LUMEN GENTIUM 9-11

DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II Costituzione dogmatica sulla Chiesa LUMEN GENTIUM (21 novembre 1964)

CAPITOLO II – IL POPOLO DI DIO

Nuova alleanza e nuovo popolo 9 In ogni tempo e in ogni nazione è accetto a Dio chiunque lo teme e opera la giustizia (cfr. At 10,35). Tuttavia Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse secondo la verità e lo servisse nella santità.

Scelse quindi per sé il popolo israelita, stabilì con lui un'alleanza e lo formò lentamente, manifestando nella sua storia se stesso e i suoi disegni e santificandolo per sé. Tutto questo però avvenne in preparazione e figura di quella nuova e perfetta alleanza da farsi in Cristo, e di quella più piena rivelazione che doveva essere attuata per mezzo del Verbo stesso di Dio fattosi uomo. « Ecco venir giorni (parola del Signore) nei quali io stringerò con Israele e con Giuda un patto nuovo... Porrò la mia legge nei loro cuori e nelle loro menti l'imprimerò; essi mi avranno per Dio ed io li avrò per il mio popolo... Tutti essi, piccoli e grandi, mi riconosceranno, dice il Signore » (Ger 31,31-34). Cristo istituì questo nuovo patto cioè la nuova alleanza nel suo sangue (cfr. 1 Cor 11,25), chiamando la folla dai Giudei e dalle nazioni, perché si fondesse in unità non secondo la carne, ma nello Spirito, e costituisse il nuovo popolo di Dio. Infatti i credenti in Cristo, essendo stati rigenerati non di seme corruttibile, ma di uno incorruttibile, che è la parola del Dio vivo (cfr. 1 Pt 1,23), non dalla carne ma dall'acqua e dallo Spirito Santo (cfr. Gv 3,5-6), costituiscono « una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una nazione santa, un popolo tratto in salvo... Quello che un tempo non era neppure popolo, ora invece è popolo di Dio » (1 Pt 2,9-10).

Questo popolo messianico ha per capo Cristo « dato a morte per i nostri peccati e risuscitato per la nostra giustificazione » (Rm 4,25), e che ora, dopo essersi acquistato un nome che è al di sopra di ogni altro nome, regna glorioso in cielo. Ha per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio, nel cuore dei quali dimora lo Spirito Santo come in un tempio. Ha per legge il nuovo precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amati (cfr. Gv 13,34). E finalmente, ha per fine il regno di Dio, incominciato in terra dallo stesso Dio, e che deve essere ulteriormente dilatato, finché alla fine dei secoli sia da lui portato a compimento, quando comparirà Cristo, vita nostra (cfr. Col 3,4) e « anche le stesse creature saranno liberate dalla schiavitù della corruzione per partecipare alla gloriosa libertà dei figli di Dio » (Rm 8,21). Perciò il popolo messianico, pur non comprendendo effettivamente l'universalità degli uomini e apparendo talora come un piccolo gregge, costituisce tuttavia per tutta l'umanità il germe più forte di unità, di speranza e di salvezza. Costituito da Cristo per una comunione di vita, di carità e di verità, è pure da lui assunto ad essere strumento della redenzione di tutti e, quale luce del mondo e sale della terra (cfr. Mt 5,13-16), è inviato a tutto il mondo.

Come già l'Israele secondo la carne peregrinante nel deserto viene chiamato Chiesa di Dio (Dt 23,1 ss.), così il nuovo Israele dell'era presente, che cammina alla ricerca della città futura e permanente (cfr. Eb 13,14), si chiama pure Chiesa di Cristo (cfr. Mt 16,18); è il Cristo infatti che l'ha acquistata col suo sangue (cfr. At 20,28), riempita del suo Spirito e fornita di mezzi adatti per l'unione visibile e sociale. Dio ha convocato tutti coloro che guardano con fede a Gesù, autore della salvezza e principio di unità e di pace, e ne ha costituito la Chiesa, perché sia agli occhi di tutti e di ciascuno, il sacramento visibile di questa unità salvifica [15]. Dovendosi essa estendere a tutta la terra, entra nella storia degli uomini, benché allo stesso tempo trascenda i tempi e i confini dei popoli, e nel suo cammino attraverso le tentazioni e le tribolazioni è sostenuta dalla forza della grazia di Dio che le è stata promessa dal Signore, affinché per la umana debolezza non venga meno alla perfetta fedeltà ma permanga degna sposa del suo Signore, e non cessi, con l'aiuto dello Spirito Santo, di rinnovare se stessa, finché attraverso la croce giunga alla luce che non conosce tramonto.

