📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

X – Le difficoltà e le gioie dei catechista

14. A questo punto forse desideri una conversazione tipo, per sapere come mettere in pratica i consigli che ti ho dato. Lo farò più avanti, se Dio mi aiuterà; ma prima, come ho promesso, ti dirò in che modo si arriva a far catechesi con gioia. Penso di aver sufficientemente mantenuto la promessa parlandoti di come si sviluppa il discorso con chi viene a chiedere di farsi cristiano. Non mi sento invece obbligato a sviluppare per te in questo libro il discorso che ti insegno a fare per gli altri. Se lo farò, sarà di sovrappiù: ma come posso darti qualcosa di sovrappiù, se prima non avrò compiuto tutto quello che sono obbligato a fare?

So che ti lamenti soprattutto per il motivo che il tuo parlare ti pare maldestro e banale. Ma io so che questo succede non perché ti manchi la conoscenza dei contenuti della fede e la ricchezza di parola, ma perché sei interiormente disgustato:

  • o perché, come ho detto, non riesci a sopportare di non sapere dire le cose così bene come le intuiamo nel silenzio della mente; * o perché, anche se sappiamo parlar bene, troviamo maggior gusto a sentire o leggere le stesse cose, dette meglio e senza nostra preoccupazione da altri, che a improvvisare discorsi per farci capire, incerti se ci esprimiamo correttamente o se saranno utili a chi ascolta;
  • o perché ciò che si insegna alle persone prive di cultura per noi è scontato e non ci serve più, e diventa noioso ripetere all’infinito certe puerilità che la nostra intelligenza di adulti nella fede non gusta più.

A volte dà fastidio anche l’ascoltatore : o perché è indolente, o perché non dà segno di capire o gustare quanto vai esponendo: e ciò non perché uno debba parlare per esser lodato, ma perché quel che diciamo viene da Dio: e quanto più vogliamo il bene delle persone alle quali parliamo, tanto più desideriamo che piaccia loro quel che diciamo per la loro salvezza; e se questo non avviene ci rattristiamo, e ci scoraggiamo, come se lavorassimo inutilmente.

A volte siamo costretti a catechizzare una persona per le raccomandazioni di qualcuno cui non vogliamo recare dispiacere o per le insistenze di qualche altro, e perciò dobbiamo lasciar da parte una cosa che desideravamo fare o che ci piacerebbe di più. Così siamo già disturbati all’inizio di un compito che esigerebbe molta tranquillità. Ci dispiace di non poter tenere nelle nostre occupazioni l’ordine che vorremmo noi e di non riuscire a far tutto: e così il discorso è meno felice, perché la tristezza lo impoverisce.

A volte il disturbo viene da qualche scandalo. Ne stai soffrendo e uno ti dice: «Vieni e parla a questo tale che vuol farsi cristiano». Chi dice così, non sa cosa ti succeda dentro. E se non puoi spiegargli quel che soffri, rispondi di sì, di malavoglia. Così il discorso, nascendo da un cuore arido e sconvolto, non potrà che essere fiacco e acido.

Quale che sia, tra tutte queste, la causa che impedisce di essere sereni, cercheremo davanti a Dio il rimedio per superare la difficoltà e cominciare serenamente l’opera, con entusiasmo e gioia: perché «Dio ama chi dà con gioia» (2Cor 9,7). __________________________

«DE CATECHIZANDIS RUDIBUS» LETTERA AI CATECHISTI di Sant'Agostino di Ippona con introduzione e note a cura di GIOVANNI GIUSTI Ed. EDB – © 1981 Centro Editoriale Dehoniano Bologna https://www.canoniciregolari-ic.com/s-agostino-catechesi/


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IX – Catechesi per i retori

13. Alcuni provengono anche dalle scuole assai frequentate di grammatica e di retorica. A parte il fatto che costoro si presentano come i più bravi di tutti a parlare, non si saprebbe se collocarli tra gli sprovveduti o tra le persone continuamente allenate ad affrontare i grandi problemi dell’esistenza.(9) Di conseguenza, quando vengono a chiedere di farsi cristiani, dobbiamo raccomandare a loro, ancor più che agli illetterati, di rivestirsi dell’umiltà cristiana, perché imparino ad apprezzare di più chi evita gli errori di comportamento che gli errori di grammatica, e a preferire il cuore buono alla lingua sciolta, come forse facevano prima.

