DEI VERBUM 21-26

DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione DEI VERBUM (18 novembre 1965)

CAPITOLO VI – LA SACRA SCRITTURA NELLA VITA DELLA CHIESA

Importanza della sacra Scrittura per la Chiesa 21 La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli. Insieme con la sacra Tradizione, ha sempre considerato e considera le divine Scritture come la regola suprema della propria fede; esse infatti, ispirate come sono da Dio e redatte una volta per sempre, comunicano immutabilmente la parola di Dio stesso e fanno risuonare nelle parole dei profeti e degli apostoli la voce dello Spirito Santo. È necessario dunque che la predicazione ecclesiastica, come la stessa religione cristiana, sia nutrita e regolata dalla sacra Scrittura. Nei libri sacri, infatti, il Padre che è nei cieli viene con molta amorevolezza incontro ai suoi figli ed entra in conversazione con essi; nella parola di Dio poi è insita tanta efficacia e potenza, da essere sostegno e vigore della Chiesa, e per i figli della Chiesa la forza della loro fede, il nutrimento dell'anima, la sorgente pura e perenne della vita spirituale. Perciò si deve riferire per eccellenza alla sacra Scrittura ciò che è stato detto: «viva ed efficace è la parola di Dio» (Eb 4,12), «che ha il potere di edificare e dare l'eredità con tutti i santificati» (At 20,32; cfr. 1 Ts 2,13).

Necessità di traduzioni appropriate e corrette 22 È necessario che i fedeli abbiano largo accesso alla sacra Scrittura. Per questo motivo, la Chiesa fin dagli inizi fece sua l'antichissima traduzione greca del Vecchio Testamento detta dei Settanta, e ha sempre in onore le altre versioni orientali e le versioni latine, particolarmente quella che è detta Volgata. Poiché, però, la parola di Dio deve essere a disposizione di tutti in ogni tempo, la Chiesa cura con materna sollecitudine che si facciano traduzioni appropriate e corrette nelle varie lingue, di preferenza a partire dai testi originali dei sacri libri. Se, per una ragione di opportunità e col consenso dell'autorità della Chiesa, queste saranno fatte in collaborazione con i fratelli separati, potranno essere usate da tutti i cristiani.

Impegno apostolico degli studiosi 23 La sposa del Verbo incarnato, la Chiesa, ammaestrata dallo Spirito Santo, si preoccupa di raggiungere una intelligenza sempre più profonda delle sacre Scritture, per poter nutrire di continuo i suoi figli con le divine parole; perciò a ragione favorisce anche lo studio dei santi Padri d'Oriente e d'Occidente e delle sacre liturgie. Gli esegeti cattolici poi, e gli altri cultori di sacra teologia, collaborando insieme con zelo, si adoperino affinché, sotto la vigilanza del sacro magistero, studino e spieghino con gli opportuni sussidi le divine Lettere, in modo che il più gran numero possibile di ministri della divina parola siano in grado di offrire con frutto al popolo di Dio l'alimento delle Scritture, che illumina la mente, corrobora le volontà e accende i cuori degli uomini all'amore di Dio [Cf. PIO XII, Encicl. Divino afflante Spiritu, 30 sett. 1943: EB 551, 553, 567. PONT. COMM. BIBLICA, Instructio de S. Scriptura in Clericorum Seminariis et Religiosorum Collegiis recte docenda, 13 maggio 1950: AAS 42 (1950) pp. 495-505]. Il santo Concilio incoraggia i figli della Chiesa che coltivano le scienze bibliche, affinché, con energie sempre rinnovate, continuino fino in fondo il lavoro felicemente intrapreso con un ardore totale e secondo il senso della Chiesa [Cf. PIO XII, Encicl. Divino afflante Spiritu, 30 sett. 1943: EB 569].

Importanza della sacra Scrittura per la teologia 24 La sacra teologia si basa come su un fondamento perenne sulla parola di Dio scritta, inseparabile dalla sacra Tradizione; in essa vigorosamente si consolida e si ringiovanisce sempre, scrutando alla luce della fede ogni verità racchiusa nel mistero di Cristo. Le sacre Scritture contengono la parola di Dio e, perché ispirate, sono veramente parola di Dio, sia dunque lo studio delle sacre pagine come l'anima della sacra teologia [Cf. LEONE XIII, Encicl. Providentissimus Deus: EB 114; BENEDETTO XV, Encicl. Spiritus Paraclitus, 15 sett. 1920: EB 483]. Anche il ministero della parola, cioè la predicazione pastorale, la catechesi e ogni tipo di istruzione cristiana, nella quale l'omelia liturgica deve avere un posto privilegiato, trova in questa stessa parola della Scrittura un sano nutrimento e un santo vigore.

