GAUDIUM ET SPES 46-52

DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo GAUDIUM ET SPES (7 dicembre 1965)

PARTE II – ALCUNI PROBLEMI PIÙ URGENTI

Proemio 46 Dopo aver esposto di quale dignità è insignita la persona dell'uomo e quale compito, individuale e sociale, egli è chiamato ad adempiere sulla terra, il Concilio, alla luce del Vangelo e dell'esperienza umana, attira ora l'attenzione di tutti su alcuni problemi contemporanei particolarmente urgenti, che toccano in modo specialissimo il genere umano. Tra le numerose questioni che oggi destano l'interesse generale, queste meritano particolare menzione: il matrimonio e la famiglia, la cultura umana, la vita economico-sociale, la vita politica, la solidarietà tra le nazioni e la pace. Sopra ciascuna di esse risplendano i principi e la luce che provengono da Cristo; così i cristiani avranno una guida e tutti gli uomini potranno essere illuminati nella ricerca delle soluzioni di problemi tanto numerosi e complessi.

PARTE II – CAPITOLO I – DIGNITÀ DEL MATRIMONIO E DELLA FAMIGLIA E SUA VALORIZZAZIONE

Matrimonio e famiglia nel mondo d'oggi 47 Il bene della persona e della società umana e cristiana è strettamente connesso con una felice situazione della comunità coniugale e familiare. Perciò i cristiani, assieme con quanti hanno alta stima di questa comunità, si rallegrano sinceramente dei vari sussidi, con i quali gli uomini favoriscono oggi la formazione di questa comunità di amore e la stima ed il rispetto della vita: sussidi che sono di aiuto a coniugi e genitori della loro eminente missione; da essi i cristiani attendono sempre migliori vantaggi e si sforzano di promuoverli.

Però la dignità di questa istituzione non brilla dappertutto con identica chiarezza poiché è oscurata dalla poligamia, dalla piaga del divorzio, dal cosiddetto libero amore e da altre deformazioni. Per di più l'amore coniugale è molto spesso profanato dall'egoismo, dall'edonismo e da pratiche illecite contro la fecondità. Inoltre le odierne condizioni economiche, socio-psicologiche e civili portano turbamenti non lievi nella vita familiare. E per ultimo in determinate parti del mondo si avvertono non senza preoccupazioni i problemi posti dall'incremento demografico. Da tutto ciò sorgono difficoltà che angustiano la coscienza. Tuttavia il valore e la solidità dell'istituto matrimoniale e familiare prendono risalto dal fatto che le profonde mutazioni dell'odierna società, nonostante le difficoltà che ne scaturiscono, molto spesso rendono manifesta in maniere diverse la vera natura di questa istituzione.

Perciò il Concilio, mettendo in chiara luce alcuni punti capitali della dottrina della Chiesa, si propone di illuminare e incoraggiare i cristiani e tutti gli uomini che si sforzano di salvaguardare e promuovere la dignità naturale e l'altissimo valore sacro dello stato matrimoniale.

Santità del matrimonio e della famiglia 48 L'intima comunità di vita e d'amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dall'alleanza dei coniugi, vale a dire dall'irrevocabile consenso personale. E così, è dall'atto umano col quale i coniugi mutuamente si danno e si ricevono, che nasce, anche davanti alla società, l'istituzione del matrimonio, che ha stabilità per ordinamento divino. In vista del bene dei coniugi, della prole e anche della società, questo legame sacro non dipende dall'arbitrio dell'uomo . Perché è Dio stesso l'autore del matrimonio, dotato di molteplici valori e fini [Cf. S. AGOSTINO, De bono coniugali: PL 40, 375-376 e 394; S. TOMMASO, Summa Theol., Suppl. Quaest. 49, art. 3 ad 1; Decretum pro Armenis: Dz 702 (1327) [Collantes 9.343]; PIO XI, Encicl. Casti Connubii]: tutto ciò è di somma importanza per la continuità del genere umano, il progresso personale e la sorte eterna di ciascuno dei membri della famiglia, per la dignità, la stabilità, la pace e la prosperità della stessa famiglia e di tutta la società umana.

Per la sua stessa natura l'istituto del matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento. E così l'uomo e la donna, che per l'alleanza coniugale «non sono più due, ma una sola carne» (Mt 19,6), prestandosi un mutuo aiuto e servizio con l'intima unione delle persone e delle attività, esperimentano il senso della propria unità e sempre più pienamente la conseguono.

Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l'indissolubile unità [Cf. PIO XI, Encicl. Casti Connubii (1930)].