Il sacerdozio comune dei fedeli 10 Cristo Signore, pontefice assunto di mezzo agli uomini (cfr. Eb 5,1-5), fece del nuovo popolo « un regno e sacerdoti per il Dio e il Padre suo » (Ap 1,6; cfr. 5,9-10). Infatti per la rigenerazione e l'unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono consacrati per formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante tutte le attività del cristiano, spirituali sacrifici, e far conoscere i prodigi di colui, che dalle tenebre li chiamò all'ammirabile sua luce (cfr. 1 Pt 2,4-10). Tutti quindi i discepoli di Cristo, perseverando nella preghiera e lodando insieme Dio (cfr. At 2,42-47), offrano se stessi come vittima viva, santa, gradevole a Dio (cfr. Rm 12,1), rendano dovunque testimonianza di Cristo e, a chi la richieda, rendano ragione della speranza che è in essi di una vita eterna (cfr. 1 Pt 3,15) Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l'uno all'altro, poiché l'uno e l'altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell'unico sacerdozio di Cristo [16]. Il sacerdote ministeriale, con la potestà sacra di cui è investito, forma e regge il popolo sacerdotale, compie il sacrificio eucaristico nel ruolo di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo; i fedeli, in virtù del loro regale sacerdozio, concorrono all'offerta dell'Eucaristia [17], ed esercitano il loro sacerdozio col ricevere i sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, con l'abnegazione e la carità operosa.

Il sacerdozio comune esercitato nei sacramenti 11 Il carattere sacro e organico della comunità sacerdotale viene attuato per mezzo dei sacramenti e delle virtù. I fedeli, incorporati nella Chiesa col battesimo, sono destinati al culto della religione cristiana dal carattere sacramentale; rigenerati quali figli di Dio, sono tenuti a professare pubblicamente la fede ricevuta da Dio mediante la Chiesa [18]. Col sacramento della confermazione vengono vincolati più perfettamente alla Chiesa, sono arricchiti di una speciale forza dallo Spirito Santo e in questo modo sono più strettamente obbligati a diffondere e a difendere la fede con la parola e con l'opera [19], come veri testimoni di Cristo. Partecipando al sacrificio eucaristico, fonte e apice di tutta la vita cristiana, offrono a Dio la vittima divina e se stessi [20] con essa così tutti, sia con l'offerta che con la santa comunione, compiono la propria parte nell'azione liturgica, non però in maniera indifferenziata, bensì ciascuno a modo suo. Cibandosi poi del corpo di Cristo nella santa comunione, mostrano concretamente la unità del popolo di Dio, che da questo augustissimo sacramento è adeguatamente espressa e mirabilmente effettuata.

Quelli che si accostano al sacramento della penitenza, ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a lui; allo stesso tempo si riconciliano con la Chiesa, alla quale hanno inflitto una ferita col peccato e che coopera alla loro conversione con la carità, l'esempio e la preghiera. Con la sacra unzione degli infermi e la preghiera dei sacerdoti, tutta la Chiesa raccomanda gli ammalati al Signore sofferente e glorificato, perché alleggerisca le loro pene e li salvi (cfr. Gc 5,14-16), anzi li esorta a unirsi spontaneamente alla passione e morte di Cristo (cfr. Rm 8,17; Col 1,24), per contribuire così al bene del popolo di Dio. Inoltre, quelli tra i fedeli che vengono insigniti dell'ordine sacro sono posti in nome di Cristo a pascere la Chiesa colla parola e la grazia di Dio. E infine i coniugi cristiani, in virtù del sacramento del matrimonio, col quale significano e partecipano il mistero di unità e di fecondo amore che intercorre tra Cristo e la Chiesa (cfr. Ef 5,32), si aiutano a vicenda per raggiungere la santità nella vita coniugale; accettando ed educando la prole essi hanno così, nel loro stato di vita e nella loro funzione, il proprio dono in mezzo al popolo di Dio [21]. Da questa missione, infatti, procede la famiglia, nella quale nascono i nuovi cittadini della società umana, i quali per la grazia dello Spirito Santo diventano col battesimo figli di Dio e perpetuano attraverso i secoli il suo popolo. In questa che si potrebbe chiamare Chiesa domestica, i genitori devono essere per i loro figli i primi maestri della fede e secondare la vocazione propria di ognuno, quella sacra in modo speciale.

