📖Un capitolo al giorno📚

DIARIO DI LETTURA: Profeti dal 25/12/2023 al 07/09/2024 ● Concilio Vaticano II dall'11/09 al 24/12/2023 ● Nuovo Testamento dal 25/12/2022 al 10/09/2023

VERSO LA FINE

Godolia, speranza troncata 1Questa parola fu rivolta a Geremia dal Signore, dopo che Nabuzaradàn, capo delle guardie, lo aveva rimandato libero da Rama, avendolo preso mentre era legato con catene in mezzo a tutti i deportati di Gerusalemme e di Giuda, che venivano condotti in esilio a Babilonia. 2Il capo delle guardie prese Geremia e gli disse: «Il Signore, tuo Dio, ha predetto questa sventura per questo luogo. 3Il Signore l’ha mandata, compiendo quanto aveva minacciato, perché voi avete peccato contro il Signore e non avete ascoltato la sua voce; perciò vi è capitata una cosa simile. 4Ora ecco, oggi ti sciolgo queste catene dalle mani. Se vuoi venire con me a Babilonia, vieni: io veglierò su di te. Se invece preferisci non venire con me a Babilonia, rimani. Vedi, tutto il paese sta davanti a te: va’ pure dove ti pare opportuno. 5Torna pure presso Godolia, figlio di Achikàm, figlio di Safan, che il re di Babilonia ha messo a capo delle città di Giuda. Rimani con lui in mezzo al popolo oppure va’ dove ti pare opportuno». Il capo delle guardie gli diede provviste di cibo e un regalo e lo licenziò. 6Allora Geremia andò a Mispa da Godolia, figlio di Achikàm, e si stabilì con lui tra il popolo che era rimasto nel paese. 7Tutti i capi delle bande armate, che si erano dispersi per la regione con i loro uomini, vennero a sapere che il re di Babilonia aveva messo a capo del paese Godolia, figlio di Achikàm, e gli aveva affidato gli uomini, le donne, i bambini e i poveri del paese che non erano stati deportati a Babilonia. 8Si recarono allora da Godolia, a Mispa, Ismaele, figlio di Netania, Giovanni e Giònata, figli di Karèach, Seraià, figlio di Tancùmet, i figli di Efài, il Netofatita, e Iezania, figlio del Maacatita, con i loro uomini. 9Godolia, figlio di Achikàm, figlio di Safan, giurò a loro e ai loro uomini: «Non temete gli ufficiali dei Caldei; rimanete nella terra e servite il re di Babilonia e vi troverete bene. 10Quanto a me, ecco, io mi stabilisco a Mispa come vostro rappresentante di fronte ai Caldei che verranno da noi; ma voi fate pure la raccolta del vino, della frutta e dell’olio, riponete tutto nei vostri magazzini e dimorate nelle città da voi occupate». 11Anche tutti i Giudei che si trovavano in Moab, tra gli Ammoniti, in Edom e in tutte le altre regioni, seppero che il re di Babilonia aveva lasciato un resto di Giuda e vi aveva messo a capo Godolia, figlio di Achikàm, figlio di Safan. 12Tutti questi Giudei ritornarono da tutti i luoghi nei quali si erano dispersi e vennero nel paese di Giuda presso Godolia a Mispa. Raccolsero vino e frutta in grande abbondanza. 13Ora Giovanni, figlio di Karèach, e tutti i capi delle bande armate che si erano dispersi per la regione, si recarono da Godolia a Mispa 14e gli dissero: «Non sai che Baalìs, re degli Ammoniti ha mandato Ismaele, figlio di Netania, per toglierti la vita?». Ma Godolia, figlio di Achikàm, non credette loro. 15Allora Giovanni, figlio di Karèach, disse segretamente a Godolia, a Mispa: «Io andrò a colpire Ismaele, figlio di Netania, senza che nessuno lo sappia. Perché egli dovrebbe toglierti la vita? Si disperderebbero allora tutti i Giudei che si sono raccolti intorno a te e perirebbe il resto di Giuda!». 16Ma Godolia, figlio di Achikàm, rispose a Giovanni, figlio di Karèach: «Non commettere una cosa simile, perché è una menzogna quanto tu dici di Ismaele».

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Approfondimenti

40,1-45,5. Con questo blocco di racconti si esauriscono le informazioni su Geremia, a partire dal suo rilascio in Palestina al seguito di Godolia sino alla sua deportazione forzata in Egitto con un gruppo di Giudei, timorosi della rappresaglia babilonese dopo l'assassinio del governatore. Le notizie sono in parte scarne, lacunose e un poco incoerenti; in parte ripetitive e prolisse, segno di un lavoro di trasmissione e di redazione complesso. È in ogni caso significativo che il brano di chiusura, a prescindere dall'oracolo di benedizione su Baruc (45,1-5) che lascia trapelare la mano dell'estensore dei ricordi, sia costituito da due episodi in certo modo emblematici: il contrasto con i capi circa l'opportunità di andare in Egitto (41,1-43,13) e il contrasto con il popolino circa i culti idolatrici (44,1-30): per mostrare che il “profeta contro voglia” fino all'ultimo ha assolto il suo compito di portavoce di Dio, ma la sua parola si è urtata contro l'ottusità dei capi e del popolo (cfr. 1,18b) ed è finito vittima del suo ministero. Possiamo distinguere vari momenti in questo cammino verso la fine.

40,1-6. La prima fase inizia con il profeta a Rama (v. 2), villaggio a una decina di km a nord di Gerusalemme, insieme agli altri prigionieri (vv. 1.4) in viaggio verso l'esilio, in contrasto con quanto detto in 39,11-14 circa la sua liberazione. Probabilmente siamo di fronte a due ricordi non coincidenti degli avvenimenti di cui il secondo rispecchia meglio lo svolgimento dei fatti, in quanto l'effettiva condizione di libertà sarebbe venuta dopo un breve periodo di detenzione dovuta al marasma dei primi giorni dopo l'occupazione. Si può anche dire che 39,11ss. racconta subito la soluzione finale, mentre 40,1-6 è più dettagliato. Le frasi, poi, poste in bocca a Nabucodonosor (vv. 1-3), rispecchianti temi ed espressioni della fede di Israele, fanno parte di un cliché letterario, ma non è improbabile che in effetti i Babilonesi strumentalizzassero in qualche modo le parole del profeta per convalidare la vittoria e i conseguenti provvedimenti punitivi. Geremia liberato si reca da Godolia che apparteneva a una famiglia di funzionari regi (= scribi: cfr. 2Re 22,3: Satan, scriba di Giosia; suo figlio Achikam, 2Re 22,12; Ghemaria, altro figlio di Sefan, scriba di Ioiakim; Ger 36,10ss.) vicina al profeta che difese in più di una circostanza (cfr. 26,24; 36,25). Mizpa, a ca. 13 km a nord di Gerusalemme, rivestì una certa importanza nel passato come sede di assemblea per le tribù (cfr. Gdc 20,1-3; 21,1-8; 1Sam 7,5-12; 10,17), luogo di culto (cfr. Os 5,1) e città fortificata del nord alla frontiera con Giuda (cfr. 1Re 15,22).

40,7-41,3. Il racconto dell'uccisione di Godolia per opera di un gruppo di fanatici lascia intravedere un clima di turbolenza per la lotta tra bande rivali e di dissesto economico al quale aveva cercato di porre rimedio il governatore. I «capi dell'esercito» (v. 7) sono ufficiali superiori riusciti a sfuggire alla cattura, con brandelli di truppe di cui poteva avvalersi qualche mestatore. L'iniziativa di Baalis (v. 14) tende alla destabilizzazione politica nella zona con mire espansionistiche, avvalendosi della rivalità, tra i superstiti, delle grandi famiglie giudee rimaste in Palestina. L'assassino di Godolia, infatti, è di stirpe davidica (cfr. 41, 1).

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Sorte di Geremia 1Nel decimo mese del nono anno di Sedecìa, re di Giuda, Nabucodònosor, re di Babilonia, con tutto il suo esercito arrivò a Gerusalemme e l’assediò. 2Nel quarto mese dell’anno undicesimo di Sedecìa, il nove del mese, fu aperta una breccia nella città, 3entrarono tutti i generali del re di Babilonia e si stabilirono alla porta di mezzo: Nergal-Sarèser di Sin-Maghìr, Nebosar-Sechìm, capo dei funzionari, Nergal-Sarèser, comandante delle truppe di frontiera, e tutti gli altri capi del re di Babilonia. 4Appena videro ciò, Sedecìa, re di Giuda, e tutti i suoi guerrieri fuggirono, uscendo di notte per la via del giardino del re, attraverso la porta fra le due mura, e presero la via dell’Araba. 5Ma i soldati dei Caldei li inseguirono e raggiunsero Sedecìa nelle steppe di Gerico, lo presero e lo condussero a Ribla, nel paese di Camat, presso Nabucodònosor, re di Babilonia, che pronunciò la sentenza su di lui. 6Il re di Babilonia fece ammazzare i figli di Sedecìa a Ribla, sotto i suoi occhi; il re di Babilonia fece ammazzare anche tutti i notabili di Giuda. 7Cavò poi gli occhi a Sedecìa e lo fece mettere in catene per condurlo a Babilonia. 8I Caldei diedero alle fiamme la reggia e le case del popolo e demolirono le mura di Gerusalemme. 9Nabuzaradàn, capo delle guardie, deportò a Babilonia il resto del popolo rimasto in città e i disertori che erano passati a lui. 10Nabuzaradàn, capo delle guardie, lasciò nel paese di Giuda i poveri del popolo, che non avevano nulla, assegnando loro vigne e campi in tale occasione. 11Quanto a Geremia, Nabucodònosor, re di Babilonia, aveva dato queste disposizioni a Nabuzaradàn, capo delle guardie: 12«Prendilo e tieni gli occhi su di lui, non fargli alcun male, ma trattalo come egli ti dirà». 13Essi allora – cioè Nabuzaradàn, capo delle guardie, Nabusazbàn, capo dei funzionari, Nergal-Sarèser, comandante delle truppe di frontiera, e tutti gli alti ufficiali del re di Babilonia – 14mandarono a prendere Geremia dall’atrio della prigione e lo consegnarono a Godolia, figlio di Achikàm, figlio di Safan, perché lo conducesse a casa. Così egli rimase in mezzo al popolo. 15A Geremia era stata rivolta questa parola del Signore, quando era ancora rinchiuso nell’atrio della prigione: 16«Va’ a dire a Ebed-Mèlec, l’Etiope: Così dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Ecco, io pongo in atto le mie parole contro questa città, a sua rovina e non a suo bene; in quel giorno esse si avvereranno sotto i tuoi occhi. 17Ma io ti libererò in quel giorno – oracolo del Signore – e non sarai consegnato in mano agli uomini che tu temi. 18Poiché, certo, io ti salverò; non cadrai di spada, ma ti sarà conservata la vita come tuo bottino, perché hai avuto fiducia in me». Oracolo del Signore.

