REGOLA BOLLATA DI SAN FRANCESCO – 11

CAPITOLO XI – CHE I FRATI NON ENTRINO NEI MONASTERI DELLE MONACHE

1 Comando fermamente a tutti i frati di non avere rapporti o conversazioni sospette con donne, 2 e di non entrare in monasteri di monache, eccetto quelli ai quali è stata data dalla Sede Apostolica una speciale licenza. 3 Né si facciano padrini di uomini o di donne affinché per questa occasione non sorga scandalo tra i frati o riguardo ai frati.

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Approfondimenti

Questo testo è introdotto da un fermo comando di Francesco espresso in prima persona e rivolto a tutti i frati senza distinzione alcuna: «Comando fermamente a tutti i frati». Tale espressione è presente altrove nella Regola per vietare ai frati di ricevere denaro o pecunia [Rb IV, 1: FF 87] e per prescrivere loro di obbedire ai propri ministri [Rb X, 3: FF 101]. Nel Testamento il Santo rafforza tale formula di comando aggiungendo “per obbedienza” nel proibire ai frati di chiedere privilegi alla Curia romana [2Test 25: FF 123] e nel vietare ai frati sia chierici che laici di aggiungere spiegazioni alla Regola [Test 38: FF 130].

È importante notare subito che l’Assisiate non vieta i rapporti dei frati con le donne: il divieto riguarda solo relazioni o conversazioni sospette. È tale aggettivo, infatti, a chiarire il tenore di questa prima prescrizione, che non va intesa come una totale chiusura verso le donne, motivata da sfiducia o da percezione negativa delle stesse da parte di Francesco. Ciò che la Regola vuole preservare è la vita casta dei frati, proibendo loro situazioni sospette con donne che potrebbero metterla in pericolo e generare scandalo. Infatti la vita itinerante dei frati li poneva in situazione che potevano metterne a rischio la castità professata.

Il secondo divieto che Francesco rivolge a tutti i frati in Rb XI è quello di non entrare nei monasteri delle monache: tale norma fa riferimento alla legislazione conciliare e monastica. Si tratta di una problematica della Chiesa di ogni tempo e regolata da norme comuni, tese a preservare monaci e monache da pericoli contro la castità. In ogni caso, il problema si pone con una certa peculiarità per l’Ordine dei frati minori, dal momento che fin dai primordi dell’esperienza evangelica di Francesco si unirono a lui e ai suoi frati Chiara e le altre donne. Il divieto di Rb XI, tuttavia, non può essere inteso come un riferimento diretto alla comunità di Chiara o ai monasteri ad esso collegati, ma alla stregua di un divieto riguardante tutti i monasteri di monache, come voleva la tradizione canonica della Chiesa.

Il terzo divieto di Rb XI rivolto ai frati è che non si facciamo padrini di uomini e di donne. Quest’ultima norma, come le due precedenti, è assunta dal diritto e dalla tradizione monastica ed è finalizzata a tutelare la castità dei frati e la loro libertà verso i rapporti familiari e gli obblighi conseguenti. I frati dovevano evitare ogni ombra di scandalo, essere fedeli alle norme della Chiesa e rinunciare ad ogni forma di parentela, come conseguenza della sequela del Signore Gesù. È importante notare come l’affermazione «affinché per questa occasione non sorga scandalo tra i frati o riguardo ai frati» riguardi soltanto l’ultimo divieto e non tutto il capitolo.

Per Francesco i frati non solo non devono dare scandalo ma sono chiamati a dare il buon esempio, attraverso il santo operare che gli permette di generare il Signore portandolo nel loro cuore e nel loro corpo, vivendo cioè una maternità di lui che li mette in grado di donarlo agli altri attraverso l’esempio, appunto, della loro vita [1Lf 10: FF 178/2]. Ciò che invece allontana o distoglie dal Signore e dalla sua sequela è considerato cattivo esempio [Amm III, 11: FF 151; Rnb VI, 6: FF 14]. Il cattivo esempio è una pietra di inciampo sul cammino della sequela. Cattivo esempio e scandalo non sono equivalenti né sinonimi, ma il primo può generare il secondo quando colui che ne è colpito inciampa o cade nel cammino di sequela e nel vivere la propria vocazione (tra cattivo esempio e scandalo c’è dunque una relazione di causa-effetto). Nel caso di Rb XI lo scandalo tra i frati e circa i frati impedirebbe loro di vivere totalmente e liberamente il Vangelo così come prescritto dalla Regola professata. La lettura Rb XI non può pertanto che aprirsi a questi temi più ampi della sequela del Signore, pena il rischio di rimanere imprigionati nei divieti e nei precetti. Del resto, questi non sono fine a se stessi, ma hanno come unico obiettivo di aiutare i frati a vivere il vangelo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità.

Oggi, per grazia di Dio, viviamo in una società che non frappone barriere fra uomo e donna: si lavora insieme, ci si confronta, si intrecciano relazioni ed amicizie, ci si frequenta per stare insieme e condividere gioie e fatiche. La sfida per noi oggi è altrettanto o ancor più impegnativa che per il frate medievale. Internet, ad esempio, con le sue risorse e potenzialità, da una parte rappresenta una grande opportunità facilitando il lavoro e le relazioni, dall’altra apre al rischio di una estraniazione dalla realtà per rifugiarsi in relazioni virtuali, sottraendo tempo prezioso ai fratelli in carne ed ossa, e in definitiva al Signore, con conseguenze negative sulla vita affettiva e religiosa dei frati.

Tratto da: FRATI MINORI di Canepanova – Pavia ● Centenari francescani: la Regola bollata


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