📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA DAL 25 DICEMBRE 2022

PREGHIERA DOPO LA SCONFITTA 1 Al maestro del coro. Su “Il giglio della testimonianza”. Miktam. Di Davide. Da insegnare. 2 Quando uscì contro Aram Naharàim e contro Aram Soba e quando Ioab, nel ritorno, sconfisse gli Edomiti nella valle del Sale: dodicimila uomini.

3 Dio, tu ci hai respinti, ci hai messi in rotta, ti sei sdegnato: ritorna a noi.

4 Hai fatto tremare la terra, l'hai squarciata: risana le sue crepe, perché essa vacilla.

5 Hai messo a dura prova il tuo popolo, ci hai fatto bere vino che stordisce.

6 Hai dato un segnale a quelli che ti temono, perché fuggano lontano dagli archi.

7 Perché siano liberati i tuoi amici, salvaci con la tua destra e rispondici!

8 Dio ha parlato nel suo santuario: “Esulto e divido Sichem, spartisco la valle di Succot.

9 Mio è Gàlaad, mio è Manasse, Èfraim è l'elmo del mio capo, Giuda lo scettro del mio comando.

10 Moab è il catino per lavarmi, su Edom getterò i miei sandali, il mio grido di vittoria sulla Filistea!“.

11 Chi mi condurrà alla città fortificata, chi potrà guidarmi fino al paese di Edom,

12 se non tu, o Dio, che ci hai respinti e più non esci, o Dio, con le nostre schiere?

13 Nell'oppressione vieni in nostro aiuto, perché vana è la salvezza dell'uomo.

14 Con Dio noi faremo prodezze, egli calpesterà i nostri nemici.

_________________ Note

60,1 Il salmo ha inizio con il lamento collettivo del popolo che, sotto il peso della sconfitta, avverte la lontananza e il rigetto da parte di Dio, e si conclude con l’invocazione a lui, perché venga in aiuto. Al centro del salmo, l’oracolo divino assicura l’intervento del Signore e infonde nuova speranza nel popolo. I vv. 7-14 si ripetono anche in Sal 108,7-14.

60,2 Allusione alle spedizioni militari di Davide, narrate in 2Sam 8,1-14; 10,7-8; (vedi anche 1Cr 18,1-13).

60,8-10 Elenco di località e regioni del territorio d’Israele e di popoli con esso confinanti, come Moab, Edom, Filistea. Gettare i sandali (v. 10) su un territorio significava prenderne possesso.

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Approfondimenti

Preghiera comunitaria nella presente oppressione Supplica collettiva (+ oracolo profetico)

Il salmista, a nome della comunità, dopo una sconfitta militare, vista come un segno di rigetto da parte di Dio, supplica, fiducioso, il Signore di venire in soccorso del popolo nella presente situazione di oppressione. Il salmo, sebbene racchiuso in unità da un'inclusione, data dalla voce «Dio» nei vv. 3 e 14, non nasconde il travaglio della sua composizione. Infatti bisogna supporre almeno due stratificazioni stando al vocabolario e al ritmo del verso: quella dell'oracolo “arcaico” dei vv. 8-10 (3 + 3 + 3 accenti) e quella di una lamentazione nazionale dei vv. 3-7.11-14 (3 + 3 accenti). I vv. 7-14 si trovano identici nel Sal 108, 7-14. La simbologia militare e cosmica fa da sfondo unificatore al carme.

Divisione: * vv. 3-7: lamentazione e supplica di salvezza; * vv. 8-10: risposta oracolare di liberazione; * vv. 11-13: nuovo appello; * v. 14: atto di fede corale nella certezza della vittoria divina.

v. 3. «Dio, tu ci hai respinti..»: il versetto è composto dalla voce «Dio» in stato enfatico, dalla sequenza veloce e sintetica di quattro verbi e dal pronome personale «noi» alla fine. Si esprime così la tragicità della situazione e il suo principale autore: Dio, cui tutto risale nella rigida mentalità teologica semitica.

v. 4. «Hai scosso la terra...»: alcuni vi vedono l'accenno a un terremoto, ma l'interpretazione di una sconfitta militare con gravi conseguenze (caduta di Samaria del 721 a.C.? o caduta di Gerusalemme del 587 a.C.?) è più realistica e probabile (cfr. vv. 5-7), cfr. Sal 44,10.24. Il v. 4 perciò indica iperbolicamente con immagini apocalittiche la realtà di una catastrofe nazionale.

v. 5. «hai fatto bere vino da vertigini»: l'espressione descrive con l'immagine del vino e con una metonimia (la causa per l'effetto), l'impatto fisico e psicologico del disastro nazionale. Si è sbalorditi e storditi come chi si ubriaca per effetto di vino generoso. Si barcolla sotto l'influsso dell'ira divina che colpisce i peccatori (cfr. Sal 75,9-10; Is 51,17).

v. 6. «Hai dato un segnale...»: il versetto presenta problemi d'interpretazione. È ambiguo quanto al contenuto. Stando al contesto precedente dovrebbe avere valore negativo per Israele, come le altre affermazioni. Tuttavia sembra probabile l'ipotesi che nella catastrofe generale Dio abbia dato una possibilità di scampo al suo popolo. Probabilmente il poeta ha voluto giocare sull'ambiguità. Il Signore, che ha mandato la guerra, ha dato contemporaneamente anche i mezzi per non soccombervi; ha messo in fuga il suo popolo, ma ha fatto trovare anche un rifugio di salvezza.

v. 7. «salvaci con la destra e a noi rispondi»: con tale appello finale si chiude la lamentazione-supplica della prima parte e si prepara la risposta oracolare di Dio nei vv. 8-10. Da questo verso fino alla fine del salmo inizia la pericope che si trova identica nel Sal 108, 7-14.

vv. 8-10. L'oracolo era trasmesso da un sacerdote o profeta cultuale «nel tempio». Con stile immaginifico, conciso, pittoresco e con un forte antropomorfismo, Dio, come un gigantesco re-guerriero, dichiara la sua sovranità e potenza sulla natura e sui popoli, e perciò indirettamente risponde all'invocazione di salvezza dei vv. 3-4.7. Egli può e quindi vuole intervenire. Il contenuto dell'oracolo si rifà alle conquiste di Davide: dapprima si menzionano quelle su Giuda e Israele e poi quelle all'esterno sui popoli limitrofi, cfr. anche Nm 25,17-18. Solo Aram vi manca. Il riferimento al regno davidico riafferma indirettamente la libertà e indipendenza della nazione e il ristabilimento della monarchia. L'oracolo, aprendosi e chiudendosi con un verbo di giubilo «Esulto... canterò vittoria» (vv. 8.10), sembra un bollettino solenne di vittoria.

v. 10. «getterò i miei sandali»: il gesto indica la presa di possesso (cfr. Gn 13,17; Gs 1,3; 10,24; Rt 4,7).

vv. 11-13. In questi versi il salmista prende di nuovo la parola, per implorare l'aiuto divino in una prossima azione militare di ritirata stategica per la salvezza verso il sud, fino una «città fortificata» (Petra?) dell'Idumea. L'orante, a nome della comunità, è sicuro. Dio, che una volta li ha respinti, questa volta uscirà di nuovo a combattere alla testa del suo popolo.

v. 12. «e più non esci... con le nostre schiere?»: per l'immagine di Dio condottiero alla testa dei soldati d'Israele, cfr. Nm 10,35; Gs 6,6; Gdc 6,14.

v. 14. Il versetto manca nella versione siriaca, la Peshitta. A mo' di antifona finale esprime la fede nella vittoria strabiliante di Dio. «faremo prodigi»: è un'espressione generica che si specifica qui in senso militare, cfr. Sal 118,14-16.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INVOCAZIONE DI AIUTO 1 Al maestro del coro. Su “Non distruggere”. Di Davide. Miktam. Quando Saul mandò uomini a sorvegliare la casa e a ucciderlo.

2 Liberami dai nemici, mio Dio, difendimi dai miei aggressori.

3 Liberami da chi fa il male, salvami da chi sparge sangue.

4 Ecco, insidiano la mia vita, contro di me congiurano i potenti.

Non c'è delitto in me, non c'è peccato, Signore; 5 senza mia colpa accorrono e si schierano. Svégliati, vienimi incontro e guarda.

6 Tu, Signore, Dio degli eserciti, Dio d'Israele, àlzati a punire tutte le genti; non avere pietà dei perfidi traditori.

7 Ritornano a sera e ringhiano come cani, si aggirano per la città.

8 Eccoli, la bava alla bocca; le loro labbra sono spade. Dicono: “Chi ci ascolta?”.

9 Ma tu, Signore, ridi di loro, ti fai beffe di tutte le genti.

10 Io veglio per te, mia forza, perché Dio è la mia difesa.

11 Il mio Dio mi preceda con il suo amore; Dio mi farà guardare dall'alto i miei nemici.

12 Non ucciderli, perché il mio popolo non dimentichi; disperdili con la tua potenza e abbattili, Signore, nostro scudo.

13 Peccato della loro bocca è la parola delle loro labbra; essi cadono nel laccio del loro orgoglio, per le bestemmie e le menzogne che pronunciano.

14 Annientali con furore, annientali e più non esistano, e sappiano che Dio governa in Giacobbe, sino ai confini della terra.

15 Ritornano a sera e ringhiano come cani, si aggirano per la città;

16 ecco, vagano in cerca di cibo, ringhiano se non possono saziarsi.

