📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

Avvedutezza e laboriosità, verità e inganno 1Chi ama la correzione ama la scienza, chi odia il rimprovero è uno stupido. 2Chi è buono ottiene il favore del Signore, il quale condanna il malintenzionato. 3Non si consolida l'uomo con la malvagità, ma la radice dei giusti non sarà smossa. 4Una donna forte è la corona del marito, ma quella svergognata è come carie nelle sue ossa. 5I pensieri dei giusti sono equità, i propositi degli empi sono frode. 6Le parole degli empi sono insidie mortali, ma la bocca degli uomini retti li salverà. 7Gli empi, una volta abbattuti, più non sono, ma la casa dei giusti resta salda. 8Un uomo è lodato in proporzione alla sua intelligenza, ma chi ha il cuore perverso è disprezzato. 9Un uomo di poco conto che ha un servitore vale più di uno che si vanta, a cui manca il pane. 10Il giusto si prende cura del suo bestiame, ma i sentimenti degli empi sono spietati. 11Chi coltiva la sua terra si sazia di pane, chi insegue chimere è proprio uno stolto. 12Le brame dell'empio sono una rete di mali, la radice dei giusti dà molto frutto. 13Nel peccato delle sue labbra si impiglia il malvagio, ma il giusto sfugge a tale angoscia. 14Con il frutto della bocca ci si sazia di beni; ciascuno sarà ripagato secondo le sue opere. 15La via del malvagio è retta ai propri occhi, il saggio, invece, ascolta il consiglio. 16Lo stolto manifesta subito la sua collera, ma chi è avveduto dissimula l'offesa. 17Chi dice la verità proclama la giustizia, chi testimonia il falso favorisce l'inganno. 18C'è chi chiacchierando è come una spada tagliente, ma la lingua dei saggi risana. 19Il labbro veritiero resta saldo per sempre, quello bugiardo per un istante solo. 20L'inganno è nel cuore di chi trama il male, la gioia invece è di chi promuove la pace. 21Al giusto non può accadere alcun male, i malvagi invece sono pieni di guai. 22Le labbra bugiarde sono un obbrobrio per il Signore: egli si compiace di chiunque fa la verità. 23Chi è avveduto nasconde quello che sa, il cuore degli stolti proclama stoltezze. 24La mano operosa ottiene il comando, quella pigra invece è destinata a servire. 25L'afflizione deprime il cuore dell'uomo, una parola buona lo allieta. 26Il giusto è guida sicura per il suo prossimo, ma la via dei malvagi li porta fuori strada. 27Il pigro non troverà selvaggina, ma la persona industriosa possiede una fortuna. 28Sui sentieri della giustizia si trova la vita, la sua strada non va mai alla morte.

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Approfondimenti

vv 1-3. Colui che si lascia educare è «buono» e «giusto» e ottiene scienza, favore divino e stabilità. L'indisciplinato invece è come un animale, che è stolto e brutale (questo significa il sostantivo bā‘ar nel v. 1), è condannato da Dio e vive nella precarietà.

vv. 5-7. Ritorna la contrapposizione giusti/malvagi: non solo i progetti dei malvagi sono ingannevoli, ma addirittura le loro parole rappresentano un'insidia mortale per coloro che vi aderiscono; non così per i giusti: le loro intenzioni sono conformi alla giustizia e attraverso le loro parole salvano coloro che potrebbero rimanere vittime delle macchinazioni dei malvagi (il v. 6b può aver significato riflessivo, ma anche attivo «li sottrarrà» in riferimento a chi è allettato dalle parole dei malvagi, e non solo i giusti).

v. 9. La traduzione potrebbe essere espressa meglio così: «meglio un uomo da poco che possiede uno schiavo di chi si atteggia a ricco, ma non ha cibo» (cfr. Pr 13,7). La formula «meglio... di..», è classica. Il versetto va accostato per il significato al v. 11: una prosperità non appariscente ma sicura, vale assai più della vanagloria o dell'inseguire vani progetti.

vv. 13-23. Questo gruppo di proverbi è caratterizzato soprattutto dal riferimento al «parlare» (cfr. labbra, bocca, verità, menzogna). Il saggio è colui che sa fare buon uso della parola, sia usandola al momento opportuno (vv. 16.18.23), sia esponendo la verità (vv. 17.19): ciò otterrà a lui la riuscita nella vita (vv. 13.14.21) e il favore divino (v. 22). Al contrario l'empio parla da sprovveduto (vv. 16.18) e attesta il falso (vv. 17.19): la sua vita è destinata al fallimento (vv. 13.14.21) e alla rottura della relazione con Dio (v. 22).

vv. 26.28. Ritorna l'immagine della strada quale simbolo della condotta umana: l'insistenza è sull'esito opposto, vita/morte.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Giustizia e malvagità 1Il Signore aborrisce la bilancia falsa, ma del peso esatto egli si compiace. 2Dove c'è insolenza c'è anche disonore, ma la sapienza sta con gli umili. 3L'integrità guida gli uomini retti, la malvagità è la rovina dei perfidi. 4Non giova la ricchezza nel giorno della collera, ma la giustizia libera dalla morte. 5La giustizia dell'uomo onesto gli spiana la via, per la sua cattiveria cade il cattivo. 6La giustizia salva gli onesti, nella cupidigia restano presi i perfidi. 7Con la morte del malvagio svanisce ogni sua speranza, l'attesa dei ricchi scompare. 8Il giusto è liberato dall'angoscia, al suo posto subentra il malvagio. 9Con la sua bocca il bugiardo rovina l'amico, i giusti con la loro scienza si salvano. 10Della prosperità dei giusti la città si rallegra, per la rovina dei malvagi si fa festa. 11La benedizione degli uomini retti fa prosperare una città, le parole dei malvagi la distruggono. 12Disprezza il suo prossimo chi è privo di senno, ma l'uomo prudente tace. 13Chi va in giro sparlando svela il segreto, ma l'uomo fidato tiene nascosto ciò che sa. 14Dove manca una guida il popolo va in rovina; la salvezza dipende dal numero dei consiglieri. 15Chi garantisce per un estraneo si troverà male, chi rifiuta garanzie vive tranquillo. 16La donna avvenente ottiene onore, gli uomini laboriosi ottengono ricchezze. 17Benefica se stesso chi è buono, il crudele invece tormenta la sua carne. 18L'empio realizza opere fallaci, per chi semina giustizia il salario è assicurato. 19Chi pratica la giustizia si procura la vita, chi persegue il male va verso la morte. 20Un cuore perverso il Signore lo detesta: egli si compiace di chi ha una condotta integra. 21Certamente non resterà impunito il malvagio, ma la discendenza dei giusti sarà salva. 22Un anello d'oro al naso di un maiale, tale è la donna bella ma senza cervello. 23La brama dei giusti è solo il bene, la speranza degli empi è la collera. 24C'è chi largheggia e la sua ricchezza aumenta, c'è chi risparmia oltre misura e finisce nella miseria. 25La persona benefica prospererà e chi disseta sarà dissetato. 26Chi accaparra il grano è maledetto dal popolo, la benedizione sta sul capo di chi lo vende. 27Chi è sollecito del bene incontra favore e chi cerca il male, male gli accadrà. 28Chi confida nella propria ricchezza cadrà, i giusti invece rinverdiranno come foglie. 29Chi crea disordine in casa erediterà vento e lo stolto sarà schiavo dell'uomo di senno. 30Il frutto del giusto è un albero di vita, il saggio conquista i cuori. 31Ecco, il giusto è ripagato sulla terra: tanto più l'empio e il peccatore.

_________________ Note

11,22 Il maiale era ritenuto animale impuro; allevarlo e mangiarne la carne era proibito.

11,26 Chi accaparra il grano: il contrasto è tra la speculazione economica e la giusta distribuzione dei beni.

