DEI VERBUM 1-6

DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione DEI VERBUM (18 novembre 1965)

PROEMIO 1 In religioso ascolto della parola di Dio e proclamandola con ferma fiducia, il santo Concilio fa sue queste parole di san Giovanni: «Annunziamo a voi la vita eterna, che era presso il Padre e si manifestò a noi: vi annunziamo ciò che abbiamo veduto e udito, affinché anche voi siate in comunione con noi, e la nostra comunione sia col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo» (1 Gv 1,2-3). Perciò seguendo le orme dei Concili Tridentino e Vaticano I, intende proporre la genuina dottrina sulla divina Rivelazione e la sua trasmissione, affinché per l'annunzio della salvezza il mondo intero ascoltando creda, credendo speri, sperando ami [Cf. S. AGOSTINO, De catechizandis rudibus, 4,8: PL 40, 316].

CAPITOLO I – LA RIVELAZIONE

Natura e oggetto della Rivelazione 2 Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà (cfr. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura (cfr. Ef 2,18; 2 Pt 1,4). Con questa Rivelazione infatti Dio invisibile (cfr. Col 1,15; 1 Tm 1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé. Questa economia della Rivelazione comprende eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, mentre le parole proclamano le opere e illustrano il mistero in esse contenuto. La profonda verità, poi, che questa Rivelazione manifesta su Dio e sulla salvezza degli uomini, risplende per noi in Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta intera la Rivelazione [Cf. Mt 11,27; Gv 1,14.17; 14,6; 17,1-3; 2 Cor 3,16; 4,6; Ef 1,3-14].

Preparazione della Rivelazione evangelica 3 Dio, il quale crea e conserva tutte le cose per mezzo del Verbo (cfr. Gv 1,3), offre agli uomini nelle cose create una perenne testimonianza di sé (cfr. Rm 1,19-20); inoltre, volendo aprire la via di una salvezza superiore, fin dal principio manifestò se stesso ai progenitori. Dopo la loro caduta, con la promessa della redenzione, li risollevò alla speranza della salvezza (cfr. Gn 3,15), ed ebbe assidua cura del genere umano, per dare la vita eterna a tutti coloro i quali cercano la salvezza con la perseveranza nella pratica del bene (cfr. Rm 2,6-7). A suo tempo chiamò Abramo, per fare di lui un gran popolo (cfr. Gn 12,2); dopo i patriarchi ammaestrò questo popolo per mezzo di Mosè e dei profeti, affinché lo riconoscesse come il solo Dio vivo e vero, Padre provvido e giusto giudice, e stesse in attesa del Salvatore promesso, preparando in tal modo lungo i secoli la via all'Evangelo.

Cristo completa la Rivelazione 4 Dopo aver a più riprese e in più modi, parlato per mezzo dei profeti, Dio «alla fine, nei giorni nostri, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1-2). Mandò infatti suo Figlio, cioè il Verbo eterno, che illumina tutti gli uomini, affinché dimorasse tra gli uomini e spiegasse loro i segreti di Dio (cfr. Gv 1,1-18). Gesù Cristo dunque, Verbo fatto carne, mandato come «uomo agli uomini» [Epist. ad Diognetum, 7,4: FUNK, Patres Apostolici, I, p. 403.], «parla le parole di Dio» (Gv 3,34) e porta a compimento l'opera di salvezza affidatagli dal Padre (cfr. Gv 5,36; 17,4). Perciò egli, vedendo il quale si vede anche il Padre (cfr. Gv 14,9), col fatto stesso della sua presenza e con la manifestazione che fa di sé con le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli, e specialmente con la sua morte e la sua risurrezione di tra i morti, e infine con l'invio dello Spirito di verità, compie e completa la Rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina, che cioè Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e risuscitarci per la vita eterna. L'economia cristiana dunque, in quanto è l'Alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non è da aspettarsi alcun'altra Rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo (cfr. 1 Tm 6,14 e Tt 2,13).

Accogliere la Rivelazione con fede 5 A Dio che rivela è dovuta «l'obbedienza della fede» (Rm 16,26; cfr. Rm 1,5; 2 Cor 10,5-6), con la quale l'uomo gli si abbandona tutt'intero e liberamente prestandogli «il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà» [CONC. VAT. I, Cost. dogm. sulla fede cattolica Dei Filius, cap. 3: Dz 1789 (3008) Collantes 1.067] e assentendo volontariamente alla Rivelazione che egli fa. Perché si possa prestare questa fede, sono necessari la grazia di Dio che previene e soccorre e gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi dello spirito e dia «a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità» [SIN. DI ORANGE II, can. 7: Dz 180 (377) Collantes 8.035; CONC. VAT. I, l.c.: Dz 1791 (3010) Collantes 1.069]. Affinché poi l'intelligenza della Rivelazione diventi sempre più profonda, lo stesso Spirito Santo perfeziona continuamente la fede per mezzo dei suoi doni.

