📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

LA PROTEZIONE DIVINA

1Chi abita al riparo dell'Altissimo passerà la notte all'ombra dell'Onnipotente.

2 Io dico al Signore: “Mio rifugio e mia fortezza, mio Dio in cui confido”.

3 Egli ti libererà dal laccio del cacciatore, dalla peste che distrugge.

4 Ti coprirà con le sue penne, sotto le sue ali troverai rifugio; la sua fedeltà ti sarà scudo e corazza.

5 Non temerai il terrore della notte né la freccia che vola di giorno,

6 la peste che vaga nelle tenebre, lo sterminio che devasta a mezzogiorno.

7 Mille cadranno al tuo fianco e diecimila alla tua destra, ma nulla ti potrà colpire.

8 Basterà che tu apra gli occhi e vedrai la ricompensa dei malvagi!

9 “Sì, mio rifugio sei tu, o Signore!”. Tu hai fatto dell'Altissimo la tua dimora:

10 non ti potrà colpire la sventura, nessun colpo cadrà sulla tua tenda.

11 Egli per te darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutte le tue vie.

12 Sulle mani essi ti porteranno, perché il tuo piede non inciampi nella pietra.

13 Calpesterai leoni e vipere, schiaccerai leoncelli e draghi.

14 “Lo libererò, perché a me si è legato, lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome.

15 Mi invocherà e io gli darò risposta; nell'angoscia io sarò con lui, lo libererò e lo renderò glorioso.

16 Lo sazierò di lunghi giorni e gli farò vedere la mia salvezza”.

_________________ Note

91,1 L’orante che pronuncia questa preghiera sta per affrontare la notte nel tempio (“abitare al riparo dell'Altissimo”, v. 1), in attesa di ricevere, all’alba, l'oracolo di salvezza che il sacerdote gli rivolgerà nel nome del Signore (vv. 14-16). La notte si presenta con il suo carico di timori e di incubi, di pericoli e di paure, ma non incute paura a chi si affida totalmente a Dio e cerca rifugio sotto la sua protezione.

91,3-4 Il laccio indica pericolo, insidia; penne e ali che offrono rifugio e proteggono, sono immagini della sollecitudine di Dio per l’uomo.

91,11-12 Questi versetti sono citati nell’episodio delle tentazioni di Gesù (Mt 4,6; Lc 4,10-11).

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Approfondimenti

Al riparo dell'Altissimo Salmo sapienziale (+ motivi liturgici, di fiducia e oracolo finale)

Per alcuni paralleli letterari e ideologici a volte si pone questo salmo nel genere dei “salmi regali”, scorgendovi nel personaggio interpellato (v. 1) la figura del re, tuttavia sembra che qui prevalga il genere sapienziale. Il metro nel TM è di 3 + 3 accenti. Mentre nel testo ebraico manca il titolo, nei LXX si attribuisce il salmo a Davide. Il campo semantico e simbolico è dato dallo spazio e dal tempo, dalle immagini venatorie, belliche, somatiche e teriomorfe.

Divisione:

  • vv. 1-2: esortazione alla fiducia;
  • vv. 3-13: efficacia della divina protezione;
  • vv. 14-16: oracolo di conferma.

vv. 1-2. Il salmista, sotto le vesti di un sapiente, di un sacerdote e di un profeta, esorta il fedele che si è messo sotto la protezione del Signore, a professare la sua fede e fiducia in lui. Il Signore, che già lo ha fatto per il passato, libererà anche in seguito il suo fedele da ogni pericolo.

v. 1. «Iu che abiti al riparo..»: nel TM questo primo versetto ha problemi sintattici di connessione tra il primo e il secondo emistichio. L'espressione indica la certezza della protezione del Signore, determinata dai verbi che indicano stabilità: «abiti... dimori...». «Altissimo... Onnipontente»: sono due titoli antichi di Dio (‘elyôn... šadday) derivati dal mondo cananaico.

vv. 3-4. «laccio... penne... ali»: sono immagini venatorie (cfr. Sal 38,13). Si esprime la sicurezza della protezione divina; le ali possono alludere a quelle dei cherubini sormontanti l'arca dell'alleanza situata nel tempio, trono della presenza di Dio (Sal 17,8; 36,8). «la peste»: qui e nel v. 6 è personificata.

vv. 5-8. «scudo... corazza... frecce»: sono immagini belliche con le quali si sottolinea di nuovo la liberazione di Dio, dovuta alla «fedeltà» verso il suo protetto. Questi sarà salvato e gli empi suoi nemici con tutti gli assalitori scompariranno (vv. 7 8).

v. 5. «freccia...»: la metafora indica una malattia che colpisce all'improvviso, cfr. Sal 38,3; Gb 6,4; Lam 3,13; Ez 5,16.

v. 6. «lo sterminio che devasta a mezzogiorno»: in forza del parallelismo con il primo emistichio, lo «sterminio» (tradotto anche «morbo, epidemia, contagio...») indica qui una malattia generica contagiosa, anche personificata, come la peste. La Vulgata sulla scia dei LXX (che traducono «demonio») ha tradotto qui, erroneamente, «demonio meridiano». C'è stato uno scambio tra la voce verbale yāšûd (=devasterà) e wᵉšēd (=e demonio).

vv. 14-16. Per bocca di un sacerdote o di un profeta cultuale il Signore, a chiusura del salmo, prende direttamente la parola per confermare quanto assicurato dal salmista, sulla sua divina protezione. La formula di questo oracolo nel TM è molto elaborata: c'è un chiasmo perfetto nel v. 14, un altro nel v. 16 e una rima molto insistente in ...ehû.

v. 14. «a me si è affidato»: alla lett. «ha aderito a me...». E usato qui nel TM il verbo ḥšq (= aderire a..., legarsi a...) che esprime il rapporto stabile di amore tra un uomo e una donna che egli intende sposare (cfr. Gn 34,8; Dt 21,11); nei riguardi dei rapporti di Dio con Israele il verbo è usato in Dt 7,7 e 10,15. «ha conosciuto»: il valore biblico del «conoscere» (yd‘) è vasto e profondo. Abbraccia l'intera persona, anima e corpo. Qui perciò si sottolinea la vera religiosità del fedele, che aderisce totalmente a Dio, e non il vuoto formalismo, cfr. Ger 31,34. «nome»: equivale al Signore stesso. Il fedele è «colui che conosce il nome del Signore», cfr. Sal 9,11; 20,2-4; 1Re 8,43.

v. 16. «Lo sazierò di lunghi giorni»: cfr. Gb 5,26. Si allude alla benedizione di Dio riguardante la lunghezza della vita come quella dei patriarchi, cfr. Gn 25,8; Gn 35, 28-29.

Nel NT i vv. 11-12 sono citati dal diavolo nei testi della tentazione di Gesù (Mt 4,5-6; Lc 4,9-11). Il riferimento ai «leoni» di v. 13 si trova in 1Pt 5,8-10, ove si identifica il «leone» con satana e si preannunzia anche il soccorso efficace di Dio come nell'intero salmo.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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SALMI – LIBRO QUARTO (90-106)

ETERNITÀ DI DIO E BREVITÀ DELLA VITA DELL’UOMO 1 Preghiera. Di Mosè, uomo di Dio.

Signore, tu sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.

2 Prima che nascessero i monti e la terra e il mondo fossero generati, da sempre e per sempre tu sei, o Dio.

3 Tu fai ritornare l'uomo in polvere, quando dici: “Ritornate, figli dell'uomo”.

4 Mille anni, ai tuoi occhi, sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte.

5 Tu li sommergi: sono come un sogno al mattino, come l'erba che germoglia;

6 al mattino fiorisce e germoglia, alla sera è falciata e secca.

7 Sì, siamo distrutti dalla tua ira, atterriti dal tuo furore!

8 Davanti a te poni le nostre colpe, i nostri segreti alla luce del tuo volto.

9 Tutti i nostri giorni svaniscono per la tua collera, consumiamo i nostri anni come un soffio.

10 Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, e il loro agitarsi è fatica e delusione; passano presto e noi voliamo via.

11 Chi conosce l'impeto della tua ira e, nel timore di te, la tua collera?

12 Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio.

13 Ritorna, Signore: fino a quando? Abbi pietà dei tuoi servi!

14 Saziaci al mattino con il tuo amore: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.

15 Rendici la gioia per i giorni in cui ci hai afflitti, per gli anni in cui abbiamo visto il male.

16 Si manifesti ai tuoi servi la tua opera e il tuo splendore ai loro figli.

17 Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio: rendi salda per noi l'opera delle nostre mani, l'opera delle nostre mani rendi salda.

_________________ Note

90,1 Domina in questa preghiera, che nel titolo del salmo viene attribuita a Mosè (v. 1), il simbolismo del tempo e dello spazio. Da una parte vi è il riconoscimento della stabilità di Dio; dall’altra la constatazione dell'inconsistenza e fragilità; dell'uomo (polvere, turno di veglia nella notte, erba del campo, soffio).

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Approfondimenti

Signore, muoviti a pietà dei tuoi servi Supplica collettiva (+ motivi innici e sapienziali)

Il salmo è attribuito, unica volta nel Salterio, a Mosè, ma è molto probabilmente del postesilio. Strutturalmente è tenuto unito da un'inclusione generale tra i vv. 1-2 e 17. Inoltre Dio è invocato come Signore (’adōnāy) in apertura e in chiusura (vv. 1.17). La simbologia del tempo è dominante, ma ricorrono anche quella spaziale, psicologica e antropomorfica. Questo salmo, che fa da apertura al quarto libro del Salterio, per i problemi affrontati è simile al Sal 39.

