📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

IMPLORAZIONE A DIO 1 Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.

2 Fino a quando, Signore, continuerai a dimenticarmi? Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?

3 Fino a quando nell'anima mia addenserò pensieri, tristezza nel mio cuore tutto il giorno? Fino a quando su di me prevarrà il mio nemico?

4 Guarda, rispondimi, Signore, mio Dio, conserva la luce ai miei occhi, perché non mi sorprenda il sonno della morte,

5 perché il mio nemico non dica: “L'ho vinto!” e non esultino i miei avversari se io vacillo.

6 Ma io nella tua fedeltà ho confidato; esulterà il mio cuore nella tua salvezza, canterò al Signore, che mi ha beneficato. _________________ Note

13,1 L’insistente richiesta di aiuto al Signore, formulata mediante il grido caratteristico delle suppliche (Fino a quando, Signore? vv. 2-3; cf Sal 6,4), ha origine dalle angosce e dai pericoli che minacciano il giusto. Anche Dio sembra dimenticarsi del suo fedele, che dal profondo della sofferenza ravviva la sua fiducia, prorompendo in un inno di lode.

13,3 anima e cuore: esprimono qui unitariamente quelle realtà interiori dell’uomo che lo rendono capace di avvertire sensazioni tumultuose e angosciate.

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Approfondimenti

Salmo 13 (12) – Supplica insistente e fiduciosa Supplica individuale

Questo carme si può prendere come modello del genere letterario delle “Suppliche individuali”. Infatti oltre al rapporto triangolare dei soggetti: Dio, l'io ed essi (= i nemici), il salmo abbraccia tutti gli elementi che qualificano tale genere. La composizione poetica è breve, semplice e trasparente nelle sue idee, ma profonda nei sentimenti e sensazioni che riesce a trasmettere. Insieme alla sensazione di impaziente urgenza data dall'espressione «fino a quando?» (‘ad ’ānâ), ripetuta quattro volte nei vv. 2-3, predominano nel carme i campi semantici simbolici del vedere e del sentire-parlare, nonché quello inerente alla morte. Il nome del Signore si incontra all'inizio (v. 2), al centro (v. 4) e alla fine (v. 6).

Divisione:

  • vv. 2-3: lamento;
  • vv. 4-5: supplica e sua motivazione;
  • v. 6: ringraziamento.

vv. 2-3. Questi due versetti sono dominati dall'espressione «fino a quando?» ripetuta quattro volte, che nel simbolismo numerico indica la totalità delle direzioni cardinali spaziali. L'espressione, che introduce una domanda retorica, oltre a vivacizzare il lamento, implica una certa protesta radicale, per risolvere finalmente una situazione fattasi pesante e insostenibile.

v. 2. «continuerai a dimenticarmi..»; il salmista si lamenta della dimenticanza di Dio nei suoi riguardi, dandogli la sensazione di un prolungato disinteresse, cfr. Sal 77,8-9; Lam 5,20.

v. 3. «affanni... tristezza... nemico»: l'orante enumera gli effetti del nascondimento di Dio: le angosce e la tristezza nel suo intimo, e i nemici all'esterno. «il nemico»: l'espressione si trova al singolare qui e nel v. 5a; al plurale («avversari») nel v. 5b. L'oscillazione tra il singolare e il plurale ricorre spesso nei salmi di lamentazione. La figura del nemico è generica, ma aperta a diverse possibilità; può essere un singolo o una collettività, o perfino la malattia e la morte (cfr. 1Cor 15,26).

v. 4. «Guarda..»: l'espressione è caratteristica della preghiera dell'AT. Serve ad attirare l'attenzione sulle necessità dell'orante. Lo sguardo di Dio inoltre indica certezza di esaudimento, cfr. Sal 80,15; 84,10. «Signore mio Dio»: è l'invocazione più intima dell'orante; evidenzia lo stretto rapporto personale con Dio. «luce ai miei occhi... sonno della morte»: le due espressioni sono qui correlative e antitetiche. Il salmista chiede al Signore di conservargli la luce degli occhi, cioè mantenerlo in vita (cfr. 1Sam 14,27.29), e non farlo morire. Per l'immagine della luce come «vita», cfr. Sal 36,10; Gb 33,28.30. Per l'immagine della morte come «sonno», cfr. Ger 51,39; Gb 3,13; e nel NT 1Cor 15,6.18.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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CONTRO LA MENZOGNA E L’ARROGANZA 1 Al maestro del coro. Sull'ottava. Salmo. Di Davide.

2 Salvami, Signore! Non c'è più un uomo giusto; sono scomparsi i fedeli tra i figli dell'uomo.

3 Si dicono menzogne l'uno all'altro, labbra adulatrici parlano con cuore doppio.

4 Recida il Signore le labbra adulatrici, la lingua che vanta imprese grandiose,

5 quanti dicono: “Con la nostra lingua siamo forti, le nostre labbra sono con noi: chi sarà il nostro padrone?“.

6 “Per l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri, ecco, mi alzerò – dice il Signore –; metterò in salvo chi è disprezzato”.

7 Le parole del Signore sono parole pure, argento separato dalle scorie nel crogiuolo, raffinato sette volte.

8 Tu, o Signore, le manterrai, ci proteggerai da questa gente, per sempre,

9 anche se attorno si aggirano i malvagi e cresce la corruzione in mezzo agli uomini. _________________ Note

12,1 L’invocazione a Dio nasce nel cuore dell’orante dalla constatazione del prevalere della menzogna e dell’orgoglio. Ma Dio si alza a difesa dei poveri e dei miseri (v. 6). Il salmo può essere collocato tra le lamentazioni individuali (v. 2) e collettive (vv. 8-9).

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Approfondimenti

Salmo 12 (11) – Supplica contro i bugiardi Supplica collettiva contro i peccati di lingua (+ motivi liturgici e sapienziali)

Il campo semantico che domina il salmo è quello della parola doppia e bugiarda dell'uomo, e quella pura e veritiera di Dio. ÈÌ presente il classico schema triangolare dei personaggi “Dio, noi, essi (nemici)”, comune al genere delle “Suppliche”. Il TM presenta qualche difficoltà. Il metro è di 4 + 4 accenti.

Divisione:

  • v. 2-3: appello introduttivo di salvezza;
  • vv. 4-5: appello imprecatorio contro le malelingue;
  • v. 6: oracolo;
  • v. 7: commento sapienziale all'oracolo;
  • vv. 8-9: fiducia nel divino soccorso.

v. 2. «Salvami, Signore»: il pressante appello, significato dallo stato enfatico del verbo, è presente anche altrove nella Bibbia; cfr. Sal 3,8; 20,10; 69,2; 2Re 6,26. «è scomparsa la fedeltà...»: si tratta di un iperbole che amplifica il senso di vuoto e di scoraggiamento dell'orante.

V. 5. «Per la nostra lingua siamo forti... chi sarà nostro padrone?»: il salmista riporta il discorso arrogante dei bugiardi che osano sfidare lo stesso Dio, credendosi potenti con l'uso distorto e doppio della parola. È il peccato di hybris come quello del re di Babilonia di Is 14,13-15

v. 6. Oracolo. E il cuore del salmo. Il Signore risponde prontamente alla pressante invocazione iniziale del v. 2. Egli interverrà a difendere i miseri e i poveri, facili prede di raggiri, d'inganni e di ingiustizie da parte di chi si serve indiscriminatamente e spregiudicatamente della parola. «io sorgerò»: l'alzarsi di Dio è azione tipica per un intervento salvifico (o punitivo) di Dio, come di un giudice o di un generale, cfr. Is 33,10; Sal 76,10; 102,14.

vv. 8-9. Il salmo si chiude con i vv. 8-9 in inclusione con il v. 2, manifestando la fiducia nella giustizia e nel soccorso di Dio, che libererà il suo popolo dalla piaga degli empi e arroganti bugiardi.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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FIDUCIA IN DIO 1 Al maestro del coro. Di Davide.

