📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

PREGHIERA DURANTE LA PROVA 1 Preghiera di un povero che è sfinito ed effonde davanti al Signore il suo lamento.

2 Signore, ascolta la mia preghiera, a te giunga il mio grido di aiuto.

3 Non nascondermi il tuo volto nel giorno in cui sono nell'angoscia. Tendi verso di me l'orecchio, quando t'invoco, presto, rispondimi!

4 Svaniscono in fumo i miei giorni e come brace ardono le mie ossa.

5 Falciato come erba, inaridisce il mio cuore; dimentico di mangiare il mio pane.

6 A forza di gridare il mio lamento mi si attacca la pelle alle ossa.

7 Sono come la civetta del deserto, sono come il gufo delle rovine.

8 Resto a vegliare: sono come un passero solitario sopra il tetto.

9 Tutto il giorno mi insultano i miei nemici, furenti imprecano contro di me.

10 Cenere mangio come fosse pane, alla mia bevanda mescolo il pianto;

11 per il tuo sdegno e la tua collera mi hai sollevato e scagliato lontano.

12 I miei giorni declinano come ombra e io come erba inaridisco.

13 Ma tu, Signore, rimani in eterno, il tuo ricordo di generazione in generazione.

14 Ti alzerai e avrai compassione di Sion: è tempo di averne pietà, l'ora è venuta!

15 Poiché ai tuoi servi sono care le sue pietre e li muove a pietà la sua polvere.

16 Le genti temeranno il nome del Signore e tutti i re della terra la tua gloria,

17 quando il Signore avrà ricostruito Sion e sarà apparso in tutto il suo splendore.

18 Egli si volge alla preghiera dei derelitti, non disprezza la loro preghiera.

19 Questo si scriva per la generazione futura e un popolo, da lui creato, darà lode al Signore:

20 “Il Signore si è affacciato dall'alto del suo santuario, dal cielo ha guardato la terra,

21 per ascoltare il sospiro del prigioniero, per liberare i condannati a morte,

22 perché si proclami in Sion il nome del Signore e la sua lode in Gerusalemme,

23 quando si raduneranno insieme i popoli e i regni per servire il Signore”.

24 Lungo il cammino mi ha tolto le forze, ha abbreviato i miei giorni.

25 Io dico: mio Dio, non rapirmi a metà dei miei giorni; i tuoi anni durano di generazione in generazione.

26 In principio tu hai fondato la terra, i cieli sono opera delle tue mani.

27 Essi periranno, tu rimani; si logorano tutti come un vestito, come un abito tu li muterai ed essi svaniranno.

28 Ma tu sei sempre lo stesso e i tuoi anni non hanno fine.

29 I figli dei tuoi servi avranno una dimora, la loro stirpe vivrà sicura alla tua presenza.

_________________ Note

102,1 Come è nello stile delle lamentazioni, è un’umanità sofferente e prostrata quella che rivolge il grido di aiuto a Dio (vv. 2-12). La seconda parte del salmo (vv. 13-23) si apre sull’orizzonte più ampio della comunità d’Israele, raccolta in preghiera per la ricostruzione materiale e spirituale di Gerusalemme. La preghiera si chiude con un nuovo richiamo alla precarietà della condizione umana, ma anche con la fiduciosa speranza dell’orante di venir accolto nell’abbraccio di bontà del suo Dio (vv. 24-29). Questa composizione è stata collocata dalla tradizione cristiana tra i sette “salmi penitenziali” (vedi Sal 6).

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Approfondimenti

Supplica personale e per la nazione Supplica individuale [di un malato] (+ motivi innici e di supplica per la restaurazione nazionale)

Il salmo consta fondamentalmente di due preghiere distinte: una supplica personale e una per la ricostruzione di Sion. La cosa si può rilevare, oltre che dal tema, anche dalla metrica. Infatti nei vv. 2-12 + 24-28 si hanno nel TM 3 + 3 accenti e 4 + 3 nei vv. 13-23. Tuttavia allo stato attuale il testo non si lascia facilmente smembrare in due tronconi, sebbene vi siano state varie ipotesi per farlo. Oggi si è orientati per l'unità del testo. Infatti allo stato attuale può essere considerato come un corpo unitariamemte vivo e che si mostra cresciuto con lo sviluppo della storia e della speranza della nazione ebraica. Strutturalmente si ha un'inclusione nella prima parte tra i vv. 4 e 12 con la voce «miei giorni» (yāmāy) e con il tema dello «svanire» (vv. 5 e 12). Nei vv. 13-23 (II parte) si ha una struttura chiastica concentrica, essendoci all'inizio, al centro e alla fine il binomio JHWH-Sion (vv. 13-14; v. 17; vv. 22-23). Nei vv. 24-29 si ha la ripresa della I parte con l'inclusione «miei giorni» nei vv. 24-25 (cfr. vv. 4.12) richiamati da «tuoi anni» (vv. 25-28). La simbologia riguarda lo spazio e il tempo nonché il corpo e la psiche, rispecchiando la psicologia di un malato grave nello stato febbrile. C'è inoltre l'asse semantico di tempo ed eternità ovvero di caducità ed eternità, e il rapporto individuo e comunità. L'accenno al «tempo» è frequente, come nel Sal 90; tra l'altro la voce «giorno» si trova nei vv. 3.4.9.12.24.25. Il salmo abbonda di paragoni nella parte riguardante la lamentazione (vv. 4b.5a.7ab.8.10.12ab.27a) e mostra vari contatti letterari con altri testi dell'AT. È soffuso di un'atmosfera malinconica, ma anche di fede e di speranza. Non difetta di una certa originalità artistica. E il quinto dei “Salmi penitenziali”.

Divisione:

  • vv. 2-12 (I parte): lamentazione personale;
  • vv. 13-23 (II parte): lamentazione e supplica per la restaurazione di Sion;
  • vv. 24-28 (III parte): ripresa della lamentazione iniziale;
  • v. 29: conclusione generale.

vv. 2-3. In questi pressanti appelli introduttivi si richiama l'attenzione di Dio per averne il soccorso nella situazione di angoscia dettata dalla malattia. Si tratta di invocazioni tradizionali (cfr. Sal 18,7; 27,9; 39,13; 69,18; 88,3). Si ricorre al simbolismo dell'orecchio e del grido (simbolismo auditivo) e al simbolismo del volto (simbolismo visivo).

v. 3. «Non nascondermi il tuo volto»: il nascondere il volto da parte di Dio può indicare sdegno o disinteresse, cfr. Sal 13,2-3; 30,7-11; 69,18; 89,47. Il mostrare invece il volto è segno di benevolenza, di protezione e fonte di gioia, cfr. Sal 17,15; 44,4; 67,2; 89,16-19.

v. 4. «in fumo»: a differenza di altri salmi (37,20; 68,3) ove il fumo simboleggia il dileguarsi dei nemici sconfitti, qui come in Is 51,6 indica il rapido svanire dell'umana esistenza.

vv. 7-9. L'orante descrive un'amara solitudine, richiamando il deserto e le rovine, come effetto della sua grave malattia, solitudine che è interrotta solo dalle imprecazioni dei nemici (v. 9). Si usano le immagini dei volatili: «pellicano, gufo, uccello solitario». Il salmista è come loro perché solitario «veglia e geme», mentre «tutto il giorno» i suoi nemici l'insultano. È sottintesa qui la teoria della retribuzione che vuole la malattia come conseguenza di una colpa. Cosicché l'orante oltre alle sofferenze fisiche deve sopportare anche quelle morali, effetto delle accuse e ingiurie dei nemici.

v. 7. «simile al pellicano del deserto»: la voce qa’at, che la tradizione e le antiche versioni interpretano come «pellicano», è difficile da identificare. In più bisogna aggiungere che il «pellicano» non vive solitario né tra le rovine, ma in stormi e presso i fiumi e le paludi. Altri pensano a un «rapace» o a una «civetta».

v. 11. «perché mi sollevi e mi scagli lontano»: l'orante si vede nella sua malattia come punito da Dio (cfr. Sal 90,7-9), che, come un uragano, sradica gli alberi e quanto incontra per scaraventarli lontano (cfr. Sal 18,43; Gb 27,21; 30,19.22).

v. 12. «I miei giorni... come erba..»: si riprendono i due temi in inclusione con i vv. 4-5.

vv. 13-15. Questi versetti iniziano con un forte contrasto con quelli precedenti. Sono segnati stilisticamente dall'espressione «Ma tu», che come di frequente nei salmi segna una svolta di pensiero, e dal verbo «rimanere» (yšl) rafforzato da «in eterno». Infatti, mentre nei vv. 3-12 si era parlato della fugacità della vita umana, qui si parla della stabilità di Dio.

v. 14. «Tu sorgerai»: nota il contrasto tra il «rimanere» (yšl) del v. 13 e il «sorgere» (qwm) del v. 14. Anche le due espressioni sono similmente costruite. «perché è tempo... l'ora è giunta...»: secondo una caratteristica formula profetica e salmica (Sal 12,6; 85,10) l'orante sottolinea l'imminenza dell'intervento salvifico di Dio scandendola due volte. Si tratta dell'ora di realizzare il progetto salvifico divino (Ab 2,3; Dn 8,19).

