📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA: Profeti dal 25/12/2023 al 07/09/2024 ● Concilio Vaticano II dall'11/09 al 24/12/2023 ● Nuovo Testamento dal 25/12/2022 al 10/09/2023

La brocca spezzata e l'imprigionamento di Geremia 1Così disse il Signore a Geremia: «Va’ a comprarti una brocca di terracotta; prendi con te alcuni anziani del popolo e alcuni sacerdoti, 2ed esci nella valle di Ben-Innòm, che è all’ingresso della porta dei Cocci. Là proclamerai le parole che io ti dirò. 3Riferirai: Ascoltate la parola del Signore, o re di Giuda e abitanti di Gerusalemme. Così dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Ecco, io manderò su questo luogo una sventura tale che risuonerà negli orecchi di chiunque l’udrà, 4poiché hanno abbandonato me e hanno reso straniero questo luogo per sacrificarvi ad altri dèi, che né essi né i loro padri né i re di Giuda conoscevano. Essi hanno riempito questo luogo di sangue innocente; 5hanno costruito le alture di Baal per bruciare nel fuoco i loro figli come olocausti a Baal, cosa che io non avevo comandato, di cui non avevo mai parlato, che non avevo mai pensato. 6Perciò, ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali questo luogo non si chiamerà più Tofet e valle di Ben-Innòm, ma valle della Strage. 7In questo luogo farò fallire i piani di Giuda e di Gerusalemme. Li farò cadere di spada davanti ai loro nemici e nelle mani di coloro che vogliono la loro vita, e darò i loro cadaveri in pasto agli uccelli del cielo e alle bestie della terra. 8Ridurrò questa città a una desolazione e a oggetto di scherno; quanti le passeranno vicino resteranno sbigottiti e fischieranno di scherno davanti a tutte le sue ferite. 9Farò loro mangiare la carne dei propri figli e la carne delle proprie figlie; si divoreranno tra loro per l’assedio e per l’angoscia che incuteranno loro i nemici e quanti vogliono la loro vita. 10Tu, poi, spezzerai la brocca sotto gli occhi degli uomini che saranno venuti con te 11e riferirai loro: Così dice il Signore degli eserciti: Spezzerò questo popolo e questa città, così come si spezza un vaso di terracotta, che non si può più aggiustare. Allora si seppellirà persino in Tofet, perché non ci sarà più spazio per seppellire. 12Così farò – oracolo del Signore – riguardo a questo luogo e ai suoi abitanti, rendendo questa città come Tofet. 13Le case di Gerusalemme e le case dei re di Giuda saranno impure come il luogo del Tofet: tutte le case, sulle cui terrazze essi bruciavano incenso a tutto l’esercito del cielo e facevano libagioni ad altri dèi». 14Quando Geremia tornò dal Tofet dove il Signore lo aveva mandato a profetizzare, si fermò nell’atrio del tempio del Signore e disse a tutto il popolo: 15«Dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Ecco, io manderò su questa città e su tutte le sue borgate tutto il male che le ho preannunciato, perché essi si sono intestarditi, rifiutandosi di ascoltare le mie parole».

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Approfondimenti

La brocca spezzata e l'imprigionamento di Geremia 19,1-20,6 I capitoli 19 e 20 sono narrativamente uniti in modo abbastanza stretto in quanto gli inizi del c. 20 (vv. 1-6) sembrano costituire una conseguenza di ciò che è narrato nel capitolo precedente (punizione di Geremia provocata da un suo discorso di minaccia), e 20,7-18 (ultima “confessione” e sfogo doloroso) è in qualche modo congiunto con tale punizione. Vanno quindi considerati come un insieme costituito dal racconto di un'azione simbolica di Geremia con discorso connesso (19,1-20,6) e un componimento poetico ugualmente formato di brani di diverso genere letterario e probabilmente diversa datazione e origine.

19,1-20,6. Il succedersi dei momenti nel racconto attuale lascia intravedere, nella sua incongruenza narrativa, una redazione un po' goffa, che ha fuso insieme due vicende originariamente distinte: un'azione simbolica, consistente nello spezzare una brocca di terracotta presso una delle porte della città, alla presenza dei notabili; un discorso di minaccia nella valle Ben-Innom (Geenna), dove era situato il Tofet. Al primo brano apparterrebbeго 19,1-2.10-11a.14-15; 20,1-6; al secondo, 19,3-9.11b-13. Anche il tempo, almeno primitivo, delle due vicende sembra da distinguersi: la prima (azione simbolica) si adatta bene al periodo di Ioiakim, verso il 605, anno di ascesa al trono di Nabucodonosor; la seconda (discorso), sembra di stesura posteriore, anche se sfrutta temi della prima predicazione di Geremia. È possibile che la somiglianza degli argomenti, così come una probabile vicinanza topografica tra i luoghi delle due azioni (Porta dei cocci e Tofet) abbia favorito la loro fusione, mentre il tema della «brocca di terracotta» può aver determinato la sua collocazione dopo l'episodio del vasaio. Geremia è dunque inviato alla Porta dei cocci, che sembra si trovasse nella parte meridionale della città, a frantumare, gettandola per terra, una «brocca» davanti ai maggiorenti per significare la rovina di Giuda e di Gerusalemme, irreparabile come un vaso ridotto in cocci. Quanto al discorso nel Tofet, che riecheggia da vicino quello del c. 7, Geremia sembra preannunciare, a scadenza ravvicinata (cfr. l'espressione «ecco, verranno giorni»: v. 6) per la città, una terribile punizione che pare riferirsi all'assedio. L'espressione (cfr. v. 9) «mangiare la carne dei figli e... delle figlie» va probabilmente intesa in senso figurato, per indicare l'estrema penuria e lo stato di disperazione (cfr. tuttavia 2Re 6,26-29). Tutto questo avverrà per le degenerazioni cultuali (i figli bruciati nel fuoco) in atto nella città. Il rifiuto deciso di esse (cfr. v. 5) fa supporre che qualcuno invece cercasse in qualche modo di collegarle con il culto jahvistico.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Il vasaio, castighi e lamentazione

1Questa parola fu rivolta dal Signore a Geremia: 2«Àlzati e scendi nella bottega del vasaio; là ti farò udire la mia parola». 3Scesi nella bottega del vasaio, ed ecco, egli stava lavorando al tornio. 4Ora, se si guastava il vaso che stava modellando, come capita con la creta in mano al vasaio, egli riprovava di nuovo e ne faceva un altro, come ai suoi occhi pareva giusto. 5Allora mi fu rivolta la parola del Signore in questi termini: 6«Forse non potrei agire con voi, casa d’Israele, come questo vasaio? Oracolo del Signore. Ecco, come l’argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani, casa d’Israele. 7A volte nei riguardi di una nazione o di un regno io decido di sradicare, di demolire e di distruggere; 8ma se questa nazione, contro la quale avevo parlato, si converte dalla sua malvagità, io mi pento del male che avevo pensato di farle. 9Altre volte nei riguardi di una nazione o di un regno io decido di edificare e di piantare; 10ma se essa compie ciò che è male ai miei occhi non ascoltando la mia voce, io mi pento del bene che avevo promesso di farle. 11Ora annuncia, dunque, agli uomini di Giuda e agli abitanti di Gerusalemme: Dice il Signore: Ecco, sto preparando contro di voi una calamità, sto pensando un progetto contro di voi. Su, abbandonate la vostra condotta perversa, migliorate le vostre abitudini e le vostre azioni. 12Ma essi diranno: “È inutile, noi vogliamo seguire i nostri progetti, ognuno di noi caparbiamente secondo il suo cuore malvagio”».

13Perciò così dice il Signore: «Informatevi tra le nazioni: chi ha mai udito cose simili? Enormi, orribili cose ha commesso la vergine d’Israele. 14Scompare forse la neve dalle alte rocce del Libano? Si inaridiscono le acque gelide che scorrono sulle montagne? 15Eppure il mio popolo mi ha dimenticato, offre incenso a un idolo vano. Ha inciampato nelle sue strade, nei sentieri di una volta, e cammina su viottoli, per una via non appianata, 16per rendere la sua terra una desolazione, un oggetto di scherno perenne. Chiunque vi passa ne rimarrà sbigottito e scuoterà il capo. 17Come fa il vento d’oriente, io li disperderò davanti al nemico. Volterò loro le spalle e non li guarderò nel giorno della loro rovina».

