Libro dell’Apocalisse – Capitolo 4

SECONDA PARTE: I TRE SETTENARI (4,1-22,5)

LA VISIONE INTRODUTTIVA (4,1-5,14) AL SETTENARIO DEI SIGILLI (6,1-8,1)

Prima tavola: la creazione 1Poi vidi: ecco, una porta era aperta nel cielo. La voce, che prima avevo udito parlarmi come una tromba, diceva: «Sali quassù, ti mostrerò le cose che devono accadere in seguito». 2Subito fui preso dallo Spirito. Ed ecco, c’era un trono nel cielo, e sul trono Uno stava seduto. 3Colui che stava seduto era simile nell’aspetto a diaspro e cornalina. Un arcobaleno simile nell’aspetto a smeraldo avvolgeva il trono. 4Attorno al trono c’erano ventiquattro seggi e sui seggi stavano seduti ventiquattro anziani avvolti in candide vesti con corone d’oro sul capo. 5Dal trono uscivano lampi, voci e tuoni; ardevano davanti al trono sette fiaccole accese, che sono i sette spiriti di Dio. 6Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo. In mezzo al trono e attorno al trono vi erano quattro esseri viventi, pieni d’occhi davanti e dietro. 7Il primo vivente era simile a un leone; il secondo vivente era simile a un vitello; il terzo vivente aveva l’aspetto come di uomo; il quarto vivente era simile a un’aquila che vola. 8I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi; giorno e notte non cessano di ripetere: «Santo, santo, santo il Signore Dio, l’Onnipotente, Colui che era, che è e che viene!». 9E ogni volta che questi esseri viventi rendono gloria, onore e grazie a Colui che è seduto sul trono e che vive nei secoli dei secoli, 10i ventiquattro anziani si prostrano davanti a Colui che siede sul trono e adorano Colui che vive nei secoli dei secoli e gettano le loro corone davanti al trono, dicendo: 11«Tu sei degno, o Signore e Dio nostro, di ricevere la gloria, l’onore e la potenza, perché tu hai creato tutte le cose, per la tua volontà esistevano e furono create».

Approfondimenti

(cf APOCALISSE – introduzione, traduzione e commento di CLAUDIO DOGLIO © EDIZIONI SAN PAOLO, 2012)

I TRE SETTENARI Dopo l'introduzione e le sette lettere, inizia al capitolo 4 la parte centrale dell'Apocalisse che si estende fino a 22,5. Troviamo in questa sezione i tre grandi settenari, ognuno dei quali è introdotto da una visione inaugurale che ne anticipa il tema e la portata simbolica. Ai capitoli 4-5 è affidato sia il compito di introduzione generale sia il ruolo di apertura per il settenario dei sigilli (6,1-8,1).

LA VISIONE INTRODUTTIVA (4,1-5,14) AL SETTENARIO DEI SIGILLI (6,1-8,1) I due capitoli introduttivi costituiscono un'unitĂ  letteraria omogenea e ben costruita, un'autentica ouverture che annuncia e prepara i temi principali. I motivi annunciati si presentano sotto forma di simboli; tre sono quelli fondamentali:un trono, un libro e un agnello.

L'immagine generale richiama una scena della corte celeste, in cui il veggente viene prodigiosamente accolto, per essere spettatore di un fatto straordinario che dovrĂ  comunicare ai suoi destinatari, secondo uno schema narrativo comune ai profeti e agli apocalittici.

La descrizione dei diversi elementi e lo svolgimento dell'azione determinano chiaramente due scene distinte e collegate: una specie di dittico dominato, da una parte, dal trono (4,2-11) e, dall'altra, dall'Agnello. Al centro di questi due quadri principali compare, come fondamentale motivo di raccordo, il libro (5,1-5).

L'unica azione, infatti, consiste nella consegna di questo libro da Colui che siede sul trono all'Agnello.

Attraverso gli elementi simbolici, la prima tavola del dittico presenta come motivo teologico la creazione e la regalitĂ  di Dio su essa; il canto di lode (4,11) che conclude la presentazione lo rende esplicito.

La seconda, invece, caratterizzata dalla presenza dell'Agnello, celebra l'evento decisivo della redenzione; anche in questo caso è il canto di lode, strutturalmente simile al precedente, che chiarifica il motivo dominante (5,9).

Il libro con i sette sigilli unisce i due quadri: inserito tra creazione e redenzione, il grande simbolo compendia in modo mirabile tutto il piano divino della salvezza.