Nel Signore mi sono rifugiato. Come potete dirmi: “Fuggi come un passero verso il monte”?

2 Ecco, i malvagi tendono l'arco, aggiustano la freccia sulla corda per colpire nell'ombra i retti di cuore.

3 Quando sono scosse le fondamenta, il giusto che cosa può fare?

4 Ma il Signore sta nel suo tempio santo, il Signore ha il trono nei cieli. I suoi occhi osservano attenti, le sue pupille scrutano l'uomo.

5 Il Signore scruta giusti e malvagi, egli odia chi ama la violenza.

6 Brace, fuoco e zolfo farà piovere sui malvagi; vento bruciante toccherà loro in sorte.

7 Giusto è il Signore, ama le cose giuste; gli uomini retti contempleranno il suo volto. _________________ Note

*11,1** Gli amici sembrano consigliare all’orante di fuggire davanti alle macchinazioni dell’empio (v. 1) che appaiono incrinare l’equilibrio del cosmo (v. 3), ma egli ha piena fiducia nel Dio d’Israele, che ha posto la dimora nel suo tempio santo: là trova rifugio e difesa (v. 4).

*11,6** Brace, fuoco e zolfo: probabile riferimento al castigo inflitto da Dio alle città di Sodoma e Gomorra (Gen 19,24). =●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti

Salmo 11 (10) – Il giusto si rifugia in Dio Salmo di fiducia La composizione poetica trasmette pace e serenità. Il nome del «Signore» ricorre cinque volte: nel v. 1 (inizio), nei vv. 4-5 (corpo del salmo) e nel v. 7 (alla fine), Quest'ultimo versetto fa da sunto teologico a tutto il carme. È evidente la posizione antitetica tra le voci “giusto” (ṣaddîq) ed empio (rāsā‘). La simbologia è di carattere venatorio-bellico (v. 2), spaziale, antropomortico. Dio è visto come «scrutatore» (vv. 4-5), «guerriero» (v. 6) e «giudice» (v. 7). Il ritmo nel TM è di 3 + 3 accenti.

Divisione:

  • v. 1b: introduzione;
  • vv. 2-3: il trionfo dell'empio;
  • vv. 4-6: trionfo del giusto;
  • v. 7: dossologia e sunto del salmo.

v. 1b. Il salmo si apre con una professione di fede. Il salmista confessa che ha trovato rifugio nel Signore, cioè nel tempio, e non può seguire il consiglio di scappare sui monti per salvarsi.

v. 1c. «Fuggi come un passero...»: spesso i perseguitati trovano scampo nascondendosi sulle montagne.

v. 3. «Quando sono scosse le fondamenta...»: cfr. Sal 82,5. Le fondamenta sono le colonne che nella cosmologia biblica sostengono la piattaforma della terra (Sal 24,2; 102,26; 104,5.8; Prv 3,19; Gb 38,4-7...). Qui è da intendersi in senso traslato. Si tratta delle fondamenta del vivere civile, di un buon governo. Se vengono meno, regna l'ingiustizia e l'anarchia, e il giusto non ha che da fuggire sui monti, secondo il parere dei consiglieri del mondo, ma non ha che da rifugiarsi nel Signore, secondo il salmista.

v. 4. «il Signore nel tempio santo...»: nel versetto si evidenzia l'onniscienza di Dio. Egli guarda il mondo e i suoi occhi scrutano ogni uomo (cfr. Sal 7,10). Il suo trono celeste è reso visibile nel suo tempio terrestre (Sal 99,5; 1Cr 28,2).

v. 6. «Farà piovere...»: il castigo esemplare di Dio è simile a quello di Sodoma e Gomorra (Gn 19,24). Si ricorre al linguaggio teofanico (cfr. Es 24,17; Sal 18,8-16).

v. 7. Un atto di fede dossologico finale chiude il salmo. Il Signore manifesta la sua giustizia ai giusti (retti di cuore) ammettendoli alla visione del suo volto, cioè a una comunione di vita. Il versetto probabilmente fu aggiunto o dall'autore stesso o da un redattore, come sintesi finale del salmo; vi ricorrono infatti tutti i termini più significativi.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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DIO ABBATTE L’ARROGANZA DELL’EMPIO Lamed 1 (9,22) Perché, Signore, ti tieni lontano, nei momenti di pericolo ti nascondi?

2 (9,23) Con arroganza il malvagio perseguita il povero: cadano nelle insidie che hanno tramato!

3 (9,24) Il malvagio si vanta dei suoi desideri, l'avido benedice se stesso.

4 (9,25) Nel suo orgoglio il malvagio disprezza il Signore: “Dio non ne chiede conto, non esiste!”; questo è tutto il suo pensiero.

5 (9,26) Le sue vie vanno sempre a buon fine, troppo in alto per lui sono i tuoi giudizi: con un soffio spazza via i suoi avversari.

6 (9,27) Egli pensa: “Non sarò mai scosso, vivrò sempre senza sventure”.

Pe 7 (9,28) Di spergiuri, di frodi e d'inganni ha piena la bocca, sulla sua lingua sono cattiveria e prepotenza.

8 (9,29) Sta in agguato dietro le siepi, dai nascondigli uccide l'innocente.

Ain I suoi occhi spiano il misero, 9 (9,30) sta in agguato di nascosto come un leone nel covo. Sta in agguato per ghermire il povero, ghermisce il povero attirandolo nella rete.

10 (9,31) Si piega e si acquatta, cadono i miseri sotto i suoi artigli.

11 (9,32) Egli pensa: “Dio dimentica, nasconde il volto, non vede più nulla”.

Kof 12 (9,33) Sorgi, Signore Dio, alza la tua mano, non dimenticare i poveri.

13 (9,34) Perché il malvagio disprezza Dio e pensa: “Non ne chiederai conto”?

Res 14 (9,35) Eppure tu vedi l'affanno e il dolore, li guardi e li prendi nelle tue mani. A te si abbandona il misero, dell'orfano tu sei l'aiuto.

Sin 15 (9,36) Spezza il braccio del malvagio e dell'empio, cercherai il suo peccato e più non lo troverai.

16 (9,37) Il Signore è re in eterno, per sempre: dalla sua terra sono scomparse le genti.

Tau 17 (9,38) Tu accogli, Signore, il desiderio dei poveri, rafforzi i loro cuori, porgi l'orecchio,

18 (9,39) perché sia fatta giustizia all'orfano e all'oppresso, e non continui più a spargere terrore l'uomo fatto di terra. _________________ Note

10,1 Di fronte all’arroganza del malvagio e al successo di ogni sua opera, il giusto rimane colpito dal silenzio di Dio e ne invoca l’intervento. Dio non rimarrà indifferente. Si tratta della seconda parte del Sal 9, come indicano le lettere dell’alfabeto da Lamed a Tau, poste all’inizio di ogni strofa. Nel testo ebraico della Bibbia inizia qui il Sal 10, mentre nella versione greca dei LXX e nella Vulgata latina continua il Sal 9.

