ISAIA – Capitolo 18

Contro l'Etiopia 1Ah! Terra dagli insetti ronzanti, che ti trovi oltre i fiumi dell’Etiopia, 2che mandi ambasciatori per mare, in barche di papiro sulle acque: «Andate, messaggeri veloci, verso un popolo alto e abbronzato, verso un popolo temuto ora e sempre, un popolo potente e vittorioso, la cui terra è solcata da fiumi». 3O voi tutti abitanti del mondo, che dimorate sulla terra, appena si alzerà un segnale sui monti, guardatelo! Appena squillerà la tromba, ascoltatela! 4Poiché questo mi ha detto il Signore: «Io osserverò tranquillo dalla mia dimora, come il calore sereno alla luce del sole, come una nube di rugiada al calore della mietitura». 5Poiché prima della raccolta, quando la fioritura è finita e il fiore è diventato un grappolo maturo, egli taglierà i tralci con roncole, strapperà e getterà via i pampini. 6Saranno abbandonati tutti insieme agli avvoltoi dei monti e alle bestie della terra; su di essi gli avvoltoi passeranno l’estate, su di essi tutte le bestie della terra passeranno l’inverno. 7In quel tempo saranno portate offerte al Signore degli eserciti da un popolo alto e abbronzato, da un popolo temuto ora e sempre, da un popolo potente e vittorioso, la cui terra è solcata da fiumi; saranno portate nel luogo dove è invocato il nome del Signore degli eserciti, sul monte Sion.

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Approfondimenti

Contro l'Etiopia 18, 1-7 Con 18,1 inizia una nuova pericope (cfr. l'interiezione iniziale) che si conclude nel v. 6, dato che il v. 7, in prosa, si presenta chiaramente come un'aggiunta secondaria La, pericope manca di un titolo proprio, comunque contiene un detto, ritenuto sostanzialmente autentico, contro il popolo di Kush. Questo termine indica un esteso territorio a sud dell'Egitto che corrisponde all'attuale Etiopia settentrionale, al Sudan e alla Somalia. Legato politicamente all'Egitto, il paese di Kush nel sec. VIII offrì una propria dinastia (la XV) di faraoni. Il detto di Isaia suppone una sua presa di posizione quando a Gerusalemme giunsero degli ambasciatori provenienti da Kush, per indurre il re Ezechia a un'alleanza antiassira con l'Egitto. Alcuni mettono in rapporto questa ambasciata con gli anni 705-701, quando alla morte di Sargon l'Egitto si mise a capo di una grande lega contro l'Assiria; altri, invece, ritengono, con maggiore probabilità, che questa ambasciata si verificò poco prima della rivolta di Asdod del 713-711.

Il testo originario è costituito da un detto «Guai (Ah)», (vv. 1-2, eccetto la frase «il cui paese è solcato da fiumi», che è una glossa armonizzatrice), ampliato da una minaccia (vv. 4-6a). Oltre il v. 7, anche il v. 3 e il v. 6b sono delle aggiunte che reinterpretano il testo attualizzandolo.

2. «popolo alto e abbronzato»: si avverte qui un'eco dell'impressione che la venuta degli ambasciatori etiopi produsse in Gerusalemme, impressione che concorda con altre testimonianze dell'antichità. Al riguardo è nota la frase di Erodoto (I,20.114) che presenta gli Etiopi come «i più alti, i più belli e i più longevi degli uomini».

3. Qui il messaggio dei vv. 4-6 e la loro reinterpretazione nel v. 7 sono estesi a tutti i popoli della terra. L'invito ad attendere il segnale sul monte e il suono della tromba sottolineano che il dramma dell'Egitto e dell'Assiria assume la dimensione di una catastrofe universale che coinvolge il mondo avverso al disegno divino.

4-6. Di fronte al frenetico agitarsi dei regni e degli uomini il Signore è presentato come il “sovrano della storia”, colui che nella pace della sua dimora si rivolge al mondo per realizzarvi il suo disegno di salvezza (v. 4a; cfr. Sal 33,13-14). Alludendo al regno di Kush con l'immagine della vigna il profeta annuncia che possono maturare i fiori e questi trasformarsi in grappoli, però JHWH non permetterà che l'uomo raccolga i frutti dei propri progetti, quando sono antitetici al suo disegno. Prima della raccolta le potenze avverse al piano divino saranno stroncate come si tagliano i tralci e si gettano via i pampini. Il fallimento dei progetti “umani” è ulteriormente sottolineato con la lugubre rappresentazione dei caduti in guerra, sui quali piombano gli «avvoltoi» e le «bestie selvatiche» (v. 6a).

7. L'aggiunta del v. 7, che si richiama alla descrizione del v. 2, è una rilettura postesilica del nostro testo fatta alla luce della riforma di Giosia, ormai compresa secondo le prospettive universalistiche di Is 60,1-13, di Ag 2,7-9 e di Sof 3,9-10. Anche un popolo lontano, come gli abitanti di Kush, verrà con offerte sul monte Sion, «nel luogo del (dove è invocato il) Nome del Signore degli eserciti». La locuzione, che ricorre unicamente qui, unisce insieme i termini «luogo» e «Nome», che rappresentano due elementi essenziali nella teologia deuteronomistica. Come il giudizio di Israele sfocia nella sua salvezza, così anche il giudizio dei popoli culmina nel loro pellegrinaggio al monte dove avviene l'incontro con il Salvatore (cfr. Is 19,21-25; 56,3-6; 66,18-19.21).

(cf. GIANNI ODASSO, Isaia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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