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Approfondimenti

Sorte di Geremia 39,1-18 Il capitolo si è formato probabilmente a partire da ricordi sulla sorte di Geremia al momento della presa di Gerusalemme (vv. 11-14), ai quali si aggiunsero poi annotazioni cronologiche (vv. 1-10) desunte altrove (cfr. 2Re 25,1-4a; Ger 52,4-7a). Il tutto per fornire un quadro della rovina del re e della casa regnante e mostrare così l'avveramento delle parole del profeta che riceve invece dai Caldei un trattamento di riguardo. Chiude il capitolo un oracolo di benedizione per Ebed-Melech, riportandoci indietro al periodo della detenzione del profeta: per completare il quadro della sorte di coloro che gli sono stati attorno in quel periodo.

1-10. La data indicata (v. 1) corrisponde all'inizio del 588 essendo stato fatto re Sedecia nel 597. Il versetto compendia l'anno e mezzo di durata dell'assedio di Gerusalemme che ebbe la svolta decisiva nel giugno-luglio 587 («quarto mese dell'anno undicesimo di Sedecia»: (v. 2) con lo sfondamento delle mura della città e l'irruzione delle truppe caldee (v. 3). Il re cerca di fuggire dalla parte sud della città («giardino del re»: v. 4) per mettersi in salvo al di là del Giordano, forse sperando di giungere fino in Egitto. L'«Araba» è la regione che si stende a sud del Mar Morto sino al golfo di Agaba. La fuga del re, com'era prevedibile, non riesce e ne compromette irrimediabilmente la situazione di fronte a Nabucodonosor che lo fa crudelmente torturare (vv. 6-7) nel suo quartiere generale a Ribla, nella Siria meridionale, sul fiume Oronte.

11-14. L'affidamento di Geremia a Godolia, governatore del territorio dopo la partenza delle truppe babilonesi (cfr. 40,7), esprime il trattamento di riguardo che i vincitori riservano al profeta. L'annotazione (v. 14) che questi «rimase in mezzo al popolo» intende anche esprimere la scelta di condivisione (cfr. 40, 6) della sorte di coloro che sono rimasti in Palestina.

15-18. La promessa di liberazione per l'eunuco Ebed-Melech ha la forma dell'oracolo di salvezza. Non si racconta l'avveramento ma lo si suppone realizzato.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Geremia nella cisterna 1Sefatia, figlio di Mattàn, Godolia, figlio di Pascur, Iucal, figlio di Selemia, e Pascur, figlio di Malchia, udirono le parole che Geremia rivolgeva a tutto il popolo: 2«Così dice il Signore: Chi rimane in questa città morirà di spada, di fame e di peste; chi si consegnerà ai Caldei vivrà e gli sarà lasciata la vita come bottino e vivrà. 3Così dice il Signore: Certo questa città sarà data in mano all’esercito del re di Babilonia, che la prenderà». 4I capi allora dissero al re: «Si metta a morte quest’uomo, appunto perché egli scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia tutto il popolo dicendo loro simili parole, poiché quest’uomo non cerca il benessere del popolo, ma il male». 5Il re Sedecìa rispose: «Ecco, egli è nelle vostre mani; il re infatti non ha poteri contro di voi». 6Essi allora presero Geremia e lo gettarono nella cisterna di Malchia, un figlio del re, la quale si trovava nell’atrio della prigione. Calarono Geremia con corde. Nella cisterna non c’era acqua ma fango, e così Geremia affondò nel fango. 7Ebed-Mèlec, l’Etiope, un eunuco che era nella reggia, sentì che Geremia era stato messo nella cisterna. Ora, mentre il re stava alla porta di Beniamino, 8Ebed-Mèlec uscì dalla reggia e disse al re: 9«O re, mio signore, quegli uomini hanno agito male facendo quanto hanno fatto al profeta Geremia, gettandolo nella cisterna. Egli morirà di fame là dentro, perché non c’è più pane nella città». 10Allora il re diede quest’ordine a Ebed-Mèlec, l’Etiope: «Prendi con te tre uomini di qui e tira su il profeta Geremia dalla cisterna prima che muoia». 11Ebed-Mèlec prese con sé gli uomini, andò nella reggia, nel guardaroba del magazzino e, presi di là pezzi di vestiti logori, li gettò a Geremia nella cisterna con delle corde. 12Ebed-Mèlec, l’Etiope, disse a Geremia: «Su, mettiti questi pezzi di vestiti logori sotto le ascelle e poi, sotto, metti le corde». Geremia fece così. 13Allora lo tirarono su con le corde, facendolo uscire dalla cisterna, e Geremia rimase nell’atrio della prigione.

Ultimo colloquio con Sedecia 14Il re Sedecìa mandò a prendere il profeta Geremia e, fattolo venire presso di sé al terzo ingresso del tempio del Signore, il re gli disse: «Ti domando una cosa, non nascondermi nulla!». 15Geremia rispose a Sedecìa: «Se te la dico, non mi farai forse morire? E se ti do un consiglio, non mi darai ascolto». 16Allora il re Sedecìa giurò in segreto a Geremia: «Com’è vero che vive il Signore che ci ha dato questa vita, non ti farò morire né ti consegnerò in mano di quegli uomini che vogliono la tua vita!». 17Geremia allora disse a Sedecìa: «Dice il Signore, Dio degli eserciti, Dio d’Israele: Se ti arrenderai ai generali del re di Babilonia, allora avrai salva la vita e questa città non sarà data alle fiamme; tu e la tua famiglia vivrete. 18Se invece non ti arrenderai ai generali del re di Babilonia, allora questa città sarà messa in mano ai Caldei, i quali la daranno alle fiamme e tu non scamperai dalle loro mani». 19Il re Sedecìa rispose a Geremia: «Ho paura dei Giudei che sono passati ai Caldei; temo di essere consegnato nelle loro mani e che essi mi maltrattino». 20Ma Geremia disse: «Non ti consegneranno a loro. Ascolta la voce del Signore riguardo a ciò che ti dico, e ti andrà bene e vivrai. 21Se, invece, rifiuti di arrenderti, questo il Signore mi ha mostrato: 22Ecco, tutte le donne rimaste nella reggia di Giuda saranno condotte ai generali del re di Babilonia e diranno: “Ti hanno ingannato e hanno prevalso gli uomini di tua fiducia. I tuoi piedi si sono affondati nella melma, mentre essi sono spariti”. 23Tutte le donne e tutti i tuoi figli saranno condotti ai Caldei e tu non sfuggirai alle loro mani, ma sarai tenuto prigioniero in mano del re di Babilonia e questa città sarà data alle fiamme». 24Sedecìa disse a Geremia: «Nessuno sappia di questi discorsi, altrimenti morirai. 25Se i dignitari sentiranno che ho parlato con te e verranno da te e ti domanderanno: “Raccontaci quanto hai detto al re, non nasconderci nulla, altrimenti ti uccideremo e raccontaci che cosa ti ha detto il re”, 26tu risponderai loro: “Ho presentato la supplica al re perché non mi mandi di nuovo nella casa di Giònata a morirvi”». 27Ora tutti i dignitari vennero da Geremia e lo interrogarono; egli rispose proprio come il re gli aveva ordinato, e perciò lo lasciarono tranquillo, poiché non era trapelato nulla della conversazione. 28Geremia rimase nell’atrio della prigione fino al giorno in cui fu presa Gerusalemme.

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Approfondimenti

Geremia nella cisterna 38,1-13 Il secondo imprigionamento di Geremia è causato dal suo invito ad arrendersi ai Caldei per aver salva la vita: alcuni capi denunciano il profeta al re, non direttamente per eliminarlo ma per neutralizzarne l'influenza sul popolo e punirlo. Chi si preoccupa per lui è un forestiero, un funzionario («eunuco») di razza cuscita, che lo estrae dalla cisterna, issandolo con una corda passata sotto le ascelle previamente imbottite di stracci.

Ultimo colloquio con Sedecia 38,14-28 Ultimo colloquio di Geremia con Sedecia che praticamente è prigioniero degli estremisti. Il profeta non può che ribadire l'esortazione alla resa, ma neppure il preannuncio degli scherni che riceverà da parte delle donne riesce a vincere l'indecisione del re.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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NELLA BUFERA