Muniti di salutari mezzi di una tale abbondanza e d'una tale grandezza, tutti i fedeli d'ogni stato e condizione sono chiamati dal Signore, ognuno per la sua via, a una santità, la cui perfezione è quella stessa del Padre celeste.

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Approfondimenti

IL POPOLO DI DIO

A) La sua vocazione

  1. Nell'antica Alleanza essa si compie nella scelta, istruzione e santificazione del popolo israelita (n. 9).
  2. Nella nuova Alleanza, tutti sono chiamati a far parte di questo Popolo santo di Dio, il cui «capo» è Cristo; «la condizione dei suoi membri» la dignità e la libertà dei figli di Dio; «la legge suprema» l’amare come Cristo stesso ci ha amati; «il fine» il Regno di Dio, qui iniziato e incrementato, ma che solo alla fine dei tempi sarà portato a compimento; «il carattere» l'universalità; «il nome», la Chiesa di Cristo (n. 9).

B) Il suo sacerdozio

  1. Lo ottengono i suoi membri mediante la consacrazione battesimale (n. 10).
  2. È quindi comune a tutti i fedeli (n. 10).
  3. Si differenzia essenzialmente da quello gerarchico per le diverse funzioni e potestà, pur essendo ambedue partecipazioni del sacerdozio di Cristo (n. 10).
  4. Lo si esercita principalmente nell’uso dei diversi sacramenti (n. 11).

Il concilio Vaticano II sceglie come figura di fondo sulla quale impostare il suo discorso sulla chiesa quella del popolo di Dio. I padri conciliari avvertono l’urgenza della propria vocazione di salvare e di rinnovare ogni creatura, affinché tutto sia ricapitolato in Cristo e gli uomini costituiscano in lui una sola famiglia ed un solo popolo di Dio. La chiesa nasce dal dono dello Spirito di Cristo, il Messia, perciò si parla di «popolo messianico»: – il capo è solo Cristo morto-risorto e non altri sovrani; – vi è uguale dignità di tutti in quanto liberi figli di Dio; – la sola legge è la carità coma la incarna Cristo stesso; – il fine è il regno di Dio. Come popolo “messianico” ha ereditato, la stessa missione di Gesù: sacerdotale, profetica e regale. In quanto destinatario della salvezza, tutto il popolo è sacerdotale pur nella distinzione tra il sacerdozio «ministeriale» e quello «comune». Il primo in funzione della piena realizzazione del secondo. Il compito dell’evangelizzazione sarà quindi “dovere fondamentale del popolo di Dio” non esclusivo di qualcuno nella chiesa: “ tutti i fedeli hanno il dovere e il diritto di impegnarsi perché l’annuncio divino della salvezza si diffonda sempre più fra gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo” (Diritto Canonico can. 781 e 211). «Il nuovo popolo di Dio non ha bisogno della mediazione di specifici sacerdoti: i ministri della chiesa nel Nuovo Testamento non saranno mai chiamati con questo nome. Piuttosto è essa stessa, in quanto popolo unito per l’unione di fede dei credenti in Gesù, a costituire il tempio di pietre vive, nel quale si offrono sacrifici graditi a Dio, cioè tutte le opere compiute nella fede, nello Spirito di Cristo» (Severino Dianich, La chiesa mistero di comunione). Si deduce che il fondamento del sacerdozio non è quello che si riceve con il sacramento dell’ordine (diaconi, preti, vescovi) ma quello di tutti i fedeli che si riceve nel battesimo. L’espressione fondamentale di questo sacerdozio comune, più che nelle azioni liturgiche, consiste nell’offrire a Dio quel “sacrificio di lode” che è la professione di fede proposta agli uomini con le parole e con le opere. È agire sacerdotale della chiesa l’operare quotidiano di ogni fedele che mette al servizio del bene comune le sue attitudini e le sue competenze, compie i suoi doveri familiari, professionali, sociali e politici, nello spirito della fede, con giustizia e carità. Il popolo di Dio è anche profetico in quanto annuncia, con la sua vita e la sua testimonianza attiva, la verità di Dio. Questo coinvolge anche il principio della infallibilità che attiene al credere della chiesa prima che alla sua azione di insegnamento. In altre parole, prima la chiesa crede, poi il magistero insegna infallibilmente. Per quanto riguarda la missionarietà la LG considera che, essendo il Regno di Dio non di questo mondo, la chiesa non si identifica in alcuna cultura e, nello stesso tempo, si incarna in tutte le culture perché ciascuna si apra a Dio.