Specialmente dobbiamo insegnar loro in quale atteggiamento devono porsi di fronte alla Scrittura, perché il suo linguaggio, che non è ricercato, non venga disprezzato, e perché non la interpretino nel significato letterale, ma si dispongano a scoprire la verità che in quei libri è contenuta e velata in parole e fatti che sembrano solo umani. Guidandoli per mano a scoprire il significato allegorico di certe pagine che incontrano, e che a prima vista sembrano vuote, daremo loro il gusto della ricerca e faremo amare questo prezioso segreto che Dio ha posto nei libri santi, e che mette a contatto col mistero: e allora tutto il fastidio scomparirà.

Sarà utilissimo ricordare loro che le idee sono più importanti delle parole, come lo spirito del corpo. E finiranno col preferire i discorsi giusti ai discorsi eleganti, come devono preferire di avere amici saggi che amici belli.

Sappiano anche che la sola voce che arriva fino a Dio sono i sentimenti del cuore; e così impareranno a non prendere in giro vescovi e presbiteri che a volte invocano Dio con barbarismi e solecismi, o non capiscono bene le parole che pronunciano, o tagliano le frasi senza ordine. Non che questi errori non si debbano correggere, perché il popolo possa dire «amen» a ciò che ha capito; ma devono essere tollerati da chi capisce che, se in piazza o in tribunale i discorsi piacciono per la bella voce, nella chiesa piacciono per la bontà dell’intenzione. Il linguaggio forense può anche essere chiamato una buona dizione, ma non perciò una benedizione.

Quanto al battesimo che stanno per ricevere, ai più preparati basta che conoscano il significato del rito; mentre con i meno preparati è necessario soffermarsi più a lungo e servirsi di analogie perché non trattino alla leggera ciò che vedono.

__________________________ Note

(9) Agostino sembra avere il dente avvelenato nei confronti di grammatici e rètori: che è poi la sua professione precedente all'incontro con Cristo. Ciò che Agostino tuttavia vuol dire è importante anche ora: c'è molta gente che s'appassiona ai problemi umani, ma più per esercitarsi nelle chiacchiere che per giungere a delle scelte di vita concrete. In questi casi l'occuparsi di problemi diventa fonte di alienazione invece che arricchimento spirituale. Anche gli scribi e i farisei sapevano parlare a lungo della Legge: ma più per trovare vie di evasione dalle sue esigenze che per praticarla.

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VIII – La catechesi con gli uomini colti

12. Non dobbiamo poi dimenticare di mettere in rilievo qualche caso particolare. Se viene a farsi istruire sul cristianesimo un uomo di cultura, che abbia ormai deciso di farsi cristiano, molto probabilmente conosce già buona parte della Scrittura e viene solo per essere ammesso ai sacramenti.

Di solito le persone colte cominciano a informarsi bene, non al momento in cui decidono di farsi cristiani, ma molto tempo prima, e se trovano uno disposto gli comunicano i propri sentimenti e li discutono. Con costoro bisogna essere sintetici, non annoiarli ripetendo le cose che sanno, ma puntualizzare con discrezione l’essenziale: diremo che siamo certi che questa cosa e quest’altra la sanno già, e così ripasseremo alla svelta tutte le cose che bisogna insegnare agli ignoranti; così, se queste cose le sanno, non avranno l’impressione che vogliamo far loro da maestri; se invece qualcuna non la sanno, mentre la ricordiamo, la vengono a sapere anche loro.

È utile chieder anche a loro che cosa li abbia spinti a farsi cristiani. Se uno è stato persuaso dai libri, da quelli della Scrittura o da qualche utile trattato, si comincerà il discorso parlando di questi, lodandoli a seconda dell’autorità che godono tra i libri canonici, o dell’autorità scientifica dell’autore. Nella Scrittura farai risaltare l’altissima semplicità, e negli altri, di volta in volta, la solennità dello stile adatto agli spiriti più esigenti, e perciò deboli, e la tornitura e finitezza del fraseggio.