17 Ma io canterò la tua forza, esalterò la tua fedeltà al mattino, perché sei stato mia difesa, mio rifugio nel giorno della mia angoscia.

18 O mia forza, a te voglio cantare, poiché tu sei, o Dio, la mia difesa, Dio della mia fedeltà.

_________________ Note

59,1 Si colgono, in questa composizione, gli elementi caratteristici delle lamentazioni individuali: richiesta di liberazione dai nemici, dichiarazione della propria innocenza e lamento per l’ingiustizia che grava sul salmista per le accuse degli avversari. Nello stesso tempo si nota nel salmo il passaggio dalla supplica individuale dell’orante alla preghiera di tutto il popolo, che si rivolge a Dio per ottenere la liberazione dai nemici che lo circondano.

59,1 Quando Saul mandò…: riferimento al tentativo di Saul di uccidere Davide (1Sam 19,11-17).

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Approfondimenti

Liberazione dai nemici insolenti e rabbiosi Supplica individuale (+ motivi nazionali)

Il salmista, persona ben qualificata e di un certo ruolo nella società, si sente ingiustamente perseguitato. I suoi nemici, calunniatori e bestemmiatori, simili a una muta di cani randagi che gironzolano per la città, gli tendono insidie. Questo salmo, come il Sal 56, mostra di aver subito dei ritocchi testuali al fine di un suo probabile utilizzo per circostanze diverse, specialmente in situazioni di assedio o di difficoltà nazionali; infatti, accanto ai motivi personali, che sono i più numerosi, presenta anche quelli di interesse generale (cfr. vv. 6b.9: «tutte le genti»; e v. 12: «mio popolo» ... «nostro scudo»). Ciò fa sì che l'ansia di giustizia esca dall'ambito personale per spaziare anche nell'ambito nazionale. La circostanza di composizione suggerita dal titolo non è verificabile nel testo. Il salmo è contestualizzato come il Sal 56 nello scenario di una città. Vi sono diverse incertezze testuali nell'originale ebraico. Il poeta usa con libertà la disposizione dei vari motivi letterari del genere della supplica. Gli accenti nel TM sono 3 + 3. Nei vv. 7.10.15.18 si hanno due diversi ritornelli che si alternano. La simbologia è quella dell'ostilità, del corpo, del tempo, del mondo degli animali, militare e salvifica.

Divisione:

  • vv. 2-3: appello introduttivo;
  • vv. 4-10: I parte;
  • vv. 11-18: II parte.

vv. 4c-5a. «Signore, non c'è colpa in me...»: è una protesta d'innocenza, cfr. Sal 7,4-6; 17,3-4; Gb 31; Ger 15,17.

vv. 5b-6. «Svegliati..: nel TM: ‘ûrāh. Più che un semplice antropomorfismo per smuovere Dio dal suo silenzio (cfr. Sal 3,8; 7,7; 35,23; 44,24), l'imperativo è il grido di battaglia del popolo d'Israele. Il contesto militare è sottolineato anche dal titolo di «Dio degli eserciti» (titolo cosmico di Dio) e «Dio d'Israele» (titolo storico-militare) (cfr. Sal 24,10; 48,9; 69,7 ecc.; Am 4,13; 5,14-15).

v. 7. «Ritornano a sera...»: i nemici sono paragonati ai cani randagi, che ringhiando gironzolano per la città. I cani, non considerati allora come animali domestici, erano disprezzati in Oriente e considerati come aggressivi. In Israele il giudizio era ancora più negativo, perché comportava l'idea di oscenità e impurità, essendo chiamati «cani» e «cagne» i prostituti e le prostitute sacre dei culti idolatrici cananei (Dt 23,19). Essere afferrati dai cani era quindi massima ignominia (cfr. Es 22,30). In questo ritornello e in quello del v. 15 perciò i nemici sono paragonati ai cani (cfr. Sal 22,17-18), segno di sommo disprezzo.

v. 8. «Ecco...»: la seconda strofa, riprendendo la prima (v. 4), inizia con «Ecco». Al simbolismo canino («vomitano») si affianca quello militare («spade»); «labbra come spada»: cfr. Sal 52,4; 55,22; 57,5; 64,4.

v. 9. «ti ridi di loro»: al riso scettico e beffardo degli empi si oppone quello efficace di Dio, che disarma e distrugge. Per l'antropomorfismo del riso di Dio, cfr. Sal 2,4; 37,13.

v. 10. Questo versetto è un atto di fede solenne in Dio chiamato «forza» (cfr. Sal 28,7; 46,2) e «difesa» (Sal 9,10; 18,3; 46,8; 62,3.11). Chiude la prima parte del salmo.

v. 12. «Non ucciderli, perché il mio popolo non dimentichi»: la traduzione BC qui segue il Targum. II TM e i LXX hanno letteralmente: «Non ucciderli perché non dimentichino il mio popolo». Nel primo caso il salmista chiede al Signore di non annientare i nemici subito, ma di disperderli e abbatterli, per far sì che la sua azione liberatrice resti impressa nella mente del popolo. Infatti il «dimenticare» i benefici di Dio è un pericolo teologico per Israele (cfr. Dt 8,1-19). Nel secondo caso si ottiene lo stesso significato considerando due elementi sintattici: la voce «popolo» (‘am) che è collettiva e che fa da soggetto a un verbo plurale, sebbene collocata alla fine della frase.

v. 13. «Peccato è la parola delle loro labbra...»: i peccati dei nemici del salmista sono soprattutto quelli di lingua, di uso e abuso della parola: bestemmie e menzogne. Sono i peccati tipici di un contesto giudiziario com'è il nostro. «cadono nel laccio del loro orgoglio» (TM «cadono nel laccio da loro teso»): l'immagine venatoria richiama anche la «nemesi immanente», cfr. Sal 9,16; 57,7.

v. 14. «Annientali... annientali e più non siano»: l'imperativo è ripetuto due volte. Dio è visto come giudice cosmico (Sal 7,9) e come Dio di Giacobbe (Sal 20,2; 22,4; 44,5; 53,7; 114,1; Gdc 8,23). Questa imprecazione parallela e che fa da inclusione con quella del v. 12 chiede la definitiva distruzione dei nemici. «e sappiano...»: la distruzione radicale dei nemici è vista come una manifestazione della potenza e giustizia di Dio, «giudice dei popoli» (Sal 7,9). Lo schema qui adoperato ricorre spesso in Ezechiele (cfr. 25,7; 26,5-6).

v. 17. «Ma io... al mattino..»: «Ma io» si oppone enfaticamente a «essi» che aveva aperto (nel TM) il v. 16. «al mattino»: è il tempo più propizio per la preghiera e l'esaudimento, cfr. Sal 57,9.

v. 18. L'orante riprende il v. 10 aggiungendovi alcune varianti. Esprime così in un acuto finale la sua fede in Dio sua «forza», sua «difesa», sua «misericordia». È il canto della fedeltà di Dio, che dà pace e sicurezza all'orante tormentato dalla persecuzione e dalla malvagità dei suoi nemici.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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CONTRO I GIUDICI INIQUI 1 Al maestro del coro. Su “Non distruggere”. Di Davide. Miktam.

2 Rendete veramente giustizia, o potenti, giudicate con equità gli uomini?

3 No! Voi commettete iniquità con il cuore, sulla terra le vostre mani soppesano violenza.

4 Sono traviati i malvagi fin dal seno materno, sono pervertiti dalla nascita i mentitori.

5 Sono velenosi come un serpente, come una vipera sorda che si tura le orecchie,

6 che non segue la voce degli incantatori, del mago abile nei sortilegi.

7 Spezzagli, o Dio, i denti nella bocca, rompi, o Signore, le zanne dei leoni.

8 Si dissolvano come acqua che scorre, come erba calpestata inaridiscano.

9 Passino come bava di lumaca che si scioglie, come aborto di donna non vedano il sole!

10 Prima che producano spine come il rovo, siano bruciati vivi, la collera li travolga.

11 Il giusto godrà nel vedere la vendetta, laverà i piedi nel sangue dei malvagi.

12 Gli uomini diranno: “C'è un guadagno per il giusto, c'è un Dio che fa giustizia sulla terra!“.

_________________ Note

58,1 Simile alle invettive dei profeti, questo “salmo imprecatorio” è un’accusa violenta contro chi abusa del potere che detiene e contro chi amministra la giustizia e la vìola. L’affermazione finale esalta la giustizia di Dio, che condanna l’empio e dà la ricompensa al giusto. Sui salmi “imprecatori” vedi nota a Sal 109.

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Approfondimenti

Supplica contro i giudici disonesti Supplica collettiva (+ invettiva profetica)

Il salmo richiama le invettive dei profeti del sec. VIII. Arcaico nel suo nucleo originale, il carme mostra di aver avuto diverse fasi (almeno tre) di attualizzazione. Nonostante il cattivo stato del testo ebraico originale, per la vivacità e la freschezza delle immagini e la veemenza dei suoi impulsi, il salmo è da considerarsi una perla letteraria. Il metro nel TM è di 4 + 4 accenti. Tra il v. 2 e il v. 12 c'è un'inclusione che compatta unitariamente il salmo. Il simbolismo è di carattere somatico e teriomorfo con particolare attenzione al serpente. La durezza delle sue imprecazioni lo ha fatto escludere dalla Liturgia.