Divisione:

  • 1b-2: solenne introduzione;
  • vv. 3-12: professione di fede nell'eternità, potenza e onniscienza di Dio;
  • vv. 13-17: supplica di liberazione dal male presente e sostegno per il futuro.

vv. 1b-2. Si proclama una duplice professione di fede: Dio come luogo sicuro di «rifugio» (v. 2) (cfr. Sal 71,3; 91,9), e Dio nella sua eterna stabilità (v. 3). Queste due premesse fondano le richieste finali del salmo.

v. 2. «nascessero i monti... fossero generati»: non si nega la verità della creazione (Gn 1), ma si adoperano immagini cosmogoniche proprie del genere innico (cfr. Gb 38,8).

vv. 3-12. L'orante medita sulla caducità umana segnata dal peccato, in raffronto con l'eternità di Dio. I vv. 3-6 riguardano l'uomo in genere, mentre i vv. 7-12, in particolar modo, il popolo di Dio che ha ricevuto la rivelazione. La sezione si chiude con l'invocazione del v. 12 a Dio per «giungere alla sapienza del cuore». Nel v. 3 si ricorda la realtà della morte richiamando Gn 3,19; nel v. 4 si accenna all'incommensurabilità del tempo divino in raffronto con il tempo dell'uomo (mille anni = un giorno); nei vv. 5-6 la caducità della vita umana è paragonata all'erba dei campi, che al mattino fiorisce e a sera dissecca, cfr. Sal 102,12; 103,15-16; Is 40,6-7; Gb 14,2; Sir 14,18. Nei vv. 7-12 i verbi nel TM sono al passato, il che fa pensare che il salmista e la comunità pur tenendo presente la condizione umana in genere, riflettono sulla situazione di disagio presente in cui versa il popolo, riconosciuta come effetto dell'ira divina a causa del peccato (vv. 7-8).

v. 8. «Davanti a te poni le nostre colpe, i nostri peccati occulti...»: in un parallelismo sinonimico in forma chiastica il salmista professa che niente si può nascondere a Dio; Dio conosce anche i nostri peccati più segreti (cfr. Sal 51).

vv. 9-10. «Tutti i nostri giorni svaniscono..»: si sottolinea la fugacità del tempo della vita dell'uomo che comporta anche fatica e dolore (cfr. Gb 9,25-28a).

v. 11. Il senso del versetto è incerto.

v. 12. «Insegnaci a contare i nostri giorni...»: è la supplica che chiude la meditazione dei vv. 3-12. Il salmista, dopo le considerazioni precedenti, chiede al Signore di saper valutare bene la vita umana, specialmente nei lati negativi, per trarne una lezione. Il cuore, cioè la mente dell'uomo, può acquistare la saggezza che lo aiuta a vivere (cfr. Sap 4,8-9; Qo 11,9-12,8).

vv. 13-17. L'attenzione del salmista si fa più attenta alla situazione presente di disagio del popolo e supplica il Signore affinché rotti gli indugi («fino a quando?»), abbia pietà.

v. 14. «Saziaci al mattino con la tua grazia»: il verbo «saziare» (śb‘) è un verbo simbolico e poetico usato spesso nel Salterio, cfr. Sal 17,15; 22,27; 37,19; 63,6...

Nel NT il v. 4 del salmo è ripreso da 2Pt 3,8-9.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INNO DI LODE A DIO, FEDELE ALLE SUE PROMESSE 1 Maskil. Di Etan, l'Ezraita.

2 Canterò in eterno l'amore del Signore, di generazione in generazione farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,

3 perché ho detto: “È un amore edificato per sempre; nel cielo rendi stabile la tua fedeltà”.

4 “Ho stretto un'alleanza con il mio eletto, ho giurato a Davide, mio servo.

5 Stabilirò per sempre la tua discendenza, di generazione in generazione edificherò il tuo trono”.

6 I cieli cantano le tue meraviglie, Signore, la tua fedeltà nell'assemblea dei santi.

7 Chi sulle nubi è uguale al Signore, chi è simile al Signore tra i figli degli dèi?

8 Dio è tremendo nel consiglio dei santi, grande e terribile tra quanti lo circondano.

9 Chi è come te, Signore, Dio degli eserciti? Potente Signore, la tua fedeltà ti circonda.

10 Tu domini l'orgoglio del mare, tu plachi le sue onde tempestose.

11 Tu hai ferito e calpestato Raab, con braccio potente hai disperso i tuoi nemici.

12 Tuoi sono i cieli, tua è la terra, tu hai fondato il mondo e quanto contiene;

13 il settentrione e il mezzogiorno tu li hai creati, il Tabor e l'Ermon cantano il tuo nome.

14 Tu hai un braccio potente, forte è la tua mano, alta la tua destra.

15 Giustizia e diritto sono la base del tuo trono, amore e fedeltà precedono il tuo volto.

16 Beato il popolo che ti sa acclamare: camminerà, Signore, alla luce del tuo volto;

17 esulta tutto il giorno nel tuo nome, si esalta nella tua giustizia.

18 Perché tu sei lo splendore della sua forza e con il tuo favore innalzi la nostra fronte.

19 Perché del Signore è il nostro scudo, il nostro re, del Santo d'Israele.

20 Un tempo parlasti in visione ai tuoi fedeli, dicendo: “Ho portato aiuto a un prode, ho esaltato un eletto tra il mio popolo.

21 Ho trovato Davide, mio servo, con il mio santo olio l'ho consacrato;

22 la mia mano è il suo sostegno, il mio braccio è la sua forza.

23 Su di lui non trionferà il nemico né l'opprimerà l'uomo perverso.

24 Annienterò davanti a lui i suoi nemici e colpirò quelli che lo odiano.

25 La mia fedeltà e il mio amore saranno con lui e nel mio nome s'innalzerà la sua fronte.

26 Farò estendere sul mare la sua mano e sui fiumi la sua destra.

27 Egli mi invocherà: “Tu sei mio padre, mio Dio e roccia della mia salvezza”.

28 Io farò di lui il mio primogenito, il più alto fra i re della terra.

29 Gli conserverò sempre il mio amore, la mia alleanza gli sarà fedele.

30 Stabilirò per sempre la sua discendenza, il suo trono come i giorni del cielo.

31 Se i suoi figli abbandoneranno la mia legge e non seguiranno i miei decreti,

32 se violeranno i miei statuti e non osserveranno i miei comandi,

33 punirò con la verga la loro ribellione e con flagelli la loro colpa.

34 Ma non annullerò il mio amore e alla mia fedeltà non verrò mai meno.

35 Non profanerò la mia alleanza, non muterò la mia promessa.

36 Sulla mia santità ho giurato una volta per sempre: certo non mentirò a Davide.

37 In eterno durerà la sua discendenza, il suo trono davanti a me quanto il sole,

38 sempre saldo come la luna, testimone fedele nel cielo”.

39 Ma tu lo hai respinto e disonorato, ti sei adirato contro il tuo consacrato;

40 hai infranto l'alleanza con il tuo servo, hai profanato nel fango la sua corona.

41 Hai aperto brecce in tutte le sue mura e ridotto in rovine le sue fortezze;

42 tutti i passanti lo hanno depredato, è divenuto lo scherno dei suoi vicini.

43 Hai esaltato la destra dei suoi rivali, hai fatto esultare tutti i suoi nemici.

44 Hai smussato il filo della sua spada e non l'hai sostenuto nella battaglia.

45 Hai posto fine al suo splendore, hai rovesciato a terra il suo trono.

46 Hai abbreviato i giorni della sua giovinezza e lo hai coperto di vergogna.

47 Fino a quando, Signore, ti terrai nascosto: per sempre? Arderà come fuoco la tua collera?

48 Ricorda quanto è breve la mia vita: invano forse hai creato ogni uomo?

49 Chi è l'uomo che vive e non vede la morte? Chi potrà sfuggire alla mano degli inferi?

50 Dov'è, Signore, il tuo amore di un tempo, che per la tua fedeltà hai giurato a Davide?

51 Ricorda, Signore, l'oltraggio fatto ai tuoi servi: porto nel cuore le ingiurie di molti popoli,

52 con le quali, Signore, i tuoi nemici insultano, insultano i passi del tuo consacrato.

53 Benedetto il Signore in eterno. Amen, amen.

_________________ Note

89,1 Dentro al tema dominante regale-messianico si inserisce un antico inno alla potenza meravigliosa di Dio creatore; si passa poi al lamento per la situazione attuale di abbandono e di sconfitta e alla richiesta dell’intervento di Dio. Centrale è la figura di Davide, scelto e consacrato re da Dio, il quale è fedele alle sue promesse (oracolo di Natan: 2Sam 7,8-16). Esse si realizzano nella stabilità del trono e nella continuità della discendenza. Il v. 53 conclude il terzo libro dei salmi, secondo la suddivisione ebraica del Salterio.

89,1 Etan: appare in 1Re 5,11 come uomo sapiente; in 1Cr 6,27.29; 15,17.19 si parla di un Etan addetto al servizio del tempio come cantore. Riguardo a Ezraita, vedi la nota a Sal 88,1.

89,6-8 L’assemblea dei santi, i figli degli dèi e il consiglio dei santi indicano gli esseri celesti (o gli angeli), che compongono la corte di Dio (vedi anche Gb 1,6).

89,11 Raab: simbolo delle forze del caos primitivo.

89,13 Il monte Tabor domina la pianura della Galilea, mentre l’Ermon è l’alto massiccio che si innalza sul versante settentrionale della terra di Canaan.

89,26 mare: il Mediterraneo; fiumi: il Nilo (a occidente) e l’Eufrate (a oriente).

89,39-46 Si allude a qualche evento negativo, che ha minacciato la sopravvivenza d’Israele.

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Approfondimenti

Supplica al Dio fedele _ Salmo regale (+ motivi innici, di lamentazione e liturgici)_

Il salmista (o il re stesso) in un momento di crisi della monarchia invoca il soccorso divino, ricordando a Dio la sua fedeltà nella conservazione della creazione (vv. 6-19), nell'elezione di Davide e della sua dinastia (vv. 20-38). Non è un salmo meramente antologico, anche se oscilla tra l'inno (vv. 6-19), l'oracolo (3-5; 20-38) e il lamento (vv. 39-52). Allo stato attuale rivela invece una sostanziale unità, frutto di una struttura di fondo ben congegnata e solida, anche se l'inserzione dell'inno cosmico originario dei vv. 6-19 sia evidente, considerato anche il suo carattere arcaico. L'unità è data da inclusioni e da richiami vari nel TM. La parola «grazia» (ḥesed) percorre tutto il salmo (vv. 2.3.15.20.25.29.34.50), così «fedeltà» (’emûnâ) e la sua radice verbale (’mn) (vv. 2.3.6.9.15.25.29.34.38.30). II verbo «fondare, rendere stabile» (kwn), riferito alla stabilità dinastica ricorre nei vv. 3.5.22.38; e l'avverbio «sempre» (‘ôlām) nei vv. 2.3.5.29.37.38. Lo stile è solenne all'inizio (parte innica), malinconico nella parte finale e accorato nella parte della lamentazione. Nel TM gli accenti sono 4 + 4 all'inizio e alla fine, e 3 + 3 nel corpo. La simbologia è temporale-spaziale, bellica e regale. Il Sal 89 termina il terzo libro dei Salmi, così come il Sal 72, di carattere messianico-regale, chiude il secondo; ma nel Sal 89 prevale la componente messianica su quella regale.