Ci faremo anche dire quali libri abbia letto di più, da quale maggiormente sia stato convinto a entrare nella chiesa. Se quei libri ci sono noti, o nella chiesa sono conosciuti come libri scritti da persone di vero valore, apprezziamoli con gioia. Se invece sono di qualche eretico e il nostro interlocutore li ha letti convinto che parlassero secondo la dottrina cattolica, bisognerà istruirlo con cura, portando l’autorità della chiesa universale e di uomini competenti, e i testi di dispute e scritti che difendono la verità.

A volte anche coloro che ci hanno preceduto nella fede cattolica e hanno lasciato qualche scritto, o per non essersi spiegati bene o perché, per i limiti umani anche loro non hanno ben capito la verità e si son fatti ingannare da certe analogie, forniscono l’occasione a gente presuntuosa e senza scrupoli per imbastire qualche eresia. La cosa non desta meraviglia, se è anche vero che molti non solo hanno capito male gli stessi libri canonici (una cosa perfettamente scusabile se c’è rettitudine di cuore), ma ne hanno preso lo spunto per imbastire teorie dannose, e difenderle con forte ostinazione, con pervicacia e temerarietà, e così compromettere l’unità della chiesa. Questi argomenti devono essere affrontati con rispetto e franchezza con colui che viene alla chiesa non come uno sprovveduto, ma possiede già una cultura acquisita dai libri; e l’autorità che si usa per liberarlo dall’errore deve essere proporzionata all’umiltà che l’ha guidato alla fede.

Gli altri argomenti, che dovranno essere affrontati e discussi, secondo le regole della sana dottrina, sia riguardo alla fede, sia riguardo alla morale, sia riguardo alle tentazioni, tutti devono essere visti nella prospettiva della via sovreminente della carità.

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VII – Le grandi verità della fede

11. Terminata l’esposizione storica, si enuncia la speranza della risurrezione, e, secondo le capacità e il tempo disponibile, si confutano le sciocchezze di chi non crede nella risurrezione del corpo e nel giudizio finale, che sarà misericordioso per i buoni, severo per i cattivi, ma giusto per tutti.

Si parlerà con detestazione e orrore del castigo dei malvagi, e si annuncerà la vittoria dei buoni e fedeli, e la felicità della città celeste che ci attende e ravviva i nostri desideri.

Poi è necessario che si metta in guardia e si incoraggi il candidato contro il pericolo degli scandali, sia nella chiesa che fuori: nei confronti dei pagani, dei giudei e degli eretici che sono fuori; dentro, nei confronti della paglia secca dell’aia del Signore. (8)

Non si disputerà contro i singoli errori o le singole opinioni devianti; ma brevemente si metterà in evidenza che ciò era stato già predetto; e inoltre quanto siano utili le tentazioni per far maturare la fede dei credenti, e quanto sia di conforto il sapere che Dio ha deciso di essere paziente sino alla fine.

Mentre si mette in guardia il postulante contro quei falsi cristiani che purtroppo riempiono le chiese, si dovranno anche brevemente e con tatto suggerire alcune norme di comportamento cristiano, perché non si lasci adescare da avari, ubriaconi, frodatori, giocatori d’azzardo, adulteri, fornicatori, amanti degli spettacoli, maghi, spiritisti e astrologi di ogni genere. E non pensi, perché vede molti cristiani amare, fare, difendere e propagandare queste cose, di poterli imitare impunemente. Gli si farà capire, sulla scorta dei libri santi, come questa gente vada a finire, e fino a qual punto debbano essere tollerati nella chiesa, dalla quale alla fine dovranno essere separati.

Bisogna rassicurarlo che nella chiesa troverà anche molti buoni cristiani, autentici cittadini della città celeste, se comincerà a esserlo lui stesso.

Per concludere occorre raccomandargli caldamente di non porre la sua speranza nell’uomo: anzitutto perché non è facile giudicare chi sia onesto e chi non lo è; ma, se anche lo fosse, gli esempi dei buoni non ci vengono presentati perché ne siamo giustificati noi, ma perché sappiamo che imitandoli veniamo giustificati da colui che giustifica anche loro.

Allora succederà, ed è la cosa più importante, che colui che ci ascolta — o meglio ascolta Dio nella nostra parola — comincerà a progredire nella condotta e nella dottrina, e affronterà con entusiasmo la via di Cristo, e non attribuirà né a noi né a se stesso questo progresso, ma amerà se stesso, e noi, e gli altri amici che ha, nel Signore e per il Signore, il quale ha amato lui quand’era nemico, per farselo amico.