18Dissero: «Venite e tramiamo insidie contro Geremia, perché la legge non verrà meno ai sacerdoti né il consiglio ai saggi né la parola ai profeti. Venite, ostacoliamolo quando parla, non badiamo a tutte le sue parole». 19Prestami ascolto, Signore, e odi la voce di chi è in lite con me. 20Si rende forse male per bene? Hanno scavato per me una fossa. Ricòrdati quando mi presentavo a te, per parlare in loro favore, per stornare da loro la tua ira. 21Consegna perciò i loro figli alla fame, gettali in potere della spada; le loro donne restino senza figli e vedove, i loro uomini muoiano assassinati e i loro giovani uccisi dalla spada in battaglia. 22Si odano grida dalle loro case, quando improvvisamente farai piombare su di loro una torma di briganti, poiché hanno scavato una fossa per catturarmi e hanno teso lacci ai miei piedi. 23Tu conosci, Signore, ogni loro progetto di morte contro di me; non lasciare impunita la loro iniquità e non cancellare il loro peccato dalla tua vista. Inciampino alla tua presenza; al momento del tuo sdegno agisci contro di loro!

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Approfondimenti

Il vasaio, castighi e lamentazione 18,1-33 Contiene un'azione simbolica (18,1-12) non compiuta né vissuta, ma “veduta” da Geremia (cfr. 1,11s.); un oracolo (18,13-17) sull'idolatria di Israele e la punizione che ne segue; la quarta (quinta) “confessione” (18,18-23) in cui il profeta maledice coloro che attentano alla sua vita.

1-12. La teologia di questa parabola in azione è duplice, o, meglio, ha due aspetti collegati tra loro: la libertà di Dio, che non è legato a una scelta fatta, nel caso concreto, a Israele popolo eletto, ma la può modificare a seconda della risposta dell'uomo, interlocutore divino; la responsabilità dell'uomo che può determinare la condotta divina. In questo senso, viene anticipato un tema ampiamente dibattuto in Ez 14,12-23. La durezza di alcune espressioni (cfr. v. 6b), che sembrano annullare l'iniziativa e la libertà dell'uomo, oltre che risentire del genere letterario, vanno stemperate nel contesto, dove in realtà il valore dell'agire umano viene sottolineato. Al centro della scena, il cui significato Geremia percepisce mediante una rivelazione in due tempi (ordine di comparizione: v. 1; disvelamento del senso: vv. 5ss.), sta l'azione del vasaio che lavora al tornio: i vasi vengono rifiniti o buttati, se mal riusciti, a suo giudizio insindacabile.

13-17. L'oracolo ha le movenze della prima predicazione geremiana, con richiami palesi al c. 2 (cfr. v. 13 con 1,10ss.; v. 15 con 2,32). Per cui viene assegnato al tempo di Giosia, e la collocazione attuale spiegata con l'esigenza di documentare l'infedeltà di Israele. Il brano è mal conservato e la traduzione deve far ricorso a frequenti congetture per ottenere un senso più accettabile. Lo svolgimento è classico: Israele ha «dimenticato» il Signore, cosa impensabile come vedere in secca i torrenti di alta montagna; per forza deve finir male e il suo territorio andare incontro a una rovina terribile: Dio li ha abbandonati.

18-23. Nuovo sfogo del profeta, introdotto da un versetto in prosa che intende precisare circostanze e motivazioni: l'ostilità delle classi dirigenti (sacerdoti, saggi, profeti) che giunge, se l'introduzione va collegata col successivo componimento poetico, fino al tentativo di soppressione (cfr. vv. 19.23). Ciò provoca in Geremia una reazione di sorprendente violenza. Nel valutarla, si deve tener conto, oltre che dell'animo esacerbato, anche dell'identificazione che il profeta fa della sua sorte con la causa di Dio. Tenuto conto di questi elementi, il tempo di Ioiakim, quando più forte si manifestò l'avversione contro la predicazione del profeta, sembra il più indicato, anche se il tempo della riforma di Giosia non può essere del tutto escluso. Gli avversari hanno dalla loro parte le risorse del diritto, degli appoggi politici, delle parole (così sembra da intendere il v. 18: non mancano gli strumenti legali per intervenire); si metta a tacere la «lingua» del fastidioso perturbatore. Ma Geremia ha dalla sua la verità, e la lingua che prima ha interceduto presso Dio ora si abbandona a suggerimenti di vendetta crudele, che, peraltro, rientrano nel linguaggio tipico di simili circostanze.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Chi punta su Dio vince 1Il peccato di Giuda è scritto con stilo di ferro, è inciso con punta di diamante sulla tavola del loro cuore e sui corni dei loro altari. 2Così i loro figli ricorderanno i loro altari e i loro pali sacri presso gli alberi verdi, sui colli elevati, 3sui monti e in aperta campagna. «I tuoi averi e tutti i tuoi tesori li abbandonerò al saccheggio, come ricompensa per tutti i peccati commessi in tutti i tuoi territori. 4Dovrai ritirare la mano dall’eredità che ti avevo dato; ti renderò schiavo dei tuoi nemici in una terra che non conosci, perché avete acceso il fuoco della mia ira, che arderà sempre». Così dice il Signore: 5«Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. 6Sarà come un tamerisco nella steppa; non vedrà venire il bene, dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere. 7Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. 8È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti. 9Niente è più infido del cuore e difficilmente guarisce! Chi lo può conoscere? 10Io, il Signore, scruto la mente e saggio i cuori, per dare a ciascuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni. 11È come una pernice che cova uova altrui, chi accumula ricchezze in modo disonesto. A metà dei suoi giorni dovrà lasciarle e alla fine apparirà uno stolto». 12Trono di gloria, eccelso fin dal principio, è il luogo del nostro santuario! 13O speranza d’Israele, Signore, quanti ti abbandonano resteranno confusi; quanti si allontanano da te saranno scritti nella polvere, perché hanno abbandonato il Signore, fonte di acqua viva. 14Guariscimi, Signore, e guarirò, salvami e sarò salvato, poiché tu sei il mio vanto. 15Essi mi dicono: «Dov’è la parola del Signore? Si compia finalmente!». 16Io non ho insistito presso di te per la sventura né ho desiderato il giorno funesto, tu lo sai. Ciò che è uscito dalla mia bocca è innanzi a te. 17Non essere per me causa di spavento, tu, mio solo rifugio nel giorno della sventura. 18Siano confusi i miei avversari, non io, si spaventino loro, non io. Manda contro di loro il giorno della sventura, distruggili due volte. 19Il Signore mi disse: «Va’ a metterti alla porta dei Figli del popolo, per la quale entrano ed escono i re di Giuda, e a tutte le porte di Gerusalemme. 20Dirai loro: Ascoltate la parola del Signore, o re di Giuda e voi tutti Giudei e abitanti di Gerusalemme, che entrate per queste porte. 21Così dice il Signore: Per amore della vostra stessa vita, guardatevi dal trasportare un peso in giorno di sabato e dall’introdurlo per le porte di Gerusalemme. 22Non portate alcun peso fuori dalle vostre case in giorno di sabato e non fate alcun lavoro, ma santificate il giorno di sabato, come io ho comandato ai vostri padri. 23Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio, anzi si intestardirono a non ascoltarmi e a non accogliere la lezione. 24Se mi ascolterete sul serio – oracolo del Signore –, se non introdurrete nessun peso entro le porte di questa città in giorno di sabato e santificherete il giorno di sabato non eseguendo alcun lavoro, 25entreranno per le porte di questa città re e prìncipi che sederanno sul trono di Davide, vi passeranno su carri e su cavalli insieme ai loro ufficiali, agli uomini di Giuda e agli abitanti di Gerusalemme. Questa città sarà abitata per sempre. 26Verranno dalle città di Giuda e dai dintorni di Gerusalemme, dalla terra di Beniamino e dalla Sefela, dai monti e dal meridione, presentando olocausti, sacrifici, offerte e incenso e sacrifici di ringraziamento nel tempio del Signore. 27Ma se non ascolterete il mio comando di santificare il giorno di sabato, di non trasportare pesi e di non introdurli entro le porte di Gerusalemme in giorno di sabato, io accenderò un fuoco alle sue porte; esso divorerà i palazzi di Gerusalemme e mai si estinguerà».