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Approfondimenti

Salmo 10 (9) vv.22-32. Dopo una domanda simile a quella del giusto perseguitato (cfr. Sal 22,2) sull'apparente silenzio ed inoperosità di Dio al momento del bisogno, e la prosperità degli empi, il salmista descrive lungamente la perfidia e le arti messe in campo dal malvagio contro il misero e l'oppresso (vv. 23-31) osando sfidare direttamente anche Dio (v. 32).

v. 25. «Dio non se ne cura: Dio non esiste»: cfr. Sal 14. Si tratta di ateismo pratico. Le parole dell'empio negano l'interessamento e l'intervento di Dio a favore dell'uomo.

v. 27. «Egli pensa...»: nei vv. 27-32 si descrive la mentalità e l'atteggiamento dell'empio, che negando l'interessamento di Dio per l'uomo, disprezza le sue leggi opprimendo con inganni, tranelli, agguati, violenza e soprusi il misero, sicuro di sé (v. 27), e disprezzando Dio, accusato di dimenticare e di voltare la faccia per non vedere (v. 32).

v. 33. «Sorgi»: Dio come un guerriero si alza a combattere (Es 6,6; Dt 4,24), ma anche come giudice per giudicare (Is 9,11; 10,4).

v. 36. «Spezza il braccio...»: è un antropomorfismo. Il braccio è simbolo del potere e dell'azione perfida dell'empio. Dio «con la mano alzata» (v. 33) lo spezza riducendo l'empio all'impotenza di nuocere.

vv. 37-39. In questi versetti di genere innico si esalta il Signore, re eterno, che ascolta i gemiti dei miseri e li salva, facendo giustizia e distruggendo i malvagi, cosicché essi non incutano più paura agli oppressi e agli orfani (v. 39). Il salmo si chiude con una professione di fede nella giustizia di Dio che salva «l'orfano e l'oppresso», ma riduce al nulla l'uomo che, dimentico della sua condizione creaturale, ha osato sfidarlo.

Nel NT Rm 3,14 cita il v. 28a (= Sal 10,7), e At 17,31 riprende il v. 9; 1Pt 5,8 adopera l'immagine del leone del v. 30 (= Sal 10,9), applicandola al diavolo.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INNO ALLA GIUSTIZIA DI DIO 1 Al maestro del coro. Su “La morte del figlio”. Salmo. Di Davide.

Alef 2 Renderò grazie al Signore con tutto il cuore, annuncerò tutte le tue meraviglie.

3 Gioirò ed esulterò in te, canterò inni al tuo nome, o Altissimo, Bet 4 mentre i miei nemici tornano indietro, davanti a te inciampano e scompaiono,

5 perché hai sostenuto il mio diritto e la mia causa: ti sei seduto in trono come giudice giusto. Ghimel 6 Hai minacciato le nazioni, hai sterminato il malvagio, il loro nome hai cancellato in eterno, per sempre.

7 Il nemico è battuto, ridotto a rovine per sempre. È scomparso il ricordo delle città che hai distrutto. He 8 Ma il Signore siede in eterno, stabilisce il suo trono per il giudizio:

9 governerà il mondo con giustizia, giudicherà i popoli con rettitudine. Vau 10 Il Signore sarà un rifugio per l'oppresso, un rifugio nei momenti di angoscia.

11 Confidino in te quanti conoscono il tuo nome, perché tu non abbandoni chi ti cerca, Signore. Zain 12 Cantate inni al Signore, che abita in Sion, narrate le sue imprese tra i popoli,

13 perché egli chiede conto del sangue versato, se ne ricorda, non dimentica il grido dei poveri. Het 14 Abbi pietà di me, Signore, vedi la mia miseria, opera dei miei nemici, tu che mi fai risalire dalle porte della morte,

15 perché io possa annunciare tutte le tue lodi; alle porte della figlia di Sion esulterò per la tua salvezza. Tet 16 Sono sprofondate le genti nella fossa che hanno scavato, nella rete che hanno nascosto si è impigliato il loro piede.

17 Il Signore si è fatto conoscere, ha reso giustizia; il malvagio è caduto nella rete, opera delle sue mani. Iod 18 Tornino i malvagi negli inferi, tutte le genti che dimenticano Dio. Caf 19 Perché il misero non sarà mai dimenticato, la speranza dei poveri non sarà mai delusa.

20 Sorgi, Signore, non prevalga l'uomo: davanti a te siano giudicate le genti.

21 Riempile di spavento, Signore, riconoscano le genti di essere mortali. _________________ Note

9,1 È la prima delle composizioni “alfabetiche” del salterio (le altre sono Sal 25; 34; 37; 111; 112; 119; 145;): le lettere dell’alfabeto ebraico, Alef, Bet, Ghimel…, disposte nel loro ordine (e segnalate in margine), costituiscono la prima lettera dei versetti o delle strofe corrispondenti. Il salmo contiene il ringraziamento e la lode che il povero innalza a Dio per la salvezza ricevuta.

9,1 La morte del figlio: nome del canto che probabilmente offriva la melodia per questo salmo.

9,6 Cancellare il nome e far scomparire il ricordo sono espressioni simboliche per indicare annientamento e sterminio.

9,13 Dio viene spesso presentato come vendicatore del sangue versato ingiustamente, cioè della soppressione della vita (vedi Gen 4,10-11; 9,5-6 Gb 16,18; Ez 33,6).

9,14-15 Le porte della morte sono immagine di pericolo e di morte; le porte della figlia di Sion, cioè di Gerusalemme, designano invece la vita, la protezione, la salvezza. =●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti

Salmo 9 – Salmo di ringraziamento (+ motivi innici, di lamentazione e sapienziali)

Il salmo si presenta unitario nei LXX, ma sdoppiato nel TM, così da formare il Sal 9 e il Sal 10 diversificando così la stessa numerazione consecutiva nei LXX (un'unità in meno) e nel TM (un'unità in più). Non si conoscono i motivi dello sdoppiamento, tuttavia vi sono indizi validi che rafforzano l'unità dei due tronconi, come il carattere acrostico del Sal 9-10 ™, l'assenza del titolo al Sal 10 che si trova in una catena di salmi tutti titolati, e le ragioni letterarie (stile, lessico, immagini, paradigmi). Il salmo risale probabilmente al tardo postesilio. Il pensiero si sviluppa a ondate rivelando una vasta gamma di sentimenti (ringraziamento, lode, angoscia, sofferenza, fiducia, supplica...) dando origine a diversi generi letterari. La simbologia è bellica, regale, giudiziale, fiduciale, spaziale, temporale, teriomorfa e antropomorfica.

Questo salmo è stato definito “il manifesto degli ‘anāwîm”, è una preghiera dei poveri. Il significato originale della parola ebraica ‘anāwîm sembra richiamare il gesto del curvarsi, simbolo di una situazione di povertà. Il successivo uso biblico e quindi religioso fa però riferimento a persone discrete, umili, sottomesse, miti, che esprimono un atteggiamento di sottomissione fiduciosa verso Dio. Anche nelle altre parole ebraiche sinonime di ‘anāwîm, risultano presenti entrambi gli aspetti, quello sociale e quello teologico, molto usati anche dai profeti: i poveri socialmente e gli umili.

Qui i protagonisti del salmo sono: il povero, Dio che è re e giudice, le nazioni. Il tema è quello affrontato anche da altri salmi: come può Dio tollerare il male e permettere la sofferenza del povero e dell’innocente? Al centro dell’attenzione viene posto il povero, verso cui convergono sia l’interesse maligno dell’empio sia quello benefico di Dio.

L’esposizione dei contenuti è un po’ faticosa, ma l’atteggiamento che attraversa il salmo è quello del lamento, che però nella Bibbia non è mai totalmente pessimista e contiene anche la speranza e il ringraziamento. È importante nel salmo 9-10 anche il riferimento alla regalità di JHWH. Dio, giudice giusto, è “rifugio” del povero.