Divisione:

  • vv. 2-5: solenne introduzione;
  • vv. 6-19: inno cosmico;
  • vv. 20-38: oracolo divino;
  • vv. 39-52: lamentazione;
  • v. 53: dossologia (fine del terzo libro dei Salmi).

v. 2. «le grazie del Signore»: la voce «grazie» (ḥasdê JHWH) è posta in stato enfatico nel TM. «voglio cantare..»: è l'autoinvito del poeta a lodare Dio per la sua bontà e fedeltà narrando i suoi gesti di benevolenza.

vv. 3-5. «perché hai detto»: è la motivazione classica della struttura dell'inno. In questi tre versetti si riporta un breve oracolo («hai detto») che insiste sulla coppia «grazia-fedeltà» (ḥesed-’emûnâ), e che è anticipazione tematica del contenuto del salmo stesso.

v. 3. «grazia e fedeltà»: sono le due virtù divine dell'alleanza che non possono venir meno.

v. 4. «Ho stretto un'alleanza»: alla lett. «ho tagliato un'alleanza». È un'espressione classica. La voce «alleanza» (bᵉrît) non si trova in 2Sam 7 cui si richiama questo versetto, il seguente e i vv. 29-38 (cfr. tuttavia Sir 47,11), ma qui ha lo stesso significato dell'alleanza contratta con Abramo (Gn 15,18).

vv. 6-19. A conferma dell'espressione di v. 3 «la tua fedeltà è fondata nei cieli» il redattore inserisce qui un inno cosmico di elevata fattura, probabilmente preesistente al salmo stesso e composto forse nel regno del Nord verso il 750 a.C., di tonalità messianico-regale. Ricalca il modello del Sal 19,2-7. La fedeltà-alleanza cosmica di Dio serve all'autore a dimostrare la fedeltà-alleanza storica con Davide e la sua discendenza.

v. 6. «I cieli cantano...»: i cieli sono personificati (cfr. Gb 38,7; Sal 19,2-5) e fanno coro alternandosi con «l'assemblea dei santi» (qᵉhal qᵉdošîm) che è chiamata nel v. 8 «assemblea (consiglio) dei santi» (sôd-qᵉdošîm). L'espressione accenna agli esseri celesti componenti la corte di Dio. Si rispecchia la concezione politeista, ma demitizzata, comune alle religioni della Mezzaluna Fertile. Sono detti anche «figli di Dio» (bᵉnê ’ēlîm) nel v. 7 (cfr. Sal 29,1; 82,1.6; Gb 1,6; 2,1; 5,1; 15,15; 38,7; Gn 6,2-4...). Nello sviluppo teologico giudaico più recente (particolarmente nell'apocalittica) dell'AT sono assimilati agli angeli (cfr. Zc 14,5; Dn 8,13 come è tradotto dalla BC).

vv. 10-15. Attraverso immagini mitiche di antiche cosmogonie semitiche (Ugarit e Mesopotamia) si celebra Dio come Signore delle acque. Il mare è rappresentato come un principe ribelle, il cui orgoglio è dominato da Dio, cfr. Gn 1,9-10; Gb 38,8-11. Si noti l'insistenza del «tu» rivolto a Dio. Ricorre 5 volte in questi versetti, ed è in posizione enfatica all'inizio dei vv. 10 e 11. L'Io divino regola e dirige i meccanismi dell'universo (cfr. Gb 38,9-11).

v. 11. «Tu hai calpestato Raab»: si descrive plasticamente, con grande efficacia simbolica, la scena del trionfo cosmico di Dio. Il poeta qui rielabora i dati mitici. Raab (= l'arrogante, il tempestoso, cfr. Sal 87,4; Gb 9,13; Is 51,9) è il mostro marino mitico primordiale che con il Leviatan (Sal 74,14; 104,26; Gb 40,25-41,26), con il dragone-Tannin (Sal 91,13; 148,7) e Behemot (= ippopotamo?) (Gb 40,15-24) insidia la creazione. Anche il dio babilonese Marduk calpesta il cadavere di Tiamat vinta (cfr. Enūma eliš IV).

v. 12. «cieli... terra»: espressione “polare” per indicare tutto l'universo.

v. 13. «il settentrione e il mezzogiorno»: è un'altra espressione “polare” per significare la totalità della terra. «il Tabor»: è la montagna che domina la pianura di Izreel in Galilea. È alto m 582. «l'Ermon»: è il massiccio meridionale dell'Antilibano (m 2750) che domina tutto il versante nord della Palestina. Spesso è menzionato nella Bibbia (Dt 3,8; 4,48; Gs 11,3.17; 12,1.5; 13,11; Sal 68,15-16; 133,3).

v. 14. «È potente il tuo braccio... la tua mano... la tua destra»: questo simbolismo somatico è caratteristico della teologia dell'esodo.

v. 15. «Giustizia e diritto... grazia e fedeltà»: sono attributi divini personificati, cfr. Sal 85,11-14. Si può immaginare un corteo processionale: la giustizia e il diritto, reggenti il trono di Dio, fondano la stabilità del suo e di qualsiasi altro regno; la grazia e la fedeltà sono le virtù dell'alleanza che predominano in questo salmo (cfr. Sal 36,6-8; 71,18-19; 85,11-12); esse fanno da battistrada.

v. 16. «Beato il popolo...»: è chiamato beato il popolo che cammina nella luce del Signore, è sempre nella gioia («esulta tutto il giorno») e si compiace della sua giustizia salvifica. «che ti sa acclamare»: alla lett. «che conosce l'acclamazione (tᵉrûâ)».

v. 19. «il nostro re, del Santo d'Israele»: il versetto si può tradurre in due modi: a) «Perché del Signore è il nostro scudo// e del Santo d'Israele il nostro re»; b) «Sì, proprio il Signore è il nostro scudo//, il Santo d'Israele il nostro re». Nel primo caso si ha un aggancio con l'oracolo successivo dei versetti seguenti. Si accenna al re con la metafora dello «scudo» di difesa che appartiene al Signore (Sal 47,10; 84,10). Egli è totalmente consacrato al Signore, sua proprietà, e sotto la sua protezione, essendone il luogotenente. Nel secondo caso, Dio stesso è proclamato «scudo» di difesa e «re» d'Israele. La traduzione BC ha optato per la prima soluzione. Ma nell'uno e nell'altro caso si esalta il primato del Signore e la dinastia davidica nella storia d'Israele.

vv. 20-38. Questo oracolo sviluppa la fedeltà-alleanza, anticipata tematicamente nel v. 4. Ciò nella struttura del salmo fa da premessa alla lamentazione finale (vv. 39-52). L'oracolo storico riprende 2Sam 7 in una forma più ampliata, arricchitasi dall'esperienza storica della dinastia davidica. Sono presenti i temi dell'elezione, della protezione, della fedeltà di Dio a Davide (vv. 20-29) e quello della discendenza davidica (vv. 30-38).

v. 20. «Un tempo...»: l'espressione introduce l'oracolo, che si richiama a un tempo storico, quello di 2Sam 7. Contrapposto al «ma tu» del v. 39, l'espressione suggerisce gioia e ottimismo nostalgico, contrapposti alla situazione pessimistica e buia del presente per la dinastia davidica. «ai tuoi santi»: alla lett. «ai tuoi fedeli». In qualche manoscritto e a Qumran l'espressione è riportata al singolare, riferita direttamente a Davide. Ma la forma plurale, mantenuta nei LXX e nella Vulgata, si spiega pensando alla ripetizione liturgica dell'oracolo ai nuovi discendenti davidici, probabilmente all'atto della loro intronizzazione. «Ho portato aiuto a un prode...»: cfr., per es., il duello tra Davide e Golia (1Sam 17).

v. 21. «Ho trovato Davide, mio servo..»: si ricorda la consacrazione regale di Davide per mano di Samuele (cfr. 1Sam 16.1.13). Così Davide diventa il «consacrato», il «Messia» (cfr. v. 52; 2Sam 19,22).

v. 22. «la mia mano è il suo sostegno...»: cfr. v. 25. Il salmista indica la protezione divina, che è uno degli elementi dell'alleanza. Dio sta accanto al suo consacrato.

v. 26. «Stenderò sul mare la sua mano..»: ci si riferisce all'estensione dei domini del re. Il dominio cosmico di Dio dei vv. 10-11, viene qui attribuito per partecipazione al re Davide. Il «mare» è il Mediterraneo, i «fiumi» sono forse il Nilo a sud-ovest e l'Eufrate a nord-est; tuttavia l'espressione riporta a quanto detto del re ideale (il Messia) nel Sal 72,8.

vv. 27-28. «Egli mi invocherà: Tu sei mio padre...»: è la formula di adozione ufficiale di un bambino (cfr. Sal 2,7; 110,3), che costituiva anche un elemento fondamentale nei cosiddetti “protocolli reali” orientali. Questi, nella qualità di atti ufficiali, rendevano legittima la successione di un sovrano nel giorno della sua incoronazione. Per il re ebraico si tratta di una filiazione adottiva, come quella fatta per tutto il popolo d'Israele (cfr. Es 4,22). In 2Sam 7,14 la formula viene riferita al discendente di Davide, mentre qui si riferisce a Davide stesso. «roccia della mia salvezza»: la stessa invocazione attribuita a Davide è anche in Sal 18,3 e in 2Sam 22,2.

v. 28. «primogenito»: il primogenito godeva di un diritto particolare sull'eredità paterna. Di per sé il titolo di primogenito si riferisce a tutto il popolo d'Israele (cfr. Es 4,22; Dt 32,5-6). Qui è attribuito a Davide per esprimere la sua superiorità su tutti i re della terra (cfr. 2Sam 7,9c).

v.29. «Gli conserverò sempre la mia grazia»: si sottolinea la perennità del favore divino su Davide e sui suoi discendenti; cfr. il v. 5 e le varie ricorrenze dell'avverbio «sempre», segno di insistenza, in 2Sam 7,12-16.

v. 30. «Stabilirò per sempre la sua discendenza...»: si riprende il v. 5, confermando la promessa di Dio a Davide, valida anche per la sua dinastia (cfr. 2Sam 7,12.15). «come i giorni del cielo»: la durata del cielo è una metafora per indicare la perennità dell'alleanza (cfr. Dt 11,21; Sal 72,5.17; Bar 1,11; Sir 45,15) con la dinastia davidica.

vv. 31-33. Si ipotizzano casi di infedeltà nei discendenti regali di Davide e nonostante i castighi si riafferma la fedeltà di Dio. Alcune infedeltà anche da parte dei re davidici nella storia biblica sicuramente si sono verificate, cfr., per es., quelle di Salomone causate dalle sue mogli (1Re 11,1-8), l'idolatria tollerata da Roboamo (1Re 14,22-24) e successori; l'incredulità di Acaz (2Re 16; Is 7) e l'empietà di Manasse (2Re 21).