Qui non penso che tu abbia bisogno di maestri per sapere che, se hai poco tempo tu o ne ha poco chi ti ascolta, il discorso deve essere breve; se invece il tempo c’è, si può parlare con più calma. Sarà la situazione a suggerirti ciò che devi fare.

__________________________ Note

(8) Si riferisce a Mt 3,12 e Lc 3,17, dove Giovanni il Battista parla del Messia, a cui Dio ha affidato il compito di giudicare, cioè di separare i cattivi dai buoni, la paglia dal frumento. Ad Agostino è particolarmente cara questa espressione. Oltre che qui, la troviamo più avanti al n. 26, al n. 48 e al n. 54, e nell’opera «De doctrina Christiana», libro III, n. 55.

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VI – L’itinerario della fede a partire dalle attese dell’uomo

10. Se per caso dicesse di essere stato spinto a farsi cristiano per una qualche ispirazione di Dio o per qualche fatto che lo ha impressionato, ci fornirebbe uno spunto felicissimo per cominciare a mettere in evidenza quanto sia vero che Dio ha cura di noi.

Dovremo però poi orientare la sua attenzione da questo genere di miracoli o di sogni verso la strada e le parole più sicure della Scrittura, perché sappia con quanta misericordia Dio l’abbia trattato prima ancora che aderisse alle Scritture stesse. E gli farai vedere che il Signore non lo inciterebbe o spingerebbe a farsi cristiano e a entrare nella chiesa — non lo istruirebbe cioè con questi segni e ispirazioni — se non gli avesse preparato un cammino più stabile e sicuro nelle sacre scritture, dove non dovrà cercare i miracoli visibili, ma troverà la speranza dei beni invisibili, e Dio gli parlerà da sveglio, non nel sonno.

Già abbiamo detto che il discorso catechistico dovrà iniziare da dove si dice che Dio fece tutte le cose molto buone (Gn 1) e giungere al tempo presente della chiesa (7): in modo da spiegare il senso di tutti i fatti e gli avvenimenti, e da riferire tutto al fine dell’amore, da cui non si deve mai staccare l’attenzione di chi parla e di chi opera.

Se è vero che anche gli insegnanti ritenuti validi cercano ricavare insegnamenti utili anche dalle fiabe che i poeti inventano per divertire chi si nutre di sciocchezze, quanto più dobbiamo essere attenti noi, perché non succeda che il racconto che facciamo o non sia affatto compreso, o appaghi solo la ricerca di divertimento o la curiosità?

Nello spiegare questi significati però evitiamo di appesantire con difficili disquisizioni o insistenze esagerate la scorrevolezza del discorso, ma facciamo in modo che la verità contenuta sia come il filo d’oro che tiene legate le perle.

__________________________ Note

(7) Agostino stabilisce un principio, ancora poco presente nelle nostre catechesi: l'azione di Dio si rivela non solo nella vita dell'antico popolo dell'alleanza, ma anche nella vita del popolo nuovo che è la Chiesa. Perciò anche la vita della Chiesa, se vista con fede, diventa luogo della rivelazione di Dio, o meglio, luogo di rivelazione dell'amore di Dio. Nel Direttorio catechistico generale si dice, applicando il concilio Vaticano I, che «la chiesa è il segno principale della fede» (n. 35). Emerge una concezione della storia che Agostino elabora in opere di maggior mole e impegno teologico, qual è in particolare il «De civitate Dei».

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V – Le motivazioni della fede

9. Una catechesi sull’amore si costruisce anche a partire dalla severità di Dio, che scuote gli animi mediante un salutare timore: di modo che gli uomini, godendo di sapersi amati da un Dio di cui avevano timore, sappiano corrispondergli ed evitino di rifiutare il suo amore, anche se potrebbero farlo senza la paura di essere castigati.

Quasi sempre, anzi sempre, chi viene per farsi cristiano si porta una qualche paura di Dio. Se venisse per far piacere a qualcuno da cui spera dei vantaggi, o per rabbonire qualcuno da cui teme dei danni, non diremo che vuole, ma che finge di volersi fare cristiano.

La fede infatti non è fatta di complimenti, ma di atteggiamenti interiori.