Divisione:

  • vv. 2-3: introduzione;
  • vv. 4-13: ringraziamento al Signore giudice;
  • vv. 14-21; appello al Signore giudice;

____SALMO 10 ™____

  • vv. 22-32: lamento-riflessione sull'arroganza del l'empio;
  • vv. 33-36: appello per la punizione dell'empio e per la giustizia dei poveri;
  • vv. 37-39: inno finale.

v. 2. «con tutto il cuore»: espressione tipica del Deuteronomio e di Geremia, cfr. Dt 4,29; 6,5; 10,12; Ger 3,10; 24,7; 29,13; 32,41. «le tue meraviglie»: le meraviglie (niplᵉ’ôt) sono i prodigi dell'esodo, della creazione e i gesti di salvezza di Dio per il salmista fedele.

v. 11. «quanti conoscono il tuo nome»: sono quelli che riconoscono la divinità e la regalità del Signore o hanno una particolare relazione con lui.

v. 12. «che abita in Sion»: nel tempio di Gerusalemme il Signore aveva la sua dimora terrestre, il trono dell'arca ove sedeva re e giudice.

v. 13. «Vindice del sangue»: è una definizione solenne di Dio come vendicatore del sangue sparso ingiustamente (cfr. Gn 4,10-11; 9,5-6; Ez 33,6; Gb 16,18).

v. 16. «Sprofondano...»: Dio attua così il principio della “nemesi immanente” anche a livello di popoli come per il singolo (cfr. Sai 7,14-17): si cade vittima dello stesso male che si voleva fare agli altri. «fossa.... rete...»: sono immagini della caccia. Il cacciatore cade nella trappola da lui stesso preparata!

v. 18. «negli inferi»: è lo šᵉ’ôl il destino degli empi, dove l'uomo ridotto a una esistenza evanescente e larvale (Sal 6,6) non può lodare Dio. È la legge del contrappasso. Chi non ha voluto e ricordato Dio nella vita terrena non lo può neanche nell'oltretomba.

v. 21. «sappiano... che sono mortali»: il salmista supplica il Signore affinché i superbi che hanno osato sfidare Dio, spaventati attraverso la sua potenza terribile, possano riconoscere la loro nullità davanti a lui.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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LA GLORIA DI DIO E LA DIGNITÀ DELL’UOMO 1 Al maestro del coro. Su “I torchi”. Salmo. Di Davide.

2 O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra! Voglio innalzare sopra i cieli la tua magnificenza,

3 con la bocca di bambini e di lattanti: hai posto una difesa contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli.

4 Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato,

5 che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell'uomo, perché te ne curi?

6 Davvero l'hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato.

7 Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi:

8 tutte le greggi e gli armenti e anche le bestie della campagna,

9 gli uccelli del cielo e i pesci del mare, ogni essere che percorre le vie dei mari.

10 O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra! _________________ Note

8,1 Allo stupore che suscita il creato, si unisce un senso di ammirazione per la bontà paterna di Dio, sottolineata dalle espressioni opera delle tue dita... opere delle tue mani (vv. 4.7). In questo inno, che la lettura cristiana applica a Cristo (1Cor 15,27; Ef 1,22; Eb 2,6-8), l’uomo, pur nella sua fragilità e debolezza (v. 5), appare con tutta la dignità di immagine e somiglianza di Dio, re e signore del creato (vv. 6-9; vedi Gen 1,26-28).

8,1 I torchi: forse allusione a un canto di vendemmia, che offriva la melodia al salmo.

8,2 Il nome, nella Bibbia, equivale spesso alla persona. Qui designa Dio stesso.

8,6 di un dio: LXX, Vg e NVg traducono “degli angeli”, interpretando l’ebraico “elohim” come corte celeste, sminuendo però il paragone fondato sull’idea dell’uomo immagine di Dio.

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Approfondimenti

**Salmo 8 – ** Inno I principali indizi di struttura sono: l'inclusione del ritornello del v. 2 e del v. 10, la triplice ricorrenza del pronome interrogativo mah (= che cosa, quanto) nei vv. 2.5.10, e le ripetizioni di «cielo» nei vv. 2,4,9, di «tutto» nei vv. 2.7,8.10, e di «opere» nei vv. 4.7. Il salmo si può perciò così suddividere:

  • v. 2a: esaltazione della grandezza del nome divino (inclusione-ritornello);
  • vv. 2b-5: la maestà di Dio nei cieli e domanda sull'uomo;
  • vv. 6-9: il potere dell'uomo e Dio;
  • v. 10: esaltazione della grandezza del nome divino (inclusione-ritornello).

Tra i personaggi ricorrenti, è Dio il vero protagonista. Egli per lo più è il soggetto della maggioranza dei verbi e a lui si riferiscono quasi tutti gli aggettivi possessivi. L'uomo è la controparte. Lo spazio è configurato diviso in tre sezioni secondo le voci ricorrenti di cielo, terra, e mare, e le preposizioni spaziali “sopra” (v. 2) e “sotto” (v. 7). Del linguaggio corporeo, di Dio si menzionano le dita (v. 4) e le mani (v. 7); dell'uomo, la bocca (v. 3) e i piedi (v. 7).

v. 2a. «O Signore, nostro Dio... su tutta la terra»; il Signore è chiamato «nostro Dio» (’adōnênû = nostro sovrano), in senso ristretto, in quanto re d'Israele, suo popolo eletto, ma la sua fama e dominio si estendono su tutta la terra. Negli aggettivi “nostro” e “tutto” si ha il passaggio dal particolare all'universale. «il tuo nome»: indica Dio stesso. Il nome, come anche la categoria della sapienza, della parola, dello spirito, è considerato ipostasi di Dio nella mentalità ebraica.

v. 2b. «Sopra i cieli»: l'espressione può riferirsi tanto alla maestà di Dio che domina sui cieli, quanto alla volontà del salmista che vuole, nella lode a Dio, unirsi alla liturgia celeste, quella che si celebra al di sopra dei cieli. Il Sal 150,1 invita a lodare Dio «nel firmamento della sua fortezza».

v. 3. «Con la bocca dei bimbi e dei lattanti»: i lattanti erano tenuti al seno della mamma almeno fino ai due anni. Il salmista vuole lodare il Signore con la gioia e lo stupore dei piccoli, e non con la malizia e la prolissità di discorso dei grandi. «contro i tuoi avversari»: gli avversari, specificati in “nemico” e “vendicatore”, sono i nemici mitici, cosmici di Dio, le forze avverse del caos primordiale, credenza comune nella letteratura del Vicino Oriente. Essi volevano ostacolare la creazione del kosmos (cfr. Sal 74,14; 89,11; Gb 40-41). Si pensa anche ai giganti di Gn 6,4. Ma a livello storico gli avversari di Dio sono quegli uomini che non l'accettano o rifiutano di sottomettersi a lui.

v. 4. «opera delle tue dita»: l'espressione suggerisce l'immagine dell'artigiano, che lavora meticolosamente e delicatamente alla sua opera modellandola con le dita. Vi è più direttamente coinvolto. Così Dio. «la luna e le stelle»: non si menziona il sole. E probabile che il poeta sia rimasto in contemplazione del cielo in una notte stellata e con la luna.

v. 5. «che cosa è l'uomo...»: a differenza dello stesso pronome interrogativo dei vv. 2 e 10, qui il mah (= che cosa?) esprime la meraviglia della contemplazione che sfocia in un interrogativo. «l'uomo»: la voce ebraica qui usata (’enôš), indica l'uomo in quanto debole, caduco (cfr. Sal 103,14; Is 51,12); «il figlio dell'uomo»: sta per «uomo». Non si riferisce all'umanità in genere, ma all'uomo singolo, a ciascun uomo, «te ne ricordi...te ne curi»: il poeta descrive così la relazione personale di Dio con l'uomo.