Cristo Signore ha effuso l'abbondanza delle sue benedizioni su questo amore dai molteplici aspetti, sgorgato dalla fonte della divina carità e strutturato sul modello della sua unione con la Chiesa. Infatti, come un tempo Dio ha preso l'iniziativa di un'alleanza di amore e fedeltà [Cf. Os 2; Ger 3,6-13; Ez 16 e 23; Is 54] con il suo popolo cosi ora il Salvatore degli uomini e sposo della Chiesa [Cf. Mt 9,15; Mc 2,19-20; Lc 5,34-35; Gv 3,29; 2 Cor 11,2; Ef 5,27; Ap 19,7-8; 21,2 e 9] viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del matrimonio. Inoltre rimane con loro perché, come egli stesso ha amato la Chiesa e si è dato per essa [Cf. Ef 5,25] così anche i coniugi possano amarsi l'un l'altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione. L'autentico amore coniugale è assunto nell'amore divino ed è sostenuto e arricchito dalla forza redentiva del Cristo e dalla azione salvifica della Chiesa, perché i coniugi in maniera efficace siano condotti a Dio e siano aiutati e rafforzati nello svolgimento della sublime missione di padre e madre [Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium (1965)]. Per questo motivo i coniugi cristiani sono fortificati e quasi consacrati da uno speciale sacramento [Cf. PIO XI, Encicl. Casti Connubii (1930)] per i doveri e la dignità del loro stato. Ed essi, compiendo con la forza di tale sacramento il loro dovere coniugale e familiare, penetrati dello spirito di Cristo, per mezzo del quale tutta la loro vita è pervasa di fede, speranza e carità, tendono a raggiungere sempre più la propria perfezione e la mutua santificazione, ed assieme rendono gloria a Dio.

Prevenuti dall'esempio e dalla preghiera comune dei genitori, i figli, anzi tutti quelli che vivono insieme nell'ambito familiare, troveranno più facilmente la strada di una formazione veramente umana, della salvezza e della santità.

Quanto agli sposi, insigniti della dignità e responsabilità di padre e madre, adempiranno diligentemente il dovere dell'educazione, soprattutto religiosa, che spetta loro prima che a chiunque altro.

I figli, come membra vive della famiglia, contribuiscono pure in qualche modo alla santificazione dei genitori. Risponderanno, infatti, ai benefici ricevuti dai genitori con affetto riconoscente, con pietà filiale e fiducia; e li assisteranno, come si conviene a figli, nelle avversità della vita e nella solitudine della vecchiaia. La vedovanza, accettata con coraggio come continuazione della vocazione coniugale sia onorata da tutti [Cf. 1Tm 5,3]. La famiglia metterà con generosità in comune con le altre famiglie le proprie ricchezze spirituali. Allora la famiglia cristiana che nasce dal matrimonio, come immagine e partecipazione dell'alleanza d'amore del Cristo e della Chiesa [Cf. Ef 5,32] renderà manifesta a tutti la viva presenza del Salvatore nel mondo e la genuina natura della Chiesa, sia con l'amore, la fecondità generosa, l'unità e la fedeltà degli sposi, che con l'amorevole cooperazione di tutti i suoi membri.

L'amore coniugale 49 I fidanzati sono ripetutamente invitati dalla parola di Dio a nutrire e potenziare il loro fidanzamento con un amore casto, e gli sposi la loro unione matrimoniale con un affetto senza incrinature [Cf. Gen 2,22-24; Pr 5,18-20; 31,10-31; Tb 8,4-8; Ct 1,1-3; 2,16; 4,16-5,1; 7,8-11; 1 Cor 7,3-6; Ef 5,25-33]. Anche molti nostri contemporanei annettono un grande valore al vero amore tra marito e moglie, che si manifesta in espressioni diverse a seconda dei sani costumi dei popoli e dei tempi. Proprio perché atto eminentemente umano, essendo diretto da persona a persona con un sentimento che nasce dalla volontà, quell'amore abbraccia il bene di tutta la persona; perciò ha la possibilità di arricchire di particolare dignità le espressioni del corpo e della vita psichica e di nobilitarle come elementi e segni speciali dell'amicizia coniugale.

Il Signore si è degnato di sanare, perfezionare ed elevare questo amore con uno speciale dono di grazia e carità. Un tale amore, unendo assieme valori umani e divini, conduce gli sposi al libero e mutuo dono di se stessi, che si esprime mediante sentimenti e gesti di tenerezza e pervade tutta quanta la vita dei coniugi [Cf. PIO XI, Encicl. Casti Connubii (1930)] anzi, diventa più perfetto e cresce proprio mediante il generoso suo esercizio. È ben superiore, perciò, alla pura attrattiva erotica che, egoisticamente coltivata, presto e miseramente svanisce.

Questo amore è espresso e sviluppato in maniera tutta particolare dall'esercizio degli atti che sono propri del matrimonio. Ne consegue che gli atti coi quali i coniugi si uniscono in casta intimità sono onesti e degni; compiuti in modo veramente umano, favoriscono la mutua donazione che essi significano ed arricchiscono vicendevolmente nella gioia e nella gratitudine gli sposi stessi. Quest'amore, ratificato da un impegno mutuo e soprattutto consacrato da un sacramento di Cristo, resta indissolubilmente fedele nella prospera e cattiva sorte, sul piano del corpo e dello spirito; di conseguenza esclude ogni adulterio e ogni divorzio. L'unità del matrimonio, confermata dal Signore, appare in maniera lampante anche dalla uguale dignità personale che bisogna riconoscere sia all'uomo che alla donna nel mutuo e pieno amore.