**v. 31. «abbandoneranno la mia legge»: si tratta della scelta radicale contraria a Dio: l'abbandono della torah! È il peccato di apostasia. Nel Sal 132,12 il caso è formulato in positivo.

v. 33. «punirò con la verga il loro peccato»: scatta la punizione divina secondo la giustizia retributiva (Gdc 2,11-15). In 2Sam 7,14b la lettura è leggermente differente. La punizione del sovrano rispetto agli altri ha valore di esempio, cfr. la minaccia di punizione dell'empio Ioiakim, figlio di Giosia (Ger 22,19).

v. 34. «Ma non gli toglierò...»: nonostante tutto il Signore è determinato a non ritirare il suo favore dalla dinastia davidica. L'amore divino ha la meglio sulla sua giustizia!

v. 36. «Sulla mia santità ho giurato..»: cioè «su me stesso ho giurato» (cfr. v. 4; Sal 132,11). La santità indica la trascendenza di Dio e si identifica in pratica con la sua stessa persona.

vv. 37-38. «In eterno durerà la sua discendenza..»: si ripete solennemente la promessa davidica, cfr. vv. 5.30; 2Sam 7,12; «quanto il sole... saldo come la luna»: il paragone è sviluppato anche in Sal 72,5.17.

vv. 39-52. La lamentazione è l'attualizzazione e la conseguenza dell'inno cosmico (fedeltà di Dio fondata nei cieli) e dell'oracolo davidico (fedeltà storica di Dio). Nei vv. 39-46 si contrappone, sotto forma di lamentazione, tale fedeltà incondizionata di Dio dei versetti precedenti, alla situazione presente, che sembra smentirla, in cui il discendente davidico è sconfitto e il suo trono è rovesciato (probabile riferimento alla fine della monarchia al tempo della caduta di Gerusalemme del 587 a.C.?). Nei vv. 39-46 si richiama la situazione attuale (I strofa); nei vv. 47-52 (II strofa) si riporta la supplica del salmista o di un personaggio rappresentativo (o dello stesso re, o del suo successore) in prima persona, che ricorda al Signore la fedeltà giurata a Davide (v. 50), supplicandolo perciò di mantenere le promesse verso di lui e la dinastia regale.

v. 39. «Ma tu....»: è un'avversativa molto forte in stato enfatico. Il salmista si oppone con tono accusatorio a Dio tacciandolo di infedeltà, contrariamente al «tu» con cui si esaltava la sua grandezza e fedeltà nell'inno cosmico dei vv. 6-19. Dio sembra contraddirsi. Ma il salmista, o chi per lui, non ha capito il disegno imperscrutabile di Dio; tuttavia rivolgendosi a lui, per ricordargli le promesse passate, dimostra che la sua fede e fiducia sono ancora abbastanza forti.

v. 47. «Fino a quando?...»: con quest'espressione inizia la seconda parte della lamentazione, cioè quella della supplica, dopo aver presentato la situazione attuale (vv. 39-46). C'è il passaggio dalla terza alla prima persona. E la supplica di un membro autorevole della comunità d'Israele (forse il re stesso) che cerca di impietosire Dio smuovendolo dal suo silenzio, incalzandolo con argomenti cogenti. Il ragionamento, ingenuo e appassionato, fondato sull'amore di Dio per la vita e sulla sua fedeltà, spostato dal singolo uomo alla stessa dinastia, evidenzia che Dio non può entrare in contraddizione con se stesso e le sue promesse. Deve intervenire a favore della dinastia per non lasciarle cadere nel nulla.

v. 50. «Dove sono... le tue grazie...»: il salmista richiama il v. 2, con un'inclusione, riferendosi alle grazie del Signore e alla sua fedeltà.

vv. 51-52. Questi versetti, che si aprono con l'imperativo «Ricorda» rivolto al Signore, fanno leva sulla categoria biblica del “memoriale”. Esso è un «ricordo» attivo ed efficace.

v. 51. «Ricorda, Signore, l'oltraggio dei tuoi servi...»: il testo del versetto in ebraico è un po' oscuro. Anche questo versetto, come il v. 47, è la supplica del salmista o di un membro autorevole della comunità d'Israele (o del re stesso) che cerca di impietosire Dio. Dalla possibile traduzione dell'espressione «dei tuoi servi» con «del tuo servo» (secondo 24 manoscritti e Syr) alcuni esegeti pensano che si tratti del re stesso, che manifesta la sua ansia con Dio. «porto nel cuore le ingiurie di molti popoli»: è una traduzione congetturale. Alla lett. «porto nel mio seno la totalità di molti popoli». Il soggetto o è il salmista o il re stesso, che nella propria coscienza soffre per gli oltraggi arrecati alla nazione dai popoli nemici.

v. 52. «insultano i passi del tuo consacrato»: agli oltraggi alla nazione (v. 51) si aggiungono anche quelli diretti contro il suo re-Messia. Qui, come nel v. 51, è il salmista o è il re-Messia stesso che confessa le sue intime sofferenze per le offese ricevute.

v. 53. «Benedetto il Signore in eterno»: è la dossologia che segna la fine del terzo libro dei Salmi. «Amen, Amen»: è la risposta del popolo. È sintomatico che il secondo e il terzo libro dei Salmi terminino con un salmo messianico (Sal 72; 89).

Il v. 21a è citato da Paolo nel suo discorso ai Giudei di Antiochia di Pisidia (At 13,22). La figliolanza divina del v. 27 si attribuisce a Gesù Cristo nel senso stretto in Mc 1,1.11; 12,35-37; Mt 11,27; 16,16-17; Gv 3,35; 10,15; Eb 1,5; il titolo di «primogenito» di v. 28 è attribuito a Gesù Cristo in Col 1,15.18; Ap 1,5.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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PREGHIERA A DIO DAL PROFONDO DELL’ANGOSCIA 1 Canto. Salmo. Dei figli di Core. Al maestro del coro. Sull'aria di “Macalàt leannòt”. Maskil. Di Eman, l'Ezraita.

2 Signore, Dio della mia salvezza, davanti a te grido giorno e notte.

3 Giunga fino a te la mia preghiera, tendi l'orecchio alla mia supplica.

4 Io sono sazio di sventure, la mia vita è sull'orlo degli inferi.

5 Sono annoverato fra quelli che scendono nella fossa, sono come un uomo ormai senza forze.

6 Sono libero, ma tra i morti, come gli uccisi stesi nel sepolcro, dei quali non conservi più il ricordo, recisi dalla tua mano.

7 Mi hai gettato nella fossa più profonda, negli abissi tenebrosi.

8 Pesa su di me il tuo furore e mi opprimi con tutti i tuoi flutti.

9 Hai allontanato da me i miei compagni, mi hai reso per loro un orrore. Sono prigioniero senza scampo,

10 si consumano i miei occhi nel patire. Tutto il giorno ti chiamo, Signore, verso di te protendo le mie mani.

11 Compi forse prodigi per i morti? O si alzano le ombre a darti lode?

12 Si narra forse la tua bontà nel sepolcro, la tua fedeltà nel regno della morte?

13 Si conoscono forse nelle tenebre i tuoi prodigi, la tua giustizia nella terra dell'oblio?

14 Ma io, Signore, a te grido aiuto e al mattino viene incontro a te la mia preghiera.

15 Perché, Signore, mi respingi? Perché mi nascondi il tuo volto?

16 Sin dall'infanzia sono povero e vicino alla morte, sfinito sotto il peso dei tuoi terrori.

17 Sopra di me è passata la tua collera, i tuoi spaventi mi hanno annientato,

18 mi circondano come acqua tutto il giorno, tutti insieme mi avvolgono.

19 Hai allontanato da me amici e conoscenti, mi fanno compagnia soltanto le tenebre.

_________________ Note

88,1 Il salmista eleva questa accorata supplica a Dio, che egli sente lontano e come inerte, davanti al proprio amaro destino di morte e alla discesa nel regno delle ombre dove, secondo la concezione comune dell’AT, Dio non opera la salvezza, né i morti possono rendergli culto.

88,1 Eman: è ricordato tra i cantori del tempio in 1Cr 15,17.19; 16,41; in 1Re 5,11 si cita anche un sapiente dell’epoca di Salomone, che porta questo nome. Il termine Ezraita potrebbe designare un’antica popolazione cananea.

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Approfondimenti

Supplica angosciosa di un malato Supplica individuale [di un malato di lebbra?]

Il salmo è la supplica straziante e appassionata di un malato arrivato al limite della sopportazione del suo male, e può essere accostato al lamento-protesta di Giobbe (cfr. cc. 3-27.29-31). Si è visto anche rispecchiata in questo canto la situazione del re Ozia colpito dalla lebbra e vissuto segregato fino alla morte (2Re 15,5) o quella del re Ezechia colpito da una malattia mortale (cfr. 2Re 20,1-11; Is 38), il cui lamento (Is 38,10-20) è simile a questo salmo (cfr. anche Sal 116). La tradizione cristiana l'ha riferito a Cristo «uomo dei dolori che ben conosce il patire» (Is 53,3). Dal punto di vista letterario il salmo ha delle particolarità rispetto al genere letterario della supplica individuale. Infatti vi mancano alcuni elementi caratteristici, come la preghiera di intercessione o l'imprecazione, e non sia ha traccia di ammissione di colpevolezza o di protesta d'innocenza dell'orante. La struttura perciò non è facilmente individuabile. Il salmo termina senza una vera e propria conclusione. Il simbolismo è soprattutto spaziale con riferimento al mondo dello šᵉ’ôl. Non è assente quello dell'ostilità. Il ritmo nel TM è di 3 + 3 accenti. Il titolo è uno dei più lunghi e complicati del Salterio. Porta informazioni contraddittorie. È probabile che si tratti di una duplice attribuzione del salmo.

Divisione: * vv. 2-3: appelli introduttivi; * vv. 4-19: corpo.

v. 2. «Signore, Dio della mia salvezza»: l'appellativo denota la fiducia in Dio salvatore, nonostante la drammaticità della situazione esposta nei versetti successivi.

vv. 4-6. In questi versetti introdotti nel testo originale dal (= poiché) si espone la motivazione della supplica. Con un linguaggio iperbolico si descrive lo stato dell'ammalato, che ha raggiunto ormai la fine. Con un impressionante crescendo il salmista afferma di essere sull'orlo della fossa, si sente già come un morto «privo di forza» (v. 5), anzi ha già il suo giaciglio tra i morti, come le persone uccise (v. 6).

v. 6a. «sono come gli uccisi stesi nel sepolcro»: si ha l'immagine raccapricciante di cadaveri, ammassati, dopo una sconfitta militare, dentro una fossa comune, luogo di putrefazione e d'impurità.

v. 6b. «dei quali tu non conservi il ricordo...»: si rispecchia la concezione primitiva del regno dello šᵉ’ôl, che essendo il regno della non-vita, luogo di putrefazione, non può entrare in contatto con Dio, autore della vita (cfr. Sal 6,6). Il Signore benché conosca le ombre dei morti che vi sono (cfr. Ger 23,23-24; Prv 15,11; Gb 26,6), tuttavia li esclude dal suo intervento salvifico (cfr. v. 11; Sal 31,23).

vv. 7-10a. In questi versetti il salmista continua la descrizione del suo stato drammatico con un'interpellanza più diretta a Dio. Gli rivolge il “tu” , e gli attribuisce, secondo il principio della “onnicausalità divina” dell AT, la responsabilità del suo stato e della sua solitudine (v. 9) (cfr. 1Sam 2,6)

v. 7. «fossa... tenebre... ombra di morte»: con queste immagini tetre e sinonime si insiste sulla descrizione dello šᵉ’ôl.

v. 8. «Pesa su di me il tuo sdegno...»: il Signore è immaginato come un oppressore adirato, cfr. Sal 32,4; 38,3-4; 39,11.14. «con tutti i tuoi flutti...»: il salmista già si sente travolto dalla tempesta divina cosmica. Lo šᵉ’ôl infatti è immaginato stare nell'abisso primordiale (tehôm), ove sono in continuo agitarsi le acque sotterranee che cercano di corrodere la terra (cfr. Gb 38,8-11; Sal 42,8; 69,3).