v. 15. «sono care le sue pietre»: l'orante esprime con tenerezza l'amore verso la città di Gerusalemme (Sion: vv. 14.17.22). Si richiama il tema della nostalgia verso la propria patria, che non è solo un fatto ideale, ma concreto, di amore anche per la sua conformazione fisica, per la terra in sé e per sé, cfr. Sal 137; Is 52,9.

vv. 16-23. Sion, come in una visione profetica, è vista, già ricostruita, come centro universale di attrazione dei popoli della terra (Is 2; 60; Zc 14,16-19). Vi si realizzano le profezie del Deuteroisaia (Is 40,5; 52,10) e del Tritoisaia (Is 59,19; 60,3.10). Il salmista evoca tutto ciò ricorrendo anche a motivi dei “Salmi della regalità” (cfr. Sal 96,3.7-10; 97,6; 98,2-3; 100 ecc.).

v. 19. Il versetto dal punto di vista strutturale fa da ponte tra il precedente e il seguente. Mentre esorta a fissare per iscritto quanto detto nei vv. 16-18 (primo emistichio), invita, nel secondo emistichio, il popolo «ricreato» a lodare il Signore: è ciò che viene sviluppato nei vv. 20-23. «un popolo nuovo»: alla lett. «un popolo che sarà creato» (cfr. Sal 22,32; Is 43,21). Si usa il verbo ’br (creare). Il riferimento è al popolo che ha subito l'esilio. Liberato finalmente dal Signore è come «ricreato», tratto dalla polvere dell'umiliazione in cui era stato gettato. Non si tratta di sola rinascita spirituale come nel Sal 51,12, dopo il peccato, ma di una rinascita globale (fisica, spirituale, nazionale e liturgica) che abbraccia tutto l'uomo nelle sue manifestazioni di vita. Sulle labbra di questo nuovo popolo, finalmente libero e in patria, rifiorisce la gioia di vivere significata dalla lode e dal canto, ciò che non poteva realizzarsi in esilio (cfr. Sal 137,3-4).

v. 20. «Il Signore si è affacciato...»: c'è un antropomorfismo, che di per sé indica interessamento di Dio in senso negativo o in senso positivo: cfr. Es 14,24; Sal 14,2, Dt 26,15. Qui l'affacciarsi di Dio è positivo, significa aiuto e soccorso (v. 21).

v. 23. «si aduneranno insieme i popoli e i regni...»: tra i «servi» (v. 15) ci saranno non solo gli Israeliti, ma anche i «popoli pagani» (‘ammîm) e gli altri regni. Tutti «serviranno» il Signore.

vv. 24-28. Dopo l'interruzione profetico-innica universalistica dei vv. 16-23, si riprende il genere della lamentazione individuale dei vv. 2-12, non senza aver subito l'influenza della parte innica. Il v. 24 inizia ex abrupto. Siamo di fronte alla presentazione del “caso” fatta in due tempi, come avviene a volte nelle lamentazioni (cfr. Sal 22,7.13-19; 88,4-9.15-19). Si riporta subito il lettore davanti al quadro della sofferenza descritta nei vv. 2-12.

v. 25. «a metà dei miei giorni»: si indica qui la morte prematura, cfr. Is 38,10; Sal 55,24.

vv. 26-28. Facendo contrasto con la fugacità della vita umana, come nei vv. 13-14, in chiave cosmica, si argomenta sull'eternità di Dio e quindi sulla sua immutabilità salvifica. Ciò è motivo di certezza e di speranza per l'esaudimento della preghiera del v. 25a. Questi versetti in ebraico sono costruiti in modo raffinato e in forma concentrica. C'è il gioco delle antitesi. Si ricorre all'immagine del vestito per indicare la breve durata della vita dell'uomo.

Nel NT i vv. 26-28 sono citati da Eb 1,10-12, secondo i LXX, per dimostrare la trascendente superiorità di Cristo su tutti gli esseri creati.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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SOLENNE IMPEGNO DEL RE PER LA GIUSTIZIA 1 Di Davide. Salmo.

Amore e giustizia io voglio cantare, voglio cantare inni a te, Signore.

2 Agirò con saggezza nella via dell'innocenza: quando a me verrai? Camminerò con cuore innocente dentro la mia casa.

3 Non sopporterò davanti ai miei occhi azioni malvagie, detesto chi compie delitti: non mi starà vicino.

4 Lontano da me il cuore perverso, il malvagio non lo voglio conoscere.

5 Chi calunnia in segreto il suo prossimo io lo ridurrò al silenzio; chi ha occhio altero e cuore superbo non lo potrò sopportare.

6 I miei occhi sono rivolti ai fedeli del paese perché restino accanto a me: chi cammina nella via dell'innocenza, costui sarà al mio servizio.

7 Non abiterà dentro la mia casa chi agisce con inganno, chi dice menzogne non starà alla mia presenza.

8 Ridurrò al silenzio ogni mattino tutti i malvagi del paese, per estirpare dalla città del Signore quanti operano il male.

_________________ Note

101,1 L'orante, probabilmente il re o un personaggio rivestito di una particolare autorità, delinea in questa preghiera il profilo interiore di chi è posto alla guida del popolo. In primo luogo viene messa in evidenza la piena adesione alla legge del Signore (chiamata via dell’innocenza, v. 2), fonte di saggezza e norma di buon governo; poi, emerge quasi un decalogo sociale, al quale il re promette di attenersi per reggere con giustizia il popolo.

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Approfondimenti

Programma ideale di un re giusto e saggio Salmo regale

L'orante presenta nella finzione poetica o nella realtà una bozza di un “discorso della corona” tenuto davanti a un'assemblea, in cui una suprema autorità (probabilmente il re) si impegna a rispettare e a far rispettare i precetti dell'alleanza divina. È un salmo regale in senso largo e a sfondo liturgico. Anche se il re non viene esplicitamente nominato, che ci si riferisca a lui lo si intuisce da quanto possiede (una grande casa per accogliere molti: vv. 2.6.7) e da ciò che ha intenzione di fare, che non è certo nelle possibilità di un privato cittadino (vv. 5.6.8). Per alcuni aspetti il Sal 101 è parallelo al Sal 18,21-25 (a proposito della protesta d'innocenza), ma mentre là ci si riferiva alle azioni passate, nel Sal 101 le promesse d'impegno sono per il futuro. Scomparsa la monarchia, il salmo ricevette l'interpretazione messianica. Il protagonista parla in prima persona. È una composizione abbastanza sobria, ben organizzata e strutturata in distici quasi sempre regolari. Procede solitamente per antitesi, basandosi sulla menzione positiva delle azioni del re, contrarie a quelle negative degli empi. Il nome del Signore (JHWH) fa da inclusione nel v. 1 e 8. Altri elementi di struttura sono le voci: via (vv. 2.6), cuore (vv. 2.4.5), casa (vv. 2.7), occhi (vv. 3.6.7), paese (vv. 6.8). La simbologia è spaziale (cfr.: via, casa, paese, città) e somatico-psicologica (cfr.: cuore, occhi).

Divisione:

  • v. 1: dossologia d'inizio;
  • vv. 2-8: impegni programmatici del re.

v. 1. La dossologia è per alcuni un'aggiunta posteriore per adattare il salmo alla lode liturgica. La formulazione è stereotipa, ma agganciata tematicamente al contenuto degli altri versetti. «Amore e giustizia...»: è la coppia delle virtù dell'alleanza. Nell'evidenziarle, in quanto osservate da Dio nella sua fedeltà, il salmista di riflesso le indica al re per l'esercizio concreto del suo governo.

v. 2. «Agirò con saggezza»: il re si impegna prima con se stesso (Sal 78,72; 1Re 9,4; Sap 9) a essere fedele alla legge di Dio. Alla lett. «voglio essere sapiente» (’aśkîlâ). È la sapienza pratica, che chiese Salomone al Signore per ben governare (1Re 3). «quando verrai a me?»: è la richiesta al Signore di una sua visita per essere confortato e benedetto nell'azione di governo, secondo il principio della retribuzione, dato che egli, il re, si prefigge di agire secondo la legge. «con cuore integro»: cioè con fedeltà di cuore, che implica coerenza di vita e piena sincerità (cfr. Prv 11,20; Sal 119,1), come Davide (cfr. Sal 18,21.24; 78,72).

v. 3. «Non sopporterò davanti ai miei occhi...»: il re dichiara la sua ferma intenzione di non compromettersi con le ingiustizie e di non farsi complice di chi le compie. «azioni malvagie»: alla lett. «parola di Belial» (cfr. Sal 41,9; cfr. Es 10,10; Dt 15,9).

v. 5. «occhi altezzosi e cuore superbo»: alla lett. «alto di occhi e largo di cuore». Si designano gli ambiziosi che hanno come scopo il successo anche a costo di nuocere agli altri e perfino eliminandoli se gli sono di ostacolo (cfr. Prv 16,5; 21,4; 28,25; Sal 18,28; 131,1).

vv. 6-7. «i fedeli del paese... chi cammina per la via integra»: coloro che praticano la fedeltà alla legge del Signore come il re (v. 2b) (cfr. Nm 12,7; 1Sam 2,35; Pr 25,13), abitando presso il santuario del Signore (Sal 15, 1; 61,5) possono abitare anche presso il re. «Non abiterà nella mia casa...»: coloro che come il bugiardo e il fraudolento non sono degni di abitare nella casa del Signore, non lo sono neanche per abitare nella casa del re.

v. 8. «Sterminerò ogni mattino...»: con una forte esagerazione il re proclama il suo fermo proposito di liberare tutto il paese dagli empi e la città santa di Gerusalemme dagli operatori iniqui, anche ricorrendo a estremi mezzi di coercizione quali le sentenze di morte. «ogni mattino...»: cfr. Ger 21,12. Il mattino è l'ora della celebrazione dei processi. L'espressione indica la sollecitudine e la vigilanza del re per il suo programma di «purificazione» del paese e della città santa.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INVITO ALLA LODE 1 Salmo. Per il rendimento di grazie.