Divisione:

  • v. 2: apostrofe contro i potenti;
  • vv. 3-6: denuncia dell'ingiustizia;
  • vv. 7-10: appello imprecatorio contro l'ingiustizia;
  • vv. 11-12: reazione rassicurante dei giusti e atto di fede della comunità nella giustizia di Dio.

v. 2. Il salmo inizia ex abrupto interrogando sarcasticamente e retoricamentre i potenti sul loro esercizio della giustizia.

v. 3. «con il cuore»; cioè con «tutta coscienza». Si sottolinea così la gravità del male e la piena responsabilità di coloro che lo commettono, perché è fatto intenzionalmente e premeditatamente.

v. 4. «fin dal seno materno... fin dal grembo»: cfr. Sal 51,7. Non si tratta di concezione deterministica. Attraverso questa figura del merismo si sottolinea un orientamento quasi congenito al male, una malizia che nel caso dell'empio fa da sostrato a tutte le sue azioni.

vv. 5-6. «Sono velenosi come il serpente..»: gli empi che resistono a ogni tentativo di conversione, sono paragonati ai serpenti velenosi che resistono a ogni incantesimo, anche del mago più abile, per neutralizzare il loro veleno.

vv. 7-10. Il salmista, dopo la descrizione dell'iniquità, con una preghiera fortemente imprecatoria, si rivolge al Signore chiedendogli, con immagini plastiche e a forti tinte, di far sparire gli empi dalla terra.

v. 9. «come lumaca»: i LXX e la Vg con Syr traducono «come cera» il vocabolo šabᵉlûl. La «lumaca che si discioglie» (almeno così sembra, dato che lascia dietro la bava), e «l'aborto di donna che non vede il sole» sono immagini e simboli originali per esprimere qualcosa di inconsistente e che sfuma come i vapore nell'aria.

v. 10. «Prima che le vostre caldaie...»: la traduzione è incerta per lo stato corrotto del testo originale. Il senso dell'immagine può essere il seguente: «Prima che le pentole avvertano il calore del fuoco accesovi sotto di esse, siano travolti i malvagi».

v. 11. «Il giusto godrà...»: l'orante esprime la gioia del giusto nel vedere già la «vendetta» di Dio, cioè l'attuazione della sua giustizia a favore dei giusti. La voce «vendetta» (nāqām) (cfr. Sal 18,48; 69,10; 149,7) esprime anche il concetto di «liberazione, vittoria, salvezza». «laverà i piedi nel sangue degli empi»: con questa immagine cruda e realistica si sottolinea la sicura e completa vittoria di Dio sugli empi. Per l'immagine cfr. anche Sal 68,24.

v. 12. «C'è un premio per il giusto...»: il salmo termina con la professione di fede nella giustizia di Dio, che premia i giusti e punisce gli empi, attuandosi già «sulla terra»!

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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PREGHIERA A DIO NEL PERICOLO 1 Al maestro del coro. Su “Non distruggere”. Di Davide. Miktam. Quando fuggì da Saul nella caverna.

2 Pietà di me, pietà di me, o Dio, in te si rifugia l'anima mia; all'ombra delle tue ali mi rifugio finché l'insidia sia passata.

3 Invocherò Dio, l'Altissimo, Dio che fa tutto per me.

4 Mandi dal cielo a salvarmi, confonda chi vuole inghiottirmi; Dio mandi il suo amore e la sua fedeltà.

5 In mezzo a leoni devo coricarmi, infiammàti di rabbia contro gli uomini! I loro denti sono lance e frecce, la loro lingua è spada affilata.

6 Innàlzati sopra il cielo, o Dio, su tutta la terra la tua gloria.

7 Hanno teso una rete ai miei piedi, hanno piegato il mio collo, hanno scavato davanti a me una fossa, ma dentro vi sono caduti.

8 Saldo è il mio cuore, o Dio, saldo è il mio cuore.

Voglio cantare, voglio inneggiare: 9 svégliati, mio cuore, svegliatevi, arpa e cetra, voglio svegliare l'aurora.

10 Ti loderò fra i popoli, Signore, a te canterò inni fra le nazioni:

11 grande fino ai cieli è il tuo amore e fino alle nubi la tua fedeltà.

12 Innàlzati sopra il cielo, o Dio, su tutta la terra la tua gloria.

_________________ Note

57,1 La prima parte di questa lamentazione individuale (vv. 2-7) presenta la situazione dolorosa dell’orante, mentre la seconda parte (vv. 8-12, che ritornano anche in Sal 108,2-6) esprime la gioiosa esultanza che nasce nel cuore dalla fiducia in Dio.

57,1 Quando fuggì da Saul: il titolo collega questo salmo con 1Sam 24.

57,2 All’immagine fisica delle ali di Dio, simbolo di protezione, corrisponde quella dell’anima, che indica la totalità dell’essere umano.

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Approfondimenti

Supplica per la liberazione dei persecutori Supplica individuale (+ ringraziamento)

Il salmo si articola in due momenti, fortemente marcati nel TM anche dagli accenti: la lamentazione (vv. 2-7) con 3 + 3 accenti, e il ringraziamento (vv. 8-12) con 3 + 2 accenti (qînâ). I vv. 8-12 sono riportati anche dal Sal 108,2-6. Ma la versione del Sal 57 è migliore e originale. Allo stato attuale il salmo è unitario e ben strutturato. Si noti un certo crescendo spaziale: dal tempio (v. 2) si arriva al cosmo (vv. 10-12). Non si ha traccia nel salmo della circostanza storica suggerita dal titolo. La struttura è segnata nel v. 6 e 12 da un identico ritornello. Ma quello del v. 6, inserendosi come un cuneo tra il v. 5 e il v. 7, ne spezza la continuità di pensiero. Il simbolismo è spaziale, temporale, teriomorfo, venatorio, bellico, musicale e psicofisiologico.

Divisione: * vv. 2-7: supplica con antifona-appello; * vv. 8-12: ringraziamento con antifona-appello.

vv. 2-4. Il salmista fa appello alla «grazia» di Dio, nel cui tempio si è rifugiato per essere liberato dai suoi persecutori. È probabile che si accenni al rito della sacra incubazione nel tempio (cfr. Sal 3,6; 4,9; 5,4; 17,3; 59,17) per ottenere, al mattino, un oracolo liberatorio da un sacerdote o da un profeta cultuale. Il rito è noto nell'Oriente antico.

v. 2. «Pietà di me, pietà di me, o Dio»: il salmista fa appello con insistenza alla «grazia» compassionevole di Dio. Così iniziano anche i Sal 51,3; 56,2, ma qui l'invocazione «pietà di me» ripetuta due volte indica una maggiore insistenza. «in te mi rifugio; mi rifugio...»: il verbo «rifugiarsi» (ḥsh) come il verbo «avere pietà si ripete due volte in questo versetto: segno dell'intensità dell'implorazione. «all'ombra delle tue ali»: il poeta, in senso reale o metaforico, cerca asilo nel tempio, cfr. Sal 17,8; 36,8. Le ali sono quelle dei Cherubini sovrastanti il kappōret, coperchio dell'arca dell'alleanza, segno della presenza di Dio in terra.

v. 3. «che mi fa il bene»: alla lett. «colui che porta a compimento» (= gōmēr). Dio è colui che non lascia le cose incomplete, il giudice vendicatore che ristabilisce l'equilibrio spezzato dal peccatore.

v. 4. «Dio mandi la sua fedeltà e la sua grazia»: il salmista invoca Dio giusto giudice e salvatore, perché intervenga con i suoi attributi personificati dell'alleanza: ḥesed, ’emet, in qualità di suoi rappresentanti, cfr. Sal 43,3.

v. 5. «in mezzo a leoni»: i nemici aggressori sono paragonati a leoni feroci, cfr. Sal 7,6.

v. 6. «Innalzati sopra il cielo...»: il salmista, che si è rifugiato di notte nel tempio, invoca Dio come la luce del mattino, come il sole che sorge e irradia la terra, e già intravvede la liberazione, come la luce che scaccia le tenebre. Il mattino è il tempo più propizio per la preghiera, è il tempo del favore divino, e la luce è vita e liberazione.

v. 7. «Hanno teso una rete...»: continua il quadro delle macchinazioni dei nemici con immagini venatorie. Ma le loro insidie si ritorcono contro di loro (nemesi immanente) secondo la legge del taglione.

v. 8. «Saldo è il mio cuore...»: «cuore» equivale qui a «coscienza». L'espressione nākôn libbî («saldo è il mio cuore»), ripetuta due volte, ribadisce la fermezza dell'orante scaturita dalla fiducia in Dio, davanti alle minacce dei nemici. «Cuore» continua la simbolica somatica del v. 5 («denti, lingua») e del v. 7 («piedi»).

v. 9. «voglio svegliare l'aurora»: l'espressione poetica indica la sollecitudine dell'orante nel ringraziare il Signore ancor prima che spunti l'alba, segno che ha ricevuto l'oracolo liberatorio anzitempo reale o psicologico.

v. 10. «Ti loderò tra i popoli..»: il salmista, entusiasta dell'esaudimento, vuole far conoscere la sua lode-ringraziamento al di là dei confini della nazione.

v. 11. «perché la tua bontà... la tua fedeltà...»: l'orante motiva il suo ringraziamento: ha sperimentato la grandezza sconfinata della «bontà e fedeltà», emissari di Dio, che egli aveva mandato su sua richiesta (v. 4).

v. 12. «Innalzati sopra il cielo...»: si riprende il ritornello del v. 6, ma con altro spirito. Nel v. 6 era invocazione, qui diventa ringraziamento e lode per l'effetto positivo conseguito: l'intervento giudiziale liberatorio di Dio.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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FIDUCIA IN DIO E NELLA SUA PAROLA 1 Al maestro del coro. Su “Colomba dei terebinti lontani”. Di Davide. Miktam. Quando i Filistei lo tenevano prigioniero a Gat.