v. 9. «Hai allontanato da me i miei compagni...»: la solitudine forzata del salmista, intesa come effetto dell'azione di Dio, è probabilmente una misura preventiva dovuta alla lebbra (cfr. Gb 19,13-14; Lv 13,46), ma qui vista come effetto di punizione. «sono prigioniero...»: la prigionia o è un'immagine (cfr. Lam 3,7; Sal 142,8) o è da prendersi in senso realistico come nel caso del re Ozia che fu lebbroso (2Re 15,5). Qui, come la solitudine, è considerata come effetto dello sdegno divino.

v. 10a. «si consumano i miei occhi»: un altro effetto della punizione divina, cfr. Sal 6,8; 31,10.

vv. 10b-13. Con domande retoriche rivolte a Dio ritorna il tema dello šᵉ’ôl. Qui da una parte c'è il silenzio di Dio, che non vi opera salvezza (cfr. v. 6b), e dall'altra c'è il silenzio degli uomini che essendo diventati «ombre» (rᵉpā’îm) non possono più lodarlo, né esaltare la sua bontà e fedeltà, i prodigi e la giustizia. Le domande retoriche avendo per risposta “no!”, hanno lo scopo, con qualche vena di ricatto, di persuadere il Signore a intervenire in soccorso dell'orante, guarendolo, perché questi, solo da vivo, può cantare le lodi a lui.

v. 12. «negli inferi»: bā’abaddôn (= nella perdizione). La voce ’abaddôn (= perdizione) è un termine della letteratura sapienziale, che spesso è correlato a šᵉ’ôl (cfr. Prv 15,11; Gb 26,6).

v. 14. «al mattino»: il mattino è il tempo più propizio della preghiera. Infatti come si attende il sorgere del sole, così si attende la benevolenza di Dio, che esaudisce l'orante che l'ha pregato per tutta la notte.

v. 16. «infelice e morente dall'infanzia»: è un'iperbole per significare la fragilità e caducità dell'uomo.

v. 19. «mi sono compagne solo le tenebre»: il salmo si chiude malinconicamente finendo con la parola «tenebra» (ḥōšēk). L'orante si sente abbandonato da Dio e dagli uomini, solo, nella sua mortale malattia (cfr. Sal 38,12; Gb 17,13-14). Tuttavia c'è un filo di speranza e di attesa, perché egli nell'estremo dolore si è rivolto al Signore invocandolo come «Dio della mia salvezza» (v. 2).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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SION, MADRE DI TUTTI I POPOLI 1 Dei figli di Core. Salmo. Canto.

Sui monti santi egli l'ha fondata; 2 il Signore ama le porte di Sion più di tutte le dimore di Giacobbe.

3 Di te si dicono cose gloriose, città di Dio!

4 Iscriverò Raab e Babilonia fra quelli che mi riconoscono; ecco Filistea, Tiro ed Etiopia: là costui è nato.

5 Si dirà di Sion: “L'uno e l'altro in essa sono nati e lui, l'Altissimo, la mantiene salda”.

6 Il Signore registrerà nel libro dei popoli: “Là costui è nato”.

7 E danzando canteranno: “Sono in te tutte le mie sorgenti”.

_________________ Note

87,1 In questo “canto di Sion” (vedi nota a Sal 46) da una parte emerge la geografia materiale della città di Gerusalemme, caratterizzata dalla sua centralità nei confronti dei popoli che la circondano: Raab (cioè l’Egitto), Babilonia, Filistea, Tiro, Etiopia (v. 4); dall’altra parte affiora una geografia spirituale, che idealmente fa convergere a Sion ogni lingua, popolo e nazione, quasi anticipo dell’universalismo messianico.

87,4 Raab: è il nome di un mostro mitologico e qui simbolo dell’Egitto.

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Approfondimenti

Gerusalemme, madre di tutti i popoli Cantico di Sion

Il salmista loda la città di Sion, amata da Dio, come centro di un nuovo ordine di rapporti tra gli uomini, che affratellati, formano con il popolo d'Israele una sola famiglia in una visione messianico-escatologica esplicita. Il salmo rispetto ad altri cantici di Sion è oggetto di numerose interpretazioni a causa delle difficoltà testuali, del probabile disordine nella posizione dei versetti e dell'ermeticità di alcune espressioni, che hanno l'immediatezza dell'arte impressionistica. Il Sal 87 abbraccia sinteticamente lo stesso simbolismo dei Sal 46 e 48: quello spaziale-urbano e quello materno (Gerusalemme è come un grembo fecondo che si apre alla nascita di nuovi figli, cfr. vv. 4-6). E presente inoltre il tema del ricordo e del libro (vv. 4.6).

La divisione del salmo, che si basa sul termine pausale selâ, è data da due strofe e un'acclamazione finale:

  • vv. 1b-3 (I strofa): Gerusalemme, città di Dio;
  • vv. 4-6 (II strofa) Gerusalemme, madre di tutti i popoli;
  • v. 7: acclamazione finale.

v. 1b. «Le sue fondamenta...»: questo primo versetto è corrotto ed è perciò soggetto a varie ricostruzioni: manca probabilmente del primo emistichio. «sui monti santi»: si tratta di un plurale intensivo, usato per lo più per i luoghi santi, come atri, tende, dimore (Sal 84,2-3) o si accenna alle varie colline su cui giace la città (Sal 48,3). C'è un probabile riferimento anche al santuario celeste (cfr. Sal 29,2; 36,7; 78,69). Nel versetto si allude all'opera di Dio costruttore di Gerusalemme e alla sua stabilità.

v. 2. «le porte di Sion»: con la figura della sineddoche (la parte per il tutto) si indica tutta la città. «le dimore di Giacobbe»: il riferimento è a tutte le altre città d'Israele e a tutti i santuari dell'era patriarcale (cfr. Sal 78,59-69; Ger 7,12).

v. 3. «Di te si dicono..»: l'agente implicito dell'espressione impersonale è Dio stesso. Il discorso indiretto (vv. 1b-2) diventa qui diretto. Dio stesso canta il saluto alla «sua» città chiamata «città di Dio» (cfr. Sal 48,2-3.9).

v. 4. «Ricorderò...»: lett. «farò ricordare». Il versetto è un oracolo divino. Dio è visto nell'atto di iscrizione anagrafica dell'umanità (cfr. v. 6). L'atto del ricordare (zkr) è indicato dal v. 6 e dall'analogia con l'ufficio del segretario di corte (mazkîr) che aveva il compito di far ricordare al re i compiti che l'attendevano (cfr. 2Sam 8,16; 1Re 4,3). Qui il Signore scriverà in un'epoca prossima, nel libro dei popoli, fra i suoi «conoscenti», cioè tra i suoi «fedeli», anche le nazioni una volta nemiche del suo popolo o semplicemente straniere. La loro nascita impura sarà risanata e diventeranno familiari, «conoscenti» di Dio ed eredi della salvezza. «Raab e Babilonia»: Raab (cfr. Sal 89,11; Gb 9,13; Is 30,7; 51,9) è insieme mostro del caos primordiale e simbolo della potenza nemica egiziana; Babilonia è la superpotenza orientale, anch'essa nemica del popolo eletto. Le due nazioni rappresentano i popoli orientali: Raab (Egitto) i popoli del sud-est, Babilonia quelli del nord-est. «Palestina, Tiro ed Etiopia»: si indica con la Palestina e Tiro i popoli del litorale mediterraneo. Menzionando inoltre l'Etiopia, il paese di Cush (Is 18,1-7; Sal 68,32), ci si riferisce ai popoli del sud, dato che tale regione simbolizzava gli estremi confini della terra. «tutti là sono nati»: l'espressione zeh yullad-šām (là costui è nato), che si ripete identica nel v. 6 e in modo simile nel v. 5, insiste nel contemplare la città di Sion sotto l'immagine del grembo materno, da cui in un certo modo sono originati tutti i popoli della terra. Così i popoli stranieri, che una volta sono stati ostili a Israele, ricevono una filiazione spirituale dalla città di Gerusalemme e da Dio stesso che li adotta come figli. Si accenna qui a un certo ecumenismo e soprattutto si adombra la verità dell'unicità della salvezza universale per tutti (cfr. Is 49,12.22; 54,1-3; 66,7-11; Ger 3,17).

v. 5. «Si dirà di Sion...»: il versetto fa da risonanza corale al v. 4 da parte delle nazioni. Si ribadisce quanto detto là e si aggiunge la nota della stabilità della città garantita da Dio stesso. Egli, «l'Altissimo», la tiene compatta, perché l'ha fondata (Sal 48,7) e rifondata (Is 62,7).

v. 6. «libro dei popoli»: è il libro della vita, che Dio custodisce e di cui è unico arbitro. In questo libro sono scritti i giusti della comunità d'Israele. L'immagine simbolica è molto usata nella letteratura apocalittica, e trae origine probabilmente dai censimenti compiuti nel deserto (cfr. Nm 1,1-3,51; 26,1-65) e nell'epoca della restaurazione postesilica (Esd 2,1-70).

v. 7. «Sono in te tutte le mie sorgenti»: il motivo specifico, a parte il contenuto universalistico del salmo sopra espresso, è l'abbondanza d'acqua, fonte di vita, che richiama quella del paradiso già ricordata nel Sal 46,5; cfr. Ez 47,1-12; Zc 13,1; 14,8).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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PREGHIERA NEI PERICOLI E NELLE PROVE 1 Supplica. Di Davide.

Signore, tendi l'orecchio, rispondimi, perché io sono povero e misero.

2 Custodiscimi perché sono fedele; tu, Dio mio, salva il tuo servo, che in te confida.

3 Pietà di me, Signore, a te grido tutto il giorno.

4 Rallegra la vita del tuo servo, perché a te, Signore, rivolgo l'anima mia.

5 Tu sei buono, Signore, e perdoni, sei pieno di misericordia con chi t'invoca.

6 Porgi l'orecchio, Signore, alla mia preghiera e sii attento alla voce delle mie suppliche.

7 Nel giorno dell'angoscia alzo a te il mio grido perché tu mi rispondi.

8 Fra gli dèi nessuno è come te, Signore, e non c'è nulla come le tue opere.

9 Tutte le genti che hai creato verranno e si prostreranno davanti a te, Signore, per dare gloria al tuo nome.

10 Grande tu sei e compi meraviglie: tu solo sei Dio.

11 Mostrami, Signore, la tua via, perché nella tua verità io cammini; tieni unito il mio cuore, perché tema il tuo nome.

12 Ti loderò, Signore, mio Dio, con tutto il cuore e darò gloria al tuo nome per sempre,

13 perché grande con me è la tua misericordia: hai liberato la mia vita dal profondo degli inferi.

14 O Dio, gli arroganti contro di me sono insorti e una banda di prepotenti insidia la mia vita, non pongono te davanti ai loro occhi.

