GAUDIUM ET SPES 87-90

DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo GAUDIUM ET SPES (7 dicembre 1965)

PARTE II – CAPITOLO V – LA PROMOZIONE DELLA PACE E LA COMUNITÀ DELLE NAZIONI

Sezione 2: La costruzione della comunità internazionale

La cooperazione internazionale e l'accrescimento demografico 87 La cooperazione internazionale è indispensabile soprattutto quando si tratta dei popoli che, fra le molte altre difficoltà, subiscono oggi in modo tutto speciale quelle derivanti da un rapido incremento demografico. È urgente e necessario ricercare come, con la cooperazione intera ed assidua di tutti, specie delle nazioni più favorite, si possa procurare e mettere a disposizione dell'intera comunità umana quei beni che sono necessari alla sussistenza e alla conveniente istruzione di ciascuno. Alcuni popoli potrebbero migliorare seriamente le loro condizioni di vita se, debitamente istruiti, passassero dai vecchi metodi di agricoltura ai nuovi procedimenti tecnici di produzione, applicandoli con la prudenza necessaria alla situazione propria e se instaurassero inoltre un migliore ordine sociale e attuassero una più giusta distribuzione della proprietà terriera.

Nei limiti della loro competenza, i governi hanno diritti e doveri per ciò che concerne il problema demografico della nazione; come, ad esempio, per quanto riguarda la legislazione sociale e familiare, le migrazioni dalla campagna alle città, o quando si tratta dell'informazione relativa alla situazione e ai bisogni del paese. Oggi gli animi sono molto agitati da questi problemi. Si deve quindi sperare che cattolici competenti in tutte queste materie, in particolare nelle università, proseguano assiduamente gli studi già iniziati e li sviluppino maggiormente.

Poiché molti affermano che l'accrescimento demografico nel mondo, o almeno in alcune nazioni, debba essere frenato in maniera radicale con ogni mezzo e con non importa quale intervento dell'autorità pubblica, il Concilio esorta tutti ad astenersi da soluzioni contrarie alla legge morale, siano esse promosse o imposte pubblicamente o in privato. Infatti, in virtù del diritto inalienabile dell'uomo al matrimonio e alla generazione della prole, la decisione circa il numero dei figli da mettere al mondo dipende dal retto giudizio dei genitori e non può in nessun modo essere lasciata alla discrezione dell'autorità pubblica. Ma siccome questo giudizio dei genitori suppone una coscienza ben formata, è di grande importanza dare a tutti il modo di accedere a un livello di responsabilità conforme alla morale e veramente umano, nel rispetto della legge divina e tenendo conto delle circostanze. Tutto ciò esige un po' dappertutto un miglioramento dei mezzi pedagogici e delle condizioni sociali, soprattutto una formazione religiosa o almeno una solida formazione morale. Le popolazioni poi siano opportunamente informate sui progressi della scienza nella ricerca di quei metodi che potranno aiutare i coniugi in materia di regolamentazione delle nascite, una volta che sia ben accertato il valore di questi metodi e stabilito il loro accordo con la morale.

Il compito dei cristiani nell'aiuto agli altri paesi 88 I cristiani cooperino volentieri e con tutto il cuore all'edificazione dell'ordine internazionale, nel rispetto delle legittime libertà e in amichevole fraternità con tutti. Tanto più che la miseria della maggior parte del mondo è così grande che il Cristo stesso, nella persona dei poveri reclama come a voce alta la carità dei suoi discepoli. Si eviti questo scandalo: mentre alcune nazioni, i cui abitanti per la maggior parte si dicono cristiani, godono d'una grande abbondanza di beni, altre nazioni sono prive del necessario e sono afflitte dalla fame, dalla malattia e da ogni sorta di miserie. Lo spirito di povertà e d'amore è infatti la gloria e il segno della Chiesa di Cristo.

Sono, pertanto, da lodare e da incoraggiare quei cristiani, specialmente i giovani, che spontaneamente si offrono a soccorrere gli altri uomini e le altre nazioni. Anzi spetta a tutto il popolo di Dio, dietro la parola e l'esempio dei suoi vescovi, sollevare, nella misura delle proprie forze, la miseria di questi tempi; e ciò, secondo l'antico uso della Chiesa, attingendo non solo dal superfluo, ma anche dal necessario.