Spesso comunque succede che Dio misericordioso opera attraverso il catechista, così che uno si decide, dopo averlo ascoltato, a far seriamente ciò che prima fingeva di fare: e noi diciamo che costui approda alla fede proprio nel momento in cui prende la, decisione nuova. (6)

In fondo, non sappiamo neppure noi quando uno, presente col corpo, lo sia anche con lo spirito; ma dobbiamo agire con lui in modo che questa volontà, se prima non c’era, maturi ora. Se poi c’è già, non ci perdiamo nulla, anzi la irrobustiamo, anche se non ci è dato sapere in quale momento abbia inizio.

È utile però che ci informiamo prima, presso chi lo conosce, sulla sua situazione spirituale e sui motivi che lo spingono a chiedere l’istruzione religiosa. Se poi non trovassimo chi ci informi, dobbiamo interrogare l’interessato, per cominciar il discorso da quanto lui stesso ci dice.

Se fingesse, e cercasse vantaggi umani o volesse sfuggire qualche pericolo, naturalmente mentirà: e allora bisogna iniziare il discorso proprio di là; e non con l’aria di chi vuol confonder uno che è certamente mentitore, ma per riconoscere e lodare la buona intenzione che uno dice di avere, retta o meno che sia, in modo che possa riconoscersi e godere della immagine buona che dà di sé.

Se invece porta motivi che non corrispondono a quelli che dovrebbero avere coloro che chiedono l’iniziazione alla fede cristiana, lo riprenderemo con delicatezza e dolcezza come si fa con chi è rozzo e ignorante, e brevemente, ma con serietà gli presenteremo lo scopo vero dell’insegnamento cristiano. Ma lo farai senza togliere tempo alla successiva conversazione, ed evitando di imporre l’istruzione a un animo che, o per errore o per simulazione, non vi è disposto.

__________________________ Note

(6) Noterai con quanta fede nell'efficacia del ministero catechistico parli Agostino: può succedere che la parola produca effetto positivo anche dove manca la disposizione, e il merito va attribuito al catechista. __________________________

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L’Amore centro delle intenzioni di Dio e della sua azione 8. Se dunque Cristo è venuto soprattutto perché l’uomo sappia quanto è amato da Dio, se questa conoscenza ha lo scopo di suscitare nell’uomo l’amore verso colui che l’ha amato per primo e, per suo ordine e seguendo il suo esempio, verso il prossimo: dal momento che Dio s’è fatto, per amore, prossimo dell’uomo che si era allontanato da lui; se tutto l’antico testamento fu scritto per annunciare la venuta del Signore, e tutto ciò che fu poi scritto e confermato con l’autorità di Dio parla di Gesù, e invita all’amore: è chiaro che non solo tutt’intera la legge e i profeti (la sola Scrittura esistente allora, quando Gesù parlava) sono contenuti in quei due comandamenti dell’amore di Dio e del prossimo, ma anche tutti i libri della Scrittura che in seguito furono scritti e mandati a memoria.

Perciò nell’antico testamento è nascosto il nuovo, e nel nuovo si manifesta l’antico.

Legati ad una visione terrena che non riconosce quella nascosta presenza, sia allora come adesso gli uomini carnali restano sotto la paura del castigo.

Gli uomini spirituali invece, sia quelli che allora erano in atteggiamento di ricerca religiosa, e a cui Dio rivelò i suoi segreti, sia quelli che cercano ora con cuore sincero e umile — perché Dio ai superbi non si rivela — vengono liberati dalla paura per l’amore gratuito di Dio.

E siccome nulla più dell’odio è contrario all’amore e madre dell’odio è la superbia, Cristo Gesù, signore nostro, Dio e uomo, è per noi al tempo stesso segno dell’amore di Dio e modello di umana umiltà: cosicché il nostro orgoglio viene guarito da una proporzionata medicina. Se un uomo superbo è una grande miseria, un Dio umile è una più grande misericordia.