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Approfondimenti

v. 1. L'ambito di riferimento è quello commerciale, selle cui transazioni vi è sempre il pericolo della falsificazione dei pesi e conseguentemente di commettere ingiustizie. L'importanza del tema nella società antica è sottolineata dalla sua ricorrenza nel libro (cfr. 16,11; 20,10.23), ma anche dal suo riapparire nelle parti legislative e profetiche dell'AT (cfr. Lv 19,35-36; Dt 25,13-16; Ez 45,10-12; Am 8,5; Mic 6,10-11).

vv. 3-11. Integrità e rettitudine sono il tema di questi versetti, dove continua il contrasto tra retto e malvagio. Per la forma si può notare la ricorrenza della preposizione «con» (ebr. b) all'inizio dei vv. 7.9.11 e l'insistenza sulla radice ṣdq («giustizia/giusto») all'inizio dei vv. 5-6.8. Il v. 7 è criticamente incerto. Omettendo l'aggettivo «empio», il proverbio riguarda ogni uomo e si collega con altri testi dello stesso tenore, cfr. Sal 49,17-18; Gb 14,19. Tutta la speranza dell'uomo cessa con la sua morte, neppure la ricchezza preserva da tale sorte che accomuna tutti, senza distinzione.

v. 14. Il vocabolo taḥbulôt (guida) è collegato all'arte del timoniere e in ambito politico, come qui, definisce la competenza politica, che il parallelismo in atto vede concretizzata nel fatto che accanto a colui che regge le sorti del popolo vi sia un adeguato numero di consiglieri.

v. 15. Cfr. il commento a 6,1-5.

vv. 16a.22. La bellezza di una donna è vanto del marito, da ciò il suo onore, ma la bellezza da sola non basta e dev'essere accompagnata da rettitudine e buon senso (cfr. Prv 31,30). Ciò che è spregevole (il porco) non acquista valore per un prezioso ornamento.

vv. 24-26. Il contrasto è tra generosità e taccagneria. L'accumulo di beni non crea alcuna ricchezza, anzi risulta un'attività sterile e distanzia la persona dai suoi simili, sia in vista di un suo futuro bisogno (v. 25), sia in riferimento al gradimento sociale (v. 26).

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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PROVERBI DI SALOMONE (10,1-22,16)

1Proverbi di Salomone. Il figlio saggio allieta il padre, il figlio stolto contrista sua madre.

Il saggio e lo stolto, l’empio e il giusto 2I tesori male acquistati non giovano, ma la giustizia libera dalla morte. 3Il Signore non lascia che il giusto soffra la fame, ma respinge la cupidigia dei perfidi. 4La mano pigra rende poveri, la mano operosa arricchisce. 5Chi raccoglie d'estate è previdente e chi dorme al tempo della mietitura è uno svergognato. 6Le benedizioni del Signore sul capo del giusto, la bocca degli empi nasconde violenza. 7La memoria del giusto è in benedizione, il nome degli empi marcisce. 8Chi è saggio di cuore accetta i precetti, chi è stolto di labbra va in rovina. 9Chi cammina nell'integrità va sicuro, chi tiene vie tortuose sarà smascherato. 10Chi chiude un occhio causa dolore, chi riprende a viso aperto procura pace. 11Fonte di vita è la bocca del giusto, la bocca degli empi nasconde violenza. 12L'odio suscita litigi, l'amore ricopre ogni colpa. 13Sulle labbra dell'intelligente si trova la sapienza, ma il bastone è per la schiena dello stolto. 14I saggi fanno tesoro della scienza, ma la bocca dello stolto è una rovina imminente. 15I beni del ricco sono la sua roccaforte, la rovina dei poveri è la loro miseria. 16Il salario del giusto serve per la vita, il guadagno dell'empio è per i vizi. 17Cammina verso la vita chi accetta la correzione, chi trascura il rimprovero si smarrisce. 18Dissimulano l'odio le labbra bugiarde, chi diffonde calunnie è uno stolto. 19Nel molto parlare non manca la colpa, chi frena le labbra è saggio. 20Argento pregiato è la lingua del giusto, il cuore degli empi vale ben poco. 21Le labbra del giusto nutrono molti, gli stolti invece muoiono per la loro stoltezza. 22La benedizione del Signore arricchisce, non vi aggiunge nulla la fatica. 23Per lo stolto compiere il male è un divertimento, così coltivare la sapienza per l'uomo prudente. 24Al malvagio sopraggiunge il male che teme, il desiderio dei giusti invece è soddisfatto. 25Passa la bufera e l'empio non c'è più, il giusto invece resta saldo per sempre. 26Come l'aceto ai denti e il fumo agli occhi, così è il pigro per chi gli affida una missione. 27Il timore del Signore prolunga i giorni, ma gli anni dei malvagi sono accorciati. 28L'attesa dei giusti è gioia, ma la speranza degli empi svanirà. 29La via del Signore è una fortezza per l'uomo integro, ma è una rovina per i malfattori. 30Il giusto non vacillerà mai, ma gli empi non dureranno sulla terra. 31La bocca del giusto espande sapienza, la lingua perversa sarà tagliata. 32Le labbra del giusto conoscono benevolenza, la bocca degli empi cose perverse.

_________________ Note

10,1-22,16 Questa seconda raccolta di proverbi è da considerare molto antica. Viene fatta risalire a Salomone (10,1), modello dell’uomo saggio. Si compone di massime di vario genere, indipendenti l’una dall’altra. Ogni massima o proverbio si presenta nella forma letteraria del distico, che nei cc. 10-15 è caratterizzato dal parallelismo antitetico (procede cioè contrapponendo i personaggi che descrive) e nei cc. 16-22 dal parallelismo sinonimico (cioè con comparazioni omogenee).

10,12 La seconda parte del versetto è riportata in 1Pt 4,8 (vedi anche 1Cor 13,7; Gc 5,20).

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Approfondimenti

Pr 10,1-22,16. Non è facile ravvisare in questa seconda collezione una strutturazione coerente del contenuto: l'impressione è di trovarsi di fronte a sentenze giustapposte, senza alcun principio ordinatore, anche se non sono assenti in alcuni casi ripetizioni verbali o connessioni tematiche, le quali possono spiegare l'accostamento di certi detti.

vv. 10,1-3. Per l'attribuzione a Salomone, cfr. Pr 1,1. I v. sono apparentati dal contrasto saggio/stolto che introduce la tipologia caratteristica della letteratura proverbiale, approfondendola però anche sotto il profilo etico (rettitudine/disonestà, v. 2) e religioso (giusto/malvagio, v. 3).

vv.4-5. Ritorna il tema della pigrizia e dell'operosità, già incontrato in Pr 6,6-11.

vv. 6-7. L'opposizione giusto/malvagio si esprime qui nel contrasto tra la benedizione (il vocabolo che fa da aggancio tra i due versetti) e l'oblio. Il v. 6b è identico a 11b (contro BC). Si noti l'insistenza nel capitolo sul tema della “lingua” (vv. 6.8.11-14.18-21.31-32), un aspetto importante nella formazione del giovane, soprattutto di colui che aspira a posti di responsabilità sociale e di governo: l'uomo saggio se ne starà in silenzio finché non toccherà a lui parlare (v. 19), quando sarà sicuro che il suo parlare sarà efficace e che le sue parole saranno attentamente valutate. 24-25. Due antitesi in parallelo, esprimono la diversa sorte del giusto e del malvagio: le aspirazioni del giusto lo mettono al sicuro, non così quelle del malvagio che, proprio perché inique, lo espongono al rischio della pena per il proprio comportamento; l'esistenza del malvagio è sempre minacciata, mentre quella del giusto non teme l'imprevisto (cfr. v. 30 e Mt 7,25.27). Velatamente si può vedere, nella forma impersonale del v. 24 («è soddisfatto») e nell'accenno alla «bufera» del v. 25 (cfr. Is 21,1; 29,6; Sal 83,16), un'allusione all'intervento divino: da lui dipende la riuscita del giusto, a lui la vita del malvagio è in abominio.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Il contrasto tra sapienza e stoltezza 1La sapienza si è costruita la sua casa, ha intagliato le sue sette colonne. 2Ha ucciso il suo bestiame, ha preparato il suo vino e ha imbandito la sua tavola. 3Ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città: 4“Chi è inesperto venga qui!”. A chi è privo di senno ella dice: 5“Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. 6Abbandonate l'inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell'intelligenza”.