2 Acclamate il Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia, presentatevi a lui con esultanza.

3 Riconoscete che solo il Signore è Dio: egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo.

4 Varcate le sue porte con inni di grazie, i suoi atri con canti di lode, lodatelo, benedite il suo nome;

5 perché buono è il Signore, il suo amore è per sempre, la sua fedeltà di generazione in generazione.

_________________ Note

100,1 Breve ma intenso inno di lode e di ringraziamento che accompagna la comunità nel suo ingresso al tempio del Signore. Al centro della preghiera è incastonato il “Credo” d'Israele, cioè la professione di fede nell'unicità di Dio e nella sua opera di creatore e guida del popolo.

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Approfondimenti

Lode e ringraziamento al Signore Inno

Fede, lode e ringraziamento sono espresse da questo salmo, breve, ma denso di teologia e di suggestione. Per struttura e tematica il salmo è simile al Sal 117 e alla prima parte del Sal 95 (vv. 1-7a). L'impostazione liturgica è evidente. Probabilmente si tratta di un canto processionale d'ingresso al tempio, guidato da un liturgo o da un coro che invita l'assemblea. Si esprime l'essenziale del credo del popolo ebraico. È a struttura dittica e si divide in due parti: vv. 2-3; 4-5. Ambedue iniziano con un invitatorio che consta di due imperativi (vv. 2-3a; 4) e dalla motivazione (vv. 3b; 5). Prevalgono nel TM gli accenti 3+3+3. La simbologia dello spazio è presente nei vv. 2.3.4 (terra, pascolo, atri) e quella del tempo nei vv. 3.4.5 (presente, passato e futuro).

vv. 2-3. «acclamate... servite... presentatevi... riconoscete»: sono i primi quattro imperativi dell'invitatorio. L'invito a lodare e a riconoscere il Signore dell'alleanza è pressante. Si tratta di un vera ovazione, cfr. Sal 66,1. «voi tutti della terra»: alla lett. «tutta la terra». I popoli della terra sono invitati a lodare il Signore. C'è un respiro e un orizzonte universale, cfr. Sal 98,4; Is 2,1-5; 60,1-22. «servite il Signore»: le genti sono invitate a servire il Signore nel culto e a impegnarsi nell'alleanza come Israele stesso (cfr. Gs 24,14-24; Is 56,6-7). «nella gioia... con esultanza»: il servizio al Signore, come quello del culto e dell'osservanza dei comandamenti, deve avvenire in un'atmosfera di festa.

v. 3. «Riconoscete»: il verbo «conoscere/riconoscere» (yd‘), nella sua valenza biblica di conoscenza sponsale, suppone anche l'accoglienza, l'adesione, la fedeltà, l'amore. Il «riconoscere» sta in una posizione centrale, di vera importanza nell'economia di questo breve salmo. Difatti è al centro di tutti i verbi dell'invitatorio della prima e della seconda parte. Con questo verbo si invitano i popoli della terra a una triplice professione di fede: a riconoscere il Signore come unico Dio, come creatore («egli ci ha fatti») e come Dio dell'alleanza con Israele. («e noi siamo suoi»): cfr. Is 43,1).

v. 4. «Varcate...»: dall'orizzonte universale, cosmico, si passa a quello particolare del tempio di Gerusalemme, di cui si citano per sineddoche (la parte per il tutto) le porte e gli atri. «con inni di grazie... benedite»: la lode pura del primo distico, ora prende la fisionomia di ringraziamento e di benedizione, ma sempre nella gioia, nel clima festoso.

v. 5. La motivazione del secondo distico si esprime, come nel primo, in una triplice professione di fede. «buono»: la bontà del Signore è concreta e si manifesta nel suo amore premuroso e attento per l'uomo: cfr. Sal 25,8; 34,9; 73,1; 86,9; «eterna la sua misericordia»: la misericordia (ḥesed) non cessa neanche davanti all'infedeltà dell'uomo. «la sua fedeltà»: indica la costanza dell'impegno di Dio nel rispetto dell'alleanza.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INNO A DIO, RE GIUSTO E SANTO 1 Il Signore regna: tremino i popoli. Siede in trono sui cherubini: si scuota la terra.

2 Grande è il Signore in Sion, eccelso sopra tutti i popoli.

3 Lodino il tuo nome grande e terribile. Egli è santo!

4 Forza del re è amare il diritto. Tu hai stabilito ciò che è retto; diritto e giustizia hai operato in Giacobbe.

5 Esaltate il Signore, nostro Dio, prostratevi allo sgabello dei suoi piedi. Egli è santo!

6 Mosè e Aronne tra i suoi sacerdoti, Samuele tra quanti invocavano il suo nome: invocavano il Signore ed egli rispondeva.

7 Parlava loro da una colonna di nubi: custodivano i suoi insegnamenti e il precetto che aveva loro dato.

8 Signore, nostro Dio, tu li esaudivi, eri per loro un Dio che perdona, pur castigando i loro peccati.

9 Esaltate il Signore, nostro Dio, prostratevi davanti alla sua santa montagna, perché santo è il Signore, nostro Dio!

_________________ Note

99,1 È la santità di Dio il motivo che ritma questo inno, con cui si chiude la piccola serie dei “salmi della regalità del Signore” (vedi Sal 47). Questa santità (che nella Bibbia esprime separazione e trascendenza insieme) da una parte fa di Dio il Signore di tutta la terra e, dall'altra, lo rende vicino al suo popolo (rappresentato nelle tre grandi figure carismatiche della storia di Israele: Mosè, Aronne, Samuele, v. 6).

99,5 sgabello dei piedi di Dio: il monte Sion, ma anche l’arca dell’alleanza (vedi Sal 132,7).

99,7 colonna di nubi: riferimento a Es 33,9.

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Approfondimenti

Il Signore regna in Sion e su tutti i popoli Inno della regalità del Signore (JHWH)

Il salmo canta la regalità del Signore che siede in Sion e si erge eccelso sopra tutti i popoli. È l'ultimo, e anche il più originale, dei “Salmi della regalità” del Signore. Vi si differenzia dagli altri in particolare per la ricchezza teologica, il lirismo e il tenore morale. Sebbene inizi con l'espressione «Il Signore regna» (JHWH mālāk) si distacca dai Sal 96-98, che si ispirano al Deuteroisaia per il contenuto salvifico-escatologico, e si avvicina di più al Sal 47 e, in parte, anche al 93 per il suo aspetto celebrativo-cultuale. Il Sal 99 mostra così di essere legato al tempio e al culto, alla teologia della santità e dell'alleanza; ma non è facile definire il suo impiego in una precisa cerimonia o in una particolare festa. E preesilico (VII o VI sec. a.C.). A livello letterario è ben strutturato; il metro nel TM è un po' incerto; gli accenti sono per lo più 4 + 4 a eccezione dei vv. 5 e 9 in cui sono 3 + 3 + 3. C'è un simbolismo spaziale di base, cui si affianca quello cultuale-regale-giudiziario. Qualcuno divide il salmo in due parti (vv. 1-5; 6-9), ma generalmente viene diviso in tre parti (vv. 1-3; 4-5; 6-9) basandosi sul ritornello «è santo» (vv. 3.5) e l'espressione «Il Signore è santo» del v. 9. Ogni parte termina con un ritornello (vv. 3.5.9). Nella prima si esalta la maestà e l'universalità della regalità divina; nella seconda l'attenzione si sposta sulla potenza della regalità che si esercita nella giustizia e nel suo esercizio; nella terza si esalta la regalità divina che si è manifestata più direttamente nel popolo eletto e nella storia della sua alleanza con il Signore, ma in particolare nella pazienza di Dio e nell'esaudire i tre grandi intercessori: Mosè, Aronne e Samuele.

v. 1. Il versetto è costruito con un parallelismo sinonimico, e con tratti tradizionali. Al primo membro di ogni emistichio esaltante la regalità, corrisponde l'effetto di risonanza delle creature, prese dal sacro timore reverenziale. «Il Signore regna»: così iniziano anche i Sal 93,1; 97,1. «siede sui cherubini»: il titolo è riportato anche in Sal 80,2; 2Re 19,15; Is 37,16. Ci si riferisce all'arca dell'alleanza che era sormontata da due cherubini, considerata trono di Dio sulla terra (Es 25,22; Nm 7,89; 10,33-35; Sal 68,2; Dn 3,53-56).

v. 2. «Grande è il Signore in Sion, eccelso sopra tutti i popoli»: il testo ebraico è costruito chiasticamente, avente alla fine del primo emistichio e all'inizio del secondo questi due aggettivi. Sono così indicati l'asse orizzontale (grande) e l'asse verticale (eccelso).