vv. 6-7. «l'hai fatto poco meno... lo hai coronato... gli hai dato potere... tutto hai posto»: con questi quattro verbi si esprime l'attività premurosa di Dio nel riguardi dell'uomo, sottolineando anche che questi ha ricevuto la sua dignità e il suo dominio sul creato direttamente da lui. «poco meno degli angeli»: alla lett, «di un dio». La traduzione greca dei LXX e la Vulgata traducono mē’elōhīm del v. 6 con «degli angeli». Eb 2,7 riprende la versione dei LXX. La traduzione letterale rende di più il pensiero del salmista che vuole esaltare la somma grandezza dell'uomo sul creato, da raggiungere quasi la soglia di Dio stesso. «di gloria e di onore»: la gloria (kābôd) e l'onore (hādār) sono prerogative di Dio nell'AT. Egli le concede all'uomo rendendolo partecipe della sua dignità regale. «tutto hai posto sotto i suoi piedi»: la metafora indica il dominio. I piedi poggiano su «tutto» come su uno sgabello, su cui venivano, nell'antichità, raffigurati i nemici vinti, in segno di soggezione (cfr. Sal 47,4; 110,1; Gs 10,24; 1Re 5,17; Lam 3,34).

vv. 8-9. Questi versetti specificano la totalità espressa nel v. 7. «tutti i greggi... tutte le bestie...»: passano, in un'ideale sfilata, davanti alla mente dell'uomo tutti gli animali terrestri, dell'aria e acquatici. La ripetizione per tre volte di «tutto» (kōl) nei vv. 7-8 ne è segno. Si enumerano tre dei quattro elementi ritenuti fin dall'antichità primordiali: terra, aria, acqua; manca il fuoco. «che percorrono le vie del mare»: per gli altri animali non ci sono specificazioni, eccetto che per i pesci. Il salmista è estasiato dalla vastità del mare e dalla misteriosità dei suoi abissi, in cui i pesci prendono nei loro spostamenti ogni direzione che non lascia traccia, e, chiudendo il salmo, coinvolge anche l'orante nella contemplazione del mare le cui acque brulicano di vita.

v. 10. «O Signore, nostro Dio...»: quest'inclusione-ritornello non è una semplice ripetizione della stessa espressione del v. 2a. A chiusura del salmo, dopo la contemplazione della maestà di Dio e della dignità dell'uomo, è senz'altro più convinta e più intensa di emozioni.

Nel NT il Sal 8 è citato principalmente in Mt 21,16, in 1Cor 15,26 é in Eb 2,5-8.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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PREGHIERA DEL GIUSTO PERSEGUITATO 1 Lamento che Davide cantò al Signore a causa delle parole di Cus, il Beniaminita.

2 Signore, mio Dio, in te ho trovato rifugio: salvami da chi mi perseguita e liberami,

3 perché non mi sbrani come un leone, dilaniandomi senza che alcuno mi liberi.

4 Signore, mio Dio, se così ho agito, se c'è ingiustizia nelle mie mani,

5 se ho ripagato il mio amico con il male, se ho spogliato i miei avversari senza motivo,

6 il nemico mi insegua e mi raggiunga, calpesti a terra la mia vita e getti nella polvere il mio onore.

7 Sorgi, Signore, nella tua ira, àlzati contro la furia dei miei avversari, svégliati, mio Dio, emetti un giudizio!

8 L'assemblea dei popoli ti circonda: ritorna dall'alto a dominarla!

9 Il Signore giudica i popoli. Giudicami, Signore, secondo la mia giustizia, secondo l'innocenza che è in me.

10 Cessi la cattiveria dei malvagi. Rendi saldo il giusto, tu che scruti mente e cuore, o Dio giusto.

11 Il mio scudo è in Dio: egli salva i retti di cuore.

12 Dio è giudice giusto, Dio si sdegna ogni giorno.

13 Non torna forse ad affilare la spada, a tendere, a puntare il suo arco?

14 Si prepara strumenti di morte, arroventa le sue frecce.

15 Ecco, il malvagio concepisce ingiustizia, è gravido di cattiveria, partorisce menzogna.

16 Egli scava un pozzo profondo e cade nella fossa che ha fatto;

17 la sua cattiveria ricade sul suo capo, la sua violenza gli piomba sulla testa.

18 Renderò grazie al Signore per la sua giustizia e canterò il nome di Dio, l'Altissimo. _________________ Note

7,1 Certo della sua innocenza, l’orante implora l’intervento di Dio contro quanti lo accusano e lo perseguitano. Dio è descritto, da una parte, come giudice giusto, che si erge a proclamare l’innocenza del suo fedele; dall’altra, come il guerriero valoroso che sconfigge i nemici.

7,1 Cus, il Beniaminita: è personaggio sconosciuto. Alcuni lo identificano con un nemico di Davide o con l’Etiope che gli annunziò la morte di Assalonne (2Sam 18,21-32); Cus, in ebraico, è infatti il nome dell’Etiopia.

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Approfondimenti

Salmo 7 – L'innocente perseguitato chiede giustizia Supplica individuale (+ riflessione sapienziale)

C'è lo schema triangolare usuale nelle “Suppliche”: Dio-io (= l'orante) – essi (= i nemici). Il carme è ambientato in un contesto giuridico-giudiziale (molti vocaboli sono del lessico forense). C'è inoltre un simbolismo di tipo militare, materno, teriomorfo e venatorio. Due particolarità distinguono questo salmo dagli altri: la possibilità concessa al colpevole di convertirsi prima dell'esecuzione della sentenza (v. 13) e l'immagine del parto con cui viene descritto l'operato dell'empio (v. 15). Nel suo stato attuale il salmo risale al postesilio, data la presenza di alcuni aramaismi e per l'influsso di Geremia e dei Sapienziali. Strutturalmente il carme inizia con «Signore, mio Dio» (JHWH ‘elōhay) e finisce con «Dio, l'Altissimo» (JHWH ‘elyôn), ma gli appellativi divini abbondano nell'intera composizione.

Divisione: * vv. 2-3: appello introduttivo; * vv. 4-6: giuramento d'innocenza; * vv. 7-14: invocazione del giudizio di Dio con riflessioni sapienziali; * vv. 15-17: riflessione sapienziale sull'empio; * v. 18: conclusione-ringraziamento finale.

vv. 1-3. «come un leone»: il nemico persecutore è paragonato a un leone nella furia bestiale dello sbranare e lacerare la sua preda. L'immagine è plastica. Tra il “perseguitare” (rdp) (v. 2) e lo “sbranare” (trp) (v. 3) c'è in ebraico allitterazione. Per immagini teriomorfe simili cfr. Sal 22,13.14.17.22.

vv. 4-6. Giuramento d'innocenza. Vi si ricorreva quando, esperiti tutti i mezzi normali, non si era raggiunta la verità. Si faceva regolarmente nel tempio alla presenza di un sacerdote (cfr. Dt 17,8-10; 1Re 8,31). L'accusato invocava sul suo capo la vendetta di Dio in caso di colpevolezza (cfr: Gb 31,5-40). La sentenza emessa nel santuario era perciò inappellabile e doveva essere eseguita dalle autorità locali (Dt 19,16-19). Il giuramento d'innocenza si compone di due parti: “la confessione negativa” (vv. 4-5) (protasi) e “l'automaledizione” (v. 6) (apodosi) che si esprimeva con imprecazioni molto vivaci, tipicamente orientali.

v. 4. «se così ho agito»: alla lett. «se ho fatto questo». «Questo» si deve qui intendere come sinonimo di “male, colpa” (con cui sta spesso in parallelismo: Sal 44,18; Sof 2,10), e suppone un'accusa reale fatta al salmista in precedenza. «sulle mie mani»: è una metafora per indicare le opere, le prove della sua colpevolezza, cfr. 1Sam 24,12; 26,18; 1Cr 12,18; Gb 16,17.

