GAUDIUM ET SPES 79-80

DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo GAUDIUM ET SPES (7 dicembre 1965)

PARTE II – CAPITOLO V – LA PROMOZIONE DELLA PACE E LA COMUNITÀ DELLE NAZIONI

Sezione 1: Necessità di evitare la guerra

Il dovere di mitigare l'inumanità della guerra 79 Sebbene le recenti guerre abbiano portato al nostro mondo gravissimi danni sia materiali che morali, ancora ogni giorno in qualche punto della terra la guerra continua a produrre le sue devastazioni. Anzi dal momento che in essa si fa uso di armi scientifiche di ogni genere, la sua atrocità minaccia di condurre i combattenti ad una barbarie di gran lunga superiore a quella dei tempi passati. La complessità inoltre delle odierne situazioni e la intricata rete delle relazioni internazionali fanno sì che vengano portate in lungo, con nuovi metodi insidiosi e sovversivi, guerre più o meno larvate. In molti casi il ricorso ai sistemi del terrorismo è considerato anch'esso una nuova forma di guerra.

Davanti a questo stato di degradazione dell'umanità, il Concilio intende innanzi tutto richiamare alla mente il valore immutabile del diritto naturale delle genti e dei suoi principi universali. La stessa coscienza del genere umano proclama quei principi con sempre maggiore fermezza e vigore. Le azioni pertanto che deliberatamente si oppongono a quei principi e gli ordini che comandano tali azioni sono crimini, né l'ubbidienza cieca può scusare coloro che li eseguono. Tra queste azioni vanno innanzi tutto annoverati i metodi sistematici di sterminio di un intero popolo, di una nazione o di una minoranza etnica; orrendo delitto che va condannato con estremo rigore. Deve invece essere sostenuto il coraggio di coloro che non temono di opporsi apertamente a quelli che ordinano tali misfatti.

Esistono, in materia di guerra, varie convenzioni internazionali, che un gran numero di nazioni ha sottoscritto per rendere meno inumane le azioni militari e le loro conseguenze. Tali sono le convenzioni relative alla sorte dei militari feriti o prigionieri e molti impegni del genere. Tutte queste convenzioni dovranno essere osservate; anzi le pubbliche autorità e gli esperti in materia dovranno fare ogni sforzo, per quanto è loro possibile, affinché siano perfezionate, in modo da renderle capaci di porre un freno più adatto ed efficace alle atrocità della guerra. Sembra inoltre conforme ad equità che le leggi provvedano umanamente al caso di coloro che, per motivi di coscienza, ricusano l'uso delle armi, mentre tuttavia accettano qualche altra forma di servizio della comunità umana.

La guerra non è purtroppo estirpata dalla umana condizione. E fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un'autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa. I capi di Stato e coloro che condividono la responsabilità della cosa pubblica hanno dunque il dovere di tutelare la salvezza dei popoli che sono stati loro affidati, trattando con grave senso di responsabilità cose di così grande importanza. Ma una cosa è servirsi delle armi per difendere i giusti diritti dei popoli, ed altra cosa voler imporre il proprio dominio su altre nazioni. La potenza delle armi non rende legittimo ogni suo uso militare o politico. Né per il fatto che una guerra è ormai disgraziatamente scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa tra le parti in conflitto.

Coloro poi che al servizio della patria esercitano la loro professione nelle file dell'esercito, si considerino anch'essi come servitori della sicurezza e della libertà dei loro popoli; se rettamente adempiono il loro dovere, concorrono anch'essi veramente alla stabilità della pace.

La guerra totale 80 Il progresso delle armi scientifiche ha enormemente accresciuto l'orrore e l'atrocità della guerra. Le azioni militari, infatti, se condotte con questi mezzi, possono produrre distruzioni immani e indiscriminate, che superano pertanto di gran lunga i limiti di una legittima difesa. Anzi, se mezzi di tal genere, quali ormai si trovano negli arsenali delle grandi potenze, venissero pienamente utilizzati, si avrebbe la reciproca e pressoché totale distruzione delle parti contendenti, senza considerare le molte devastazioni che ne deriverebbero nel resto del mondo e gli effetti letali che sono la conseguenza dell'uso di queste armi.

Tutte queste cose ci obbligano a considerare l'argomento della guerra con mentalità completamente nuova [Cf. PIO XII, Discorso 30 set. 1954; ID., Messaggio radiofonico, 24 dic. 1954 Ecce ego declinabo; GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris; PAOLO VI, Discorso all’Assemblea delle Nazioni Unite, 4 ott. 1965]. Sappiano gli uomini di questa età che dovranno rendere severo conto dei loro atti di guerra, perché il corso dei tempi futuri dipenderà in gran parte dalle loro decisioni di oggi.