15 Ma tu, Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di amore e di fedeltà,

16 volgiti a me e abbi pietà: dona al tuo servo la tua forza, salva il figlio della tua serva.

17 Dammi un segno di bontà; vedano quelli che mi odiano e si vergognino, perché tu, Signore, mi aiuti e mi consoli.

_________________ Note

86,1 In questa lamentazione, che la liturgia ebraica riserva al giorno solenne dell’Espiazione (o Kippùr), compaiono elementi già incontrati in altre lamentazioni simili; ma il rinnovato sentimento di fiducia, il totale abbandono in Dio e la speranza del suo intervento nella situazione di sofferenza che attanaglia l’orante, la rendono particolarmente viva e appassionata.

86,4 rivolgo l’anima mia: vedi Sal 25,1 e nota relativa.

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Approfondimenti

Preghiera di un fedele perseguitato Supplica individuale (+ motivi di ringraziamento e innici)

Il salmo si presenta senza un ordine nell'esposizione delle varie componenti del genere della “Supplica”. È di carattere antologico. Le dipendenze più chiare sono cinque: il v. 4 dal Sal 25,1; il v. 11 dal Sal 27,11; il v. 14 dal Sal 54,5; il v. 15 da Es 34,6; e il v. 16 dal Sal 25,13; Per i sentimenti esposti è simile al Sal 22 e per i concetti teologici al Sal 51. La pericope del ringraziamento è situata al centro del salmo, contrariamente all'impostazione strutturale del genere della “Supplica”, che lo riporta per lo più alla fine. Ma la sua collocazione al centro potrebbe avere la funzione retorica della captatio benevolentiae. La struttura in forma chiastica è vigorosa e precisa con l'inno di ringraziamento che funge da perno al centro (vv. 8-13). Il morfema (= perché) che ricorre quasi in tutti i versetti (1.2.3.4.5.7.9.10.12.13.17) ha una funzione sintattica e logica. È come se l'autore volesse giustificare ogni petizione o commuovere Dio con le sue argomentazioni. Gli appellativi divini sono molto frequenti. Il Dio delll'orante ricorre 19 volte in 17 versetti (il solo ’adōnāy ricorre 7 volte). L'appellativo personale JHWH, reso da BC con «Signore», fa inclusione maggiore nei vv. 1 e 17. Non c'è regolarità ritmica, giacché la lunghezza dei versi cambia spesso. Il salmo è di epoca tardiva. La simbologia è somatica, antropomorfica e bellica.

Divisione:

  • vv. 1-7: I appello;
  • vv. 8-13: inno di ringraziamento;
  • vv. 14-17: appello finale.

v. 1. «tendi l'orecchio»: con questo antropomorfismo l'orante vuole attirare l'attenzione di Dio alla sua supplica, come nei Sal 31,3; 88,3. «povero e infelice»: l'orante si qualifica, come uno dei «poveri di JHWH» cioè bisognoso materialmente, ma fiducioso in Dio. Il versetto del TM è allitterato e ritmato in .

v. 2. «Custodiscimi...»: l'orante giustifica la sua richiesta di protezione contemplando la sua presentazione col dichiararsi «fedele» (ḥāsîd) nel senso spirituale (Sal 85,9) e sostenitore della fedeltà di Dio (ḥesed: vv. 5.15), «servo» (‘ebed), come Abramo, Mosè, Giosuè (cfr. Gs 24,14ss.), e «l'uomo che spera».

v. 5. «Tu sei buono..»: questi attributi di Dio richiamano quelli manifestati nell'esperienza esodale, cfr. Es 34,6; Nm 14,18; Dt 5,10; Ger 31,34; Dn 9,9; Sal 136,1.

v. 7. «Nel giorno... tu mi esaudirai»: l'orante esprime la certezza e la fiducia di essere esaudito, cfr. Sal 17,6; 77,3.

v. 8. «Fra gli dei nessuno è come te...»: l'orante esprime la sua fede monoteistica in Dio. Si sente l'eco dell'inno esodale (Es 15,11; Sal 89,7-9).

v. 9. «Tutti i popoli... verranno e si prostreranno»: si esprime la fede nell'unico Dio come sovrano anche della storia di tutti i popoli; questi alla fine lo riconosceranno dandogli gloria. Il motivo è ricorrente nel post-esilio: cfr. Is 56,1-9; 66,18-21; Ag 2,6-9; Ml 1,10-11; Тb 13.

v. 10. «grande tu sei...»: fa inclusione con il v. 8 e richiama, riecheggiando in forma di inno, il nucleo della fede d'Israele cfr. Sal 72,18, 83,19

v. 11 «Mostrami... la tua via...» cfr. Sal 27,11. «Camminare nelle vie di Dio», cioè nella «verità» significa adesione e fedeltà all'alleanza. «donami un cuore semplice»: lett. «fa' uno (ebr. yḥd) il mio cuore, perché tema il tuo nome», cfr. Ger 32,39; Sir 1,25. L'unità e l'indivisibilità del cuore è segno di fedeltà e di amore totale, mentre il cuore spezzato e diviso diventa sede di più padroni e di più amanti. Per la doppiezza del cuore, cfr. Sal 12,3.

v. 13. «perché grande con me è la tua misericordia...»: professione di fede, nella grandezza della misericordia di Dio, che chiude la sezione della lode, iniziata con la professione di fede nell'unicità di Dio (v. 8). «dal profondo degli inferi mi hai strappato»: gli inferi sono paragonati a un abisso senza fondo e sempre bramoso di vittime. Il salmista ringrazia il Signore di averlo liberato dal pericolo di morte, causata dai nemici arroganti e blasfemi (cfr. v. 14).

v. 14. «Mio Dio, mi assalgono gli arroganti...»: il versetto riecheggia quasi letteralmente il Sal 54,5.

v. 15. «Ma tu, Signore, Dio di pietà...»: contrariamente ai nemici “atei” del v. 14, il salmista crede in Dio e spera nella sua salvezza. Perciò contrappone ad essi la sua professione di fede come nel v. 5, che ricalca Es 34,6; Sal 103,8; 145,8.

v. 16. «volgiti a me...»: l'invocazione richiama in ebraico il volto di Dio che volgendosi al fedele porta speranza e gioia, cfr. la “benedizione sacerdotale” di Nm 6,25-26. «il figlio della tua ancella»: si richiama all'espressione «tuo servo» di vv. 2.4 e la rafforza sottolineando che egli è per nascita e per condizione «servo» del Signore. Cfr. Sal 116,16. L'espressione ha anche la funzione retorica di impietosire e commuovere Dio.

v. 17. «Dammi un segno di benevolenza»: il «segnale» (’ôt) è doppio: positivo per il salmista e negativo per i suoi nemici. Il segno positivo per l'orante può essere o un oracolo di liberazione emesso da un sacerdote o da un profeta cultuale, o un prodigio come quelli dell'esodo, cui il salmista si è riferito nel v. 10 («meraviglie»: niplᵉ’ôt). «mi ha soccorso e consolato»: si tratta qui di “perfetti di confidenza”. Il salmista è già sicuro che il Signore ascolterà la sua richiesta e confonderà, svergognerà così i suoi nemici. Il salmo si conclude con il riferimento al soccorso e alla consolazione di Dio.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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SUPPLICA PER LA PACE E LA GIUSTIZIA 1 Al maestro del coro. Dei figli di Core. Salmo.

2 Sei stato buono, Signore, con la tua terra, hai ristabilito la sorte di Giacobbe.

3 Hai perdonato la colpa del tuo popolo, hai coperto ogni loro peccato.

4 Hai posto fine a tutta la tua collera, ti sei distolto dalla tua ira ardente.

5 Ritorna a noi, Dio nostra salvezza, e placa il tuo sdegno verso di noi.

6 Forse per sempre sarai adirato con noi, di generazione in generazione riverserai la tua ira?

7 Non tornerai tu a ridarci la vita, perché in te gioisca il tuo popolo?

8 Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza.

9 Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli annuncia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con fiducia.

10 Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme, perché la sua gloria abiti la nostra terra.

11 Amore e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno.

12 Verità germoglierà dalla terra e giustizia si affaccerà dal cielo.

13 Certo, il Signore donerà il suo bene e la nostra terra darà il suo frutto;

14 giustizia camminerà davanti a lui: i suoi passi tracceranno il cammino.

_________________ Note

85,1 Gioia, speranza e fiducia pervadono questa composizione, che sgorga dal cuore degli Ebrei rimpatriati dall’esilio babilonese e testimoni della ricostruzione materiale e spirituale della loro nazione. Non mancano, tuttavia, i motivi che caratterizzano le lamentazioni collettive e che fanno di questo salmo una supplica a Dio, perché ritorni a essere favorevole al suo popolo.

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Approfondimenti

Misericordia e verità, giustizia e pace Supplica collettiva (+ motivi innici e profetici)

Il salmo, come i Sal 77 e 126, rispecchia il difficile ma anche gioioso periodo del ritorno dall'esilio e della restaurazione. Alla forte speranza ed entusiasmo iniziali seguirono momenti di scoraggiamento (cfr. Esd; Ne; Is 56-66; Ag; Zc 1-8). A livello di struttura segnaliamo l'inclusione data dalla voce «terra» (’ereṣ) nei vv. 2 e 13. Questo stesso vocabolo ricorre quattro volte nel testo originale del salmo (vv. 2.10.12.13) come anche il verbo «ritornare» (šwb) (vv. 2.4.5.7.9). Il metro del TM è dato da 3 + 3 accenti. Il simbolismo dominante è quello spaziale (ove campeggia il verbo šwb) e quello temporale nella sua triplice suddivisione di passato, presente e futuro. C'è anche il simbolismo teologico (vv. 2-4).