v. 3. «il tuo nome»: è la stessa persona di Dio: cfr. Sal 8,2; 97,12. «grande e terribile»: cfr. Dt 10,17; Sal 111,10; Is 57,15 (cfr. Sal 76). Si denota con questi attributi la trascendenza divina. «perché è santo»: la santità di Dio più delle altre qualità divine sottolinea la sua purissima trascendenza. «santo» (qādôš) è l'aggettivo fondamentale e più ricorrente nel salmo (quattro volte nei vv. 3.5.9); significa di per sé «separato, allontanato da ogni impurità». Il Signore è «santo» (cfr. 1Sam 2,2; Is 6,3; Am 4,2; Os 11,9). Ma questa separazione-trascendenza non lo esclude dall'essere attivo nella storia. Anzi proprio nella storia salvifica egli manifesta la sua «santità» (Is 29,23; 41,14; 43,3).

v. 4. «Re potente»: alla lett. «potenza di re». L'espressione ha valore di superlativo (= potentissimo). «tu hai stabilito ciò che è retto»: Dio ama la giustizia ed è la fonte della giustizia e del diritto. Queste sono la base e il fondamento stabile del mondo e della storia.

v. 5. «Esaltate il Signore..»: si invita a lodare e ad adorare il Signore, che anche nella legge manifesta la sua santità, radice della stessa regalità. L'invito si ripete quasi identico in inclusione nel v. 9. «sgabello dei suoi piedi»: secondo il v. 9 è il monte Sion «il suo monte santo» in genere, ma in senso più diretto è l'arca dell'alleanza (Sal 132,7; 1Cr 28,2) e per estensione il tempio che custodiva l'arca e la stessa città di Gerusalemme posta su «monte santo», e infine la terra stessa nei confronti del cielo, sede del trono divino (Is 66,1; Mt 5,35).

vv. 6-8. Con brevi cenni al periodo esodale si ricordano Mosè, Aronne e Samuele, come «custodi» e «mediatori» (vv. 6-7a) dell'alleanza, e si esalta l'accondiscendenza di Dio nei loro confronti, ma anche la sua pazienza e severità, essendo stati a volte anch'essi trasgressori (v. 8).

v. 6. «Mosè e Aronne tra i suoi sacerdoti»: sono chiamati sacerdoti, essendo della tribù di Levi e per la loro funzione mediatrice. «Samuele»: funse da mediatore in particolare nella fondazione della monarchia (1Sam 7,8-9; 12,16-25). Il binomio Mosè e Samuele come intercessori sacerdotali è sviluppato in particolare da Geremia.

v. 8. «un Dio paziente»: è il Dio che si manifesta in particolare nell'esodo (cfr. 34,6-7); «pur castigando i loro peccati»: quali?: una mancanza di fede (Es 32,1-6; Nm 12,1-15; 14,26-35; 20,12-24; 27,13-14; Dt 3,23-26), il troppo parlare di Mosè (Sal 106,33), o il parlare invece di operare? (Nm 20,8-10). Di Samuele non sono menzionate nella Bibbia particolari trasgressioni, ma i tre si possono considerare come “tipi” della vicenda di tutto il popolo eletto di fronte all'alleanza. Anche i grandi mediatori del passato sono stati bisognosi di perdono! (cfr. Sap 11, 23).

v. 9. «Esaltate il Signore...»: è il terzo invito del salmo a lodare il Signore e ad adorarlo. Fa inclusione con il v. 5. La motivazione è la sua santità e la fedeltà all'alleanza con Israele, espressa dall'invocazione «nostro Dio» (cfr. Es 20,2; Dt 5,2.6-16; 6,16).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INNO A DIO, SALVATORE 1 Salmo.

Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie. Gli ha dato vittoria la sua destra e il suo braccio santo.

2 Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.

3 Egli si è ricordato del suo amore, della sua fedeltà alla casa d'Israele. Tutti i confini della terra hanno veduto la vittoria del nostro Dio.

4 Acclami il Signore tutta la terra, gridate, esultate, cantate inni!

5 Cantate inni al Signore con la cetra, con la cetra e al suono di strumenti a corde;

6 con le trombe e al suono del corno acclamate davanti al re, il Signore.

7 Risuoni il mare e quanto racchiude, il mondo e i suoi abitanti.

8 I fiumi battano le mani, esultino insieme le montagne

9 davanti al Signore che viene a giudicare la terra: giudicherà il mondo con giustizia e i popoli con rettitudine.

_________________ Note

98,1 La salvezza, che Israele ha sperimentato grazie alla destra e al braccio di Dio (v. 1, immagini che indicano i grandi interventi di Dio all'epoca della liberazione dalla schiavitù egiziana) e cantato come giustizia, amore, fedeltà, vittoria (vv. 2-3), viene proclamata, in questo inno, a tutti i popoli della terra, come segno della regalità di Dio e del suo progetto di bontà.

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Approfondimenti

Il Signore re, giudice e salvatore Inno della regalità del Signore (JHWH)

Quest'inno è una replica pressoché identica del Sal 96. Inoltre quasi simili sono il messaggio e i temi cosmici e musicali. Il Sal 98 tuttavia accentua di più il tema della salvezza universale-escatologica. È un carme antologico come i precedenti 96 e 97, che attingono per lo più dal Deuteroisaia. Il carattere antologico non impedisce al Sal 98 di essere perfettamente unitario, armonico, musicale, oltre che abbastanza vivace nelle immagini. Il ritmo nel TM non è uniforme; viene usato per lo più il metro elegiaco-meditativo della qînâ (3 + 2 accenti) nonostante il tono e il tema gioiso. Nel v. 2 c'è un tristico (2 + 2 + 2 accenti) e vi sono distici di 3 + 3 accenti (vv. 4-8). Dio ricorre con il nome «Signore» (JHWH) sei volte e con l'espressione «nostro Dio» una volta (v. 3). Il salmo si presenta anche come un buon modello di testo storico-escatologico. Vengono ricordati i prodigi del passato, si contestualizzano al presente e si proiettano al futuro, nella venuta di un regno perfetto di giustizia per tutti i popoli. Dominano il salmo i campi semantici simbolici dello spazio-tempo, della musica, della regalità che si esprime nel contesto giudiziario.

Il salmo si divide in due parti:

  • vv. 1-3 (I parte): invito a lodare (v. 1a); motivazione (= salvezza storica) (vv. 1b-3);
  • vv. 4-9 (II parte): invito solenne a lodare (vv. 4-8); motivazione (v. 9) (giudizio escatologico).

v. 1a. «Cantate... un canto nuovo»: così inizia anche il Sal 96,1. «perché ha compiuto prodigi»: è la motivazione (elemento cardine nel genere innico) dell'invitatorio. I «prodigi» (niplᵉ’ôt) evocano l'esodo, ma anche il nuovo esodo (il ritorno dalla schiavitù babilonese); «la sua destra e il suo braccio santo»: è un antropomorfismo per esprimere i prodigi della creazione (Sal 89,11.14), dell'esodo (Es 15,16) e del nuovo esodo (Is 40,10; 51,5.9; 52,10).

v. 2. «salvezza... giustizia»: il binomio appartiene allo stile del Deuteroisaia (cfr. 52,10), ma è noto anche al Tritoisaia (59, 17). Esprime l'intervento salvifico di Dio. Salvezza (= vittoria), giustizia (= realizzazione dei disegni di Dio, come rivendicazione della sua autorità sul mondo e sulla storia e come fedeltà alla sua alleanza) (cfr. v. 3).

v. 3. «si è ricordato... amore... fedeltà»: il ricordare (zkr) è un pilastro della fede d'Israele; l'amore e la fedeltà sono le due virtù caratteristiche dell'alleanza; i due termini sono in coppia molto spesso nel Salterio. «tutti i confini della terra...»: l'espressione, oltre a esprimere la grandezza e la meraviglia delle imprese salvifiche di Dio, suppone anche in chiave missionaria la partecipazione di tutte le genti alla gioia e ai frutti delle gesta di Dio. C'è un'apertura universalistica (cfr. Sal 87; 96; Is 40,5; 45,20-22; 66,18).

v. 4. «con canti di gioia»: al «canto nuovo» di v. 1a si sostituisce in questa seconda parte l'invito molto più solenne («acclami... gridate, esultate»), più universalistico («tutta la terra») e più gioioso («con canti di gioia»), con strumenti musicali (vv. 5-6) e con la partecipazione di tutta la natura (vv. 7-8).

v. 5-6. L'invito a «cantare inni» e ad «acclamare» viene rinforzato dall'uso degli strumenti musicali come l'arpa, il suono melodioso (= del salterio), la tromba, il corno. Sono quattro strumenti che rappresentano quelli adoperati nel tempio per il culto.

vv. 7-8. Al suono degli strumenti si aggiunge la partecipazione del cosmo che fa da coro: il mare, il mondo abitato, gli stessi fiumi e le montagne sono invitati a partecipare alla lode del Signore. C'è una personificazione degli elementi della natura. Cfr. Sal 96,11-12; Is 55,12.

v. 8. «I fiumi battano le mani»: il gesto di accompagnamento ritmico delle mani è riferito ai popoli nel Sal 47 e in Is 55,12 agli alberi della campagna. Qui ai fiumi!

v. 9. «davanti al Signore che viene... a giudicare»: è la motivazione dell'invito solenne e cosmico a lodare. È anche una professione di fede nell'avvento del Signore. Egli viene nella sua regalità per un giudizio di salvezza per tutti gli uomini. Si ripete con leggera variante la finale del Sal 96,13.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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LA GLORIA DEL SIGNORE

1 Il Signore regna: esulti la terra, gioiscano le isole tutte.

2 Nubi e tenebre lo avvolgono, giustizia e diritto sostengono il suo trono.

3 Un fuoco cammina davanti a lui e brucia tutt'intorno i suoi nemici.

4 Le sue folgori rischiarano il mondo: vede e trema la terra.

5 I monti fondono come cera davanti al Signore, davanti al Signore di tutta la terra.

6 Annunciano i cieli la sua giustizia, e tutti i popoli vedono la sua gloria.

7 Si vergognino tutti gli adoratori di statue e chi si vanta del nulla degli idoli. A lui si prostrino tutti gli dèi!

8 Ascolti Sion e ne gioisca, esultino i villaggi di Giuda a causa dei tuoi giudizi, Signore.

9 Perché tu, Signore, sei l'Altissimo su tutta la terra, eccelso su tutti gli dèi.

10 Odiate il male, voi che amate il Signore: egli custodisce la vita dei suoi fedeli, li libererà dalle mani dei malvagi.