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Approfondimenti

Chi punta su Dio vince 17,1-27 Tra gli oracoli di questo capitolo, alcuni dei quali (cfr. vv. 12 s. 19-27) non geremiani o di dubbia autenticità, troviamo argomenti caratteristici di questo periodo (minaccia, invocazione di vendetta); altri compaiono per la prima volta (riflessione sulla caducità dell'uomo, importanza del sabato).

1-4. La «tavola del cuore» si contrappone alle tavole di pietra sulle quali fu incisa la legge (Es 31,18; 32,15; 34,1); anche in questo caso Geremia si concentra sull'interiorità dell'uomo (cfr. la «circoncisione del cuore»), ma non è la legge che qui viene interiorizzata, bensì il peccato (cfr. per l'opposto l'oracolo di Ger 31,31-34). Il peccato è ora la norma interiore che regola la condotta del popolo. Anche gli altari, invece di essere luoghi privilegiati per onorare Dio, diventano la testimonianza del ripudio di lui da parte del popolo. La risposta divina è di ordine giuridico: l'agire infedele del popolo lo ha privato del diritto ereditario al possesso della terra. L'ira divina (cfr. Dt 32,22) è la manifestazione concreta della punizione che il popolo con la sua condotta ha meritato.

5-11. Israele si fida degli uomini, dell'intelligenza («cuore») e delle ricchezze. Ma l'uomo è «carne» fragile e imperfetta (cfr. Is 40,6), il cuore fallace, le ricchezze effimere; farne il punto di riferimento esistenziale manda allo sbando senza rimedio. Questi versetti riuniscono una serie di detti sapienziali che mettono a confronto il giusto e il malvagio. Il contrasto tra l'uomo maledetto e quello benedetto è formulato a partire dal fondamento della loro «fiducia»: l'essere umano (adam) o JHWH. Si noti la stretta affinità con le immagini presentate nel Sal 1.

12-13. L'elogio appassionato del tempio («nostro santuario») fa concludere a molti che questo passo non sia di Geremia perché contrasta con le affermazioni di 7,1-15. Ma la condanna di un culto ipocrita non esclude di per sé l'apprezzamento del tempio nel suo vero significato. In ogni caso, il peso dei due versetti è tutto sulla seconda parte (v. 13) che ribadisce il fallimento totale di ogni progetto di vita che prescinda da Dio. Tema e immagine sono schiettamente geremiani (cfr. 2,13).

14-18. Idealmente il passo si ricongiunge con 15,10ss. e forma la quarta confessione. Il tema dominante è anche qui quello del conflitto che l'annuncio della parola crea tra il popolo e il profeta, tuttora preoccupato dell'umiliazione a cui può andare incontro (vv. 17s.). Potrebbe trattarsi della stessa situazione. In ogni caso, la sfida degli avversari (v. 15) fa supporre che le minacce di Geremia non si siano ancora realizzate e dunque l'oracolo precede il 597. L'invocazione a Dio di essere «guarito» (v. 14), con la quale inizia lo sfogo, va intesa allora come preghiera per essere liberato dalla condizione di disagio e di pericolo (su cui cfr. 15, 10-21). Anche qui (cfr. 14, 11) si fa leva sulla profonda solidarietà del profeta con il popolo sventurato: se ha chiesto, e chiede (cfr. v. 18), la rovina anche spietata per gli empi, non ha chiesto, anzi ha deprecato, il «giorno funesto» che colpisce tutti indistintamente.

19-27. Questo è l'unico passo in cui il profeta si occupa del riposo del sabato. Conosciamo il suo atteggiamento riservato nei confronti delle istituzioni religiose (tempio, culto, festività) e la lotta sostenuta per una religione dello spirito. Tutto ciò certamente non basta a far giudicare inautentico un testo come questo. Ma lo spazio minimo riservato nella pagina all'aspetto teologico, il fatto che si ribadisca quasi legalisticamente la proibizione, l'insistenza su un divieto in definitiva parziale quale quello di non portare pesi: tutto ciò ta dubitare fortemente che, almeno nella forma attuale, il brano risalga al profeta di Anatot. Potrebbe essere suo il nucleo iniziale. La menzione dei re di Giuda (v. 25) fa supporre che ci si riferisca a una situazione anteriore all'esilio del 587.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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1Mi fu rivolta questa parola del Signore: 2«Non prendere moglie, non avere figli né figlie in questo luogo, 3perché dice il Signore riguardo ai figli e alle figlie che nascono in questo luogo e riguardo alle madri che li partoriscono e ai padri che li generano in questo paese: 4Moriranno di malattie strazianti, non saranno rimpianti né sepolti, ma diverranno come letame sul suolo. Periranno di spada e di fame; i loro cadaveri saranno pasto agli uccelli del cielo e alle bestie della terra». 5Poiché così dice il Signore: «Non entrare in una casa dove si fa un banchetto funebre, non piangere con loro e non commiserarli, perché io ho ritirato da questo popolo la mia pace – oracolo del Signore –, la mia benevolenza e la mia compassione. 6Moriranno in questo paese grandi e piccoli; non saranno sepolti né si farà lamento per loro e nessuno per disperazione si farà incisioni né per lutto si taglierà i capelli per loro. 7Non si spezzerà il pane all’afflitto per consolarlo del morto e non gli si darà da bere il calice della consolazione per suo padre e per sua madre. 8Non entrare nemmeno in una casa dove si banchetta per sederti a mangiare e a bere con loro, 9poiché così dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Ecco, sotto i vostri occhi e nei vostri giorni farò cessare da questo luogo i canti di gioia e di allegria, i canti dello sposo e della sposa. 10Quando annuncerai a questo popolo tutte queste cose, ti diranno: “Perché il Signore ha decretato contro di noi questa sventura così grande? Quali iniquità e quali peccati abbiamo commesso contro il Signore, nostro Dio?”. 11Tu allora risponderai loro: Perché i vostri padri mi abbandonarono – oracolo del Signore –, seguirono altri dèi, li servirono e li adorarono, mentre abbandonarono me e non osservarono la mia legge. 12E voi avete agito peggio dei vostri padri; ognuno di voi, infatti, segue caparbiamente il suo cuore malvagio e si rifiuta di ascoltarmi. 13Perciò vi scaccerò da questo paese verso un paese che né voi né i vostri padri avete conosciuto, e là servirete divinità straniere giorno e notte, perché non vi farò più grazia. 14Pertanto, ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali non si dirà più: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire gli Israeliti dalla terra d’Egitto!”, 15ma piuttosto: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire gli Israeliti dalla terra del settentrione e da tutte le regioni dove li aveva dispersi!”. E io li ricondurrò nella loro terra che avevo concesso ai loro padri. 16Ecco, io invierò numerosi pescatori a pescarli – oracolo del Signore –, quindi invierò numerosi cacciatori a catturarli, su ogni monte, su ogni colle e nelle fessure delle rocce; 17poiché i miei occhi scrutano le loro vie: ciò che fanno non può restare nascosto dinanzi a me, né si può occultare la loro iniquità davanti ai miei occhi. 18Anzitutto ripagherò due volte la loro iniquità e il loro peccato, perché hanno profanato la mia terra con le carogne dei loro idoli, e con i loro abomini hanno riempito la mia eredità». 19Signore, mia forza e mia difesa, mio rifugio nel giorno della tribolazione, a te verranno le genti dalle estremità della terra e diranno: «I nostri padri ereditarono soltanto menzogna, e nullità che non giovano». 20Può forse l’uomo fabbricarsi i propri dèi? Ma quelli non sono dèi! 21«Perciò, ecco, io faccio loro conoscere questa volta la mia mano e la mia forza. Essi sapranno che il mio nome è Signore».

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Approfondimenti

Ribellione e docilità del profeta 15,10-16,21 16,1-21. Contiene, con alternanza oracoli, di minaccia e di maledizioni, assieme a una promessa di ritorno per Israele (16,14-15), un annuncio di invasione e un oracolo sulla conversione dei popoli pagani. Da notare, in specie, un'azione simbolica non compiuta ma vissuta: il celibato. Difficile assegnare i singoli brani a una data anche solo approssimativa, ma l'epoca di Ioiakim sembra la più probabile.