Geremia e Sedecia 1Sedecìa, figlio di Giosia, divenne re al posto di Conìa, figlio di Ioiakìm; Nabucodònosor, re di Babilonia, lo nominò re nella terra di Giuda. 2Ma né lui né i suoi ministri né il popolo del paese ascoltarono le parole che il Signore aveva pronunciato per mezzo del profeta Geremia. 3Il re Sedecìa inviò allora Iucal, figlio di Selemia, e il sacerdote Sofonia, figlio di Maasia, dal profeta Geremia per dirgli: «Prega per noi il Signore, nostro Dio». 4Geremia intanto andava e veniva in mezzo al popolo e non era stato ancora messo in prigione. 5Inoltre l’esercito del faraone si era mosso dall’Egitto e i Caldei, che assediavano Gerusalemme, appena ne avevano avuto notizia, si erano allontanati da Gerusalemme. 6Allora la parola del Signore fu rivolta al profeta Geremia: 7«Così dice il Signore, Dio d’Israele: Riferite al re di Giuda, che vi ha mandati a consultarmi: Ecco, l’esercito del faraone, uscito in vostro aiuto, ritornerà nel suo paese, l’Egitto; 8i Caldei ritorneranno, combatteranno contro questa città, la prenderanno e la daranno alle fiamme. 9Così dice il Signore: Non illudetevi pensando che i Caldei se ne vadano, perché non se ne andranno. 10Anche se riusciste a battere tutto l’esercito dei Caldei che combattono contro di voi, e rimanessero solo alcuni feriti, costoro sorgerebbero ciascuno dalla propria tenda e darebbero alle fiamme questa città». 11Mentre l’esercito dei Caldei era lontano da Gerusalemme per l’avanzata dell’esercito del faraone, 12Geremia uscì da Gerusalemme per andare nella terra di Beniamino a prendervi una parte di eredità tra i suoi parenti. 13Ma alla porta di Beniamino si imbatté in un incaricato del servizio di guardia chiamato Ieria, figlio di Selemia, figlio di Anania; costui arrestò il profeta Geremia dicendo: «Tu passi ai Caldei!». 14Geremia rispose: «È falso! Io non passo ai Caldei». Ma quegli non gli diede retta. E così Ieria arrestò Geremia e lo condusse dai capi. 15I capi erano sdegnati contro Geremia, lo percossero e lo gettarono in prigione nella casa di Giònata, lo scriba, che avevano trasformato in un carcere. 16Geremia entrò in una cisterna sotterranea a volta e rimase là molti giorni. 17Il re Sedecìa mandò a prenderlo e lo interrogò in casa sua, di nascosto: «C’è qualche parola da parte del Signore?». Geremia rispose: «Sì» e precisò: «Tu sarai dato in mano al re di Babilonia». 18Geremia poi disse al re Sedecìa: «Quale colpa ho commesso contro di te, contro i tuoi ministri e contro questo popolo, perché mi abbiate messo in prigione? 19E dove sono i vostri profeti che vi predicevano: “Il re di Babilonia non verrà contro di voi e contro questo paese”? 20Ora ascolta, o re, mio signore: la mia supplica ti giunga gradita. Non rimandarmi nella casa di Giònata, lo scriba, perché io non vi muoia». 21Il re Sedecìa comandò di custodire Geremia nell’atrio della prigione e gli fu data ogni giorno una focaccia di pane, proveniente dalla via dei fornai, finché non fu esaurito tutto il pane in città. Così Geremia rimase nell’atrio della prigione.

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Approfondimenti

NELLA BUFERA 37,1-39,18. Crediamo utile separare questi capitoli, che pure formano un racconto continuato con i successivi cc. 40-45, non solo per ragione di suddivisione, ma anche perché trattano un argomento in sé abbastanza concluso e capitale: la caduta di Gerusalemme e la rovina della famiglia reale, con gli eventi immediatamente precedenti. L'angolo di lettura degli eventi è per il narratore non propriamente la sorte del casato di Davide o della città, bensì le sofferenze del profeta che qui entra veramente nella “passione” e ne beve il calice amaro.

Geremia e Sedecia 37,1-38,28 I capitoli 37 e 38 vanno considerati congiuntamente perché gli episodi narrati sono collegati sia cronologicamente, collocandosi al tempo dell'assedio di Gerusalemme nel 587, all'epoca del momentaneo allontanamento dell'esercito caldeo (cfr. c. 32), sia tematicamente, poiché gravitano attorno all'imprigionamento del profeta in una cisterna. Il fatto è raccontato come accaduto due volte, ma è possibile che si tratti di un unico episodio che la tradizione ha trasmesso con leggere variazioni. Attorno a questo nucleo della “passione” di Geremia si dispongono altri fatti e in particolare due colloqui con il re Sedecia, collocati all'inizio (37,1-10) e alla fine (38,14-28) per contrastare il sereno coraggio del profeta con l'incerto ed equivoco comportamento del re.

37,1-10. Che il brano provenga da altro contesto, appare dal fatto che sono compendiate (vv. 1-2) le vicende di Sedecia per introdurre il colloquio con il profeta. La situazione va facendosi disperata e l'uomo di Dio è l'unica speranza. In realtà il comportamento di Sedecia nei confronti di Geremia è incostante, come il suo carattere, e risente delle pressioni che riceve dalle varie fazioni politiche, anche se è da credere che spontaneamente fosse piuttosto incline a fidarsi del profeta. In ogni caso, la risposta di Geremia (vv. 6-10) è dura e inequivocabile: non c'è speranza di salvezza per la città.

11-16. Probabilmente la questione dell'eredità di cui qui si parla e l'acquisto del campo, di cui al c. 32, sono collegati. La temporanea sospensione dell'assedio consente agli abitanti di Gerusalemme di spingersi nei dintorni per approvvigionamento e anche per riallacciare contatti, il che significa che l'esercito babilonese non aveva fatto terra bruciata attorno alla città. Ma si era anche creato un clima di sospetto e di nervosismo all'interno della città, come prova l'accusa di passaggio al nemico rivolta a Geremia che cercava di andare ad Anatot. A meno che non si tratti di un pretesto per mettere le mani sul profeta e disfarsene.

17-21. La scena dell'incontro con il re mette in luce un duplice aspetto del profeta: la fedeltà alla sua missione che gli fa enunciare con franchezza al re il suo destino (v. 17b) e la sua umanità che lo induce a chiedere una riduzione della pena. Ma anche lascia scorgere la simpatia del re per il profeta e fa intuire, con un solo cenno, la tragica situazione della città in quel frangente («finché non fu esaurito tutto il pane in città»: v. 21).

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Le vicende del rotolo 1Nel quarto anno di Ioiakìm, figlio di Giosia, re di Giuda, fu rivolta a Geremia da parte del Signore questa parola: 2«Prendi un rotolo e scrivici tutte le parole che ti ho detto riguardo a Gerusalemme, a Giuda e a tutte le nazioni, dal tempo di Giosia fino ad oggi. 3Forse quelli della casa di Giuda, sentendo tutto il male che mi propongo di fare loro, abbandoneranno la propria condotta perversa e allora io perdonerò le loro iniquità e i loro peccati». 4Geremia chiamò Baruc, figlio di Neria, e Baruc scrisse su un rotolo, sotto dettatura di Geremia, tutte le cose che il Signore aveva detto a quest’ultimo. 5Quindi Geremia ordinò a Baruc: «Io sono impedito e non posso andare nel tempio del Signore. 6Andrai dunque tu nel tempio del Signore in un giorno di digiuno a leggere nel rotolo, che hai scritto sotto la mia dettatura, le parole del Signore; le leggerai al popolo e a tutti quelli di Giuda che sono venuti dalle loro città. 7Forse si umilieranno con suppliche dinanzi al Signore e ciascuno abbandonerà la sua condotta perversa, perché grande è l’ira e il furore che il Signore ha manifestato verso questo popolo». 8Baruc, figlio di Neria, fece quanto gli aveva comandato il profeta Geremia, e lesse dal rotolo le parole del Signore nel tempio del Signore. 9Nel quinto anno di Ioiakìm, figlio di Giosia, re di Giuda, nel nono mese, fu indetto un digiuno davanti al Signore per tutto il popolo di Gerusalemme e per tutto il popolo che era venuto dalle città di Giuda a Gerusalemme. 10Baruc dunque lesse nel rotolo facendo udire a tutto il popolo le parole di Geremia, nel tempio del Signore, nella stanza di Ghemaria, figlio di Safan, lo scriba, nel cortile superiore, presso l’ingresso della porta Nuova del tempio del Signore. 11Michea, figlio di Ghemaria, figlio di Safan, udite tutte le parole del Signore lette dal libro, 12scese alla reggia nella stanza dello scriba; ed ecco, là si trovavano in seduta tutti i capi: Elisamà, lo scriba, e Delaià, figlio di Semaià, Elnatàn, figlio di Acbor, Ghemaria, figlio di Safan, e Sedecìa, figlio di Anania, insieme con tutti i capi. 13Michea riferì loro tutte le parole che aveva udito quando Baruc leggeva nel rotolo al popolo in ascolto. 14Allora tutti i capi inviarono Iudì, figlio di Netania, figlio di Selemia, figlio di Cusì, da Baruc per dirgli: «Prendi in mano il rotolo che leggevi al popolo e vieni». Baruc, figlio di Neria, prese il rotolo in mano e si recò da loro. 15Ed essi gli dissero: «Siedi e leggi davanti a noi». Baruc lesse davanti a loro. 16Quando udirono tutte quelle parole, si guardarono l’un l’altro pieni di paura e dissero a Baruc: «Dobbiamo riferire al re tutte queste parole». 17Poi chiesero a Baruc: «Raccontaci come hai fatto a scrivere tutte queste parole». 18Baruc rispose: «Geremia mi dettava personalmente tutte queste parole e io le scrivevo nel rotolo con l’inchiostro». 19I capi dissero a Baruc: «Va’ e nasconditi insieme con Geremia; nessuno sappia dove siete». 20Essi poi si recarono dal re nell’appartamento interno, dopo aver riposto il rotolo nella stanza di Elisamà, lo scriba, e riferirono al re tutte queste parole. 21Allora il re mandò Iudì a prendere il rotolo. Iudì lo prese dalla stanza di Elisamà, lo scriba, e lo lesse davanti al re e a tutti i capi che stavano presso il re. 22Il re sedeva nel palazzo d’inverno – si era al nono mese –, con un braciere acceso davanti. 23Ora, quando Iudì aveva letto tre o quattro colonne, il re le lacerava con il temperino da scriba e le gettava nel fuoco sul braciere, finché l’intero rotolo non fu distrutto nel fuoco del braciere. 24Il re e tutti i suoi ministri non tremarono né si strapparono le vesti all’udire tutte quelle parole. 25Eppure Elnatàn, Delaià e Ghemaria avevano supplicato il re di non bruciare il rotolo, ma egli non diede loro ascolto. 26Anzi, ordinò a Ieracmeèl, un figlio del re, a Seraià, figlio di Azrièl, e a Selemia, figlio di Abdeèl, di arrestare lo scriba Baruc e il profeta Geremia, ma il Signore li aveva nascosti. 27Dopo che il re ebbe bruciato il rotolo con le parole che Baruc aveva scritto sotto dettatura di Geremia, la parola del Signore fu rivolta a Geremia: 28«Prendi un altro rotolo e scrivici tutte le parole che erano nel primo rotolo bruciato da Ioiakìm, re di Giuda. 29Contro Ioiakìm, re di Giuda, dirai: Dice il Signore: Tu hai bruciato quel rotolo, dicendo: “Perché hai scritto: verrà il re di Babilonia, devasterà questo paese e farà scomparire uomini e bestie?”. 30Per questo dice il Signore contro Ioiakìm, re di Giuda: Non avrà un erede sul trono di Davide; il suo cadavere sarà esposto al caldo del giorno e al freddo della notte. 31Io punirò lui, la sua discendenza e i suoi ministri per le loro iniquità e manderò su di loro, sugli abitanti di Gerusalemme e sugli uomini di Giuda, tutto il male che ho minacciato, senza che mi abbiano dato ascolto». 32Geremia prese un altro rotolo e lo consegnò a Baruc, figlio di Neria, lo scriba, il quale vi scrisse, sotto dettatura di Geremia, tutte le parole del rotolo che Ioiakìm, re di Giuda, aveva bruciato nel fuoco; inoltre vi furono aggiunte molte parole simili a quelle.