v. 5. Riguarda la violazione del diritto nei riguardi del prossimo. Si tratta dell'applicazione della giustizia vendicativa secondo la legge del taglione (Es 21,24-25). «il mio amico»: alla lett. šôlᵉmî è una contrazione di ’îš šᵉlômî (= uomo della mia pace) cioè «alleato» (cfr. Sal 41, 10).

v. 7. «Sorgi»: è l'antico grido di guerra (cfr. Sal 3,8) d'Israele nel deserto. Qui è trasferito dal salmista nel campo forense. «levati... alzati»: con un forte antropomorfismo, in riferimento all'immagine militare di Dio. il salmista si propone di svegliarlo dal sonno dell'indifferenza per giudicare subito gli empi, i nemici arroganti.

v. 9. «Il Signore decide... giudicami...»: dopo la professione di fede sulla prerogativa di Dio in quanto giudice supremo e universale dei popoli (vv. 8-9a) (cfr. Gn 18,25; Sap 12,13), l'orante chiede di essere giudicato da lui «secondo la mia giustizia e secondo la mia innocenza»: queste erano state affermate con il suo giuramento d'innocenza (vv. 4-6), cfr. Sal 26,1-3; 35, 24.

v. 10. «Poni fine al male.. rafforza..»: si sintetizzano le due richieste dei vv. 7-9: la fine degli empi e la stabilità dell'uomo retto (alla lett.: «giusto»); e si riflette poi sull'imparzialità di Dio, in quanto profondo conoscitore dell'uomo, di cui gli sono noti «cuore» e «reni», cioè la sua coscienza (= cuore) e la sua sfera volitiva e affettiva (= reni). Per l'appellativo di Dio in quanto «scrutatore di cuore e di reni» cfr. Sal 11,4-5; 17,3; 26,2; 139,23. L'appellativo è frequente in Geremia (11,20; 12,3; 17,10; 20,12).

v. 11. «La mia difesa...»: in questo versetto, con un altra riflessione sapienziale e di fede, il salmista afferma che come lui così tutti i «retti di cuore» ricevono ugualmente salvezza da Dio. Egli non fa eccezione di persone: il caso personale corrisponde al principio generale. I vv. 11-14 hanno un forte simbolismo bellico.

vv. 15-17. Con il simbolismo del parto (v. 15) e della fossa (trappola), della caccia (v. 16) e della pietra (o rete) lanciata (v. 17), si accenna alla pena del contrappasso dell'empio (cfr. Gb 15,35; Is 33,11). Il male che ha tramato e compiuto si riversa sulla sua testa. Infatti «chi scava una fossa vi cadrà dentro e chi rotola una pietra gli cadrà addosso» (Prv 26,27). Si precisa il pensiero espresso sopra: non è Dio che punisce e annienta il peccatore, è il suo stesso peccato che lo manda in rovina!

v. 18. Il salmista ringrazia, celebrando il Signore per «la sua giustizia», tema centrale di tutto il salmo, invocandolo per due volte: «Signore... Signore altissimo» ™ facendo inclusione con «Signore, mio Dio» dell'apertura del salmo stesso (v. 2). In tutto il salmo così il nome di Dio «Signore» si è sentito per otto volte.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INVOCAZIONE A DIO NEL DOLORE 1 Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Sull'ottava. Salmo. Di Davide.

2 Signore, non punirmi nella tua ira, non castigarmi nel tuo furore.

3 Pietà di me, Signore, sono sfinito; guariscimi, Signore: tremano le mie ossa.

4 Trema tutta l'anima mia. Ma tu, Signore, fino a quando?

5 Ritorna, Signore, libera la mia vita, salvami per la tua misericordia.

6 Nessuno tra i morti ti ricorda. Chi negli inferi canta le tue lodi?

7 Sono stremato dai miei lamenti, ogni notte inondo di pianto il mio giaciglio, bagno di lacrime il mio letto.

8 I miei occhi nel dolore si consumano, invecchiano fra tante mie afflizioni.

9 Via da me, voi tutti che fate il male: il Signore ascolta la voce del mio pianto.

10 Il Signore ascolta la mia supplica, il Signore accoglie la mia preghiera.

11 Si vergognino e tremino molto tutti i miei nemici, tornino indietro e si vergognino all'istante. _________________ Note

6,1-11 All’intensa supplica a Dio, l’orante accompagna la descrizione della sofferenza fisica e interiore che lo tormenta. Il dono della guarigione è equiparato alla vittoria sui nemici. Il salmo, che è una lamentazione individuale, è stato inserito dalla liturgia della Chiesa tra i sette “salmi penitenziali” (così sono chiamati i Sal 6; 32; 38; 51; 102; 130; 143).

6,1 Sull’ottava: si allude forse alla tonalità con cui veniva cantata la composizione.

6,4 L’espressione “fino a quando?”, presente in diversi salmi, va completata con i verbi di volta in volta sottintesi: fino a quando tarderai? fino a quando verrà meno il tuo aiuto? Con “anima” si intende qui la parte più intima dell’essere umano (come già le ossa del v. 3).

6,6 Si manifesta qui la concezione incerta che l’AT ha dell’oltretomba (chiamato inferi). Nell’aldilà cessa ogni attività e in particolare cessa quel rapporto di adorazione e di lode a Dio, che l’uomo vive nella vita terrena (vedi anche Gb 3,17-19; 14,7-22).

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Approfondimenti

Salmo 6 – Risanami e salvami nel tuo amore Supplica individuale (di un malato) Il salmo è uno dei sette penitenziali (cui appartengono anche i Sal 32; 38; 51; 102; 103; 143). Accanto alla sofferenza fisico-psicologica si intravvede, in modo più sfumato, la sofferenza come frutto del peccato. Sono presenti i tre protagonisti: Dio, l'io, ed essi (i nemici), come è usuale nelle suppliche individuali. Il simbolismo è di carattere antropomorfico, antropologico e militare. Il nome del Signore (JHWH) è menzionato otto volte negli undici versetti del salmo. Questo, nella sua semplicità strutturale, è abbastanza espressivo e vigoroso. Il ritmo nel TM è quello classico di 3 + 3 accenti.

Strutturalmente si divide in:

  • v. 2: introduzione;
  • vv. 3-8: supplica;
  • vv. 9-11: sicurezza dell'ascolto divino e imprecazione contro i nemici.

v. 2. «Signore, non punirmi..»: c'è una venatura di genere sapienziale. Il salmista è cosciente della sua colpevolezza; non reagisce come Giobbe, che sbandiera la sua innocenza davanti alla sua malattia, né come l'orante del Sal 17,2-3. Egli chiede tuttavia a Dio, come a un pedagogo, comprensione nella sua pur giusta punizione, cfr. Ger 10,24; Sap 12,2.

vv. 3-8. La supplica può dividersi in tre strofe:

  • vv. 3-4: sofferenza psico-fisica;
  • vv. 5-6: implorazione;
  • vv. 7-8: descrizione della sofferenza.

vv. 3-4. Nel v. 3 si accenna alla sofferenza fisica estrema («vengo meno... tremano le mie ossa») e si chiede al Signore la guarigione; nel v. 4 si accenna alla sofferenza psichica, riflesso di quella fisica e si chiede, con impazienza, «fino a quando» durerà.

v. 4. «L'anima mia...»: l'espressione traduce l'ebraico napšî. La voce ebraica nepeš indica anzitutto, la gola, il respiro e perciò la vita. La traduzione di nepeš con «anima» non è esatta, perché questa, nella concezione filosofico-teologica occidentale, indica solo a parte spirituale dell'uomo. La voce ebraica significa il contrario di cadavere, perciò «vita» (cfr. Gn 2,7) e quindi la stessa persona umana vivente nella sua totalità; essa equivale al pronome personale “io” rivestito di una certa solennità e quasi come uno sdoppiamento della persona che considera se stessa. «fino a quando...?»: è un'espressione interrogativa ellittica. Indica l'impazienza dell'uomo che geme sotto il peso della sofferenza, punizione divina, e non scorge ancora l'alba della guarigione. Ricorre spesso nei salmi e nella Bibbia.