11 Una luce è spuntata per il giusto, una gioia per i retti di cuore.

12 Gioite, giusti, nel Signore, della sua santità celebrate il ricordo.

_________________ Note

97,1 In continuità con i salmi precedenti, anche questo inno proclama la regalità di Dio. Essa viene presentata, da una parte, mediante una teofania, cioè una sua particolare e grandiosa manifestazione, che la Bibbia solitamente collega con i fenomeni atmosferici (nubi, tenebre, fuoco, folgori, vv. 2-4); dall'altra, mediante la gloria del tempio sul monte Sion, dove Dio appare nella pienezza della sua regalità.

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Approfondimenti

Dio è luce e gioia per i giusti Inno della regalità del Signore (JHWH)

Il salmo celebra la regalità del Signore che appare nella poderosa teofania della tempesta cosmica (cfr. Sal 18,8; 29;96). Per la versione greca dei LXX il Sal 97 è un prolungamento ideale e logico del Sal 96, e vi sono motivi che possono giustificare l'ipotesi. Tra l'altro, essi sono ambedue di carattere antologico, hanno per tema centrale la regalità del Signore, si aprono a un panorama universalistico-escatologico, sono ambedue postesilici, e hanno inoltre come sfondo il tempio celeste e quello terrestre. Il campo semantico prevalente nel Sal 97 è spaziale, giudiziario ed esprime la gioia, che come l'atmosfera avvolge tutto l'inno. Strutturalmente il Sal 97 è stretto da un'inclusione data dal verbo «gioire» (śmḥ) presente nei vv. 1 e 12 e anche nel v. 8. Inoltre tra il v. 7 e 9 c'è un'altra inclusione data dall'espressione «tutti gli dei» (kōl-’elōhîm). Gli accenti nel TM sono per lo più 3 + 3.

Divisione:

  • vv. 1-6: la teofania cosmica;
  • vv. 7-9; la reazione degli idoli e dei loro adoratori;
  • vv. 10-12: la reazione dei fedeli.

v. 1. «Il Signore regna»: per l'acclamazione della regalità del Signore in apertura del salmo cfr. Sal 93,1 e 99,1. «esulti... gioiscano le isole tutte»: si esprime nel contempo l'effetto gioioso della regalità di Dio e la speranza che essa venga riconosciuta da ognuno per goderne i benefici. «le isole tutte»: in senso diretto sono le isole del Mediterraneo, ma per estensione anche i lidi stessi delle terre che si affacciano su questo mare. L'espressione, usuale nel Deutero e Tritoisaia (42,4.10.12; 51,5; 60,9; 66,19; cfr. Sal 72,10), indica l'universalità della salvezza.

vv. 2-5. Si descrive l'apparizione del Signore re nel mondo con le immagini di una teofania, ispirata fondamentalmente a quella del Sinai (Es 19,16-20), ma cfr. Sal 18,8-16; Sal 29. Gli sconvolgimenti atmosferici celesti (vv. 2-4) e terrestri (terremoti) (v. 5) esprimono la trascendenza e l'onnipotenza di Dio.

v. 2. «giustizia e diritto»: sono personificazioni delle virtù presenti nella teologia dell'alleanza e nel culto. Si riproduce qui il Sal 89,15 ove esse figurano come damigelle che sorreggono il trono del Signore.

v. 3. «Davanti a lui cammina il fuoco...»: anche il fuoco è personificato. Simboleggia la potenza travolgente di Dio che «brucia» i suoi nemici; cfr. Sal 18,9; 50,3; Is 10,17.

v. 5. «I monti fondono come cera...»: per l'immagine cfr. Mic 1,3-4. «Signore di tutta la terra»: per l'appellativo indicante il potere universale di Dio, cfr. Mic 4,13; Zc 4,14; 6,5.

v. 6. «I cieli annunziano...»: all'invito a gioire rivolto a tutti del v. 1 corrisponde un'acclamazione estasiata che è anche una professione di fede corale e, nello stesso tempo, motivazione dell'invito iniziale. Parafrasando, il salmista sembra esclamare stupito: «Davvero la regalità del Signore si manifesta e tutti possono contemplare la sua gloria!». Il versetto nel TM è basato sull'assonanza e riporta due verbi esprimenti la fede storico-narrativa d'Israele: «annunziare» (ngd) e «contemplare, vedere» (r’h); cfr. Sal 19,2-5; 50,6.

vv. 7-9. Davanti alla maestà di Dio e alla sua regalità, il pensiero del salmista non riesce a comprendere l'insensibilità degli adoratori degli idoli e reagisce scagliandosi contro entrambi.

v. 7. «idoli»: questi sono chiamati nello stesso versetto ’ēlohîm (dei) e ’elîlîm (nullità) con un gioco di parole come nel Sal 96,5. «si prostrino»: la forma verbale originale ha valore di imperativo e di perfetto. I due sensi che ne scaturiscono sono complementari. Per l'immagine cfr. 1Sam 5,1-6.

v. 10. «voi che amate il Signore»: alla lett. «amanti di JHWH». Nel testo ebraico è posto in stato enfatico all'inizio del versetto. I verbi «amare» e il suo contrario «odiare» (verbi di carattere antitetico) stanno insieme nello stesso versetto.

v. 11. «Una luce si è levata...»: il riferimento è al Signore che è «luce» (’ôr) che dà «gioia», cfr. Is 9,1-2; 58,8.10; 60,1-2; Sal 112,4.

v. 12. «suo santo nome»: alla lett. «memoriale della sua santità» (cfr. Sal 96,2; 106,47; Es 3,15). È citato il Sal 30,5. E così nei vv. 10-12 riecheggia il vocabolario teologico dell'alleanza. Il salmo si chiude con ottimismo, gioia e fiducia nella signoria di Dio.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INNO ALLA GRANDEZZA E ALLA GLORIA DI DIO

1 Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore, uomini di tutta la terra.

2 Cantate al Signore, benedite il suo nome, annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.

3 In mezzo alle genti narrate la sua gloria, a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

4 Grande è il Signore e degno di ogni lode, terribile sopra tutti gli dèi.

5 Tutti gli dèi dei popoli sono un nulla, il Signore invece ha fatto i cieli.

6 Maestà e onore sono davanti a lui, forza e splendore nel suo santuario.

7 Date al Signore, o famiglie dei popoli, date al Signore gloria e potenza,

8 date al Signore la gloria del suo nome. Portate offerte ed entrate nei suoi atri,

9 prostratevi al Signore nel suo atrio santo. Tremi davanti a lui tutta la terra.

10 Dite tra le genti: “Il Signore regna!”. È stabile il mondo, non potrà vacillare! Egli giudica i popoli con rettitudine.

11 Gioiscano i cieli, esulti la terra, risuoni il mare e quanto racchiude;

12 sia in festa la campagna e quanto contiene, acclamino tutti gli alberi della foresta

13 davanti al Signore che viene: sì, egli viene a giudicare la terra; giudicherà il mondo con giustizia e nella sua fedeltà i popoli.

_________________ Note

96,1 I popoli della terra sono chiamati a cantare la grandezza del Dio d’Israele, che si innalza, nella sua gloria di unico vero Dio, sugli dèi inerti e inconsistenti. All'orizzonte si profila il raduno finale di tutta l'umanità; nell'abbraccio della regalità e della paternità di Dio. Questo inno si trova anche in 1Cr 16,23-33, con alcune varianti.

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Approfondimenti

Un canto nuovo a Dio re Inno alla regalità del Signore (JHWH)

È una composizione abbastanza unitaria, sebbene antologica, del postesilio (IV sec. a. C.?), che rivela l'ingegno e la maestria dell'autore. Ci sono riferimenti, ma demitizzati, all'antico Sal 29 e al Deuteroisaia (cfr. polemica antidolatrica) e allusioni ad altri passi biblici. Il salmo si trova con alcune varianti nella raccolta antologica di 1Cr 16,8-36 tra il Sal 105,1-15 e il 106,1.47-48, presentata dal Cronista come ringraziamento dopo il trasferimento dell'arca santa in Gerusalemme. Ritmicamente, si presenta come una poesia libera da vincoli: si trovano infatti distici e tristici e varia il numero di accenti per stico. Si nota tuttavia una certa preferenza per lo schema poetico cananaeo abc/abd/abe (cfr. vv. 1-2). Le numerose inclusioni (cfr. le espressioni: «tutta la terra», «Signore», «nome», «gloria», «popoli») rendono i vv. 1-9 una composizione unitaria e così anche (cfr. il verbo «giudicare») i vv. 10-13. La seconda unità forma anche un crescendo. Il campo semantico simbolico, cosmico-spazio-temporale unifica il salmo; non manca tuttavia la motivazione politica legata alla figura di Dio re.

