GAUDIUM ET SPES 37-39

DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo GAUDIUM ET SPES (7 dicembre 1965)

L'attività umana corrotta dal peccato 37 La sacra Scrittura, però, con cui si accorda l'esperienza dei secoli, insegna agli uomini che il progresso umano, che pure è un grande bene dell'uomo, porta con sé una seria tentazione.

Infatti, sconvolto l'ordine dei valori e mescolando il male col bene, gli individui e i gruppi guardano solamente agli interessi propri e non a quelli degli altri; cosi il mondo cessa di essere il campo di una genuina fraternitĂ , mentre invece l'aumento della potenza umana minaccia di distruggere ormai lo stesso genere umano.

Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall'origine del mondo, destinata a durare, come dice il Signore, fino all'ultimo giorno [Cf. Mt 24,13; 13,24-30 e 36-43].

Inserito in questa battaglia, l'uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l'aiuto della grazia di Dio. Per questo la Chiesa di Cristo, fiduciosa nel piano provvidenziale del Creatore, mentre riconosce che il progresso umano può servire alla vera felicità degli uomini, non può tuttavia fare a meno di far risuonare il detto dell'Apostolo: «Non vogliate adattarvi allo stile di questo mondo» (Rm 12,2) e cioè a quello spirito di vanità e di malizia che stravolge in strumento di peccato l'operosità umana, ordinata al servizio di Dio e dell'uomo.

Se dunque ci si chiede come può essere vinta tale miserevole situazione, i cristiani per risposta affermano che tutte le attività umane, che son messe in pericolo quotidianamente dalla superbia e dall'amore disordinato di se stessi, devono venir purificate e rese perfette per mezzo della croce e della risurrezione di Cristo.

Redento da Cristo e diventato nuova creatura nello Spirito Santo, l'uomo, infatti, può e deve amare anche le cose che Dio ha creato.

Da Dio le riceve: le vede come uscire dalle sue mani e le rispetta.

Di esse ringrazia il divino benefattore e, usando e godendo delle creature in spirito di povertà e di libertà, viene introdotto nel vero possesso del mondo, come qualcuno che non ha niente e che possiede tutto [Cf. 2Cor 6,10]: «Tutto, infatti, è vostro: ma voi siete di Cristo e il Cristo è di Dio» (1Cor 3,22).

L'attività umana elevata a perfezione nel mistero pasquale 38 Il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, fattosi carne lui stesso e venuto ad abitare sulla terra degli uomini [Cf. Gv 1,3 e 14], entrò nella storia del mondo come uomo perfetto, assumendo questa e ricapitolandola in sé [Cf. Ef 1,10]. Egli ci rivela «che Dio è carità» (1Gv 4,8) e insieme ci insegna che la legge fondamentale della umana perfezione, e perciò anche della trasformazione del mondo, è il nuovo comandamento dell'amore.

Coloro pertanto che credono alla carità divina, sono da lui resi certi che la strada della carità è aperta a tutti gli uomini e che gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono vani.

Così pure egli ammonisce a non camminare sulla strada della carità solamente nelle grandi cose, bensì e soprattutto nelle circostanze ordinarie della vita.

Accettando di morire per noi tutti peccatori [Cf. Gv 3,14-16; Rm 5,8-10], egli ci insegna con il suo esempio che è necessario anche portare quella croce che dalla carne e dal mondo viene messa sulle spalle di quanti cercano la pace e la giustizia. Con la sua risurrezione costituito Signore, egli, il Cristo cui è stato dato ogni potere in cielo e in terra [Cf. At 2,36; Mt 28,18], agisce ora nel cuore degli uomini con la virtù del suo Spirito; non solo suscita il desiderio del mondo futuro, ma con ciò stesso ispira anche, purifica e fortifica quei generosi propositi con i quali la famiglia degli uomini cerca di rendere più umana la propria vita e di sottomettere a questo fine tutta la terra.

Ma i doni dello Spirito sono vari: alcuni li chiama a dare testimonianza manifesta al desiderio della dimora celeste, contribuendo così a mantenerlo vivo nell'umanità; altri li chiama a consacrarsi al servizio terreno degli uomini, così da preparare-attraverso tale loro ministero quasi la materia per il regno dei cieli. Di tutti, però, fa degli uomini liberi, in quanto nel rinnegamento dell'egoismo e convogliando tutte le forze terrene verso la vita umana, essi si proiettano nel futuro, quando l'umanità stessa diventerà offerta accetta a Dio [Cf. Rm 15,16].

Un pegno di questa speranza e un alimento per il cammino il Signore lo ha lasciato ai suoi in quel sacramento della fede nel quale degli elementi naturali coltivati dall'uomo vengono trasmutati nel Corpo e nel Sangue glorioso di lui, in un banchetto di comunione fraterna che è pregustazione del convito del cielo.

Terra nuova e cielo nuovo 39 Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l'umanità [Cf. At 1,7] e non sappiamo in che modo sarà trasformato l'universo. Passa certamente l'aspetto di questo mondo, deformato dal peccato [Cf. 1 Cor 7,31; S. IRENEO, Adversus Haereses, V, 36, 1: PG 7, 1222]. Sappiamo però dalla Rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia [Cf. 2 Cor 5,2; 2 Pt 3,13], e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini [Cf. 1 Cor 2,9; Ap 21,4-5].

Allora, vinta la morte, i figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato in infermità e corruzione rivestirà l'incorruttibilità [Cf. 1 Cor 15,42 e 53]; resterà la carità coi suoi frutti [Cf. 1 Cor 13,8; 3,14], e sarà liberata dalla schiavitù della vanità [Cf. Rm 8,19-21] tutta quella realtà che Dio ha creato appunto per l'uomo.

Certo, siamo avvertiti che niente giova all'uomo se guadagna il mondo intero ma perde se stesso [Cf. Lc 9,25]. Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo della umanità nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione, che adombra il mondo nuovo.

Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, tale progresso, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, è di grande importanza per il regno di Dio [Cf. PIO XI, Encicl. Quadragesimo anno]. Ed infatti quei valori, quali la dignità dell'uomo, la comunione fraterna e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre «il regno eterno ed universale: che è regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace» [Messale romano, prefazio della festa di Cristo Re].

Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione.

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Approfondimenti

https://www.tanzella-nitti.it/sites/default/files/media/Commento-GS.pdf


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