7Chi corregge lo spavaldo ne riceve disprezzo e chi riprende il malvagio ne riceve oltraggio. 8Non rimproverare lo spavaldo per non farti odiare; rimprovera il saggio ed egli ti sarà grato. 9Da' consigli al saggio e diventerà ancora più saggio; istruisci il giusto ed egli aumenterà il sapere. 10Principio della sapienza è il timore del Signore, e conoscere il Santo è intelligenza. 11Per mezzo mio si moltiplicheranno i tuoi giorni, ti saranno aumentati gli anni di vita. 12Se sei sapiente, lo sei a tuo vantaggio, se sei spavaldo, tu solo ne porterai la pena.

13Donna follia è irrequieta, sciocca e ignorante. 14Sta seduta alla porta di casa, su un trono, in un luogo alto della città, 15per invitare i passanti che vanno diritti per la loro strada: 16“Chi è inesperto venga qui!”. E a chi è privo di senno ella dice: 17“Le acque furtive sono dolci, il pane preso di nascosto è gustoso”. 18Egli non si accorge che là ci sono le ombre e i suoi invitati scendono nel profondo del regno dei morti.

_________________ Note

9,10 il Santo: il Signore.

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Approfondimenti

Pr 9,1-18. Tre sezioni di sei versetti ciascuna costituiscono l'intero capitolo. Notevole la corrispondenza antitetica tra la prima (vv. 1-6) e la terza (vv. 13-18): due personaggi femminili presentati in parallelo, a conclusione di questa prima parte del libro che ha costantemente insistito sulla scelta tra la sapienza, datrice di vita, e la «straniera», insidia mortale al giovane discepolo. La seconda sezione (vv. 7-12) si concentra invece sui destinatari dell'istruzione sapienziale, contrapponendo il beffardo/insolente (vv. 7-8a) al saggio (vv. 7b-9). Incontriamo inoltre al v. 10 la ripresa del detto programmatico di Pr 1,7.

vv.1-6. Per la relazione casa-sapienza, cfr. 14,1; 24,3. La descrizione della casa può indicare sia un'abitazione concreta, probabilmente una casa padronale sorretta da sette pilastri (cifra perfetta), e in questo caso la sapienza è una ricca signora (o regina, cfr. Ester) che apre ai suoi ospiti il suo palazzo, con tutte le delizie che ella sa predisporre; si potrebbe però vedervi un simbolismo in atto, anche se gli interpreti non concordano sul referente: si tratterebbe del tempio costruito dalla sapienza, sul modello dei miti antichi (in particolare quelli di Ugarit), o della scuola della sapienza, oppure (con migliore probabilità) delle sette collezioni di proverbi contenute in 10,1-31,9. Fondamentale è tuttavia sottolineare la dimensione conviviale e festosa che qui assume il rapporto con la sapienza: l'adesione a lei si realizza come risposta a un invito, non a un comando o a una minaccia; è una proposta che interpella la persona e che richiede la sua libera adesione. La sapienza invia delle ancelle: forse i saggi, che si fanno banditori del suo invito e a cui il giovane deve prestare attenzione. Il cibo della sapienza assume un valore simbolico: si tratta dell'insegnamento sapienziale che va assimilato pienamente (cfr. Ez 3; Sir 24,18-20) e che prefigura il cibo definitivo che Dio donerà all'umanità (cfr. Gv 6).

vv. 13-18. L'immagine di «donna follia» è antitetica a quella della sapienza nei vv. 1-6 é completa la descrizione del pendant della sapienza che ha accompagnato tutto l'arco di Pr 1-9. Anche questa donna possiede una casa, ma essa non se ne cura, perché passa il suo tempo all'esterno, “sviare” i passanti dal loro cammino: l'immagine della seduzione si accompagna qui con la descrizione di un apparato attraente e riprendendo il motivo della strada. Con le stesse parole usate dalla sapienza (cfr. v. 16 con v. 4), anche «donna follia» formula un invito e presenta il suo cibo: non si tratta però di un convito festivo, ma di un'esperienza appartata ed estraniante, benché momentaneamente appagante (v. 17). All'immagine seducente dell'apparato esteriore corrisponde però (cfr. 7, 21-23) un esito esattamente opposto a quello di chi accoglie l'invito della sapienza: non più la vita (v. 6), ma il regno dei morti (v. 18). La raccolta non poteva concludersi in modo più efficace: due proposte di senso (due donne), due strade, due esiti. Se il discepolo (l'«inesperto») ha finalmente compreso, è pronto ad ascoltare e assimilare gli insegnamenti dei saggi, come proposta di senso, come strada da percorrere, come mezzo per riuscire nella vita.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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La sapienza esorta gli uomini e i governanti ad ascoltarla 1La sapienza forse non chiama e l'intelligenza non fa udire la sua voce? 2In cima alle alture, lungo la via, nei crocicchi delle strade si apposta, 3presso le porte, all'ingresso della città, sulle soglie degli usci essa grida: 4“A voi, uomini, io mi rivolgo, ai figli dell'uomo è diretta la mia voce. 5Imparate, inesperti, la prudenza e voi, stolti, fatevi assennati. 6Ascoltate, perché dirò cose rilevanti, dalle mie labbra usciranno sentenze giuste, 7perché la mia bocca proclama la verità e l'empietà è orrore per le mie labbra. 8Tutte le parole della mia bocca sono giuste, niente in esse è tortuoso o perverso; 9sono tutte chiare per chi le comprende e rette per chi possiede la scienza. 10Accettate la mia istruzione e non l'argento, la scienza anziché l'oro fino, 11perché la sapienza vale più delle perle e quanto si può desiderare non l'eguaglia. 12Io, la sapienza, abito con la prudenza e possiedo scienza e riflessione. 13Temere il Signore è odiare il male: io detesto la superbia e l'arroganza, la cattiva condotta e la bocca perversa. 14A me appartengono consiglio e successo, mia è l'intelligenza, mia è la potenza. 15Per mezzo mio regnano i re e i prìncipi promulgano giusti decreti; 16per mezzo mio i capi comandano e i grandi governano con giustizia. 17Io amo coloro che mi amano, e quelli che mi cercano mi trovano. 18Ricchezza e onore sono con me, sicuro benessere e giustizia. 19Il mio frutto è migliore dell'oro più fino, il mio prodotto è migliore dell'argento pregiato. 20Sulla via della giustizia io cammino e per i sentieri dell'equità, 21per dotare di beni quanti mi amano e riempire i loro tesori.

La sapienza ha origine in Dio e opera nel creato 22Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all'origine. 23Dall'eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra. 24Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d'acqua; 25prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata, 26quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo. 27Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull'abisso, 28quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell'abisso, 29quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra, 30io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, 31giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell'uomo.

Beato chi ascolta la sapienza 32Ora, figli, ascoltatemi: beati quelli che seguono le mie vie! 33Ascoltate l'esortazione e siate saggi, non trascuratela! 34Beato l'uomo che mi ascolta, vegliando ogni giorno alle mie porte, per custodire gli stipiti della mia soglia. 35Infatti, chi trova me trova la vita e ottiene il favore del Signore; 36ma chi pecca contro di me fa male a se stesso; quanti mi odiano amano la morte”.

_________________ Note

8,22-31 La sapienza viene personificata e presentata come prima creatura di Dio. Attraverso di lei il disegno di Dio creatore ha trovato piena realizzazione e gli uomini, nel seguirla, trovano la pienezza della vita. Questa riflessione è presente anche in altri testi biblici (Sap 7,22-8,1; Sir 24; Bar 3,9-4,4) e culmina nella persona di Gesù, Sapienza e Verbo di Dio (Gv 1,1-5; 1Cor 1,18-31; Col 1,15-17).

8,30 artefice: traduce l’ebraico amon, che può significare anche “giovane” o “bambino”; con questo significato sembra esprimere la gioia della sapienza personificata che, come un giovane o un fanciullo, si muove nel creato danzando (come lasciano intendere i vv. 30-31).

8,36 chi pecca contro di me: “peccare” va inteso qui nel senso di “fallire”, “non raggiungere una meta”; chi non raggiunge la sapienza è un fallito che danneggia se stesso.