Le verità rivelate 6 Con la divina Rivelazione Dio volle manifestare e comunicare se stesso e i decreti eterni della sua volontà riguardo alla salvezza degli uomini, «per renderli cioè partecipi di quei beni divini, che trascendono la comprensione della mente umana» [CONC. VAT. I, Cost. dogm. sulla fede cattolica Dei Filius, cap. 2: Dz 1786 (3005) Collantes 1.063]. Il santo Concilio professa che «Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza con il lume naturale dell'umana ragione a partire dalle cose create» (cfr. Rm 1,20); ma insegna anche che è merito della Rivelazione divina se «tutto ciò che nelle cose divine non è di per sé inaccessibile alla umana ragione, può, anche nel presente stato del genere umano, essere conosciuto da tutti facilmente, con ferma certezza e senza mescolanza d'errore» [CONC. VAT. I, Cost. dogm. sulla fede cattolica Dei Filius, cap. 2: Dz 1785 e 1786 (3004 e 3005) Collantes 1.061-63].

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Approfondimenti

Cap. I — LA RIVELAZIONE

La Dei Verbum È la costituzione conciliare che immediatamente propone una visione della fede tutta centrata sull’esperienza di Gesù Cristo. A partire dell’evento cristologico viene ricompresa la relazione tra Scrittura e Rivelazione. Dio vuole incontrare gli uomini e parlare loro come ad amici, e questo avviene nella vicenda storica che ha in Gesù Cristo il suo centro ed il suo culmine. La rivelazione di Dio diventa allora vissuta in una prospettiva amicale e ci fa dire che la fede non è prima di tutto comunicazione di una verità da credere, quanto un rapporto personale ed esistenziale degli esseri umani con Colui che per noi è Padre di misericordia.

La Chiesa è la realtà chiamata a prolungare nella storia e nel mondo questo dialogo divino / umano. Dio ci vuole dare accesso alla sua stessa intimità, lui si rende prossimo: è questa una possibilità inaudita. A questa chiamata egli ci sollecita come popolo santo di Dio, chiamato a vivere la nostra singolare unità di spirito a partire dalla comune costituzione battesimale: “La posta in gioco è quella dell’adesione alla Parola di Dio la cui intelligenza è a tutti noi affidata; non monopolio di alcuni, ma bene comune di tutti. La sfida – più che mai attuale – è appunto quella del ritenere, trasmettere, praticare e professare tutti, in «singolare unità di spirito», la fede ricevuta e trasmessa.” (Cettina Militello in Perle del Concilio. Dal tesoro del Vaticano II, a cura di Marco Vergottini, EDB, Bologna 2012, 34.)

La Dei Verbum si presenta strutturata in sei capitoli e 26 numeri; al Proemio seguono immediatamente i capitoli:

  1. La rivelazione
  2. La trasmissione della divina rivelazione
  3. L’ispirazione divina e l’interpretazione della sacra scrittura
  4. Il vecchio testamento
  5. Il nuovo testamento
  6. La sacra scrittura nella vita della chiesa

La Costituzione fu promulgata da Papa Paolo VI il 18 novembre 1965, in seguito all’approvazione dei vescovi riuniti in assemblea con 2.344 voti favorevoli e 6 contrari. Il titolo è un rimando sia alle Sacre Scritture (letteralmente, la «Parola di Dio»), sia allo stesso Gesù Cristo (il Verbo di Dio) ed è tratto dall’incipit del documento, com’è consuetudine nei documenti ufficiali del Concilio.

La parola di Dio che è il suo stesso Figlio, comunica all’uomo con parole e gesti; Egli, che si è fatto uomo, anche come uomo sa rispondere a tale Parola e insegna anche a noi a porci in questa stessa dinamica. Egli si fa mediatore per permettere all’uomo, e a ogni uomo, di comprendere umanamente quella parola divina ed adempierla.

La Dei Verbum ci invita dunque a ripercorrere il mistero della Parola che si fa Scrittura, come quello della Parola che si fa carne. La nostra spiegazione deve però essere maturata dalla pienezza della nostra vita in Dio e deve trovare sostegno nel nostro stare in silenzio davanti a Lui.

Ecco, in sintesi, alcuni dei caratteri con cui nella Dei Verbum viene descritta la Rivelazione, la parola di Dio.

• Prima di poter essere ricondotta a un insieme di formule dottrinali, la Rivelazione è l’atto di auto-comunicazione amorosa di Dio agli uomini, cui egli si dona in vista della loro salvezza. Le Persone divine si manifestano e si consegnano all'uomo, e la storia umana diventa, per volere di Dio, progetto di storia di salvezza.

• Tale evento di comunicazione avviene nella storia, secondo le modalità proprie con cui si realizza l'agire storico, e quindi mediante “eventi e parole”, che reciprocamente si illuminano.

• La Rivelazione storica ha un centro, che è l'evento di Gesù Cristo.

• All'uomo che è libero si richiede una libera risposta di consenso, la fede. Come risposta ad un evento, essa non si riduce al riconoscimento di una verità, ma implica l'accoglienza di Dio. Dimensione essenziale ed esistenziale, assenso veritativo e affidamento fiduciale non si oppongono nella fede cristiana, in cui la Verità si manifesta nella persona del Figlio di Dio fatto uomo.