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Approfondimenti

Le vicende del rotolo 36,1-32 Il racconto della messa per iscritto delle profezie geremiane, prima su un rotolo distrutto beffardamente dal re e poi riscritte su un secondo con aggiunte ulteriori, è esemplare per la formazione dei libri profetici, per l'annotazione del passaggio dalla fase orale a quella scritta nel dinamismo della profezia. L'esigenza di avere sottomano gli oracoli già pronunciati, per ribadirli o rimeditarli, determina una prima raccolta a cui circostanze diverse fanno sì che altre si aggiungano. Precisare quali oracoli dell'attuale libro di Geremia corrispondono a quella prima raccolta, non è facile. È certo comunque che si tratta di materiale contenuto nei primi 25 cc. L'episodio è chiaramente datato: 605-604, anno quarto dell'ascesa al trono di Ioiakim. Geremia si decide per impulso interiore a fissare per iscritto gli oracoli finora pronunciati contro Giuda. La chiamata di Baruc come scrivano non significa che Geremia non sapesse scrivere. In realtà questo compito era allora riservato a una classe-professione particolare.

La proclamazione è affidata ugualmente a Baruc data la proibizione per Geremia di accedere al tempio, forse per uno scontro precedente con il clero (cfr. 26,1ss.). Il giorno scelto è di digiuno per una calamità o un pericolo imminente, con liturgie penitenziali e suppliche nel tempio e larga partecipazione del popolo. L'opportunità per la lettura pubblica si presentò diversi mesi dopo la stesura (v. 9: «nel quinto anno»; cfr. v. 1). Dato che in seguito (v. 22) si precisa che il nono mese cadeva d'inverno, è evidente che il computo è fatto secondo il calendario orientale che faceva iniziare l'anno nel mese di Abib (marzo/aprile), e non secondo il calendario occidentale che iniziava in autunno (Tishri = settembre/ottobre). Siamo dunque nel dicembre 604/603. La movimentata sequenza delle varie letture del rotolo culmina con l'intervento distruttore del re Ioiakim che crede di eliminare le parole di minaccia mediante il fuoco e l'autore di esse mediante una persona fidata. Ma Dio salva l'uno e fa risorgere le altre ancora più implacabili. L'ampliamento del secondo rotolo, con le «molte parole aggiunte» non è direttamente comandato nell'oracolo ma annotato come osservazione del narratore, che sembra alludere a una seconda edizione riveduta e ampliata delle profezie di Geremia.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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L'esempio dei Recabiti 1Questa parola fu rivolta a Geremia dal Signore durante il regno di Ioiakìm, figlio di Giosia, re di Giuda: 2«Va’ dai Recabiti e parla loro, conducili in una delle stanze nel tempio del Signore e offri loro vino da bere». 3Allora presi tutta la famiglia dei Recabiti, cioè Iaazania, figlio di Geremia, figlio di Cabassinia, i suoi fratelli e tutti i suoi figli. 4Li condussi nel tempio del Signore, nella stanza dei figli di Canan, figlio di Igdalia, uomo di Dio, la quale si trova vicino alla stanza dei capi, sopra la stanza di Maasia, figlio di Sallum, custode della soglia. 5Posi davanti ai membri della famiglia dei Recabiti boccali pieni di vino e delle coppe e dissi loro: «Bevete il vino!». 6Essi risposero: «Noi non beviamo vino, perché Ionadàb, figlio di Recab, nostro antenato, ci diede quest’ordine: “Non berrete vino, né voi né i vostri figli, mai; 7non costruirete case, non seminerete sementi, non pianterete vigne e non ne possederete, ma abiterete nelle tende tutti i vostri giorni, perché possiate vivere a lungo sulla terra dove vivete come forestieri”. 8Noi abbiamo obbedito agli ordini di Ionadàb, figlio di Recab, nostro padre, in tutto ciò che ci ha comandato, e perciò noi, le nostre mogli, i nostri figli e le nostre figlie, non beviamo vino per tutta la nostra vita; 9non costruiamo case da abitare né possediamo vigne o campi o sementi. 10Noi abitiamo nelle tende, obbediamo e facciamo quanto ci ha comandato Ionadàb, nostro padre. 11Quando Nabucodònosor, re di Babilonia, è venuto contro il paese, ci siamo detti: “Venite, entriamo in Gerusalemme per sfuggire all’esercito dei Caldei e all’esercito degli Aramei”. Così siamo venuti ad abitare a Gerusalemme». 12Allora fu rivolta a Geremia questa parola del Signore: 13«Così dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Va’ e riferisci agli uomini di Giuda e agli abitanti di Gerusalemme: Non accetterete la lezione, ascoltando le mie parole? Oracolo del Signore. 14Sono state messe in pratica le parole di Ionadàb, figlio di Recab, il quale aveva comandato ai suoi figli di non bere vino, ed essi non lo hanno bevuto fino ad oggi, obbedendo al comando del loro padre. Io invece vi ho parlato con premura e insistenza, ma voi non mi avete ascoltato! 15Vi ho inviato con assidua premura tutti i miei servi, i profeti, per dirvi: Abbandoni ciascuno la sua condotta perversa, migliorate le vostre azioni e non seguite e non servite altri dèi, per poter abitare nella terra che ho concesso a voi e ai vostri padri, ma voi non avete prestato orecchio e non mi avete dato retta. 16E mentre i figli di Ionadàb, figlio di Recab, hanno eseguito il comando del loro padre, questo popolo non mi ha ascoltato. 17Perciò dice il Signore, Dio degli eserciti, Dio d’Israele: Ecco, io farò venire su Giuda e su tutti gli abitanti di Gerusalemme tutto il male che ho annunciato contro di loro, perché ho parlato loro e non mi hanno ascoltato, li ho chiamati e non hanno risposto». 18Geremia disse poi alla famiglia dei Recabiti: «Dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Poiché avete ascoltato il comando di Ionadàb, vostro padre, e avete osservato tutti i suoi decreti e avete fatto quanto vi aveva ordinato, 19per questo dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Non verrà mai a mancare a Ionadàb, figlio di Recab, qualcuno che stia sempre alla mia presenza».

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Approfondimenti

L'esempio dei Recabiti 35,1-19 Del clan dei Recabiti non sappiamo altro che quanto ci racconta questa pagina di Geremia che dà per scontato cose a noi ignote. Pare si trattasse di fervidi jahvisti che avevano scelto l'ideale nomadico come forma di vita per reazione alla civiltà sedentaria (cfr. vv. 7-10), considerata sfavorevole al puro jahvismo. In tal senso si spiegherebbe il rifiuto di bere vino quale prodotto della coltivazione. Ma potrebbe trattarsi invece di un gruppo di uomini semiliberi ai quali il padrone, in segno di dipendenza e di appartenenza a un rango inferiore nella “famiglia” ha vietato l'uso del vino. Siamo in ogni caso di fronte a persone vincolate da un giuramento al quale si attengono fedelmente, anche se provocate a violarlo. La “tentazione” a cui Geremia li sottopone si adatta al tempo in cui Nabucodonosor, come reazione alla defezione di Ioiakim dal vassallaggio (ca. 602: cfr. 2Re 24,19), dà mano libera alle scorrerie dei popoli vicini (cfr. 2Re 24,2), per cui molta gente della campagna si trasferisce nella città (v. 11). Siamo in ogni caso prima del 598, anno della morte di Ioiakim. Geremia, alla presenza di alcune personalità, offre vino a un gruppo di Recabiti ottenendone un deciso rifiuto di bere. La scena si svolge in una delle stanze assegnate agli incaricati della manutenzione del tempio. La fedeltà dei Recabiti fa risaltare l'infedeltà di Israele che sarà severamente punito, mentre a quelli e assicurata la permanenza nella terra di Israele («che stia sempre alla mia presenza», v. 19, senza la connotazione cultuale che abitualmente riveste).