1-13. Con linguaggio proprio dei discorsi deuteronomistici, viene riferito l'ordine dato a Geremia di non sposar-si, una disposizione che sembra lo abbia vincolato per tutta l'esistenza. Il significato della scelta è di minaccia: esprime la rovina di Israele ridotto come una donna senza figli, mediante una strage così vasta che non ci sarà modo di svolgere i riti funebri tradizionali (taglio dei capelli, incisioni, v. 6, che in seguito la legislazione proibirà: cfr. Lv 19,27; Dt 14,1; banchetti funebri, pane di lutto, cfr. Ez 24,16-22), rendendo così ancora più penosa la sciagura. Ragione di tanto disastro: l'idolatria (vv. 10-13) pertinace («caparbietà del cuore malvagio»: v. 12) del popolo che, per una specie di contrappasso, sarà esiliato e dovrà servire le divinità di una terra straniera perché non ha voluto servire il Signore nella sua terra.

14-15. Accanto alla minaccia, la promessa di restaurazione dopo l'esilio, che può inizialmente aver riguardato il ritorno delle tribù del Nord. Nel contesto attuale, assume il valore di garanzia di ritorno dall'esilio babilonese. Utilizzando un tema caro al Deuteroisaia (cfr. Is 43,18-21; 48,20s.; 51,9s.; 52,12) viene stabilito un rapporto tra esodo dall'Egitto e rientro da Babilonia, concepito evidentemente come un secondo esodo. L'oracolo ricompare, praticamente identico, in 23,7-8.

16-18. Il castigo è sotto forma di invasione, descritta con le immagini della pesca e della caccia: Israele è un animale catturato e destinato all'uccisione. Ogni condotta malvagia genera rovina e non c'è da sperare che qualcosa scivoli via inosservato (v. 17).

19-21. Eppure più grande della cattiveria dell'uomo è la potenza salvatrice di Dio che, rifiutata da Israele, trova cultori fedeli tra i popoli pagani che rinnegheranno l'idolatria per aderire a colui il cui «nome è JHWH» (v. 21). Come i vv. 14s., anche questo brano risente delle tematiche del Deuteroisaia: universalismo della salvezza (Is 42,1-6; 45,14ss.20-25; 49,6; 55,3-5) e nullità degli idoli (Is 40,20; 41,21-29; 42,17; 45,20ss., ecc.), temi non ignoti a Geremia (cfr. 2,5.11, ecc.) ma espressi in una forma che fa concludere a un'origine non geremiana del brano.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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1Il Signore mi disse: «Anche se Mosè e Samuele si presentassero davanti a me, non volgerei lo sguardo verso questo popolo. Allontanali da me, se ne vadano! 2Se ti domanderanno: “Dove dobbiamo andare?”, dirai loro: Così dice il Signore: Chi è destinato alla morte, alla morte, chi alla spada, alla spada, chi alla fame, alla fame, chi alla schiavitù, alla schiavitù. 3Io manderò contro di loro quattro specie di mali – oracolo del Signore –: la spada per ucciderli, i cani per sbranarli, gli uccelli del cielo e le bestie della terra per divorarli e distruggerli. 4Li renderò un esempio terrificante per tutti i regni della terra, per quello che ha fatto in Gerusalemme il re di Giuda Manasse, figlio di Ezechia. 5Chi avrà pietà di te, Gerusalemme, chi ti compiangerà? Chi si volterà per domandarti come stai? 6Tu mi hai respinto – oracolo del Signore –, mi hai voltato le spalle e io ho steso la mano su di te per annientarti; sono stanco di pentirmi. 7Li ho dispersi al vento con la pala, alle porte del paese. Ho reso senza figli e ho fatto perire il mio popolo, perché non si sono convertiti dalle loro abitudini. 8Le loro vedove sono diventate più numerose della sabbia del mare. Ho mandato sulle madri e sui giovani un devastatore in pieno giorno; ho fatto piombare d’un tratto su di loro turbamento e spavento. 9È abbattuta la madre di sette figli, esala il suo respiro; il sole tramonta per lei quando è ancora giorno, è coperta di vergogna e confusa. Io consegnerò i loro superstiti alla spada, in preda ai loro nemici». Oracolo del Signore.

Ribellione e docilità del profeta 10Me infelice, madre mia! Mi hai partorito uomo di litigio e di contesa per tutto il paese! Non ho ricevuto prestiti, non ne ho fatti a nessuno, eppure tutti mi maledicono. 11In realtà, Signore, ti ho servito come meglio potevo, mi sono rivolto a te con preghiere per il mio nemico, nel tempo della sventura e nel tempo dell’angoscia. 12Potrà forse il ferro spezzare il ferro del settentrione e il bronzo? 13«I tuoi averi e i tuoi tesori li abbandonerò al saccheggio, come ricompensa per tutti i peccati commessi in tutti i tuoi territori. 14Ti renderò schiavo dei tuoi nemici in una terra che non conosci, perché si è acceso il fuoco della mia ira, che arderà contro di te». 15Tu lo sai, Signore, ricòrdati di me e aiutami, véndicati per me dei miei persecutori. Nella tua clemenza non lasciarmi perire, sappi che io sopporto insulti per te. 16Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore, perché il tuo nome è invocato su di me, Signore, Dio degli eserciti. 17Non mi sono seduto per divertirmi nelle compagnie di gente scherzosa, ma spinto dalla tua mano sedevo solitario, poiché mi avevi riempito di sdegno. 18Perché il mio dolore è senza fine e la mia piaga incurabile non vuole guarire? Tu sei diventato per me un torrente infido, dalle acque incostanti. 19Allora il Signore mi rispose: «Se ritornerai, io ti farò ritornare e starai alla mia presenza; se saprai distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile, sarai come la mia bocca. Essi devono tornare a te, non tu a loro, 20e di fronte a questo popolo io ti renderò come un muro durissimo di bronzo; combatteranno contro di te, ma non potranno prevalere, perché io sarò con te per salvarti e per liberarti. Oracolo del Signore. 21Ti libererò dalla mano dei malvagi e ti salverò dal pugno dei violenti».

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Approfondimenti

Castigo e pentimento 14,1-15,9

15,1-4. Dio però giudica diversamente e anziché alleviare i mali in corso ne preannuncia di nuovi: anche gli intercessori più qualificati («Mosè e Samuele»: cfr. Es 32,11; Sal 106,23; 1Sam 7,8-12) non potrebbero stornare il castigo. Dio scaccia il suo popolo (v. 1) come un giorno ha fatto il faraone (cfr. Es 11,8; 12,3): è una specie di contro-esodo. Seguono nel capitolo un oracolo che si direbbe di commiserazione per Gerusalemme (vv. 5-9) e una “confessione” estremamente ardita, quasi blasfema, del profeta (vv. 10-21). Ambedue sembrano da collocare al termine del regno di Ioiakim.

5-9. Dio riflette sulle sventure con cui ha dovuto e dovrà colpire anche gli elementi meno colpevoli e ne è amareggiato.

