GRAVISSIMUM EDUCATIONIS 2-3

DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Dichiarazione sull’educazione cristiana GRAVISSIMUM EDUCATIONIS (28 ottobre 1965)

L'educazione cristiana 2 Tutti i cristiani, in quanto rigenerati nell'acqua e nello Spirito Santo, son divenuti una nuova creatura (8), quindi sono di nome e di fatto figli di Dio, e hanno diritto a un'educazione cristiana. Essa non mira solo ad assicurare quella maturità propria dell'umana persona, di cui si è ora parlato, ma tende soprattutto a far si che i battezzati, iniziati gradualmente alla conoscenza del mistero della salvezza, prendano sempre maggiore coscienza del dono della fede, che hanno ricevuto; imparino ad adorare Dio Padre in spirito e verità (cfr. Gv 4,23) specialmente attraverso l'azione liturgica; si preparino a vivere la propria vita secondo l'uomo nuovo, nella giustizia e santità della verità (cfr. Ef 4,22-24), e cosi raggiungano l'uomo perfetto, la statura della pienezza di Cristo (cfr. Ef 4,13), e diano il loro apporto all'aumento del suo corpo mistico. Essi inoltre, consapevoli della loro vocazione, debbono addestrarsi sia a testimoniare la speranza che è in loro (cfr. 1 Pt 3,15), sia a promuovere la elevazione in senso cristiano del mondo, per cui i valori naturali, inquadrati nella considerazione completa dell'uomo redento da Cristo, contribuiscano al bene di tutta la società (9). Pertanto questo santo Sinodo ricorda ai pastori di anime il dovere gravissimo di provvedere a che tutti i fedeli ricevano questa educazione cristiana, specialmente i giovani, che sono la speranza della Chiesa (10).

I genitori, primi educatori 3 I genitori, poiché han trasmesso la vita ai figli, hanno l'obbligo gravissimo di educare la prole: vanno pertanto considerati come i primi e i principali educatori di essa (11). Questa loro funzione educativa è tanto importante che, se manca, può difficilmente essere supplita. Tocca infatti ai genitori creare in seno alla famiglia quell'atmosfera vivificata dall'amore e dalla pietà verso Dio e verso gli uomini, che favorisce l'educazione completa dei figli in senso personale e sociale. La famiglia è dunque la prima scuola di virtù sociali, di cui appunto han bisogno tutte le società. Soprattutto nella famiglia cristiana, arricchita della grazia e delle esigenze del matrimonio sacramento, i figli fin dalla più tenera età devono imparare a percepire il senso di Dio e a venerarlo, e ad amare il prossimo, conformemente alla fede che han ricevuto nel battesimo; lì anche fanno la prima esperienza di una sana società umana e della Chiesa; sempre attraverso la famiglia, infine, vengono pian piano introdotti nella comunità degli uomini e nel popolo di Dio. Perciò i genitori si rendano esattamente conto della grande importanza che la famiglia autenticamente cristiana ha per la vita e lo sviluppo dello stesso popolo di Dio (12).

Il compito educativo, come spetta primariamente alla famiglia, così richiede l'aiuto di tutta la società. Perciò, oltre i diritti dei genitori e di quelli a cui essi affidano una parte del loro compito educativo, ci sono determinati diritti e doveri che spettano alla società civile, poiché questa deve disporre quanto è necessario al bene comune temporale. Rientra appunto nelle sue funzioni favorire in diversi modi l'educazione della gioventù: cioè difendere i doveri e i diritti dei genitori e degli altri che svolgono attività educativa e dar loro il suo aiuto; in base al principio della sussidiarietà, laddove manchi l'iniziativa dei genitori e delle altre società, svolgere l'opera educativa, rispettando tuttavia i desideri dei genitori, fondare inoltre, nella misura in cui lo richieda il bene comune, scuole e istituzioni educative proprie (13).