Divisione:

  • vv. 1-9 (I parte): il cantico nuovo;
  • vv. 10-13 (II parte): la regalità del Signore.

v. 1. «Cantate al Signore...»: l'invito ripetuto 3 volte nei vv. 1-2 indica particolare insistenza (figura dell'«anafora»). «canto nuovo»: cfr. Sal 33,3; 40,4; 98,1; 144,9; 149,1. L'espressione è particolarmente usata dal Deuteroisaia (42,10) e si riferisce alla celebrazione della salvezza messianico-escatologica portata dal Servo del Signore (JHWH) (Is 42, 1ss.).

vv. 2-3. «il suo nome»: è la sua persona (Sal 8,2). «annunziate... narrate... dite»: la lode secondo la fede storica d'Israele consiste nel raccontare gli interventi salvifici di Dio. Probabilmente i vv. 2b-3 («salvezza... prodigi») in senso più specifico possono riferirsi al ritorno dall'esilio, nuovo esodo (cfr. Is 40-55; Sal 126), dato l'impiego anche del verbo «annunziare» (bśr) caro al Deuteroisaia (40,9; 41,27; 52,7), verbo che i LXX traducono con euaggelizesthai (= portare il lieto annunzio). «in mezzo ai popoli... a tutte le nazioni»: i prodigi di Dio non possono essere racchiusi nell'ambito di un popolo ristretto; tutti devono conoscerli per beneficiarne, cfr. Is 66,18-19.

v. 5. «sono un nulla»: (’elîlîm), cfr. Sal 97,7; Is 2,8. 18.20. Nel primo emistichio il termine, che richiama per assonanza la voce «Dio» (’elōhîm), descrive sarcasticamente gli «dei» come «gli inutili, i nulla» (’ēlîlîm) (cfr. Gb 13,4); nel secondo emistichio, ricorre il nome di JHWH in contrapposizione «agli dei» (= nullità) del primo emistichio, e si esalta la potenza di Dio che «ha fatto i cieli».

vv. 7-9. Quest'invitatorio ha carattere duplice di inclusione e di apertura al cantico seguente, apice del salmo. Si ripetono grosso modo i temi dei vv. 1-3. Il modello seguito è quello di Sal 29, con la preoccupazione di demitizzarlo. Qui si sostituisce l'espressione «figli di Dio» di Sal 29,1 con «famiglie di popoli». Non sono più le divinità del pantheon cananeo a formare la corte celeste, ma i diversi popoli della terra. Essi sono invitati a salire al tempio di Gerusalemme per compiere il culto al Signore (cfr. Is 18,7).

v. 8. «offerte»: ebr. minḥâ. È il termine liturgico tecnico delle offerte sacrificali vegetali (cfr. Lv 2,1-16). Perciò qui, più che omaggi di popoli vassalli, si tratta di esplicito atto di culto al Signore, dato anche il contesto ambientale del tempio («gli atri»). Ma ciò è ben specificato dal v. 9 con l'imperativo «prostratevi».

v. 9. «in sacri ornamenti»: cfr. Sal 29,2. L'espressione incerta può tradursi, stando al significato della voce hdrh nei testi di Ugarit, anche «alla sua santa apparizione». Si tratta qui di una teofania cultuale, il cui effetto teofanico susseguente del «tremore» causato dal timore è indicato nel v. 9b. Si adopera qui la figura della metonimia (effetto per la causa).

v. 10. Dopo l'invito all'annuncio della regalità, si esalta l'azione provvidente di Dio che «sorregge il mondo...» e la sua azione giudiziaria. Con l'azione provvidente si sottolinea il governo dell'universo creato, avendo sconfitto per sempre il caos iniziale (cfr. Sal 104,5-9); con l'azione giudiziaria, si accentua il governo e la sua influenza sulla storia che il Signore dirige con «rettitudine», cfr. Sal 66,5. Per il concetto di regalità del Signore cfr. Sal 93,1.

vv- 11-12. Alla regalità cosmica del v. 10 segue una lode universale, che parte da un coro solenne formato da tutta la natura inanimata. Sono coinvolti: cielo, terra e mare (tre elementi essenziali secondo la concezione ebraica), la campagna coltivata e le foreste (ambiente familiare all'uomo e agli animali). Il campo semantico della «gioia» qui è molto vario. La gioia del creato è una costante degli annunci di salvezza del Deuteroisaia, cfr. Is 44,23; 49,13; 55,12.

v. 13. Si esplicita il destinatario della lode cosmica dei vv. 11-12 e la motivazione. La lode va diretta al Signore «che viene». Si ha qui uno sfondo escatologico-universale. «con giustizia e con verità»: il giudizio sarà secondo le due grandi virtù che caratterizzano l'alleanza, «la terra... il mondo... tutte le genti»: le tre espressioni esprimono e ribadiscono l'universalità del giudizio. Si tratta perciò di un giudizio (azione) salvifico-escatologico a carattere universale, cfr. Is 40,10; 59,19-20; 60,1; 62,11. Il salmo supera cosi ogni nazionalismo.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INVITO ALL’ADORAZIONE

1 Venite, cantiamo al Signore, acclamiamo la roccia della nostra salvezza.

2 Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia.

3 Perché grande Dio è il Signore, grande re sopra tutti gli dèi.

4 Nella sua mano sono gli abissi della terra, sono sue le vette dei monti.

5 Suo è il mare, è lui che l'ha fatto; le sue mani hanno plasmato la terra.

6 Entrate: prostràti, adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.

7 È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce! 8 “Non indurite il cuore come a Merìba, come nel giorno di Massa nel deserto,

9 dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere.

10 Per quarant'anni mi disgustò quella generazione e dissi: “Sono un popolo dal cuore traviato, non conoscono le mie vie”.

11 Perciò ho giurato nella mia ira: “Non entreranno nel luogo del mio riposo”.

_________________ Note

95,1 Tutta la comunità d'Israele è chiamata a stringersi attorno al suo Dio, nelle cui mani è posto il destino dell’uomo e dell’intera creazione. L’oracolo dei vv. 8-11 presenta Dio stesso che invita il popolo a questa profonda adesione a lui, esortandolo a evitare l'atteggiamento di ingratitudine e di sufficienza tipico dei suoi antenati, all’epoca del deserto.

95,8 Vengono evocati gli episodi narrati in Es 17,1-7 e Nm 20,1-13.

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Approfondimenti

Invito al pellegrinaggio al tempio Salmo di pellegrinaggio

Il carme è vivace e affine al Sal 81. È in distici, e il metro nel TM è di 3 + 3 accenti. Lo sfondo liturgico induce a collegarlo con l'ingresso processionale nel tempio. Risale molto probabilmente al postesilio. La simbologia è spazio-temporale, antropologica, liturgica, profetica e antropomorfica.

Divisione:

  • v. 1-7: invito alla solenne celebrazione;
  • vv. 8-11: ammonizione oracolare.

vv. 1-7. A livello di struttura si noti che all'invito del v. 1 e a quello del v. 6 seguono le motivazioni introdotte da (= perché) nel TM, da titoli cosmici (vv. 4-5) e dal titolo di elezione (v. 7).

vv. 1-2. «Venite..»: è un invito insistente a presentarsi davanti al Signore nel tempio per ringraziarlo solennemente, cfr. Sal 47,2; 100,2.

v. 3. «Poiché grande Dio..»: è la prima motivazione: la grandezza di Dio e la sua superiorità su ogni altra divinità dei popoli pagani, cfr. 96,4-5; 97,7; 98,2.

vv. 4-5. «Nella sua mano»: è un chiaro riferimento alla creazione (cfr. Gn 1; 2; Sal 8; 19; 29; 104). Tutto dipende ed è concentrato nelle mani di Dio («sue mani»), a differenza delle divinità pagane, di cui ognuna aveva un settore particolare da governare.

v. 6. «Venite...»: è il secondo invitatorio che prepara la motivazione: quella dell'elezione e dell'alleanza del v. 7. Comporta in più, rispetto al primo (v. 1), il gesto di profonda adorazione.

v. 7. «Egli è il nostro Dio... popolo del suo pascolo...»: è la formula dell'alleanza che richiama la seconda motivazione del ringraziamento (Es 19,5-6). L'immagine del gregge (cfr. Sal 23,1-2) arricchisce la formula dell'alleanza e richiama l'esodo, cfr. Sal 74,1; 79,13; 100,3.

vv. 8-11. Il salmista, dopo il lungo e solenne invitatorio, con un oracolo, induce Dio stesso a parlare e a ricordare le disposizioni per una vera adorazione e un giusto rendi mento di grazie. A differenza dell'ammonizione simile del Sal 81,9-17, qui non si accenna alle promesse divine, ma solo alla minaccia del castigo.

v. 8. «Ascoltate»: alla lett. «Oh, se ascoltaste...». È un invito in forma deprecativa. «Non indurite il cuore...»: la durezza del cuore o della cervice, segno di caparbietà e ostinazione nel male, è spesso contestata al popolo nel deserto, cfr. Es 32,9; Dt 9,6.13. «Meriba... Massa»: per gli episodi di Massa (= tentazione) e Meriba (= contestazione), cfr. Es 17,1-7; Nm 20,2-13. Essi diventano simbolo di incredulità, cfr. Dt 6,16; 8,2; 9,22; 33,8; Sal 78,18; 81,8; 106,32.

v. 11. «perciò ho giurato...»: cfr. Nm 14,22-35; Dt 1,34; 2,15. E un giuramento di esplicita condanna. Dio rigetta il popolo rompendo l'alleanza, rifiutandogli il possesso della terra, una clausola del patto. «luogo del mio riposo»: è la terra di Canaan, terra promessa da Dio al suo popolo al termine delle lunghe e difficili peripezie nel deserto, cfr. Es 33,14-15; Dt 12,9.