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Approfondimenti

Pr 8,1-36. Il capitolo forma nel suo insieme una composizione unitaria e ben strutturata e presenta un lungo discorso della sapienza. A un'introduzione narrativa (vv. 1-3; cfr. 1,20-21), segue il discorso che si divide in quattro parti, chiaramente delimitate già nei loro incipit: vv. 4-11 «A voi, uomini»; vv. 12-21 «Io, Sapienza»; vv. 22-31 «JHWH»; vv. 32-36 «E ora».

vv. 1-3. Anche qui, come in Pr 1,20-33, la sapienza parla in pubblico, a un uditorio non selezionato.

vv. 4-11. Risalta la relazione “io-voi”. La sapienza si rivolge a tutti, ma non esalta le loro qualità, anzi li definisce inesperti e sciocchi. Non presenta le sue credenziali, ma la qualità del suo dire: cose importanti e rette (v. 6). Si tratta di fedeltà, verità e giustizia che essa contrappone alla iniquità e alla falsità. Per questo invita ad ascoltare.

vv. 12-21. Ora la sapienza descrive se stessa, mostrando il frutto e lo scopo della sua opera: emerge in particolare che essa è una consigliera giudiziosa e moralmente integra (specialmente di coloro che rivestono cariche pubbliche). Si noti nei vv. 12.14 l'accumulo di vocaboli sapienziali (per questa serie cfr. Is 11,2, applicata al «figlio di Iesse», e Gb 12,13-16, applicata a Dio). I vv. 17-21 sono quasi una «benedizione della sapienza»: chi ama la sapienza potrà condividere le sue ricchezze, e ciò non vale solo per i potenti (vv. 15-16), ma certamente anche per i piccoli e i poveri, dato che il suo agire è conforme al diritto e alla giustizia (vv. 20-21).

vv. 22-31. Questa parte si stacca da quanto precede, non a livello tematico, bensì a livello di “motivazione” Nel c. 8 infatti la sapienza manifesta ed espone le qualità e gli attributi che giustificano la sequela di lei e l'adesione al suo insegnamento da parte degli uomini e i vv. 22-31 si inseriscono in questa composizione come una ancor più decisiva motivazione: con un linguaggio affine a quello dei miti delle origini, con immagini e motivi presi dalle cosmogonie, il brano intende anzitutto manifestare la priorità della sapienza rispetto al creato (vv. 22-26); illustra inoltre la posizione della sapienza accanto a JHWH durante l'organizzazione del cosmo (vv. 27-30a), e conclude alludendo al legame tra essa e gli uomini/mondo, quindi al suo posto nel creato, manifestando la stessa attitudine positiva di Gn 1 nei confronti dell'operare divino (vv. 30b-31). La presentazione della sapienza qui contenuta apparenta questo testo ad altri analoghi ricorrenti nei testi sapienziali (cfr. Gb 28; Bar 3,9-4,4; Sir 1,1-9; 24; Sap 6-9), benché ciascuno abbia una sua specificità: in Prv 8 (e in genere in tutta la raccolta dei cc. 1-9) la sapienza assume chiaramente i tratti di una persona, le cui caratteristiche si delineano successivamente.

vv. 22-26. La sapienza è possesso di Dio (v. 22) che precede ogni opera creata: si noti l'insistenza sul «prima» (vv. 22b.25) e sul «non ancora» (v. 24.26). Essa è «l'inizio dell'attività» di Dio (v. 22), cioè la primizia, la prima opera realizzata da Dio e quindi occupa nel nostro testo il posto che Gn 1,3 assegna alla luce: dopo il suo nascere comincia il “fare” di Dio. Il posto qui occupato dalla sapienza sarà attribuito a Cristo nel NT, quale «primogenito di ogni creatura» (Col 1,15) e «principio della creazione di Dio» (Ap 3,14). I vocaboli applicati alla genesi della sapienza nel TM orientano verso un'immagine della sapienza intesa come “persona”: acquisita/posseduta (v. 22; cfr. Gn 4,1; Sal 139,13), formata (v. 23; cfr. Sal 139,13), generata (vv. 24-25).

vv. 27-31. Dall'insistenza sulla precedenza (vv. 22-26) si passa alla contemporaneità: ora JHWH è all'opera e accanto a lui (vv. 27.30a) sta la sapienza. Chi sia la sapienza e quale ruolo essa svolga nella creazione è oggetto di controversia, soprattutto in relazione al v. 30a, dove BC traduce il vocabolo ebraico ’mwn con «artefice» e ciò implica l'attribuzione di un ruolo attivo alla sapienza nel processo creativo. Due fattori, oltre a quello lessicografico, sono determinanti per una corretta discussione sul vocabolo: la definizione del contesto in cui è inserito e la storia dell'interpretazione di ’mwn. Quanto al contesto, è indispensabile tener presente che fino a questo punto nel discorso non è stato attribuito alcun ruolo attivo alla sapienza all'interno del processo creativo. Il ruolo che le è attribuito è invece determinato dalla descrizione che segue nei vv. 30b-31, in cui essa per la prima volta è soggetto di un verbo di azione. L'azione descritta in questi vv. è espressa dal verbo śḥq e ha lo scopo di divertire, allietare, cioè un esibirsi per il gioioso intrattenimento di qualcuno (cfr. Gdc 16,25; 2Sam 2,14; 6,5.22; 1Cr 13,9; 15,29). L'immagine veicolata potrebbe perciò essere quella di una danza sul cosmo per la gioia del creatore (ben espressa con l'immagine della fanciulla «prediletta», indicata dalla versione di Aquila), testimoniando perciò che a fondamento del creato non sta un grande affanno o una cieca casualità, ma un'armonia cosmica garantita dalla danza della sapienza su di esso, che ne determina la bellezza/bontà già riconosciuta in Gn 1. Ciò si integra con una possibile interpretazione del vocabolo ’mwn come «saggio consigliere di corte», alla luce della parentela con l'accadico ummânu (un titolo attribuito inizialmente ai sette saggi antidiluviani, ma nei testi più recenti applicato agli ufficiali di corte): questa proposta di traduzione corrisponde senza difficoltà all'interpretazione dei verbi che descrivono l'origine della sapienza come quella di un essere personale, e inoltre l'immagine della sapienza «confidente, consigliera» del creatore ben si attaglia alla funzione dei vv. 22-31 indicata all'inizio, evitando altresì di intendere la sapienza come una sorta di «demiurgo» (come potrebbe invece prospettare la traduzione con «artigiano») che non trova appoggio nel testo. Il mondo in cui l'uomo vive è lo spazio in cui la sapienza si diletta, l'umanità i suoi compagni di gioco. Tra il creatore e la sua creatura sta la sapienza: la sua vicinanza con Dio ha orientato JHWH a realizzare quest'opera deliziosa e ora la stessa sapienza è colei che guida l'uomo a inserirsi armoniosamente nel creato.

vv. 32-36. La conclusione del discorso rappresenta un ritorno all'esortazione, già incontrata nei vv. 4-11 (relazione “io-voi”). Martellante l'insistenza sull'ascolto (vv. 32.33.34), che inserisce l'uomo nella benedizione della sapienza, da cui deriva la vita, cioè la riuscita nella vita (non la vita eterna, non contemplata nel libro), un dono parallelo al «favore di JHWH» (v. 35): non solo una riuscita dal punto di vista umano, ma anche un incontro più profondo con Dio. Di nuovo la sapienza collega l'uomo a Dio.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Invito alla sapienza 1Figlio mio, custodisci le mie parole e fa' tesoro dei miei precetti. 2Osserva i miei precetti e vivrai, il mio insegnamento sia come la pupilla dei tuoi occhi. 3Légali alle tue dita, scrivili sulla tavola del tuo cuore. 4Di' alla sapienza: “Tu sei mia sorella”, e chiama amica l'intelligenza, 5perché ti protegga dalla donna straniera, dalla sconosciuta che ha parole seducenti.