Per tener fede costantemente agli impegni di questa vocazione cristiana si richiede una virtù fuori del comune; è per questo che i coniugi, resi forti dalla grazia per una vita santa, coltiveranno assiduamente la fermezza dell'amore, la grandezza d'animo, lo spirito di sacrificio e li domanderanno nella loro preghiera. Ma l'autentico amore coniugale godrà più alta stima e si formerà al riguardo una sana opinione pubblica, se i coniugi cristiani danno testimonianza di fedeltà e di armonia nell'amore come anche di sollecitudine nell'educazione dei figli, e se assumono la loro responsabilità nel necessario rinnovamento culturale, psicologico e sociale a favore del matrimonio e della famiglia.

I giovani siano adeguatamente istruiti, molto meglio se in seno alla propria famiglia, sulla dignità dell'amore coniugale, sulla sua funzione e le sue espressioni; così che, formati nella stima della castità, possano ad età conveniente passare da un onesto fidanzamento alle nozze.

La fecondità del matrimonio 50 Il matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati per loro natura alla procreazione ed educazione della prole. I figli infatti sono il dono più eccellente del matrimonio e contribuiscono grandemente al bene dei genitori stessi. Dio che disse: «non è bene che l'uomo sia solo» (Gn 2,18) e «che creò all'inizio l'uomo maschio e femmina» (Mt 19,4), volendo comunicare all'uomo una speciale partecipazione nella sua opera creatrice, benedisse l'uomo e la donna, dicendo loro: «crescete e moltiplicatevi» (Gn 1,28). Di conseguenza un amore coniugale vero e ben compreso e tutta la struttura familiare che ne nasce tendono, senza trascurare gli altri fini del matrimonio, a rendere i coniugi disponibili a cooperare coraggiosamente con l'amore del Creatore e del Salvatore che attraverso di loro continuamente dilata e arricchisce la sua famiglia.

I coniugi sappiano di essere cooperatori dell'amore di Dio Creatore e quasi suoi interpreti nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla; ciò deve essere considerato come missione loro propria.

E perciò adempiranno il loro dovere con umana e cristiana responsabilità e, con docile riverenza verso Dio, di comune accordo e con sforzo comune, si formeranno un retto giudizio: tenendo conto sia del proprio bene personale che di quello dei figli, tanto di quelli nati che di quelli che si prevede nasceranno; valutando le condizioni sia materiali che spirituali della loro epoca e del loro stato di vita; e, infine, tenendo conto del bene della comunità familiare, della società temporale e della Chiesa stessa. Questo giudizio in ultima analisi lo devono formulare, davanti a Dio, gli sposi stessi. Però nella loro linea di condotta i coniugi cristiani siano consapevoli che non possono procedere a loro arbitrio, ma devono sempre essere retti da una coscienza che sia con forme alla legge divina stessa; e siano docili al magistero della Chiesa, che interpreta in modo autentico quella legge alla luce del Vangelo.

Tale legge divina manifesta il significato pieno dell'amore coniugale, lo protegge e lo conduce verso la sua perfezione veramente umana.

Così quando gli sposi cristiani, fidando nella divina Provvidenza e coltivando lo spirito di sacrificio [Cf. 1Cor 7,5], svolgono il loro ruolo procreatore e si assumono generosamente le loro responsabilità umane e cristiane, glorificano il Creatore e tendono alla perfezione cristiana.

Tra i coniugi che in tal modo adempiono la missione loro affidata da Dio, sono da ricordare in modo particolare quelli che, con decisione prudente e di comune accordo, accettano con grande animo anche un più grande numero di figli da educare convenientemente [Cf. PIO XII, Discorso Tra le visite, 20 gen. 1958].

Il matrimonio tuttavia non è stato istituito soltanto per la procreazione; il carattere stesso di alleanza indissolubile tra persone e il bene dei figli esigono che anche il mutuo amore dei coniugi abbia le sue giuste manifestazioni, si sviluppi e arrivi a maturità. E perciò anche se la prole, molto spesso tanto vivamente desiderata, non c'è, il matrimonio perdura come comunità e comunione di tutta la vita e conserva il suo valore e la sua indissolubilità.

Accordo dell'amore coniugale col rispetto della vita 51 Il Concilio sa che spesso i coniugi, che vogliono condurre armoniosamente la loro vita coniugale, sono ostacolati da alcune condizioni della vita di oggi, e possono trovare circostanze nelle quali non si può aumentare, almeno per un certo tempo, il numero dei figli; non senza difficoltà allora si può conservare la pratica di un amore fedele e la piena comunità di vita. Là dove, infatti, è interrotta l'intimità della vita coniugale, non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli: allora corrono pericolo anche l'educazione dei figli e il coraggio di accettarne altri.