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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VERSO LA CATASTROFE

Condanna del re e tradimento del popolo 1Parola che fu rivolta dal Signore a Geremia, quando Nabucodònosor, re di Babilonia, e tutto il suo esercito e tutti i regni della terra sotto il suo dominio e tutti i popoli combattevano contro Gerusalemme e tutte le sue città: 2«Così dice il Signore, Dio d’Israele: Va’ a parlare a Sedecìa, re di Giuda e digli: Così parla il Signore: Ecco, io consegno questa città in mano al re di Babilonia, che la darà alle fiamme. 3Non scamperai dalla sua mano, ma sarai preso e consegnato in suo potere. I tuoi occhi fisseranno gli occhi del re di Babilonia, ti parlerà faccia a faccia e poi andrai a Babilonia. 4Tuttavia ascolta, o Sedecìa, re di Giuda, la parola del Signore! Così dice il Signore a tuo riguardo: Non morirai di spada! 5Morirai in pace e come si bruciarono aromi per i tuoi padri, gli antichi re di Giuda che furono prima di te, così si bruceranno anche per te e si farà il lamento dicendo: “Ahimè, Signore!”. Io l’ho detto». Oracolo del Signore. 6Il profeta Geremia riferì a Sedecìa, re di Giuda, tutte queste parole a Gerusalemme. 7Frattanto l’esercito del re di Babilonia muoveva guerra a Gerusalemme e a tutte le città di Giuda che ancora rimanevano, Lachis e Azekà, poiché fra le città di Giuda erano rimaste solo queste fortezze. 8Questa parola fu rivolta a Geremia dal Signore, dopo che il re Sedecìa aveva concluso un patto con tutto il popolo che si trovava a Gerusalemme, per proclamare la libertà degli schiavi 9e per rimandare liberi ognuno il suo schiavo ebreo e la sua schiava ebrea, così da non tenere più in schiavitù un fratello giudeo. 10Tutti i capi e tutto il popolo, che avevano aderito al patto, acconsentirono a rimandare liberi ognuno il proprio schiavo e la propria schiava, così da non costringerli più alla schiavitù: acconsentirono dunque e li rimandarono effettivamente; 11ma dopo mutarono parere e ripresero gli schiavi e le schiave che avevano rimandato liberi e li ridussero di nuovo in schiavitù. 12Allora questa parola del Signore fu rivolta a Geremia: 13«Così dice il Signore, Dio d’Israele: Io ho concluso un patto con i vostri padri quando li ho fatti uscire dalla terra d’Egitto, liberandoli da quella condizione servile. Ho detto loro: 14“Alla fine di ogni sette anni ognuno lascerà andare il proprio fratello ebreo che si sarà venduto a te; ti servirà sei anni, poi lo lascerai andare via da te libero”. Ma i vostri padri non mi ascoltarono e non prestarono orecchio. 15Voi oggi vi eravate ravveduti e avevate fatto ciò che è retto ai miei occhi, proclamando ciascuno la libertà del suo fratello; avevate concluso un patto davanti a me, nel tempio in cui è invocato il mio nome. 16Ma poi avete mutato di nuovo parere, avete profanato il mio nome e avete ripreso gli schiavi e le schiave, che avevate rimandati liberi secondo il loro desiderio, e li avete costretti a essere ancora vostri schiavi e vostre schiave. 17Perciò dice il Signore: Voi non mi avete ascoltato e non avete proclamato ognuno la libertà del suo fratello e del suo prossimo: ora, ecco, io affiderò la vostra liberazione – oracolo del Signore – alla spada, alla peste e alla fame e vi renderò un esempio terrificante per tutti i regni della terra. 18Gli uomini che hanno trasgredito il mio patto, non attuando le clausole del patto stabilite in mia presenza, io li renderò come il vitello che tagliarono in due passando fra le sue metà. 19I capi di Giuda, i capi di Gerusalemme, i cortigiani, i sacerdoti e tutto il popolo del paese, che passarono attraverso le due metà del vitello, 20li darò in mano ai loro nemici e a quanti vogliono la loro vita; i loro cadaveri saranno pasto per gli uccelli del cielo e per le bestie della terra. 21Darò Sedecìa, re di Giuda, e i suoi capi in mano ai loro nemici, a quanti vogliono la loro vita, e in mano all’esercito del re di Babilonia, che ora si è allontanato da voi. 22Ecco, io darò un ordine – oracolo del Signore – e li farò tornare verso questa città, la assaliranno, la prenderanno e la daranno alle fiamme, e renderò le città di Giuda desolate, senza abitanti».

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Approfondimenti

VERSO LA CATASTROFE Con il c. 34 riprende la narrazione in terza persona delle vicende di Geremia interrotta dal “libro della consolazione”. Il narratore va a ritroso, dall'assedio di Gerusalemme nel 587 agli inizi del regno di loiakim (605). Questo insolito sistema potrebbe indicare che non procede a casaccio ricuperando brani prima omessi, ma che persegue un certo disegno: di mostrare come le cose si avviassero verso la catastrofe, presentando la pervicacia nel male dei nobili (c. 34) e del re (c. 36), in contrasto con la fedeltà dei Recabiti (c. 35). In ogni caso, abbiamo narrativamente una specie di pausa di ambientazione che reintroduce nel clima della ribellione a Dio, prima di puntare diritto agli eventi del disastro.

Condanna del re e tradimento del popolo 34,1-22 Gli oracoli si riferiscono al tempo della guerra del 588-587 che culminò con la distruzione di Gerusalemme, e il tema della rovina della città fa da collegamento. Abbiamo un oracolo, rivolto a Sedecia (vv. 1-7), degli inizi della campagna, quando le armate babilonesi erano ancora impegnate nella conquista delle piazzeforti di Azeka (Tell Zakarija) e Lachis (Tell ed-Duweir),– rispettivamente a 30 e a 46 km a sud-ovest di Gerusalemme (v. 7), e un oracolo inquadrato (vv. 8-22) nel racconto dell'impegno assunto dalla cittadinanza di liberare gli schiavi ebrei, secondo la prescrizione della legge (Dt 15,12s.).

1-7. La situazione supposta è gravissima. L'esercito caldeo formato da milizie di ogni parte dell'impero («tutti i regni della terra sotto il suo dominio»: v. 1) sta ultimando l'eliminazione delle ultime sacche di resistenza: Lachis è stata l'ultima città fortificata a cadere prima di Gerusalemme. Tuttavia l'insieme del racconto lascia intravedere che la catastrofe della capitale può ancora essere scongiurata con la sottomissione di Sedecia ai Babilonesi. Il cambiamento repentino dell'oracolo, da minaccia a promessa, suppone questa possibilità e va inteso in dipendenza da essa: in caso di resa Sedecia rimarrà sul trono fino alla morte e avrà onori funebri degni di un re.

8-22. La sezione riguardante l'impegno di liberare gli schiavi ebrei ha due momenti: un'esposizione sommaria del fatto (vv. 8-11) nello stile delle narrazioni di Baruc; una minaccia di punizione per aver tradito la parola data, affine ai discorsi messi in bocca a Geremia. La prescrizione di liberare, allo scadere di sette anni (anno sabbatico), gli schiavi e le schiave ebrei, vendutisi per motivi economici, risale all'antico Codice dell'alleanza (Es 20,22-23,33; cfr. 21,2-4) ed è ribadita in Dt 15,12s. (cfr. Lv 25,39-43). In realtà, sembra che abitualmente sia stata trascurata, mentre in circostanze particolarmente gravi, per ottenere da Dio la liberazione da qualche calamità, si poteva farsi carico, magari solennemente, dell'antica prescrizione disattesa. Nel nostro caso, però, ciò avviene quanto meno senza vera convinzione, sì che passato all'apparenza il pericolo con l'allontanamento dell'armata nemica, ci si rimangia la parola. Può sembrare si sia trattato di un impegno assunto solo davanti agli uomini (il termine «alleanza», v.8, si direbbe usato in senso profano); in realtà, l'impegno implicava l'accettazione della legge di Dio e il prevalere delle sue prescrizioni sui vantaggi immediati. Preferendo questi ultimi, il popolo di Gerusalemme si rende fedifrago nei confronti di Dio e viola l'alleanza (cfr. vv. 15-16.18) con lui. Del resto la solennità del gesto compiuto (v. 18) che, pur tacendo parte di un rituale non necessariamente sacro, richiama l'alleanza tra Dio e Abramo (cfr. Gn 15,17), mostra che si era consapevoli di obbligarsi davanti a Dio in forza del patto del Sinai. Per cui sono comprensibili i preannunci di punizione severa.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Promessa di restaurazione 1La parola del Signore fu rivolta una seconda volta a Geremia, mentre egli era ancora chiuso nell’atrio della prigione: 2«Così dice il Signore, che ha fatto la terra e l’ha formata per renderla stabile, e il cui nome è Signore: 3Invocami, e io ti risponderò e ti annuncerò cose grandi e impenetrabili, che non conosci. 4Poiché dice il Signore, Dio d’Israele: Le case di questa città e i palazzi dei re di Giuda saranno demoliti dalle macchine di assedio e dalle armi 5dei Caldei venuti a fare guerra, e saranno riempite dei cadaveri di quanti ho colpito nella mia ira e nel mio furore, poiché ho nascosto il volto a questa città per tutta la sua malvagità. 6Ma ecco, io farò rimarginare la loro piaga, li curerò e li risanerò; procurerò loro abbondanza di pace e di sicurezza. 7Cambierò la sorte di Giuda e la sorte d’Israele e li ristabilirò come al principio. 8Li purificherò da tutti i crimini di cui si sono resi colpevoli contro di me e perdonerò tutte le iniquità commesse ribellandosi contro di me. 9E questo sarà per me titolo di gioia, di lode e di gloria tra tutti i popoli della terra, quando udranno tutto il bene che io faccio loro, e si stupiranno e fremeranno per tutto il bene e per tutta la pace che concederò loro. 10Così dice il Signore: Di questo luogo voi dite: “È desolato, senza uomini e senza bestiame”; ma si udranno ancora nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme, ora desolate, senza uomini, senza abitanti e senza bestiame, 11il canto della gioia e dell’allegria, il canto dello sposo e il canto della sposa, e la voce di coloro che cantano: “Rendete grazie al Signore degli eserciti, perché il suo amore è per sempre”, e porteranno sacrifici di ringraziamento nel tempio del Signore. Sì, io ristabilirò la sorte di questo paese come era al principio, dice il Signore. 12Così dice il Signore degli eserciti: In questo luogo desolato, senza uomini e senza bestiame, e in tutte le sue città, vi saranno ancora dei pascoli dove i pastori faranno riposare le greggi, 13e nelle città della montagna e della Sefela, nelle città del Negheb e di Beniamino, nei dintorni di Gerusalemme e nelle città di Giuda passeranno ancora le pecore sotto la mano di chi le conta, dice il Signore. 14Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa d’Israele e alla casa di Giuda. 15In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra. 16In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla, e sarà chiamata: Signore-nostra-giustizia. 17Infatti così dice il Signore: Non mancherà a Davide un discendente che sieda sul trono della casa d’Israele; 18ai sacerdoti leviti non mancherà mai chi stia davanti a me per offrire olocausti, per bruciare l’incenso in offerta e compiere sacrifici tutti i giorni». 19Fu rivolta poi a Geremia questa parola del Signore: 20«Dice il Signore: Se voi potete infrangere la mia alleanza con il giorno e la mia alleanza con la notte, in modo che non vi siano più giorno e notte, 21allora potrà essere infranta anche la mia alleanza con il mio servo Davide, in modo che non abbia più un figlio che regni sul suo trono, e quella con i leviti sacerdoti che mi servono. 22Come non si può contare l’esercito del cielo né misurare la sabbia del mare, così io moltiplicherò la discendenza di Davide, mio servo, e i leviti che mi servono». 23Fu rivolta a Geremia questa parola del Signore: 24«Non hai osservato ciò che questo popolo va dicendo? Essi dicono: “Il Signore ha rigettato le due famiglie che si era scelte!”. Così disprezzano il mio popolo, quasi che non sia più una nazione ai loro occhi. 25Dice il Signore: Se non sussistesse più la mia alleanza con il giorno e con la notte, se non avessi stabilito io le leggi del cielo e della terra, 26in tal caso potrei rigettare la discendenza di Giacobbe e del mio servo Davide, così da non prendere più dai loro discendenti coloro che governeranno sulla discendenza di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Invece io cambierò la loro sorte e avrò pietà di loro».