Ribellione e docilità del profeta 15,10-16,21 In contrasto, il profeta è piegato su di sé a compiangere la sua sofferenza. È un momento tragico nella vita di Geremia, una crisi devastante che coinvolge per un istante anche la sua fede perché il Dio riconosciuto un tempo rocca di Israele (cfr. Sal 18,47; Dt 32,4) gli appare ora come un torrente tropicale (v. 18) che promette acqua e si presenta invece asciutto al viandante. A questa affermazione di sconcertante arditezza, il profeta giunge dopo uno sfogo prolungato e vario in cui si alternano professione di fedeltà (v. 11), richiesta di vendetta (v. 15), nostalgia del passato (v. 16) e cruccio per il presente (v. 17) e vi si inserisce anche l'assicurazione divina di punizione severa per i malvagi (vv. 12-14). In realtà, questi ultimi versetti non si accordano bene con il contesto, interrompendo il flusso delle recriminazioni; hanno un doppione in 17,35. Segue un pacato ma energico invito da parte di Dio a riprendere il proprio posto di creatura sottomessa al Creatore. La lagnanza del profeta corre sul filo dell'amarezza per l'emarginazione di cui si sente oggetto: è sfuggito come un insolvente o un usuraio (v. 10), si apparta perché si sente fuori posto nelle allegre compagnie (v. 17), portatore com'è delle minacce divine. Questo soprattutto lo ferisce e lo indispone: il vedere come la scelta per Dio (v. 11) conduca a risultati così amari. Le parole di Dio che egli ha sempre accolto con piena disponibilità, proprio esse causano il rigetto del profeta da parte del popolo che non accetta Dio e perseguita chi è a lui consacrato. Ma allora la «gioia» e la «letizia» di un tempo (v. 16) sono state ingannevoli? L'accusa di inganno a Dio è grave e Geremia è bruscamente richiamato a rendersene conto e a ravvedersi (v. 19-20): ritorni a Dio che lo richiama e riprenderà il suo compito. E palese il collegamento con 1,18s.; perciò questo brano è talvolta interpretato come una nuova vocazione. Geremia si rende conto definitivamente che Dio non recede da quanto ha deciso e il profeta deve inserirsi nel progetto divino con risolutezza. La sua vera realizzazione è in questo oscuro e doloroso essere «come la... bocca» di Dio, che però lo fa mirabimente stare «alla [sua] presenza» e gli garantisce la vittoria finale.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Castigo e pentimento 1Parola rivolta dal Signore a Geremia in occasione della siccità. 2Giuda è in lutto, le sue porte languiscono, sono a terra nello squallore; il gemito di Gerusalemme sale al cielo. 3I suoi nobili mandano i servi in cerca d’acqua; si recano ai pozzi, ma non ne trovano, e tornano con i recipienti vuoti; sono pieni di delusione, di confusione, si coprono il capo. 4Il terreno è screpolato, perché non cade pioggia nel paese: gli agricoltori delusi si coprono il capo. 5Anche la cerva nei campi partorisce e abbandona il cerbiatto, perché non c’è erba. 6Gli asini selvatici, fermi sui colli, aspirano l’aria come sciacalli, con gli occhi languidi, perché non ci sono pascoli. 7«Le nostre iniquità testimoniano contro di noi, ma tu, Signore, agisci per il tuo nome! Molte sono le nostre infedeltà, abbiamo peccato contro di te. 8O speranza d’Israele, suo salvatore al tempo della sventura, perché vuoi essere come un forestiero nella terra e come un viandante che si ferma solo una notte? 9Perché vuoi essere come un uomo sbigottito, come un forte incapace di aiutare? Eppure tu sei in mezzo a noi, Signore, il tuo nome è invocato su di noi, non abbandonarci!». 10Così dice il Signore riguardo a questo popolo: «A loro piace fare i vagabondi, non stanno attenti ai loro passi». Ma il Signore non li gradisce; ora ricorda la loro iniquità, chiede conto dei loro peccati. 11Il Signore mi ha detto: «Non pregare per questo popolo, per il suo benessere. 12Anche se digiuneranno, non ascolterò la loro supplica; se offriranno olocausti e sacrifici, non li gradirò, ma li distruggerò con la spada, la fame e la peste». 13Allora ho soggiunto: «Ahimè, Signore Dio! Dicono i profeti: “Non vedrete la spada, non soffrirete la fame, ma vi concederò una pace autentica in questo luogo”». 14Il Signore mi ha detto: «I profeti hanno proferito menzogne nel mio nome; io non li ho inviati, non ho dato loro ordini né ho parlato loro. Vi annunciano visioni false, predizioni che sono invenzioni e fantasie della loro mente. 15Perciò così dice il Signore: I profeti che profetizzano nel mio nome, senza che io li abbia inviati, e affermano: “Spada e fame non ci saranno in questo paese”, questi profeti finiranno di spada e di fame. 16Gli uomini ai quali essi profetizzano saranno gettati per le strade di Gerusalemme, morti di fame e di spada, e nessuno seppellirà loro, le loro donne, i loro figli e le loro figlie. Io rovescerò su di essi la loro malvagità. 17Tu riferirai questa parola: I miei occhi grondano lacrime notte e giorno, senza cessare, perché da grande calamità è stata colpita la vergine, figlia del mio popolo, da una ferita mortale. 18Se esco in aperta campagna, ecco le vittime della spada; se entro nella città, ecco chi muore di fame. Anche il profeta e il sacerdote si aggirano per la regione senza comprendere». 19Hai forse rigettato completamente Giuda, oppure ti sei disgustato di Sion? Perché ci hai colpiti, senza più rimedio per noi? Aspettavamo la pace, ma non c’è alcun bene, il tempo della guarigione, ed ecco il terrore! 20Riconosciamo, Signore, la nostra infedeltà, la colpa dei nostri padri: abbiamo peccato contro di te. 21Ma per il tuo nome non respingerci, non disonorare il trono della tua gloria. Ricòrdati! Non rompere la tua alleanza con noi. 22Fra gli idoli vani delle nazioni c’è qualcuno che può far piovere? Forse che i cieli da sé mandano rovesci? Non sei piuttosto tu, Signore, nostro Dio? In te noi speriamo, perché tu hai fatto tutto questo.

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Approfondimenti

Castigo e pentimento 14,1-15,9 Questa sezione viene spesso accostata alle liturgie penitenziali (cfr. Gl 1-2; Sal 74; 79) in cui popolo, sacerdoti e profeti si alternavano nella supplica per strappare a Dio la liberazione da una calamità che si riconosceva meritata per i propri peccati. Alla presentazione delle sventure (ad opera dei sacerdoti) seguiva l'esortazione al pentimento, la confessione delle colpe, la parola di conforto da parte dei profeti che a nome di Dio promettevano grazia. Nel nostro caso, se i momenti di tale liturgia sembrano mantenuti, la loro articolazione è però più complessa: due sono le descrizioni (14,2-6.17-18), due le confessioni (14,7-9.19-22), due le risposte divine (14,10-12, 15,1-3). Soprattutto inopinato, fuori schema, è lo sbocco assolutamente negativo: Dio ricusa decisamente di esaudire la preghiera del popolo e condanna duramente i profeti che promettevano benessere (14,14-15). A prescindere dall'origine probabilmente composita, il complesso attuale si presenta come un dialogo appassionato e incalzante tra il popolo, il profeta e Dio, che alla fine ribadisce la punizione.

2-9. All'origine sta una siccità (fenomeno peraltro ricorrente, allora, nella regione) al tempo probabilmente di Ioiakim. A nome del popolo il profeta supplica appassionatamente Dio, «speranza di Israele» (v. 8), di mostrare l'efficacia salvifica della sua presenza in mezzo a coloro che gli sono consacrati («siamo chiamati con il tuo nome»: v. 9).

10-16. La risposta di Dio è subito negativa, ché anzi il profeta, come in 7,16, è invitato a non pregare per il popolo perché il castigo è inevitabile. Ma il profeta prega ugualmente, cercando di scusare il popolo, traviato dai falsi profeti: Dio però non recede; anche i profeti saranno puniti dalla «spada» e dalla «fame» (v. 15).