Si raccomanda la lettura della sacra Scrittura 25 Perciò è necessario che tutti i chierici, principalmente i sacerdoti e quanti, come i diaconi o i catechisti, attendono legittimamente al ministero della parola, conservino un contatto continuo con le Scritture mediante una lettura spirituale assidua e uno studio accurato, affinché non diventi «un vano predicatore della parola di Dio all'esterno colui che non l'ascolta dentro di sé» [S. AGOSTINO, Serm. 179, 1: PL 38, 966], mentre deve partecipare ai fedeli a lui affidati le sovrabbondanti ricchezze della parola divina, specialmente nella sacra liturgia. Parimenti il santo Concilio esorta con ardore e insistenza tutti i fedeli, soprattutto i religiosi, ad apprendere «la sublime scienza di Gesù Cristo» (Fil 3,8) con la frequente lettura delle divine Scritture. «L'ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo» [S. GIROLAMO, Comm. in Is., Prol.: PL 24, 17. – Cf. BENEDETTO XV, Encicl. Spiritus Paraclitus: EB 475-480. PIO XII, Encicl. Divino afflante: EB 544]. Si accostino essi volentieri al sacro testo, sia per mezzo della sacra liturgia, che è impregnata di parole divine, sia mediante la pia lettura, sia per mezzo delle iniziative adatte a tale scopo e di altri sussidi, che con l'approvazione e a cura dei pastori della Chiesa, lodevolmente oggi si diffondono ovunque. Si ricordino però che la lettura della sacra Scrittura dev'essere accompagnata dalla preghiera, affinché si stabilisca il dialogo tra Dio e l'uomo; poiché «quando preghiamo, parliamo con lui; lui ascoltiamo, quando leggiamo gli oracoli divini» [S. AMBROGIO, De officiis ministrorum, I, 20, 88: PL 16, 50]. Compete ai vescovi, «depositari della dottrina apostolica» [S. IRENEO, Adv. Haer., IV, 32, 1: PG 7, 1071; (= 49,2) HARVEY, 2, p. 255], ammaestrare opportunamente i fedeli loro affidati sul retto uso dei libri divini, in modo particolare del Nuovo Testamento e in primo luogo dei Vangeli, grazie a traduzioni dei sacri testi; queste devono essere corredate delle note necessarie e veramente sufficienti, affinché i figli della Chiesa si familiarizzino con sicurezza e profitto con le sacre Scritture e si imbevano del loro spirito. Inoltre, siano preparate edizioni della sacra Scrittura fornite di idonee annotazioni, ad uso anche dei non cristiani e adattate alla loro situazione; sia i pastori d'anime, sia i cristiani di qualsiasi stato avranno cura di diffonderle con zelo e prudenza.

Conclusione 26 In tal modo dunque, con la lettura e lo studio dei sacri libri «la parola di Dio compia la sua corsa e sia glorificata» (2 Ts 3,1), e il tesoro della rivelazione, affidato alla Chiesa, riempia sempre più il cuore degli uomini. Come dall'assidua frequenza del mistero eucaristico si accresce la vita della Chiesa, così è lecito sperare nuovo impulso alla vita spirituale dall'accresciuta venerazione per la parola di Dio, che «permane in eterno» (Is 40,8; cfr. 1Pt 1,23-25).

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Approfondimenti

Cap. VI – LA SACRA SCRITTURA NELLA VITA DELLA CHIESA

Quest'ultimo capitolo non fa che esplicitare e raccogliere in chiave pastorale, o, con più precisione, in rapporto alla “vita della Chiesa” e con un linguaggio ricco ed intenso, quanto dagli altri capitoli è stato motivato. È un capitolo pratico, ma è pratico come pratica è la vita: è alla vita che tende l'esegesi, che a sua volta dalla vita riceve arricchimento. Giustamente il cap. VI della Dei Verbum è stato definito la “magna charta” della spiritualità e pastorale biblica della Chiesa.

La prima conseguenza pastorale è farne oggetto di lettura come testo-guida, documento base, che sta sullo sfondo della già citata nota della CEI su La Bibbia nella vita della Chiesa.