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Approfondimenti

Promessa di restaurazione 33,1-26 Contiene altri due oracoli di benedizione che solo in senso lato si possono attribuire a Geremia.

Il primo (vv. 1-13), che si riallaccia al periodo del domicilio coatto del profeta (cfr. 32,2), si può dire suo quanto al materiale di base, ma si devono ammettere elaborazioni successive.

Il secondo (vv. 14-26) può essere definito geremiano solo genericamente, in quanto riflette il suo pensiero ed è nato in una scuola che a lui si è rifatta per consolare e rianimare il popolo. L'accentuazione delle funzioni dei discendenti di Davide e dei sacerdoti nel futuro assetto di Israele fa pensare al tempo del primo rientro da Babilonia, allorché, intorno al 520, un discendente di Davide, Zorobabele, e un sacerdote, Giosuè, riuscirono per un certo tempo a galvanizzare i rimpatriati con la prospettiva di una rinnovata vita spirituale attorno al tempio ricostruito (cfr. Ag 2; Zc 4,2-14; 6,13).

1-13. La profezia reitera la promessa di restaurazione attingendo a piene mani dalla produzione letteraria del profeta di Anatot. Il brano si presenta come un centone di oracoli ritoccati e attualizzati. Parte dal tema dell'onnipotenza divina che governa il mondo (vv. 2-3) e dalla constatazione del disastro nazionale, evidentemente del 587 (vv. 4-5), per annunciare (vv. 6ss.) la ricostruzione della città e una nuova era di prosperità e di pace per il popolo (v. 7; cfr. 32,28.38ss.), iniziando dalla sua purificazione (vv. 8s.; cfr. 31,34). Contro la tendenza al pessimismo, ribadisce la ferma volontà divina di ridare al paese l'antica serenità di vita e la gioia del culto solenne (vv. 10s.; cfr. Sal 106,1; 107,1), annullando cosi le antiche minacce di rovina (cfr. 25,10).

14-26. La pericope è in realtà un coacervo di brani legati dal concetto della perennità del casato di Davide nel progetto di Dio: il primo è riprodotto quasi alla lettera da 23,5-6; gli altri sono composti di variazioni sul tema della durata indefinita degli elementi del cosmo per assicurare il permanere delle funzioni regali e sacerdotali. Le promesse vanno intese come annuncio deciso che il piano divino di salvezza, che ha avuto nella casa di Davide uno degli elementi portanti, non verrà meno ma sarà condotto a compimento nel tempo messianico, secondo un processo che vedrà le funzioni di re e di sacerdote sublimate e portate alla loro massima efficacia in un popolo regale e sacerdotale.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Introduzione 1Parola rivolta a Geremia dal Signore nell’anno decimo di Sedecìa, re di Giuda, cioè nell’anno diciottesimo di Nabucodònosor. 2L’esercito del re di Babilonia assediava allora Gerusalemme e il profeta Geremia era rinchiuso nell’atrio della prigione, nella reggia del re di Giuda, 3e ve lo aveva rinchiuso Sedecìa, re di Giuda, con questa imputazione: «Perché profetizzi in questi termini? Tu affermi: “Dice il Signore: Ecco, metterò questa città in potere del re di Babilonia ed egli la occuperà. 4Il re di Giuda, Sedecìa, non scamperà dalle mani dei Caldei, ma cadrà in mano al re di Babilonia, sarà portato alla sua presenza, davanti ai suoi occhi, 5ed egli condurrà Sedecìa a Babilonia, dove egli resterà finché io non lo visiterò. Oracolo del Signore. Se combatterete contro i Caldei, non riuscirete a nulla”». 6Geremia disse: «Mi fu rivolta questa parola del Signore: 7Ecco, sta venendo da te Canamèl, figlio di tuo zio Sallum, per dirti: “Compra il mio campo, che si trova ad Anatòt, perché spetta a te comprarlo in forza del diritto di riscatto”. 8Venne dunque da me Canamèl, figlio di mio zio, secondo la parola del Signore, nell’atrio della prigione e mi disse: “Compra il mio campo che si trova ad Anatòt, nel territorio di Beniamino, perché spetta a te comprarlo in forza del diritto di riscatto. Compralo!”. Allora riconobbi che questa era la volontà del Signore 9e comprai da Canamèl, figlio di mio zio, il campo che era ad Anatòt, e gli pagai il prezzo: diciassette sicli d’argento. 10Stesi il documento del contratto, lo sigillai, chiamai i testimoni e pesai l’argento sulla stadera. 11Quindi presi l’atto di acquisto, la copia sigillata secondo le prescrizioni della legge e quella rimasta aperta. 12Diedi l’atto di acquisto a Baruc, figlio di Neria, figlio di Macsia, sotto gli occhi di Canamèl, figlio di mio zio, e sotto gli occhi dei testimoni che avevano sottoscritto l’atto di acquisto e sotto gli occhi di tutti i Giudei che si trovavano nell’atrio della prigione. 13Poi davanti a tutti diedi a Baruc quest’ordine: 14“Così dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Prendi questi documenti, quest’atto di acquisto, la copia sigillata e quella aperta, e mettili in un vaso di terracotta, perché si conservino a lungo. 15Poiché dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Ancora si compreranno case, campi e vigne in questo paese”. 16Dopo aver consegnato l’atto di acquisto a Baruc, figlio di Neria, pregai il Signore: 17“Ah, Signore Dio, con la tua grande potenza e la tua forza hai fatto il cielo e la terra; nulla ti è impossibile. 18Tu usi bontà con mille generazioni e fai scontare l’iniquità dei padri in seno ai figli dopo di loro; tu sei un Dio grande e forte, il cui nome è Signore degli eserciti. 19Grande nei pensieri e potente nelle opere sei tu, i cui occhi sono aperti su tutte le vie degli uomini, per dare a ciascuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni. 20Tu hai operato segni e miracoli nella terra d’Egitto e fino ad oggi in Israele e fra tutti gli uomini, e ti sei fatto un nome come appare oggi. 21Tu hai fatto uscire dall’Egitto il tuo popolo Israele con segni e con miracoli, con mano forte e con braccio steso e incutendo grande spavento. 22Hai dato loro questa terra, come avevi giurato ai loro padri di dare loro, terra in cui scorrono latte e miele. 23Essi vennero e ne presero possesso, ma non ascoltarono la tua voce, non camminarono nella tua legge, non fecero quanto avevi comandato loro di fare; perciò tu hai mandato su loro tutte queste sciagure. 24Ecco, le opere di assedio hanno raggiunto la città per occuparla; la città sarà data in mano ai Caldei che l’assediano con la spada, la fame e la peste. Ciò che tu avevi detto avviene; ecco, tu lo vedi. 25E tu, Signore Dio, mi dici: Comprati il campo con denaro e chiama i testimoni, mentre la città viene messa in mano ai Caldei!”. 26Allora mi fu rivolta questa parola del Signore: 27“Ecco, io sono il Signore, Dio di ogni essere vivente; c’è forse qualcosa di impossibile per me? 28Pertanto dice il Signore: Ecco, io darò questa città in mano ai Caldei e a Nabucodònosor, re di Babilonia, il quale la prenderà. 29Vi entreranno i Caldei che combattono contro di essa, bruceranno questa città con il fuoco e la daranno alle fiamme, con le case sulle cui terrazze si offriva incenso a Baal e si facevano libagioni agli altri dèi per provocarmi. 30I figli d’Israele e i figli di Giuda hanno fatto soltanto quello che è male ai miei occhi fin dalla loro giovinezza; i figli d’Israele hanno soltanto saputo offendermi con il lavoro delle loro mani. Oracolo del Signore. 31Poiché causa della mia ira e del mio sdegno è stata questa città, da quando la edificarono fino ad oggi; io la farò scomparire dalla mia presenza, 32a causa di tutto il male che i figli d’Israele e i figli di Giuda commisero per provocarmi, essi, i loro re, i loro capi, i loro sacerdoti e i loro profeti, gli uomini di Giuda e gli abitanti di Gerusalemme. 33A me rivolsero le spalle, non la faccia; io li istruivo con continua premura, ma essi non mi ascoltarono né appresero la correzione. 34Essi collocarono i loro idoli abominevoli nel tempio sul quale è invocato il mio nome, per contaminarlo; 35costruirono le alture di Baal nella valle di Ben-Innòm, per far passare attraverso il fuoco i loro figli e le loro figlie in onore di Moloc, cosa che io non avevo mai comandato loro – anzi non avevo mai pensato di far praticare questo abominio –, e tutto questo per indurre Giuda a peccare”. 36Perciò così dice il Signore, Dio d’Israele, riguardo a questa città che voi dite sarà data in mano al re di Babilonia per mezzo della spada, della fame e della peste: 37“Ecco, li radunerò da tutti i paesi nei quali li ho dispersi nella mia ira, nel mio furore e nel mio grande sdegno; li farò tornare in questo luogo e li farò abitare tranquilli. 38Essi saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio. 39Darò loro un solo cuore e un solo modo di comportarsi, perché mi temano tutti i giorni, per il loro bene e per quello dei loro figli dopo di loro. 40Concluderò con loro un’alleanza eterna e non cesserò più dal beneficarli; metterò nei loro cuori il mio timore, perché non si allontanino da me. 41Proverò gioia nel beneficarli; li farò risiedere stabilmente in questo paese, e lo farò con tutto il cuore e con tutta l’anima. 42Poiché così dice il Signore: Come ho mandato su questo popolo tutto questo grande male, così io manderò su di loro tutto il bene che ho loro promesso. 43E compreranno campi in questa terra, di cui voi dite: È una desolazione, senza uomini e senza bestiame, abbandonata com’è in mano ai Caldei. 44Essi si compreranno campi con denaro, stenderanno contratti e li sigilleranno e si chiameranno testimoni nella terra di Beniamino e nei dintorni di Gerusalemme, nelle città di Giuda e nelle città della montagna e nelle città della Sefela e nelle città del Negheb, perché cambierò la loro sorte”. Oracolo del Signore».