Divisione:

  • vv. 2-4: il ritorno d'Israele e di Dio nel passato;
  • vv. 5-8: il ritorno d'Israele e di Dio nel presente;
  • vv. 9-14: oracolo sul ritorno di Dio nel futuro.

vv. 2-4. In questi versetti il popolo riconosce che il ritorno dall'esilio è frutto della bontà del Signore e del perdono dei peccati. È un rendimento di grazie anche se non è espresso chiaramente.

v. 2. «la tua terra»: la terra d'Israele, che in inclusione nel v. 13 è chiamata «nostra», qui si riconosce appartenere a Dio. Più volte Dio dice nell'AT «mia è la terra» (Is 14,25; Ger 2,7; Ez 36,5; Gl 1,6).

vv. 5-8. Tenendo presente le difficoltà della ricostruzione (Esd; Ne; Is 59,9-11; Ag 1,5-6; Zc 1-8), dopo un globale e generale ringraziamento per i ritorno in patria, segue nei vv. 5-8 la supplica per superare le difficoltà e i contrasti che appaiono insormontabili.

vv. 9-14. Il Signore risponde con un oracolo di salvezza attraverso un profeta cultuale, un sacerdote o una persona presente alla supplica dell'assemblea, che riporta in terza persona le parole di speranza, di pace e di salvezza di Dio.

v. 9. «Ascolterò»: meglio: «Voglio ascoltare» che implica una sfumatura di impegno, una preparazione psicologica e spirituale ad ascoltare l'oracolo, cfr. Ab 2,1. «pace»: è il tema e il frutto dell'oracolo. È indirizzato al «popolo di Dio, ai suoi fedeli, a chi ritorna a lui con tutto il cuore». Perciò la pace è destinata a superare i confini razziali e arrivare a chi è davvero fedele al Signore. La pace (šalôm) biblica è la sintesi di tutti i beni.

v. 10. «la sua gloria abiterà la nostra terra»: si allude al tempio, luogo della presenza di Dio sulla terra. La gloria che secondo Ezechiele (cfr. 10,18; 11,22-23) si allontanò dal tempio e da Gerusalemme, in futuro ritornerà (cfr. Ez 43,1-4; 48,35).

v. 11. «Misericordia e verità»: sono le virtù dell'alleanza. «giustizia e pace si baceranno»: la giustizia salvifica e la pace messianica, insieme alle altre virtù personificate, ricostituiranno l'armonia della creazione interrotta con il peccato (cfr. Gn 2; Is 11).

v. 13. «la nostra terra darà il suo frutto»: nella pace universale anche la terra è coinvolta, con il suo benessere e la sua abbondanza. Al Signore che darà il suo bene (= la pioggia) la terra non sarà più ostile, ma risponderà con l'abbondanza di frutti (cfr. Ag 1,6.9-10; 2,19; Zc 8,12).

v. 14. Dopo che il mondo ha avuto la pace e i frutti della pace, in una maestosa visione appare Dio preceduto dalla giustizia e accompagnato dalla salvezza.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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CANTO DI PELLEGRINAGGIO 1 Al maestro del coro. Su “I torchi”. Dei figli di Core. Salmo.

2 Quanto sono amabili le tue dimore, Signore degli eserciti!

3 L'anima mia anela e desidera gli atri del Signore. Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente.

4 Anche il passero trova una casa e la rondine il nido dove porre i suoi piccoli, presso i tuoi altari, Signore degli eserciti, mio re e mio Dio.

5 Beato chi abita nella tua casa: senza fine canta le tue lodi.

6 Beato l'uomo che trova in te il suo rifugio e ha le tue vie nel suo cuore.

7 Passando per la valle del pianto la cambia in una sorgente; anche la prima pioggia l'ammanta di benedizioni.

8 Cresce lungo il cammino il suo vigore, finché compare davanti a Dio in Sion.

9 Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera, porgi l'orecchio, Dio di Giacobbe.

10 Guarda, o Dio, colui che è il nostro scudo, guarda il volto del tuo consacrato.

11 Sì, è meglio un giorno nei tuoi atri che mille nella mia casa; stare sulla soglia della casa del mio Dio è meglio che abitare nelle tende dei malvagi.

12 Perché sole e scudo è il Signore Dio; il Signore concede grazia e gloria, non rifiuta il bene a chi cammina nell'integrità.

13 Signore degli eserciti, beato l'uomo che in te confida.

_________________ Note

84,1 Il centro di questo “canto di Sion” (vedi nota a Sal 46) è il tempio di Gerusalemme, dove il Signore di tutto l’universo ha posto la sua dimora e da dove effonde vita e benedizione per il suo popolo. Le parole di questo canto sono messe sulle labbra del pellegrino, che ritma la preghiera con un triplice movimento: il desiderio struggente della casa del Signore, il cammino verso la città santa e il tempio (probabilmente un pellegrinaggio in occasione delle tre principali feste dell’anno) e l’ingresso nel tempio, che diventa anche la meta ideale del cammino interiore dell’uomo verso Dio.

84,2 Signore degli eserciti: su questo titolo divino vedi nota a Sal 24,10.

84,10 consacrato: il re, che guida e protegge (è il nostro scudo) la comunità d’Israele.

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Approfondimenti

** ** Salmo di pellegrinaggio (o Cantico di Sion)

Il salmista celebra il monte Sion e il suo tempio, abitazione in terra del Signore, Dio degli eserciti e Dio della vita. Il tempio è oggetto di forte desiderio nella mente e nel cuore del pellegrino. Questo salmo e il 122, unici tra i Cantici di Sion, si riferiscono direttamente al pellegrinaggio. Il Sal 84 per la tematica e per il lessico è simile ai Sal 42-43 (i due formano una sola unità d'espressione), ma mentre in questi ultimi ci si lamenta nostalgicamente per la lontananza del santuario, nel Sal 84 il salmista gioisce per averlo raggiunto. Vi si intrecciano motivi di lamentazione, beatitudine, benedizione, preghiera per il re, ma prevale su tutti il carattere innico. Come i Sal 15 e 24 il Sal 84 può fungere anche da “liturgia d'ingresso” o “della porta”. L'atmosfera è distesa e contemplativa ed è ispirata alla fiducia nella presenza di Dio che salva e dà gioia. Il metro nel TM è prevalentemente quello della “lamentazione” (qînâ), dato da 3 + 2 accenti, mentre nei vv. 9-10 è di 3 + 3. Il nome di Dio ha un ruolo marcato nella struttura. Infatti come «Signore degli eserciti» si trova nei vv. 2.4.9.13, come «Signore» nei vv. 3.9.12.12, come «Dio» nei vv. 3.4.8.9.10.11.12. Tra il v. 2 e il v. 13 c'è un'inclusione, data dall'appellativo divino «Signore degli eserciti» (JHWH ṣᵉbā’ôt), appellativo jahvistico-gerosolimitano e caratteristico dei Cantici di Sion. Esso funge da introduzione e da conclusione. Il simbolismo spaziale-temporale unifica il salmo creando un'atmosfera contemplativa di gioiosa fiducia. Si può dividere in tre strofe: vv. 2-4 (I strofa); vv. 5-9 (I strofa); vv. 10-13 (III strofa). La prima strofa è caratterizzata dal desiderio del tempio, la seconda dall'esecuzione del pellegrinaggio, la terza dall'arrivo nel tempio.

v. 2. «Quanto...»: in ebr. mah. Così inizia anche il Sal 8. È un'espressione di intenso stupore e ammirazione! «amabili»: il tempio era amato da Dio stesso (Ger 12,7) e dal popolo (Sal 42-43; 48,3-4; 63,2-4). «le tue dimore» lett. «le tue tende» (miškᵉnôtêkā). Il richiamo alla tende del convegno (miškan) del periodo esodale e del deserto è evidente. Il plurale si riferisce o ai vari edifici collegati al tempio vero e proprio o, come plurale poetico, alla grandiosità e santità dell'edificio sacro (cfr. 1Re 19,14; Rm 11,3). «L'anima mia languisce...»: si tratta di una sete per Dio e del suo tempio che abbraccia tutto l'essere, cfr. Sal 42,2; 63,2; Ger 17,13.

v. 3. «Il mio cuore e la mia carne»: l'espressione indica, per merismo, tutto l'essere umano nella dimensione interiore (cuore) ed esteriore (carne), cfr. Sal 16,9.

v. 5. «Beato chi abita...»: cfr. Sal 134,1-3; 135,1-2. Più che alla permanenza materiale nel tempio il salmista si riferisce ai frutti spirituali della vicinanza del Signore (Sal 23,6; 27,4; cfr. Sal 92,13-15).

v. 6. «Beato chi trova in te...»: il versetto è oscuro e la traduzione congetturale.

vv. 7-8. L'itinerario geografico del pellegrinaggio non è chiaro. Nel v. 7 si indica una valle e nel v. 8 la collina di Sion. Ma le allusioni a un itinerario spirituale sono più significative. Il cammino verso Dio, anche se attraverso una valle oscura (Sal 23,4), dà sempre gioia entusiastica e tutto si trasforma in bene (Sal 107,33; Is 35,5-10; 41,18-19; 48,21).

v. 7. «valle del pianto»: le antiche versioni fanno derivare il sostantivo bākā’ dal verbo bkh (= piangere). Preso in senso realistico la «valle di Baka'» secondo i geografi biblici corrisponderebbe all'attuale Wadi el-Meiseh (= wadi del piangente) situato a sud-ovest di Gerusalemme. Esso confluisce nella Geenna. Ma l'espressione, secondo altre etimologie, si può tradurre anche «valle della sete» o «valle della balsamite» dal nome dell'albero che cresce in luoghi aridi. «la prima pioggia»: (in ebraico môreh) è quella che cade in autunno. Essa, dopo la stagione estiva che rende arida la terra di Palestina, ridona vita e ammanta di verde i luoghi deserti (cfr. Sal 65,12-13).

v. 8. «Cresce lungo il cammino il suo vigore»: è l'effetto psicologico e spirituale di chi si avvicina alla meta, cfr. Sal 103,5; Is 40,29-31.

v. 9. «Signore, Dio degli eserciti..»: l'invocazione a Dio a conclusione della seconda strofa è un appello solenne e un invito all'ascolto, in preparazione della preghiera della strofa successiva.

v. 10. «nostro scudo»: di per sé l'espressione per il parallelismo, anziché riferito a Dio come vocativo, può riferirsi al re («tuo consacrato») come accusativo (cfr. Sal 89,19). Ma poiché nel v. 12 Dio è certamente chiamato anche «scudo», il re lo è per analogia. Il re perché «consacrato» da Dio è suo vassallo, suo luogotenente in mezzo al popolo, per difenderlo e proteggerlo. Egli appartiene alla comunità che per lui innalza preghiere a Dio (Sal 2,2; 18,51; 89,39.52; 132,10).

v. 12. «sole e scudo»: nell'AT Dio non è mai chiamato, eccetto qui, con l'appellativo di «sole», ma cfr. Is 60, 19-20; Ml 3,20. Per «scudo» cfr. v. 10; Sal 3,4; 18,3.31.36; Gn 15,1; Dt 33,29; 2Sam 22,3.31.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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PREGHIERA CONTRO I NEMICI D’ISRAELE 1 Canto. Salmo. Di Asaf.

2 Dio, non startene muto, non restare in silenzio e inerte, o Dio.

3 Vedi: i tuoi nemici sono in tumulto e quelli che ti odiano alzano la testa.

4 Contro il tuo popolo tramano congiure e cospirano contro i tuoi protetti.

5 Hanno detto: “Venite, cancelliamoli come popolo e più non si ricordi il nome d'Israele”.

6 Hanno tramato insieme concordi, contro di te hanno concluso un patto:

7 le tende di Edom e gli Ismaeliti, Moab e gli Agareni,

8 Gebal, Ammon e Amalèk, la Filistea con gli abitanti di Tiro.

9 Anche l'Assiria è loro alleata e dà man forte ai figli di Lot.

10 Trattali come Madian, come Sìsara, come Iabin al torrente Kison:

11 essi furono distrutti a Endor, divennero concime dei campi.

12 Rendi i loro prìncipi come Oreb e Zeeb, e come Zebach e come Salmunnà tutti i loro capi;

13 essi dicevano: “I pascoli di Dio conquistiamoli per noi”.

