GRAVISSIMUM EDUCATIONIS 7-9

DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Dichiarazione sull’educazione cristiana GRAVISSIMUM EDUCATIONIS (28 ottobre 1965)

La scuola non cattolica 7 La Chiesa inoltre, consapevole del dovere gravissimo di curare diligentemente l'educazione morale e religiosa di tutti i suoi figli, deve rendersi presente con un affetto speciale e con il suo aiuto ai moltissimi suoi figli che vengono educati nelle scuole non cattoliche. Essa assicura questa presenza sia attraverso la testimonianza della vita data dai loro maestri e superiori, sia attraverso l'azione apostolica dei condiscepoli (23), sia soprattutto attraverso il ministero dei sacerdoti e dei laici che insegnano loro la dottrina della salvezza, con metodo adeguato all'etĂ  ed alle altre circostanze, ed offrono loro l'aiuto spirituale per mezzo di iniziative opportune secondo le condizioni di tempo e di luogo.

Essa rammenta poi il grave dovere che incombe ai genitori di tutto predisporre o anche di esigere, perché i loro figli possano usufruire di quegli aiuti ed in armonia con la formazione profana progrediscano in quella cristiana. Perciò la Chiesa loda quelle autorità e società civili che, tenendo conto del pluralismo esistente nella società moderna e garantendo la giusta libertà religiosa, aiutano le famiglie perché l'educazione dei loro figli possa aver luogo in tutte le scuole secondo i principi morali e religiosi propri di quelle stesse famiglie (24).

La scuola cattolica 8 La presenza della Chiesa in campo scolastico si rivela in maniera particolare nella scuola cattolica Al pari delle altre scuole, questa persegue le finalità culturali proprie della scuola e la formazione umana dei giovani. Ma suo elemento caratteristico è di dar vita ad un ambiente comunitario scolastico permeato dello spirito evangelico di libertà e carità, di aiutare gli adolescenti perché nello sviluppo della propria personalità crescano insieme secondo quella nuova creatura che essi sono diventati mediante il battesimo, e di coordinare infine l'insieme della cultura umana con il messaggio della salvezza, sicché la conoscenza del mondo, della vita, dell'uomo, che gli alunni via via acquistano, sia illuminata dalla fede (25). Solo così la scuola cattolica, mentre – come è suo dovere – si apre alle esigenze determinate dall'attuale progresso, educa i suoi alunni a promuovere efficacemente il bene della città terrena ed insieme li prepara al servizio per la diffusione del regno di Dio, sicché attraverso la pratica di una vita esemplare ed apostolica diventino come il fermento di salvezza della comunità umana.

Perciò la scuola cattolica, essendo in grado di contribuire moltissimo allo svolgimento della missione del popolo di Dio e di servire al dialogo tra la Chiesa e la comunità degli uomini con loro reciproco vantaggio, conserva la sua somma importanza anche nelle circostanze presenti. Pertanto questo santo Sinodo ribadisce il diritto della Chiesa a fondare liberamente e a dirigere le scuole di qualsiasi ordine e grado, diritto già dichiarato in tanti documenti del magistero (26) esso ricorda che l'esercizio di un tale diritto contribuisce moltissimo anche alla tutela della libertà di coscienza e dei diritti dei genitori, come pure allo stesso progresso culturale.

Da parte loro gli insegnanti ricordino che dipende essenzialmente da loro che la scuola cattolica sia in grado di realizzare i suoi scopi e le sue iniziative (27). Essi dunque devono prepararsi scrupolosamente, per essere forniti della scienza sia profana che religiosa, attestata dai relativi titoli di studio, e ampiamente esperti nell'arte pedagogica, aggiornata con le scoperte del progresso contemporaneo. Stretti tra loro e con gli alunni dal vincolo della carità e ricchi di spirito apostolico, essi devono dare testimonianza sia con la vita sia con la dottrina all'unico Maestro che è Cristo. Collaborino anzitutto con i genitori; insieme con essi tengano debito conto, in tutto il ciclo educativo, della differenza di sesso e del fine particolare che all'uno e all'altro sesso la divina Provvidenza ha stabilito nella famiglia e nella società; si sforzino di stimolare l'azione personale dei loro alunni e continuino, una volta che questi abbiano terminato i loro studi, ad assisterli con il loro consiglio e con la loro amicizia, anche fondando associazioni di ex alunni, in cui aleggi il vero spirito ecclesiale. E ci tiene il sacro Sinodo a dichiarare che il ministero di questi maestri è autentico apostolato, sommamente conveniente e necessario anche nei nostri tempi, ed è insieme reale servizio reso alla società. Ai genitori cattolici ricorda poi l'obbligo di affidare, secondo le concrete circostanze di tempo e di luogo, i loro figli alle scuole cattoliche, di aiutarle secondo le loro possibilità e di collaborare con esse per il bene dei loro figli (28).