Le attrattive ingannatrici della prostituta 6Mentre dalla finestra della mia casa stavo osservando dietro le inferriate, 7ecco, io vidi dei giovani inesperti, e tra loro scorsi un adolescente dissennato. 8Passava per la piazza, rasente all'angolo, e s'incamminava verso la casa di lei, 9all'imbrunire, al declinare del giorno, all'apparire della notte e del buio. 10Ed ecco, gli si fa incontro una donna in vesti di prostituta, che intende sedurlo. 11Ella è irrequieta e insolente, non sa tenere i piedi in casa sua. 12Ora è per la strada, ora per le piazze, ad ogni angolo sta in agguato. 13Lo afferra, lo bacia e con sfacciataggine gli dice: 14“Dovevo offrire sacrifici di comunione: oggi ho sciolto i miei voti; 15per questo sono uscita incontro a te desiderosa di vederti, e ti ho trovato. 16Ho messo coperte soffici sul mio letto, lenzuola ricamate di lino d'Egitto; 17ho profumato il mio giaciglio di mirra, di àloe e di cinnamòmo. 18Vieni, inebriamoci d'amore fino al mattino, godiamoci insieme amorosi piaceri, 19poiché mio marito non è in casa, è partito per un lungo viaggio, 20ha portato con sé il sacchetto del denaro, tornerà a casa il giorno del plenilunio”. 21Lo lusinga con tante moine, lo seduce con labbra allettanti; 22egli incauto la segue, come un bue condotto al macello, come cervo adescato con un laccio, 23finché una freccia non gli trafigge il fegato, come un uccello che si precipita nella rete e non sa che la sua vita è in pericolo. 24Ora, figli, ascoltatemi e fate attenzione alle parole della mia bocca. 25Il tuo cuore non si volga verso le sue vie, non vagare per i suoi sentieri, 26perché molti ne ha fatti cadere trafitti ed erano vigorose tutte le sue vittime. 27Strada del regno dei morti è la sua casa, che scende nelle dimore della morte.

_________________ Note

7,3 Una frase simile (vedi 3,3) è presente anche in Dt 6,8. Nelle dita l’autore vede l’immagine dell’agire più affinato dell’uomo.

7,14 sacrifici di comunione: quelli in cui le carni delle vittime venivano mangiate dall’offerente in un banchetto con la famiglia e con gli amici.

7,17 mirra, àloe e cinnamòmo: erano profumi pregiati e assai costosi (vedi Ct 4,14).

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Approfondimenti

Pr 7,1-27. Ricorre qui l'ultima istruzione del maestro, che si concentra ancora sui rapporti con il mondo femminile. Il corpo dell'istruzione è costituito da un frammento narrativo (vv. 6-23), incorniciato da un'esortazione a vincolarsi alla sapienza che dona vita (vv. 1-5) e dall'ammonimento finale a guardarsi dalla straniera, la cui frequentazione conduce alla morte (vv. 24-27).

vv. 1-5. Anche i precetti del saggio, come la legge di Dio, fanno vivere, perciò anch'essi vanno «legati alle dita» (cfr. Dt 6,8; anche Prv 3,3), come se fossero un ornamento, e pure scritti «sulla tavola del cuore» (cfr. Ger 31,33), cioè interiorizzati, al punto da diventare il determinante di ogni azione del discepolo. Il legame con la sapienza (di nuovo presentata come sposa, v. 4; per il vocabolario cfr. Ct 5,2; 8,1; Rt 2,1; 3,2) preserva dalle seduzioni della straniera.

vv. 6-23. Un racconto che il TM presenta dal punto di vista del maestro (non così i LXX) illustra la condotta della straniera nei confronti di un ingenuo passante. La scena è descritta nei dettagli e con intensa carica erotica, ma difficilmente quest'ultimo aspetto è quanto preoccupa il maestro: non si tratta di una critica alla dissolutezza dei costumi. Pur se vestita da prostituta (v. 10), tale non è la professione della donna. Ella è sposata (v. 19), ma momentaneamente il marito è assente. Si presenta come una donna devota: deve soddisfare un voto (v. 14). Soprattutto quest'ultimo aspetto ha indotto i commentatori a vedere in questa donna/straniera la devota di una qualche divinità femminile dell'amore e della fertilità, venerata con pratiche orgiastiche o con la prostituzione sacra, ma tale interpretazione dipende da una visione della religione del Vicino Oriente Antico che è solo parzialmente esatta. Che vi fossero pratiche orgiastiche legate a determinate feste non può essere negato, così come la presenza di personale del tempio dedito in taluni casi alla prostituzione sacra non può essere esclusa categoricamente (benché non si possa ritenere un fenomeno costante e universalmente diffuso e soprattutto i proventi derivanti erano a vantaggio del tempio). Si può osservare che la donna giustifica la sua profferta sessuale al giovane con l'esigenza di sciogliere un voto (v. 14) e con il fatto che il marito si è assentato con il denaro (v. 20). Il voto si scioglie presentando un'offerta (cfr. Lv 27) e ciò significa che colui che fa un voto deve godere di sufficiente autonomia economica per poterlo poi soddisfare. Ora la donna in questione (a meno di pensare che nel nostro caso sia il rapporto sessuale stesso a svolgere tale funzione), come ogni donna sposata, non è affatto autonoma nel legarsi con un voto (cfr. Nm 30,1-16), dato che economicamente è sempre dipendente e ciò potrebbe spiegare la scena qui descritta: ella si è legata con un voto all'insaputa di suo marito; ora, per pagarlo, si veste da prostituta (cfr. Gn 38,14-15) e come tale si comporta al fine di procurarsi la cifra per soddisfare il voto; in tal modo tuttavia ella contravviene a una esplicita legge esposta in Dt 23,19: «Non porterai nella casa del Signore tuo Dio il compenso di una prostituta né il salario di un cane, qualunque voto tu abbia fatto». La legge in questione mostra appunto che per una certa epoca non era inusuale – benché ufficialmente ritenuto aberrante – utilizzare la prostituzione come mezzo per soddisfare una prassi religiosa. Questo potrebbe spiegare l'ingenuità del giovane: egli crede a questa scusa della donna, non comprendendo che ella vuole da lui non solo un approccio occasionale, ma irretirlo per tutta una vita (v. 23). Il maestro mette in guardia il suo pupillo: la straniera è capace perfino di mascherare con una ostentata religiosità la sua brama di seduzione e di possesso. Anche la dottrina che si oppone a quella sapienziale manifesta preoccupazioni e istanze religiose: ma tutto questo è soltanto esteriore, perché, lungi dal contribuire al retto rapporto con Dio, la prassi religiosa che da tale dottrina scaturisce ne rappresenta un'aberrazione.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Non farti garante di nessuno 1Figlio mio, se hai garantito per il tuo prossimo, se hai dato la tua mano per un estraneo, 2se ti sei legato con ciò che hai detto e ti sei lasciato prendere dalle parole della tua bocca, 3figlio mio, fa' così per liberartene: poiché sei caduto nelle mani del tuo prossimo, va', gèttati ai suoi piedi, importuna il tuo prossimo; 4non concedere sonno ai tuoi occhi né riposo alle tue palpebre, 5così potrai liberartene come la gazzella dal laccio, come un uccello dalle mani del cacciatore.

Il pigro 6Va' dalla formica, o pigro, guarda le sue abitudini e diventa saggio. 7Essa non ha né capo né sorvegliante né padrone, 8eppure d'estate si procura il vitto, al tempo della mietitura accumula il cibo. 9Fino a quando, pigro, te ne starai a dormire? Quando ti scuoterai dal sonno? 10Un po' dormi, un po' sonnecchi, un po' incroci le braccia per riposare, 11e intanto arriva a te la povertà, come un vagabondo, e l'indigenza, come se tu fossi un accattone.

Il malvagio 12Il perverso, uomo iniquo, cammina pronunciando parole tortuose, 13ammicca con gli occhi, stropiccia i piedi e fa cenni con le dita. 14Nel suo cuore il malvagio trama cose perverse, in ogni tempo suscita liti. 15Per questo improvvisa verrà la sua rovina, ed egli, in un attimo, crollerà senza rimedio.

Le cose che Dio detesta 16Sei cose odia il Signore, anzi sette gli sono in orrore: 17occhi alteri, lingua bugiarda, mani che versano sangue innocente, 18cuore che trama iniqui progetti, piedi che corrono rapidi verso il male, 19falso testimone che diffonde menzogne e chi provoca litigi tra fratelli.