Da questa articolata visione dell'atto comunicativo di Dio e della risposta dell'uomo possiamo trarre alcune implicazioni pastorali.

a) Incontrare la Bibbia è incontrare Dio che, comunicatosi a noi nella storia, oggi ci parla nel libro che è testimonianza della sua Rivelazione. La Bibbia stessa infatti è parola di Dio, questa parola amicale e di comunione. E interessante notare l'inclusione che si istituisce tra inizio e fine del documento. Si legge nel cap. I: «Con questa Rivelazione Dio invisibile nel suo immenso amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé» (n. 2); e nel cap. VI, a proposito di Bibbia: «Nei libri sacri il Padre che è nei cieli viene con molta amorevolezza incontro ai suoi figli ed entra in conversazione con loro» (n. 21). C'è molto da fare ancora perché da tutti sia avvertito che aprire la Bibbia è entrare nel mistero di amore del Padre che comunica con noi, nello Spirito, mediante il suo Figlio. Un'esperienza non riducibile alla sola sfera dell'intelligenza e della conoscenza, ma che si compie nell'incontro.

b) Dio parla di sé a noi come uomini: la Bibbia testimonia la Rivelazione di Dio all'uomo e dell'uomo a se stesso, e del loro reciproco rapporto. La Bibbia non parla di Dio e dell'uomo separati, ma in vista di un patto di amore, di un'alleanza, che Dio offre all'uomo, che l'uomo può accogliere o rifiutare, perdendo qualcosa di sé ogni volta che rifiuta qualcosa di Dio. La Bibbia, parola di Dio, vuol rendere grande l'uomo che la riceve, della grandezza e dignità di Dio, con la responsabilità di esserlo e di viverlo. L'incontro con la Bibbia porta alle altezze della dignità di Dio. Essa va proposta come “libro di alleanza”. Mettersi al suo ascolto deve essere percepito come una pratica di dialogo tra alleati, tra amici.

c) Congiunzione visibile e infallibile fra Dio e uomo è Gesù Cristo, il Figlio fatto uomo per opera dello Spirito. Non è da poco proporre l'incontro biblico come incontro con Dio in Gesù Cristo il mediatore, il ponte fra Dio e l'umanità. Importa, quanto meno, dare ai Vangeli un posto privilegiato nell'incontro biblico e concludere i messaggi degli altri libri contenuti nella Scrittura, avanti e dopo Gesù, nell'ultima Parola che è Gesù nella sua Chiesa; ed ancora sforzarsi di leggere in ogni brano biblico la Rivelazione di Dio, dell'uomo e del loro rapporto, vedendone la luce piena nella storia di Gesù.

d) Che Dio si riveli e dunque comunichi la sua parola nella storia, intreccio di opere e parole, porta a conoscere la vicenda della parola di Dio, anzitutto dentro la storia della Bibbia. Ciò significa abilitarsi a leggere la Bibbia secondo le tre dimensioni di storia, letteratura, messaggio; ma anche riconoscendo che la storia è luogo in cui la Rivelazione, la parola di Dio del passato si incarna e rivela la sua verità. Per questo ci si deve anzitutto allenare al discernimento dei segni di Dio, dei semi del Verbo, nella storia dell'uomo, dai grandi avvenimenti che segnano la storia dei popoli fino alle vicende personali di chi fa con noi un cammino con la Bibbia in mano; in secondo luogo si deve anche diventare costruttori di storia secondo un agire illuminato dalla luce della Parola.

e) Se la Rivelazione è, un rapporto, un dialogo fra Dio e uomo in Gesù Cristo, con la potenza dello Spirito, allora a Dio che si dona nel segno della parola non può che corrispondere come risposta adeguata la fede, quale atteggiamento esistenziale che percepisce e ritiene la verità della comunicazione e insieme si affida fiduciosamente al Padre, accogliendo con amore la Parola, pregandola e ubbidendovi: «A Dio che rivela è dovuta l'obbedienza della fede, con la quale l'uomo si abbandona tutto a Dio, liberamente, prestando il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà» (n. 5). L'azione pastorale non può prescindere da questa soggettività credente (che non esclude ma al contrario include l'oggettività del dato di fede), richiedendo ed educando all'atteggiamento di amore e di fede nel Signore che parla. La preghiera non deve essere un'appendice, ma la spina dorsale dell'incontro biblico. Per questo la lectio divina è antica quanto la Chiesa ed è proposta in maniera privilegiata da Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte al n. 39, dai Vescovi italiani in Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia al n. 49, segnalata in modo particolare ai giovani da Benedetto XVI nel Messaggio per la XXI Giornata Mondiale della Gioventù (9 aprile 2006) e ribadita nei Lineamenta per la XII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi al n. 25.

https://www.diocesinola.it/downloads/category_105/Libretto-riflessione-Dei-Verbum.pdf

https://www.acvenezia.net/wp-content/uploads/2016/01/DEI_VERBUM_presentazioneDD.pdf


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