Differenti forme di scuola cattolica 9 A questo ideale di scuola cattolica devono sforzarsi di conformarsi tutte le scuole che, a qualunque titolo, dipendono dalla Chiesa, anche se la scuola cattolica in base alle situazioni locali può assumere varie forme (29). S'intende che la Chiesa ha sommamente a cuore anche quelle scuole cattoliche le quali, specie nei territori di missione, son pure frequentate da alunni non cattolici.

Del resto, nella costituzione e nell'ordinamento delle scuole cattoliche bisogna guardare alle necessitĂ  dell'evoluzione del nostro tempo. A tale fine, fermo restando l'impegno di promuovere le scuole di grado elementare e secondario, in quanto costituiscono il fondamento dell'educazione, si deve fare gran conto di quelle che sono particolarmente richieste dalle condizioni attuali. Tali sono quelle che vanno sotto il nome di scuole professionali (30) e tecniche, gli istituti destinati all'alfabetizzazione degli adulti, allo sviluppo dei servizi sociali ed a coloro che per difetti naturali abbisognano di assistenza particolare, ed anche le scuole di formazione per maestri sia per l'insegnamento religioso che per le altre forme di educazione.

Il sacro Sinodo esorta vivamente i pastori della Chiesa e i fedeli tutti a non risparmiare sacrificio alcuno nell'aiutare le scuole cattoliche, ad assolvere sempre meglio il loro compito ed a venire incontro soprattutto alle necessitĂ  di coloro che non hanno mezzi economici o sono privi dell'aiuto e dell'affetto della famiglia o sono estranei al dono della fede.

_______________________ NOTE

(23) La Chiesa dà grande valore all’azione apostolica che i maestri e i condiscepoli cattolici possono svolgere anche in queste scuole.

(24) Cf. PIO XII, Discorso all’Associazione Maestri Cattolici di Baviera, 31 dic. 1956: Discorsi e Radiomessaggi XVIII, p. 745s.

(25) Cf. SIN. PROV. DI WESTMINSTER I del 1852: Collectio Lacensis III, col. 1334, ab. PIO XI, Encicl. DDivini Illius Magistri, l.c. [nota 6], p. 77s. PIO XII, Discorso all’Associazione Maestri cattolici di Baviera, 31 dic. 1956: Discorsi e Radiomessaggi, XVIII, p. 746. PAOLO VI, Discorso ai membri della F.I.D.A.E. (Federazione Istituti Dipendenti dall’Autorità Ecclesiastica), 30 dic. 1963: Encicliche e Discorsi di Paolo VI, I, Roma 1964, p. 602s.

(26) Cf. anzitutto i documenti citati alla nota 1; questo diritto della Chiesa è inoltre proclamato da molti Sinodi provinciali e in recentissime Dichiarazioni di parecchie Conferenze Episcopali. (27) Cf. PIO XI, Encicl. Divini Illius Magistri, l.c. [nota 6], p. 80s. PIO XII, Discorso all’Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medi (U.C.I.I.M.), 5 genn. 1954: Discorsi e Radiomessaggi, XV, pp. 551-556. GIOVANNI XXIII, Discorso al VI Congresso dell’Associazione Italiana Maestri Cattolici (A.I.M.C.), 5 sett. 1959: Discorsi, Messaggi, Colloqui, I, Roma 1960, pp. 427-431.

(28) Cf. PIO XII, Discorso all’Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medi (U.C.I.I.M.), 5 genn. 1954: l.c., p. 555.

(29) Cf. PAOLO VI, Discorso all’Ufficio Internazionale dell’Educazione Cattolica (O.I.E.C.), 25 febbr. 1964: Encicliche e Discorsi di Paolo VI, II, Roma 1964, p. 232.

(30) Cf. PAOLO VI, Discorso all’Associazione Cristiana Lavoratori Italiani (A.C.L.I.), 6 ott. 1963: Encicliche e Discorsi di Paolo VI, I, Roma 1964, p. 229.

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Approfondimenti

La funzione dello stato in materia di educazione

Sono molteplici i motivi che giustificano l’interesse dei poteri pubblici per l’insegnamento. Dal punto di vista pratico, è un fatto verificato a livello internazionale che, per l’effettiva crescita della libertà e del progresso socio-economico delle società, è necessario che i pubblici poteri garantiscano un certo livello culturale della popolazione. Infatti una società complessa potrà funzionare correttamente soltanto se c’è un’adeguata distribuzione dell’informazione e delle conoscenze che poi debbono essere gestite; e inoltre, se c’è una sufficiente comprensione per le virtù e per le norme che rendono possibile la convivenza civile e condizionano i comportamenti individuali e collettivi.