Nel NT la lettera agli Ebrei cita l'oracolo del Sal 95 secondo i LXX e lo commenta (Eb 3,1-4,11).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INNO A DIO, GIUSTO GIUDICE 1 Dio vendicatore, Signore, Dio vendicatore, risplendi!

2 Àlzati, giudice della terra, rendi ai superbi quello che si meritano!

3 Fino a quando i malvagi, Signore, fino a quando i malvagi trionferanno?

4 Sparleranno, diranno insolenze, si vanteranno tutti i malfattori?

5 Calpestano il tuo popolo, Signore, opprimono la tua eredità.

6 Uccidono la vedova e il forestiero, massacrano gli orfani.

7 E dicono: “Il Signore non vede, il Dio di Giacobbe non intende”.

8 Intendete, ignoranti del popolo: stolti, quando diventerete saggi?

9 Chi ha formato l'orecchio, forse non sente? Chi ha plasmato l'occhio, forse non vede?

10 Colui che castiga le genti, forse non punisce, lui che insegna all'uomo il sapere?

11 Il Signore conosce i pensieri dell'uomo: non sono che un soffio.

12 Beato l'uomo che tu castighi, Signore, e a cui insegni la tua legge,

13 per dargli riposo nei giorni di sventura, finché al malvagio sia scavata la fossa;

14 poiché il Signore non respinge il suo popolo e non abbandona la sua eredità,

15 il giudizio ritornerà a essere giusto e lo seguiranno tutti i retti di cuore.

16 Chi sorgerà per me contro i malvagi? Chi si alzerà con me contro i malfattori?

17 Se il Signore non fosse stato il mio aiuto, in breve avrei abitato nel regno del silenzio.

18 Quando dicevo: “Il mio piede vacilla”, la tua fedeltà, Signore, mi ha sostenuto.

19 Nel mio intimo, fra molte preoccupazioni, il tuo conforto mi ha allietato.

20 Può essere tuo alleato un tribunale iniquo, che in nome della legge provoca oppressioni?

21 Si avventano contro la vita del giusto e condannano il sangue innocente.

22 Ma il Signore è il mio baluardo, roccia del mio rifugio è il mio Dio.

23 Su di loro farà ricadere la loro malizia, li annienterà per la loro perfidia, li annienterà il Signore, nostro Dio.

_________________ Note

94,1 Formulando questa preghiera, l’orante invoca l’intervento di Dio contro ogni ingiustizia e prevaricazione. La vendetta non è sollecitata come cieca reazione contro i malvagi, ma quale manifestazione di un Dio che ha come prerogativa fondamentale il ristabilimento della giustizia.

94,17 regno del silenzio: è il regno della morte e dell’oltretomba.

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Approfondimenti

Inno e supplica a Dio re e giudice giusto Inno della regalità di JHWH (+ motivi di lamentazione, ringraziamento, giudiziali e sapienziali)

Il salmo è un appello a «Dio che fa giustizia» (alla lett. «Dio delle vendette»), a intervenire contro l'ingiustizia degli empi; questi lo sfidano apertamente, approfittando del suo apparente silenzio, per commettere soprusi e angherie, in particolare attraverso il legalismo ingiusto degli stessi tribunali. Il salmista è certo che Dio interverrà a difesa del debole con mano forte. Perciò è un salmo di speranza e di fiducia nella giustizia di Dio. Sebbene non si accenni direttamente al regno di Dio, l'appartenenza del Sal 94 al genere degli “Inni della regalità” divina è giustificata. Infatti il riferimento al giudizio di Dio, che è chiamato «giudice della terra» (v. 2), richiama quello della regalità come nei Sal 96-99. Inoltre, il riferimento al «tribunale iniquo» (alla lett. «trono iniquo») (v. 20) dei giudici terreni corrotti, fa da contrapposizione al «trono saldo» (Sal 93,2) segno della regalità divina e del perfetto giudizio divino degli stessi Sal 96-99. Il salmo, ruotante nell'area implicita della regalità di Dio, si mostra come una composizione mista con motivi appartenenti ad altri specifici generi letterari: ci sono elementi della “lamentazione comunitaria”, del genere “sapienziale”, e di “ringraziamento”; sono presenti inoltre la “diatriba giudiziaria” ed elementi vari di altri generi. L'epoca di composizione è quella del postprofetismo, ma prima dell'epoca greca o maccabaica, data la sua fattura classica. È sviluppato il simbolismo giudiziario, spaziale e antropomorfico. Il verso nel TM è distico con 3 + 3 accenti.

La struttura è concentrica secondo il seguente schema:

  • vv. 1-2: appello iniziale a Dio, giusto giudice;
  • vv. 3-7: I lamentazione: l'arrogante trionfo degli empi;
  • vv. 8-11: I lezione sapienziale: diatriba con gli empi;
  • vv. 12-15: Il lezione sapienziale: beatitudine dell'uomo istruito da Dio;
  • vv. 16-21: II lamentazione: soccorso divino nell'oppressione;
  • vv. 22-23: appello finale a Dio, difesa, rifugio e giusto giudice.

v. 1. «Dio che fai giustizia»: alla lett. «Dio delle vendette». L'appellativo è ripetuto due volte. In questo caso la voce «vendetta» ha un significato positivo, cioè di difesa di chi ha subito ingiustizia da parte di giudici iniqui. Dio è il vendicatore del sangue innocente (Gn 9,6; Lv 17,11; Nm 35,19; Dt 12,23) e il tutore (gō’ēl) del suo popolo. Per il significato della vendetta del Signore cfr. anche Is 61,1-2.

v. 2. «giudice della terra»: è il secondo appellativo di Dio. Qui si evidenzia più l'aspetto negativo punitivo anziché quello positivo di salvezza legato al titolo. «superbi»: questi superbi (ge’îm) si mostrano anche arroganti osando sfidare Dio stesso. Sono gli stessi del Sal 9-10.

v. 4. «diranno insolenze»: considerato il contesto giuridico l'espressione si riferisce alla cattiva amministrazione della giustizia e alle ingiuste sentenze giudiziarie, contro cui si scagliano anche i profeti, cfr. Is 1,23; Ger 5,28.

v. 6. «Uccidono la vedova... il forestiero... gli orfani»: ma Dio è il difensore dei deboli. Egli è «padre degli orfani e difensore delle vedove» (Sal 68,6) e cura i loro diritti (cfr. Dt 10,18; Sal 9-10,39). L'AT è molto sensibile alla causa dei deboli, cfr. Is 1,17; Ml 3,5; Sal 72,4.

v. 7. «Dicono: Il Signore non vede... non se ne cura»: cfr. Sal 73,11. È una sfida ingiuriosa nei riguardi di Dio, è l'ateismo sfacciato, condannato dal Sal 14 e in Sal 9-10,25.32-34. Il momentaneo silenzio di Dio è visto come assenza e disinteresse. «il Dio di Giacobbe»: cfr. Es 3,6. L'espressione ricorda l'alleanza stretta con i patriarchi e in questo contesto aggrava l'accusa di noncuranza di Dio da parte degli empi.

vv. 8-11. Si riporta la forte reazione del salmista alle accuse degli empi del v. 7, nello stile della diatriba sapienziale, tendente a dimostrare l'assurdità della loro posizione. Nel v. 8 c'è un appello, quasi un'intimazione, agli «insensati» a diventare «saggi»; nei vv. 9-10 con una serie di domande retoriche e un ragionamento a maiori ad minus, che si basa su un forte antropomorfismo somatico, si vuole dimostrare che Dio, poiché ha creato l'uomo con gli organi dei sensi e gli ha dato l'intelligenza, conosce i suoi pensieri, perciò non può essere sordo, cieco e insensibile alle angherie subite dagli oppressi.

v. 9. «Chi ha formato l'orecchio»: alla lett. «Colui che ha piantato l'orecchio». C'è l'immagine plastica di un albero che affonda le sue radici nella terra. Per la creazione degli organi dell'udito e della vista cfr. anche Sal 40,7; Prv 20,12.

v. 10. «Chi regge i popoli...»: Dio ammonisce i popoli, è il loro giudice (cfr. Sal 7,8-9; 96,10) e lo è tanto più del suo popolo! «lui che insegna... il sapere»: Dio è il maestro dell'uomo, avendogli dato le norme sociali di convivenza, cfr. Sal 25,4.9.

vv. 12-15. Secondo il genere sapienziale, sotto forma di beatitudine (macarismo), il salmista esalta in positivo, al contrario dei vv. 8-11, la felicità del fedele, del saggio (in opposizione agli «insensati» e «stolti» del v. 8), che riconoscendo Dio e la sua giustizia, si lascia ammonire da lui. Si segue la teoria della retribuzione terrena.