Le collette e la distribuzione dei soccorsi materiali, senza essere organizzate in una maniera troppo rigida e uniforme, devono farsi secondo un piano diocesano, nazionale e mondiale; ovunque la cosa sembri opportuna, si farà in azione congiunta tra cattolici e altri fratelli cristiani. Infatti lo spirito di carità non si oppone per nulla all'esercizio provvido e ordinato dell'azione sociale e caritativa; anzi l'esige. È perciò necessario che quelli che vogliono impegnarsi al servizio delle nazioni in via di sviluppo ricevano una formazione adeguata in istituti specializzati.

Efficace presenza della Chiesa nella comunità internazionale 89 La Chiesa, in virtù della sua missione divina, predica il Vangelo e largisce i tesori della grazia a tutte le genti. Contribuisce così a rafforzare la pace in ogni parte del mondo, ponendo la conoscenza della legge divina e naturale a solido fondamento della solidarietà fraterna tra gli uomini e tra le nazioni. Perciò la Chiesa dev'essere assolutamente presente nella stessa comunità delle nazioni, per incoraggiare e stimolare gli uomini alla cooperazione vicendevole. E ciò, sia attraverso le sue istituzioni pubbliche, sia con la piena e leale collaborazione di tutti i cristiani animata dall'unico desiderio di servire a tutti.

Per raggiungere questo fine in modo più efficace, i fedeli stessi, coscienti della loro responsabilità umana e cristiana, dovranno sforzarsi di risvegliare la volontà di pronta collaborazione con la comunità internazionale, a cominciare dal proprio ambiente di vita. Si abbia una cura particolare di formare in ciò i giovani, sia nell'educazione religiosa che in quella civile.

La partecipazione dei cristiani alle istituzioni internazionali 90 Indubbiamente una forma eccellente d'impegno per i cristiani in campo internazionale è l'opera che si presta, individualmente o associati, all'interno degli istituti già esistenti o da costituirsi, con il fine di promuovere la collaborazione tra le nazioni. Inoltre, le varie associazioni cattoliche internazionali possono servire in tanti modi all'edificazione della comunità dei popoli nella pace e nella fratellanza. Perciò bisognerà rafforzarle, aumentando il numero di cooperatori ben formati, con i necessari sussidi e mediante un adeguato coordinamento delle forze. Ai nostri giorni, infatti, efficacia d'azione e necessità di dialogo esigono iniziative collettive. Per di più simili associazioni giovano non poco a istillare quel senso universale, che tanto conviene ai cattolici, e a formare la coscienza di una responsabilità e di una solidarietà veramente universali.

Infine è auspicabile che i cattolici si studino di cooperare, in maniera fattiva ed efficace, sia con i fratelli separati, i quali pure fanno professione di carità evangelica, sia con tutti gli uomini desiderosi della pace vera. Adempiranno così debitamente al loro dovere in seno alla comunità internazionale. Il Concilio, poi, dinanzi alle immense sventure che ancora affliggono la maggior parte del genere umano, ritiene assai opportuna la creazione d'un organismo della Chiesa universale, al fine di fomentare dovunque la giustizia e l'amore di Cristo verso i poveri. Tale organismo avrà per scopo di stimolare la comunità cattolica a promuovere lo sviluppo delle regioni bisognose e la giustizia sociale tra le nazioni.