Infine, ad un titolo tutto speciale, il dovere di educare spetta alla Chiesa: non solo perché essa va riconosciuta anche come società umana capace di impartire l'educazione, ma soprattutto perché essa ha il compito di annunciare a tutti gli uomini la via della salvezza e di comunicare ai credenti la vita di Cristo, aiutandoli con sollecitudine incessante a raggiungere la pienezza di questa vita (14). A questi suoi figli, dunque, la Chiesa come madre deve dare un'educazione tale, che tutta la loro vita sia penetrata dello spirito di Cristo; ma nel contempo essa offre la sua opera a tutti i popoli per promuovere la perfezione integrale della persona umana, come anche per il bene della società terrena e per la edificazione di un mondo più umano (15).

_______________________ NOTE

(8) Cf. PIO XI, Encicl. Divini Illius Magistri, l.c. [nota 6], p. 83.

(9) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 36: AAS 57 (1965), p. 41s [pag. 203ss].

(10) Cf. CONC. VAT. II, Decreto sulla missione pastorale dei Vescovi nella Chiesa Christus Dominus, nn. 12-14[pag. 359ss].

(11) Cf. PIO XI, Encicl. Divini Illius Magistri, l.c. [nota 7], p. 59s; Encicl. Mit brennender Sorge, 14 marzo 1937: AAS 29 (1937), p. 164s. PIO XII, Discorso al primo Congresso nazionale dell’Associazione Italiana Maestri cattolici (A.I.M.C.), 8 sett. 1946: Discorsi e Radiomessaggi, VIII, p. 218.

(12) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, nn. 11 e 35: AAS 57 (1965), pp. 16 e 40s. [pag. 139ss e 201ss].

(13) Cf. PIO XI, Encicl. Divini Illius Magistri, l.c. [nota 7] p. 63s. [Dz 3692-94]. PIO XII, Messaggio radiofonico trasmesso il 1° giugno 1941: AAS 33 (1941), p. 200; Discorso al primo Congresso nazionale dell’Associazione Italiana Maestri cattolici, 8 sett. 1946: Discorsi e Radiomessaggi, VIII, p. 218. Circa il principio di sussidiarietà cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris, 11 apr. 1963: AAS 55 (1963), p. 294 [Dz 3994-95].

(14) Cf. PIO XI, Encicl. Divini Illius Magistri, l.c. [nota 7] pp. 53s [Dz 3685-86], 56s [in parte Dz 3688]. Encicl. Non abbiamo bisogno, 29 giugno 1931, AAS 23 (1931), p. 311s. PIO XII, Lett. della Segreteria di Stato alla XXVIII Settimana Soc. Ital., 20 sett. 1955: L’Osservatore Romano, 29 sett. 1955.

(15) La Chiesa loda quelle autorità civili, locali, nazionali e internazionali che, coscienti delle più urgenti necessità del nostro tempo, applicano le loro forze perché tutti i popoli possano essere partecipi di una educazione completa e di una cultura umana. Cf. PAOLO VI, Discorso all’Assemblea delle Nazioni Unite, 4 ott. 1965: AAS 57 (1965), pp. 877-885].

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Approfondimenti

Il diritto dei genitori di educare i propri figli

Nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo attualmente in vigore, l’articolo 26 mette in evidenza il diritto dei genitori di scegliere l’educazione che preferiscono per i propri figli [Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, 10-XII-1948, n. 26], ed è molto significativo il fatto che i firmatari abbiano incluso questo principio tra quelli fondamentali che uno Stato non può negare o manipolare.

Fa parte della natura umana che l’uomo sia un essere intrinsecamente sociale e dipendente, con una dipendenza ancora più evidente negli anni dell’infanzia; fa parte dell’essere umano che tutti debbano ricevere un’educazione, crescere in una società, acquisire una cultura e una serie di conoscenze.

In realtà un figlio non è soltanto una creatura che i genitori mettono al mondo: in ogni persona umana c’è una stretta relazione tra procreazione ed educazione, fino al punto che quest’ultima è considerata come un prolungamento e un complemento della generazione. Ogni figlio ha diritto all’educazione, indispensabile perché possa sviluppare le proprie capacità; a tale diritto dei figli corrisponde il diritto-dovere dei genitori di educarli.