Il n. 21 presenta in certo modo la “teoria” della pratica, le ragioni fondanti e direttive dell'incontro con la Bibbia che fa il cristiano. Si articola in tre nuclei: la Scrittura, insieme con il Corpo di Cristo, è il “pane di vita” di un'unica mensa; essa è “regola suprema della fede”, che compenetra la religione cristiana in tutte le sue manifestazioni; è “sostegno e vigore della Chiesa, e per i figli della Chiesa saldezza della fede, cibo dell'anima, sorgente pura e perenne della vita spirituale”.

Ne scaturiscono implicazioni pastorali notevolissime, fondamentali:

  1. La Scrittura è attivamente efficace, dona ciò che dice, a patto che non rimanga congelata nello scritto, in un libro collocato in biblioteca, ma ridiventi parola viva nel suo ambiente vitale (tradizione e comunità), sotto la forza dello Spirito, irradiando la vita personale e sociale; ambedue queste dimensioni vanno sviluppate.
  2. L'ambito dove la Scrittura irradia la maggior efficacia è laddove la Parola che ha al centro Gesù si coniuga con la presenza stessa di Gesù: l'Eucaristia, e più ampiamente i sacramenti, da sempre segni dell'incontro con Cristo. La lectio divina ha una sua caratteristica realizzazione, analogica ma efficace, nella Messa domenicale, e mantiene come momento privilegiato di contemplazione la presenza di Gesù esposto nell'adorazione eucaristica.
  3. Globalmente, il primo buon uso della Bibbia è dato dalla sua capacità di diventare spiritualità, vita interiore, mondo simbolico, motivazione, convinzione, mentalità, “cultura cristiana” di chi l'accosta.

Il num. 22 afferma una prima conseguenza del valore intrinseco appena affermato: essere a disposizione di tutti in ogni tempo. In primo luogo, sono segnalate due applicazioni notevolissime: «È necessario che i fedeli abbiano largo accesso alla Sacra Scrittura». Con ciò viene enunciata la ragione stessa e l'obiettivo dell'apostolato biblico, che mira a mettere la Bibbia in mano a tutti, superando un passato di lontananza che si vorrebbe ricacciare definitivamente indietro, come sta capitando felicemente anche nelle nostre comunità ecclesiali. In secondo luogo si rende necessario che il Libro Sacro sia accessibile, il che avviene con buone traduzioni, anche in collaborazione ecumenica.

Due le implicazioni pastorali.

  1. Va ricordata a tutti la presenza e l'attività della Federazione Biblica Cattolica, cui anche la CEI aderisce, di cui il Settore dell'Apostolato Biblico, insieme all'Associazione Biblica Italiana, è la mediazione operativa. Analoga attenzione occorre avere per le Società Bibliche, un tempo di matrice evangelica, ma oggi in collaborazione preziosa con la Chiesa cattolica.
  2. L'apostolato biblico deve estendersi sempre di più nelle nostre comunità e il popolo di Dio deve scoprire la Bibbia come libro di vita; deve averne una copia in casa, abituarsi ad averla in mano, a sfogliarne le pagine, a leggerla come parola di Dio. Quindi è compito dell'apostolato biblico, ma non solo, diffondere delle buone Bibbie a prezzo minimo, magari nel contesto dell'iniziazione cristiana, la quale è anche iniziazione alla Bibbia. Diffondere Bibbie sì, ma insieme insegnare a leggerle da cristiani, nell'orizzonte della fede della Chiesa.

I nn. 23-26 esplicitano altre indicazioni riguardanti gli operatori biblici: esegeti, teologi, pastori.

Agli esegeti tocca lo studio del testo, con l'ausilio delle diverse scienze bibliche, che aiutano a penetrare sempre di più la Parola (n. 23).

Ai teologi, nello studio della teologia, la Bibbia si propone come fondamento, forza che la ringiovanisce, anima che porta la vita (n. 24).

Ai pastori si rivolge inizialmente il n. 25, con la scelta di una frase di san Girolamo, precisa ed eloquente: «L'ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo». Ma ben presto l'esortazione a «essere attaccati alle Scritture» si estende a tutti i fedeli, su misura dei compiti di ciascuno. In particolare in questo n. 25 si incontra, in prospettiva propriamente pastorale, una breve, densa sintesi di apostolato biblico, con esplicito accenno alle varie espressioni di frequentazione della Parola, segnalando in particolare la centralità della lectio divina, qui definita come “pia lettura”.