Proponiti dunque questo amore, e orienta lì tutto il discorso; e quanto insegni, insegnalo in modo che chi ascolta creda, e credendo abbia speranza, e sperando ami. __________________________

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IV – La legge dell’amore

7. Il principale motivo della venuta del Signore è quello di rivelare l’amore di Dio per noi e di inculcarcelo profondamente. Quando noi eravamo ancora nemici, Cristo è morto per noi (Rm 5,6-9). Perciò lo scopo della legge e la sua piena realizzazione è la carità (1Tm 1,5; Rm 13,10): noi dobbiamo amarci, «e come egli ha dato la vita per noi, così noi dobbiamo darla per i fratelli» (1Gv 3,16); e, se prima ci era difficile amare Dio, almeno dovrebbe riuscirci facile ora ricambiare l’amore di Dio, che ci ha amati per primo (Rm 4,10) e non ha risparmiato il suo Figlio, ma lo ha dato per noi tutti (Rm 8,32).

Non c’è modo migliore per farsi amare che il prendere l’iniziativa di amare. Se il cuore di chi non è capace di prendere l’iniziativa di amare è freddo, addirittura di ghiaccio è l’animo di chi non vuole rispondere all’amore.

Anche nelle avventure amorose più scandalose e squallide vediamo che chi vuol essere amato non fa altro che ostentar in tutti i modi quanto ami; e così tenta di dimostrare alla persona da conquistare che vale la pena di corrispondere alle sue attenzioni; e arde più ancora, quando si accorge che quella comincia a sentirsi attratta verso di lui.

Ma se il cuore che stava intorpidito si sveglia quando si accorge di essere amato, e il cuore di chi ama brucia ancor di più, quando sente di essere corrisposto, è evidente che nulla sollecita o aumenta di più l’amore che il sapere di essere amato, per chi non ama ancora, o la speranza o l’esperienza di essere corrisposto, per chi ha preso l’iniziativa di amare.

Ma se questo avviene negli amori disonesti, quanto più deve verificarsi nell’amicizia?

Che cosa dovrebbe maggiormente preoccuparci se vogliamo conservare la nostra amicizia, se non di evitare che l’amico dubiti del nostro amore, o che possa pensare che lo amiamo meno di quanto ci ami lui? Se dovesse pensare così, la sua amicizia si raffredderà e ci darà minore familiarità. Oppure se la sua amicizia non è così debole da potersi raffreddare per l’offesa, resterà amico per offrire amicizia, senza gustarne il contraccambio.

Teniamo inoltre conto che, se è vero che i superiori desiderano essere amati dai subalterni, e provano gusto a essere onorati da essi, e tanto più sono disposti ad amarli quanto più se ne accorgono, è anche vero che un subalterno è più disposto a corrispondere se si accorge di essere amato dal superiore. Se poi chi ama non è miserabile, ma è ricco e rende partecipe dei suoi beni la persona amata, allora la riconoscenza è ancora più grande.

L’amore del povero verso il ricco può nascere dalla miseria; l’amore del ricco nasce dalla generosità. (5)

E se l’inferiore neppure poteva pensare di essere amato dal superiore, più grande sarà il suo amore, quando il superiore dimostrerà quanto bene voglia a colui che neppure osava ritenersene degno.

Ma chi è più grande di Dio che giudicherà? E chi ha minor diritto di sperare dell’uomo peccatore?

Quest’uomo tanto più s’era affidato e abbandonato al potere dell’orgoglio, da cui non può venire gioia alcuna, quanto meno sperava di esser trattato con amore da colui che invece non è grande per la cattiveria, ma vuole esserlo per la bontà.

__________________________ Note

(5) Beninteso, nella presunzione che l'amore del povero e del ricco sia amore vero, e non da parte del ricco paternalismo, o da parte del povero desiderio dei benefici derivanti dall'amicizia del ricco. __________________________

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Il centro della catechesi: Gesù e l’amore. 6. Nel nostro discorso non è sufficiente che abbiamo di mira il comandamento della carità, che nasce dal cuore puro, dalla coscienza onesta e da una fede senza finzioni, ma dobbiamo anche preoccuparci del nostro catechizzando, affinché la sua attenzione e ricerca siano orientate in quella direzione.

Tutto quel che leggiamo nelle Scritture sante dell’AT fu scritto per preparar la venuta del Signore e per anticipare la figura della chiesa, che è il suo corpo, popolo di Dio radunato tra tutti i popoli, e che si aggrega tutti i santi (gli onesti), compresi quelli che prima della sua venuta ebbero fede in lui, come l’abbiamo ora noi, dopo che egli è venuto.

