronte alla Scrittura, perché il suo linguaggio, che non è ricercato, non venga disprezzato, e perché non la interpretino nel significato letterale, ma si dispongano a scoprire la verità che in quei libri è contenuta e velata in parole e fatti che sembrano solo umani. Guidandoli per mano a scoprire il significato allegorico di certe pagine che incontrano, e che a prima vista sembrano vuote, daremo loro il gusto della ricerca e faremo amare questo prezioso segreto che Dio ha posto nei libri santi, e che mette a contatto col mistero: e allora tutto il fastidio scomparirà.
Sarà utilissimo ricordare loro che le idee sono più importanti delle parole, come lo spirito del corpo. E finiranno col preferire i discorsi giusti ai discorsi eleganti, come devono preferire di avere amici saggi che amici belli.
Sappiano anche che la sola voce che arriva fino a Dio sono i sentimenti del cuore; e così impareranno a non prendere in giro vescovi e presbiteri che a volte invocano Dio con barbarismi e solecismi, o non capiscono bene le parole che pronunciano, o tagliano le frasi senza ordine. Non che questi errori non si debbano correggere, perché il popolo possa dire «amen» a ciò che ha capito; ma devono essere tollerati da chi capisce che, se in piazza o in tribunale i discorsi piacciono per la bella voce, nella chiesa piacciono per la bontà dell’intenzione. Il linguaggio forense può anche essere chiamato una buona dizione, ma non perciò una benedizione.
Quanto al battesimo che stanno per ricevere, ai più preparati basta che conoscano il significato del rito; mentre con i meno preparati è necessario soffermarsi più a lungo e servirsi di analogie perché non trattino alla leggera ciò che vedono.
__________________________ Note
(9) Agostino sembra avere il dente avvelenato nei confronti di grammatici e rètori: che è poi la sua professione precedente all'incontro con Cristo. Ciò che Agostino tuttavia vuol dire è importante anche ora: c'è molta gente che s'appassiona ai problemi umani, ma più per esercitarsi nelle chiacchiere che per giungere a delle scelte di vita concrete. In questi casi l'occuparsi di problemi diventa fonte di alienazione invece che arricchimento spirituale. Anche gli scribi e i farisei sapevano parlare a lungo della Legge: ma più per trovare vie di evasione dalle sue esigenze che per praticarla.
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«DE CATECHIZANDIS RUDIBUS» LETTERA AI CATECHISTI di Sant'Agostino di Ippona con introduzione e note a cura di GIOVANNI GIUSTI Ed. EDB – © 1981 Centro Editoriale Dehoniano Bologna https://www.canoniciregolari-ic.com/s-agostino-catechesi/