C'è chi presume portare a questi problemi soluzioni non oneste, anzi non rifugge neppure dall'uccisione delle nuove vite. La Chiesa ricorda, invece, che non può esserci vera contraddizione tra le leggi divine, che reggono la trasmissione della vita, e quelle che favoriscono l'autentico amore coniugale.

Infatti Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita: missione che deve essere adempiuta in modo degno dell'uomo. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; l'aborto e l'infanticidio sono delitti abominevoli. La sessualità propria dell'uomo e la facoltà umana di generare sono meravigliosamente superiori a quanto avviene negli stadi inferiori della vita; perciò anche gli atti specifici della vita coniugale, ordinati secondo la vera dignità umana, devono essere rispettati con grande stima. Perciò, quando si tratta di mettere d'accordo l'amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato secondo criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento nella dignità stessa della persona umana e dei suoi atti, criteri che rispettano, in un contesto di vero amore, il significato totale della mutua donazione e della procreazione umana; cosa che risulterà impossibile se non viene coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale. I figli della Chiesa, fondati su questi principi, nel regolare la procreazione, non potranno seguire strade che sono condannate dal Magistero nella spiegazione della legge divina [Cf. PIO XI, Encicl. Casti Connubii (1930); PIO XII, Discorso al Convegno dell’Unione Italiana Ostetriche 29 ott. 1951; PAOLO VI, Discorso agli Em.mi Padri Cardinali, 23 giugno 1964. Alcuni problemi, che hanno bisogno di analisi ulteriori e più approfondite, per ordine del Sommo Pontefice sono stati demandati alla Commissione per lo studio della popolazione, della famiglia e della natalità, perché il Sommo Pontefice dia il suo giudizio dopo che essa avrà concluso il suo compito. Stando a questo punto la dottrina del Magistero, il S. Concilio non intende proporre immediatamente soluzioni concrete]. Del resto, tutti sappiamo che la vita dell'uomo e il compito di trasmetterla non sono limitati agli orizzonti di questo mondo e non vi trovano né la loro piena dimensione, né il loro pieno senso, ma riguardano il destino eterno degli uomini.

L'impegno di tutti per il bene del matrimonio e della famiglia 52 La famiglia è una scuola di arricchimento umano. Perché però possa attingere la pienezza della sua vita e del suo compimento, è necessaria una amorevole apertura vicendevole di animo tra i coniugi, e la consultazione reciproca e una continua collaborazione tra i genitori nella educazione dei figli. La presenza attiva del padre giova moltissimo alla loro formazione; ma bisogna anche permettere alla madre, di cui abbisognano specialmente i figli più piccoli, di prendersi cura del proprio focolare pur senza trascurare la legittima promozione sociale della donna. I figli poi, mediante l'educazione devono venire formati in modo che, giunti alla maturità, possano seguire con pieno senso di responsabilità la loro vocazione, compresa quella sacra; e se sceglieranno lo stato di vita coniugale, possano formare una propria famiglia in condizioni morali, sociali ed economiche favorevoli. È compito poi dei genitori o dei tutori guidare i più giovani nella formazione di una nuova famiglia con il consiglio prudente, presentato in modo che questi lo ascoltino volentieri; dovranno tuttavia evitare di esercitare forme di coercizione diretta o indiretta su di essi per spingerli al matrimonio o alla scelta di una determinata persona come coniuge.

In questo modo la famiglia, nella quale le diverse generazioni si incontrano e si aiutano vicendevolmente a raggiungere una saggezza umana più completa e ad armonizzare i diritti della persona con le altre esigenze della vita sociale, è veramente il fondamento della società. Tutti coloro che hanno influenza sulla società e sulle sue diverse categorie, quindi, devono collaborare efficacemente alla promozione del matrimonio e della famiglia; e le autorità civili dovranno considerare come un sacro dovere conoscere la loro vera natura, proteggerli e farli progredire, difendere la moralità pubblica e favorire la prosperità domestica. In particolare dovrà essere difeso il diritto dei genitori di generare la prole e di educarla in seno alla famiglia. Una provvida legislazione ed iniziative varie dovranno pure proteggere ed aiutare opportunamente coloro che sono purtroppo privi di una propria famiglia.

I cristiani, bene utilizzando il tempo presente [Cf. Ef 5,16; Col 4,5] e distinguendo le realtà permanenti dalle forme mutevoli, si adoperino per sviluppare diligentemente i valori del matrimonio e della famiglia; lo faranno tanto con la testimonianza della propria vita, quanto con un'azione concorde con gli uomini di buona volontà. Così, superando le difficoltà presenti, essi provvederanno ai bisogni e agli interessi della famiglia, in accordo con i tempi nuovi. A questo fine sono di grande aiuto il senso cristiano dei fedeli, la retta coscienza morale degli uomini, come pure la saggezza e la competenza di chi è versato nelle discipline sacre.