17-22. Con un raccordo maldestro («Tu riferirai questa parola») viene introdotta una lamentazione del profeta che descrive la rovina generale che ha gettato nello sconcerto anche le guide del popolo («il profeta e il sacerdote»: v. 18c); esprime il riconoscimento dei propri errori; formula una splendida professione di fede (v. 22), fondata sull'«alleanza» (v. 21). In realtà, non Dio ma il popolo ha rotto l'alleanza; l'invito a Dio è piuttosto di dare spazio all'attesa misericordiosa.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Minacce su minacce 1Il Signore mi disse così: «Va’ a comprarti una cintura di lino e mettitela ai fianchi senza immergerla nell’acqua». 2Io comprai la cintura, secondo il comando del Signore, e me la misi ai fianchi. 3Poi la parola del Signore mi fu rivolta una seconda volta: 4«Prendi la cintura che hai comprato e che porti ai fianchi e va’ subito all’Eufrate e nascondila nella fessura di una pietra». 5Io andai e la nascosi presso l’Eufrate, come mi aveva comandato il Signore. 6Dopo molto tempo il Signore mi disse: «Àlzati, va’ all’Eufrate e prendi di là la cintura che ti avevo comandato di nascondervi». 7Io andai all’Eufrate, cercai e presi la cintura dal luogo in cui l’avevo nascosta; ed ecco, la cintura era marcita, non era più buona a nulla. 8Allora mi fu rivolta questa parola del Signore: 9«Dice il Signore: In questo modo ridurrò in marciume l’orgoglio di Giuda e il grande orgoglio di Gerusalemme. 10Questo popolo malvagio, che rifiuta di ascoltare le mie parole, che si comporta secondo la caparbietà del suo cuore e segue altri dèi per servirli e per adorarli, diventerà come questa cintura, che non è più buona a nulla. 11Poiché, come questa cintura aderisce ai fianchi di un uomo, così io volli che aderisse a me tutta la casa d’Israele e tutta la casa di Giuda – oracolo del Signore –, perché fossero mio popolo, mia fama, mia lode e mia gloria, ma non mi ascoltarono. 12Dirai a questo popolo: Così dice il Signore, Dio d’Israele: Ogni boccale va riempito di vino. Essi ti diranno: “Non lo sappiamo forse che ogni boccale va riempito di vino?”. 13Tu allora risponderai loro: Così dice il Signore: Ecco, io renderò tutti ubriachi gli abitanti di questo paese, i re che siedono sul trono di Davide, i sacerdoti, i profeti e tutti gli abitanti di Gerusalemme. 14Poi li sfracellerò, gli uni contro gli altri, i padri e i figli insieme. Oracolo del Signore. Non avrò pietà né li risparmierò né per compassione mi tratterrò dal distruggerli». 15Ascoltate e porgete l’orecchio, non montate in superbia, perché parla il Signore. 16Date gloria al Signore, vostro Dio, prima che venga l’oscurità e i vostri piedi inciampino sui monti, al cadere della notte. Voi aspettate la luce, ma egli la ridurrà in tenebre e la muterà in oscurità profonda! 17Se non ascolterete, io piangerò in segreto la vostra superbia; il mio occhio verserà lacrime, perché sarà deportato il gregge del Signore. 18«Dite al re e alla regina madre: “Sedete per terra, poiché è caduta dalla vostra testa la vostra preziosa corona”. 19Le città del Negheb sono assediate, nessuno le libera. Tutto Giuda è stato deportato, con una deportazione totale. 20Alza gli occhi e osserva coloro che vengono dal settentrione; dov’è il gregge che ti è stato consegnato, le tue magnifiche pecore? 21Che cosa dirai quando ti saranno imposti come capi coloro con cui avevi familiarizzato? Non ti lamenterai per il dolore come una partoriente? 22Se ti domandi in cuor tuo: “Perché mi capita tutto questo?”, è per l’enormità delle tue iniquità che sono stati sollevati i lembi della tua veste e il tuo corpo ha subìto violenza. 23Può un Etiope cambiare la pelle o un leopardo le sue macchie? Allo stesso modo: potrete fare il bene voi, abituati a fare il male? 24Perciò vi disperderò come pula, che vola via al vento del deserto. 25Questa è la tua sorte, la parte che ti ho destinato – oracolo del Signore –, perché mi hai dimenticato e hai confidato nella menzogna. 26Solleverò anch’io le tue vesti fino al volto, così si vedrà la tua vergogna, 27i tuoi adultèri e i tuoi ammiccamenti, l’ignominia della tua prostituzione! Sulle colline e nei campi ho visto i tuoi orrori. Guai a te, Gerusalemme, perché non ti purifichi! Per quanto tempo ancora?».

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Approfondimenti

Minacce su minacce 13,1-27 Gruppo di oracoli di sola minaccia, collegati sempre, come sembra, con il periodo di Ioiakim. Il fatto però che tra essi venga inclusa una condanna di Ioiachin (vv. 18-19), che regnò solo tre mesi dopo la morte del padre (598/7) e poi fu condotto in esilio con la corte (cfr. 2Re 24,10-16), fa pensare che risalgano a quell'epoca, poco avanti la prima deportazione, anche gli altri oracoli.

1-11. È la prima delle azioni simboliche menzionate nel libro. Alcuni pensano si sia svolta in visione a motivo del riferimento all'Eufrate (vv. 4-7), che era praticamente irraggiungibile da Geremia. Altri, invece, sensibili al fatto che un'azione simbolica ha valore soprattutto se effettivamente compiuta, spiegano il termine «Eufrate» come gioco di parole tra Fara, un torrente (wadi) nei pressi di Anatot, e Perat, nome ebraico per Eufrate. Geremia sarebbe invitato a nascondere una «cintura» (fascia) di lino nell'acqua del Fara per mostrare come sarà ridotto Giuda, cintura ornamentale del Signore, dal Perat-Eutrate, cioè da Babilonia, dalla cui idolatria è contaminato. L'oracolo e duro, però quanta segreta tenerezza in quell'immagine di Israele fascia di gloria per il Signore (v. 11), aderente ai suoi fianchi (cfr. 2,32)!

12-14. È una specie di parabola in costruzione, una parabola in forma di dialogo tra il profeta e il popolo: come boccali colmi di vino saranno ricolmi dell'ira di Dio che li condanna a fracassarsi tra di loro come vasi di coccio.

18-19. Di quale re si tratti non viene detto, ma poiché si parla di una deportazione (v. 19) in cui si suppone che il re sia rimasto in vita (v. 18) non può che trattarsi di Ioiachin, condotto prigioniero a Babilonia, e della deportazione del 597 ad opera di Nabucodonosor. Questi aveva fatto precedere l'intervento del suo esercito da scorrerie a opera dei popoli vicini (cfr. 2Re 24,2). A queste fa probabilmente riferimento il blocco delle città cui accenna il v. 19. Re e regina madre vengono invitati, un po' ironicamente, a prendere atto con rassegnazione dell'umiliazione da loro subita.

20-27. Altra considerazione sull'impossibilità di cambiamento per Gerusalemme in cui la corruzione è diventata abitudine congenita, come una pelle che rimane sempre la stessa (v. 23). Non resta che il castigo che, nella linea dell'immagine matrimoniale, viene descritto crudamente (v. 22.26) come la gogna umiliante delle adultere (cfr. Ez 16,37 ss.).

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Falsa prosperità e rovina reale 1Tu sei troppo giusto, Signore, perché io possa contendere con te, ma vorrei solo rivolgerti una parola sulla giustizia. Perché la via degli empi prospera? Perché tutti i traditori sono tranquilli? 2Tu li hai piantati ed essi mettono radici, crescono e producono frutto; sei vicino alla loro bocca, ma lontano dal loro intimo. 3Ma tu, Signore, mi conosci e mi vedi, tu provi che il mio cuore è con te. Strappali via come pecore per il macello, riservali per il giorno della strage. 4Fino a quando sarà in lutto la terra e seccherà tutta l’erba dei campi? Le bestie e gli uccelli periscono per la malvagità dei suoi abitanti che dicono: «Dio non vede la nostra fine». 5«Se, correndo con i pedoni, ti stanchi, come potrai gareggiare con i cavalli? Se ti senti al sicuro solo in una regione pacifica, che cosa farai nella boscaglia del Giordano? 6Persino i tuoi fratelli e la casa di tuo padre, persino loro sono sleali con te; anch’essi ti gridano dietro a piena voce; non fidarti di loro quando ti dicono buone parole». 7«Ho abbandonato la mia casa, ho ripudiato la mia eredità, ho consegnato ciò che ho di più caro nelle mani dei suoi nemici. 8La mia eredità è divenuta per me come un leone nella foresta; ha levato la voce contro di me, perciò la detesto. 9La mia eredità è forse per me come un uccello variopinto, assalito da ogni parte da uccelli rapaci? Venite, radunatevi, voi tutte bestie selvatiche, venite a divorare. 10Molti pastori hanno devastato la mia vigna, hanno calpestato il mio campo. Hanno fatto del mio campo prediletto un deserto desolato, 11lo hanno ridotto a una landa deserta, in uno stato deplorevole; sta desolato dinanzi a me. È devastata tutta la terra e nessuno se ne dà pensiero». 12Su tutte le alture del deserto giungono devastatori, perché il Signore ha una spada che divora da un estremo all’altro della terra; non c’è scampo per nessuno. 13Hanno seminato grano e mietuto spine, si sono affaticati senza alcun profitto; restano confusi per il loro raccolto a causa dell’ira ardente del Signore. 14Così dice il Signore: «Ecco, io sradico dalla loro terra tutti i miei vicini malvagi, che hanno messo le mani sull’eredità che ho dato al mio popolo Israele; e così sradicherò anche la casa di Giuda di mezzo a loro. 15E, dopo averli sradicati, riprenderò ad avere compassione di loro e farò tornare ognuno al proprio possesso e alla propria terra. 16Se impareranno con cura le usanze del mio popolo, fino a giurare nel mio nome dicendo: “Per la vita del Signore!”, come hanno insegnato al mio popolo a giurare per Baal, allora potranno stabilirsi in mezzo al mio popolo. 17Se invece non ascoltano, estirperò definitivamente quella nazione e la annienterò». Oracolo del Signore.

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Approfondimenti

Falsa prosperità e rovina reale 12,1-17 Comprende almeno tre brani di genere diverso: sulla retribuzione dei malvagi, sull'eredità di Dio rovinata, sulla salvezza dei popoli vicini. Qualcuno vede nei vv. 2-4 una “confessione” a se stante (la seconda) o li congiunge con 11,23 come conclusione della prima. Nel contesto attuale formano lo sviluppo della riflessione sul benessere dei cattivi.