2 Pietà di me, o Dio, perché un uomo mi perseguita, un aggressore tutto il giorno mi opprime.

3 Tutto il giorno mi perseguitano i miei nemici, numerosi sono quelli che dall'alto mi combattono.

4 Nell'ora della paura io in te confido.

5 In Dio, di cui lodo la parola, in Dio confido, non avrò timore: che cosa potrà farmi un essere di carne?

6 Travisano tutto il giorno le mie parole, ogni loro progetto su di me è per il male.

7 Congiurano, tendono insidie, spiano i miei passi, per attentare alla mia vita.

8 Ripagali per tanta cattiveria! Nella tua ira abbatti i popoli, o Dio.

9 I passi del mio vagare tu li hai contati, nel tuo otre raccogli le mie lacrime: non sono forse scritte nel tuo libro?

10 Allora si ritireranno i miei nemici, nel giorno in cui ti avrò invocato; questo io so: che Dio è per me.

11 In Dio, di cui lodo la parola, nel Signore, di cui lodo la parola,

12 in Dio confido, non avrò timore: che cosa potrà farmi un uomo?

13 Manterrò, o Dio, i voti che ti ho fatto: ti renderò azioni di grazie,

14 perché hai liberato la mia vita dalla morte, i miei piedi dalla caduta, per camminare davanti a Dio nella luce dei viventi.

_________________ Note

56,1 Pur consapevole della propria innocenza, il credente si sente preso di mira dagli avversari e ingiustamente, ma sa che la prepotenza dei suoi nemici può essere piegata da Dio che non rimane indifferente né dimentica.

56,1 Quando i Filistei...: il titolo del salmo rimanda a quanto è narrato in 1Sam 21,11-16.

56,9 Queste immagini vogliono esprimere l’onniscienza e la provvidenza divina.

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Approfondimenti

Preghiera e ringraziamento per la liberazione Supplica individuale (+ motivi di fiducia e di ringraziamento)

A parte il triangolo relazionale classico: Dio, io (= l'orante), essi (= i nemici), tra gli elementi strutturanti sono da evidenziare il ritornello (vv. 5 e 11-12) e l'avverbio «sempre» che ricorre 5 volte (vv. 2.3.4.6.10). Nel salmo c'è un gioco di contrasto tra impotenza e prepotenza dei nemici. Essi pur mostrandosi prepotenti e arroganti sono esseri impotenti e deboli costituzionalmente. La simbologia è temporale, antropologica, teologica, militare e venatoria. Il salmo è molto vivace e personale nonostante le sue difficoltà testuali.

Divisione:

  • vv. 2-3: introduzione;
  • v. 4-5: fiducia in Dio;
  • vv. 6-10: corpo;
  • vv. 11-12: ritornello di fiducia;
  • vv. 13-14: conclusione-ringraziamento.

v. 2. «perché l'uomo mi calpesta»: l'uomo è chiamato qui ’enôš (= essere mortale), nel v. 5 bāśār (= essere di carne) e nel v. 12 ’ādām (= essere di terra). Sono tre appellativi che sottolineano la debolezza umana. Nel salmo perciò si vuole evidenziare che l'uomo proprio in quanto essere debole e fragile si mostra prepotente con il suo simile. «sempre»: alla lett. «tutto il giorno». L'espressione si ripete anche nel v. 3. Indica un'aggressione continua senza tregua.

v. 3. «molti sono quelli che mi combattono»: attraverso la ripetizione degli attacchi e la menzione della quantità dei nemici (= molti), l'autore vuole dare maggiore intensità alla descrizione di pericolo del salmista.

v. 5. «In Dio... in Dio confido...»: il ritornello, che ricorre leggermente diverso anche nei vv. 11-12, è raro nella poesia biblica. Esso sintetizza i concetti più importanti della composizione: qui si evidenziano tre elementi: la lode della parola di Dio, la fiducia incondizionata in lui, e il non timore dell'uomo. «di cui lodo la parola»: la «parola» è quella della promessa di salvezza del patto (cfr. Sal 50, 15).

vv. 6-7. La voce «parola» (dābār) fa da gancio tra il v. 5 e il 6. Lì si tratta della parola di Dio, qui della parola del salmista. In questi versetti si accenna alle malefatte dei nemici, dovute soprattutto al cattivo uso della «parola».

v. 6. I nemici «travisano» le parole dell'orante per agire contro di lui, causano con il loro parlare calunnioso e menzognero contese per attentare alla sua vita.

v. 7. «osservano i miei passi»: c'è l'immagine di un cacciatore in agguato per spiare e catturare di sorpresa la preda. È comune nelle lamentazioni, cfr. 89,52; Lam 4, 18.

v. 9. «I passi del mio vagare...»: dall'imprecazione violenta del v. 8 si passa al commovente lirismo di questo versetto, che anche stilisticamente è molto bello. Nel TM c'è infatti assonanza tra la voce nōdi (il mio vagare) e bᵉno’dekā (nel tuo otre). L'orante esprime la sicurezza e fiducia che le sue pene e le sue sofferenze non vengano dimenticate da Dio. Ricorrono tre immagini antropomorfiche: di Dio che conta i passi, di Dio che raccoglie in un vaso le lacrime e di Dio che registra tutto nel libro della vita.

v. 10. «Allora ripiegheranno...»: i nemici sono visti già in rotta; indietreggiano davanti all'intervento di Dio, cfr. Sal 6,11; 9,4; 35,4; Lam 1,13. «so che Dio è in mio favore»: l'espressione è una bella professione di fede. È più incisiva l'espressione tradotta alla lettera: «Questo so: che Dio è per me», cfr. Sal 16,2; 54,6; 118,6; 124,1.

v. 13. «Su di me... i voti»: il salmista riconosce che su di lui incombe la responsabilità di adempiere i voti fatti al Signore nel tempo della prova. Egli intende perciò osservarli. Il costrutto è inatteso e originale. «ti renderò azioni di grazie»: l'orante promette al Signore un sacrificio di ringraziamento, cfr. Sal 22,26; 50,14; 66,13; Lv 7,12; Prv 7,14.

v. 14. «perché mi hai liberato dalla morte...»: con un perfetto di “confidenza” l'orante esprime la motivazione del sacrificio di ringraziamento: la liberazione dalla morte per farlo camminare nella luce della vita. C'è il contrasto tra la morte che richiama il regno dello šᵉ’ôl, luogo di tenebra e di silenzio (Gb 33,28.30; Sal 6,6; 28,1), e la luce del volto di Dio, regno della vita (Sal 36,10). Nota anche il contrasto tra il vagabondare triste per sfuggire al nemico (v. 9) e il camminare sicuro alla luce del Dio della vita, cfr. Sal 16,10-11; 27,13. Il «camminare alla presenza di Dio» è simbolo anche di una vita onesta e conforme ai comandamenti di Dio (cfr. Gn 5,22; 6,9; 17,1; 24,40; Sal 116,8-9).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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PREGHIERA DI UN UOMO TRADITO E UMILIATO 1 Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Maskil. Di Davide.

2 Porgi l'orecchio, Dio, alla mia preghiera, non nasconderti di fronte alla mia supplica.

3 Dammi ascolto e rispondimi; mi agito ansioso e sono sconvolto 4 dalle grida del nemico, dall'oppressione del malvagio.

Mi rovesciano addosso cattiveria e con ira mi aggrediscono.

5 Dentro di me si stringe il mio cuore, piombano su di me terrori di morte.

6 Mi invadono timore e tremore e mi ricopre lo sgomento.

7 Dico: “Chi mi darà ali come di colomba per volare e trovare riposo?

8 Ecco, errando, fuggirei lontano, abiterei nel deserto.

9 In fretta raggiungerei un riparo dalla furia del vento, dalla bufera”.

10 Disperdili, Signore, confondi le loro lingue. Ho visto nella città violenza e discordia:

11 giorno e notte fanno la ronda sulle sue mura; in mezzo ad essa cattiveria e dolore, 12 in mezzo ad essa insidia, e non cessano nelle sue piazze sopruso e inganno.

13 Se mi avesse insultato un nemico, l'avrei sopportato; se fosse insorto contro di me un avversario, da lui mi sarei nascosto.

14 Ma tu, mio compagno, mio intimo amico,

15 legato a me da dolce confidenza! Camminavamo concordi verso la casa di Dio.

16 Li sorprenda improvvisa la morte, scendano vivi negli inferi, perché il male è nelle loro case e nel loro cuore.

17 Io invoco Dio e il Signore mi salva.

18 Di sera, al mattino, a mezzogiorno vivo nell'ansia e sospiro, ma egli ascolta la mia voce;

19 in pace riscatta la mia vita da quelli che mi combattono: sono tanti i miei avversari.