Si parla di presenza della Bibbia nella liturgia, di momenti di iniziazione, di sussidi, ecc. Preme sottolineare come sia soprattutto sollecitata l'attenzione su quattro poli.

  1. La frequentazione assidua: il “contatto continuo”, la “sacra lettura assidua”, lo “studio accurato”, la “frequente lettura”, ecc. Va superata l'episodicità, la disarticolazione rispetto ai ritmi della vita spirituale ed ecclesiale.
  2. L'intenzione di fede, per cui nelle parole del testo si incontra Dio («ascoltiamo lui, quando leggiamo gli oracoli divini»), e dunque la necessità della interiorizzazione personale, il riferimento alla liturgia, in una parola il clima di preghiera «affinché possa svolgersi il dialogo fra Dio e l'uomo». Questo vale in particolare per chi propone la Bibbia agli altri e si dispone ad aiutarli nel cammino della lettura. Qui entrano in considerazione le tantissime modalità ed attività di apostolato biblico ben conosciute, cui richiamano gli orientamenti pastorali Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia al n. 49, che a loro volta rimandano alla nota della CEI, La Bibbia nella vita della Chiesa, del 1995.
  3. La parola di Dio vuol essere “pane di vita”. Significa che l'incontro biblico si fa maturo non quando si ferma in appropriazioni tanto devote quanto intime, ma quando porta ad una lettura sapienziale del testo sacro, cioè a una lettura per la trasformazione della vita, ove si esercita il discernimento cristiano dei segni dei tempi e si diventa testimoni ad alta voce della Parola letta e detta silenziosamente nei propri gruppi di ascolto. Questa testimonianza che scaturisce dalla lettura sapienziale non si esaurisce nella sfera personale ma si allarga all'impegno sociale del credente.
  4. È fondamentale vivere tanto intensamente l'incontro con la pagina sacra in forma diretta, segnatamente con la lectio divina, quanto è vitale proseguire nel cammino che viene aperto dalla medesima parola di Dio trovata nel testo. Questa richiede di risuonare nella Chiesa dove è stata pronunciata per la prima volta, animando l'apostolato biblico, ma non trascurando gli altri canali della Parola, quali la catechesi, la liturgia, il servizio della carità.

E, finalmente, la parola di Dio della Bibbia arriva alle frontiere, dove vivono uomini e donne di altre religioni o di cultura solo laica, con cui intende entrare in un dialogo che salva, come faceva Gesù iniziando il Vangelo nella “Galilea delle genti” (Mt 4,15). Qui si possono incontrare anche le intenzionalità più profonde del cosiddetto progetto culturale della Chiesa italiana, con cui si vuole rendere la fede di sempre significativa e plausibile nel contesto delle culture che caratterizzano il nostro tempo.

A conclusione di questa rilettura è da precisare che non bisogna separare il mistero della parola di Dio dalla mediazione del testo: la Parola si dice con l'alfabeto della Bibbia. Ma l'alfabeto della Bibbia è quello della Tradizione originaria, così come l'ha sillabato la Chiesa nel suo dialogo con lo Sposo. Da questa convinzione di fede, che unisce parola scritta e vita della comunità ecclesiale, può scaturire un modello di iniziazione alla Parola di Dio che ne faccia accrescere la venerazione facendo accrescere la vita della Chiesa (cfr. n. 26). ______________________________________________

«Tutta l’evangelizzazione è fondata sulla Parola di Dio, ascoltata, meditata, vissuta, celebrata e testimoniata. La Sacra Scrittura è fonte dell’evangelizzazione. Pertanto, bisogna formarsi continuamente all’ascolto della Parola. La Chiesa non evangelizza se non si lascia continuamente evangelizzare. È indispensabile che la Parola di Dio “diventi sempre più il cuore di ogni attività ecclesiale”. La Parola di Dio ascoltata e celebrata, soprattutto nell’Eucaristia, alimenta e rafforza interiormente i cristiani e li rende capaci di un’autentica testimonianza evangelica nella vita quotidiana. Abbiamo ormai superato quella vecchia contrapposizione tra Parola e Sacramento. La Parola proclamata, viva ed efficace, prepara la ricezione del Sacramento, e nel Sacramento tale Parola raggiunge la sua massima efficacia». papa Francesco Evangelii Gaudium n. 174.

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