Gli esperti nelle scienze, soprattutto biologiche, mediche, sociali e psicologiche, possono portare un grande contributo al bene del matrimonio e della famiglia e alla pace delle coscienze se, con l'apporto convergente dei loro studi, cercheranno di chiarire sempre più a fondo le diverse condizioni che favoriscono un'ordinata e onesta procreazione umana.

È compito dei sacerdoti, provvedendosi una necessaria competenza sui problemi della vita familiare, aiutare amorosamente la vocazione dei coniugi nella loro vita coniugale e familiare con i vari mezzi della pastorale, con la predicazione della parola di Dio, con il culto liturgico o altri aiuti spirituali, fortificarli con bontà e pazienza nelle loro difficoltà e confortarli con carità, perché si formino famiglie veramente serene.

Le varie opere di apostolato, specialmente i movimenti familiari, si adopereranno a sostenere con la dottrina e con l'azione i giovani e gli stessi sposi, particolarmente le nuove famiglie, ed a formarli alla vita familiare, sociale ed apostolica.

Infine i coniugi stessi, creati ad immagine del Dio vivente e muniti di un'autentica dignità personale, siano uniti da un uguale mutuo affetto, dallo stesso modo di sentire, da comune santità [Cf. Sacramentarium Gregorianum: PL 78, 262], cosi che, seguendo Cristo principio di vita [Cf. Rm 5,15 e 18; 6,5-11; Gal 2,20] nelle gioie e nei sacrifici della loro vocazione, attraverso il loro amore fedele possano diventare testimoni di quel mistero di amore che il Signore ha rivelato al mondo con la sua morte e la sua risurrezione [Cf. Ef 5,25-27].

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Approfondimenti

La genesi di questo capitolo della Gaudium et spes è stata tra le più tormentate e difficili di tutto il Concilio. I testi prodotti sul tema sono stati quattro. Inoltre le questioni dell’indissolubilità e dei fini del matrimonio hanno visto opporsi posizioni tradizionaliste e progressiste lungo tutta la redazione della costituzione pastorale; mai come in questo caso il Papa è intervenuto con tanta incisività, avocando a sé lo studio di alcuni problemi morali della conduzione familiare, soprattutto nel campo della procreazione.

Il capitolo comincia allo stesso modo della costituzione generale, cioè con un elenco dei problemi della famiglia al mondo d’oggi (1965). Quando si ha a che fare con questioni non dogmatiche ma riguardanti il divenire storico e i cambiamenti socio-culturali che investono gli uomini e le donne di una determinata epoca, il primo passo da compiere è quello di conoscere e quindi capire quale sia la realtà oggettiva della questione considerata. Il Concilio ribadisce da un lato il fondamento umano del consenso matrimoniale dall’altro che la composizione della coppia e della famiglia è di diritto divino (cf. GS 48).

La Gaudium et spes riserva parole molto intense e straordinariamente attuali al sacramento del matrimonio, esaltando il contenuto di grazia spirituale presente nel sacramento che però nutre e santifica qualcosa che già c’è ed è operante: l’amore umano dei coniugi in tutte le sue espressioni, anche quella sessuale.

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Il Concilio Vaticano II non ha inteso presentare l’intera dottrina sul matrimonio. Ha cercato soltanto di chiarire alcuni punti capitali della dottrina della Chiesa, i quali, già sufficientemente acquisiti dalle scienze dell’uomo, dalla esegesi biblica e dalla teologia, devono “illuminare e confortare i cristiani e tutti gli uomini che si sforzano di salvaguardare e promuovere la dignità naturale e l’altissimo valore sacro dello stato matrimoniale” (GS n.47c).

Significativo rimane il fatto che dei cinque problemi di carattere universale, giudicati importanti nel dialogo tra Chiesa e mondo contemporaneo, il Concilio abbia dato il primo posto al matrimonio. E questo, per sottolineare l’importanza e il significato per la società umana e comunità ecclesiale.

I rapidi cambiamenti, susseguiti dopo il secondo conflitto mondiale nel campo politico, sociale, culturale, religioso e del costume, hanno avuto i loro riflessi, ora positivi ora negativi, sulla famiglia. Avulsa da un precedente da un contesto socioculturale di relativa stabilità e immessa in una condizione di mobilità, di instabilità economica, di crescenti bisogni di ogni genere, di tensioni psicologiche e di sollecitazioni esterne da parte degli strumenti della comunicazione sociale, la famiglia fu scossa da “ non lievi turbamenti” (GS n.47b), che ne hanno modificato la configurazione tradizionale.

In questi ultimi decenni, da punti di vista diversi si interessarono al problema della famiglia esegeti, teologi, sociologi e psicologi. Una delle questioni, che ha polarizzato l’attenzione degli studiosi, concerne i fini del matrimonio che ne rappresentano il punto nodale. Sulla questione relativa ai fini, che investe l’intero argomento del matrimonio e della vita coniugale, il Vaticano II segna un approdo, ma apre anche nuove vie all’indagine teologica.