Prima tavola: la creazione L'intera pericope si articola in tre momenti. Dapprima un'introduzione narrativa (v. 1) presenta il movimento del veggente che – invitato a salire in cielo attraverso una porta aperta – è accolto nella corte celeste. La parte centrale (vv. 2-8) descrive minuziosamente la sala del trono e i personaggi che vi sono presenti. L'ultima (vv. 9-11) comprende un quadro liturgico di lode e adorazione.

Introduzione nella corte celeste Il v. 1 ha la funzione di cerniera tra la prima e la seconda parte dell'Apocalisse; introduce la nuova scena ed è solenne e ridondante. Da notare l'inclusione della formula «dopo queste cose», espressione tecnica del linguaggio apocalittico per indicare un cambiamento di argomento senza valore cronologico. Essa, infatti, non indica il passaggio dal presente alla previsione del futuro, ma è l'indizio narrativo di un cambiamento di sezione; la stessa funzione è svolta dalla presenza del verbo «guardai» e dell'avverbio «ecco». Nel cielo – il mondo di Dio – Giovanni vede una porta aperta: l'accesso, dunque, è possibile. Anzi, la stessa voce del Cristo risorto (cfr. 1,10) lo invita a salire, a entrare in contatto personale con Dio, cosi da poter ricevere la rivelazione: l'allusione alla tromba e l'invito a salire ricordano il prototipo della rivelazione biblica, cioè la teofania del Sinai (Es 19,19-20). Come Mosè, anche Giovanni ha la possibilità di incontrare Dio nella sua gloria; ma, grazie all'intervento di Gesù Cristo, il profeta cristiano ha la possibilità di comprendere molto di più.

Descrizione della sala del trono Per esprimere la dimensione spirituale della propria esperienza e sottolineare un collegamento con la visione iniziale, Giovanni ripete una sua formula originale («Mi ritrovai nello Spirito»; cfr. 1,10): attraverso il profeta è la stessa comunità liturgica che vive la presenza dello Spirito e, immersa nella sua luce, può comprendere la propria storia. Il «trono» appartiene al simbolismo antropologico e indica il potere e l'esercizio di governo: strettamente connesso con Dio, ne evoca il ruolo di Signore dell'universo, creatore e governatore di tutte le cose. Il trono è presentato come un dato acquisito («c'era»), non come risultato di un'azione (cfr. Dn 7,9); non è vacante, ma c'è chi governa. Tuttavia, il personaggio seduto non è rappresentato. La scena, infatti, pur essendo costruita su alcuni modelli dell'Antico Testamento(cfr. Is 6 e Ez 1), è molto più sobria. Viene solo evocata un'impressione luminosa: l'aspetto di Colui che siede sul trono non è descritto, bensì paragonato alla meraviglia di luce prodotta dai riflessi di diverse pietre preziose: il rosso della cornalina, il verde dello smeraldo e i mille riflessi colorati del diaspro. Il seguito della presentazione si sofferma sugli elementi che fanno corona al trono e contribuiscono a chiarirne il valore simbolico e, in modo particolare, sui ventiquattro anziani (4,4) e sui quattro esseri viventi (4,6b-8a), separati da tre brevi annotazioni simboliche (4,5a.Sb.6a).

I ventiquattro anziani sono vistosamente associati a Colui che siede sul trono. Il vestito è sempre simbolo di relazione e il colore bianco è legato al mistero della risurrezione di Cristo; inoltre, la corona dice riconoscimento per un'impresa compiuta e l'oro è il classico metallo legato alla divinità. Si tratta, quindi, di personaggi autorevoli e storici, accomunati a Dio nel governo del mondo e partecipi della sua vita. Tuttavia una loro esplicita identificazione non è facile; le moltissime interpretazioni proposte si possono ridurre a tre modelli:

a) esseri celesti: angeli o stelle; b) uomini glorificati: ventiquattro personaggi dell'Antico Testamento o del Nuovo Testamento; oppure dodici patriarchi e profeti dell'Antico Testamento e dodici apostoli del Nuovo Testamento; c)autentici simboli, ovvero schemi da interpretare e colmare con la propria esperienza.

Quest'ultima modalità interpretativa è preferibile; i ventiquattro anziani, infatti, non sembrano rinviare a persone precise, ma piuttosto evocare coloro che collaborano al piano di Dio e hanno un ruolo attivo nella storia della salvezza. In base all'insistenza sul numero ventiquattro vi si può riconoscere un'allusione alla tradizione giudaica dei libri ispirati o alle classi sacerdotali: sono coloro che hanno «fatto la storia» e, con un concetto moderno, potremmo dire che sono il simbolo stesso della storia.

