Prima lettera ai Tessalonicesi – Capitolo 1

Intestazione 1Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace.

Ringraziamento e preghiera 2Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere 3e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro. 4Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui. 5Il nostro Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione: ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene. 6E voi avete seguito il nostro esempio e quello del Signore, avendo accolto la Parola in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo, 7così da diventare modello per tutti i credenti della Macedonia e dell’Acaia. 8Infatti per mezzo vostro la parola del Signore risuona non soltanto in Macedonia e in Acaia, ma la vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne. 9Sono essi infatti a raccontare come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero 10e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, il quale ci libera dall’ira che viene.

Approfondimenti

(cf 1-2 TESSALONICESI – nuova versione, introduzione e commento di RINALDO FABRIS © FIGLIE DI SAN PAOLO, 2014)

Intestazione La prima Lettera ai Tessalonicesi è il primo scritto epistolare di Paolo, per cui essa rappresenta anche un modello letterario per tutte le altre sue lettere. Per comporne il testo dell'intestazione, Paolo si ispira allo schema delle lettere dell'ambiente greco-romano, dove esso assume una forma tripartita: mittente, destinatari e saluto. Dentro tale schema letterario profa­no, Paolo introduce la novità della fede cristiana, precisando che la «Chiesa dei Tessalonicesi» ha il fondamento del suo statuto e della sua identità nel rapporto con Dio Padre per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Da questa fonte divina promanano la grazia e la pace che Paolo e i suoi collaboratori, Silvano e Timoteo, augurano ai Tessalonicesi. La menzione dei due «co-mittenti» nell'intestazione della lettera implica che essi sono coinvolti nel dialogo epistolare di Paolo con i Tessalonicesi. L'uso prevalente della prima persona plurale « noi » nel corso dello scritto esprime la responsabilità collegiale dei tre mittenti, anche se, chi tiene le fila del discorso è Paolo. Questo è evidente nei casi in cui il primo mittente si presenta in prima persona, addirittura con il suo nome: « Perciò volevamo venire da voi, proprio io Paolo, una anzi due volte, ma satana ce l'ha impedito» (1Ts 2,18; cfr. 3,5; 5,27). I destinatari del primo scritto paolino sono i cristiani che formano la «Chie­sa dei Tessalonicesi». In modo inconsueto sono designati con il nome gentilizio – «Tessalonicesi» – che Paolo adopera rarissime volte nella sua corrispondenza (cfr. Fil 4,15: «Lo sapete anche voi, Filippesi...»). In genere, i destinatari sono in­ dicati con il nome della città o regione, dove essi risiedono (cfr. 1Cor 1,2; 2Cor 1,1 ; Gal 1,2; Fil 1,1). Per la prima volta ricorre il termine ekklēsía per parlare di un gruppo di cristiani. Nell'intestazione di 1Tessalonicesi questo termine richiama la versione greca della Bibbia, do­ve con questo vocabolo gli ebrei di Alessandria traducono l'ebraico qehāl JHWH. Tanto più che il verbo ebraico qāhāl (chiamare) è assonante con il verbo greco ka­leîn (chiamare), che sta alla base del sostantivo ek-klēsía (convocazione). La scelta di ek-klēsía, invece di synagoōgê, con il quale spesso la versione greca dei LXX ha qehāl e più spesso 'edâh (comunità), potrebbe essere intenzionale per distinguere il gruppo dei credenti cristiani dalle altre aggregazioni sociali o religiose, soprattutto da quelle ebraiche, normalmente denominate con il vocabolo synagōgê(ái).

Ringraziamento e preghiera Seguendo il model­lo letterario del discorso epistolare il dialogo con i Tessalonicesi si apre con una preghiera di ringraziamento a Dio. Tutte le lettere paoline, ad eccezione della Lettera ai Galati, si apro­no con una preghiera di ringraziamento con il verbo eucharisteîn (ringraziare). La motivazione o l'occasione del ringraziamento a Dio, sempre e per tutti i Tessalonicesi, è il ricordo «incessante» da parte del gruppo dei predicatori che si manifesta nelle loro preghiere. Il dialogo epistolare di Paolo e dei suoi collabo­ratori con i cristiani della metropoli macedone si colloca sullo sfondo della loro relazione vitale con Dio Padre e il Signore Gesù Cristo.

Per la prima volta in uno scritto cristiano compare il vocabolo euaggélion (Vangelo); si può ritenere che con la sua atti­vità missionaria Paolo abbia favorito l'uso cristiano di questo termine.

Al v. 6 i destinatari della proclamazione del vangelo diventano i protagonisti della sua diffusione. La sezione ruota attorno al tema della «imitazione» e del «mo­dello». Si dice che i Tessalonicesi sono diventati «imitatori» dei missionari e del «Signore» in quanto hanno accolto «la Parola in mezzo a una grande tribolazione, con gioia di Spirito Santo». Nelle sue lettere, sotto la terminologia della «tribolazione», Paolo elenca le sue prove apostoliche e quelle dei cristiani. Nel caso dei Tessalonicesi si può pensa­re ai contrasti e alle ritorsioni che la loro scelta di fede provoca nell'ambiente so­ciale e religioso della città macedone. Però i cristiani di Tessalonica sono diventati imitatori dei missionari e del Signore non solo per la «grande tribolazione» , che ha segnato la loro adesione al vangelo, ma perché questa è paradossalmente congiunta con «la gioia dello Spirito Santo».

In un crescendo a effetto, l'elogio dei Tessalonicesi tocca l'apice con la nuova considerazione: nella loro accoglienza del Vangelo, da «imitatori» dei missionari e del Signore, i cristiani di Tessalonica sono diventati «modello per tutti i credenti nella Macedonia e nell'Acaia». In uno stile ridondante di nuovo sono menzionate le due province ro­mane dell'impero – Macedonia e Acaia –, per rimarcare, con la figura retorica dell'intensificazione – «non solo... ma...» –, la diffusione dell'esperienza dei cri­stiani di Tessalonica.

La conversione dei Tessalonicesi è presentata in due risvolti: l'uno negativo, come abbandono degli idoli, e l'altro positivo, come adesione a Dio, che si concretizza nell'impegno al suo servizio. Dopo essersi rivolti a Dio, si sono impegnati a servire «Dio vivo e vero».

Per la prima volta, in un documento cristiano, si traccia il percorso che porta alla nascita di una Chiesa locale: annunzio e accoglienza del vangelo, passaggio dal culto idolatrico alla fede nel Dio unico e vero, che si rende presente e salva per mezzo del Figlio suo Gesù. Nel proemio della 1Tessalonicesi sono presenti le coor­dinate della missione cristiana, che si realizza sostanzialmente nella comunicazione del vangelo o della parola di Dio, che ha il suo nucleo nell'evento della morte e ri­surrezione di Gesù. Non solo i predicatori itineranti proclamano con efficacia il vangelo, ma ogni persona che ha accolto la parola di Dio ha la capacità e l'impegno di farla risuonare dappertutto. La diffusione della parola di Dio da parte dei cristiani di Tessalonica dà un contenuto più preciso al dinamismo della loro fede elogiato da Paolo assieme all'amore e alla speranza. Nelle ultime righe dell'esordio della lettera si prospetta l'orizzonte del compimento esca­tologico della salvezza, sicuro approdo della speranza cristiana anche di fronte all'esperienza della morte delle persone care.


🔝C A L E N D A R I OHomepage