20 Dio ascolterà e li umilierà, egli che domina da sempre; essi non cambiano e non temono Dio.

21 Ognuno ha steso la mano contro i suoi amici, violando i suoi patti.

22 Più untuosa del burro è la sua bocca, ma nel cuore ha la guerra; più fluide dell'olio le sue parole, ma sono pugnali sguainati.

23 Affida al Signore il tuo peso ed egli ti sosterrà, mai permetterà che il giusto vacilli.

24 Tu, o Dio, li sprofonderai nella fossa profonda, questi uomini sanguinari e fraudolenti: essi non giungeranno alla metà dei loro giorni. Ma io, Signore, in te confido.

_________________ Note

55,1 Un uomo, prostrato da profonda sofferenza interiore e circondato da pericoli mortali a causa dei molti nemici, rivolge a Dio questa accorata invocazione, ma comprende che solo l’abbandono fiducioso in Dio e la preghiera incessante possono assicurargli salvezza e pace.

55,18 Presso gli Ebrei il giorno inizia con il tramonto del sole (la sera). Il mattino è generalmente inteso come il momento della salvezza e dell’intervento di Dio; il mezzogiorno segna il culmine della giornata e dello splendore del sole.

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Approfondimenti

Calunnia e amicizia tradita Supplica individuale

Il salmo presenta un certo disordine nell'esposizione dei pensieri; l'atmosfera è tesa e agitata. Il tutto sembra rispecchiare il reale stato d'animo del poeta. La lirica, potente e suggestiva per la sua individualità, mostra dei punti di contatto con Geremia (4,19; 9,1-2; 18,19; 23,9) ed esprime un vivo senso dell'amicizia (vv. 14-15). Per lo stile un po' barocco e il lessico aramaizzante il salmo rispecchia l'epoca dell'immediato post-esilio con i problemi e i contrasti interni alla comunità per la ricostruzione della nazione (cfr. Esd e Ne). Domina nel TM per lo più il metro della qînâ (3 + 2 accenti). La simbologia è cosmica, spaziale (urbana), temporale e psicologica. La struttura segue con una certa libertà i classici elementi del genere delle “Suppliche” con la presenza anche della relazione triangolare: “Dio, io (= l'orante), essi (= i nemici)”.

Divisione:

  • vv. 2-4a: appello iniziale;
  • vv. 4b-16: lamentazione;
  • vv. 17-23: motivi di fiducia;
  • v. 24: conclusione.

Il tema del salmo riguarda lo sconvolgimento dell'orante a causa del nemico e dell'empio, che nel v. 14 si dice essere un «amico e confidente».

v. 4a. «al grido... al clamore...»: l'orante si sente sconvolto e assordato dalle grida e urla dei nemici, che ricordano quelli lanciati da popoli invasori.

v. 4b. «Contro di me riversano sventura»: è sottintesa l'immagine di un'inondazione, quasi di un maremoto.

v. 5. «freme...»: alla lett. «si contorce», cfr. Sal 48,7; Prv 17,25; Is 13,8; 21,3; 26,18; Ger 6,24. Si allude alle doglie del parto; «piombano su di me...»: come un peso opprimente che si abbatte irresistibilmente.

v. 7. «Dico: chi mi darà ali...»: inizia il soliloquio evasivo del poeta. Costretto all'inazione, fugge con l'immaginazione. Il desiderio di fuga davanti ai pericoli incombenti è naturale. L'immagine del volo è suggestiva e indica una fuga salvatrice efficace, cfr. Sal 11,1; 84,4.

v. 9. «Riposerei in un luogo di riparo»: il deserto con la sua solitudine è tradizionalmente un luogo di pace.

v. 10a. «Disperdili... confondi le loro lingue»: questa prima maledizione richiama la torre di Babele e la conseguente confusione delle lingue (Gn 11,7-11). Il salmista, seguendo la legge del contrappasso, chiede al Signore di servirsi della confusione delle lingue come a Babele, per distruggere i suoi nemici, essi che si sono serviti del linguaggio in modo distorto, e delle parole come spada sguainata (vv. 13.21-22) per ingannarlo e calunniarlo.

vv. 10b-12. L'orante testimonia i misfatti dei suoi nemici perpetrati in città, dovunque («sulle sue mura,... nelle sue piazze») e di continuo («giorno e notte»). I misfatti elencati sono sette (numero della totalità) e personificati: violenza, contese, iniquità, travaglio, insidie, sopruso e inganno. È difficile accertare nell'originale, il significato esatto dei termini, tuttavia è indubbio che si voglia accennare alla totalità di ogni immoralità, empietà e ingiustizia.

v. 10b. «città»: è molto probabilmente Gerusalemme, dato anche il riferimento al tempio nel v. 15.

v. 14. «Ma sei tu, mio compagno..»: nel soliloquio l'orante profondamente scoraggiato, interpella direttamente l'ex-amico, ora suo nemico, apostrofandolo: «Ma tu, uomo della mia stessa condizione». «mio amico e confidente»: sull'amicizia tradita, cfr. Sal 31,12; 41,10; Ger 12,6; 20,10; Sir 6,6-12; Gb 19,13-19.

v. 15. «ci legava una dolce amicizia... verso la casa di Dio»: il salmista ricorda nostalgicamente i tempi felici dell'amiciza sincera, che comprendeva anche la partecipazione comune ai doveri religiosi, come i probabili pellegrinaggi al tempio.

v. 16. La maledizione del v. 10a si esplicita, diventando più violenta e acquistando i toni funerei. La morte (personalizzata) deve piombare addosso ai nemici improvvisamente, come uno stratagemma, e gli inferi (personalizzati) devono ingoiarli vivi. La morte è immaginata piombare dall'alto come un rapace, e lo šᵉ’ôl dal basso è visto come un drago pronto a inghiottirli. L'imprecazione richiama la maledizione di Mosè sui ribelli Core, Datan e Abiram (Nm 16,30-33).

v. 18. «Di sera, al mattino, a mezzogiorno...»: l'espressione sottolinea la continuità della supplica che avviene tutto il giorno. La scansione temporale: sera, mattino e mezzogiorno è tipicamente ebraica.

v. 20a. «egli che domina da sempre»: lett. «il sedente da sempre». E un titolo di Dio, espresso in forma participiale nel TM, cfr. Sal 74,12. Dio è re e giudice insieme, da sempre e per sempre.

vv. 20b-23. L'orante ricorda ancora le malefatte dei nemici ed esorta se stesso o è esortato ad aver fiducia in Dio (v. 23). I nemici sono descritti fondamentalmente e in generale come ostinati nel male («per essi non c'è conversione») e come empi («non temono Dio») (v. 20b).

v. 22. «Più untuosa del burro... più fluide dell'olio...»: con la duplice immagine del burro e dell'olio il salmista descrive la falsità e l'ipocrisia dei suoi nemici, cfr. Prv 26,23-26.

v. 23. «Getta sul Signore il tuo affanno..»: il versetto è in stile oracolare e allitterato in ebraico; sono possibili due principali interpretazioni: quella psicologica e quella liturgica. Nel primo caso c'è un'autoesortazione. Si ha lo sdoppiamento della personalità del salmista, che in un soliloquio parla al suo “io” esortandolo ad aver fiducia nel Signore. Oppure è possibile che l'orante percepisca una voce interiore con cui Dio si fa sentire nel suo intimo. L'interpretazione liturgica suppone che si tratti di una citazione oracolare. In questo caso un sacerdote o un profeta cultuale esorta con un oracolo il salmista ad aver fiducia in Dio.

v. 24. Questo versetto può considerarsi come risposta all'esortazione del v. 23. E allitterato in alef (cfr. TM). Sono presenti tutti e tre i personaggi del dramma: Dio, i nemici e l'orante. E un versetto ricapitolativo: come imprecazione (v. 24ab), conferma i vv. 10 e 16; come professione di fede del salmista, richiama i vv. 17-19; l'espressione «uomini sanguinari e fraudolenti» rissume le varie caratteristiche dei nemici espresse nel salmo. «li sprofonderai nella tomba»: alla lett. «nel pozzo della fossa». L'espressione equivale a šᵉ’ôl, cfr. v. 16. «alla metà dei loro giorni»: la morte prematura è segno di maledizione e di rigetto da parte di Dio (cfr. Sal 102,25), mentre il morire «sazio di giorni» come i patriarchi e come Giobbe significa benedizione e benevolenza divina (cfr. Lv 18,5; Dt 4,40; 1Re 3,14; Am 5,14; Ez 14,12-21; 18; 33; Gb 42,16-17).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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INVOCAZIONE AL NOME DI DIO 1 Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Maskil. Di Davide. 2 Dopo che gli abitanti di Zif andarono da Saul a dirgli: “Ecco, Davide se ne sta nascosto presso di noi”.

3 Dio, per il tuo nome salvami, per la tua potenza rendimi giustizia.

4 Dio, ascolta la mia preghiera, porgi l'orecchio alle parole della mia bocca,

5 poiché stranieri contro di me sono insorti e prepotenti insidiano la mia vita; non pongono Dio davanti ai loro occhi.

6 Ecco, Dio è il mio aiuto, il Signore sostiene la mia vita.

7 Ricada il male sui miei nemici, nella tua fedeltà annientali.

8 Ti offrirò un sacrificio spontaneo, loderò il tuo nome, Signore, perché è buono;

9 da ogni angoscia egli mi ha liberato e il mio occhio ha guardato dall'alto i miei nemici. _________________ Note

54,1 Considerata come il modello delle lamentazioni, questa supplica procede secondo lo stile che caratterizza tali composizioni nel Salterio: la fiducia in Dio, unica salvezza, non è affievolita dalla malvagità dei potenti, su cui ricade il male compiuto, mentre l’orante riconferma la propria adesione a Dio liberatore.