v. 6. «Nessuno tra i morti... Chi negli inferi...»: il palese ricatto è un ragionamento “ad hominem” nei riguardi di Dio. Il salmista gli ricorda che è bene che egli lo guarisca, perché se muore non può più ricordarsi di lui né lodarlo. Inoltre Dio non ha piacere della morte del malvagio, ma «che desista dalla sua condotta e viva» (Ez 18,23). «gli inferi»: la verità sull'oltretomba (šᵉ’ôl) ha raggiunto progressivamente la luce e la chiarezza finale (cfr. Sap 3; Dn 12; 2 Mac 7). Qui come in altri passi tale dottrina è ancora incerta e non definita; l'oltretomba è visto come il regno della non-vita, delle ombre evanescenti, degli abitanti della polvere (Is 26,19), che non possono “ricordarsi di Dio”, né “lodarlo”. «ti ricorda»: più che al semplice fatto mnemonico comune, ci si riferisce al concetto del “memoriale” il ricordo liturgico, celebrativo della salvezza del Signore (cfr. Is 26,8), stando all'espressione parallela «canta le tue lodi».

vv. 7-8. Con l'immagine iperbolica dell'inondazione (v. 7) e con quella dell'invecchiamento (v. 8) il salmista descrive la sua malattia. Il pianto a dirotto è espressione del dolore interiore; esso manifesta il groviglio dei suoi sentimenti, che sono un misto di apprensione, rimorso, coscienza della colpa ecc. e infine anche ostilità verso i suoi nemici, cfr. v. 9; Is 38,2-3; Lam 1,2; 2,11.18; 3,40-31.

vv. 9-10. Si ha un repentino cambiamento di situazione e di tono. Dopo la scoperta della presenza ostile dei suoi nemici presso di lui e l'istantanea messa in fuga (v. 9a) segue la certezza dell'esaudimento del Signore (vv. 9b-10), cui si aggiunge, per la legge del taglione, un'imprecazione (giustizia distributiva) contro i nemici, che devono battere in ritirata davanti all'intervento salvifico di Dio.

v. 9a. «Via da me...»: è un imperativo plurale sûrû (= allontanatevi), che pronunciato improvvisamente ha la forza di ravvivare l'andamento del salmo e porta all'inattesa scoperta della presenza del nemici del salmista, di cui non si fa cenno prima, «tutti che fate il male»: i malfattori possono essere identificati in quelli che, approfittando dello stato di infermità fisico-morale, accusano l'orante di poca fede in Dio, mettendone in dubbio la presenza e il soccorso nei suoi riguardi; oppure si possono identificare negli amici, spettatori freddi e inerti del male dell'orante, pronti però ad accusarlo di peccato, come gli amici di Giobbe. Possono anche essere lo stesso dolore, la tristezza e la morte personificati.

v. 9b. «il Signore ascolta...»: il salmista è sicuro dell'esaudimento della sua supplica. Questa certezza è ripetuta tre volte come un ritornello nei vv. 9b.10a.10b, ove la voce “Signore” è ripetuta tre volte, il verbo “ascoltare” due volte e il sinonimo “accogliere” una volta. Per molti esegeti questa certezza è supposta provenire dalla prassi dell’oracolo liturgico pronunciato da un profeta o da un sacerdote nel tempio (cfr. Sal 28,6; 34,7; 66,19). In questo salmo però non vi è traccia.

v. 11. «Arrossiscano...»: il versetto segna la continuazione tematica della cacciata dei malfattori del v. 9a. Con la legge del contrappasso, si realizza la giustizia divina sugli «oppressori» (v. 8), sui «malfattori» (v. 9) e sui «nemici» (v. 11). Tutti costoro devono indietreggiare «all'istante», arrossendo e confusi per la presenza dell'azione liberante di Dio, come alla sua apparizione (cfr. Sal 68,2-3; Nm 10,35; Is 33,3). Ciò è una costante nel genere letterario della supplica (cfr. Sal 52,3-7).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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PREGHIERA DEL MATTINO 1 Al maestro del coro. Per flauti. Salmo. Di Davide.

2 Porgi l'orecchio, Signore, alle mie parole: intendi il mio lamento.

3 Sii attento alla voce del mio grido, o mio re e mio Dio, perché a te, Signore, rivolgo la mia preghiera.

4 Al mattino ascolta la mia voce; al mattino ti espongo la mia richiesta e resto in attesa.

5 Tu non sei un Dio che gode del male, non è tuo ospite il malvagio;

6 gli stolti non resistono al tuo sguardo. Tu hai in odio tutti i malfattori,

7 tu distruggi chi dice menzogne. Sanguinari e ingannatori, il Signore li detesta.

8 Io, invece, per il tuo grande amore, entro nella tua casa; mi prostro verso il tuo tempio santo nel tuo timore.

9 Guidami, Signore, nella tua giustizia a causa dei miei nemici; spiana davanti a me la tua strada.

10 Non c'è sincerità sulla loro bocca, è pieno di perfidia il loro cuore; la loro gola è un sepolcro aperto, la loro lingua seduce.

11 Condannali, o Dio, soccombano alle loro trame, per i tanti loro delitti disperdili, perché a te si sono ribellati.

12 Gioiscano quanti in te si rifugiano, esultino senza fine. Proteggili, perché in te si allietino quanti amano il tuo nome,

13 poiché tu benedici il giusto, Signore, come scudo lo circondi di benevolenza.

_________________ Note

5,1 Nella tradizione biblica, l’ora del sacrificio del mattino è la più propizia alla preghiera e al suo esaurimento da parte del Signore.

5,10 bocca, cuore, gola, lingua: designano la totalità dell’uomo.

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Approfondimenti

Salmo 5 – Al mattino t'invoco e attendo Supplica individuale La struttura del salmo è quella del genere delle “Suppliche”, con la presenza triangolare di “Dio – io (= l'orante) – essi (= i nemici)”. Dio è invocato con due titoli «mio re e mio Dio» (v. 3). L'orante non è ben caratterizzato come negli altri salmi dello stesso genere: non si riportano meriti personali, né si ricordano le sofferenze, né la protesta della propria innocenza. Il tutto è indicato dall'aggettivo “giusto/innocente” (v. 13). I nemici sono caratterizzati da una serie di aggettivi che li rendono piuttosto generici (vv. 5-7.10-11). Il simbolismo di base riguarda l'area sacra del tempio, che è citato espressamente con i vocaboli tecnici di «casa» (bayit) e «tempio della tua santità» (hêkal-qodšᵉkā) nel v. 8. È presente inoltre quello antropomorfico (orecchio, bocca, cuore, gola, lingua) nei vv. 2.10, giudiziale, militare e temporale. Il ritmo del TM è quello del lamento (qînâ) di 3 + 2 accenti. Divisione:

  • vv. 2-4: invocazione introduttiva;
  • vv. 5-7: descrizione e lode della giustizia del giudice divino;
  • vv. 8-9: petizione dell'orante;
  • vv. 10-11: descrizione dei nemici, loro rovina;
  • vv. 12-13: gioia e benedizione per il giusto.

v. 2. «il mio lamento»: il termine corrispondente ebraico hagîg ha due significati; si può tradurre «sussurro» o «lamento, gemito»: con il primo si indica quel bisbiglio, mormorio sommesso, caratteristico della liturgia sinagogale. Girolamo traduce murmur meum; con il secondo si suppone un grido lacerante simile a quello del leone (Is 31,4), tipico della lamentazione orientale (cfr. Is 16,7; Ger 48,5).

