DE CATECHIZANDIS RUDIBUS – 14
X – Le difficoltà e le gioie dei catechista
14. A questo punto forse desideri una conversazione tipo, per sapere come mettere in pratica i consigli che ti ho dato. Lo farò più avanti, se Dio mi aiuterà; ma prima, come ho promesso, ti dirò in che modo si arriva a far catechesi con gioia. Penso di aver sufficientemente mantenuto la promessa parlandoti di come si sviluppa il discorso con chi viene a chiedere di farsi cristiano. Non mi sento invece obbligato a sviluppare per te in questo libro il discorso che ti insegno a fare per gli altri. Se lo farò, sarà di sovrappiù: ma come posso darti qualcosa di sovrappiù, se prima non avrò compiuto tutto quello che sono obbligato a fare?
So che ti lamenti soprattutto per il motivo che il tuo parlare ti pare maldestro e banale. Ma io so che questo succede non perché ti manchi la conoscenza dei contenuti della fede e la ricchezza di parola, ma perché sei interiormente disgustato:
- o perché, come ho detto, non riesci a sopportare di non sapere dire le cose così bene come le intuiamo nel silenzio della mente; * o perché, anche se sappiamo parlar bene, troviamo maggior gusto a sentire o leggere le stesse cose, dette meglio e senza nostra preoccupazione da altri, che a improvvisare discorsi per farci capire, incerti se ci esprimiamo correttamente o se saranno utili a chi ascolta;
- o perché ciò che si insegna alle persone prive di cultura per noi è scontato e non ci serve più, e diventa noioso ripetere all’infinito certe puerilità che la nostra intelligenza di adulti nella fede non gusta più.
A volte dà fastidio anche l’ascoltatore : o perché è indolente, o perché non dà segno di capire o gustare quanto vai esponendo: e ciò non perché uno debba parlare per esser lodato, ma perché quel che diciamo viene da Dio: e quanto più vogliamo il bene delle persone alle quali parliamo, tanto più desideriamo che piaccia loro quel che diciamo per la loro salvezza; e se questo non avviene ci rattristiamo, e ci scoraggiamo, come se lavorassimo inutilmente.
A volte siamo costretti a catechizzare una persona per le raccomandazioni di qualcuno cui non vogliamo recare dispiacere o per le insistenze di qualche altro, e perciò dobbiamo lasciar da parte una cosa che desideravamo fare o che ci piacerebbe di più. Così siamo già disturbati all’inizio di un compito che esigerebbe molta tranquillità. Ci dispiace di non poter tenere nelle nostre occupazioni l’ordine che vorremmo noi e di non riuscire a far tutto: e così il discorso è meno felice, perché la tristezza lo impoverisce.
A volte il disturbo viene da qualche scandalo. Ne stai soffrendo e uno ti dice: «Vieni e parla a questo tale che vuol farsi cristiano». Chi dice così, non sa cosa ti succeda dentro. E se non puoi spiegargli quel che soffri, rispondi di sì, di malavoglia. Così il discorso, nascendo da un cuore arido e sconvolto, non potrà che essere fiacco e acido.
Quale che sia, tra tutte queste, la causa che impedisce di essere sereni, cercheremo davanti a Dio il rimedio per superare la difficoltà e cominciare serenamente l’opera, con entusiasmo e gioia: perché «Dio ama chi dà con gioia» (2Cor 9,7). __________________________
«DE CATECHIZANDIS RUDIBUS» LETTERA AI CATECHISTI di Sant'Agostino di Ippona con introduzione e note a cura di GIOVANNI GIUSTI Ed. EDB – © 1981 Centro Editoriale Dehoniano Bologna https://www.canoniciregolari-ic.com/s-agostino-catechesi/