Anche Giacobbe (4), al momento di uscir dal grembo materno, mandò innanzi prima di tutto la mano, con cui teneva il piede del fratello, che nasceva prima di lui, e poi la testa e le altre membra: ora la testa vale di più, non solo delle membra che uscirono dopo dal grembo materno, ma anche della mano che era uscita prima. E vale di più non perché sia uscita prima, ma per la maggiore importanza della sua funzione.

Così Gesù Cristo nostro Signore, che è il sommo Dio benedetto per l’eternità, quando decise di venire tra noi come uomo ed essere mediatore tra Dio e gli uomini, uscì come dal seno del suo mistero.

Ma prima di presentarsi personalmente mandò davanti a sé, nei santi patriarchi e nei profeti, quasi una parte del suo corpo, come fossero la mano che preannunciava la sua nascita; e, tenendo legato con la Legge, come Giacobbe tratteneva con le cinque dita il piede del fratello, il popolo superbo che lo precedeva, lo soppiantò. Per continuare il simbolo, noteremo che cinque — come le dita di Giacobbe — furono anche le epoche della attesa del Salvatore, in cui Dio non cessò di annunciare e profetizzare la sua venuta; e cinque i libri che Mosè scrisse dopo aver ricevuto da Dio la Legge.

Così il Cristo, per i superbi che non vollero la sua giustizia ma pretendevano di stabilire la propria, non aprì la mano benedicente, ma la tenne chiusa e stretta, per cui quelli, trattenuti ai piedi, inciamparono e caddero, mentre noi ci siamo alzati e stiamo in piedi (salmo 19).

Pur avendo quindi mandato avanti a sé quei santi a preparare la sua venuta, il capo del corpo della chiesa è lui, il Cristo; e costoro, che con fede lo preannunciarono, costituiscono l’inizio del corpo cui egli è il capo.

L’essere venuti prima non li esclude dal farne parte; mentre l’averlo riconosciuto li inserisce in lui. Allo stesso modo la mano può essere mandata avanti alla testa, ma resta soggetta alla testa.

Come vedi, tutto ciò che prima fu scritto, fu scritto a nostro insegnamento (Rm 15,4) e ci ha prefigurato. «Ciò che accadeva loro, era in figura; e fu scritto per noi, che viviamo ora che i tempi sono giunti alla loro pienezza» (1Cor 10,11).

__________________________ Note

(4) Così dice la Scrittura: «Isacco supplicò il Signore per sua moglie, perché era sterile e il Signore lo esaudì, cosicché sua moglie Rebecca divenne incinta. Ora i figli si urtavano nel suo grembo ed essa esclamò: “se è così, perché questo?” Andò a consultare il Signore. Il Signore le rispose: “Due nazioni sono nel tuo seno, e due popoli dal tuo grembo si disperderanno: un popolo sarà più forte dell'altro e il maggiore servirà il più piccolo”. Quando poi si compì per lei il tempo di partorire, ecco due gemelli erano nel suo grembo. Uscì il primo; rossiccio e tutto come un mantello di pelo, e fu chiamato Esaù. Subito dopo, uscì il fratello, e teneva in mano il calcagno di Esaù. Fu chiamato Giacobbe» (Gn 25,21-26a). __________________________

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III – La storia della salvezza come cammino di fede

5. Il discorso catechistico è completo quando comincia da: «In principio Dio creò il cielo e la terra», e giunge fino alla chiesa attuale. Ciò non significa che si debba dire a memoria o spiegare con parole nostre tutto il Pentateuco, i libri dei Giudici o dei Re e di Esdra, tutto il vangelo e il libro degli Atti degli apostoli. Ci mancherebbe il tempo e d’altra parte neppure è necessario. Occorre invece abbracciare l’insieme con uno sguardo generale e scegliere poi alcuni episodi che s’ascoltano più volentieri e che rappresentano come i punti-chiave della storia. Ma bisogna evitare di accennarvi troppo fugacemente e subito dopo levarli dalla vista. Occorre invece spiegarli, approfondirli e in qualche modo saperli rendere presenti e vivi all’ammirazione degli uditori. Gli altri avvenimenti devono essere collegati e inseriti nella trama generale con brevi raccordi.

Così le verità, che intendiamo mettere in maggiore evidenza risaltano dal fatto che mettiamo in secondo piano le altre. In tal modo colui che vogliamo istruire non si annoia e non si confonde. __________________________

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