La novità del testo della Gaudium et Spes consiste nel fatto d’essersi liberata da una concezione troppo biologica-giuridica del matrimonio e di aver evidenziato, partendo da una nozione unitaria dell’uomo, le esigenze personalistiche e la correlazione tra le diverse componenti del matrimonio. L’elemento motore e coordinatore di queste correlazioni è l’amore coniugale, il quale non viene più visto come un semplice presupposto psicologico-affettivo, diretto a realizzare i fini del matrimonio, ma, soprattutto in seguito alla sua assunzione all’ordine soprannaturale con la recezione del sacramento e alla sua significazione dell’unione Cristo-Chiesa, viene considerato come un valore a sé stante, su cui il matrimonio si fonda e da cui esso trae origine, vitalità, unità, indissolubilità, stabilità e fecondità. La riscoperta del nesso profondo, che esiste tra amore coniugale e istituzione matrimoniale, rappresenta il vero punto di partenza per una revisione critica e una ristrutturazione della precedente dottrina sui fini del matrimonio.

Se l’amore coniugale ha una funzione altissima e insostituibile nel matrimonio e nella salvaguardia delle sue proprietà, non può essere declassato al rango di fine secondario, né può essere equiparato al solo ”mutuum adiutorium” o ridotto a qualcosa di semplicemente tollerato e sovrapposto al matrimonio o indebitamente sublimato, ma deve diventarne la regola e l’anima.

Inoltre l’amore coniugale, proprio perché è l’elemento motore e perfettivo del matrimonio, ne investe le varie componenti, sicché il problema non è più tanto quello di vedere come la stessa dinamica dell’amore coniugale ricomponga e realizzi, dall’interno, la loro integrazione a servizio della comunità di vita dei coniugi.

Un aspetto, che affiora dalla lettura del testo della Gaudium et Spes sul matrimonio, è quello del riferimento del “mutuum adiutorium” non tanto alla procreazione come fine ad essa subordinato, quanto all’amore coniugale, che presiede alla promozione della vita dei coniugi (cfr. GS nn.48.49).

La formulazione della teoria del fine primario e dei fini secondari aveva concorso ad impoverire il concetto di amore coniugale. Si arrivò anche a relegarlo tra i fini secondari del matrimonio, equiparandolo al “mutuum adiutorium”. Difatti, il testo della Gaudium et Spes lo considera un valore che insieme ad altri valori si inserisce nel più ampio contesto della comunità di vita degli sposi come elemento propulsore della medesima. (cfr. GS n.52b).

Il Concilio, ricollegandosi ad una visione più approfondita e completa del matrimonio, prima ancora di presentarlo come uno strumento di procreazione, lo descrive come una comunità di vita e di amore, capace di arricchire i coniugi anche in assenza di prole (cfr. GS n.50g).

Ora, affermata la centralità dell’amore coniugale nel matrimonio e ammesso, come fa la Gaudium et Spes (cfr. nn.48- 50), che il “mutuum adiutorium” è orientato a promuovere la comunità di vita degli sposi, non è più legittimo considerare il “mutuum adiutorium“ soltanto in rapporto subordinato alla procreazione e quindi come un qualcosa di secondario. Esso va direttamente riferito al perfezionamento dei coniugi, il quale, essendo una conseguenza dell’amore coniugale sviluppato in tutte le sue virtualità, deve avere il suo giusto posto nell’insieme della complessa realtà matrimoniale. E benché il “mutuum adiutorium” non si identifichi con l’amore coniugale e il perfezionamento dei coniugi in se stesso, tuttavia esso pone quell’insieme di comportamenti e di atteggiamenti che, pervasi dall’amore coniugale, favoriscono l’incontro e il miglioramento vicendevole degli sposi, perciò trascende il puro fatto della procreazione e educazione della prole, anche se non è ad esso estraneo.

Con la sua concezione personalistica del matrimonio, il Vaticano II ha promosso anche il processo di integrazione tra amore coniugale e sessualità.

Per secoli aveva pesato sulla teologia cattolica, e di riflesso, sull’agiografia e sulla condotta morale di generazioni cristiane una concezione antropologica, ispirata al dualismo di anima e di corpo di matrice platonica, sostanzialmente pessimista riguardo al corpo e alla materia in genere.

In quest’ottica dualistica, l’esaltazione dell’amicizia coniugale, fatta da un certo tipo di “spiritualismo cristiano” e confinata nelle più alte sfere dello spirito al di fuori di ogni contaminazione carnale, aveva finito per proiettare una luce fosca sull’esercizio della sessualità nelle relazioni tra gli sposi, riducendolo a strumento di procreazione e di rimedio alla concupiscenza. Secondo tale visuale, l’atto coniugale aveva una sua ben definita struttura e funzione biologica naturale, stabilita dal Creatore, e perciò conservava la sua liceità morale soltanto nel caso in cui i coniugi non escludessero l’intenzionalità procreativa.