Non cedere alle lusinghe dell’adultera 20Figlio mio, osserva il comando di tuo padre e non disprezzare l'insegnamento di tua madre. 21Fissali sempre nel tuo cuore, appendili al collo. 22Quando cammini ti guideranno, quando riposi veglieranno su di te, quando ti desti ti parleranno, 23perché il comando è una lampada e l'insegnamento una luce e un sentiero di vita l'istruzione che ti ammonisce: 24ti proteggeranno dalla donna altrui, dalle parole seducenti della donna sconosciuta. 25Non desiderare in cuor tuo la sua bellezza, non lasciarti adescare dai suoi sguardi, 26poiché, se la prostituta cerca il pane, la donna sposata ambisce una vita preziosa. 27Si può portare il fuoco sul petto senza bruciarsi i vestiti, 28o camminare sulle braci senza scottarsi i piedi? 29Così chi si accosta alla donna altrui: chi la tocca non resterà impunito. 30Non si disapprova un ladro, se ruba per soddisfare l'appetito quando ha fame; 31eppure, se è preso, dovrà restituire sette volte e consegnare tutti i beni della sua casa. 32Chi commette adulterio è un insensato, agendo in tal modo rovina se stesso. 33Incontrerà percosse e disonore, la sua vergogna non sarà cancellata, 34poiché la gelosia accende l'ira del marito, che non avrà pietà nel giorno della vendetta. 35Egli non accetterà compenso alcuno, rifiuterà ogni dono, anche se grande. _________________ Note

6,1-5 Farsi garante di un altro è atto molto impegnativo, che il maestro sconsiglia con fermezza. Al garante, infatti, spettava l’onere di pagare per il debitore insolvente (vedi 20,16). Se hai dato la tua mano: la stretta di mano ratificava l’impegno di chi si faceva garante.

6,16-19 Nel proverbio numerico la progressione, oltre allo schema dei numeri sei/sette, è resa anche con i numeri tre/quattro (vedi Am 1,3-15; 2,1-7).

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Approfondimenti

Pr 6,1-35. Il materiale raccolto in questo capitolo si presenta disomogeneo: a una prima parte che riunisce quattro brevi istruzioni, senza un apparente collegamento tra loro (vv. 1-19), succede una istruzione più ampia, che riprende il tema delle relazioni tra il discepolo e le donne, ammonendolo contro gli adescamenti dell'adultera (vv. 20-35).

vv. 1-5. Farsi garante di un altro – un costume o una prassi di cui non conosciamo la regolamentazione nell'Israele antico – è visto dal maestro come un atto decisamente negativo: esso è un legame (v. 2: forse un giuramento) che va eliminato, perché mina la libertà della persona (si veda un'accentuazione diversa in Sir 29,14-20). L'accenno al sonno e il paragone con il mondo animale possono forse spiegare l'accostamento di questa istruzione con quella successiva.

vv. 6-11. Il tema della pigrizia è ripreso sovente nel libro (cfr. Prv 10,4-5.26; 12,24.27; 13,4; 15,19; ecc.).

vv. 12-15. Il depravato è descritto anzitutto esteriormente (v. 12-13): un atteggiamento ambiguo e sfuggente, riflesso di un'interiorità malvagia (v. 14) che attira su di sé la propria rovina (v. 15).

vv. 16-19. Si incontra qui per la prima volta il “proverbio numerico”, cioè a gradazione (del tipo n + 1), un genere attestato già a Ugarit e ben rappresentato nell'AT (cfr. Am 1-2; Qo 11,2; Sir 25-26 e Prv 30). In senso generale, il detto numerico rappresenta una cornice formale che consente di raggruppare temi diversi in modo che costituiscano un insieme coordinato. Non è sempre chiaro – e ciò vale anche nel nostro caso – quale significato si debba attribuire ai singoli membri della numerazione, cioè se vadano considerati singolarmente o come unità, anche se sovente vi è una progressione tra i membri; ma questo non è il caso dei vv. 16-19.

vv. 20-35. L'istruzione si divide nel modo seguente: vv. 20-24: introduzione costituita da invito all'ascolto (vv. 20-21) e motivazione (vv. 22-24); vv. 25-35: ammonizioni a non legarsi alla donna di un altro, introdotte da una proibizione seguita dalla motivazione (vv. 25-26); la motivazione è ulteriormente sviluppata con due domande retoriche (vv. 27-28), seguite dalla punizione riservata all'adultero (v. 29); segue un'altra motivazione (vv. 30-31) e un'ulteriore esplicitazione della punizione stessa (v. 32-35). Il pericolo da cui il discepolo è ora messo in guardia è la donna altrui, cioè la donna infedele al marito, qui accostata alla «straniera». Ancora una volta un comportamento antisociale che mette a repentaglio la vita stessa del colpevole. Essenziali all'argomentazione retorica sono i paragoni, che il maestro applica successivamente. L'adultera è assai più pericolosa della prostituta: non si accontenta di una ricompensa, ma vuole la vita stessa. Se la relazione con la prostituta è fondata su una transazione di tipo economico, quella con l'adultera scatena il fuoco della passione: non più l'acqua fresca del proprio pozzo (cfr. Prv 5,15-20), ma l'irrefrenabile gioco dei sensi (vv. 27-28), che scatena un'altra passione infuocata, quella del marito che esige vendetta (vv. 34-35). Neppure colui che ruba per necessità trova l'approvazione, al punto che deve scontare la pena, quanto più colui che si lascia scioccamente guidare dai suoi istinti; ma se il ladro può riscattare la sua colpa con la restituzione, all'adultero non resta scampo alcuno: infamia (v. 33) e morte (v. 32) attira su di sé.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Ammonimenti contro l’adulterio 1Figlio mio, fa' attenzione alla mia sapienza e porgi l'orecchio alla mia intelligenza, 2perché tu possa conservare le mie riflessioni e le tue labbra custodiscano la scienza. 3Veramente le labbra di una straniera stillano miele, e più viscida dell'olio è la sua bocca; 4ma alla fine ella è amara come assenzio, pungente come spada a doppio taglio. 5I suoi piedi scendono verso la morte, i suoi passi conducono al regno dei morti, 6perché ella non bada alla via della vita, i suoi sentieri si smarriscono e non se ne rende conto. 7Ora, figli, ascoltatemi e non allontanatevi dalle parole della mia bocca. 8Tieni lontano da lei il tuo cammino e non avvicinarti alla porta della sua casa, 9per non mettere in balìa di altri il tuo onore e i tuoi anni alla mercé di un uomo crudele, 10perché non si sazino dei tuoi beni gli estranei, e le tue fatiche non finiscano in casa di uno sconosciuto 11e tu non debba gemere alla fine, quando deperiranno il tuo corpo e la tua carne, 12e tu debba dire: “Perché mai ho odiato l'istruzione e il mio cuore ha disprezzato la correzione? 13Non ho ascoltato la voce dei miei maestri, non ho prestato orecchio a chi m'istruiva. 14Per poco non mi sono trovato nel colmo dei mali in mezzo alla folla e all'assemblea”.

Trova gioia nella donna della tua giovinezza 15Bevi l'acqua della tua cisterna e quella che zampilla dal tuo pozzo, 16perché non si effondano al di fuori le tue sorgenti e nelle piazze i tuoi ruscelli, 17ed essi siano per te solo e non per degli estranei che sono con te. 18Sia benedetta la tua sorgente, e tu trova gioia nella donna della tua giovinezza: 19cerva amabile, gazzella graziosa, i suoi seni ti inebrino sempre, sii sempre invaghito del suo amore! 20Perché, figlio mio, perderti per la straniera e stringerti al petto di una sconosciuta? 21Poiché sono davanti agli occhi del Signore le vie dell'uomo, egli bada a tutti i suoi sentieri. 22L'empio è preda delle sue iniquità, è tenuto stretto dalle funi del suo peccato. 23Egli morirà per mancanza d'istruzione, si perderà per la sua grande stoltezza.

_________________ Note

5,4 La pianta dell’assenzio era simbolo dell’amarezza. Nella Bibbia è spesso immagine di infelicità, maledizione, dolore.

5,15 Bevi l’acqua della tua cisterna: nelle cisterne veniva raccolta l’acqua piovana; cisterna e pozzo, qui sono immagine della moglie legittima.