Una manifestazione dell’amore di Dio

Questa realtà è compresa nella etimologia della parola “educazione”. Il termine educare significava all’origine l’azione e l’effetto di alimentare o nutrire la prole. Un’alimentazione che, evidentemente, non si deve limitare al piano materiale, ma comprende anche la sollecitudine per le facoltà spirituali dei figli: intellettuali e morali, fra cui le virtù e le norme di urbanità.

Figlio e genitore sono, rispettivamente, l’educando e l’educatore per natura, e ogni altro tipo di educazione lo è soltanto in un senso analogo: l’educazione riguarda la persona in quanto figlio o figlia, vale a dire, in quanto dipendente dai genitori.

Per questo il diritto all’educazione si fonda nella natura umana e affonda le sue radici in quelle realtà che sono simili a tutte le persone e, in fin dei conti, sono il fondamento della società stessa. Per questo i diritti a educare e a essere educati non dipendono dal fatto che siano elencati in una norma positiva, né sono una concessione della società o dello Stato: sono diritti primari, nel senso più profondo che si può dare al termine.

Così il diritto dei genitori di educare i figli è in funzione del diritto che i figli hanno di ricevere un’educazione adeguata alla loro dignità umana e alle loro necessità: è quest’ultimo che costituisce la base del primo. Gli attentati a questo diritto dei genitori costituiscono, in sostanza, un attentato al diritto del figlio, che per giustizia deve essere riconosciuto e sostenuto dalla società.

Tuttavia, che il diritto del figlio ad essere educato sia basilare, non significa che i genitori possano rinunciare a essere educatori, magari con il pretesto che altre persone o istituzioni potrebbero educarlo meglio. Il figlio è anzitutto figlio; per la sua crescita e maturazione è della massima importanza che sia accolto come tale in seno alla famiglia.

È la famiglia il luogo naturale nel quale i rapporti di amore, di servizio e di donazione reciproca che configurano la parte più intima della persona si scoprono, si apprezzano e si apprendono. Ecco perché, salvo i casi di impossibilità, ogni persona dovrebbe essere educata dai propri genitori in seno alla famiglia, sia pure con la collaborazione – nei loro diversi ruoli – di altre persone: fratelli, nonni, zii...

Alla luce della fede, la generazione e l’educazione acquistano una dimensione nuova: il figlio è chiamato all’unione con Dio e appare agli occhi dei genitori un dono, che è, contemporaneamente, una manifestazione dell’amore coniugale.

Quando nasce un nuovo figlio, i genitori ricevono una nuova chiamata divina: il Signore si aspetta che essi lo educhino nella libertà e nell’amore e lo portino un po’ alla volta verso di Lui; si aspetta che il figlio trovi, nell’amore e nella cura che riceve dai genitori, un riflesso dell’amore e della cura che Dio stesso gli dedica. È proprio per questo che, per un padre cristiano, il diritto e il dovere di educare un figlio è irrinunciabile per motivi che vanno al di là di un certo senso di responsabilità: è irrinunciabile anche perché fa parte della sua risposta alla chiamata divina ricevuta nel battesimo.

Ebbene, se l’educazione è un’attività paterna e materna originaria, qualunque altro agente educativo lo è per delega dei genitori e a loro subordinato. «I genitori sono i primi e principali educatori dei propri figli ed hanno anche in questo campo una fondamentale competenza: sono educatori perché genitori. Essi condividono la loro missione educativa con altre persone e istituzioni, come la Chiesa e lo Stato; ciò tuttavia deve sempre avvenire nella corretta applicazione del principio di sussidiarietà» [Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie , 2-II-1994, n. 16].

Logicamente, è legittimo che i genitori cerchino aiuti per educare i propri figli: l’acquisizione di competenze culturali e tecniche, i rapporti con persone al di fuori dell’ambito familiare, ecc., sono elementi necessari per una corretta crescita della persona, che i genitori da soli non potrebbero soddisfare adeguatamente. Ne consegue che «ogni altro partecipante al processo educativo non può che operare a nome dei genitori, con il loro consenso e, in una certa misura, persino su loro incarico» [Ibid.]: tali aiuti sono cercati dai genitori, che non perdono mai di vista ciò che si aspettano da costoro e stanno attenti a che rispondano alle loro intenzioni e aspettative.

da: Il diritto dei genitori di educare i propri figli (I)


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