14 Mio Dio, rendili come un vortice, come paglia che il vento disperde.

15 Come fuoco che incendia la macchia e come fiamma che divampa sui monti,

16 così tu incalzali con la tua bufera e sgomentali con il tuo uragano.

17 Copri di vergogna i loro volti perché cerchino il tuo nome, Signore.

18 Siano svergognati e tremanti per sempre, siano confusi e distrutti;

19 sappiano che il tuo nome è “Signore”: tu solo l'Altissimo su tutta la terra.

_________________ Note

83,1 Lamentazione collettiva, aperta da un’accorata supplica a Dio perché esca dal suo silenzio e intervenga in favore d’Israele contro i nemici coalizzati per distruggerlo. Ma su Israele veglia il Signore, il quale, come al tempo dei giudici, non esita a prenderne le difese (vv. 10-13). Così, ora, dal popolo in preghiera sale l’invocazione perché Dio rinnovi i prodigi del passato.

83,7-9 Vengono elencate le popolazioni confinanti con Israele nella zona sud-orientale (Edom, Moab, Agareni) e in quella costiera (Gebal, Filistea, Tiro). I figli di Lot sono gli Ammoniti e i Moabiti.

83,10 Rievocazione dei fatti narrati in Gdc 4-5; 7-8.

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Approfondimenti

Supplica contro i nemici Supplica collettiva

La menzione dell'Assiria (v. 9) fa collocare la datazione del salmo tra i secc. VII e VI a.C., ma non è possibile tuttavia arrivare a conoscere i lineamenti della vicenda storica cui si riferisce. Il salmo ha qualche punto di contatto con il Sal 2, specialmente per quanto riguarda la menzione della coalizione dei popoli nemici contro Israele. A livello strutturale c'è un'inclusione antitetica che racchiude il salmo tra i vv. 2 e 19. Il simbolismo dominante è quello dell'ostilità, ma è presente anche quello antropologico e antropomorfico. Il TM ha il ritmo di 3 + 3 accenti. Il carme per il suo tono fortemente imprecatorio è omesso dalla liturgia.

Divisione:

  • v. 2: appello introduttivo;
  • vv. 3-9: presentazione del caso: complotto dei popoli ostili a Israele;
  • vv. 10-19: supplica imprecatoria contro i nemici.

v. 2. Con un motivo comune nelle “Suppliche” (Sal 28,1; 35,22; 39,13; 109,1) questo appello provocatorio è un invito a Dio a cambiare i suoi progetti, cioè a scuotersi dalla sua apparente inerzia e intervenire nella difficile situazione del popolo. L'insistenza dell'appello è sottolineata anche dalla voce «Dio» che apre e chiude in inclusione.

v. 7. «le tende..»: l'espressione designa in poesia la tribù o la nazionalità (Sal 78,51; 120,5). «Edom»: indica gli Edomiti, discendenti di Esaù (cfr. Gn 36,8.43). «gli Ismaeliti»: discendenti di Ismaele, figlio di Abramo e della schiava Agar (Gn 16,15), cfr. Gn 25,12-18; 37,25-28; 39,1. «Moab»: insieme con Ammon è figlio di Lot (Gn 19,37-38) e designa i Moabiti. La regione di Moab si estendeva a oriente del Mar Morto e a sud del fiume Arnon. «gli Agareni»: sono popoli seminomadi girovaganti nelle zone desertiche a est di Ammon e di Moab. Non è certa la relazione tra il nome della tribù e Agar, la madre di Ismaele. Si parla di loro anche in 1Cr 5,10.19-20.

v. 8. «Gebal»: designa la tribù araba della regione desertica detta «Gebalene» situata nella zona della città di Petra, capitale dei Nabatei. «Ammon»: figlio di Lot (Gn 19,37-38) ha dato il nome alla tribù aramea stanziatasi presso il fiume Iabbok in Transgiordania circa il 1100 a.C. Degli Ammoniti si parla ancora in 2Sam 10; 2Cr 26,8; 27,5. «Amalek»: cfr. Gn 36,12. Tribù nomade della zona del Negheb e della regione nord-orientale della penisola sinaitica. Spesso in conflitto con Israele, cfr. Es 17,8-16; Nm 24,20; Gdc 3,13; 6,3.33; 1Sam 14,48; 15,2-9; 2Sam 8,12. «Palestina»: è la Filistea, regione costiera bagnata dal Mar Mediterraneo. I Filistei sono i classici nemici d'Israele, specialmente nell'epoca dei giudici e della monarchia. Appartenevano ai «popoli del mare». Erano organizzati in una confederazione di città-stato.

v. 9. «Assur»: è l'Assiria, la superpotenza orientale, dominante dal sec. VII al VI a.C. che causò la caduta del regno del Nord (721 a.C.) e che cadde a sua volta quando la sua capitale Ninive fu distrutta nel 612 a.C. «figli di Lot»: l'espressione è una ripresa conclusiva di Ammon e Moab (Gn 19,36-38; Dt 2,9).

v. 10. «Madian»: si accenna alla campagna del giudice Gedeone (Gdc 7-8). «come Madian e Sisara..»: ci si riferisce alla campagna di Barak (Gdc 4-5).

v. 11. «concime per la terra»: è un'espressione abbastanza forte per indicare i cadaveri insepolti dei campi di battaglia (cfr. 2Re 9,37).

v. 12. «Oreb e Zeb..»: sono i principi e capi militari sconfitti nella campagna di Gedeone contro Madian (Gdc 7,25; 8,21).

v. 13. «I pascoli di Dio...»: la terra promessa appartiene a Dio. Si accenna alle mire dei Madianiti di usurpare il territorio dato a Israele (Sal 28,9; 78,55; 2Cr 20,11).

vv. 14-16. Il salmista continuando le imprecazioni e servendosi di immagini teofaniche riferite a Dio guerriero (cfr. Sal 18,12-15; Gdc 5,20), supplica il Signore di disperdere e di distruggere i nemici.

v. 19. «sappiano»: i nemici di Dio impareranno sulla loro pelle che esiste Dio, che è «Signore» e «Altissimo» e che opera, egli che sembrava muto e inesistente. La traduzione può anche supporre un soggetto impersonale, dando alla frase il valore universale di «si sappia».

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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CONDANNA DEI GIUDICI CORROTTI 1 Salmo. Di Asaf.

Dio presiede l'assemblea divina, giudica in mezzo agli dèi:

2 “Fino a quando emetterete sentenze ingiuste e sosterrete la parte dei malvagi?

3 Difendete il debole e l'orfano, al povero e al misero fate giustizia!

4 Salvate il debole e l'indigente, liberatelo dalla mano dei malvagi!“.

5 Non capiscono, non vogliono intendere, camminano nelle tenebre; vacillano tutte le fondamenta della terra.

6 Io ho detto: “Voi siete dèi, siete tutti figli dell'Altissimo,

7 ma certo morirete come ogni uomo, cadrete come tutti i potenti”.

8 Àlzati, o Dio, a giudicare la terra, perché a te appartengono tutte le genti!

_________________ Note

82,1 È una requisitoria che in origine era destinata, probabilmente, ai falsi dèi, incapaci di rendere giustizia agli oppressi e inerti di fronte agli avvenimenti che accadono nel mondo. In seguito è divenuta un'accusa rivolta ai giudici disonesti e corrotti che favoriscono l'operato del malvagio a scapito dei più indifesi. Con la condanna invocata su di loro, si leva anche il grido di speranza verso Dio, perché ristabilisca il diritto e la giustizia sulla terra.

82,6 Voi siete dèi: espressione ironica in quanto riferita agli idoli; nei confronti dei giudici esalta la nobiltà del loro ufficio, che li rende simili a Dio giudice. Il passo è citato in Gv 10,34.

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Approfondimenti

Supplica contro i nemici Salmo di requisitoria

Il salmista presenta Dio che nel tribunale celeste giudica tutti i falsi dei. Il salmo si fonda sulla polemica antidolatrica; gli dei tuttavia non vengono subito dichiarati inesistenti. In un modo più sottile, la loro inesistenza si rivela dal loro iniquo operato, che non corrisponde a quello del vero Dio. Il salmo è affine ai Sal 58 e 94. Alcuni seguendo il Targum vedono nel carme una polemica contro i giudici disonesti e corrotti anziché contro i falsi dei, ma si tratta certamente di un'attualizzazione del salmo nel postesilio. Il metro nel TM è di 3 + 3 accenti ad eccezione del v. 8 che è di 4 + 4. Il testo ebraico originale è ben conservato. Il linguaggio “mitologico” fa pensare a un possibile influsso cananaico (cfr. Sal 29; 68). C'è un'inclusione tra il v. 1 e il v. 8. Il verbo giudicare (špṭ) ricorre quattro volte, e la voce «empi» (rᵉša‘îm) fa inclusione tra il v. 2 e 4. Il campo semantico è polemico-giudiziario, spaziale (cosmico), antropomorfico.

Divisione:

  • v. 1 introduzione: presentazione del tribunale;
  • vv. 2-4: requisitoria di Dio;
  • v. 5: commento alla caparbietà degli «dei»;
  • vv. 6-7; sentenza di Dio;
  • v. 8: invocazione a Dio giudice.

v. 1. Si descrive con una pennellata la scena del tribunale divino: Dio è circondato dall'assemblea divina e dagli «dei», che si danno apparentemente per esistenti, ma sono nulla (cfr. Is 41,21-24; 43,10-13; 46,1-2). Lo scenario si ispira alla mitologia cananaica di Ugarit. Gli «dei» (gli ’elōhîm) sono chiamati nel v. 6 «figli dell'Altissimo», cioè sue creature! «Dio si alza»: è l'azione solenne del giudice che sta per pronunziare la sentenza, cfr. Is 3,13.

v. 2. «Fino a quando...»: è un implicito rimprovero per l'ingiustizia e per il favoritismo verso gli empi da parte dei cosiddetti «dei» (v. 2).

v. 5. «Non capiscono...»: è un amaro commento sulla caparbietà e ottusità degli «dei» che non vogliono ascoltare il Signore. Essi con il loro appoggio alle ingiustizie degli empi attaccano la vita dell'universo, scuotendo le stesse fondamenta della terra che si basano sulla giustizia. Il loro avanzare è come l'avanzare nel buio verso la morte e lo šᵉ’ôl (cfr. Sal 11,3; 88,19).

vv. 6-7. Dio stesso, dopo aver constatato la folle pertinacia dei falsi «dei» a non uniformarsi alla sua legge, commina la pena. Essi, pur «figli dell'Altissimo», morranno come tutti i mortali, e come tutti i potenti che vengono degradati e cadono in disgrazia. Essi sono condannati come i progenitori nel paradiso terrestre: «morrete» (cfr. Gn 2,17; 3,19).

v. 8. «Sorgi, Dio...»: il salmo si conclude con un appello al Signore da parte della comunità riunita per il culto perché giudichi la terra. A lui appartengono tutti i popoli e non ci sono altri dei. L'appello è anche un atto di fede sull'unicità di Dio, la sua giustizia e signoria sugli uomini.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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