REGOLA BOLLATA DI SAN FRANCESCO – 2
CAPITOLO II – DI COLORO CHE VOGLIONO INTRAPRENDERE QUESTA VITA E COME DEVONO ESSERE RICEVUTI
1 Se alcuni vorranno intraprendere questa vita e verranno dai nostri frati, questi li mandino dai loro ministri provinciali, ai quali soltanto e non ad altri sia concesso di ammettere i frati. 2 I ministri, poi, diligentemente li esaminino intorno alla fede cattolica e ai sacramenti della Chiesa 3 e se credono tutte queste cose e le vogliono fedelmente professare e osservare fermamente fino alla fine; 4 e non hanno mogli o, qualora le abbiano, esse siano già entrate in monastero o abbiano dato loro il permesso con l’autorizzazione del vescovo diocesano, dopo aver fatto voto di castità ; e le mogli siano di tale età che non possa nascere su di loro alcun sospetto; 5 dicano ad essi la parola del santo Vangelo, che «vadano e vendano tutto quello che posseggono e procurino di darlo ai poveri». 6 Se non potranno farlo, basta ad essi la buona volontà . 7 E badino i frati e i loro ministri di non essere solleciti delle loro cose temporali, affinché dispongano delle loro cose liberamente, secondo l’ispirazione del Signore. 8 Se tuttavia fosse loro chiesto un consiglio i ministri abbiano la facoltà di mandarli da persone timorate di Dio, perché con il loro consiglio i beni vengano elargiti ai poveri. 9 Poi concedano loro i panni della prova cioè due tonache senza cappuccio e il cingolo e i pantaloni e il capperone fino al cingolo 10 a meno che qualche volta ai ministri non sembri diversamente secondo Dio. 11 Terminato, poi, l’anno della prova, siano ricevuti all’obbedienza, promettendo di osservare sempre questa vita e Regola. 12 E in nessun modo sarà loro lecito di uscire da questa Religione, secondo il decreto del signor Papa; 13 poiché, come dice il Vangelo, «nessuno che mette la mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio». 14 E coloro che hanno già promesso obbedienza, abbiano una tonaca con il cappuccio e un’altra senza, coloro che la vorranno avere. 15 E coloro che sono costretti da necessità possano portare calzature. 16 E tutti i frati si vestano di abiti vili e possano rattopparli con sacco e altre pezze con la benedizione di Dio. 17 Li ammonisco, però, e li esorto a non disprezzare e a non giudicare gli uomini che vedono vestiti di abiti molli e colorati ed usare cibi e bevande delicate, ma piuttosto ciascuno giudichi e disprezzi se stesso.
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Approfondimenti
Il capitolo II è il più esteso di tutta la Regola. A differenza di altri capitoli, però, riguarda una tematica unitaria: parla “di coloro che vogliono intraprendere questa vita e come devono essere ricevuti”. Il legame con il capitolo precedente è evidente nell’uso di alcune parole ricorrenti, come: questa vita, santo vangelo, frati, obbedienza. Nonostante questo, è tuttavia possibile notare una forte differenza nello stile: se il primo capitolo è quasi la porta della Regola, con il secondo si forniscono le condizioni dell’entrata, che appaiono particolarmente severe: “se credono...; se vogliono...; se non hanno mogli o, qualora le abbiano...; se non potranno farlo...”. Questa casistica differenzia notevolmente la prima sezione del capitolo II dall’intero capitolo I e rivela l’intervento di qualche giurista. Pur tuttavia, fatta eccezione per il v. 4, il capitolo II appare abbastanza lineare e consono allo stile semplice del Poverello e dei suoi compagni.
Per quanto riguarda la voce di Francesco, diversamente dal capitolo I, in cui frate Francesco viene nominato due volte, il capitolo II non lo cita affatto; tuttavia, sentiamo la sua voce: “Li ammonisco e li esorto”.
Coloro che chiedevano di essere ricevuti all’obbedienza non mettevano i loro beni in comune ma li distribuivano ai poveri, secondo Mt 19,21. Del modo in cui gli aspiranti alla vita evangelica francescana davano attuazione a questo precetto non doveva interessare né ai ministri né agli altri frati. Questo perché è il Signore che ispira i candidati e, per tale motivo, non sono i frati e, meno ancora, i ministri che debbano interferire in tale ispirazione. Per Francesco, l’arrivo di nuovi candidati non è frutto di una pastorale vocazionale, ma un dono dello Spirito santo. “Il Signore mi dette dei fratelli”, confessa alla fine della sua vita. La sua fede nell’ispirazione divina gli dà anche la libertà di non insistere sul fatto che i novizi vendano i loro beni ai poveri, ma fa dipendere questa scelta da una decisione volontaria e dalla capacità spirituale del candidato.
Condizionato dal contesto del tempo e della realtà climatica umbra è senza dubbio la scelta del vestiario. L’abito in forma di tonaca, più o meno corta, era in uso presso i contadini e anche gli uomini dei ceti superiori. Quello che portavano i frati minori poteva esser utile anche ad altra gente. La differenza non sta quindi negli indumenti in sé, quanto nella loro forma, qualità e apparenza, che dovevano essere più o meno uguali per tutti.
La Regola non dice niente sul contenuto o sui principi della formazione dei novizi, né fa riferimento ad una persona che li diriga. All’inizio possiamo ipotizzare che fosse Francesco stesso il formatore, considerato che era lui che accoglieva i nuovi candidati. L’obiettivo dell’anno della prova fu quello di proporre e spiegare questa vita e Regola non solo in teoria, ma anche in pratica, in modo da fare assimilare ai novizi la vita evangelica. Punti cardini di questa vita sono l’orazione privata e comune, la penitenza, il lavoro e il servizio tra i poveri. Il servizio nei lebbrosari era un impegno sistematico e prolungato di ogni frate minore, prendendo dimora tra i lebbrosi e fungeva sia come criterio di accoglienza sia come iter formativo dei candidati.
Chi ha fatto la professione, è definitivamente entrato nel gruppo dei frati minori; egli ha promesso di osservare per tutta la vita la Regola di quest’Ordine, ma anche questo si è obbligato da parte sua a provvedere per tutto il necessario, oltre a sostegno, sicurezza e calore umano.
Quanto più cresce il numero di aderenti e aumenta la stima e l’influsso dell’Ordine, tanto più ci si sente sicuri a farne parte. Era questo il caso dell’Ordine minoritico, cresciuto da una fraternità di dodici compagni nel 1209 ad un Ordine di tre-cinquemila frati nel 1223, anno della redazione della Rb. All’inizio avevano bisogno di essere incoraggiati a continuare il loro audace stile di vita malgrado il dispetto degli altri, ma nel 1223 dovevano essere messi in guardia di non gloriarsi del loro successo e di non disprezzare quanto vivevano diversamente. Se all’inizio furono disprezzati, ora erano loro a subire la tentazione di disprezzare gli altri.
Tratto da: FRATI MINORI di Canepanova – Pavia ● Centenari francescani: la Regola bollata
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