5,19 cerva e gazzella: animali ammirati per la loro agilità e per la grazia delle loro forme (vedi 6,5; Gen 49,21; Ct 2,9.17; 8,14).

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Approfondimenti

Pr 5,1-23. Il capitolo forma nel suo insieme un'unica istruzione, che si struttura come segue: vv. 1-2: invito all'ascolto con motivazione; vv. 3-6: si presenta l'argomento dell'istruzione: la straniera; vv. 7-14.15-23: due sezioni che riprendono l'argomento dapprima in forma negativa (evitare la straniera) e poi in forma positiva (l'antidoto alle malie della straniera è la fedeltà alla donna della giovinezza).

vv. 3-6. La presentazione della «straniera» è giocata su due successivi contrasti: dolce/amaro (vv. 3-4), morte/vita (vv. 5-6). Il suo parlare seducente (v. 3) introduce in un cammino (ancora la metafora della strada) dall'esito funesto (v. 5).

vv. 7-14. Si può osservare in atto, soprattutto nei vv. 7-11, lo schema della retribuzione già incontrato nel c. 1 (cfr. commento a 1,8-19): il giovane che ha voluto seguire il cammino proposto dalla «straniera» (sia che si tratti di piaceri o addirittura di culti idolatri), vedrà i suoi beni e il suo vigore in mano agli «stranieri». La sequela della straniera non porta a una nuova acquisizione, ma a una spoliazione.

vv. 15-20. L'unico passo in Pr in cui si tratta positivamente ed esplicitamente dell'amore per la propria moglie. S'inizia con una metafora (vv. 15-18a: per il paragone tra la donna e la fonte/pozzo, cfr. Ct 4,12.15) per poi illustrarne il significato (vv. 18b-20). Il v. 20 e le ammonizioni precedenti contro la «straniera» mostrano che questo quadretto, che loda la fedeltà alla propria sposa (esprimendo forse anche l'ideale del matrimonio monogamico, cfr. Ml 2,14-16), non è soltanto un'esaltazione delle gioie della relazione sponsale, ma un vero e proprio antidoto alle seduzioni della «straniera» (come Pr 31,10-31), dato che, alla luce del vocabolario sponsale applicato alla sapienza in Pr 4,6-9, la «donna della giovinezza» può benissimo evocare gli insegnamenti che il giovane ha appreso in gioventù dalla bocca dei maestri, i quali potranno guidarlo e proteggerlo per tutta la vita.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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La sapienza si trasmette di padre in figlio 1Ascoltate, o figli, l'istruzione di un padre e fate attenzione a sviluppare l'intelligenza, 2poiché io vi do una buona dottrina; non abbandonate il mio insegnamento. 3Anch'io sono stato un figlio per mio padre, tenero e caro agli occhi di mia madre. 4Egli mi istruiva e mi diceva: “Il tuo cuore ritenga le mie parole; custodisci i miei precetti e vivrai. 5Acquista la sapienza, acquista l'intelligenza; non dimenticare le parole della mia bocca e non allontanartene mai. 6Non abbandonarla ed essa ti custodirà, amala e veglierà su di te. 7Principio della sapienza: acquista la sapienza; a costo di tutto ciò che possiedi, acquista l'intelligenza. 8Stimala ed essa ti esalterà, sarà la tua gloria, se l'abbraccerai. 9Una corona graziosa porrà sul tuo capo, un diadema splendido ti elargirà”.

La via dei giusti e la via degli empi 10Ascolta, figlio mio, e accogli le mie parole e si moltiplicheranno gli anni della tua vita. 11Ti indico la via della sapienza, ti guido per i sentieri della rettitudine. 12Quando camminerai non saranno intralciati i tuoi passi, e se correrai, non inciamperai. 13Attieniti alla disciplina, non lasciarla, custodiscila, perché essa è la tua vita. 14Non entrare nella strada degli empi e non procedere per la via dei malvagi. 15Evita quella strada, non passarvi, sta' lontano e passa oltre. 16Essi non dormono, se non fanno del male, non si lasciano prendere dal sonno; se non fanno cadere qualcuno; 17mangiano il pane dell'empietà e bevono il vino della violenza. 18La strada dei giusti è come la luce dell'alba, che aumenta lo splendore fino al meriggio. 19La via degli empi è come l'oscurità: non sanno dove saranno spinti a cadere.

Custodire il proprio cuore 20Figlio mio, fa' attenzione alle mie parole, porgi l'orecchio ai miei detti; 21non perderli di vista, custodiscili dentro il tuo cuore, 22perché essi sono vita per chi li trova e guarigione per tutto il suo corpo. 23Più di ogni cosa degna di cura custodisci il tuo cuore, perché da esso sgorga la vita. 24Tieni lontano da te la bocca bugiarda e allontana da te le labbra perverse. 25I tuoi occhi guardino sempre in avanti e le tue pupille mirino diritto davanti a te. 26Bada alla strada dove metti il piede e tutte le tue vie siano sicure. 27Non deviare né a destra né a sinistra, tieni lontano dal male il tuo piede.

_________________ Note

4,17 il pane… il vino: nel linguaggio sapienziale cibi e bevande sono immagini usate spesso per indicare l’insegnamento della sapienza.

4,23 il tuo cuore: nella Bibbia il cuore è considerato la sede dell’intelligenza e della volontà, delle scelte e delle decisioni.

4,26-27 dove metti il piede: metafora per indicare il momento in cui uno decide di compiere qualche azione. Non deviare né a destra né a sinistra: immagine che designa la rettitudine dell’uomo nel suo agire.

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Approfondimenti

Pr 4,1-27. Le divisioni sono evidenziate dai tre inviti all'ascolto rivolti dal maestro al discepolo (vv. 1.10.20), cui corrisponde anche una distinzione tematica tra le singole parti. All'inizio, il maestro di sapienza si colloca nella scia della tradizione: anch'egli ha ricevuto un insegnamento e perciò rappresenta uno degli anelli di una catena di tradenti (vv. 1-9). Riprendendo il motivo della strada, si presentano antiteticamente i due cammini (quello della sapienza e quello dei malvagi), illustrandone le differenti caratteristiche e l'esito opposto (vv. 10-19). Infine (vv. 20-27) il maestro invita il discepolo a concentrarsi sulla propria interiorità (v. 23), perché se essa è ben formata i suoi discorsi e il suo occhio, cioè la relazione con l'esterno, saranno determinati da prudenza e assennatezza (vv. 24-25).

vv. 6-9. Si può notare il vocabolario sponsale: «acquistare», «amare», «abbracciare» e pure «abbandonare». Lo stesso si può dire per la corona (v. 9) che era probabilmente un ornamento degli sposi durante il matrimonio (cfr. Ct 3,11; Is 61,10). Il simbolismo sponsale applicato alla sapienza sarà sviluppato soprattutto nei libri del Siracide e della Sapienza.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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I benefici della sapienza 1 Figlio mio, non dimenticare il mio insegnamento e il tuo cuore custodisca i miei precetti, 2perché lunghi giorni e anni di vita e tanta pace ti apporteranno. 3Bontà e fedeltà non ti abbandonino: légale attorno al tuo collo, scrivile sulla tavola del tuo cuore, 4e otterrai favore e buon successo agli occhi di Dio e degli uomini. 5Confida nel Signore con tutto il tuo cuore e non affidarti alla tua intelligenza; 6riconoscilo in tutti i tuoi passi ed egli appianerà i tuoi sentieri. 7Non crederti saggio ai tuoi occhi, temi il Signore e sta' lontano dal male: 8sarà tutta salute per il tuo corpo e refrigerio per le tue ossa. 9Onora il Signore con i tuoi averi e con le primizie di tutti i tuoi raccolti; 10i tuoi granai si riempiranno oltre misura e i tuoi tini traboccheranno di mosto. 11Figlio mio, non disprezzare l'istruzione del Signore e non aver a noia la sua correzione, 12perché il Signore corregge chi ama, come un padre il figlio prediletto.