Solo dopo che nell’ambito del pensiero cattolico, sotto l’influsso della riscoperta del monismo personalistico biblico, è maturata l’idea dell’unità vitale della creatura umana e una visione personalistica del matrimonio, si cominciò a scorgere più distintamente che l’atto coniugale non è un puro atto naturale (actus naturae), come si deduceva dalla prospettiva agostiniana e tomistica, ma è soprattutto una atto umano (actus hominis), che coinvolge la cooperazione simultanea delle persone dei coniugi (cfr. GS n. 49b).

Facendo propria questa concezione unitaria dell’uomo e del matrimonio, la Gaudium et Spes afferma anzitutto che l’amore coniugale è l’attrazione reciproca di due volontà e la disponibilità alla donazione totale di due persone (cfr. GS n. 49a): quindi non di due spiriti soltanto, né di due sessi soltanto, ma di due esseri umani nella pienezza della loro realtà corporea e spirituale.

In secondo luogo la stessa costituzione asserisce che la reciprocità di donazione degli sposi si realizza anche con l’esercizio della sessualità, che è l’attività propria del matrimonio (cfr. GS n. 49b) ed è anche un valore iscritto nelle radici ultime della persona e risponde ad un preciso disegno divino di arricchimento delle persone dei coniugi e di conservazione della specie.

Secondo la Gaudium et Spes, sessualità e amore coniugale, pur non identificandosi, si integrano a vicenda nelle relazioni interpersonali del matrimonio.

La sessualità entra nella dinamica dell’amore come una sua componente fondamentale, e l’amore pervade, la sessualità. In tal modo l’amore coniugale investe la donazione totale con cui gli sposi si vanno incontro l’uno all’altro con tutto il loro essere, corpo e spirito, conferisce agli atti della sfera sessuale una loro intrinseca dignità e onestà ( cfr. GS n. 49b), e li differenzia da quelli compiuti dagli animali che sono unicamente finalizzati alla riproduzione (cfr. GS n. 51c).

La sessualità viene elevata così dal piano biologico a quello affettivo-integrativo, per diventare espressione specifica dell’amore coniugale.

Gli atti, con cui i coniugi realizzano la loro unione in una sola carne e in un solo spirito, acquistano una particolare nobiltà, purché si compiano in “intima castità”, cioè in un’atmosfera di riservatezza quale si addice a atteggiamenti e a manifestazioni tanto personali, e secondo l’ordine voluto da Dio nell’esercizio della funzione sessuale; e in modo veramente umano, cioè secondo un comportamento che domini la ricerca egoistica del piacere e la forza cieca della passione erotica, orientando l’atto coniugale verso la soddisfazione reciproca in un clima di tenero affetto, di grande benevolenza e di abbandono non solo fisico ma anche psicologico dell'uno nell’altro (cfr. GS n. 49b). Ne consegue che gli atti sessuali umani sono leciti soltanto nel matrimonio, perché è all’interno della vita coniugale che essi esprimono un amore totale, e diventano portatori di valori personali.

A queste condizioni, l’attività sessuale degli sposi va ben al di là del soddisfacimento di certi istinti. Il rapporto coniugale, associando in sé valori umani e divini, promuove la comunione tra i coniugi, e si qualifica non come eticamente pericoloso o riprovevole, ma come scambio interpersonale di amore dal quale erompe la volontà procreativa. E per lo stretto legame che esiste nell’uomo tra corpo e spirito, l’unione degli sposi sul piano fisico abbraccia e rafforza la loro unione sul piano affettivo e spirituale facendosi dialogo, donazione e arricchimento reciproco, sorgente di gioia e di gratitudine. (cfr. GS n. 49b).

La Gaudium et spes, rapportando la sessualità all’amore coniugale, ne mette in luce tanto l’aspetto procreativo quanto quello unitivo, e le accorda così una funzione insopprimibile nelle reazioni interpersonali dei coniugi. Ma, nel contempo, la costituzione conciliare sembra voler ricondurre il “remedium concupiscentiae”, connesso con l’esercizio della sessualità, nell’alveo dell’amore coniugale, e quindi lo ripone nell’insieme di quei comportamenti tipici, con i quali si esplica l’unione coniugale, che appaga l’appetito sensuale, modificando la precedente dottrina che si limitava a ricongiungerlo con la procreazione, ritenendolo come fine ad essa subordinato.

Il vero amore coniugale, per sua natura, non può chiudersi in se stesso ed esaurirsi nella donazione reciproca degli sposi. Esso tende a stimolare la disponibilità dei coniugi, perché collaborino con l’amore del Creatore e del Salvatore, “il quale per mezzo di essi ogni giorno più ingrandisce ed arricchisce la sua famiglia” (GS n. 50a).