1-6. Il richiamo all'ostilità del casato contro Geremia (v. 6) apparenta questo passo al precedente e suggerisce di assegnarlo allo stesso periodo di tempo, fors'anche alle stesse circostanze concrete. Si potrebbe infatti spiegare la riflessione sulla prosperità dei malvagi proprio a partire dall'osservazione che l'impegno del profeta ad attuare il volere di Dio ha invece conseguenze così amare. Qui affiora per la prima volta il problema del rapporto fra condotta perversa e benessere materiale (cfr. Sal 73 e Giobbe). Geremia lo pone con viva partecipazione e, nonostante l'introduzione piena di modestia (v. 1), chiede subito una soluzione radicale (v. 3) che liberi la «terra» dai malanni che attira su di essa il comportamento degli «empi» che negano il governo di Dio. Ma si scontra con il mistero dell'agire di Dio che sconcerta le vedute umane. E proprio Geremia nella sua vita ne sarà testimone perché andrà incontro a difficoltà ancora più gravi, come chi passi da una zona pianeggiante alla «boscaglia del Giordano». Il profeta, inoltre, come i giusti di cui si parla in altri testi biblici (cfr. Mic 7,5-6; Sal 5,10; 28,3; 52,1-7; 55,12-15.20-21; 62,4), sperimenterà anche il rifiuto e l'opposizione da parte dei componenti della sua famiglia.

7-13. Il Dio di Geremia è un Dio mirabilmente vicino e partecipe della sorte dell'uomo: anche se è costretto a punire per correggere, ne soffre come di un lutto familiare. In questo passo, che si riferisce probabilmente ai disastri causati da eventi bellici (cfr. vv. 9.12), Dio per bocca del profeta espone una riflessione appassionata sulla condizione miserevole della sua «eredità». Non per questo il Signore frena la sua «ira ardente» (v. 13) e ritira la sua «spada che divora» (v. 12) finché il popolo non la smette di rivolgersi contro Dio «come un leone nella foresta» (v. 8). Tutto il brano è un intreccio di sentimenti di commiserazione per Israele (v. 9) ridotto al rango di zimbello («uccello screziato»), richiamo di uccelli predatori; di «odio» (v. 8) per la sua arroganza e di risolutezza nel punirlo (v. 9b). Attraverso la vibratile e variegata sensibilità del profeta, si fa luce l'amore dolce e forte di Dio che porta avanti con l'uomo, ma secondo il suo progetto, la storia della salvezza.

14-17. All'«eredità» divina vengono accostati i «vicini malvagi», anch'essi destinati a una salvezza futura (v. 15) attraverso la punizione (v. 14) che deve condurli al ravvedimento (v. 16), cioè all'accettazione del piano di Dio che fa perno su Israele, popolo della speranza. Il linguaggio usato in questo oracolo fa pensare a un rimaneggiamento posteriore al tempo di Geremia.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Aria di congiura 1Questa parola fu rivolta dal Signore a Geremia: 2«Riferisci agli uomini di Giuda e agli abitanti di Gerusalemme: Ascoltate le parole di questa alleanza! 3Dirai loro: Dice il Signore, Dio d’Israele: Maledetto l’uomo che non ascolta le parole di questa alleanza, 4che io imposi ai vostri padri quando li feci uscire dalla terra d’Egitto, dal crogiolo di ferro, dicendo: “Ascoltate la mia voce ed eseguite quanto vi comando; allora voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio, 5e potrò mantenere il giuramento fatto ai vostri padri di dare loro una terra dove scorrono latte e miele, come oggi possedete”». Io risposi: «Così sia, Signore!». 6E il Signore mi disse: «Proclama tutte queste parole nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme, dicendo: Ascoltate le parole di questa alleanza e mettetele in pratica! 7Poiché io più volte ho scongiurato i vostri padri quando li feci uscire dalla terra d’Egitto e fino ad oggi, ammonendoli premurosamente ogni giorno: “Ascoltate la mia voce!”. 8Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio; ognuno seguì la caparbietà del suo cuore malvagio. Perciò ho fatto ricadere su di loro tutte le parole di questa alleanza, che avevo ordinato loro di osservare e non osservarono». 9Il Signore mi disse: «Si è formata una congiura fra gli uomini di Giuda e gli abitanti di Gerusalemme; 10sono ritornati alle iniquità dei loro primi padri, che avevano rifiutato di ascoltare le mie parole, e anch’essi hanno seguito altri dèi per servirli. La casa d’Israele e la casa di Giuda hanno infranto l’alleanza che io avevo concluso con i loro padri. 11Perciò dice il Signore: Ecco, faccio venire su di loro una sventura alla quale non potranno sfuggire. Allora grideranno verso di me, ma io non li ascolterò; 12allora le città di Giuda e gli abitanti di Gerusalemme alzeranno grida agli dèi ai quali offrono incenso, ma quelli non li salveranno affatto nel tempo della loro sciagura. 13Poiché numerosi come le tue città sono i tuoi dèi, o Giuda; numerosi come le strade di Gerusalemme gli altari che avete eretto alla vergogna, altari per bruciare incenso a Baal. 14Tu, poi, non pregare per questo popolo, non innalzare per esso suppliche e preghiere, perché non ascolterò quando mi invocheranno nella loro sventura. 15Che fa il mio diletto nella mia casa? Tu hai commesso azioni malvagie. Voti e carne di sacrifici allontanano forse da te la sventura, per poter ancora schiamazzare di gioia?». 16Ulivo verde, maestoso, era il nome che il Signore ti aveva imposto. Con grande strepito sono date al fuoco le sue foglie, e i suoi rami sono bruciati. 17Il Signore degli eserciti che ti ha piantato annuncia la sventura contro di te, per la malvagità che hanno commesso a proprio danno Israele e Giuda, irritandomi con il bruciare incenso a Baal. 18Il Signore me lo ha manifestato e io l’ho saputo; mi ha fatto vedere i loro intrighi. 19E io, come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che tramavano contro di me, e dicevano: «Abbattiamo l’albero nel suo pieno vigore, strappiamolo dalla terra dei viventi; nessuno ricordi più il suo nome». 20Signore degli eserciti, giusto giudice, che provi il cuore e la mente, possa io vedere la tua vendetta su di loro, poiché a te ho affidato la mia causa. 21Riguardo agli uomini di Anatòt che vogliono la mia vita e mi dicono: «Non profetare nel nome del Signore, se no morirai per mano nostra», 22così dice il Signore degli eserciti: «Ecco, li punirò. I loro giovani moriranno di spada, i loro figli e le loro figlie moriranno di fame. 23Non rimarrà di loro alcun superstite, perché manderò la sventura contro gli uomini di Anatòt nell’anno del loro castigo».

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Approfondimenti

Aria di congiura 11,1-23 Il tema che lega i vari brani è quello della «congiura» che ricorre, nel primo (11,1-14, cfr. v. 9), in relazione all'alleanza tra Dio e il popolo, mentre nel terzo (11,18-23) connota l'ostilità violenta dei concittadini di Geremia contro il profeta.

11,1-14. La congiura contro il patto. Al centro del passo sta l'idea di un'alleanza che il popolo ha stipulato e che esige un'osservanza che non viene prestata, meritando così le sanzioni ad essa collegate. Si potrebbe pensare genericamente all'alleanza dell'esodo (cfr. vv. 4-5), ma il modo di parlarne («questa alleanza»: vv. 2.3.6) e le reazioni che si suppongono (vv. 18ss.) fanno piuttosto pensare che si tratti di quel rinnovamento dell'alleanza che va sotto il nome di riforma di Giosia, del 622 a.C. In tal caso, bisogna dedurne che Geremia, almeno per un certo tempo, le sia stato favorevole. Il testo in esame conserverebbe tracce della predicazione geremiana con ampliamenti e rimaneggiamenti (cfr. la presenza di riprese narrative: vv. 1.6.9). Hanno buona probabilità di essere autentici i vv. 6.8 (ultima parte) e 9-12 che risalirebbero allora al primo periodo della predicazione del profeta. Il testo attuale, che invita a collocare il passo tra i brani di stile deuteronomistico, si articola in due momenti, anche se non così nettamente distinti.