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Approfondimenti

Introduzione 32,1-44 Il capitolo racconta un fatto di cronaca, l'acquisto di un campo in Anatot da parte di Geremia davanti ai testimoni. Il fatto, però, compiuto in circostanze così negative, è carico di significato più profondo; è un'azione simbolica che preannuncia, con sanzione giuridica, il ripristino delle normali condizioni di vita nella terra rimasta al suo possessore. Siamo infatti nel 587, durante l'assedio di Gerusalemme, e il profeta è in prigione. Tenendo presente 37,11, si può precisare che si è durante la momentanea sospensione dell'assedio, allorché l'armata babilonese dovette fronteggiare un attacco dell'esercito egiziano venuto in soccorso di Giuda (cfr. 34,21; 37,5-11), quindi verosimilmente agli inizi del 587. Il brano però è stato in seguito ampliato con l'inserzione di temi cari al profeta, in particolare: una preghiera che proclama la potenza salvatrice di Dio (vv. 16-23), intrisa di locuzioni tipiche del Deuteronomio; una riconferma della punizione divina per l'ostinato sincretismo (vv. 26-35; cfr. 7,30; 19,3-5); una promessa di condizione santa in forza di una nuova alleanza con Dio (vv. 37-44; cfr. 31,33). In tal modo la compravendita del campo assurge a simbolo della speranza che deve animare chi ancora confida nel potere divino di salvare il suo popolo.

1-15. Geremia si trova «nell'atrio della prigione», probabilmente in un posto di guardia adibito a domicilio coatto. Gli viene offerto l'acquisto di un campo in forza del «diritto di riscatto», cioè dell'onere che incombeva a un membro qualificato del clan di tutelare i diritti, anche terrieri, del parentado. Il contratto è stilato in duplice copia (v. 14).

16-25. La preghiera, vicina a Ne 9,5-34, è una rievocazione dalle movenze liturgiche delle grandezze di Dio che si esprimono paradigmaticamente nella vicenda di Israele. L'ostinata ingratitudine del popolo di fronte a tante premure ha fatto sì che Dio intervenisse con le punizioni. I vv. 24-25 sono di passaggio e di collegamento, richiamando l'episodio iniziale del contratto e introducendo delle recriminazioni e delle minacce divine.

26-35. Si tratta di una ripresa delle contestazioni: accuse di culto idolatrico (v. 29; cfr. 7,16-19), soprattutto di sacrifici cruenti a Moloch (vv. 34 s.; cfr. 19,4s.); rimproveri per l'ostinata chiusura alle sollecitazioni profetiche (v. 33; cfr. 7,30s.); preannuncio della distruzione totale della città (vv. 28s.; cfr. 19,8).

36-44. In contrapposizione agli annunci di rovina che il profeta ha proclamato, ora è invitato a pronunciare parole di conforto e di benessere. In pratica tutto il brano è una riformulazione di 31,31-34 con la caratteristica che l'interiorità della legge di cui là si parla diventa qui (v. 40) «timore» di Dio, e alla piena adesione dell'animo a JHWH si aggiunge la promessa di benefici e di stabile dimora nel paese. La rilettura risente di un certo spostamento di interesse, rispetto a 31,31-34, determinato probabilmente dall'esilio, ma anche da un più grande spessore umano nella visione del futuro che appare più vicino alla concezione geremiana (cfr. vv. 37.41 con 31,10.13, ecc.), anche se qualche espressione (ad es. v. 40; cfr. Dt 30,9; 4,10; 6,1.13) sembra risentire dell'influsso del Deuteronomio.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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1In quel tempo – oracolo del Signore – io sarò Dio per tutte le famiglie d’Israele ed esse saranno il mio popolo.

Rifioritura della nazione e nuova alleanza 2Così dice il Signore: Ha trovato grazia nel deserto un popolo scampato alla spada; Israele si avvia a una dimora di pace». 3Da lontano mi è apparso il Signore: «Ti ho amato di amore eterno, per questo continuo a esserti fedele. 4Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata, vergine d’Israele. Di nuovo prenderai i tuoi tamburelli e avanzerai danzando tra gente in festa. 5Di nuovo pianterai vigne sulle colline di Samaria; dopo aver piantato, i piantatori raccoglieranno. 6Verrà il giorno in cui le sentinelle grideranno sulla montagna di Èfraim: “Su, saliamo a Sion, andiamo dal Signore, nostro Dio”. 7Poiché dice il Signore: Innalzate canti di gioia per Giacobbe, esultate per la prima delle nazioni, fate udire la vostra lode e dite: “Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto d’Israele”. 8Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione e li raduno dalle estremità della terra; fra loro sono il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente: ritorneranno qui in gran folla. 9Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni; li ricondurrò a fiumi ricchi d’acqua per una strada dritta in cui non inciamperanno, perché io sono un padre per Israele, Èfraim è il mio primogenito». 10Ascoltate, genti, la parola del Signore, annunciatela alle isole più lontane e dite: «Chi ha disperso Israele lo raduna e lo custodisce come un pastore il suo gregge». 11Perché il Signore ha riscattato Giacobbe, lo ha liberato dalle mani di uno più forte di lui. 12Verranno e canteranno inni sull’altura di Sion, andranno insieme verso i beni del Signore, verso il grano, il vino e l’olio, i piccoli del gregge e del bestiame. Saranno come un giardino irrigato, non languiranno più. 13La vergine allora gioirà danzando e insieme i giovani e i vecchi. «Cambierò il loro lutto in gioia, li consolerò e li renderò felici, senza afflizioni. 14Nutrirò i sacerdoti di carni prelibate e il mio popolo sarà saziato dei miei beni». Oracolo del Signore. 15Così dice il Signore: «Una voce si ode a Rama, un lamento e un pianto amaro: Rachele piange i suoi figli, e non vuole essere consolata per i suoi figli, perché non sono più». 16Dice il Signore: «Trattieni il tuo pianto, i tuoi occhi dalle lacrime, perché c’è un compenso alle tue fatiche – oracolo del Signore –: essi torneranno dal paese nemico. 17C’è una speranza per la tua discendenza – oracolo del Signore –: i tuoi figli ritorneranno nella loro terra. 18Ho udito Èfraim che si lamentava: “Mi hai castigato e io ho subito il castigo come un torello non domato. Fammi ritornare e io ritornerò, perché tu sei il Signore, mio Dio. 19Dopo il mio smarrimento, mi sono pentito; quando me lo hai fatto capire, mi sono battuto il petto, mi sono vergognato e ne provo confusione, perché porto l’infamia della mia giovinezza”. 20Non è un figlio carissimo per me Èfraim, il mio bambino prediletto? Ogni volta che lo minaccio, me ne ricordo sempre con affetto. Per questo il mio cuore si commuove per lui e sento per lui profonda tenerezza». Oracolo del Signore. 21Pianta dei cippi, metti paletti indicatori, ricorda bene il sentiero, la via che hai percorso. Ritorna, vergine d’Israele, ritorna alle tue città. 22Fino a quando andrai vagando, figlia ribelle? Poiché il Signore crea una cosa nuova sulla terra: la donna circonderà l’uomo! 23Così dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: «Quando avrò cambiato la loro sorte, nella terra di Giuda e nelle sue città si dirà ancora questa parola: “Il Signore ti benedica, sede di giustizia, monte santo”. 24Vi abiteranno insieme Giuda e tutte le sue città, gli agricoltori e coloro che conducono le greggi. 25Poiché ristorerò chi è stanco e sazierò coloro che languono». 26A questo punto mi sono destato e ho guardato: era stato un bel sogno. 27«Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali renderò la casa d’Israele e la casa di Giuda feconde di uomini e bestiame. 28Allora, come ho vegliato su di loro per sradicare e per demolire, per abbattere e per distruggere e per affliggere con mali, così veglierò su di loro per edificare e per piantare. Oracolo del Signore. 29In quei giorni non si dirà più: “I padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati!”, 30ma ognuno morirà per la sua propria iniquità; si allegheranno i denti solo a chi mangia l’uva acerba. 31Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. 32Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. 33Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. 34Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato». 35Così dice il Signore, che ha posto il sole come luce del giorno, la luna e le stelle come luce della notte, che agita il mare così che ne fremano i flutti e il cui nome è Signore degli eserciti: 36«Quando verranno meno queste leggi dinanzi a me – oracolo del Signore –, allora anche la discendenza d’Israele cesserà di essere un popolo davanti a me per sempre». 37Così dice il Signore: «Se qualcuno riuscirà a misurare in alto i cieli e ad esplorare in basso le fondamenta della terra, allora anch’io respingerò tutta la discendenza d’Israele per tutto ciò che ha commesso. Oracolo del Signore. 38Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali la città sarà riedificata per il Signore, dalla torre di Cananèl fino alla porta dell’Angolo. 39La corda per misurare sarà stesa in linea retta fino alla collina di Gareb, volgendo poi verso Goa. 40Tutta la valle dei cadaveri e delle ceneri e tutti i campi fino al torrente Cedron, fino all’angolo della porta dei Cavalli a oriente, saranno sacri al Signore; non saranno più devastati né mai più distrutti».

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Approfondimenti

Rifioritura della nazione e nuova alleanza 31,2-40 È una girandola di temi tutti incentrati sull'idea di rifioritura della nazione ed espressi con oracoli brevi, talora brevissimi (cfr. vv. 27s. 29s.) a prescindere dal primo poema piuttosto ampio (vv. 2-14). Si possono in genere assegnare al primo periodo dell'attività geremiana, ma non mancano inserzioni tardive (cfr. vv. 23-27) che chiamano in causa Giuda.