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Approfondimenti

Comunità internazionale e valori

433 La centralità della persona umana e la naturale attitudine delle persone e dei popoli a stringere relazioni tra loro sono gli elementi fondamentali per costruire una vera Comunità internazionale, la cui organizzazione deve tendere all'effettivo bene comune universale [Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1911]. Nonostante sia ampiamente diffusa l'aspirazione verso un'autentica comunità internazionale, l'unità della famiglia umana non trova ancora realizzazione, perché ostacolata da ideologie materialistiche e nazionalistiche che negano i valori di cui è portatrice la persona considerata integralmente, in tutte le sue dimensioni, materiale e spirituale, individuale e comunitaria. In particolare, è moralmente inaccettabile ogni teoria o comportamento improntati al razzismo e alla discriminazione razziale [Cfr. Concilio Vaticano II, Dich. Nostra aetate, 5; Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris; Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 63, Lett. apost. Octogesima adveniens, 16; Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, L'Eglise face au racisme. Contribution du Saint-Siège à la Conférence mondiale contre le Racisme, la Discrimination raciale, la Xénophobie et l'intolérance qui y est associée, Tipografia Vaticana, Città del Vaticano 2001].

La convivenza tra le Nazioni è fondata sui medesimi valori che devono orientare quella tra gli esseri umani: la verità, la giustizia, la solidarietà e la libertà [Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris]. L'insegnamento della Chiesa, sul piano dei principi costitutivi della Comunità internazionale, chiede che le relazioni tra i popoli e le comunità politiche trovino la loro giusta regolazione nella ragione, nell'equità, nel diritto, nella trattativa, mentre esclude il ricorso alla violenza e alla guerra, a forme di discriminazione, di intimidazione e di inganno [Cfr. Paolo VI, Discorso alle Nazioni Unite (4 ottobre 1965), 2].

434 Il diritto si pone come strumento di garanzia dell'ordine internazionale, [Cfr. Pio XII, Lett. enc. Summi Pontificatus] ovvero della convivenza tra comunità politiche che singolarmente perseguono il bene comune dei propri cittadini e che collettivamente devono tendere a quello di tutti i popoli, [Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 52] nella convinzione che il bene comune di una Nazione è inseparabile dal bene dell'intera famiglia umana [Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris].

Quella internazionale è una comunità giuridica fondata sulla sovranità di ogni Stato membro, senza vincoli di subordinazione che ne neghino o ne limitino l'indipendenza [Cfr. Pio XII, Allocuzione natalizia (24 dicembre 1939); Id., Discorso ai Giuristi Cattolici sulle Comunità di Stati e di popoli (6 dicembre 1953); Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris] Concepire in questo modo la comunità internazionale non significa affatto relativizzare e vanificare le differenti e peculiari caratteristiche di ogni popolo, ma favorirne l'espressione [Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la celebrazione del 50º di fondazione (5 ottobre 1995), 9-10]. La valorizzazione delle differenti identità aiuta a superare le varie forme di divisione che tendono a separare i popoli e a farli portatori di un egoismo dagli effetti destabilizzanti.

435 Il Magistero riconosce l'importanza della sovranità nazionale, concepita anzitutto come espressione della libertà che deve regolare i rapporti tra gli Stati [Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terria; Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la celebrazione del 50º di fondazione (5 ottobre 1995), 15]. La sovranità rappresenta la soggettività [Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 15] di una Nazione sotto il profilo politico, economico, sociale e anche culturale. La dimensione culturale acquista uno spessore particolare come punto di forza per la resistenza agli atti di aggressione o alle forme di dominio che condizionano la libertà di un Paese: la cultura costituisce la garanzia di conservazione dell'identità di un popolo, esprime e promuove la sua sovranità spirituale [Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso all'UNESCO (2 giugno 1980), 14].

La sovranità nazionale non è però un assoluto. Le Nazioni possono rinunciare liberamente all'esercizio di alcuni loro diritti in vista di un obiettivo comune, nella consapevolezza di formare una «famiglia», [Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la celebrazione del 50º di fondazione (5 ottobre 1995), 14; cfr. anche Id., Discorso al Corpo Diplomatico (13 gennaio 2001), 8] dove devono regnare reciproca fiducia, sostegno vicendevole e mutuo rispetto. In tale prospettiva, merita attenta considerazione la mancanza di un accordo internazionale che affronti in modo adeguato «i diritti delle Nazioni», [Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la celebrazione del 50º di fondazione (5 ottobre 1995), 6] la cui preparazione potrebbe affrontare opportunamente le questioni relative alla giustizia e alla libertà nel mondo contemporaneo.

dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa


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