54,2 Il titolo colloca questo salmo nel contesto dell’episodio narrato in 1Sam 23,14-28.

54,3 Il nome indica Dio stesso (vedi anche v. 8).

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Approfondimenti

Il perfetto modello di supplica Supplica individuale

Il breve salmo contiene in sé tutti gli elementi caratteristici del genere letterario delle “Suppliche individuali”: appello tematico, persecuzione dei nemici, fiducia nell'aiuto di Dio, imprecazione contro i nemici, promessa finale di lode, sicurezza di essere esaudito. Si può perciò considerare un perfetto modello. C'è la presenza del triangolo classico: “Dio, io (= l'orante), essi (= i nemici)”. La simbologia prevalente riguarda il tempo, il corpo, la guerra, e il nome divino. Le circostanze ambientali suggerite dal titolo (v. 2) non sono verificabili nel testo del carme. A livello strutturale c'è un'inclusione con la voce «nome» nei vv. 3 e 8.

Divisione:

  • vv. 3-4: invocazione;
  • vv. 5-9: corpo della supplica.

v. 3. «per il tuo nome»: il salmista ricorre alla potenza del nome divino, cioè a Dio stesso, per essere salvato (cfr. Ger 15,20-21). «rendimi giustizia»: alla lett. «giudicami». È usato il verbo dyn (giudicare), che ha valore giuridico. Da Dio, giudice, l'orante chiede di avere una sentenza favorevole contro i suoi avversari.

v. 5. «gli arroganti... i prepotenti...»: il salmista, che si ritiene giusto, si vede assalito e circondato dai nemici. Questi sono identificati come «arroganti» (zedîm) secondo molti manoscritti, il Targum e il Sal 86,14 quasi identico al nostro versetto. Tuttavia il TM porta zārîm (= estranei, stranieri). «davanti a sé non pongono Dio»: arroganti o estranei che siano, i nemici sono prepotenti, e rifiutano Dio, sfidandolo, cfr. Sal 36,2; 52,8; Is 5,19; Sap 2,1-20.

v. 6. «Ecco, Dio è il mio aiuto»: la frase è nominale. Alla lett. «Ecco, Dio mio aiutante». Il salmista esprime la sua fiducia in Dio. L'«ecco» (hinnēh) indica sorpresa e anche contrapposizione a quanto detto nel v. 5b. Mentre i nemici non pongono Dio davanti a sé, il salmista invece lo ha e confida in lui come suo «aiutante» (‘ōzēr). Stiamo davanti a un altro attributo divino.

v. 7. «Fa' ricadere il male...»: è l'appello imprecatorio secondo la legge del taglione (Dt 19,16-19), con il quale l'orante, qui e altrove, manifesta la sua ansia di giustizia, immedesimandosi nella stessa ottica della giustizia divina, cfr. Abd 15; Sal 7,16-17; 9,16; 35,8; Pr 26,27. «nella tua fedeltà disperdili»: la dispersione invocata consiste nell'annientamento dei nemici.

v. 8. «Di tutto cuore ti offrirò un sacrificio..»: il salmista, sicuro dell'esaudimento, promette di ringraziare il Signore con un sacrificio «di tutto cuore» (alla lett. «spontaneo» nᵉdābâ), cioè fatto con piena libertà e gioia (cfr. Lv 7,16-17; 22,18-21). Questo sacrificio, non prescritto dalla legge, esprime meglio la sua gratitudine (cfr. Sal 51,14).

v. 9. «da ogni angoscia mi hai liberato...»: l'orante vive già nella fede e nella sicura speranza la liberazione ottenuta dal Signore. «e il mio occhio ha sfidato...»: alla lett. «e sui nemici ha guardato il mio occhio»»: cfr. Sal 37,34; 52,8; 59,11; 92,12; 112,8; 118,7). Con questa espressione stereotipata il salmista gusta già il trionfo ottenuto per intervento di Dio sui nemici, che egli vede ora come prostrati ai suoi piedi.

Nel NT il v. 8 è riferito al sacrificio “spontaneo” di Cristo e trova risonanza in Eb 10,9; Gv 10,18

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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LA CONDOTTA DEI MALVAGI 1 Al maestro del coro. Su “Macalàt”. Maskil. Di Davide.

2 Lo stolto pensa: “Dio non c'è”. Sono corrotti, fanno cose abominevoli: non c'è chi agisca bene.

3 Dio dal cielo si china sui figli dell'uomo per vedere se c'è un uomo saggio, uno che cerchi Dio.

4 Sono tutti traviati, tutti corrotti; non c'è chi agisca bene, neppure uno.

5 Non impareranno dunque tutti i malfattori che divorano il mio popolo come il pane e non invocano Dio?

6 Ecco, hanno tremato di spavento là dove non c'era da tremare. Sì, Dio ha disperso le ossa degli aggressori, sono confusi perché Dio li ha respinti.

7 Chi manderà da Sion la salvezza d'Israele? Quando Dio ristabilirà la sorte del suo popolo, esulterà Giacobbe e gioirà Israele.

_________________ Note

53,1 Simile al Sal 14, dal quale differisce per qualche variante (vedi il v. 6 e 14,5-6 ), questa composizione di stile sapienziale ripropone la condanna che Dio riserva a chi pensa di sottrarsi alla sua presenza per compiere il male e agire con perfidia.

53,1 Macalàt: termine che ricorre anche in Sal 88,1; potrebbe indicare la tonalità di una melodia particolare (in Gen 28,9 compare come nome di persona).

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Approfondimenti

Dio c'è: difende i giusti e condanna i corrotti Salmo di requisitoria

Questo salmo è quasi sostanzialmente identico al Sal 14, che oggi si ritiene essere più antico. Si dice generalmente che il Salmo 53 sia la versione “Elohista” del Sal 14 “Jahvista”. Ma si tratta probabilmente secondo molti studiosi di due recensioni dello stesso salmo, di cui non si conosce il testo originario. Per qualcuno, il Sal 53 sarebbe l'edizione “settentrionale” (regno del Nord), mentre il Sal 14 quella “meridionale” (regno del Sud).

La differenza maggiore, oltre quella del titolo tra i due salmi, sta nell'oracolo centrale che essi contengono. Nell'oracolo di Sal 14, 5-6 sembra che Dio si preoccupi più del povero. Egli infatti provvede a proteggerlo, dimostrando così che veramente esiste, in risposta allo stolto del v. 1. Nel Sal 53, 6 invece Dio dimostra il suo “esserci per..” con la certezza del suo inappellabile giudizio contro gli empi.

Un'altra piccola differenza sta nei versetti finali dei due rispettivi salmi. Nel Sal 14,7 si parla di «salvezza» (yᵉšû‘āh) al singolare, mentre nel Sal 53,7 c'è «salvezze» (yᵉšû‘ôt) al plurale, significandovi vari “gesti di salvezza” così come in Gdc 5, 11 si trova «giustizie» (ṣidqôt) che indica gli atti concreti di giustizia. Per il commento vedi Sal 14.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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LA SORTE DEL PREPOTENTE 1 Al maestro del coro. Maskil. Di Davide. 2 Quando l'idumeo Doeg andò da Saul per informarlo e dirgli: “Davide è entrato in casa di Achimèlec”.

3 Perché ti vanti del male, o prepotente? Dio è fedele ogni giorno.

4 Tu escogiti insidie; la tua lingua è come lama affilata, o artefice d'inganni!

5 Tu ami il male invece del bene, la menzogna invece della giustizia.

6 Tu ami ogni parola che distrugge, o lingua d'inganno.

7 Perciò Dio ti demolirà per sempre, ti spezzerà e ti strapperà dalla tenda e ti sradicherà dalla terra dei viventi.

8 I giusti vedranno e avranno timore e di lui rideranno:

9 “Ecco l'uomo che non ha posto Dio come sua fortezza, ma ha confidato nella sua grande ricchezza e si è fatto forte delle sue insidie”.

10 Ma io, come olivo verdeggiante nella casa di Dio, confido nella fedeltà di Dio in eterno e per sempre.

11 Voglio renderti grazie in eterno per quanto hai operato; spero nel tuo nome, perché è buono, davanti ai tuoi fedeli.

_________________ Note

52,1 Lo sfondo di questa requisitoria, caratteristico della letteratura sapienziale, è l’opposizione tra l’agire del malvagio, che porta alla condanna e alla morte, e l’agire del giusto, che conduce alla pace, alla serenità e alla gioia.

52,2 L’episodio è narrato in 1Sam 21,8; 22,6-23.

52,7 La tenda può essere intesa come il recinto del tempio o come la dimora terrena dell’uomo.

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Approfondimenti

Rimprovero all'uomo menzognero Salmo di requisitoria (+ motivi di lamentazione, sapienziali e liturgici)

Riecheggia il Sal 1 per la contrapposizione tra il malvagio e il giusto. Il malvagio è rimproverato per il suo cattivo uso della lingua che ordisce inganni e iniquità ai danni del giusto. Alla base del salmo è supposta la dottrina della retribuzione terrena. Lo stile è vivace, e sarcastico, simile a quello dei profeti dell'immediato pre-esilio. L'autore adopera il parallelismo sintetico e climatico (progressivo). Il metro nel TM è quello della qînâ (3 + 2 accenti). La simbologia è spazio-temporale, giudiziale, militare, agricola e liturgica.