La sapienza è albero di vita 13Beato l'uomo che ha trovato la sapienza, l'uomo che ottiene il discernimento: 14è una rendita che vale più dell'argento e un provento superiore a quello dell'oro. 15La sapienza è più preziosa di ogni perla e quanto puoi desiderare non l'eguaglia. 16Lunghi giorni sono nella sua destra e nella sua sinistra ricchezza e onore; 17le sue vie sono vie deliziose e tutti i suoi sentieri conducono al benessere. 18È un albero di vita per chi l'afferra, e chi ad essa si stringe è beato. 19Il Signore ha fondato la terra con sapienza, ha consolidato i cieli con intelligenza; 20con la sua scienza si aprirono gli abissi e le nubi stillano rugiada.

Il Signore protegge il giusto 21Figlio mio, custodisci il consiglio e la riflessione né mai si allontanino dai tuoi occhi: 22saranno vita per te e ornamento per il tuo collo. 23Allora camminerai sicuro per la tua strada e il tuo piede non inciamperà. 24Quando ti coricherai, non avrai paura; ti coricherai e il tuo sonno sarà dolce. 25Non temerai per uno spavento improvviso, né per la rovina degli empi quando essa verrà, 26perché il Signore sarà la tua sicurezza e preserverà il tuo piede dal laccio.

Doveri verso il prossimo 27Non negare un bene a chi ne ha il diritto, se hai la possibilità di farlo. 28Non dire al tuo prossimo: “Va', ripassa, te lo darò domani”, se tu possiedi ciò che ti chiede. 29Non tramare il male contro il tuo prossimo, mentre egli dimora fiducioso presso di te. 30Non litigare senza motivo con nessuno, se non ti ha fatto nulla di male. 31Non invidiare l'uomo violento e non irritarti per tutti i suoi successi, 32perché il Signore ha in orrore il perverso, mentre la sua amicizia è per i giusti. 33La maledizione del Signore è sulla casa del malvagio, mentre egli benedice la dimora dei giusti. 34Dei beffardi egli si fa beffe e agli umili concede la sua benevolenza. 35I saggi erediteranno onore, gli stolti invece riceveranno disprezzo.

_________________ Note

3,8 Le ossa senza refrigerio, cioè inaridite, sono immagine di sofferenza e di grande dolore.

3,9 con le primizie: l’offerta delle primizie era prescritta dalla legge. Esse erano destinate al mantenimento dei ministri del culto e al sostentamento delle categorie più bisognose (forestieri, orfani, vedove: Nm 18,12-13; Dt 26,1-15)

3,18 albero di vita: l’allusione a Gen 2,9 e 3,22.24 è chiara; ma qui non si tratta dell’immortalità, quanto piuttosto di una condizione di felicità, propria dell’uomo che possiede la sapienza.

3,23-24 camminerai... ti coricherai: i due verbi “camminare” e “riposarsi”, qui, come altrove nella Bibbia, abbracciano tutte le attività dell’uomo (ad es. Dt 6,7; Sal 139,2-3).

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Approfondimenti

Pr 3,1-35. Per la divisione interna del capitolo sono state avanzate diverse proposte. Osserviamo anzitutto alcuni aspetti formali, integrandoli con quelli di contenuto. L'aspetto più rilevante dal punto di vista formale è la differenza tra i vv. 13-20 e il resto del capitolo: nei vv. 1-12 e 21-35 troviamo costantemente verbi alla forma imperativa o iussiva, fuorché nelle frasi causali (di motivazione, vv. 2.4.8.10.12.22-24.26.32), mentre il tono dei vv. 13-20 è più descrittivo e apparenta questi versetti all'inno. Si possono perciò confrontare i vv. 1-12 e 21-35 con le precedenti istruzioni, mentre il brano racchiuso nei vv. 13-20 sembra costituire una pausa riflessiva, quasi una motivazione ampliata in forma di encomio della sapienza. Nelle tre parti è presente il riferimento a JHWH: mentre però nelle due istruzioni JHWH è presentato in definitiva come il garante della riuscita del saggio (e perciò la riflessione riguarda la relazione saggio/JHWH), nei vv. 13-20 si sottolinea invece la relazione sapienza/JHWH, risalendo addirittura all'opera creatrice divina. Va rilevata infine la stretta affinità formale e contenutistica dei vv. 27-32: precetti in forma negativa riguardanti le relazioni con il prossimo, seguiti da una motivazione (v. 32). I vv. 32-34 rappresentano una conclusione che ancora una volta espone l'antitesi tra la sorte del malvagio e quella del saggio. Dividiamo perciò il capitolo nel modo seguente: vv. 1-12; 13-20; 21-26; 27-35.

vv. 1-12. Un'istruzione in cui il maestro sottolinea dapprima l'importanza di aderire all'insegnamento sapienziale (vv. 1-4), intervallando imperativi a motivazioni espresse in forma di promessa; si passa quindi, pur mantenendo la stessa forma (imperativo-motivazione/promessa), a sottolineare il rapporto personale che il discepolo deve mantenere con JHWH (attingendo anche a espressioni religiose tipiche della pietà dell'AT, cfr. v. 9). Ai vv. 11-12, la versione non è convincente, perché nonostante i diversi accenni nel libro alla correzione paterna (cfr. Prv 13,24; 19,18; 22,13; 29,17), il collegamento tra questa e quella divina non ha corrispondenze, quindi il v. 12b si potrebbe tradurre meglio così: «punisce il figlio prediletto».

vv. 13-20. A un macarismo iniziale, che non è un augurio, ma un'assicurazione (la certezza che, attraverso la sapienza, si riesce nella vita), segue una descrizione innica delle prerogative della sapienza, il cui valore è superiore ai monili (vv. 14-15), da cui la persona attinge vita e benessere (šālôm; vv. 16-18) e che integra positivamente l'uomo nella realtà creata, collegandolo al principio che da sempre determina il retto funzionamento del cosmo (vv. 19-20). Il testo non permette di vedere in questa descrizione della sapienza una personificazione simile a quella già incontrata in 1,20-33 e che riapparirà in Prv 8; 9,1-6, tuttavia è degno di nota il fatto che anche in questo caso la sapienza stessa diventa tema della riflessione e non soltanto prerequisito per la stessa.

v. 18. «albero di vita» (cfr. Gn 2,9): la sapienza è assimilata all'albero della vita, cioè significa lunga vita per chi la possiede. Il tema dell'albero della vita è ripreso altrove nel libro: esso è ciò che il giusto produce, e si trasforma nella sua ricompensa (cfr. 11,30-31); come simbolo generale di vita e di gioia, esso può assimilarsi anche a un desiderio soddisfatto (13,12) o a una lingua dolce (15,4).

vv. 19-20. «con la sapienza» (cfr. Sal 104,24): si passa dalla descrizione della strutturazione degli elementi fondamentali del cosmo (v. 19: terra/cielo) alle conseguenze derivanti da essa (v. 20) soprattutto per la vita sulla terra (sia dall'abisso che dalle nubi giunge l'acqua sulla terra). La sapienza non è tanto uno strumento di cui Dio si serve, ma una qualificazione dell'agire divino: l'azione creatrice di Dio è definita sapiente perché risulta in una moltitudine infinitamente varia di creature e fissa le leggi in vista del funzionamento armonioso dei fenomeni naturali. Pur non potendosi assimilare questo testo a Prv 8,22-31, esso rappresenta di fatto, dal punto di vista dell'orientamento, una contemplazione della presenza della sapienza durante la creazione del mondo, il cui scopo è aiutare a riconoscere nel mondo un ordine, mostrando inoltre che il discepolo della sapienza è anche colui che accede a una dimensione che rende il mondo l'opera «ben fatta» di Dio.

vv. 21-26. In questi versetti si riprende anzitutto l'ammonizione con cui è iniziato il capitolo (vv. 21-22), esplicitando come l'acquisto della sapienza consenta di realizzare un'esistenza serena: sia lungo la strada (v. 23), sia nel sonno (v. 24) sia in caso di pericolo improvviso (v. 25) il saggio può star tranquillo. Di fronte alle realtà imponderabili dell'esistenza JHWH protegge chi fa della sapienza la sua norma di condotta.

vv. 27-35. Significativi sono i riferimenti alla condotta verso il prossimo: la sapienza aiuta anche a individuare le rette relazioni tra le persone che consentono a tutta la società di edificarsi armoniosamente.

(cf. FLAVIO DALLA VECCHIA, Proverbi di Salomone – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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