2-14. Apre la serie un poemetto che prospetta con tenerezza insolita in Geremia – richiama Os 2,16s. – un futuro di gioia e di pace per il popolo, con delicata allusione al passato intriso dell'amore di Dio (v. 3: «amore eterno») e in particolare al soggiorno nel deserto che il profeta anche altrove (cfr. 2,2s.) guarda con particolare simpatia. Il deserto, infatti, dopo l'uscita dall'Egitto è stato come il grembo materno per la nascita di Israele; così nel deserto dell'esilio rinascerà il popolo per l'amore misericordioso (cfr. v. 2: «grazia», ebr. hesed) di Dio (cfr. il Deuteroisaia). Un Dio che appare agli esiliati, per ricondurli in patria, da «lontano»: forse supponendo la Palestina come dimora di JHWH da cui si muove per andare dai deportati in Assiria (Babilonia). Ma l'espressione può essere tradotta anche «dai tempi antichi», «da lungo tempo», con riferimento alla vicenda dell'esodo e del deserto sinaitico: da allora Dio ha conservato al popolo la sua benevolenza («pietà»: ebr. hesed). E ora l'amore diventa forza liberatrice e rinnovatrice in grazia della quale Israele può ripresentarsi al mondo come giovane donna in danza al ritmo dei tamburelli (v. 4). La danza, spontanea nel tempo della vendemmia, diventa danza religiosa (v. 6), di pellegrini festanti verso Gerusalemme ridivenuta per le tribù del Nord santuario centrale (cfr. Is 2,2s.). JHWH che «ha salvato il suo popolo» (v. 7) ha la sua dimora in Sion e lì si dirige il corteo che è ormai una processione di fede (v. 8). Ma di lì anche si irraggia la benedizione divina per la terra che rende ferace, per una vita agiata e serena, da godersi con animo riconoscente (vv. 11-14). Tutte le genti devono conoscere la straordinaria avventura di questo popolo, prima nel «pianto» della terra straniera, ora nelle «consolazioni» di una terra di delizie, dono di un «padre» al figlio «primogenito».

15-17. Si ritorna alla terra dell'esilio, propriamente allo strazio della deportazione del regno settentrionale, descritto poeticamente come una madre in lutto per la morte dei figli. Rachele è chiamata in causa in quanto madre di Giuseppe, a sua volta padre di Efraim, al quale si faceva risalire la tribù più forte del regno settentrionale. Rachele è immaginata «in Rama», località a pochi km a nord di Gerusalemme, dove una tradizione antica ne indicava il sepolcro, precisamente «sul confine con Beniamino in Zelzach» (1Sam 10,2). La collocazione a sud di Gerusalemme, nelle vicinanze di Betlemme, come suppone Mt 2,18, è tradizione posteriore, dovuta alla presenza nella zona di un clan efraimita con il quale il sepolcro della matriarca è collegato in Gn 35,19 (cfr. Mic 5,1). Al pianto della madre risponde (vv. 16s.) una parola di consolazione di Dio che assicura il ritorno dei sopravvissuti.

18-20. Il tema del ritorno è sviluppato con un elegante gioco di parole imperniato sul verbo swb, «volgersi», e quindi «tornare», ma anche «volgersi altrove»: «fammi rivolgere verso di teperché dopo il mio volgermi altrove...». È il riconoscimento della giustezza del castigo per il traviamento, per cui si prova rimorso e fastidio («battersi l'anca»: v. 19) e la confessione della propria incapacità a operare un cambiamento senza l'intervento di Dio, confessione che sbocca in una professione di fede (v. 18c). Vi fa eco l'amore misericordioso di Dio (v. 20), incapace di lungo sdegno nei confronti del «fanciullo prediletto». 21-22. L'oracolo che segue è una promessa probabilmente messianica, tenuto conto dell'oggetto e della formulazione. Il profeta invita gli esuli a intraprendere la via del ritorno (si suppone da parte di questi incertezza ed esitazione: vv. 21c-22a), previamente segnata per non smarrirsi. E per incoraggiare, assicura una realtà eccezionale («creare» è verbo propriamente divino in quanto fa riferimento a qualcosa di straordinario che solo Dio può realizzare) nella terra di Israele. «La donna cingerà l'uomo»: può intendersi, tenuto conto del rapporto tra Israele e Dio quale matrimonio, come riferito a una situazione di fedeltà e di amore da parte della sposa Israele così profonda da costituire una novità straordinaria che solo Dio può creare. In tale spiegazione i termini chiave (neqēbâ-ge-ber. di per sé «femmina» e «vigoroso») sono riferiti agli sposi. Ma forse si potrebbe pensare a una condizione di tranquillità lungo il percorso del ritorno, talmente eccezionale che le «donne» staranno a difesa («circonderanno») degli uomini. Si può anche vedere qui espressa una promessa di protezione divina che creerà nel paese di Israele una pace senza confronti: nel paese desolato tornerà a vivere il popolo di Dio e si ritornerà a sperimentare la gioia della vita familiare: l'unione tra l'uomo e la donna e la prole.

23-26. Benedizione per Giuda e Gerusalemme, che può essere collegata con la distruzione del 587: il profeta pronuncia a nome di Dio una parola di speranza, assicurando la rinascita in termini di ripresa delle colture tradizionali. L'accenno al risveglio dal sonno (v. 26) indica, con linguaggio figurato, la reazione del profeta alla prospettiva enunciata: gli pare di aver sognato.

27-28. Anche la successiva promessa di rifondazione dei due regni israelitici suppone il disastro del 587 ed è quindi da considerarsi posteriore all'insieme del capitolo. Essa si ricollega, per riaffermarne un radicale rovesciamento, al compito ricevuto dal profeta al momento della sua vocazione (cfr. 1, 10).

29-30. Contro il diffuso malumore del popolo che pensa di essere ingiustamente punito da Dio per i peccati dei padri in forza di una solidarietà che si sente ormai oppressiva e ingiusta (il proverbio lo esprime con amara ironia), il profeta annuncia il principio della responsabilità personale, che Ezechiele formulerà poi con termini giuridici (cfr. Ez 18). Geremia guarda al futuro non perché al presente il singolo non sia chiamato in causa, ma prevedendo un tempo di più viva coscienza delle proprie scelte. Il disastro del 587 ha costretto a guardare con più sofferta attenzione al problema del dolore degli innocenti: la vecchia risposta solidarista non basta più e affiora il valore dell'individuo di fronte a Dio. La parola rispecchia questo faticoso progredire della coscienza umana sotto la guida di Dio che pone dei segni nella storia e invita e aiuta i più attenti a decifrarli. «In quei giorni» esprime in tal caso la previsione del profeta di questa maturazione che egli ha già anticipatamente raggiunto.

31-34. Vertice della predicazione di Geremia, questo brano famosissimo costituisce anche una delle punte più avanzate della teologia anticotestamentaria, che si protende e attinge ormai il NT. La promessa di una nuova alleanza tocca il cuore della rivelazione dell'AT, il vincolo speciale che univa Dio al popolo di Israele. Per tutto l'arco della sua missione Geremia ha constatato l'incapacità del popolo di essere fedele a un patto che, per essere bilaterale, non poteva sussistere data la pervicacia dell'uomo. È un incapacità che il profeta giunge a considerare radicale, per una malformazione congenita nel cuore dell'uomo che gli fa sentire come estraneo, e quindi inautentico e oppressivo, quell'elemento fondamentale dell'alleanza che è la legge. Allora il Dio della condiscendenza promette un cambiamento radicale che prevede la capacità nell'uomo di sentire la legge come consentanea alle aspirazioni e quindi da attuarsi per esigenze interiori. Ciò sarà possibile solo liberando l'uomo dalla sua condizione di colpa (v. 34b) e interiorizzando il rapporto con Dio, non più formulato in norme imposte dall'esterno, ma inserito nell'intimo con un riconoscimento quasi spontaneo della sua verità. Dio e il popolo saranno allora profondamente e durevolmente uniti (v. 33b) in comunione intima di vita. Ez 36, che riprende e sviluppa il pensiero di Geremia, preciserà che si tratta da parte di Dio di cambiare il cuore dell'uomo, insanabile in sé. Geremia sembra pensare ad una possibilità di ricupero del cuore umano come sede delle decisioni: per dono straordinario di Dio, nei tempi ultimi. L'alleanza diventerà allora unilaterale perché i due partner consentiranno nelle scelte: quelle della legge. Il NT ha sentito l'importanza fondamentale di questo testo e Gesù nell'istituzione dell'Eucaristia (cfr. Lc 22,20) lo proclama realizzato nel suo sacrificio. Paolo (2Cor 3,6) preciserà che nell'uomo la promessa si attua con il dono dello Spirito che è la legge della nuova alleanza (cfr, anche Eb 8,6-13). C'è stato chi ha giudicato non di Geremia questo oracolo per ragioni di stile, ma il pensiero è indubbiamente suo, anche se ritocchi, o addirittura una rielaborazione, vanno presi in considerazione.

35-37. Il richiamo all'indefettibile struttura dell'universo, in particolare degli astri, per sottolineare la fedeltà di un atteggiamento divino, non è infrequente nella Bibbia (cfr. Gn 8,22; Sal 72,5; 89,38; Mt 5,18, ecc.). Qui si assicura che l'amore di Dio per Israele non verrà mai meno.

38-40. La stessa perennità viene assicurata a Gerusalemme, riedificata dopo la distruzione del 587, in un futuro di grazia e di santità («per il Signore»: v. 38; cfr. v. 40b) che non si tinge però ancora, come in Ez 40-48, dei colori dell'utopia. Le annotazioni topografiche non sono tutte precisabili: la torre di Cananeel si trovava nelle mura di nord-est; la porta dell'Angolo a nord-ovest e quella dei Cavalli a sud-est. Quanto alla collina di Gareb sembra da situare nella zona nord-ovest della città che viene così ad estendersi tra le valli della Geenna («dei cada-veri»), a sud-ovest, e del Cedron, a est, includendo a nord-ovest parte delle alture.

(cf. EMILIANO VALLAURI e FLAVIO DELLA VECCHIA, Geremia – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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