L’insegnamento conciliare rivede e si libera dalla concezione matrimoniale, finalizzata unicamente alla procreazione, descrive la correlazione che esiste tra amore e fecondità, e illustra il posto che spetta all’amore coniugale sia nei confronti della generazione e educazione della prole sia in rapporto alla comunione di vita dei coniugi.

Secondo la Gaudium et spes, la procreazione non appare, più come un compito imposto dalla natura quasi dall’esterno e in forma deterministica, ma è un ministerium (GS n. 51c), cioè una missione che Dio affida agli sposi, perché, seguendo la logica di un autentico amore coniugale, partecipino alla sua opera creatrice e redentrice, non come ciechi strumenti o come semplici usufruttuari della vita, ma come interpreti in un certo senso “del suo amore fecondo nel comunicare l’esistenza ad altri esseri umani, e nel proteggerla” (cfr. GS n.50b.50c).

Ciò esige che il comportamento dei coniugi sul piano procreativo, superando ogni forma di egoismo, sia ragionevole e responsabile.

Certo, il Concilio ribadisce che fine essenziale e specificante del matrimonio è la procreazione e educazione della prole, principio saldo e irreformabile nella dottrina cattolica, ma, contemporaneamente, abbandona la rigida concezione del matrimonio orientato esclusivamente o quasi alla procreazione per dare risalto anche al perfezionamento degli sposi, ponendo in tal modo il loro vero bene come elemento non meno essenziale al matrimonio, concepito come comunità di vita e di amore (cfr. GS n. 50a).

Che cosa rappresentano e in quale rapporto stanno l’amore coniugale, la procreazione e il perfezionamento dei coniugi? Da un’attenta analisi del testo della Gaudium et Spes sul matrimonio sembra si possano fare le seguenti deduzioni. L’amore coniugale appare come l’elemento motore e perfettivo del matrimonio. Causa efficiente del matrimonio è il patto coniugale, cioè “l’irrevocabile consenso personale,” espresso in modo percepibile, con cui i due contraenti mutuamente si donano e si ricevono allo scopo di vivere, per edificare una famiglia.

La Gaudium et Spes, sebbene riconosca la natura contrattualistica del matrimonio, non parla tuttavia di contratto, ma di “patto coniugale” (cfr.GS n. 48a). E questo, sia per indicare l’idea di “alleanza” che il patto coniugale include, sia per sottolineare che l’istituzione, che deriva da tale patto, è stata fondata ed è stata dotata da Dio stesso di leggi proprie, sicché la permanenza del vincolo matrimoniale è sottratto alla arbitrazione dei contraenti (cfr. GS n. 48a). L’amore coniugale, corroborato dal consenso, realizza l’intima comunità di vita, che costituisce lo “specifico” o l’essenza del matrimonio. Tale comunità di vita e di amore ha come finalità preminenti la procreazione e l’educazione della prole, e l’arricchimento e il perfezionamento dei coniugi: finalità, l’una sociale e l’altra personale, che non si escludono, ma che si richiamano e si completano a vicenda.

Alla luce di queste riflessioni si comprende meglio anche il senso di questa altra affermazione conciliare: “Tuttavia il matrimonio non è stato istituito in vista della sola procreazione” (GS n.50c). Indubbiamente, la procreazione è un bene importante del matrimonio, senza esserne l’unico. Il matrimonio non ha nella prole la sua giustificazione. Nel caso in cui la prole dovesse mancare per ragioni che esulano dall’intenzione degli sposi, il matrimonio conserva la sua piena validità, perché include altri fini non trascurabili né da porsi in second’ordine (cfr. GS n.50a). Inteso come comunità di vita e di amore, il matrimonio sprona gli sposi a mettere in comune le loro qualità e doti diverse, ma complementari in relazione alla edificazione della società coniugale, e a prestarsi quella vicendevole assistenza che serve a migliorarli e a maturarli umanamente e spiritualmente (cfr. GS nn.49b.52b).

Del resto la, stessa natura del patto coniugale tra due persone esige che l’unità della coppia non possa essere perseguita mediante la strumentalizzazione dell’una o dell’altra parte, poiché la realizzazione di un coniuge dipende dalla realizzazione dell’altro, e qualunque limitazione o sfruttamento dell’uno si riflette sull’altro. I coniugi si uniscono su un piano di uguaglianza per donarsi, in quello che hanno di proprio, senza riserve. Vivendo in pienezza la loro reciproca donazione, non possono non riceverne beneficio a vicenda (cfr. GS n. 50c).

L’accento posto dal Vaticano II sulla dimensione interiore della vita coniugale spiega anche come la Gaudium et Spes difenda il permanere dell’indissolubilità del matrimonio in assenza di prole, richiamandosi alla presenza dell’amore coniugale (cfr. GS n. 50c), e non semplicemente perché si salvi l’istituzione matrimoniale, come invece si esprimeva l’insegnamento preconciliare ancora legato ad una concezione puramente contrattualistica del matrimonio.

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