Divisione:

  • vv. 3-6: requisitoria contro l'empio;
  • vv. 7-9: Dio e i giusti contro l'empio;
  • vv. 10-11: descrizione dell'orante fedele (= il giusto).

v. 4. «come lama affilata...»: la simbologia è militare. Per l'immagine della lingua, come lama di una spada o di un rasoio, vista come strumento di male cfr. Is 7,20; Ger 9,2.7; 36,23; Ez 5,1; Sal 7,13; 9-10,28; 35,20; 55,22; 57,5; 64,4.

v. 7. «ti demolirà... ti spezzerà e ti strapperà... ti sradicherà..»: la sequenza di quattro verbi che indicano distruzione dà vigore alla punizione divina, davvero radicale.

v. 8. «di lui rideranno»: per una simile reazione davanti alla giusta punizione di Dio dell'empio insolente, cfr. Sal 2,4-5; 37,13.

v. 10. «come olivo verdeggiante nella casa di Dio.». l'olivo, con l'olio che ne deriva, è segno di vita e di abbondanza. Il salmista stando nel tempio attingerà dal Signore la sua vita in pienezza e crescerà lussureggiante come un olivo, cfr. Ger 11,16; Os 14,7; Sal 128,3; Gb 15,33. Nel Sal 92, 13 il giusto è paragonato a una palma e a un cedro del Libano...

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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SALMO DI PENTIMENTO 1 Al maestro del coro. Salmo. Di Davide. 2 Quando il profeta Natan andò da lui, che era andato con Betsabea.

3 Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità.

4 Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro.

5 Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi.

6 Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto: così sei giusto nella tua sentenza, sei retto nel tuo giudizio.

7 Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre.

8 Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza.

9 Aspergimi con rami d'issòpo e sarò puro; lavami e sarò più bianco della neve.

10 Fammi sentire gioia e letizia: esulteranno le ossa che hai spezzato.

11 Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe.

12 Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo.

13 Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito.

14 Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso.

15 Insegnerò ai ribelli le tue vie e i peccatori a te ritorneranno.

16 Liberami dal sangue, o Dio, Dio mia salvezza: la mia lingua esalterà la tua giustizia.

17 Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode.

18 Tu non gradisci il sacrificio; se offro olocausti, tu non li accetti.

19 Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi.

20 Nella tua bontà fa' grazia a Sion, ricostruisci le mura di Gerusalemme.

21 Allora gradirai i sacrifici legittimi, l'olocausto e l'intera oblazione; allora immoleranno vittime sopra il tuo altare.

_________________ Note

51,1 Grande supplica a Dio per il perdono, che la tradizione cristiana colloca tra i sette “salmi penitenziali” (vedi Sal 6). Ha il suo contesto nella liturgia penitenziale, celebrata nel tempio, che consisteva in accusa dei peccati, richiesta di perdono e offerta di un sacrificio di ringraziamento. Il titolo posto all’inizio (v. 1) attribuisce questo salmo al re Davide, pentito per aver peccato con Betsabea (2Sam 11-12), ma la sua composizione è forse da collocare in epoca più tardiva (forse nel VI sec.). I vv. 20-21 costituiscono probabilmente un’aggiunta posteriore, ambientata nel contesto della ricostruzione di Gerusalemme e del suo tempio, dopo l’esilio babilonese.

51,7 nella colpa io sono nato: allusione alla generale corruzione dell’uomo (vedi anche Gb 14,4).

51,9 issòpo: pianta aromatica, veniva usata per le aspersioni nei riti di purificazione.

51,16 sangue: designa qui ogni genere di violenza, ma anche delitto e morte.

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Approfondimenti

Dio perdona e ricrea l’uomo pentito Supplica individuale

Il Sal 51 è il più conosciuto e più vibrante dei sette salmi penitenziali. Tocca le corde più intime dell'uomo scoprendolo nella sua fragilità, e sulla scia della religione interiore dei profeti (cfr. Geremia, Ezechiele) raggiunge le sfere più alte della rivelazione dell'AT. Per alcuni, al posto che occupa attualmente nel Salterio, costituisce il secondo atto di una liturgia penitenziale (confessione della colpa e richiesta di perdono), mentre il Sal 50, che lo precede, fa da primo momento (l'accusa). L'intera liturgia penitenziale, inoltre, potrebbe essere completata da un oracolo di assoluzione come quello di Ez 36,25-28.

Una lettura postuma attualizzante ha attribuito questo salmo al peccato di Davide e alla sua confessione (v. 2). La simbologia ricorrente nel carme è quella del peccato, catartica, spaziale, somatica e liturgica. Il carme mostra nella stesura ultima di aver subito l'influsso determinante del profetismo, specialmente di Geremia e di Ezechiele. A livello di struttura originaria il salmo termina con il v. 19, che è chiaramente un versetto di sintesi, tipico di una finale, e avente in sé cinque delle sette parole, di cui è composto, ricorrenti nel corpo. Perciò i vv. 20-21 risultano, anche per questo, chiaramente un'aggiunta, oltre che per il contenuto che rispecchia la situazione del postesilio.

Il carme, in cui si contano ben 17 imperativi rivolti a Dio, mostra alcune somiglianze con i Sal 6; 32; 38; 40; 130, ma anche delle caratteristiche proprie che lo distinguono. Se, per esempio, il Sal 32 riguarda la teologia del peccato, il Sal 51 riguarda la teologia del peccatore, perché mira di più al cuore, all'intimo, alla sua angoscia mortale, insieme alla sua volontà di rinnovarsi nella grazia.

Le qualità letterarie e poetiche del carme sono generalmente discrete, dato che il contenuto ha preso il sopravvento sul vigore delle espressioni.

Il salmo si divide tematicamente in due grandi parti: vv. 3-11 (regno del peccato) e vv. 12-19 (regno della grazia).

I vv. 3-11, racchiusi da un'inclusione, sono a struttura concentrica avente per centro il v. 6b (Dio «giusto» e giudice). Vi si incontra per sei volte la radice verbale ḥṭh (peccare) nei vv. 4.5.6.7.9.11, e altre sei volte vocaboli sinonimi di «peccato», come peša‘, ra‘, ‘āwôn nei vv. 3.45.6.7.11. Così il simbolismo numerico del numero «6» (= imperfezione) e del numero «12» (6 + 6) (= pienezza) indica una totalità, una pienezza di imperfezione. Il peccato quindi è visto come presenza ossessiva che travolge l'uomo nel profondo del suo essere.

La seconda parte è introdotta dal v. 12 che segna una forte cesura con la precedente, introducendo il verbo «creare» (br‘). I vv. 12-19 sono costituiti da due microunità, di cui l'una è data dai vv. 12-14 e l'altra dai vv. 15-19. A queste due parti si aggiunge l'attualizzazione finale liturgica post-esilica dei vv. 20-21.

Divisione:

  • vv. 3-11 (I parte): regno del peccato;
  • vv. 12-12 (Il parte): regno della grazia;
  • vv. 20-21: aggiunta liturgica nazionale.

vv. 3-11. Questa parte si può suddividere in:

  • vv. 3-4: appello di purificazione;
  • vv. 5-8: motivazione dell'appello: riconoscimento dei peccati;
  • vv. 9-11: supplica di purificazione.

v. 3. «Pietà di me...»: è il primo grido di aiuto, espressione dell'angoscia del cuore umano. Così iniziano anche i Sal 56; 57. «secondo la tua misericordia»: la richiesta del perdono si basa sull'immagine di Dio misericordioso, cfr. Es 34,6-7. «Misericordia» (ḥesed) è uno dei vocaboli fondamentali dell'alleanza. «nella tua grande bontà»: la voce «bontà» (raḥamîm) richiama le «viscere» materne, simbolo di amore istintivo e totale. Il vocabolo in Es 34,6 e in molti salmi sta accanto a ḥesed. È un antropomorfismo molto ardito che unito a quello paterno di Os 11,1.4 getta luce sull'amore tenero, ma anche forte e appassionato, di Dio. «cancella»: il verbo ebraico mḥh (cancellare), qui adoperato, indica sia «cancellazione» materiale di uno scritto giudiziario o commerciale (Es 32,32-33; Nm 5,23), sia cancellazione ideale di un nome (Es 17,14; Dt 9,14); cfr. Is 43,25; 44,22. «il mio peccato»: il vocabolo ebraico peša‘ sottintende l'immagine di ribellione di un vassallo nei riguardi del suo sovrano (cfr. 2Re 3,4-5), perciò indica rivolta dell'uomo contro Dio (Ger 3,20; Is 1,20; 50,5).

v. 4. «colpe»: «colpa» (‘āwôn) dal verbo ‘wh (=torcere) indica una deviazione tortuosa, anzi in senso opposto alla meta, un'inversione da ciò che è bene. Perciò la conversione è descritta come un «ritornare indietro» (šwb). «mondami»: il verbo ṭhr (= mondare) sottintende l'immagine di splendore ecclissato dallo sporco e reso di nuovo tale con una pulizia fisica (Ml 3,3a). «dal mio peccato»: la voce «peccato» (ḥaṭṭā’t) dal verbo ḥt’ (= sbagliarsi) significa «mancare il bersaglio» (cfr. Gdc 20,16) e in senso traslato «trasgredire, andare fuori strada» (cfr. Prv 19,2), un «errare» dell’uomo lontano da Dio.