(Tratto da: A 50 anni dal Concilio, Marco Cioni, https://lorenzoequirico.it/lumen-gentium/ ).

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Sacerdozio battesimale e ministeriale di Marino Qualizza

Il sacerdozio comune secondo la Lumen Gentium (LG 10)

Nella costituzione dogmatica sulla Chiesa, ma non solo, il concilio ha dedicato una attenzione particolare al sacerdozio comune o battesimale dei fedeli. Essa si spiega con la ripresa della riflessione sulla natura e sull’identità della Chiesa, iniziata in modo originale subito dopo la prima guerra mondiale, e dunque negli anni ’20 del XX secolo. Un primo punto importante sul tema fu segnato dal grande lavoro del teologo domenicano francese Y. Congar e l’opera che maggiormente contribuì ad un allargamento della visione fu ‘Per una teologia del laicato’ edita in Italia dalla Morcelliana nel 1966 ed oggi introvabile. Nella edizione originale francese s’intitolava: ‘Jalons pour une théologie du laicat’. Il libro suscitò anche forti riserve, che furono superate solo più tardi, si potrebbe dire alla vigilia del concilio.

Superamento del clericalismo La tesi principale era che bisognava superare la classica divisione fra clero e laici, docente e discente, attiva e passiva, ma si doveva puntare su una Chiesa tutta ministeriale. Non tutto filò liscio in questa impostazione, perché si corse il rischio di appiattire la Chiesa su una ministerialità generica. Difatti fu il Congar stesso, dopo il Concilio a frenare in questo senso. Ma intanto era stato lanciato un segnale importante e fu raccolto dal concilio ed ebbe la prima formulazione in LG 10.

«Cristo Signore, Pontefice assunto di mezzo agli uomini (cfr. Eb 5, 1-5), fece del nuovo popolo “un regno e sacerdoti per il Dio e Padre suo” (Ap 1,6; cfr 5,9-10). Infatti, per la rigenerazione e l’unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono consacrati a formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante tutte le opere del cristiano, spirituali sacrifici , e far conoscere i prodigi di Colui, che dalle tenebre li chiamò all’ammirabile sua luce (cfr 1Pt 2,4-10)».

Il testo è inserito nel capitolo secondo della costituzione, che ha come tema ‘Il popolo di Dio’. A proposito di questo capitolo si parlava di una ‘rivoluzione copernicana’, in quanto veniva anteposto a quello sulla gerarchia, che da sempre aveva la prima attenzione. A dire il vero, se di rivoluzione si tratta, essa riguarda non un singolo capitolo, ma la concezione stessa di tutto il testo e della visione che lo caratterizza; in pratica dell’aver messo al primo posto il mistero della Chiesa in Dio uno e trino, e poi dell’aver trattato immediatamente, alla luce dello stesso mistero, del popolo di Dio, non per parlare dei laici, ma di tutti i credenti, gerarchia e laici, riuniti nell’unità della fede.

Universalità del sacerdozio del popolo di Dio Così si passa a parlare in modo del tutto coerente del sacerdozio comune, che riguarda tutto il popolo di Dio e lo fa erede legittimo del popolo dell’AT, per perpetuare nei secoli la memoria viva dei prodigi di Dio. L’attività principale di questo popolo, sinteticamente espressa è di carattere liturgico e missionario. Con la liturgia si uniscono al sacrificio di Cristo e con l’annuncio missionario ne continuano l’opera di evangelizzazione. Non si dice nulla di nuovo, perché era già stato detto da sempre, come indicano i riferimenti biblici, ma viene ripreso in modo nuovo, dopo secoli di relativo se non totale oblio. Tutti i cristiani, senza esclusione sono chiamati ad essere attivi nella Chiesa di Dio.

«Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l’uno all’altro, poiché l’uno e l’altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo…I fedeli, in virtù del loro regale sacerdozio, concorrono all’oblazione dell’Eucaristia, e lo esercitano con ricevere i sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, coll’abnegazione e l’operosa carità» (LG10).

Distinzioni necessarie Una precisazione doverosa, sulla differenza fra il sacerdozio ministeriale e comune. Il concilio adopera una frase che ha suscitato molti e difficili commenti. Basti, nel nostro caso, affermare che il sacerdozio ministeriale è basato su un terzo sacramento, oltre il battesimo e la confermazione e la cosa risulta più che chiara. I fedeli che non sono ministri ordinati esercitano un ruolo attivo nella Chiesa, a cominciare dal fatto più importante: la celebrazione dell’Eucaristia.


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