1-8. È un invito pressante ad essere fedeli all'alleanza che fa di Israele il popolo eletto («voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio»: v. 4, è formula di elezione e di alleanza) con diritto, per giuramento divino (v. 5), alla terra di Palestina.

9-14. Ma il popolo ha fatto come una contro-alleanza, una congiura (v. 9), per cui scattano le clausole di punizione inesorabilmente; ancora una volta al profeta è proibito di intercedere per il popolo (v. 14; cfr. 7,16).

15-17. Per la tematica il brano si riallaccia al c. 7: un culto formalistico non potrà stornare la punizione divina. È probabile che anche cronologicamente sia da collegare con il discorso del tempio (c. 7).

-<>—<>—<>—<>—<>—<>—<>—<>—<>—<>—<*>- LE “CONFESSIONI” DI GEREMIA Con 11,18 inizia una serie di lamentazioni personali del profeta indirizzate a JHWH. Tradizionalmente questi brani sono denominati “confessioni”, benché il titolo non sia totalmente appropriato (il contenuto sarebbe forse meglio espresso dalla denominazione “lamentazioni”). Alcune di queste confessioni ricevono risposta da Dio, altre invece no. La serie si chiude con 20,18. Non vi è unanimità nella definizione dei brani appartenenti a questa serie; in genere sono ritenuti tali: 11,18-12,6; 15,10-12; 15,15-21; 17,8-10.14-18; 18,18-23; 20,7-12.14-18. Geremia è l'unico libro profetico in cui sono conservate preghiere di questo tenore che ci permettono di cogliere l'interiorità del profeta. Il valore storico di questi passi è ancora oggetto di disputa, ma è indubitabile che nessun altro profeta ci offre simile materiale. Anche il genere letterario di questi passi è stato variamente inteso: sono stati accostati alla biografia, alle lamentazioni individuali (presenti soprattutto nel libro dei Salmi, ma anche in Giobbe). Qualunque sia il legame effettivo con la vicenda storica del profeta, resta indubbiamente vero che Geremia fu il rappresentante di un popolo che stava per affrontare una sciagura immane, così che la sua vita divenne per il popolo il simbolo dell'agire di Dio nei suo confronti In tal senso le confessioni rappresentano una specie di azione simbolica, anche se in questo caso tale azione non è un gesto capace di stupire, ma la continua e protratta sofferenza del profeta. -<>—<>—<>—<>—<>—<>—<>—<>—<>—<>—<*>-

18-23. La riforma di Giosia, toccando da vicino interessi anche economici (rendite legate al culto dei santuari locali soppressi) e ferendo sentimenti devozionali e campanilistici, deve aver suscitato malumori e ostilità che possono aver preso la forma di opposizione decisa. Non ribellione aperta, ma tentativi di soppressione violenta degli elementi più esposti e vulnerabili. Come appunto Geremia. E ciò ad opera dei compaesani che, vedendosi traditi, meditano di toglierlo di mezzo ancora giovane. Solo per puro caso, che il profeta considera rivelazione divina, viene a conoscenza della macchinazione e può così evitarla. Ma ne è sconvolto, non solo per il pericolo corso, ma per la fiducia tradita in quanto ingenuamente («come agnello mansueto») si è fidato di chi tramava per ucciderlo. I vv. 21-23 sembrano riferirsi a una situazione diversa da quella precedente, in quanto la minaccia di morte non viene conosciuta per rivelazione divina, ma apertamente formulata dai nemici (v. 21) e la motivazione di essa non è più l'appoggio dato alla riforma, ma più genericamente l'attività profetica, anche se le due cose sono molto affini. Da qui probabilmente il congiungimento dei due passi.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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1Ascoltate la parola che il Signore vi rivolge, casa di Israele. 2Così dice il Signore: «Non imparate la condotta delle nazioni e non abbiate paura dei segni del cielo, poiché di essi hanno paura le nazioni. 3Perché ciò che provoca la paura dei popoli è un nulla, non è che un legno tagliato nel bosco, opera delle mani di un intagliatore. 4Li abbelliscono di argento e di oro, li fissano con chiodi e con martelli, perché non traballino. 5Gli idoli sono come uno spauracchio in un campo di cetrioli: non sanno parlare; bisogna portarli, perché non possono camminare. Non temeteli: non fanno alcun male, come non possono neppure fare del bene». 6Nessuno è come te, Signore; tu sei grande e grande è la potenza del tuo nome. 7Chi non temerà te, o re delle nazioni? A te solo questo è dovuto: fra tutti i sapienti delle nazioni e in tutti i loro regni nessuno è simile a te. 8Tutti sono stolti e sciocchi, vana la loro dottrina, come un pezzo di legno. 9Sono fatti d’argento battuto e laminato, portato da Tarsis, e oro di Ufaz, opera di artisti e di orafi; sono rivestiti di porpora e di scarlatto, lavoro di sapienti artigiani. 10Il Signore, invece, è veramente Dio, egli è Dio vivente e re eterno; al suo sdegno trema la terra, le nazioni non resistono al suo furore. 11Direte loro: «Quegli dèi che non hanno fatto il cielo e la terra spariranno dalla faccia della terra e da sotto il cielo». 12Il Signore ha formato la terra con la sua potenza, ha fissato il mondo con la sua sapienza, con la sua intelligenza ha dispiegato i cieli. 13Al rombo della sua voce rumoreggiano le acque nel cielo. Fa salire le nubi dall’estremità della terra, produce le folgori per la pioggia, dalle sue riserve libera il vento. 14Resta inebetito ogni uomo, senza comprendere; resta confuso ogni orafo per i suoi idoli, poiché è menzogna ciò che ha fuso e non ha soffio vitale. 15Sono oggetti inutili, opere ridicole; al tempo del loro castigo periranno. 16Non è così l’eredità di Giacobbe, perché egli ha formato ogni cosa. Israele è la tribù della sua eredità, Signore degli eserciti è il suo nome. 17Raccogli da terra il tuo fardello, tu che sei cinta d’assedio, 18poiché dice il Signore: «Ecco, questa volta caccerò fuori gli abitanti del paese; li ridurrò alle strette, perché non mi sfuggano». 19Guai a me per la mia ferita; la mia piaga è incurabile. Eppure avevo pensato: «È un dolore sopportabile». 20La mia tenda è sfasciata tutte le corde sono rotte. I miei figli si sono allontanati da me e più non sono. Nessuno pianta i paletti della mia tenda e stende i teli. 21I pastori sono divenuti insensati, non hanno più ricercato il Signore; per questo non hanno avuto successo, anzi è disperso tutto il loro gregge. 22Si ode un rumore che avanza e un grande frastuono dal settentrione, per ridurre le città di Giuda a un deserto, a un rifugio di sciacalli. 23«Lo so, Signore: l’uomo non è padrone della sua via, chi cammina non è in grado di dirigere i suoi passi. 24Correggimi, Signore, ma con giusta misura, non secondo la tua ira, per non farmi venir meno». 25Riversa il tuo sdegno sulle genti che non ti riconoscono e sulle stirpi che non invocano il tuo nome, perché hanno divorato Giacobbe, l’hanno divorato e consumato, e hanno devastato la sua dimora.

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Approfondimenti

10,1-16. Inanità degli idoli di fronte all'onnipotenza del vero Dio. Il brano è composito, oltre che non autentico, in quanto i vv. 6-8, assenti nei LXX, sono un'aggiunta; il v. 11 è una glossa aramaica e i vv. 12-16 sembrano provenire da altre raccolte (cfr. 51,15-19). In ogni caso, l'insieme attuale si presenta come articolato in due momenti (vv. 1-10 e 12-16, con il v. 11 come cerniera) che presentano la nullità degli idoli, fatti dagli uomini (cfr. v. 3), e l'onnipotenza di Dio che ha fatto tutto l'universo.

17-25. Sfacelo completo. Ritorna il tema della distruzione ad opera del nemico del nord (v. 22). I vv. 23-24 sono una riflessione sapienziale. Per il v. 25 cfr. Sal 79,6-7.

A questo punto, dal c. 11 che sembra segnare un nuovo inizio e quindi indicare una nuova sezione, fino al c. 20 incluso, è arduo e forse vano tentare di distinguere articolazioni minori chiaramente delineate. Si può dire che esistono singole pericopi giustapposte, talvolta legate con quelle vicine da una tematica più o meno affine. Per cui basta la divisione introdotta dai capitoli, per quanto inadeguata e talvolta arbitraria.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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