Basti pensare, per esempio, quanto sia importante combattere l’analfabetismo per migliorare la giustizia sociale, e capire così come lo Stato detenga poteri, funzioni e diritti inderogabili in materia di promozione e diffusione dell’educazione, di cui ogni persona ha un diritto inalienabile [Cfr. Giovanni Paolo II, Allocuzione all’Unesco , 2-VI-1980; Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Libertatis conscientia , n. 92].

Questo giustifica, come concreta esigenza del bene comune, che l’ordinamento statale stabilisca livelli adeguati d’insegnamento il cui efficace profitto possa legittimamente preparare per accedere a determinati corsi universitari o ad altri tipi di attività professionali.

In tale situazione ci si può chiedere se le competenze dei genitori e quelle dello Stato sono in disaccordo o incompatibili, o se invece possono diventare complementari. In ogni caso, ci si deve chiedere: come si possono rapportare l’un l’altro? Fino a che punto lo Stato può legiferare senza soppiantare i diritti dei genitori? Quando potrebbe intervenire per garantire i diritti dei bambini di fronte ai genitori?

In realtà si tratta di questioni che non riguardano la funzione che nel campo dell’insegnamento, di per sé, spetta allo Stato. Tuttavia, contrariamente a ciò che sarebbe desiderabile, si osserva nei poteri pubblici una tendenza, che si va manifestando in molti Paesi almeno dal XVIII secolo: avocare a sé in modo sempre più esclusivo la funzione educativa, raggiungendo in certi casi pressoché totali livelli di monopolio nella scuola.

Alla radice di questo interesse c’è la pretesa di estendere a tutte le persone un’etica unica, che corrisponderebbe a una morale civica, il cui contenuto sarebbe formato da alcuni principi etici minimi di validità universale e condivisi da tutti. In tal modo, nei casi più estremi, si è caduti in una concezione quasi totalitaria, perché mira a sostituirsi al cittadino nella responsabilità di esercitare un proprio giudizio di moralità e di coscienza, impedendo altri progetti o stili di vita che non siano quelli promossi dall’opinione pubblica creata e sostenuta dallo Stato.

Lo strumento per diffondere questi obiettivi è stato la difesa a oltranza dell’insegnamento neutro nella scuola pubblica, l’isolamento o il soffocamento economico delle iniziative di insegnamento nate in seno alla società civile o, in modo indiretto, la prescrizione da parte della legislazione statale di requisiti di omologazione o programmazione generale, con un tale grado di concretezza ed esaustività da eliminare in pratica le possibilità di specificità delle alternative di carattere sociale, dando luogo di fatto a un monopolio sull’educazione o alla esistenza puramente formale del pluralismo scolastico.

In tale contesto si può affermare che la pretesa neutralità dei programmi statali è soltanto apparente, perché essi implicano una precisa posizione ideologica. Inoltre in Occidente si può constatare che le iniziative di questo tipo di solito sono unite al desiderio di affrancare la cultura umana da ogni concezione religiosa, o all’intento di relativizzare alcuni beni morali che sono fondamentali, come il senso dell’affettività e dell’amore, della maternità, il diritto alla vita dal primo istante del concepimento sino alla morte naturale...

Negli ultimi anni questa posizione è stata rafforzata applicando alla scuola alcuni principi più consoni all’ambito universitario, come la libertà di cattedra e di espressione di chi si dedica alla funzione di docente. In questo modo la libertà educativa si restringe alla presunta libertà che avrebbe l’insegnante per esprimere le proprie idee e formare a suo capriccio i propri alunni, come una concessione che lo Stato gli ha delegato.

Al fondo di questi modi di concepire la libertĂ  si nota un profondo pessimismo intorno alle possibilitĂ  della persona umana e della capacitĂ  dei genitori, e della societĂ  in generale, di garantire ai figli una formazione nella virtĂą e nella responsabilitĂ  civica.

Le difficoltà si superano quando si considera che la scuola compie una funzione di supplenza nei riguardi dei genitori e che «i pubblici poteri hanno il dovere di garantire tale diritto dei genitori e di assicurare le condizioni concrete per poterlo esercitare» [Catechismo della Chiesa Cattolica , n. 2229], ossia, devono essere guidati dal principio di sussidiarietà.

da: Il diritto dei genitori di educare i propri figli (II)


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