Tre note simboliche presentano la figura di Dio come colui che entra in relazione con il mondo.

  1. Il primo elemento è costituito da un tipico simbolismo della rivelazione e dell'intervento storico dell'Onnipotente: l'uscita dal trono di lampi, voci e tuoni (cfr. 8,5; 11,19; 16,18) ha un significato teofanico con rimando all'alleanza sinaitica (cfr. Es 19,16) e indica che il trono non è isolato in sé, ma che Dio entra in contatto con il mondo.
  2. Il secondo elemento è quello centrale e riprende un'immagine dell'introduzione (1,4): l'autore stesso offre la spiegazione del simbolo delle sette fiaccole. Più che di angeli, sembra che si parli dello Spirito Santo nella sua pienezza sotto la figura del fuoco che scalda, illumina, purifica e consuma. Il contatto di Dio con il mondo è operato dal suo Spirito.
  3. Infine il terzo elemento è costituito da un mare di cristallo che evoca il mostro caotico primitivo: il simbolo del male, dell'inconsistenza e della negazione di vita è dominato da Dio e perciò è descritto come solido e trasformato in supporto del trono. Attraverso il riferimento a un particolare della teofania descritta da Ezechiele (cfr. Ez 1,22), la base del trono divino richiama il «firmamento» di cui si parla nel poema della creazione (Gen 1,6): in tal modo questo piccolo frammento unisce l'evento creatore alla definitiva sconfitta del «mare» simbolo del male (Ap 21,1).

I quattro esseri viventi. L'altro gruppo che circonda il trono è ripreso da descrizioni di Ezechiele e Isaia. L'autore, proponendo diversi particolari, non vuole farne una descrizione complessiva, ma elabora una sottile evocazione concettuale: il modello ispiratore di tali figure si trova nella visione di Ez 1,5-10; tuttavia Giovanni ha rielaborato liberamente le immagini, creando una descrizione simbolica complessa e discontinua. Il lettore, perciò, deve decodificare ogni simbolo prima di procedere con quello successivo. I sei tratti rappresentativi sono posti in modo concentrico, così che questi quattro esseri viventi risultino al centro dell'azione di Dio; essi riconoscono la sua trascendenza («santo») insieme al suo intervento storico («colui che viene»); sono totalmente segnati dallo Spirito di Dio, simboleggiato dagli occhi (cfr. 5,6), come già Ezechiele sottolineava il rapporto tra Spirito ed esseri viventi (cfr. Ez 1,20-21); hanno le forme tipiche del mondo umano (cfr. Ez 1,10), ma sono anche dotati di ali (cfr. Is 6,2) che caratterizzano invece il cielo, il mondo di Dio. Come per gli anziani, la loro identificazione non è facile. Le diverse opinioni si possono così riassumere:

a) esseri angelici: i cherubini di Ezechiele o i serafini di Isaia: b) i simboli degli evangelisti (secondo l'opinione di Ireneo); c) autentici simboli o schemi da riempire.

Seguiamo la terza proposta ipotizzando che questi personaggi rappresentino la creazione, il dinamismo cosmico, l'universo creato e conservato da Dio nella sua molteplice varietĂ . Sempre utilizzando un altro concetto moderno potremmo dire che essi sono simbolo della natura.

Liturgia di adorazione La prima scena termina senza azione; si conclude con un'anticipazione di ciò che verrà descritto alla fine della seconda tavola (cfr. 5,8-14). La costruzione grammaticale non è consueta; sembra che con i quattro verbi al futuro l'autore intenda non tanto descrivere quello che la corte celeste fa abitualmente, quanto preparare la grandiosa scena seguente. Tale sfumatura narrativa è importante perché vuole esprimere la tensione della creazione verso l'evento decisivo della redenzione. L'espediente letterario mira anche a creare tensione e attesa: la seconda parte del dittico, con al centro l'Agnello, sarà quella decisiva. Al v. 1 il canto, anticipando la formula di 5,9, esplicita il contenuto di tutta questa pagina: «Tu hai creato tutte le cose». L'opera del Dio Creatore tende, però, alla salvezza e desidera l'intervento del Dio Salvatore. Sarà il tema dei versetti seguenti.


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