Avendo ben considerato tutte queste cose, questo sacro Concilio, facendo proprie le condanne della guerra totale già pronunciate dai recenti sommi Pontefici dichiara [Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris, (1963) dove si parla di disarmo]:

Ogni atto di guerra, che mira indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e va condannato con fermezza e senza esitazione.

Il rischio caratteristico della guerra moderna consiste nel fatto che essa offre quasi l'occasione a coloro che posseggono le più moderne armi scientifiche di compiere tali delitti e, per una certa inesorabile concatenazione, può sospingere le volontà degli uomini alle più atroci decisioni. Affinché dunque non debba mai più accadere questo in futuro, i vescovi di tutto il mondo, ora riuniti, scongiurano tutti, in modo particolare i governanti e i supremi comandanti militari a voler continuamente considerare, davanti a Dio e davanti alla umanità intera, l'enorme peso della loro responsabilità.

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Approfondimenti

IL FALLIMENTO DELLA PACE: LA GUERRA

497 Il Magistero condanna «l'enormità della guerra» [Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 77 (1966; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2307-2317] e chiede che sia considerata con un approccio completamente nuovo: [Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 80 (1966)] infatti, «riesce quasi impossibile pensare che nell'era atomica la guerra possa essere utilizzata come strumento di giustizia» [Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: (1963)]_. La guerra è un «flagello» [Leone XIII, Allocuzione al Collegio dei Cardinali, (1899)] e non rappresenta mai un mezzo idoneo per risolvere i problemi che sorgono tra le Nazioni: «Non lo è mai stato e mai lo sarà», [Giovanni Paolo II, Incontro con gli Officiali del Vicariato di Roma (17 gennaio 1991); cfr. Id., Discorso ai Vescovi di Rito Latino della Regione Araba (1º ottobre 1990), 4] perché genera conflitti nuovi e più complessi [Cfr. Paolo VI, Discorso ai Cardinali (24 giugno 1965)]. Quando scoppia, la guerra diventa una «inutile strage» [Benedetto XV, Appello ai Capi dei popoli belligeranti (1º agosto 1917)], una «avventura senza ritorno», [Giovanni Paolo II, Preghiera per la pace durante l'Udienza Generale (16 gennaio 1991)] che compromette il presente e mette a rischio il futuro dell'umanità: «Nulla è perduto con la pace. Tutto può essere perduto con la guerra» [Pio XII, Radiomessaggio (24 agosto 1939); Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1993, 4; cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris (1963)]. I danni causati da un conflitto armato non sono solamente materiali, ma anche morali. [Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 79 (1966)] La guerra è, in definitiva, «il fallimento di ogni autentico umanesimo», [Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999] «è sempre una sconfitta dell'umanità» [Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo Diplomatico (13 gennaio 2003), 4] «non più gli uni contro gli altri, non più, mai! ... non più la guerra, non più la guerra!» [Paolo VI, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (4 ottobre 1965)].

498 La ricerca di soluzioni alternative alla guerra per risolvere i conflitti internazionali ha assunto oggi un carattere di drammatica urgenza, poiché «la potenza terrificante dei mezzi di distruzione, accessibili perfino alle medie e piccole potenze, e la sempre più stretta connessione, esistente tra i popoli di tutta la terra, rendono assai arduo o praticamente impossibile limitare le conseguenze di un conflitto» [Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 51 (1991)]. È quindi essenziale la ricerca delle cause che originano un conflitto bellico, anzitutto quelle collegate a situazioni strutturali di ingiustizia, di miseria, di sfruttamento, sulle quali bisogna intervenire con lo scopo di rimuoverle: «Per questo, l'altro nome della pace è lo sviluppo. Come esiste la responsabilità collettiva di evitare la guerra, così esiste la responsabilità collettiva di promuovere lo sviluppo» [Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 52 (1991)].

499 Gli Stati non sempre dispongono degli strumenti adeguati per provvedere efficacemente alla propria difesa: da qui la necessità e l'importanza delle Organizzazioni internazionali e regionali, che devono essere in grado di collaborare per far fronte ai conflitti e favorire la pace, instaurando relazioni di fiducia reciproca capaci di rendere impensabile il ricorso alla guerra: [Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris (1963)] «È lecito... sperare che gli uomini, incontrandosi e negoziando, abbiano a scoprire meglio i vincoli che li legano, provenienti dalla loro comune umanità, e abbiano pure a scoprire che una fra le più profonde esigenze della loro comune umanità è che tra essi e tra i rispettivi popoli regni non il timore, ma l'amore: il quale tende ad esprimersi nella collaborazione leale, multiforme, apportatrice di molti beni» [Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris (1963)]

dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa


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