v. 14. «Perché il Signore non respinge il suo popolo...»: l'espressione recupera in positivo quanto nel v. 5 veniva lamentato per l'arroganza degli empi.

v. 15. «ma il giudizio si volgerà a giustizia...»: alla lett. «perché a giustizia ritornerà il giudizio». Si manifesta la certezza fiduciosa del salmista nel ristabilimento della giustizia e perciò del giusto ed equo giudizio per opera di Dio, cui non temeranno più di esservi sottoposti i «retti di cuore» (Sal 7,11; 11,2; 32,11; 36,11 есс.).

vv. 16-21. Ancora per contrastare e contestare l'assurdità delle tesi degli empi sul silenzio di Dio, il salmista ora adduce la sua esperienza personale: il sostegno della grazia di Dio e del suo conforto nei momenti della prova. È un lamento, ma incalzato dalla speranza. Il v. 16 è una domanda retorica che si richiama all'appello del v. 2 (cfr. Sal 7,7; 108,11; 121,1-2). I vv. 17-21 raccolgono l'esperienza liberatoria del salmista da parte del Signore.

v. 17. «regno del silenzio»: è lo šᵉ’ôl chiamato qui dûmâ dalla radice dmm (= tacere) per indicare 1l luogo del silenzio definitivo (Sal 31,18; 115,17). Se lo si assimila alla voce dmt (= torre, fortezza) presente nell'ugaritico e nell'accadico, dûmâ rispecchia l'immagine dello šᵉ’ôl come prigione (cfr. Sal 88,5-9; 142,8).

vv. 22-23. Dopo i dubbi sul silenzio di Dio davanti alle ingiustizie sollevati nei versetti 3-7 e la lezione sapienziale della dimostrazione del contrario, il salmo termina con la professione di fede nella certezza dell'intervento di Dio giusto e fedele, chiamato «difesa» e «rocca di rifugio». Egli ritorcerà sugli empi stessi la loro malizia, facendoli perire. Dal salmo traspare una profonda ansia di giustizia.

Nel NT Paolo in Rm 11,1-2 cita il v. 14. In 1Cor 3,19-20 cita con libertà il v. 11, e in 1Ts 4,6 chiama il Signore «vindice», alludendo al v. 2.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INNO A DIO, RE

1 Il Signore regna, si riveste di maestà: si riveste il Signore, si cinge di forza. È stabile il mondo, non potrà vacillare.

2 Stabile è il tuo trono da sempre, dall'eternità tu sei.

3 Alzarono i fiumi, Signore, alzarono i fiumi la loro voce, alzarono i fiumi il loro fragore.

4 Più del fragore di acque impetuose, più potente dei flutti del mare, potente nell'alto è il Signore.

5 Davvero degni di fede i tuoi insegnamenti! La santità si addice alla tua casa per la durata dei giorni, Signore.

_________________ Note

93,1 Questo inno trionfale appartiene ai “salmi della regalità del Signore” (vedi Sal 47; 96-99). La regalità del Dio d'Israele appare nello splendore del tempio, simbolo di stabilità e nel suo dominio su tutte le forze disgregatrici.

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Approfondimenti

Dio è re stabile nel mondo e nella sia legge Inno della regalità del Signore (JHWH)

Il salmo celebra in modo entusiastico la regalità del Signore, che si riflette nella stabilità del mondo e del suo trono, e in quella dei suoi insegnamenti. La tematica annunciata nei primi due versetti è il cardine e la tesi che si sviluppa nel carme. Come tutti gli “Inni della regalità di JHWH” il salmo 93 è soggetto a vari tipi di interpretazione che vanno da quella mitologica a quella storico-escatologica. Vi sono vari punti di contatto con il Sal 29. La composizione può risalire all'inizio della monarchia, e perciò si è in presenza di una testimonianza, sebbene succinta, della poesia e teologia dell'antico Israele. L'atmosfera è quella di una marcia festosa e i pensieri e le immagini si svolgono in un crescendo che raggiunge l'apice nel v. 4c. Per lo stile notiamo che si passa dal pronome personale di terza persona (vv. 1.3.4) a quello di seconda (vv. 2.5), Predomina, inoltre, il campo semantico riferentesi alla monarchia; ma è presente anche quello relativo alla battaglia cosmica e alla stabilità. A livello contenutistico il salmo si può dividere in: v. 1ab (introduzione): acclamazione e presentazione del Signore-re; vv. 1c-4 (corpo): la stabilità del suo trono; v. 5 (epilogo): la legge come esercizio della regalità divina su Israele . Ma tenendo conto degli indizi letterari di struttura (inclusioni) è meglio dividere il salmo come segue:

  • vv. 1-2: solenne acclamazione e presentazione di JHWH-re;
  • vv. 3-4: esaltazione-sfida delle acque primordiali e vittoria di Dio;
  • v. 5: Dio legislatore nel suo tempio santo.

Nei vv. 1-2 il metro nel TM è di 2 + 2 accenti a differenza del resto del carme (3 + 3) che dà più cadenza al ritmo. Il v. 2, in seconda persona, si rivolge direttamente al Signore esaltando la stabilità del suo trono e la sua eternità.

v. 1. «Il Signore regna»: ebr. JHWH mālāk. Tale acclamazione, che corrisponde a «Viva il re» (cfr. 2Re 11,12), si trova anche in Sal 96,10; 97,1 e 99,1. Essa ha valore atemporale e si riferisce alla qualità stabile e profonda della regalità di Dio. A differenza della formula analoga mālāk JHWH (Sal 47,9; Is 52,7) in cui l'accento è posto sul verbo mlk (regnare), accentuando così il valore dinamico-ingressivo del significato, l'espressione pone l'accento sulla persona stessa del Signore (JHWH) e sulla sua regalità, qualità stabile ed esclusiva. «si ammanta... si cinge...»: si descrive il Signore-re-guerriero, rivestito delle sue insegne e armi. Il mantello (cfr. Sal 104,2) è ricordato due volte in forma chiastica: «di splendore si ammanta-si ammanta il Signore (JHWH)» (gē’ût labēš-labeš JHWH). Lo splendore del mantello è simbolo di trascendenza. «si cinge di forza»: cfr. Gb 38,3; 40,7. Si presenta Dio come eroe supremo, suggerendo la sua onnipotenza, cfr. Sap 5,17-20. «rende saldo il mondo»: la regalità del Signore si manifesta nella stabilità del mondo, a lui dovuta, e che nessun cataclisma né maremoto (cfr. vv. 3-4) può sconvolgere, cfr. Sal 24,1-2; Prv 8,27-29.

v. 2. «Saldo è il tuo trono»: ci si può riferire alla saldezza del trono nei cieli e a quello a esso strettamente collegato sulla terra: il tempio di Gerusalemme e l'arca dell'alleanza in esso conservata (cfr. Sal 29; Is 66,1; Ger 17,12).

v. 3. «Alzano i fiumi...»: cfr. Sal 29. Si sente l'eco della sfida cosmica a Dio degli elementi primordiali. Il verso è ben costruito secondo lo schema stilistico cananeo: abc/abd/abe. «Alzano i fiumi» si ripete per tre volte in modo assordante, progressivo e incalzante, come tre assalti al trono di Dio. I «fiumi» per sineddoche rappresentano le acque dell'oceano primordiale (cfr. Sal 24,2; 46,5; 89,26; Is 44,27; Gio 2,4).

v. 4. La potenza di Dio esce vincitrice contro l'assalto arrogante delle acque primordiali, cfr. Prv 8,29; Gb 38,8-11. La vittoria di Dio simboleggia anche la vittoria contro i nemici del suo popolo, cfr. Ab 3,8.13. «potente nell'alto è il Signore»: l'aggettivo «potente» (’addîr) è adoperato nell'originale una volta al plurale e una al singolare nello stesso verso. L'uso del plurale riferito a Dio (’elōhîm) è da considerarsi come plurale di maestà. L'espressione, suggestiva nella sua semplicità e pregnanza, è il climax del salmo e la risposta e contrapposizione a questo ripetuto alzarsi e sollevarsi delle acque dei fiumi del v. 3. Si esprime così sinteticamente l'onnipotenza assoluta del Signore.

  1. All'esercizio della regalità divina vittoriosa nel cosmo si associa nella mente del salmista quella esercitata, nella storia, sul suo popolo con l'alleanza. La prescrizione delle leggi, come presso gli antichi monarchi orientali, è segno di regalità e di dominio. «Degni di fede...»: l'espressione ne’emnû può tradursi «stabili, infallibili...». Anche nel dare le sue leggi Dio mostra la sua regalità eterna e la stabilità del suo trono (cfr. v. 2). Del v. 5 nel suo testo consonantico, diversamente dal testo vocalizzato dai masoreti, è passibile anche un'interpretazione più “arcaicizante” in conformità alla mitologia soggiacente a tutto il salmo. Così si può tradurre: «Il tuo trono è stato fermamente stabilito / nel tuo tempio i santi ti glorificano/ o JHWH, per la lunghezza dei giorni». Il versetto è così più in linea con il pensiero del salmo e ribadisce in chiusura, con un'inclusione, la sua affermazione principale: la vittoria di Dio sulle forze primordiali e la stabilità del suo trono.

Nel NT si cita il v. 4 in Ap 19,6.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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