v. 5. «Riconosco la mia colpa»: lett. «Perché le mie trasgressioni io riconosco». È la motivazione della richiesta di perdono dei vv. 3-4. Il riconoscimento leale e sincero dei propri peccati e la condizione previa per ottenere il perdono. «il mio peccato mi sta sempre dinanzi»: cfr. Sal 38,18. Il peccato è personalizzato. Esso è il vero nemico del salmista. Lo tiene in assedio (ctr. Sal 17,11-12; 22,13-14). A differenza delle altre “Suppliche individuali”, ove i nemici sono personaggi esterni o le stesse malattie, qui il peccato è un nemico interno all'uomo.

v. 6. «Contro di te, contro te solo...»: si ribadisce con insistenza che il peccato è in fondo sempre contro Dio, anche quando immediatamente ha per oggetto il prossimo. «perciò sei giusto quando parli...»: il salmista riconosce onestamente la giustizia di Dio quando emette la sua sentenza e quindi castiga (cfr. Ez 28,22; Sir 36,4). Riconosce che se Dio lo punisce per i suoi peccati agisce secondo giustizia, ma spera di essere perdonato per la sua misericordia.

v. 7. «Ecco, nella colpa..»: attraverso il merismo della concezione e della nascita si esprime l'intera esistenza che da esse scaturisce come da una sorgente. Il salmista così vuole esprimere la radicalità della condizione di peccato nell'uomo. Esso è come un suo fedele compagno di viaggio. Lo segue dalla concezione fino all'ultimo respiro. Più che come attenuante il versetto è da vedersi come presa d'atto della propria fragilità, che fa aumentare la fiducia nel perdono, cfr. Sal 22. È da escludersi nettamente, perché estranea alla Bibbia, la concezione della peccaminosità legata al processo della generazione.

v. 8. «Ma tu vuoi la sincerità del cuore..»: alla lett. «Ecco sincerità vuoi nell'intimo». Il versetto, di afflato sapienziale, inizia come il precedente con «Ecco» (hēn) e ribadisce e ne sviluppa il pensiero. Si sottolinea che la «verità» profonda, totale, sulla propria colpevolezza e peccaminosità, come l'ha espressa il salmista, è gradita al Signore ed è dono della sapienza di Dio.

v. 9. «issopo»: pianta aromatica usata dagli Ebrei per i riti di purificazione (Lv 14,4.6: caso di lebbra) e generalmente nei sacrifici espiatori (Nm 19,6.18). Esso è connesso in particolare con il rito dell'agnello pasquale (Es 12,22) e con l'alleanza del Sinai (Es 24,8). L'issopo è un simbolo catartico anche nella cultura antica extrabiblica. «più bianco della neve»: cfr. Is 1,18. La metafora della neve è suggestiva per l'abitante della Palestina, che immesso in un panorama torrido e brullo e per di più accecato dal sole, ammira estasiato la neve del Monte Ermon, del Libano e quella che d'inverno cade a volte anche a Gerusalemme. Spesso l'immagine è usata nella Bibbia simbolicamente per il suo candore e le sue qualità, cfr. Sal 147,16; Sir 43,18.

v. 10. «Fammi sentire gioia e letizia...»: si accenna al giubilo (tᵉrû‘â). Il versetto anticipa la seconda parte del salmo, gli effetti del perdono, il regno della grazia. «esulteranno le ossa..»: l'immagine è segno della gioia profonda che coinvolgerà la persona fin nel suo intimo, fin nel profondo delle ossa (cfr. Is 66,14).  v. 11. «Distogli lo sguardo...»: con un forte antropomorfismo il salmista chiede al Signore di allontanare il suo sguardo indagatore e punitivo da tutti i suoi peccati (cfr. Sal 11,4; 14,2; 33,13-15; 53,3; 139). Il volto e lo sguardo di Dio sono considerati sia fonte di collera e di terrore (come qui e Sal 38,2; 90,8), sia fonte di pace e di gioia (Sal 13,2). Nel testo ebraico il versetto è costruito chiasticamente.

v. 12. «Crea»: è usato qui il verbo tecnico «creare» (br’) adoperato nella Bibbia per la creazione, che ha come soggetto sempre Dio (Gn 1,1; Is 48,7; Sal 104,30; 148,5; ecc.). Il salmista chiede al Signore di purificarlo, facendolo diventare nuova creatura, con una trasformazione profonda del cuore e con uno “spirito” saldo, perseverante nel bene e che lo tenga lontano da future cadute, stretto e saldo a lui e fedele alla sua alleanza (Sal 143,10). «cuore... spirito»: questi elementi appartengono alla categoria della nuova alleanza (Ger 24,7; 31,33; 32,39; Ez 36,25-27).

v. 13. «Non respingermi dalla tua presenza»: non si tratta di contraddizione rispetto al v. 11. Lì il salmista supplica il Signore di non guardare i suoi peccati, qui di non allontanarlo. Dio è supplicato di stare lontano dal peccato, ma vicino al peccatore! Lì teme la giustizia divina, qui desidera la sua misericordia. «tuo santo spirito»: lo spirito di Dio è spirito di santità, di separazione da tutto ciò che è profano. Come l'uomo ricevette l'alito, soffio di vita (Gn 2,7; 7,22; Nm 27,16), così il salmista chiede a Dio di conservargli questo respiro (spirito) che lo faccia vivere nell'ambito della sua santità. «non privarmi»: l'aggiunta dell'aggettivo «santo» a «spirito» suppone che l'orante lo possiede e che lo può perdere, perciò non si tratta del puro vivere o esistere, ma di qualcosa in più, di un dono di Dio, che fa vivere in un modo particolare. Lo stesso concetto è indicato con altre espressioni simili come «respingere dal suo volto» (Sal 27,9; 71,9; Is 59,2; Ger 7,15; Gb 3,4).

v. 14. «uno spirito saldo»: alla lettera «uno spirito di generosità» (rûaḥ nᵉdîbāh). Si tratta dello spirito di iniziativa, di dinamismo nuovo, di impulso interiore, che spinge a compiere con generosità e non per forza le azioni di salvato, che il cuore e la mente suggeriscono. L'espressione ricorre in Sal 143,10, ove, quasi personificato, lo spirito accompagna il convertito a essere retto e docile al divino volere.

v. 15. «Insegnerò...»: è la promessa dell'impegno dell'orante, come di regola nel finale delle “Suppliche”. L'impegno del fedele è in primo luogo di carattere missionario. Il salmista, che ha sperimentato l'amore misericordioso di Dio, si trasforma in testimone di amore per la conversione dei peccatori a Dio, insegnando i suoi comandamenti, quella sapienza che gli è stata conculcata.

v. 16. «Liberami dal sangue»: alla lett. «Liberami dai sangui! (pl.)». Le interpretazioni sono diverse. Non si tratta qui di “liberare/prevenire dal commettere” qualcosa, ma di “liberare da.../perdonare” il peccato già commesso. Qui è usata la voce «sangue» al plurale (dammîm) che significa in senso proprio omicidio e in senso lato ogni genere di violenza. Nell'interpretazione davidica del salmo (cfr. titolo) si fa riferimento all'omicidio di Uria (2Sam 12,9.13) e alla pena che comportava. Davide chiede allora di esserne liberato. Alcuni pensano all'idea di morte connessa al «sangue» (cfr. Sal 30,10; Gb 16,18; Prv 1,18). Nel caso, il salmista chiede la salvezza dalla morte prematura, segno della giustizia retributiva di Dio per il peccato, e chiede il perdono e la liberazione secondo lo stile delle “Suppliche” (cfr. 6,5; 13,4; 22,21; 30,10; 94,17; 115,17). Più probabilmente, con questo appello, il salmista chiede per l'ultima volta di essere perdonato dal suo peccato e dalle conseguenze, che comportano una morte spirituale che precede la morte fisica, e tra di esse l'esclusione dalla lode comunitaria, perché nel regno dei morti non si può lodare Dio (Sal 6,6; 88,11-13; Is 38,18; Bar 2,17; Sir 17,22). Egli invece vuole «esaltare la giustizia di Dio» in questa vita.

vv. 18-19. «poiché non gradisci il sacrificio…» la lode, alla fine delle “Suppliche”, si trasforma in ringraziamento, ma l'orante in questi versetti non intende offrire un sacrificio cruento rituale di ringraziamento (che giudica non gradito al Signore: cfr. Sal 50,8-13), ma, nella scia dei profeti (Is 56,2.4), il suo «spirito contrito» e il suo «cuore affranto e umiliato».

vv. 20-21. Questi versetti sono attualizzazione del carme. Aggiunti alla fine dell'esilio o poco dopo il ritorno, applicano a tutta la nazione la situazione del salmo. L'esilio è visto come tempo di penitenza del popolo d'Israele dal «cuore pentito». Scontato perciò il peccato, ora, dopo il ritorno, può riprendere il culto a Dio in Sion, con il tempio e la città ricostruita, secondo lo spirito della profezia (Sal 102,14; 147,2; Ger 31,38; Is 26,1; 33,20; 62,6).L'allusione alle mura fa pensare all'epoca di Neemia (cfr. Ne 2, 17-20).

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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