v. 3. «o mio re e mio Dio»: l'espressione «o mio re» (malkî) è originale; non è frequente nei salmi (44,5; 47,7; 68,25; 74,12; 84,4). Questo appellativo rende più familiare all'orante la preghiera. Dio è supposto “re” perché “regna” nei Sal 93,1; 96,10; 97,1; 99,1.

v. 4. «Al mattino... sto in attesa»: secondo la tradizione biblica e giudaica l'ora del sacrificio del mattino è quella più propizia alla preghiera, all'esaudimento (cfr. 2Re 3,20) e al responso di Dio comunicato tramite il sacerdote (cfr. 1Sam 1,9.17; Nm 23,1-6).

vv.5-7. Il salmista con una serie di attributi descrive, elogiandola, la fisionomia di Dio: non c'è nessun compromesso tra Dio e il malvagio. Sono incompatibili! Egli detesta «chi fa il male»! (cfr. Sap 14,9).

vv. 8-9. Per contrasto con i malvagi, significato stilisticamente dall'espressione «ma io» all'inizio del v. 8, l'orante, sebbene si ritenga giusto (v. 13), è ammesso alla presenza di Dio, «per la sua grande misericordia». Tutta la strofa (vv. 8-9) ha una forte impronta cultuale. Nel v. 8 si sottolinea la gratuità della fede e della salvezza di Dio, e nel v. 9 sotto forma di petizione, si sottolinea che solo «per la giustizia di Dio» l'orante può camminare sicuro in mezzo ai suoi nemici. In questa strofa ricorrono per la prima volta nei Salmi due degli attributi dell'alleanza ḥesed (= misericordia, bontà, grazia, fedeltà...) e ṣᵉdāqâ (giustizia).

v. 9. «spianami...il tuo cammino»: l'uomo ha bisogno di lasciarsi guidare da Dio: Gn 24,27; Es 15,13; Sal 77,21.

Nel v. 10 si ha la descrizione dei nemici con quattro figure allegoriche di carattere somatico, simbolo della totalità dell'organismo: bocca, cuore, gola, lingua. Si indica la totalità della perfidia dei nemici: nell'essere e nell'operare, e specificamente descrivono la menzogna e la frode del v. 7. «la loro gola è un sepolcro aperto»: l'immagine di un sepolcro spalancato simbolizza la malvagità dei nemici covata dentro, che si riversa fuori avvolta da parole melliflue e di adulazione.

v. 11. «Condannali...»: il salmista invoca dal Signore la condanna, con un'esplosione imprecatoria di vendetta, come in altri salmi simili. «perché a te si sono ribellati»: i nemici dell'orante sono considerati, come anche altrove, nemici di Dio. Infatti Dio non può restare freddo e indifferente quando viene messo in discussione il suo onore (Sal 78,8).

vv. 12-13. Questi versetti fanno da contrapposizione ai precedenti 10-11. Il v. 12a si contrappone al v. 10, e i vv. 12b-13 si contrappongono al v. 11. Mentre nei vv. 10-11 Dio condanna i malvagi orgogliosi, che rifiutano Dio, nei vv. 12-13 si esprime la sua protezione e benedizione verso i suoi fedeli.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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PREGHIERA DELLA SERA 1 Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Salmo. Di Davide.

2 Quando t'invoco, rispondimi, Dio della mia giustizia! Nell'angoscia mi hai dato sollievo; pietà di me, ascolta la mia preghiera.

3 Fino a quando, voi uomini, calpesterete il mio onore, amerete cose vane e cercherete la menzogna?

4 Sappiatelo: il Signore fa prodigi per il suo fedele; il Signore mi ascolta quando lo invoco.

5 Tremate e più non peccate, nel silenzio, sul vostro letto, esaminate il vostro cuore.

6 Offrite sacrifici legittimi e confidate nel Signore.

7 Molti dicono: “Chi ci farà vedere il bene, se da noi, Signore, è fuggita la luce del tuo volto?“.

8 Hai messo più gioia nel mio cuore di quanta ne diano a loro grano e vino in abbondanza.

9 In pace mi corico e subito mi addormento, perché tu solo, Signore, fiducioso mi fai riposare. _________________ Note

4,1 Intensa preghiera individuale, che esprime gratitudine per la salvezza ricevuta. Quanti esitano ad abbandonarsi in Dio e si affidano invece agli idoli (vi allude il v. 3: cose vane) sono esortati a rinnovare la fiducia nel Signore che fa prodigi per il suo fedele (v. 4).

4,1 Nei titoli del Salterio è frequente l’espressione Al maestro del coro. Potrebbe trattarsi di colui che, nel tempio, aveva l’incarico di dirigere il canto.

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Approfondimenti

Salmo 4 – Fiducia e gioia nel Signore Salmo di fiducia. Il carme ispira serenità e pace. La simbologia è di carattere agricolo e liturgico. C'è inoltre il contrasto tra luce e tenebra (vv. 7-9) e tra Dio e gli idoli (= cose vane) (v. 3). Il ritmo nel TM è di 4 + 4 accenti.

Divisione:

  • v. 2: appello introduttivo;
  • vv. 3-6: esortazione ai vacillanti nella fede;
  • vv. 7-9: testimonianza del salmista.

v. 2. «mia giustizia»: è un appellativo divino. La giustizia di Dio è principalmente salvezza, liberazione, speranza, ma anche intervento di giustizia tendente a liberare il suo fedele da una situazione di male e di sofferenza, e dichiarazione di innocenza per chi è calunniato (Sal 17,2). «mi hai liberato»: alla lett. «mi hai portato al largo». Parafrasando il tutto: «dalle strettezze dell'angoscia, mi hai condotto all'aperto».

vv. 3-6. Il salmista esorta i dubbiosi a optare definitivamente per il Signore, che fa prodigi e ascolta il suo fedele (v. 4), ad abbandonare gli idoli (= cose vane... menzogna) (v. 3), ad avere timore del Signore e non peccare (v. 5), a offrirgli sacrifici e ad avere fiducia il lui (v. 6). In questi versetti si delinea un processo di conversione a Dio: riconoscere (v. 4), temere e riflettere (v. 5) ed espiare, offrendo un sacrificio cultuale, come segno di conversione interna che introduce alla piena confidenza in Dio (v. 6).

v. 3. «cose vane... menzogna»: così sono chiamati dispregiativamente gli idoli, cfr. Sal 40,5; Am 2,4.

v. 6. «sacrifici di giustizia»: l'espressione richiama il titolo divino di v. 2: «Dio, mia giustizia». Questi sacrifici, previsti dalla liturgia del tempio e dovuti al Signore (Dt 33,19), hanno valore se sono uniti all'offerta di se stessi (cfr. Sal 51,19; Dn 3,39-40).

vv. 7-9. Davanti all'incertezza e al dubbio di «molti» che nel buio dell'esistenza quotidiana si sono smarriti, l'orante risponde con la testimonianza della sua vita.

v. 7. «il bene»: la voce “bene” (tôb) ha una vasta gamma di significati. Esprime perciò la totalità dell'azione salvifica divina. «Risplenda...»: è la richiesta dei “molti smarriti che nelle loro difficoltà del credere e dell'agire invocano la benevolenza divina. L'intera espressione si richiama alla benedizione sacerdotale di Nm 6,25-26.

vv. 8-9, «gioia... pace»: con immagini agricole (abbondanza di vino e frumento) il salmista testimonia la sua fede e fiducia nel Signore. Infatti «solo» da lui vengono gioia, pace e sicurezza.

Nel NT il v. 5 è citato da Ef 4,26; per la gioia nella tribolazione (vv. 8-9) cfr. 2Cor 7,4; Gal 5,22; 1Ts 1,6.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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